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Title: Le donne che lavorano
Author: Treves, Virginia
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Le donne che lavorano" ***


                                CORDELIA


                                Le donne
                              che lavorano



                                 MILANO
                        FRATELLI TREVES, EDITORI
                                  1916

                          =Secondo migliaio.=



                         PROPRIETÀ LETTERARIA.

       _I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati
    per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda._

                  Copyright by Fratelli Treves, 1916.

                         Tip. Fratelli Treves.



ALLE LETTRICI.


Voi, mie fedeli lettrici, vi sorprenderete che dopo avervi parlato
della casa come del miglior centro dell'operosità femminile, io venga
ora a dirvi:

La casa è bell'e buona come rifugio per riposare dalle fatiche della
lotta per l'esistenza; ma voi pure dovete combattere, uscire dal vostro
guscio e procurare di aver la vostra parte al banchetto della vita».

È, che dal giorno ch'io scrissi _Il regno della donna_ il mondo è
mutato, e le mie idee si sono andate modificando, come si è modificato
l'ambiente in cui viviamo.

La ferrovia, l'elettricità, la diffusione delle idee col mezzo della
stampa, le macchine perfezionate, tutto questo ha rimpicciolito
e trasformato il mondo, tanto che la vita esteriore ha preso il
sopravvento sulla vita interna e l'umanità va prendendo il posto della
famiglia.

Non so se la trasformazione della casa e della donna sarà un bene
o un male, ma è una necessità; e chi non sa piegarsi e modificarsi
secondo l'ambiente, muore intristito come il fiore che si piega sullo
stelo, quando tutto intorno a lui risorge al soffio vivificante della
primavera.

In questi ultimi tempi ho molto studiato il nuovo ambiente che si è
andato formando; e quasi una luce nuova ha rischiarato il mio spirito.

Ho veduto la donna del popolo accasciata sotto il peso d'un lavoro
superiore alle sue forze, retribuito in modo che le impedisce appena di
morire di fame, invecchiata e sciupata prima del tempo, abbandonata il
giorno che le sue stanche membra si rifiutano ad un lavoro proficuo.

Ho veduto la donna borghese, se priva di danaro per comperare un
marito, intristire fra le pareti domestiche senza la consolazione
d'un lavoro che la occupi e la renda indipendente, avvizzire come una
pianta priva di luce, oppure divenir acre e ribelle all'ingiustizia che
l'opprime; e mi sono persuasa che col progresso dei tempi, col mondo
tanto mutato è necessario cambiare le idee che furono per molto tempo
le nostre aspirazioni e portare la propria pietra affinchè la società
possa esser basata sopra un sistema di maggior giustizia.

Vorrei che la donna, senza diventare una virago, fosse più libera
e indipendente; e ora che si parla tanto della causa del debole
e dell'oppresso, fosse anch'essa protetta da leggi più giuste e
ragionevoli.

Non credo che la donna amerà meno la casa e i figli quando col suo
lavoro contribuirà al loro benessere, nè che quando avrà coltivata
l'intelligenza vorrà soverchiare l'uomo e tenerlo soggetto; come credo
che non perderà nulla della sua femminilità quando sarà dedicata
ad occupazioni meno frivole; e se gli sciocchi la disprezzeranno,
l'uomo saggio e intelligente la stimerà di più e la troverà più degna
d'essergli compagna.

Non parlo della categoria delle donne ricche le quali possono
permettersi il lusso di annoiarsi nell'ozio e di stancarsi in mezzo ai
piaceri; esse dovrebbero invece adoperare la loro influenza, il loro
tempo e le loro ricchezze a beneficio delle compagne diseredate.

Da quando ho cominciato questo libro, che per varie circostanze
ho dovuto interrompere, la questione della donna ha fatto grandi
progressi, molti pregiudizî contro la sua indipendenza sono caduti e
l'idea del suo miglioramento si fa strada trionfalmente.

Ecco perchè voglio esporre, alle mie fedeli lettrici, le mie nuove
convinzioni; e se riuscirò ad incoraggiare le fanciulle timide ed
esitanti ad imparare un mestiere, a scegliere una professione colla
quale possano guadagnarsi da vivere ora che i molti bisogni impostici
dal progresso hanno reso la vita più difficile; se riuscirò a far
sorgere nelle più fortunate l'idea di occuparsi e di aiutare quelle
che sono condannate ad un lavoro improbo e mal retribuito, se riuscirò
a risvegliare le anime dormenti delle donne impigrite nell'ozio, ed a
far loro apprezzare la gioia sublime del lavoro, mi sembrerà che la mia
opera non sia stata inutile.

                                                            CORDELIA.



I.

La questione della donna.


Fra le molte questioni che si agitano nel nostro tempo si può dire che
quella della donna è all'ordine del giorno.

Si riuniscono continuamente congressi femministi, si fanno leghe per
gl'interessi femminili, i giornali ne parlano, ne sorgono discussioni:
l'esistenza della donna si fa sentire anche fuori delle pareti
domestiche e ci si accorge che la più numerosa metà del genere umano
esiste, e forse in un prossimo avvenire la donna non si contenterà più
di essere una macchina per far figliuoli o una bambola da salotto; ma
mostrerà che nella lotta libera delle forze individuali ha anch'essa il
diritto di combattere per la propria indipendenza.

Ed è certo che il progresso dei tempi ha tanto mutato l'ambiente in
cui viviamo, che la condizione della donna deve mutare per forza delle
circostanze inevitabilmente; solo resta a sapersi se ciò si potrà fare
in breve o lentamente; ma dato l'impulso, non si potrà più ritornare
indietro, come non si può impedire ad un torrente di scendere la china
dei monti e andare al suo destino.

È già molto che, se non si applaude al movimento in favore della donna,
si accetta senza combatterlo, si sopporta senza deriderlo, come non si
sarebbe fatto in altri tempi.

È certo però, che per ora la donna è ancora dipendente dall'uomo,
il quale aggiunse alla sua forza fisica delle leggi che, mentre lo
assolvono, abbandonano e condannano la sua compagna.

Soltanto fra certi popoli barbari, la donna è superiore all'uomo,
oppure ciò accadeva in un tempo remoto quando era in vigore la potestà
materna e la civiltà non avea dettato delle leggi ingiuste.

Se c'è un risveglio, non bisogna essere impazienti; non è facendo
congressi, rivoluzioni, gridando o imprecando che si potrà modificare
la sorte della donna, ma bensì aiutando le condizioni favorevoli al suo
sviluppo morale e intellettuale.

Col lavoro intanto, la donna potrà emanciparsi economicamente dall'uomo
e rendersi indipendente; e fatto il primo passo gli altri verranno da
sè senza scosse o battaglie.

Finchè la donna si limiterà a chiacchierare e discutere, non farà molto
cammino, ma se coll'opera mostrerà di saper far bene un lavoro finora
riserbato all'uomo, tutti s'inchineranno al fatto compiuto e nessuno
oserà dire che la donna non è adatta ad un genere di lavori in cui i
fatti hanno provato il contrario.

È naturale che per ottenere anche qualche piccola concessione, c'è
molto da lottare e molto cammino da fare.

Prima di tutto è difficile anche nelle stesse donne far entrare idee
nuove e vincere la forza d'inerzia, per quella tema di ogni novità che
ci fa adagiare tranquilli dicendo che si è sempre fatto così e così
si può tirare innanzi. Poi c'è da vincere il pregiudizio che fino dal
tempo di Demostene vuole che la donna sia destinata a fare figliuoli e
custodire la casa, e che volerla togliere alle faccende domestiche sia
un voler andare contro natura; e questa asserzione che forse poteva
aver qualche valore nei secoli passati si ripete tutti i giorni come
se il mondo non avesse fatto nessun passo nella via del progresso e
l'ufficio di massaia sia tale da poter occupare tutta la vita e la
operosità della donna.

Se invece di ripetere le frasi fatte si volesse un po' ragionare, si
vedrebbe che la donna, esclusivamente massaia, ha fatto il suo tempo,
come i menestrelli del medio evo e le parrucche, le portantine e i
guardinfanti del settecento.

Una volta l'intera giornata non poteva bastare a tutte le faccende
domestiche.

La massaia, oltre a spezzare la legna per accendere il fuoco (e prima
dell'invenzione dei fiammiferi ci voleva parecchio tempo) doveva
preparare il pranzo, attingere l'acqua fuori di casa, filare, tessere,
cucire, far calze, fare il bucato, il pane e tante altre cose che
l'industria ora ci fornisce a prezzi minimi, sicchè col progresso il
lavoro della massaia è andato sempre diminuendo; ed ora le macchine
da cucire che permettono di fare in poche ore il lavoro pel quale una
volta occorrevano intere settimane, hanno dato l'ultimo colpo ai lavori
d'ago che rendevano tanto orgogliose le nostre nonne e le tenevano
occupate gran parte della giornata. S'aggiunga che nelle città coll'uso
dei fornelli a gas, di acquedotti che portano l'acqua anche nei piani
più alti e con tante altre facilitazioni, il governo della casa si
riduce ad un semiozio, perchè il porre in assetto qualche stanza
modesta e preparare un pasto frugale, come avviene nelle famiglie che
non possono permettersi il lusso di pagare dei domestici, non potrà
occupare che un paio d'ore; ed ancora mentre bolle la pentola, la
massaia potrà dar qualche punto ai vestiti del marito o alla biancheria
della casa. E tutte le altre ore come potrà impiegarle? Ad annoiarsi
a girare per la città o a mirare le nuvole che passano? È forse un
delitto se procura occupandosi utilmente di guadagnare qualche soldo
onde aumentare il benessere della famiglia?

Nemmeno i bimbi ora dànno molto pensiero, per chi non può affidarli
a nutrici o a bambinaie: ci sono gli ospizii per i lattanti e asili
per l'infanzia, poi le scuole e così via di seguito, tanto è vero
che nelle classi popolari l'emancipazione della donna si può dire
un fatto compiuto, e più di due milioni sono le donne occupate in
Italia nelle officine. In principio per esservi ammesse hanno dovuto
lottare coll'opposizione fatta loro dagli uomini che ne temevano la
concorrenza, ma le occupazioni domestiche diminuite e il bisogno di
procurarsi un certo benessere, l'insistenza e l'attitudine mostrata a
certi lavori e più di tutto l'adesione degl'industriali, che pagandole
meno avevano maggiori profitti, hanno dato loro la vittoria, e c'è
soltanto da lamentare che lavorino troppo e si sottomettano a lavori
faticosi che vanno a scapito della loro salute e di quella delle
generazioni future.

                                   *

Dove la donna trova maggiori ostacoli e maggiore opposizione è nei
lavori d'indole elevata, nelle lettere, nelle scienze, nelle arti.
Poche sono quelle che si dànno agli studii superiori, che frequentano
le Università; e quelle poche non sono ben accolte nè dai professori nè
dai compagni, per quanto studiose e diligenti; se riescono ad ottenere
una laurea non possono servirsene perchè trovano mille ostacoli e mille
pregiudizî che sorgono a sbarrar loro il cammino e dopo aver tanto
sudato e affaticato sui libri non riescono a trar alcun profitto dalle
loro fatiche, non si contentano di occupazioni materiali e rimangono
avvilite e scoraggiate; ma è destino, ogni innovazione deve avere le
sue vittime ed esse sono come gli avamposti in una battaglia destinate
ad essere sacrificate al trionfo d'un'idea e preparare la strada per le
generazioni future.

Si è sempre tentato di distogliere la donna dal dedicarsi agli studî
severi, asserendo che non avrebbe mai potuto uguagliare l'uomo nel
campo dell'intelligenza, perchè gli antropologhi e i filosofi avevano
trovato che il suo cervello pesava meno di quello dell'uomo e da ciò
arguivano la sua inferiorità.

Con gli studî più recenti si trovarono false quelle teorie, perchè
paragonandolo agli altri organi si vede subito che la massa del
cervello è proporzionata al volume del corpo, e se c'è una differenza è
favorevole alla donna; poi non è detto che l'intelligenza consista nel
peso del cervello, mentre molte volte il cervello d'un imbecille pesa
assai più di quello d'un uomo di genio, e se non si badasse che alle
sue proporzioni, un bue dovrebbe essere più intelligente d'un cane o
d'una formica.

Si trovò sbagliato tutto quello che riguardo al cervello e
all'intelligenza si credeva vent'anni fa ed ora si sa di certo che il
cervello della donna è più pesante di quello dell'uomo, che la sua
struttura istiologica è la stessa; se vi è una leggera differenza è
nell'irrigazione del sangue che è più abbondante in quello della donna,
ma supplisce al sangue più povero che possiede.

Del resto nessuno sa ancora il vero punto dove ha sede l'intelligenza,
dove si forma il pensiero; e perchè poi dovrebbe essere l'uomo diverso
da tutti gli altri animali, che vediamo vivere indipendenti senza
riguardo al sesso e ognuno, maschio o femmina, soddisfare ai propri
bisogni e procacciarsi il nutrimento allo stesso modo?

Se, eccetto che nel periodo della maternità, la leonessa è uguale al
leone, il gatto alla gatta, il cavallo alla cavalla, perchè la donna
dovrebbe essere diversa dall'uomo?

Se esiste differenza è nell'educazione e nell'ambiente in cui è vissuta
finora. Ristretta fra la cerchia delle occupazioni domestiche, non ha
potuto sviluppare la sua intelligenza e la sua operosità; in modo che
in lei si sono affievolite quelle qualità che coll'esercizio si sono
fatte nell'uomo più forti e gagliarde.

Quante intelligenze saranno rimaste assopite, chiuse fra le pareti
della casa, occupate di meschine e incessanti cure domestiche? Quanti
germi si saranno spenti perchè privi di quel raggio che valesse a
scuoterli e a ravvivarli?

Due piante della stessa specie, seminate e coltivate in condizioni
diverse, non vegetano allo stesso modo, e due individui anche
appartenenti alla stessa famiglia, l'uno posto in un ambiente
intellettuale e raffinato e l'altro lasciato crescere in mezzo ai
campi, senza istruzione, come un'erba incolta, dopo pochi anni non
sembreranno più appartenenti alla stessa famiglia: tanto l'educazione
e l'ambiente hanno influenza sulle qualità fisiche, morali e
intellettuali dell'individuo.

Da tutto questo si vede possibile che col progresso dei tempi la donna
possa anch'essa sviluppare la propria intelligenza per poter bastare a
sè stessa.

Intanto, dagli studi fatti recentemente, dobbiamo concludere che
l'intelligenza della donna non è minore di quella dell'uomo, ma è
d'un'altra specie; che non esiste inferiorità, ma qualche diversità,
sicchè non sarà mai identica all'uomo moralmente, come non lo è
fisicamente, e come identici non sono nemmeno individui dello stesso
sesso; ma che agguerrendosi meglio alle battaglie della vita e
ricevendo un'educazione più pratica e più intelligente, avrà maggiori
attrattive senza perdere la sua femminilità.

                                   *

Abbiamo veduto che ora le faccende domestiche si riducono a così poca
cosa che non bastano ad occupare ed a riempire la vita d'una donna, per
cui senza far rivoluzioni, purchè abbia del coraggio, potrebbe riuscire
col tempo e gradatamente ad invadere i campi che finora rimasero chiusi
alla sua operosità, e ciò non le impedirebbe d'esser buona moglie e
buona madre. Se l'uomo trova tempo di dedicarsi oltre che alla propria
professione, alla politica, allo sport, ai divertimenti, non lo potrà
trovare la donna per la propria casa e per i propri figli? Anzi il
trovarlo le riuscirà facile e piacevole perchè vi si sentirà spinta
naturalmente dall'affetto e dalle antiche consuetudini.

E poi il formarsi una famiglia è un problema che diviene ogni
giorno più difficile, e migliaia di donne a cui sono negate le gioie
domestiche nel lavoro soltanto potranno trovare quel conforto che
la società non ha loro concesso e si sentiranno rialzate moralmente
all'idea di bastare a sè stesse e al proprio sostentamento, senza
aspettare la manna dai genitori, ed essere di peso ai parenti.

Naturalmente la donna dovrà lavorar meno dell'uomo per riserbare
le forze all'ufficio della maternità, ma nell'esercizio moderato
delle proprie facoltà troverà una fonte di salute. Coll'esercizio si
rinvigoriscono i muscoli, si rafforza l'intelligenza, lavorando si
mangia con miglior appetito e il nutrimento si assimila con maggior
facilità; non c'è tempo di pensare a tanti malucci che spesso sono
immaginarî o nati e cresciuti nell'ozio; si è più contenti di sè stessi
e dei propri simili.

La donna che lavora non avrà tempo di girare per la città a comperare
degli oggetti inutili, oppure a dir male del prossimo colle amiche e a
farsi corteggiare dai bellimbusti; potrà invece trar profitto dal suo
lavoro e contribuire col marito al benessere della famiglia.

In casa avrà degli argomenti meno frivoli e più interessanti per
intrattenere il suo compagno, potrà comprenderlo meglio e spiegarsi
certe sue preoccupazioni, perchè anch'essa le prova; non lo annoierà
perchè la conduca ai divertimenti, perchè dopo una giornata operosa si
sentirà anch'essa stanca e avrà voglia di riposare. Se sarà una donna
di cuore, serberà sempre una parte, anzi la migliore, a beneficio della
sua casa e dei suoi figli, mentre se non avrà affetto per la famiglia,
anche non avendo occupazioni proficue, la trascurerà per l'ozio e i
piaceri frivoli.

È naturale, il lavoro non è un divertimento e richiede dei sacrifici;
non può lavorare chi vuole, ma chi fin dalla prima età ha imparato
l'abitudine del lavoro e a tener calcolo del tempo; perciò ognuno dovrà
scegliere un'occupazione adatta alla propria indole e alla propria
inclinazione.

Se secondare le proprie facoltà è un dovere, sforzarle è un delitto;
perciò la donna non dovrà sopraccaricarsi di lavoro, ma subordinarlo
alle proprie forze e alla condizione della propria famiglia. Se
prenderà interesse al proprio lavoro vedrà le sue giornate trascorrere
rapidamente senza un minuto di noia, proverà il sublime godimento di
chi ha impiegato il tempo utilmente, compiangerà quelle che non hanno
mai provato la gioia di compiere un lavoro e di essere utili a sè e
alla propria famiglia.

Non mi si venga a dire che la casa e le cure della maternità sono
incompatibili con un lavoro continuato e proficuo.

Si è veduto come col progresso dei tempi il governo della casa si
è semplificato, e quelle che dànno tanta importanza alle modeste
occupazioni domestiche vuol dire che non apportandovi ordine ed
intelligenza, trascinano tutto il giorno un lavoro pel quale non
occorre che poco tempo, oppure esagerano le loro occupazioni per farsi
valere maggiormente. In quanto ai figliuoli, potranno occupare per
qualche anno, ma non tutta la vita e poi basta sul principio educarli
bene e non dar loro cattive abitudini.

Non voglio dire che ora non esiste più famiglia, ma è molto mutata
da quello ch'era una volta, basta dare uno sguardo al passato per
accorgersene.

Una volta la famiglia era addirittura una tribù: tutti i figli maschi
si sposavano in casa, erano sottomessi al padre, e per la madre era
un'occupazione importante dirigere una famiglia molto numerosa e
composta di persone di età e caratteri diversi.

Ora, non solo quando i figli si sposano, ma spesso quando hanno una
professione, escono di casa; le ragazze, se trovano, vanno a marito e
si formano piccole famigliuole che si possono condur bene senza fatica
e senza sprecar tanto tempo, dove il marito esce pei suoi affari, i
bambini vanno a scuola e la moglie ha tutto il tempo d'annoiarsi se non
si dedica a qualche occupazione utile o piacevole.

Poi mettiamo il caso che il marito non riesca a procurarle il
sostentamento, qual vita meschina sarà la sua?

Abbiamo un bel ripetere che l'ufficio della donna è di badare alla
pentola, come farà se non ha niente da farvi bollire e se non ha
imparato il modo di procurarselo? A questo proposito voglio riportare
un aneddoto letto in un volume che parla della vita americana:

«Una professoressa di matematica annunciò il suo matrimonio. Una
signora europea, d'idee ristrette ed antiquate, le chiese:

«Ma sapete voi far da mangiare?

« — No, — rispose la professoressa, — ma ho sulle altre donne il
vantaggio che, essendo abituata allo studio, lo imparerei molto
facilmente e in ogni caso posso guadagnare colla mia professione
abbastanza, per pagare una cuoca.»

La casa, la famiglia, tutte belle cose, ma prima di tutto bisogna
vivere; se ognuno penserà ai casi suoi, la famiglia andrà bene come le
ruote d'una macchina che funziona perfettamente, e la casa sarà come un
porto dove i figli che ritornano dalla scuola e i genitori che vengono
dal lavoro si ritroveranno e scambieranno tranquillamente le loro
idee, sarà un rifugio lontano dalle tempeste del mondo, un asilo per la
vecchiaia dove ognuno potrà riposarsi dalle fatiche passate.



II.

Le lavoratrici della terra.


Nel lavoro dei campi la donna non ha mai trovato opposizione, è sempre
stata la compagna dell'uomo, e spesso le è toccata la parte più ingrata
e faticosa.

Senza riguardo al suo sesso e all'età giovanile, appena può rendersi
utile, accompagna i genitori nei campi; lavora sotto la sferza del sole
estivo, fra le nebbie autunnali, e passa l'inverno nelle stanze buie e
affumicate affaticando gli occhi nel cucito e nel ricamo.

Nelle regioni alpestri che circondano i laghi settentrionali i lavori
della campagna sono tutti affidati alle donne, perchè i loro compagni,
spinti dalle necessità della vita, imparano un mestiere e vanno nei
paesi dove la mano d'opera è meglio retribuita a fare il muratore, lo
scalpellino, lo sterratore e simili aspri lavori; e le donne rimangono
coi vecchi e i bambini a custodire la casa e al lavoro dei campi.
A loro tocca vangare, zappare, seminare, raccogliere la messe; si
caricano enormi pesi sul capo, o sulle spalle, salgono, scendono pei
greppi, ricominciando ogni giorno la medesima vita dura, monotona,
uniforme, che varia soltanto col mutar delle stagioni.

Se la donna dei campi sapesse amare il proprio lavoro, ordinarlo in
modo che non le riuscisse troppo grave, forse sarebbe più fortunata
della donna, che abbandona i campi per andare all'officina; ma l'idea
di elevarsi, di prendere un salario alla fine della settimana, di
trovarsi con altre compagne di lavoro riesce un'attrazione troppo
forte; sicchè si prevede che a poco a poco i nostri campi saranno
abbandonati come avviene nelle località vicine ai centri industriali, e
le ragazze più delicate finiranno per rimetterci la salute preferendo
vivere in ambienti chiusi invece di respirare l'aria libera e
ossigenata dell'aperta campagna, occupandosi in un lavoro meccanico
e monotono invece di quello più salubre atto a rinvigorire il corpo
esercitando i muscoli.

Il lavoro dei campi, purchè sia fatto in buone condizioni, non è
poi tanto da disprezzare. Molte persone ricche, specialmente in
Inghilterra, stanche della vita cittadina, non esitano a prendere in
mano la vanga e la zappa e darsi ad una ginnastica utile lavorando le
loro terre. Molti generali si ritemprano dalle fatiche di una vita
avventurosa coltivando i campi e tutti rammentano che Garibaldi era
lieto di poter dedicare ai lavori campestri gli ozî di Caprera.

Per chi è educato al sentimento della natura il lavoro della terra può
dare immense soddisfazioni, ritempra il corpo e lo spirito, fa vivere
in un ambiente sano, procura sempre all'animo nuove gioie e nuove
sorprese.

Quell'essere al contatto quotidiano colla terra madre dà vigore al
corpo e purezza allo spirito. Chi sa col lavoro delle braccia dissodare
un terreno incolto, asciugare un suolo paludoso e renderlo fecondo, e
vede i campi sterili coprirsi per opera sua di messi abbondanti deve
sentirsi quasi collaboratore nella grande opera della creazione e
provare una gioia altrettanto intensa di chi fa un'opera d'arte, di chi
suda e fatica la mente sui libri.

Penso quale ricchezza sarebbe pel nostro paese se l'agricoltura fosse
tenuta più in onore, ma forse troppe terre sono incolte e non dànno da
vivere ad una popolazione troppo numerosa, nè invita il far sacrifici
per ricavarne i frutti soltanto in un lontano avvenire; ad onta di
tante difficoltà, mi sembra che un po' d'amore al lavoro dei campi,
e specialmente da parte della donna, dovrebbe portar buoni frutti; ma
invece di avvilirlo dobbiamo aiutarlo, elevarlo e creare intorno alle
lavoratrici un'aureola di approvazione e cooperare al loro benessere.

Quello che più di tutto stringe il cuore è constatare la vita meschina
che conduce il contadino, spesso per miseria, ma più spesso per
ignoranza.

Le massaie preparano il pane per parecchi giorni e dànno da mangiare
ai figli la polenta rafferma, inacidita, quasi senza sale, perchè
nella loro ignoranza trovano che con questo sistema ne mangiano meno,
e così è un vantaggio per l'economia domestica. Dànno ai bimbi il vino
invece del latte nell'idea falsa che li renda più robusti, non sanno
adoperare le erbe aromatiche dei loro campi nè trar partito dagli
animali domestici per preparare dei cibi salubri e gustosi al palato,
vendono il latte, i polli e le uova piuttosto che adoperarle per gli
usi domestici.

Non parliamo dei tugurî dove abitano; eccetto in qualche comune più
fortunato e dove si va prendendo qualche provvedimento, si trovano
anche nell'alta Italia nere tane affumicate, spesso senza finestre,
dove abita un'intera famiglia, dove i muri trasudano l'umidità, piove
dal tetto, col letamaio vicino e le acque inquinate. Nell'Italia
Meridionale, eccettuate alcune case fabbricate dai contadini arricchiti
in America e detti americani, e nella Sicilia, le abitazioni sono
composte di una sola stanza dove dormono in comune tutti i membri
della famiglia in compagnia dei polli, del maiale e di altri animali
domestici. In alcuni villaggi vi sono tugurî dove non penetra nè luce
nè aria, le pareti annerite gocciolano per l'umidità, i pavimenti sono
rotti e infossati, i letti sono composti di sacchi di paglia e stoppia
ammuffita.

Tutte queste miserie e molte altre ancora vennero portate alla luce
dall'inchiesta agraria ordinata dal Governo nel 1877. Si studiò la
questione, si proposero miglioramenti, ma ben poco si fece, come
risulta da una nuova inchiesta fatta di recente sulle condizioni dei
contadini dell'Italia Meridionale e della Sicilia.

Il contadino è per natura refrattario alle novità; è diffidente,
non accoglie i consigli che gli vengono dati per suo bene, ma
coll'istruzione che lentamente si va diffondendo nelle campagne,
colle facili comunicazioni coi grandi centri, dovrà necessariamente
accogliere, sia pure lentamente, i benefici del progresso.

In Italia, per la sua forma e la diversità del clima e dei prodotti,
esiste una grande differenza di costumi, da una regione all'altra.

Se in molta parte del Mezzogiorno e della Sicilia il contadino vive
in tuguri malsani, se nell'agro romano abita ancora in grotte e
caverne come ai tempi dei trogloditi, se le terre, in mano di avidi
sfruttatori, non dànno alle famiglie da vivere al punto da obbligarle
ad emigrare in terre lontane, nella Toscana, invece, se non regna il
benessere e l'agiatezza, la povertà è meno triste, perchè è circondata
da un'aureola di salute e di benessere. Come le campagne sono ridenti
e festanti fra i vigneti e gli olivi, anche le contadine sono più
aggraziate e sorridenti. Lavorano, è vero, con fatica dalla mattina
alla sera, lavorano a produrre il vino, e forse bevono sempre acqua,
ma se non hanno da nutrirsi ci pensa il padrone, il quale si occupa
personalmente delle sue terre, vede da vicino i bisogni dei suoi
dipendenti e procura di porvi riparo.

Anche nella Lombardia, i possidenti si occupano di migliorare le
condizioni di vita dei contadini, si istituiscono forni per fare il
pane economico e salubre, si stabiliscono cooperative di consumo e
si procura di fabbricar case che non siano tuguri e riescano pratiche
e igieniche; ma i pochi volonterosi non sono nemmeno incoraggiati da
quegli stessi a beneficio dei quali si adoperano, e la vicinanza dei
grandi centri industriali fa disertare la campagna alle persone più
evolute e intelligenti; ciò è dannoso per l'agricoltura e la donna
spesso perde allontanandosi dalla sua casa la salute e l'innocenza.

Se il sistema di vita nelle varie regioni è diverso, l'ignoranza e la
miseria regnano ovunque e quel tenue raggio di progresso dato dai primi
elementi d'istruzione han fatto scorgere all'animo dei lavoratori della
terra, la difficoltà di raggiungere la meta agognata, aumentando il
loro malcontento e la loro infelicità.

Quando la donna sarà meno ignorante, quando nelle scuole rurali le
insegneranno nozioni pratiche d'igiene e del modo di coltivare gli
erbaggi, di curare gli animali domestici, di preparare il cibo, di
tenere la casa e i figli secondo norme igieniche, essa sarà la fata
benefica della famiglia che vedrà crescere rigogliosa per opera sua.

Per esempio, da noi è stato per tanto tempo trascurato l'allevamento
del coniglio, dal quale in altri paesi si trae grande profitto; è un
animale che non costa nulla, che si moltiplica con grande facilità,
dà un cibo buono e sano e anche la pelle può essere adoperata per fare
le pelliccie che adornano e riscaldano le signorine e signore e che si
sono mostrate tanto utili ai nostri soldati che combattono eroicamente
sulle Alpi.

Tornando alla donna, essa deve essere aiutata e considerata e chi può
deve fare in modo, di crearle un ambiente simpatico. Bisognerebbe che
vi fossero leggi che ordinassero di radere al suolo le case insalubri,
rinnovare quelle diroccate e fabbricarne di nuove secondo le norme
d'igiene, ma come trovare i denari per farlo? Dovranno degli esseri
umani essere condannati a vivere in tugurî, peggio delle bestie? Mi
chiedo sempre perchè i proprietari, i comuni, le provincie, tutti
i filantropi che dànno aiuti e premi in denaro per incoraggiare e
migliorare l'allevamento del bestiame, non istituirebbero dei premi
per le massaie che tengono ordinata e pulita la casa, per i piccoli
proprietari che la mantengono in buono stato, per le mamme che hanno
i bambini più puliti e ben nutriti. Perchè si pensa al miglioramento
delle razze inferiori e non si cura quello della razza umana?

Fino che nelle campagne regna tanta ignoranza, è inutile predicare
l'igiene e la pulizia, conviene che le famiglie ne ricavino un compenso
materiale, poi si troveranno meglio, prenderanno delle abitudini buone
e il benessere si propagherà senza premio e incitamento. Una volta, i
ricchi facevano l'elemosina ai poveri delle loro terre che sfilavano
alle porte dei castelli e delle ville. Ora il mondo è mutato, e in
altro modo dobbiamo aiutare il nostro simile, occupandoci di creare un
ambiente salubre e simpatico affinchè il suo lavoro possa svolgersi in
condizioni favorevoli di vita; e tutto quello che si farà per il suo
benessere fisico e morale andrà non solo a vantaggio dell'individuo, ma
anche del suo lavoro.

All'estero il contadino vive assai meglio che da noi, eppure le terre
non sono così fertili, nè il clima mite come il nostro, ma è che colà
pensano molto di più di noi al lavoratore della terra e si fa qualche
cosa di pratico per educarne la donna.

Ci sono per esempio, nel Belgio, nella Svezia e nella Svizzera, delle
scuole dette _ménagères_, dove invece d'un insegnamento astratto si
danno nozioni pratiche per coltivare la terra, s'insegna una quantità
d'industrie agricole e casalinghe.

In Inghilterra la contessa di Warvick, preoccupata dal disagio di
molte ragazze di condizione civile, pensò di procurar loro il mezzo di
trovarsi un'occupazione per fare una vita agiata e igienica, e istituì
un collegio che potesse dare un'istruzione agricola, con l'aggiunta di
molti ettari di terreno, serre, orto, pollaio, alveari e vaccheria,
affinchè, all'istruzione teorica impartita da esperti professori, ci
fosse unita la pratica.

Visto che ogni allieva, uscita dal collegio, trovava subito un buon
impiego in qualche azienda agricola, il numero delle studentesse
aumentò tanto che non solo la contessa di Warvick dovette comperare
un castello circondato da cento e quaranta ettari di terreno per dare
al suo collegio il modo di espandersi, ma poi sorsero parecchi altri
istituti dello stesso genere che furono tutti molto frequentati.
Quando sull'esempio della donna inglese, ho veduto istituirsi anche
da noi sul medesimo tipo una scuola a Niguarda situata in una bella
villa contornata da un podere con vaccheria, pollicoltura, alveari,
bachicoltura, — ho applaudito di cuore alle persone benefiche che
davano le loro energie e i loro denari per un'opera tanto utile, e
pensai che sarebbe stata frequentata da un bel numero di allieve, che
poi sarebbero andate a estendere le loro cognizioni nelle campagne
con grande vantaggio dell'agricoltura, contente d'essersi trovata
un'occupazione proficua per tutta la vita; e pensavo che le stesse
possidenti avrebbero approfittato di quella scuola per poter acquistare
cognizioni utili onde dirigere con sapienza le loro terre, per
ricavarne maggior reddito e nello stesso tempo avere un'occupazione
interessante per i lunghi mesi di villeggiatura e poter essere
d'esempio e d'istruzione alle loro dipendenti.

Invece ben poche allieve si sono iscritte alla scuola di Niguarda,
forse perchè le famiglie e le stesse fanciulle, non sono abbastanza
evolute per comprenderne tutti i vantaggi, e forse per il pregiudizio
che il lavoro campestre sia troppo umile, errore che dobbiamo
distruggere invece, persuadendo il popolo che non v'ha nessun lavoro
umile purchè sia fatto con amore, che quello della coltura dei campi,
del giardinaggio, dell'allevamento degli animali domestici, oltre
ad esser fonte d'infinite soddisfazioni, perchè ci mette a contatto
colle forze vive della natura, è un lavoro adatto per uomini e donne,
per ricchi e poveri, per vecchi e giovani, dà infinite soddisfazioni
morali, ed è fonte di ricchezze; i doni della terra sono inesauribili,
e se ben diretto, il lavoro dei campi si muta facilmente in industria
e il coltivatore può trovarvi il principio di vera prosperità per sè e
per il proprio paese.

L'elevazione e l'educazione delle lavoratrici della terra sarebbe
un vasto campo aperto all'operosità delle signore benefiche. Ora
l'elemosina non basta per sollevare gli umili, bisogna educarli,
insegnar loro un lavoro fecondo e redimerli dall'ignoranza e dalla
superstizione.

Si riuniscono congressi, si fanno leggi per le lavoratrici delle
risaie, per le malattie del lavoro, per gl'infortunii, si desta
l'attenzione colla pubblicità sopra tante miserie ignote; perciò è
sperabile che le mie non siano parole gettate al vento, e che qualche
cosa di utile si riesca a fare anche per le lavoratrici della terra.
L'esempio deve darlo il Governo con lo stabilire facili comunicazioni
e rendere le strade sicure specialmente nell'Italia Meridionale, dove
i possidenti dovrebbero prendere esempio da quelli della Toscana e
dell'Alta Italia e vivere qualche mese dell'anno nelle loro terre,
mettersi al contatto coi loro contadini invece di lasciarli morire di
fame, sfruttati come sono da avidi intermediarii e rovinati dall'usura.

Come si troverebbero compensati se invece di sciupare il denaro e
le energie vivendo sempre fra i passatempi delle grandi città, si
adoperassero a beneficio dei loro possedimenti e a migliorare la sorte
dei loro contadini!

Quando esco dall'Italia, e vedo come sono tenute le case rurali dei
paesi vicini, mi sento arrossire dalla vergogna pensando in che miseri
tuguri vivono le famiglie dei nostri contadini, dove entrando si
sente un tanfo che ci toglie il respiro, e compiango i poveri esseri
condannati a passarvi la vita, oppure a trascorrere le lunghe serate
d'inverno nell'aria poco respirabile delle stalle, mentre a pochi
passi, quando si entra nella vicina Svizzera, si vedono subito casette
bianche, pulite, dove dalle finestre pendono rami di garofani e di
geranî fioriti che dànno una nota allegra al paesaggio ed invitano ad
entrare.

Nell'interno, aria e luce, piccole stanze dalle pareti bianche,
immacolate, e tavole di legno ricoperte da tovaglie pulite, sulle quali
le bianche stoviglie invitano a rifocillarsi. Ecco una contadina dalla
faccia fresca e paffuta, vero ritratto della salute, lascia il tombolo
o il ricamo a cui stava intenta e che le serve a passare il tempo dopo
il lavoro dei campi e della casa, e vi offre una tazza di latte o di
cioccolata, e noi si prova la sensazione che in quella casa alberghi
l'agiatezza e la felicità forse meglio che nelle dimore dei ricchi.

La donna può far molto per rendere piacevole la casa, ma prima
deve possedere una casa e non un tugurio, e poi deve essere educata
all'amore del bello per poter tenerla in ordine e pulita, ed anche
renderla elegante con qualche fiore, anzi, quando l'istruzione l'avrà
resa più esigente sentirà essa stessa la necessità di vivere in un
ambiente più civile.

Le signore che hanno introdotto nelle campagne le industrie femminili,
e si sono avvicinate così alle loro dipendenti, creando per loro
un'occupazione che aumentandone il benessere è atta a sviluppare il
senso artistico, dovrebbero dar loro consigli utili di tenere pulite ed
ordinate le loro case e di adornarle e renderle più belle con qualche
vaso in fiore o con canestri di frutta olezzanti.

Quando sarà tolta o scemata la piaga dell'analfabetismo forse
scompariranno certi pregiudizî che fanno vivere i contadini fra il
sudiciume, e le norme d'igiene serviranno ad inculcar nelle loro menti,
che un nutrimento buono dà forza e salute, e che l'acqua da bere non
deve essere inquinata e il tenersi puliti è salute e civiltà, e col
vivere nelle stalle non si respira un'aria buona.

Dove diminuisce l'ignoranza, aumenta il benessere; e quando questo
sarà penetrato nelle case dei contadini, la donna prenderà amore
alla vita dei campi e alle industrie casalinghe, ed innamorata della
propria casa, più difficilmente si sentirà la volontà di abbandonarla
per andare a rovinare la salute e corrompere la mente fra le mura
cittadine.

Mi pare che sarebbe molto opportuno per l'istruzione e l'educazione
del contadino diffondere nell'insegnamento degli asili rurali il
metodo Montessori adottato già nelle case popolari di Milano e di
Roma. Prima di tutto perchè è un metodo razionale che educa i sensi
senza costringere troppo il bambino ad una disciplina che contrasti
colla sua età giovanile, poi perchè educa prima d'istruire e insegna a
lavarsi bene, a vestirsi, a tener puliti i propri indumenti, oltre che
a leggere e scrivere senza fatica, poi a seminare e lavorare la terra,
a tenere in ordine gli oggetti che si adoperano e più di tutto ad
amare il loro lavoro. Con questo sistema stato già adottato all'estero
e specialmente in America, un bambino di sei anni sa già leggere e
scrivere senza aver fatto alcuno sforzo, e si trova preparato per le
scuole elementari; soltanto vorrei che affinchè non dimentichino quello
che hanno imparato, finita la scuola, avessero il mezzo di andare la
domenica qualche ora ad esercitarsi nella lettura, a sentire qualche
conferenza, e sotto la direzione di buoni maestri potessero allargare
le loro idee mano mano che coll'esperienza della vita la mente si
matura e si rinvigorisce.

Perciò ogni scuola dovrebbe avere biblioteche adatte affinchè chi ha
terminato la scuola possa esercitarsi nella lettura, ma i libri scelti
siano oltre che utili, piacevoli e interessanti, e possano invitare i
ragazzi ad occupare nella lettura il tempo delle giornate festive.

La elevazione della donna, il buon nutrimento, l'istruzione e il
relativo benessere potranno darci una schiera di lavoratori baldi,
vigorosi, che faranno rendere la terra dieci volte di più con minor
fatica; i contadini fiacchi dai movimenti lenti, che tornano al lavoro
e lo trascinano svogliati per intere giornate non esisteranno più, non
si vedranno più le mamme persuadere le figlie a non recarsi alla scuola
come succede adesso in certe regioni.

Avranno finalmente capito che non è mutar lavoro e paese quello che ci
eleva sui nostri simili, ma l'educazione e l'istruzione che rialzando
il nostro sistema di vita ci permette di aver una casa in ordine e ben
tenuta, i figlioli educati e puliti: e se ameranno il proprio lavoro,
non avranno nulla da invidiare alle donne che vivono in quelli alveari
popolosi che sono le case cittadine.



III.

La donna nelle officine.


Dovunque è penetrata la civiltà e specialmente dove l'abbondanza
d'acqua costituisce una forza da poter utilizzare per l'industria,
si sono visti sorgere come per incanto, vasti fabbricati con lunghi
fumaioli volti al cielo, con tettoie immense e vaste stanze ingombre di
macchine, di utensili, di ruote e puleggie, tutto un organismo messo
in movimento da forze potenti; veri tempî del lavoro dove ogni giorno
entrano a frotte gli operai uomini e donne che la sera ritornano alle
loro case per riposarsi di un lavoro destinato a spargersi per il
inondo per sopperire ai bisogni di tante altre centinaia e migliaia di
persone.

Tutti i grandi stabilimenti industriali mentre hanno fatto sparire
la poesia e la calma serena dei campi hanno tolto molte braccia alla
terra.

Quando il lavoratore dei campi vide davanti a sè quei grandiosi
fabbricati, n'ebbe come una invincibile suggestione e il miraggio della
sua vita, l'aspirazione più potente fu quella d'entrare nelle nuove
officine dove il lavoro gli appariva più nobile e più rimunerativo,
o almeno di mandarvi i figlioli, nella speranza di procurar loro un
avvenire più lieto e sicuro, in ogni modo meno faticoso dei lavori
campestri.

Così a poco a poco la febbre dell'officina invase tutta la famiglia
dell'agricoltore, che sdegnò il lavoro fecondo e salubre della terra il
quale dà pane e vigore alle membra, per lasciarsi attirare nell'orbita
dei grandi stabilimenti industriali.

Le prime donne entrarono timidamente nelle officine vincendo
l'opposizione dei loro compagni, che in esse vedevano delle serie
concorrenti, e procuravano inutilmente di tenerle lontane calcolandole
poco atte a quei lavori, precisamente come ora si cerca di escluderle
dalle professioni e dagli impieghi più elevati.

Ma la crisi dell'agricoltura, la questione economica che s'imponeva,
e più di tutto l'aiuto degli industriali i quali trovarono la loro
convenienza nell'impiego di operaie, fecero in modo che le piccole
schiere delle lavoratrici dell'officina andarono via via ingrossando,
divennero legione, il ruscello si mutò in torrente impetuoso e la donna
penetrò in tutte le fabbriche, invase tutti i rami dell'industria e da
molti scacciò gli uomini che si mostrarono impotenti a resistere alla
concorrenza delle loro donne.

È naturale: l'industriale vide subito il vantaggio che gli derivava
dall'impiego della donna. Prima perchè si contenta d'una mercede
minore di quella dell'uomo, poi perchè è più docile, paziente, meno
distratta dai compagni, più esatta in certi lavori pei quali ha più
altitudine e buon gusto dell'uomo; abituata ad occuparsi da mane a
sera nei lavori domestici è più resistente ad un'occupazione continua,
tenuta lontana dalla vita pubblica comprende difficilmente il vantaggio
dell'associazione; qualche volta infatti le operaie non si lasciarono
indurre a scioperare e da sole continuarono a lavorare dando così la
vittoria agli industriali, che anche per questa ragione favorirono il
loro ingresso nelle officine.

In seguito, acquistata una certa pratica ai lavori, sono state sempre
più apprezzate ed hanno provata la loro resistenza anche alle opere più
faticose ed insalubri, ciò che dà una smentita a coloro che riguardano
la donna come un essere fragile e delicato che quasi debole pianticella
non possa resistere non solo alle bufere ma nemmeno a un colpo leggero
di vento.

Ormai non v'è ramo d'industria dove la donna non abbia trovato
occupazione; non parlo dei lavori di ricamo, di biancheria, di mode,
nei quali le donne vengono impiegate quasi esclusivamente; ma esse
trovano lavoro in numero rilevante nelle filature di seta, di lino e
di cotone, nelle fabbriche di tessuti, nelle tintorie, nell'industria
degli aghi, delle penne d'acciaio, dei vetri, delle porcellane,
degli smalti; nelle fabbriche di nastri, bottoni, saponi, candele,
oggetti di cuoio, guanti, merletti, passamanerie, dolci, prodotti
chimici, carte, stracci, cappelli di paglia, pelliccie, giocattoli,
intagli in legno, orologi, zolfanelli; nelle stamperie, fotografie,
legatorie di libri, nella lavorazione di gioielleria e pietre preziose
e perfino nelle fabbriche di mattoni, opere murarie e miniere e negli
stabilimenti d'elettricità, ecc.; tanto che non c'è ramo d'industria
ove la donna non dia l'opera sua, e già più di cinque milioni di donne
contribuiscono all'incremento del lavoro nazionale.

Col progresso dei tempi e colla questione economica che si fa sempre
più grave era inevitabile che la donna portasse fuori dalle pareti
domestiche la sua operosità; soltanto, visto che il campo è vasto,
dovrebbe fare una scelta e non volgersi a quei generi di lavori che
domandando un eccessivo sforzo fisico possono esser fatali a lei e ai
figli pei quali ella deve dare tutte le energie del suo organismo.

Quando la donna delle campagne sarà più istruita ed evoluta darà
lei l'indirizzo del lavoro alle sue figlie, e la scelta della loro
occupazione sarà fatta dopo mature riflessioni, e con sani criteri,
come nelle classi più colte, procurano di fare i genitori riguardo ai
figliuoli.

Il bisogno che ci spinge a scegliere un'occupazione è spesso un cattivo
consigliere; non tutti abbiamo le medesime tendenze e la medesima
forza fisica, e una madre non dovrebbe mandare all'officina, dove molte
persone si trovano rinchiuse e agglomerate in uno spazio ristretto, fra
miasmi ed esalazioni di prodotti poco salubri, le fanciulle gracili
e delicate; per queste scelga la vita dei campi, l'aria aperta, dove
si allargano i polmoni e il corpo acquista nuovo vigore, ispiri loro
l'amore e il sentimento della natura e le persuada che migliorare colle
proprie cognizioni ed esperienza i prodotti della terra, dà maggiori
soddisfazioni che passar le giornate occupate in un lavoro meccanico,
monotono, che toglie ogni iniziativa e riduce le persone come tanti
automi, fiacca il corpo e lo spirito di chi non ha una costituzione
vigorosa e resistente.

Ci vorrebbe una legge come pel servizio militare, che escludesse da
certi lavori le fanciulle deboli, anche per il bene delle generazioni
future; ma sono esse le proprie peggiori nemiche, spinte alle officine
a rovinare la salute e forse a corrompere il cuore, dalla vanità,
credendo di elevarsi sulle compagne dal bisogno d'un pronto guadagno,
ed anche perchè quel trovarsi unite ad altri compagni di lavoro,
specialmente dell'altro sesso, è per loro fonte di piacere. Che importa
se escono dalle lunghe ore di lavoro in ambienti chiusi, stanche, colle
faccie smorte, gli occhi incavati? Esse chiacchierano allegramente
lungo la via coi compagni, fanno progetti per passar assieme i giorni
di festa, e in quei momenti, in quelle amicizie trovano il compenso
della dura vita di lavoro e lo preferiscono alle occupazioni campestri
e salubri.

Dai genitori dovrebbe dipendere l'indirizzo dei figli; e se saranno
meno ignoranti e più coscienti, penseranno alla responsabilità che
hanno nella loro riuscita e terranno conto delle loro inclinazioni,
della forza fisica e non faranno come dice il poeta, di torcere alla
religione, tal che fu nato a cingere la spada. Il lavoro non è solo
un mezzo per guadagnarsi da vivere, ma se fatto in buone condizioni
riesce di vera soddisfazione e per noi stessi e per quello che si
produce a benefizio della nostra famiglia e del nostro paese. Tanto nel
lavoro dei campi come in quello dell'officina, si deve apportare un po'
d'amore e d'entusiasmo e procurare di perfezionarlo e di scongiurare i
pericoli che spesso offre. Le donne dovrebbero portare vesti succinte
per passare in mezzo alle macchine senza correr il pericolo di esservi
impigliate, lavarsi le mani prima di toccare il cibo, ed osservare
tutte le norme d'igiene che dovrebbero essere raccomandate in ogni
stabilimento.

Ci sono una quantità di leggi e regolamenti e per l'età e per l'orario,
ecc., che se seguite tutelerebbero abbastanza l'operaio; e queste
hanno giovato anche alla donna. Ciò che è bene poichè non avendo essa
il voto, la sua voce non arriva molto in alto e non viene ascoltata
mentre pure anch'essa avrebbe diritto di migliorare la sua condizione
ed essere retribuita, a parità di lavoro, come il suo compagno. Non è
giusto che soltanto perchè è donna il suo lavoro valga meno; e se ella
ha dei periodi di riposo forzato causa le esigenze del suo sesso, potrà
essere assistita dalle casse di maternità in modo da poter aver le
cure richieste e da far sì che il suo lavoro non vada a scapito delle
generazioni future.

Col progresso dei tempi molto si è fatto a beneficio delle classi
operaie; nelle città e nei grandi stabilimenti vi sono asili pei
bambini lattanti, scuole e asili pei più grandicelli, refezione
scolastica, dopo scuola, ecc., affinchè le donne possano attendere al
lavoro sapendo i figli ben custoditi. Ma ancora resta molto da fare
specialmente nelle campagne e province, anche perchè se terminata
la giornata di lavoro l'uomo va a sollazzarsi all'osteria, la donna
deve occuparsi delle faccende domestiche, rattoppare la biancheria e
i vestiti dei bimbi e non ha un minuto di riposo. Il lavoro sta bene,
ma deve essere non eccessivo e ben retribuito; poi oltre alle casse di
maternità ci dovrebbero essere casse di mutuo soccorso per le malattie
e la vecchiaia in modo che la donna che ha lavorato per anni ed anni
possa nell'età matura non aver bisogno di essere obbligata a lavorare
per vivere e godere un riposo ben meritato.

Quando l'operaia sarà più cosciente ed istruita, procurerà di evitare i
lavori che potrebbero essere di pregiudizio alla prole futura, e saprà
per esempio che l'operazione di stendere il mercurio negli specchi
è fatale per le donne gestanti; quasi sempre fu constatato dalle
statistiche che in simile lavoro le gestanti abortiscono o il bimbo
muore appena nato; dannose pure le officine dove si lavora il piombo,
e perniciose le esalazioni di acido solforoso e i vapori alcalini
che si sviluppano nelle lavanderie di cappelli di paglia, e certi
colori adoperati per i fiori artificiali, o la biacca per imbiancare i
merletti.

Ora che sono aperti tanti campi all'operosità femminile sarebbe molto
meglio, non tanto per sè come per le generazioni future, che la donna
evitasse le industrie che possono portar pregiudizio alla sua salute
e in ogni modo evitasse il pericolo usando le dovute precauzioni. Se
qualche volta la innumerevole schiera di conferenzieri che tengono
discorsi in città ad un pubblico già evoluto, andassero nei piccoli
centri industriali e nelle campagne ad illuminare quelle popolazioni
semplici e ancora ignoranti sui pericoli di certi veleni, dando regole
d'igiene con parole facili, farebbero un'opera veramente benefica.

Ora col progresso della scienza le norme d'igiene anche negli
stabilimenti industriali vengono osservate meglio che in altri
tempi, anche le donne sono più evolute; per migliorare la loro
condizione si uniscono ai compagni, hanno compreso il grande vantaggio
dell'associazione o fanno valere il loro diritto anche a costo di
scioperare. Ma anche nell'officina, come nei campi, si deve lavorare
con amore e procurare di perfezionarsi colla pratica e produrre il
maggior lavoro possibile; a una buona operaia che è diligente e pratica
del suo lavoro non mancherà mai il mezzo di procurarsi da vivere,
sicchè può guardare l'avvenire con serenità. Poi per quanto le sia
riservata una parte meccanica, c'è anche una certa compiacenza nel
sapere di essere una piccola ruota dell'ingranaggio che produce la
ricchezza del proprio paese; chi è intelligente può mutare in arte
un semplice mestiere, come lo prova il fatto che si possono contare
a centinaia coloro che dall'officina sono arrivati a posizioni più
elevate. Certo, del resto, un'operaia vive meglio della fanciulla, che
avendo maggiore istruzione, sceglie la carriera degl'impieghi, dove con
minori compensi materiali ci sono maggiori esigenze sociali.



IV.

Le lavoratrici della casa.


Fin dai tempi più remoti, ogni anno, una quantità di fanciulle
abbandonano i lavori dei campi, la casa, i parenti per cercare
un'occupazione come domestiche nelle città presso le famiglie più
ricche.

Forse vi sono spinte dal disagio in cui vivono e dai lavori troppo
faticosi per le loro forze, ma più spesso dal desiderio di mutare
ambiente, di veder cose nuove e dalla speranza di migliorare la propria
condizione.

Quando la via delle officine non era ancora aperta alla donna, non le
rimaneva altro mezzo possibile per guadagnare un salario ed emanciparsi
della propria famiglia. Data l'attitudine che ha la donna per le
faccende domestiche non foss'altro per essersene sempre occupata, se è
intelligente, la sua opera può venire molto apprezzata nelle famiglie;
e se riesce a collocarsi bene, la sua sorte è molto più invidiabile
di quella delle sue compagne, che si logorano la salute lavorando
la terra o stanno tutto il giorno rinchiuse in un'officina occupate
costantemente in un lavoro meccanico.

Intanto le domestiche hanno un miglior nutrimento di quello al quale
erano abituate fin dall'infanzia, poi vivono in case ben riparate,
comode e qualche volta eleganti. Però prendono delle abitudini
superiori alla loro condizione, al punto che si troverebbero molto
male se non potessero continuare quella vita; si disamorano della loro
casa disagiata, dei cibi semplici a cui erano abituate, e questo è un
guaio come quello di prendere gusti raffinati, vivendo con persone più
istruite ed eleganti; poichè si troverebbero poi male se dovessero
lasciare la via incominciata e si troverebbero ad essere delle
spostate, vere naufraghe della vita.

Dopo che le donne sono state ammesse nelle officine, la parte più
operosa e più disciplinata, preferisce il lavoro dell'officina a quello
della casa, perchè in apparenza si trovano più indipendenti e restan
padrone del loro tempo, terminata la giornata di lavoro. Le signore si
lagnano, che non trovano più le domestiche docili e affezionate d'altri
tempi; ed esse si ribellano al dover star sottomesse ai voleri della
famiglia che le ospita e trascurano il loro dovere, lagnandosi spesso
d'una severità di trattamenti che non è conforme alla verità.

In questi tempi in cui si pensa tanto a rialzare le classi più umili,
in cui tanto si concede all'operaio, si dovrebbe far qualche cosa per
elevare la classe dei domestici e far in modo che non si sentissero
avviliti nel trovarsi in casa altrui, trattarli come lavoratori della
casa e abolire per sempre la parola servi, che rammenta uno stato di
schiavitù non in armonia col loro ufficio, nè coi tempi moderni.

Parliamo dunque delle lavoratrici della casa, le quali se vogliono
essere trattate con affetto da quelli che le ospitano, devono adempiere
puntualmente al loro dovere e saper stare al loro posto dignitosamente.

Vi sono diverse categorie di lavoratrici domestiche, quelle che non
hanno abbastanza intelligenza da elevarsi al disopra delle compagne
e devono contentarsi dei lavori rudi e materiali, ed altre più
intelligenti che possono essere adibite a lavori meno faticosi e fanno
una vita comoda, poco dissimile da quella delle loro signore. Alcune
si affaticano più delle operaie, perchè non avendo un orario fisso
possono esser chiamate a qualunque ora, e non sono padrone di disporre
del loro tempo; altre invece che abitano in case signorili dove ci
sono parecchi domestici, godono di una certa libertà, fanno poca
fatica, ma devono essere dotate di un buon carattere, per poter andar
d'accordo nella convivenza dei compagni di lavoro, ciò che non succede
tanto spesso. Però visto che nessuno è schiavo, nè obbligato a vivere
in un ambiente ostile, una persona onesta e capace, troverà certo da
collocarsi in un ambiente più confacente al suo carattere. Se poi una
lavoratrice ha trovato una buona famiglia, deve vedere di conservarla
e riguardarla come fosse la propria, esser docile, non parlar male
di quelli che la impiegano e fare in tutto e per tutto il suo dovere.
Una giovane inesperta, vedrà di collocarsi presso una signora paziente
che possa insegnarle il governo di una casa molto diversa da quella
della sua famiglia, ed esser riconoscente di poter aumentare il numero
delle cognizioni; dove manca l'ingegno, supplire colla volontà e non
ribellarsi ai rimproveri, ma esser utile a chi l'aiuta ad aumentare il
suo valore e la sua capacità.

Se potrà specializzarsi in qualche lavoro, migliorerà la sua
condizione, ma dovrà sceglierlo secondo le sue attitudini; se non ha
molta destrezza di mano pei lavori d'ago e poca intelligenza per poter
riuscire nell'arte gastronomica, si contenti di custodire i bimbi, ma
lo faccia con amore, con attenzione, in modo da dimenticare sè stessa
pel loro benessere, e riguardi il suo ufficio come una missione. Una
domestica alla quale si possa con piena fiducia confidare i bimbi, è
un vero tesoro per una famiglia. Ma non si dedichi ai bimbi chi soffre
delle distrazioni; in questo caso, si dedichi ai lavori d'ago, a porre
in assetto con precisione le stanze, a cose materiali, per le quali
ci vuol ordine e attenzione; nella scelta delle occupazioni ognuno
deve procurare di seguire la propria indole e di non andar contro alla
propria natura. Se ama la vita sedentaria ed è esperta nei lavori
muliebri, si dedichi a perfezionarsi nell'ufficio di cameriera, se
invece preferisce il moto ed ha abbastanza intelligenza per combinare
vivande gustose, scelga la scienza gastronomica e non le mancherà
occupazione, mentre di mangiare c'è bisogno tutti i giorni e un buon
pranzetto è sempre molto apprezzato.

Sia che si dedichi a un ramo o all'altro del lavoro domestico, deve
metterci tutta la sua intelligenza, cercare di perfezionarsi sempre
più e adempiere la sua missione con amore. Il lavoro più umile diventa
interessante quando ci si mette tutto il proprio zelo per riuscir bene.
Molte lagnanze si sentono continuamente da parte di lavoratrici della
casa che mutano sempre case, senza trovarne una ove si possano fermare,
e nè incolpano i signori e la loro incontentabilità; viceversa, le
signore si lagnano di non trovar buone domestiche. E di questo disagio
si devono incolpare più di tutto le esigenze del nostro tempo, la
volontà di migliorare la posizione a qualunque costo, l'abitudine di
considerare il lavoro come un peso, o per lo meno di riguardarlo con
indifferenza, senza apportarvi quell'entusiasmo che riesce a elevare il
lavoro più umile e a creare intorno ad esso un'aureola di luce.

Tutti domandano perchè non esistono più le domestiche fidate d'altri
tempi, che riguardavano la casa dove venivano accolte come fosse la
loro propria, ci si affezionavano ed erano certe di passarvi la vita,
nè si lasciavano sedurre ad abbandonarla da promesse di maggiori
guadagni.

È che il loro desiderio non andava oltre la casa che le ospitava, si
contentavano d'aver assicurato il mantenimento per tutta la vita; la
consuetudine di convivere in quella casa avea recato reciprocamente fra
loro e le loro signore legami d'affetto da non potersi sciogliere tanto
facilmente e senza provare uno strappo più forte di quello col quale
avevano lasciato la loro famiglia.

Ma pur avendo tutta la confidenza dei principali, sapevano stare al
loro posto, avevano forte il sentimento del dovere, erano fedeli alla
consegna, come sentinelle nel campo di battaglia, custodivano la casa,
la roba, i bimbi, a loro affidati, con un sentimento di responsabilità
che difficilmente si trova al giorno d'oggi, e non si curavano delle
altre case come se non esistessero. Non solo partecipavano alle gioie
e ai dolori della famiglia, con cui vivevano, ma in molte occasioni,
donne semplici e modeste fecero atti d'eroismo e d'abnegazione a
beneficio dei loro signori.

Ora il mondo è mutato, si vive più esteriormente che internamente, e
va sparendo il culto della casa e della famiglia, mentre i sentimenti
egoistici regnano sovrani; le domestiche sono le vere zingare della
società, passano da una casa all'altra colla massima indifferenza,
sempre seguendo il miraggio di guadagnare di più lavorando meno;
imbevute di false idee di uguaglianza sociale, scimmiottano le loro
signore e spadroneggiano nelle case, invece di custodirle e tenerle
ordinate e pulite; e viceversa le signore sono indifferenti, e non
si affezionano a ragazze che sanno esser nella loro casa soltanto di
passaggio, e che da un giorno all'altro se ne possono andare senza
una ragione plausibile, senza pensare che a furia di mutare ambiente
è molto facile che nessuno abbia più fiducia nella loro opera; sicchè
talvolta finiscono nella miseria, imprecando all'ingiustizia del mondo,
senza pensare che invece sono state le artefici della loro decadenza.

Fortunatamente questa non è la sorte di tutte, e ve ne sono di semplici
e operose che si contentano, trovata una buona casa, di lavorare
coscienziosamente, sono soddisfatte di avere assicurato un asilo e il
pane senza soverchie noie, e continuano la loro vita senza pensare a
mutamenti che forse peggiorerebbero la loro sorte. Però anche in questa
condizione, vi sono degli scogli, uno spirito indipendente, si ribella
qualche volta a dover stare soggetto al volere altrui; ma chi può
dire al mondo di non essere soggetto a qualche cosa o a qualcheduno?
L'impiegato che deve essere all'ora precisa all'ufficio, il medico che
deve notte e giorno essere disposto ad accorrere al letto d'un malato,
l'uomo d'affari che, travolto nell'ingranaggio del suo commercio,
non ha un minuto di riposo, e così via, coll'aggiunta di mille
preoccupazioni, che in confronto quelle delle lavoratrici della casa,
sono inezie da non calcolare e spesso sono preoccupazioni esagerate,
create da un'immaginazione malata.

Per quanto lavoro possa esservi in una casa, è difficile che non ci
sia pure qualche ora di libertà, e credo che una signora che abbia
il senso della giustizia l'accorderà certamente; e di quelle ore le
domestiche possono disporre liberamente, molto meglio che se fossero in
famiglia e dovessero renderne conto ai genitori. Altri inconvenienti
ci sono nel dover vivere in mezzo al lusso e alla ricchezza, che le
operaie e contadine non vedono che molto di lontano, e non ci pensano
perchè devono curarsi di cose molto più importanti come quelle di
procurarsi il vitto e l'alloggio; mentre le nostre cameriere, a furia
di aver in mano stoffe ricche, merletti preziosi e splendidi gioielli,
trovano ingiusto di non poter possedere quelle cose tanto attraenti,
diventano malcontente di tutto, invidiose, e invece di nutrire, per
quelle che le impiegano, sentimenti d'affetto, ed esser riconoscenti di
poter vivere in ambienti nuovi ed eleganti, essere ben nutrite, e non
aver come molte compagne, il bisogno di rompersi il cervello per fare
economie impossibili per mettere assieme il pranzo colla cena, nutrono
sentimenti d'odio per le loro signore, che vanno a divertirsi, mentre
esse sono obbligate a lavorare, e sfoggiano ricche vesti, mentre esse
si devono contentare di una vita più modesta.

E appunto perchè i tempi sono mutati e la società è più evoluta, e vi
sono molti più mezzi d'un tempo per guadagnarsi da vivere col lavoro
delle proprie mani, vorrei che la scelta d'una professione, d'un
mestiere, non fosse fatta a caso, ma dopo matura riflessione. Se una
donna è pel suo fisico portata a far una vita di moto, se si appassiona
per le cose della natura, si occupi dei lavori dei campi, e se ha
l'intelligenza sveglia, potrà elevarsi occupandosi di allevamento degli
animali domestici e di altre industrie agricole, chi ha bisogno di
disciplina e ama il lavoro in comune e meccanico, ed è abbastanza forte
per sopportare l'aria un po' chiusa delle officine, faccia l'operaia.
Se invece una ha bisogno di buon nutrimento e di una vita comoda e
sente di essere un po' altruista, diventi lavoratrice della casa, ma lo
faccia con amore dedicandosi interamente alla famiglia che la impiega,
alla casa che le è affidata, si renda utile, adempia con coscienza
la sua missione, non scordi di essere in casa altrui, e dimentichi sè
stessa per appagare i desiderî delle persone che la circondano; invece
di spadroneggiare, cerchi di appoggiarsi a quelli che possono darle in
caso di bisogno consiglio ed aiuto.

La convivenza crea delle abitudini che difficilmente si spezzano, e dei
legami d'affetto, che possono unire indissolubilmente anche persone di
diverse condizioni sociali, ma bisogna saper comprendere e perdonare.
Se coi tempi nuovi si procurerà di modificare i nostri rapporti colle
lavoratrici delle nostre case, ed esse colla maggiore istruzione,
vedranno più chiaramente quello che devono fare pel loro benessere,
e avranno un'idea più giusta del modo di comportarsi, invece di aver
in casa delle lavoratrici che ci disprezzano, ci criticano e ci sono
ostili, tutto sarà cambiato, e se non riusciremo a formare una schiera
di lavoratrici come nel buon vecchio tempo, almeno non avremo in casa
delle nemiche, ma donne che conscie dei vantaggi della loro posizione e
del benessere che le circonda, penseranno che per la loro tranquillità
avvenire, è meglio star contente, affezionarsi alla famiglia dove si
trovano e non chiedere al mondo cose impossibili. Infine se riescono ad
esser calcolate come di famiglia nella casa dove sono occupate, possono
viver tranquille senza preoccuparsi se i viveri e le pigioni rincarano,
se il governo mette nuove tasse, come avviene ad altre compagne che
hanno scelto una carriera diversa credendola meno faticosa e più
indipendente.



V.

La donna negli impieghi.


Una delle aspirazioni della fanciulla moderna che possiede una discreta
istruzione e pochi mezzi di fortuna, sarebbe di poter ottenere un
impiego governativo o in qualche grande amministrazione privata.
In questo modo potrebbe avere indipendenza, l'avvenire assicurato e
maggiore soddisfazione morale; ma i pubblici uffici stentano ad aprire
alla donna le loro porte, e fu un vero miracolo se tutto ad un tratto,
quasi inaspettatamente si sono vedute le donne invadere gli uffici
telegrafici dei piccoli paesi. Forse fu perchè il telegrafo, scoperta
affatto moderna, è stato all'altezza dei tempi, oppure perchè quei
piccoli posti relegati in qualche lontano villaggio o nascosti fra le
montagne non erano molto ambiti dagli uomini che se li sono lasciati
prendere senza far opposizione. Ma intanto le donne penetrate negli
uffici telegrafici hanno fatto cammino, ed ora se ne trovano in gran
numero negli uffici delle città più importanti e pare che i superiori
non ne siano malcontenti, visto che adempiono il loro incarico con
precisione e diligenza. Anche il pregiudizio che le teneva lontane dal
contatto col pubblico va scomparendo, perchè coll'educazione aumenta
il rispetto per la donna, la quale procura col contegno serio e severo
d'ispirare fiducia e di far che non si abbia a dire che in Italia non è
possibile fare quello che si fa in Francia e in Inghilterra.

È vero pur troppo che in genere il popolo italiano non e molto serio,
vuol ridere e divertirsi a qualunque costo, e alla signorina che porge
la mano, per ricevere un telegramma, non sa alle volle trattenersi
di fare un complimento e dire qualche parola per attirare la sua
attenzione. Se la fanciulla educata alla scuola del dovere, sa la
responsabilità che le incombe, e non gli dà retta, l'altro avrà avuta
una buona lezione e gli passerà la voglia di scherzare; e in poco tempo
nelle ore d'ufficio non vi sarà differenza fra gli uomini e le donne,
e quando queste con un contegno severo sapranno farsi rispettare, non
accadrà alcun inconveniente anche se si trovino unite ai colleghi di
sesso diverso.

Il telefono, istituzione ancor più moderna, impiega quasi tutte donne
e non è certo colpa loro se il servizio non procede come sarebbe
desiderabile.

Dove in Italia la donna ha trovato maggior opposizione ad ottenere un
impiego fu nelle ferrovie. Ogni volta che si riuniva un congresso,
veniva in campo la questione di ammettere le donne agli impieghi,
questione che aveva dei partigiani da una parte e oppositori
dall'altra; tutti trovavano delle ragioni abbastanza plausibili, ma per
molto tempo la questione rimase insoluta, ora invece le donne furono
ammesse nelle ferrovie, ma non ancora alle stesse condizioni degli
uomini.

Si dice che in Italia e in Austria nelle ferrovie del Sud s'è fatto
un esperimento di mettere le donne come telegrafiste ed hanno fatto
cattiva prova; però bisogna vedere come l'esperimento è stato fatto; se
quelli che dovevano farlo erano liberi da ogni prevenzione riguardo a
simile innovazione, e se fu fatto su larga scala così da poter averne
l'animo tranquillo e non pensarci più per molto tempo.

In Russia una quantità di signorine che hanno il diploma d'istitutrici,
preferiscono cercare un impiego nelle ferrovie piuttosto che collocarsi
presso qualche famiglia, e lo ottengono facilmente, con molto piacere
dei superiori che se ne lodano e trovano che specialmente nei lavori
di statistica le donne sono più esatte, riescono meglio e si prestano
molto più volontieri degli uomini, i quali lo fanno di mala voglia e
dicono che s'incretiniscono in quel lavoro troppo paziente e materiale.
Le donne, benchè abbiano avuta un'istruzione superiore, ci si adattano
più facilmente, forse perchè abituate fin da bambine ai lavori pazienti
e ad allineare punti uguali, non sembra loro troppo monotono allineare
cifre.

In Danimarca e in altri paesi nordici le donne fanno parte di tutte
le amministrazioni e lavorano accanto agli uomini senza che accada
alcun inconveniente, forse si potrebbe dire che in questo influisce
il clima e l'educazione diversa dalla nostra. Però vediamo che nella
Francia che ha pure costumi o clima poco dissimili da noi, tutto
procede regolarmente; questo ci fa sperar bene per l'avvenire. Anzi
fu in Francia che dopo aver fatto l'esperimento d'impiegare le donne
nelle ferrovie dell'Est, l'amministrazione se ne trovò tanto contenta
che in breve l'innovazione fu estesa anche nelle altre ferrovie, e si
trovò che in tutti i rami la loro opera fu uguale, e in certi casi
migliore di quella degli uomini. È da molto tempo che le donne in
Francia poterono concorrere agl'impieghi delle compagnie ferroviarie,
e a poco a poco, da guardiane, telegrafiste, entrarono negli uffici
d'amministrazione dove si occupano di corrispondenza e di contabilità e
sono anche capistazione.

E lo possono fare perchè sono rispettate dal pubblico e sanno
farsi rispettare, anzi spesso in casi di folla e di agglomeramento
straordinario di gente nelle stazioni a loro soggette, hanno saputo
imporsi e mantener l'ordine cosa che in certi casi non riesce tanto
facile nemmeno agli nomini.

Anche in Germania, molte stazioni sono affidate a donne, e nell'Austria
si concede che la moglie del capostazione possa aiutarlo nelle sue
funzioni e farne le veci; così con una piccola paga concessa per
questo scopo alla donna, la famiglia del capostazione può vivere
più largamente e l'amministrazione risparmia un assistente che le
costerebbe certo di più.

In Italia per molto tempo le donne non furono ammesse che negli uffici
molto umili come quelli di guardiana e anche questo fu concesso
in vista che la donna abbandona raramente la casa e i figli, per
conseguenza la strada è certo guardata meglio; ora sono pure ammesse
come straordinarie, ma mentre hanno gli stessi incarichi dei loro
compagni e lo stesso lavoro, possono venire licenziate da un momento
all'altro e non hanno diritto a pensione. Questa ingiustizia fu
rilevata e facendo un po' d'agitazione per l'equo trattamento degli
impiegati ferroviari, si è ottenuto che donne a parità di lavoro
possano avere gli uguali diritti dei loro compagni.

Forse alcuni rami delle ferrovie implicano una responsabilità troppo
importante per una dorma, avvengono casi, nei quali è necessario
imporsi alla folla e c'è bisogno della forza fisica oltre a quella
morale, per cui c'è da esitare ad affidare ad una donna interamente una
stazione, ma il posto d'assistente al capostazione, mi pare ufficio
molto adatto a lei, e se fa da telegrafista nelle città e paesi, non
so perchè non potrebbe farlo anche negli uffici delle ferrovie, e
perchè non potrebbe essere ammessa negli uffici d'amministrazione,
purchè sappia tener in ordine i registri ed abbia la coltura necessaria
all'ufficio a cui è chiamata.

Se si teme che una madre di numerosa prole non possa più accudire con
diligenza all'ufficio, si diano i posti alle ragazze e alle vedove
favorendo quelle degli impiegati, così potranno trovare un compenso
alle gioie della famiglia di cui sono prive.

Non si venga a dire la solita frase fatta, che la donna è nata per
la casa e la famiglia. Prima di tutto ho già fatto notare che al
giorno d'oggi l'ufficio di massaia si riduce a poca cosa, e poi non
tutte possono avere una casa e una famiglia, e tutte hanno diritto di
guadagnarsi da vivere. Vuol dire che non potendo conciliare la casa
e l'impiego, possono lasciarlo quando hanno trovato un marito che
le mantenga col suo lavoro; infatti all'estero, molte impiegate una
volta trovato marito lasciano l'impiego, e questo è tutto vantaggio
delle amministrazioni, che hanno poi meno pensioni da pagare, hanno un
elemento giovane che si rinnova, invece di uomini che s'incretiniscono,
diventano automi invecchiando nell'amministrazione, con un
considerevole aumento di pensioni a carico dello Stato.

Nelle amministrazioni private, senza bisogno di congressi e di permessi
superiori, il proprietario è libero d'impiegare uomini o donne a
volontà, e molte banche e molti industriali, per economia, appunto
perchè la donna si contenta di un salario minore, hanno ammesso le
donne nelle loro amministrazioni e si sono trovati contenti al punto
che dopo fattone l'esperimento le hanno preferite. A Parigi, alla Banca
di Francia hanno incominciato ad impiegarne una dozzina, ed ora ne
contano più di trecento.

Ma la guerra che si fa alla donna non è perchè la si creda incapace, ma
per timore della concorrenza. Questa, è vero, è una cosa seria, poichè
spesso la donna si contenta di minor retribuzione; ma speriamo che
se oggi fece questo sacrificio, per vincere la resistenza e mostrare
la sua capacità, in seguito avrà pretese a seconda dei servigi che
rende; poi la concorrenza se può essere un danno per l'individuo,
è sempre stata a vantaggio del pubblico; infatti, senza rivali una
persona non farebbe nessun sforzo per migliorare le sue attitudini e si
contenterebbe di rinchiudersi in un'aurea mediocrità, sicchè è sempre
vantaggioso ciò che può risvegliare nuove energie che giacevano latenti
e inoperose.

Poi col progredire della civiltà altri campi si aprono all'operosità
maschile, assai più degni di quello di starsene tutto il giorno ad
allinear cifre o incretinirsi a redigere delle note astruse o simili.

Ad essi lasciamo i commerci d'espansione, le esplorazioni in paesi
lontani, le grandi imprese industriali. La donna può bellissimo al
giorno d'oggi non trascurare la famiglia, e mentre i figliuoli sono
alla scuola, passar le giornate all'ufficio; ma ad una cert'ora ha
bisogno di andare a casa e dedicare ai figli le ore della sera, e
perciò non può scegliere le occupazioni che la terrebbero assente e
lontana dal proprio paese.

La necessità, che spinge la donna a cercare fuori di casa un campo
per poter essere d'aiuto alla famiglia, farà sì che quando gli uomini
troveranno gli impieghi che richiedono ordine e vita sedentaria
occupati dalle donne, studieranno di cercare altri campi più vasti ad
esercitare la loro operosità, vi troveranno nuove fonti di guadagno e
il paese ne avrà un sensibile vantaggio.

Visto che ancora non siamo in quell'epoca tanto desiderata, in cui chi
guadagna farà parte del suo salario con chi non può guadagnare, ognuno
deve pensare ai casi suoi e non e giusto che una metà del genere umano
aspetti la protezione dell'altra metà.



VI.

Nel commercio e nell'industria.


Il commercio è un campo libero e vasto dove uomini e donne possono
trovare un pronto lavoro, discreto guadagno e forse raggiungere
un'insperata ricchezza. Non bisogna però credere che tutti possano
dedicarsi al commercio colla certezza di raggiungere una meta elevata,
che sia una carriera per quelli che sono poco intelligenti e non
riescono negli studi. È vero, non è cosa molto difficile vendere
dieci quello che è costato cinque, servire una clientela già formata
e rifornirsi ai soliti mercanti; non c'è bisogno d'essere arche di
scienza, nè d'aver studiato i classici, per dedicarsi al commercio,
ma occorrono delle qualità di prontezza di mente, di attività, di
conoscenza del genere del quale ci si occupa e dell'ambiente in cui
deve svolgersi la propria operosità; poi occorre conoscenza degli
uomini, facilità di parola onde suggestionare il compratore; mentre
alcuno possiede in alto grado queste qualità, in altri mancano
assolutamente, e spesso una signorina graziosa che sa far valere
la sua merce e sa dire a tempo una parola efficace farà più affari
di una che abbia sudato parecchi anni sui libri. In ogni commercio
c'è la concorrenza, ciò che costituisce una lotta in cui vince chi
è più accorto e ben armato, sicchè non lo consiglierei a chi ama la
vita tranquilla e senza rischi, a chi è troppo ingenua e credulona.
È un campo che la donna ha invaso da molto tempo e dove è riuscita
a superare l'uomo; nei magazzini, nelle botteghe della città e dei
villaggi non si vedono che donne o come impiegate o come proprietarie
dei negozî, le quali, trattandosi del proprio interesse, adempiono
molto bene al loro ufficio. Per quelli che si contentano di rifornirsi
alle solite fonti e servire la solita clientela con qualche profitto,
riesce un'occupazione monotona, stagnante, della quale si contentano
specialmente le donne che amano il quieto vivere e non hanno altre
aspirazioni che quella di aumentare a poco a poco la loro clientela e
arrotondare il piccolo gruzzolo.

Vorrei che la donna al giorno d'oggi aspirasse anche nel commercio più
grandioso su vasta scala, ad una posizione superiore o potesse essere
alla testa di grandi imprese. Naturalmente che per raggiungere questo
scopo ha bisogno di una mente equilibrata e d'una coltura commerciale
superiore, che può ottenere facilmente frequentando le scuole superiori
istituite a questo scopo. Molte cognizioni ci vogliono per riuscire
ad affermarsi in un campo dove esiste molta concorrenza, però si
può ricavarne oltre che soddisfazione morale, anche molti compensi
materiali. Ma ci vogliono molte qualità, che non è facile possedere;
prima di tutto conoscere il mercato per poter provvedere ai generi
migliori di cui c'è richiesta ai prezzi più convenienti, poi i paesi
dove potrà venderli a migliori condizioni, i bisogni secondo la moda
e le stagioni, la concorrenza straniera, gli usi dei diversi paesi,
i diritti di dogana, le leggi vigenti nel proprio paese, i mezzi di
trasporto; poi aver prontezza e chiaroveggenza per poter creare nuovi
centri di affari, essere sempre vigili ad ogni mutamento di regime per
cogliere al volo l'occasione di creare nuovi sbocchi per far conoscere
la propria merce, saper distinguere con mente pronta ed occhi attenti
gli affari da coltivare e quelli trascurabili, e sopratutto vedere di
non essere ingannate, perchè il campo commerciale come quello della
guerra, è esposto alle insidie del nemico, cioè dei concorrenti. Se
esiste un difetto nel commercio è che trattandosi del proprio interesse
qualche volta si va a scapito del senso di giustizia; ma io credo che
la donna la quale in fondo possiede alto il sentimento altruista potrà,
pure non trascurando il proprio interesse, apportare negli affari quel
senso di probità e di giustizia tanto apprezzato nel mondo commerciale,
e colla sua opera potrà contribuire alla prosperità e alla ricchezza
del suo paese.

Anche il campo dell'industria è aperto alla donna, la quale dovrebbe
essere coraggiosa e se si sente abbastanza forte ed armata da non
badare ai vecchi pregiudizî, entrare nella lotta industriale dalla
quale riceverà grandi soddisfazioni, aumentando la ricchezza del suo
paese e riuscendo ad essere circondata di stima e d'ammirazione.

Ci vogliono qualità speciali e mezzi di fortuna abbastanza rilevanti
per dedicarsi all'industria, ma poter trasformare la materia bruta
in prodotti utili all'uomo, dar lavoro a tutta una schiera di operai,
studiare di far bene e con minor spesa del vicino, vigilare su tutti
i progressi di fabbricazione e adattarli con saggio criterio, saper
spendere a tempo, far conoscere i propri prodotti fuori del proprio
paese e migliorarli sempre è un'occupazione, un pensiero costante che
può occupare tutta la vita. La donna si è mostrata maestra in molte
industrie femminili, ma vorrei che potesse affermarsi anche nella
grande industria come si sono affermate le operaie nel loro lavoro più
modesto.

Con tanti aiuti recati dalle scoperte scientifiche l'industria ha un
grande avvenire, perchè i bisogni aumentano colla civiltà, ognuno
vuol viver meglio, e io vorrei che la donna capace potesse aver
la soddisfazione di creare il lavoro, spargerlo per il mondo e con
lotte e sacrifici affermarsi anche in questo campo; ma per riuscirvi
dovrà essere molto forte, perchè deve lottare colla diffidenza che la
circonda, coi pregiudizî inveterati e non basta che dia prova tutti
i giorni del suo valore, deve fare sforzi inauditi per poter vincere,
attirare l'attenzione sulla sua opera e fare in modo di esser tenuta
nella considerazione che merita.



VII.

Nell'insegnamento.


Una delle principali aspirazioni del piccolo borghese, dell'operaio
e del contadino è quella di avviare le figliuole nella carriera
dell'insegnamento. Avere un diploma è per esse, secondo loro, un mezzo
di elevarsi sulle compagne; e fanno spese e sacrifici affinchè le loro
figlie riescano ad ottenerlo, ma spesso quando finalmente vi sono
riuscite a furia di fatiche e rimettendovi qualche volta la salute
a conquistarlo, si trovano spostate perchè obbligate a seguire una
carriera per la quale non sentivano nessuna inclinazione, e devono
lottare con immense difficoltà per ottenere dei posti meschini e male
retribuiti. Sono molto più da compiangere delle contadine e delle
operaie perchè provano il bisogno di una vita più agiata alla quale
devono rinunciare per mancanza di mezzi, si logorano l'organismo in
una occupazione sedentaria, sprecando il fiato per infondere un po'
di scienza in cervelli ottusi, per disciplinare fanciulli irrequieti,
e tutto questo senza speranza di migliorare la loro condizione
nell'avvenire, specialmente per quelle destinate nelle scuole rurali.
De Amicis, nel _Romanzo d'un maestro_, ha descritto al vivo le
sofferenze delle insegnanti nelle scuole rurali e specialmente in
quelle sperdute nei villaggi alpestri.

Nelle città si trovano in condizioni più favorevoli, sono più stimate
e meglio retribuite, ma la vita è più costosa e le più intelligenti
mordono il freno nel dovere assoggettarsi ad una disciplina che
contrasta col loro carattere e le loro aspirazioni.

In ogni modo, la carriera dell'insegnamento è da molto tempo aperta
alla donna, è onorifica e può dare anche delle soddisfazioni, ma non
deve essere imposta dai genitori e deve esser scelta soltanto da quelle
che vi si sentono chiamate ed hanno disposizioni naturali per adempiere
il difficile còmpito come è richiesto dalla sua importanza.

L'insegnamento è una missione come quella del medico e dell'igienista.
Se questi si curano del nostro benessere fisico, la maestra
specialmente nelle scuole elementari agisce sullo spirito e sul
carattere degli allievi, ne plasma la mente al punto che ne può
derivare tutto il bene e tutto il male delle generazioni future.

Non è difficile trovare nella donna attitudini ad esercitarvi questa
missione perchè in ogni donna c'è in germe il sentimento materno; ma
non basta che sappia impartire l'insegnamento secondo il programma
stabilito, deve dimenticare sè stessa, immedesimarsi nell'animo dei
piccoli allievi a lei affidati, impadronirsi quasi della loro anima,
educarli, prima d'istruirli, usare modi diversi secondo la diversità
della loro indole e specialmente non avere preferenze per alcuno,
essere severa ed indulgente secondo i casi e più di tutto non mostrare
predilezioni e nei rimproveri essere severa ma giusta. Quelle che
si dedicano all'infanzia devono essere profonde conoscitrici della
psicologia del bambino, educarlo prima d'istruirlo, insegnargli a
tenersi pulito e ad esercitare i sensi divertendolo senza costringerlo
a troppa dura disciplina.

Lo studio del bambino è molto interessante, ma educarlo bene comporta
una grande responsabilità e non è cosa alla quale una si possa
dedicare senza una natura speciale. Nelle scuole rurali l'ufficio
dell'insegnante è ancora più ingrato perchè la maestra oltre che con
bambini indisciplinati e quasi selvaggi, deve lottare con genitori
che non apprezzano il vantaggio dell'istruzione, e quasi guardano come
nemica l'insegnante che si permette di rimproverare i loro figli e li
distoglie dal lavoro dei campi.

L'insegnamento nelle scuole secondarie e nelle scuole superiori non è
privo di soddisfazioni e se non e ancora retribuito come meriterebbe
di essere, la professoressa può con qualche ripetizione arrotondare
lo stipendio; ma anche in questo ramo d'insegnamento la donna ha molti
scogli da superare, vi regna molta confusione che forse cesserà quando
saranno attuate le riforme che da molti anni l'autorità superiore va
studiando senza riuscire finora ad un risultato concreto; poi la donna
in questo campo deve lottare colla concorrenza maschile che riserba
per sè i posti migliori e si vede ingiustamente esclusa da molte
scuole alle quali la sua istruzione e l'aver avuto nei concorsi punti
superiori, le darebbe diritto.

In ogni modo la parte morale può in certi casi compensare i sacrifici
fatti; sicchè la professoressa può essere stimata e diventare l'amica e
la consolazione delle sue allieve, certa di farsi amare più che temere.

Nel periodo dell'adolescenza, in cui si forma il carattere, i
giovanetti non sono più bimbi ma non ancora adulti, e sentono vibrare
nel loro animo delle forze che non possono esplicare, ciò che li rende
nervosi e ribelli. È un'età molto difficile da dominare e in questo
caso il còmpito della maestra può incontrare molte difficoltà. Per
adempiere la sua missione coscienziosamente l'insegnante deve avere
forza fisica, seria coltura, calma e serenità di mente, molto tatto,
molta pazienza e sopra tutto la facoltà di comunicare con chiarezza
agli altri il proprio sapere. Ci sono al mondo delle insegnanti vere
arche di scienza colla testa piena di dottrina, ma che non sanno
trasmetterla nella mente degli altri; ora una persona che non ha un
alto grado di facoltà di suggestionare gli allievi, non potrà essere un
buon maestro.

Vorrei che una ragazza, prima di scegliere la carriera
dell'insegnamento, facesse un esame di coscienza per vedere se ne
sente l'inclinazione e se dedicandosi ai piccoli prova tanto sentimento
materno da essere soddisfatta di spargere un buon seme in quelle menti
infantili e vedersi intorno un gaietto stuolo vispo e sorridente,
rallegrarsene e non chiedere di più; se invece aspira ai più alti
gradi dell'insegnamento, a cattedre nei licei e nelle università,
oltre all'aver la mente temprata a forti studi deve poter lottare
contro mille difficoltà per ottenere un posto, pel quale molti sono gli
aspiranti, ma pochi gli eletti, e sopportare talvolta un trattamento
ingiusto, perchè non è ancora del tutto scomparso il pregiudizio che
nega che una donna a parità d'istruzione possa valere quanto un uomo.

Vi sono parecchie signorine che pure avendo molta coltura e attitudine
all'insegnamento sono timide e delicate, non hanno la forza di
dirigere e di tener testa ad una numerosa scolaresca irrequieta,
mentre riuscirebbero benissimo come istitutrici in case private. Non
capisco come manchi in Italia il mezzo di poter nelle stesse scuole
normali, intensificare la conoscenza delle lingue moderne, e combinare
l'insegnamento in modo di poter far uscire dalle nostre scuole delle
signorine col diploma d'istitutrici, come si usa all'estero, ciò che ha
permesso un'invasione nelle nostre famiglie di istitutrici straniere,
portando durante la guerra molto scompiglio e anche il sospetto di aver
tenuto nell'intimità domestica delle nemiche. Spero che la guerra che
ha mutato molte cose, che ha fatto conoscere a noi stessi il nostro
valore, toglierà l'illusione che le straniere valgano meglio delle
signorine della nostra patria; sarebbe certo un bellissimo esempio
che nelle case signorili venissero accolte istitutrici italiane coi
gusti e costumi simili ai nostri le quali oltre alle lingue straniere,
insegnassero alle nostre figliuole l'amore al nostro paese e alle
nostre istituzioni, e che le madri trovassero in esse delle amiche e
collaboratrici per l'educazione delle loro figlie; come pure sarebbe
bene che una signorina italiana ben educata, sola al mondo, potesse
trovare quasi una nuova famiglia, e affezionarsi alla casa dove viene
accolta.

Riguardo alla questione delle lingue straniere ora s'insegnano mollo
bene nelle nostre scuole e quelle che vogliono perfezionarvisi possono
o coi propri mezzi o con borse di studio passare le vacanze in paesi
stranieri per famigliarizzarsi colla nuova lingua; questo sarebbe
certo per tutti un beneficio, prima perchè non si accoglierebbero nelle
nostre case persone quasi sconosciute che ci sfruttano per conoscere le
nostre abitudini, i nostri pensieri, la nostra lingua, e ritornarsene
poi a casa loro a congiurare contro il nostro paese. Sta a chi
sopraintende all'istruzione trovare il mezzo che fra le nostre ragazze
che si dedicano all'insegnamento possa avvenire una selezione, cioè
una parte possa esser dichiarata idonea per le scuole e un'altra come
istitutrici private, e così non solo potremo dire «va fuori d'Italia o
straniero» ma esso sarà bandito anche dalle nostre case.



VIII.

Donne dottoresse.


È stato nell'anno 1876 che in Italia la donna venne ammessa alle
Università e agli istituti superiori, e quantunque regnino ancora i
pregiudizî che impediscono alla donna di esercitare le professioni
libere, pure da quel tempo parecchie signorine frequentano i licei
e le università ed ogni anno il loro numero va alimentando. Non
sono però ben viste nè dai compagni nè dagli insegnanti, che per il
momento le sopportano di malavoglia, ma speriamo che ci si abitueranno
nell'avvenire, quando questo fatto sarà entrato maggiormente nei nostri
costumi.

Però non avvenne nessun inconveniente di quelli che si temevano dagli
studî in comune; i professori confessano che le ragazze, oltre ad
avere un contegno serio, sono più studiose, più diligenti e riportano
migliori classificazioni dei loro compagni. In conseguenza i ragazzi
si trovano avviliti e spinti a far meglio, poi colla società delle
signorine s'ingentiliscono e acquistano modi più cavallereschi, sono
più ordinati nella persona; e di aver potuto ottenere simili risultati
non c'è da lagnarsi. Del resto una fanciulla che vuol frequentare
gli studî superiori deve essere di carattere serio, ed è nel suo
interesse avere un contegno tanto corretto da allontanare qualsiasi
causa di distrazione e da non permettere alcun scherzo di cattivo
genere; ed anche i professori devono in questo caso essere molto severi
per mantenere la disciplina. Nell'insieme, se le fanciulle danno
prova della loro attitudine ad imparare cose difficili e della loro
intelligenza svegliata, devono però esser preparate a fiere lotte prima
di poter trar profitto degli studî fatti, e per ora almeno in Italia
non possono aspirare che alle intime soddisfazioni che dà il sapere,
aspettando dall'avvenire maggiore vantaggio e incoraggiamento.

Una delle facoltà più frequentate dalle donne nelle Università è quella
di medicina; ciò che dà argomento nei giornali e in società a serie
discussioni sulla donna medichessa.

È naturale che anche riguardo a questo argomento vengano fuori una
quantità di pregiudizî che non dovrebbero essere più dei nostri tempi
di civiltà e di progresso.

Alcuni trovano che l'istruzione data da uomini a donne sopra materie
tanto delicate come la conoscenza del corpo umano e delle leggi
che lo governano, è cosa molto imbarazzante e nella quale le donne
perdono una parte della loro innocenza e del loro pudore. Eppure
finchè non ci saranno delle professoresse di medicina che istruiranno
le loro compagne, o delle Università esclusivamente femminili,
come in Inghilterra e in America, non si potrà sottrarsi ad una
simile necessità; ma poi bisogna pensare che chi si dà a studî serî
deve essere tanto innamorato della scienza da sentirsi superiore a
qualunque pregiudizio, a qualunque debolezza. E coloro che si dedicano
alla scienza più alta, a quella che dovrebbe essere la più utile
all'umanità, devono sentirsi tanto forti e coraggiosi da superare
qualunque ostacolo. Sia uomo o donna, se uno sviene alla vista del
sangue, se non si sente di squarciare col ferro la carne palpitante,
se non può affrontare le miserie umane senza impallidire, si dedichi
a qualunque altra professione, ma non faccia il medico. Se si sente
invece la forza di superare ogni ribrezzo, di abituarsi a cose che sul
principio gli ripugnano, e di amar la scienza sopra ogni cosa, non deve
badare alle chiacchiere della gente, ma seguire la sua via anche se
questa non dovesse esser sempre seminata di fiori.

Non so precisamente quanto accadrà, ma sono certa che in un tempo non
lontano la donna eserciterà anche da noi come l'uomo la professione
di medico, sarà chiamata e consultata, e in molti casi si farà onore e
proverà come il suo compagno delle immense soddisfazioni.

In America, dove il progresso ha fatto passi più rapidi, si contano
già più di duemila medichesse; ci sono degli ospedali diretti e curati
soltanto da donne, dove l'ordine e la pulizia regnano su tutta la linea
e dove la mortalità non supera quella degli ospedali affidati ai medici
dell'altro sesso.

Nella Russia, che come libertà è agli antipodi dell'America,
l'indifferenza verso le medichesse fu vinta dopo che venne constatato
il grande aiuto che le donne recarono curando i feriti durante la
guerra russo-turca nel 1877 e 78, nella quale vennero constatati i loro
grandi meriti; ed ora le medichesse si contano a centinaia. Anche in
Inghilterra in dieci anni si è veduto aumentare il numero delle donne
medichesse che in poco tempo son diventate numerosissime.

In Francia ed in Italia si possono contare sulle dita, quantunque i
professori che le occupano come assistenti nelle loro cliniche se ne
lodino molto.

Tutti abbiamo veduto all'opera le donne infermiere e spesso abbiamo
dovuto osservare la loro maggiore attitudine ad assistere ammalati,
e da ciò si può benissimo comprendere come una volta fatti gli studî
necessarî possano adempiere bene l'ufficio di medichesse.

Però ci vorrà molto tempo prima che la donna possa aver la fiducia,
non dico degli uomini, ma delle donne; anzi queste avendo maggiori
pregiudizî ed essendo nemiche acerrime delle novità saranno avverse
più dei loro compagni alla donna medico; ma tutti i pregiudizî cadranno
quando la donna potrà mostrare la propria scienza e la propria abilità,
e i fatti dimostreranno che quelle prevenzioni non avevano fondamenti
stabili.

È certo che non tutti i rami della medicina sono adatti alla donna;
vi sono operazioni difficili, per le quali occorrono una buona dose
di forza e una mano sicura, ma ora che tutti tendono a darsi ad una
specialità, è libera la scelta di quelle che più si confanno all'indole
dell'individuo e ognuno può scegliere quella per cui sente di aver
maggior inclinazione.

Per esempio, nelle malattie dei bambini una donna medichessa
dovrebbe essere superiore ad un uomo. Sono malattie che bisogna quasi
indovinare, perchè nessun aiuto ci può dare il piccolo e incosciente
ammalato, sono mali che si devono curare più colla pazienza e le
carezze, che coi rimedî, ed anche di questi conviene usare colla
massima delicatezza. Io ritengo fermamente che una donna conosce
l'indole, la natura e il fisico d'un bambino più di molti professori
uniti insieme, mentre c'è sempre in fondo al suo cuore la divinazione
d'una madre.

E poi la donna che ha i sensi più raffinati, una volta che li abbia
educati a fare una diagnosi potrà scoprire quello che molte volte
sfugge ad un uomo; ha la mano leggera e più delicata e ne possono far
fede i feriti che sul campo di battaglia furono medicati da donne,
quantunque non fossero che semplici infermiere.

È certo che tutte quelle signore che parlano ora con disprezzo della
donna medichessa, sarebbero le prime a chiamarla, qualora sapessero per
fama che ha fatto delle cure mirabili, che ha salvato da certa morte
bambini ammalati, che si mostrò premurosa e paziente con tutti gli
ammalati che ebbero le sue cure.

L'amore di sè stessi, la speranza di conservare la propria salute può
vincere molti pregiudizî, e chi si sente malato non discute, ma si
rivolge dal lato donde la salute può venirgli.

È nella natura della donna l'istinto di curare l'umanità sofferente;
anche quella che non ha studiato la medicina, appena accusate un po'
di malessere è sempre pronta a suggerirvi un rimedio che forse ha
esperimentato con buon effetto, e in ogni modo a darvi un consiglio.

Se lo fa inconsciamente per darvi sollievo, con quanto cuore non lo
farà ella quando saprà certo che vi potrà essere giovevole?

E nelle campagne dove tanto spesso le contadine si rivolgono alle
comari e alle donnicciuole per aver qualche sollievo alle loro
sofferenze, non potrà essere d'immenso giovamento la donna medichessa?

Anche i più accaniti avversari della donna non le negano la delicatezza
del sentire e la bontà del cuore; quanto bene potrà fare se queste
qualità saranno congiunte alla scienza!

Di quanti sacrifizî non si sentirà capace per essere utile all'umanità!

Negli angoli più remoti dove un abile medico accetta a stento di
andare, la vedremo accorrere volonterosa a sollevare gl'infermi e
la sua abnegazione l'aiuterà a rassegnarsi ad una vita che per molti
uomini riuscirebbe insopportabile.

Gli obblighi della famiglia non sono una ragione che si opponga
all'esercizio della professione; non tutte le donne sono destinate
ad avere una famiglia; poi anche avendola invece d'impiegare le ore
della mattina ad andare al passeggio, e le ore pomeridiane a fare
una quantità di visite inutili, andranno a visitare i loro ammalati,
con maggiore utilità propria e del prossimo; se poi le loro faccende
domestiche fossero di tal natura da impedire di esercitare la
professione, potranno sempre utilizzare gli studî fatti per la propria
famiglia, per gli amici, per i poveri, mentre ci sono al mondo tanti
sofferenti ed è una grande soddisfazione poter recar loro sollievo.

Molti si figurano la donna scienziata un essere ibrido, goffo, mal
vestito, senza grazia. Anche questa è un'esagerazione, lo studio non
toglie nulla alla gentilezza muliebre, e chi sa davvero è in generale
modesto; al congresso di Berlino la dottoressa Montessori piacque
molto, non solo per la profondità del suo sapere, per la parola facile
e semplice, ma altresì per la grazia, la bellezza e l'eleganza.

Io vedo già molte delle future medichesse che porteranno nella camera
dell'ammalato assieme ai responsi della scienza un sorriso dolce che
scenderà al cuore dell'infermo come un raggio di sole, e sapranno
persuadere colla loro grazia a cure noiose e confortare con quell'arte
che solo una donna possiede.



IX.

Donne avvocate.


Se nella medicina la donna è riuscita anche in Italia ad entrare
tranquillamente e quasi timida negli ospedali e si adopera a beneficio
dell'umanità sofferente, se nei laboratorî concorre coll'intelligenza
e lo studio paziente a far progredire la scienza e vede non troppo
lontano il giorno in cui potrà formarsi una clientela e trar profitto
delle sue cognizioni quella che incontra maggiori ostacoli ad usufruire
d'un diploma guadagnato a furia di sudore sui banchi della scuola, è la
donna che s'è data agli studî legali.

Soltanto per avere il diritto d'esercitare l'avvocatura la donna ha
dovuto lottare in tutti i paesi d'Europa, tanto che, se non avesse
avuto una bella forza di resistenza, si sarebbe ritirata dall'arringo
scoraggiata e vinta.

Incominciò la Svezia a dare il buon esempio e la signorina
Elsa Eschelson ottenne, non senza lotta, d'insegnare il diritto
all'Università d'Upsala e di poter esercitare l'avvocatura.

In Francia vi furono molte discussioni quando la signorina Chauvin
chiese d'essere iscritta nel numero degli avvocati, dopo aver svolto
trionfalmente alla presenza dei suoi esaminatori la tesi di laurea.

È vero che in quell'occasione gli studenti che erano stati suoi
compagni accolsero quel trionfo a furia di fischi, mostrando come nel
loro animo l'invidia e la vigliaccheria avessero preso il posto della
giustizia e della cortesia più elementari.

È vero che quando chiese di poter esercitare la professione guadagnata
a furia di studio e di operosità, la sua domanda venne respinta col
pretesto che non c'era una legge che permettesse alla donna l'esercizio
dell'avvocatura.

Ma poi questa legge fu presentata al Parlamento, e dopo esser stata
per parecchi mesi ad aspettare il suo turno venne accolta, ed ora la
carriera del foro, se non ancora quella della magistratura, è aperta
alla donna francese.

Nel Belgio invece, Maria Popelin, e da noi la signorina Poël, laureate
in legge, invano chiesero di venir ammesse ad esercitare la professione
alla quale avevano diritto per gli studi fatti.

È un ostracismo ingiusto che non potrà continuare a lungo se le nuove
avvocatesse non cesseranno di patrocinare la loro causa, visto che vien
loro negato di perorare quella degli altri; se la donna fermamente
vuole, riesce finalmente a vincere, come ce ne ha dato l'esempio la
donna francese.

Non serviranno certo a scoraggiare dall'impresa tutte le caricature dei
giornali umoristici che si scagliano contro le nuove avvocate, nè tutto
lo spirito di cui fanno pompa per seppellirle col ridicolo. Vedere una
donna in toga non credo che sia cosa più buffa del vederla vestita da
ciclista, e forse un bel volto giovanile darà grazia anche a quella
veste severa; del resto voglio sperare che le donne avvocate siano
tali da imporsi al pubblico, il quale si dimenticherà di deriderle per
ammirarle; poi il mondo si abituerà alle donne avvocate come si è già
abituato alle operaie, alle scrittrici ed alle maestre.

In America sono già circa trent'anni che le donne vennero ammesse a
patrocinare dinanzi ai tribunali ed ora si contano a centinaia le donne
che esercitano l'avvocatura.

Troppe sono le opposizioni che incontra questa carriera in Italia per
poter sperare che l'esempio dell'America venga presto seguito, troppi
uomini fanno ressa alle professioni libere, e quantunque stimino la
donna meno forte intellettualmente, pure, — e ciò è una contraddizione,
— ne temono la concorrenza.

Chi si sente forte non dovrebbe temere; perchè chi resterà indietro
sarà il più debole, a vantaggio del più intelligente, di quello
che avrà più seriamente studiato e che sarà spinto dall'amore alla
sua carriera e non da una stupida vanità di acquistarsi un titolo
accademico. Succederà una specie di selezione e la professione ne
ricaverà vantaggio e dignità.

Che la donna non sia adatta alle battaglie del foro, non si può
pensarlo, non è certo la parola o gli argomenti che le mancano:
trattandosi poi di difendere il debole e l'oppresso, troverà parole
eloquenti a favore d'una causa che per tanto tempo è stata la sua, e
colla voce insinuante, il cuore infiammato per una causa santa troverà
accenti tali da ottenere vittorie inaspettate.

È certo che, penetrata nei tribunali, un vasto campo e nuovo si
oltre alla sua operosità; fatto il primo passo, potrà aspirare alla
magistratura, alla politica, e nuove vittorie potrà ottenere nel campo
della civiltà. La questione della donna, questione che ora cammina
a passi di lumaca, farà allora passi da gigante, il codice sarà
modificato, e stabilite leggi più giuste a favore dei deboli e più in
rapporto col progresso dei tempi.

Forse allora non sarà una menzogna il detto: _La legge è uguale
per tutti_, ch'è scritto sulle pareti delle aule dove si dovrebbe
amministrare la giustizia.

Non amo nè le parolone, nè le ribellioni; ma trovo ingiusto che da
una parte del genere umano ci siano tutti i doveri e dall'altra tutti
i diritti, che una donna intelligente che ha fatto i medesimi studi
dell'uomo non possa aspirare alla medesima carriera, non possa disporre
delle sue sostanze, e, saggia e intelligente, debba sopportare la
tutela, magari d'un marito sciocco o imbecille, il quale è padrone
di opprimerla, tradirla e rovinarla senza che essa possa invocare una
legge giusta in suo favore.

Nel nostro paese, dove regnano l'apatia ed il misoneismo, questo giorno
mi pare alquanto lontano, ma intanto le coraggiose che lottano per
questa causa, non si sgomentino, esercitino la loro eloquenza nelle
riunioni a favore dei deboli e degli oppressi, procurino di combattere
i soprusi di cui furono e sono le vittime principali, e in mancanza
di meglio gli studi fatti potranno esser loro utili nelle difficoltà
della vita per i rapporti sociali e famigliari. Quante famiglie non
sono trascinate a soffrire per l'ignoranza delle donne! È già una
soddisfazione e una prova di coraggio essersi avviati in una strada
nuova, ed è la sorte dei precursori di passare solitarî ed incompresi
in mezzo alla folla della gente piccola e volgare.



X.

La donna nelle matematiche.


Si è sempre detto e creduto che la donna, per la sua indole sia portata
ad aver fervida immaginazione, forte e vivo sentimento, ma che sia
aliena dalle cose esatte e precise, contentandosi di avvicinarsi
alla perfezione senza mai raggiungerla; in questo caso non dovrebbe
aver alcuna attitudine per la matematica, scienza precisa dove tutto
deve esser provato, controllato e che richiede quasi un cervello
organizzato in modo speciale. Pure i fatti provano il contrario,
molte donne riuscirono nelle matematiche, al pari degli uomini, non
foss'altro ne sarebbe una prova luminosa, Gaetana Agnesi, che se fu
un'eccezione ai tempi in cui la donna era tenuta digiuna del frutto
della scienza e rinchiusa fra le domestiche pareti, ora potrà avere
delle seguaci, visto che molte fanciulle che frequentano le scuole,
destano la meraviglia fra i professori e studenti pel modo con cui
riescono a svolgere i problemi più difficili al punto da essere prime
fra i compagni e ad ottenere non solo la laurea a pieni voti, ma posti
eminenti nell'insegnamento come avvenne alla signora Rowolewscky che
ottenne la cattedra di matematica all'Università di Stoccolma.

Ormai il campo dell'insegnamento è stato tutto conquistato dalla donna,
ma ancora non ci sappiamo figurare un ingegnere in veste femminile,
come avviene in Inghilterra, in Germania dove si contano già parecchie
donne architetti.

Non mi pare che, da noi, alcuna si sia data finora a simile
professione, forse si ha un po' d'esitazione a scegliere una carriera
dove i difetti si presentano all'occhio a prima vista, e dove si è
sicure di trovare un pubblico più avverso che indulgente ai primi passi
fatti in una nuova carriera.

Gli errori dei medici, e per conseguenza delle medichesse, vengono
sepolti da un po' di terra, invece quelli degli architetti sono esposti
alla luce del sole e tutti possono criticarli e deriderli; e forse
quelle inesperienze che si perdonerebbero ad un architetto novellino,
troverebbero un pubblico spietato trattandosi d'una donna.

Non basta che sia calcolata un essere debole, con lei si è più esigenti
e più severi.

Però non so fino a che punto la donna ingegnere potrebbe riuscire nelle
opere grandiose, monumentali, negli acquedotti, nelle gallerie, negli
edifizi colossali e in tutte quelle opere dove nuovi giganti bisogna
combattere colla forza più potente della natura per riuscir vincitori.

Ma nella fabbrica delle case, delle ville, di edifizi ad uso
abitazione, mi pare che dovrebbe riuscire maestra e dar dei punti agli
architetti.

Nessuno più di lei conosce quello di cui c'è bisogno per rendere una
dimora pratica, comoda ed attraente. Essa ha una conoscenza intima
della casa che è stata per tanti secoli il suo unico regno, l'ama come
si ama la patria che ci ha veduto nascere, la veste che ci adorna e
difende.

Quando avrà imparato il modo di farla solida e sicura, cercherà, colla
fantasia, nuove combinazioni per renderla elegante mobili artistici per
adornarla e fare in modo che l'utile sia associato al bello, e possa,
colla completa armonia, dare un godimento artistico in chi l'ammira, un
senso di benessere per chi è destinato ad abitarla.

Forse le prime architette future dovranno incominciare a fabbricare
per sè stesse le case e le ville, ma credo che queste saranno tali che
invoglieranno gli altri a dar loro delle commissioni.

Forse allora sorgeranno nelle nostre città degli edifici che avranno
una nota nuova e nella nostra campagna si vedranno dei villini eleganti
con un'impronta di grazia e di gusti speciali, dovuti alla fantasia
femminile, e sarà tanto di guadagnato almeno dal lato della varietà.

L'architettura è un'arte ornamentale che potrà benissimo andar
d'accordo coll'ingegno femminile. Chi sa trovare nuove foggie per
adornare le proprie vesti e nuove eleganze per la propria persona, non
si troverà imbarazzato per trovarne onde adornare ville e palazzi.

Anche nelle altre vie aperte dalle scienze matematiche, la donna potrà
trovare campo fecondo per esercitare la sua operosità, e speriamo
che non le accada quello che è avvenuto alla sola donna ingegnere che
visse in Francia nel secolo XVII, di cui voglio narrarvi la storia per
mostrare qual forza abbia il pregiudizio del volgo.

Essa si chiamò Martina di Berteran. Dotta in tutte le cognizioni
che hanno rapporto coll'arte dell'ingegnere, conobbe perfettamente
la geometria, l'idraulica, la mineralogia e la chimica, essendo pur
colta nelle lingue straniere più conosciute. Essa studiò il sottosuolo
francese e scoperse una quantità di miniere e sorgenti minerali che
ascendono a 150 e che dovevano arricchire la sua patria. Compagna
di lavoro del marito, dotto lui pure in mineralogia, mentre egli si
occupava di nuove ricerche, essa dirigeva i lavori e supplicava il
governo di creare una grande impresa di amministrazione delle miniere
con un consiglio generale d'ingegneri a Parigi.

Non solo le sue preghiere rimasero senza effetto, ma fu cacciata in
prigione assieme al marito come rea di stregoneria, perchè le cose
sotterranee non si possono trovare senza magia o arti diaboliche. E la
Berteran e il marito, che avrebbero potuto arricchire il loro paese,
morirono in prigione vittime del loro sapere, veri martiri della
scienza.

Ora voglio sperare non si giungerebbe a questo punto, ma non
mancherebbero persone che getterebbero il ridicolo su quella donna che
pensasse di dirigere i lavori in una miniera e volesse condurre una
grande industria. Ma man mano che l'istruzione della donna progredisce
ella mostra nuove attitudini che sono di buon presagio per l'avvenire;
per esempio si credeva che la donna non avesse nessuna attitudine per
la meccanica, ma appena divenne famigliare con alcune macchine, mostrò
anche in questo campo la sua abilità e diede al mondo nuove scoperte
utili e pratiche.

Nelle macchine da cucire, nei telai, nei filatoi, una quantità di
perfezionamenti vennero fatti da donne. L'americana signora Mathers
inventò un famoso telescopio che rende possibile di esaminare la
chiglia delle navi sommerse; miss Knight inventò una macchina per
fabbricare i sacchi di carta, e ogni giorno i giornali riportano nuove,
scoperte dovute all'intelligenza femminile.

Ho avanti a me una lista di brevetti d'invenzione ottenuti di recente
da donne, fra gli altri per alcuni utensili nuovi e perfezionati per
l'acconciatura, un apparecchio per togliere il fango alle biciclette e
agli altri mezzi simili di locomozione, una pasta per pulire il cuoio
giallo, un apparecchio per conservare gli alimenti, e così via. Anche
in questo campo la donna è in continuo progresso; non passerà molto che
si potrà manifestare una certa preoccupazione vedendo la donna invadere
le carriere riservate per molto tempo soltanto agli uomini, ma non si
potrà più dire che le donne non sono atte a certe professioni, perchè
avranno mostrato col fatto l'assurdità di simile asserzione.



XI.

La donna nella politica.


Nessuno può negare alla donna delle serie attitudini a ben governare
uno Stato e lo provano tutte le regine delle quali narra la storia, le
quali meglio dei re che le avevano precedute riuscirono, colla fermezza
di carattere e colla saggia arte di governo, a rendere i loro popoli
forti e potenti.

Del resto che cosa è una nazione se non una grande famiglia?

E come la donna sa ben governare la propria casa, amministrare le
proprie sostanze, non c'è una ragione perchè non sia capace non solo di
governare da sè, ma non possa almeno aver voce in capitolo in ciò che
riguarda il governo del suo paese.

Si parla continuamente di giustizia e di umanità, ma intanto si esita a
riformare il codice così antiquato e ingiusto verso la donna.

Nella vicina Svizzera i legislatori, vedendo che il vecchio codice non
corrispondeva più al progresso dei tempi, ebbero il coraggio di mutarlo
e in questa riforma ottennero il consenso di tutto il popolo.

Ed ora nella libera Elvezia, fra gli altri articoli ispirati a
sentimenti moderni, troviamo la perfetta uguaglianza fra tutte le
persone stabilite nello Stato; gli sposi che non vanno d'accordo
possono scegliere fra la separazione o il divorzio, e il nuovo codice
concede alla donna maritata l'esercizio dei diritti civili e consente
la ricerca della paternità. È da augurarsi che l'Italia segua in breve
l'esempio dello Stato limitrofo, ma un vero passo sarà fatto nella via
del progresso quando la donna avrà ottenuto il diritto del voto.

Tutti rammentano la lotta che si accese qualche tempo fa quando alcune
donne, forti dell'articolo dello Statuto che dice tutti i cittadini
eguali davanti alla legge, vollero inscriversi nelle liste elettorali.
Si fecero in quell'occasione polemiche, discussioni, se ne occuparono
magistrati, giureconsulti; la conclusione fu che la donna venne esclusa
dal diritto elettorale mentre si trovava prematuro che avesse il voto
politico prima di quello amministrativo, e pur troppo nella legge
comunale v'è un articolo in cui, mettendo insieme la donna agli idioti,
ai falliti e ai delinquenti, la si esclude dal diritto del voto.

Però se nulla si potè ottenere, l'agitazione non fu del tutto inutile;
la questione del voto fu portata alla Camera dei deputati dove trovò
uno strenuo difensore nell'onorevole Luigi Luzzatti, che, colla
mente che ha intuito i nuovi tempi ed ha saputo dar tanto impulso
agli istituti di previdenza, alla cooperazione e alle case popolari,
vede chiaramente il vantaggio che può derivare al paese preparando
l'ambiente allo sviluppo di nuove energie che chiedono solo di potersi
esplicare.

Bisogna esser molto retrogradi e misoneisti per escludere dalla vita
pubblica una metà di cittadini che ora vi prendono tanta parte o col
lavoro o coll'intelligenza; ed è assurdo che in un tempo in cui il
suffragio non è più limitato a pochi eletti ne sia esclusa la donna.

È uno spettacolo ingiusto e ridicolo vedere nel tempo delle elezioni
una donna che possiede vaste estensioni di terre ed è esperta
amministratrice dei suoi poderi, oppure quella che collo studio si
acquistò lauree e diplomi e un'altra che è a capo di fiorenti aziende
commerciali e industriali, starsene inoperose mentre vedono recarsi
all'urna e contadini e impiegati e domestici, tutti i loro dipendenti,
molto inferiori per intelligenza e dottrina.

È assurdo che una madre, la quale ha seguito i primi passi del
figliuolo, lo ha iniziato negli studî e per propria esperienza conosce
i migliori metodi d'insegnamento adatti alle diverse età, non venga
consultata in ciò che riguarda l'istruzione e non possa dare il voto
alla persona che giudica più atta a seguire la via giusta; è assurdo
che la donna che tanto si adopera nella beneficenza non sia consultata
sul modo di distribuire le somme raccolte, e così di seguito; si
votano nuove imposte che la colpiscono, si mandano alla guerra i suoi
figli, si aumentano i prezzi delle derrate, si prescrivono norme per
le abitazioni, materia in cui più d'ogni altro dovrebbe aver voce in
capitolo, e tutto senza consultarla, come se fosse un fantoccio.

È un'ingiustizia che salta agli occhi e deve scuotere le persone di
buon senso; ed è sperabile che nuove leggi saranno votate che non
escluderanno la donna dalla vita pubblica, nè si dovrà aver timore che
si lasci suggestionare da perniciose influenze, poichè quel giorno che
fosse chiamata ad aver voce nel governo del suo paese sarebbe più viva
in lei la coscienza dei suoi doveri ed ella si mostrerebbe all'altezza
dell'ufficio a cui venne assunta.

Del resto, lasciando da parte le inutili disquisizioni, veniamo ai
fatti. Nei paesi dove la donna ha il voto amministrativo, tutti hanno
trovato la sua opera molto vantaggiosa; essa fece cessare lo sperpero
del denaro dei contribuenti e migliorare i pubblici servizî, ha preso
in considerazione il miglioramento delle strade, l'illuminazione delle
città e dei villaggi, e le opere benefiche ebbero un grande impulso; i
giudici si lodano delle donne che prendono parte ai dibattimenti come
giurati, trovano i loro giudizî coscienziosi e conformi alla giustizia,
e sono dispiacenti se, causa le occupazioni domestiche, chiedono di
essere esentate dal loro ufficio.

In alcuni Stati d'America, in quasi tutte le colonie inglesi
dell'Australia e della Nuova Zelanda, le donne hanno oltre al voto
amministrativo anche il voto politico e ovunque hanno fatto buona
prova; le donne elettrici esercitarono la loro missione col dare
il voto ai candidati di buona condotta e a quelli che combattono
l'alcoolismo, con grande vantaggio della moralità pubblica. Nel
Colorado la signora Peavy occupò con onore la carica di ministro
dell'Istruzione pubblica, nello Stato di Idaho l'on. Giorgio Wheeles,
presidente della Camera, affermò che dopo la concessione del voto,
la donna ha sempre agito magnificamente ed è stata di grande valore
purificando la politica.

Nella lontana Irlanda, nell'isoletta di Mans e finalmente nella
Finlandia, in quella terra lontana dove la donna ha tutti i diritti e
dove siedono in Parlamento diciannove donne, non vi sono analfabeti nè
mendicanti e la delinquenza è quasi totalmente sconosciuta; e questi
sono fatti che dimostrano come il voto concesso alla donna abbia
portato dovunque benefici effetti.

E il numero dei paesi dove si concede il voto alla donna aumenta
continuamente; oltre l'Australia, la Nuova Zelanda, l'isola di Mans, la
Finlandia, la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, si aggiungono a quel
numero undici Stati degli Stati Uniti e il territorio di Alaska.

In Inghilterra, non contente d'aver il voto amministrativo e di
prendere parte nei consigli scolastici e di beneficenza, le donne
combattono ora strenuamente per ottenere il voto politico; forse in
passato usarono troppa violenza non badando ai mezzi pur di riuscire
nel loro intento.

In Italia non abbiamo lo spirito d'associazione e di propaganda delle
anglo-sassoni, più nuove alla vita pubblica non siamo abbastanza
agguerrite per lottare con speranza di successo; ma vedo con
compiacenza che la coscienza femminile si risveglia anche fra noi e
ne sono prova le numerose associazioni che sorgono continuamente,
i congressi che si riuniscono e l'irrequietudine di chi si sente
a disagio e prova il bisogno di espandersi e di mettere a profitto
le energie latenti che si disperderebbero col rimanere più a lungo
inoperose.

È sperabile che dallo scambio d'idee e di propositi si possa far
qualche passo nella via del progresso. Ma la prima vittoria, quella
che aprirà la via a tutte le altre, dovrebbe esser quella di ottenere
il voto e incominciare da quello amministrativo, che le nostre nonne
hanno esercitato con onore e nella Toscana prima del sessanta e nel
Lombardo-Veneto sotto l'Austria, e che è concesso in molti Stati meno
evoluti del nostro. A questo devono tendere le associazioni femminili
e vedere che la parola donna sia cancellata dal famoso articolo della
legge comunale, non foss'altro per non lasciarla nella compagnia poco
esilarante dei cretini e dei delinquenti.

In molte città dell'alta Italia la donna è entrata nei consigli
scolastici e di beneficenza e la sua opera è sempre stata lodata ed
apprezzata. Ormai non è più permesso di sorridere quando la donna
chiede di essere ammessa al posto che giustamente le spetta, e non le
può mancare l'appoggio degli uomini di Stato più eminenti. È celebre la
frase di lord Salisbury che, a proposito dell'eleggibilità della donna
inglese nelle elezioni municipali, disse che non trovava che fosse più
ridicolo vedere la donna sedere come consigliere che vederla correre in
bicicletta.

Ed ora vengo alla conclusione, associando la mia debole voce a quella
poderosa dell'onorevole Luzzatti, per esprimere il desiderio che il
Governo porti sollecitamente alla Camera la legge pel voto alle donne,
ed esprimere la speranza che in un giorno non lontano la metà del
genere umano non sia esclusa dal diritto e dal dovere di partecipare al
governo del Comune e dello Stato.



XII.

La donna nella letteratura.


Un fenomeno abbastanza strano ma che mostra come l'idea della coltura
nella donna abbia fatto progressi, è vedere come la donna scrittrice
sia riuscita ad entrare nella nostra vita sociale e ad essere accolta,
se non con entusiasmo, con molta benevolenza e simpatia.

Questo fatto sorprende quando si pensa che pochi anni fa, la donna
che si dedicava alle lettere o che semplicemente tentava di elevarsi
coll'ingegno al disopra delle compagne, era posta in ridicolo,
schiacciata sotto i sarcasmi e derisa come se il tentativo che faceva
per elevarsi fosse un delitto.

Tutti rammentano il dispregio con cui erano riguardate le saccenti,
le _bas-bleu_ del secolo scorso: formavano quasi una casta a parte ed
erano fuggite come se fossero appestate.

Forse in un tempo in cui il livello intellettuale della donna era molto
basso, col far pompa del loro sapere si saranno rese poco simpatiche,
poi credo che la loro dottrina fosse molto superficiale, al punto che
una ragazza che esce ora da una delle nostre scuole superiori, è assai
più istruita di tutte le saccenti del principio del secolo scorso.

È certo che la letteratura femminile ha fatto in pochi anni passi da
gigante, anche i più accaniti detrattori della donna riconoscono in
lei serie attitudini per la letteratura romantica e poetica. Si trova
che unendo immaginazione più fervida e più delicato sentimento, può
nel romanzo far vibrare una nota speciale; se ancora non vogliono
concederle il vanto di toccare le più alte cime, i suoi scritti vengono
letti, lodati ed apprezzati, e nella schiera degli scrittori può
vantarsi d'aver conquistato un posto glorioso vincendo molti pregiudizî
che da quel campo la tennero lontana per molto tempo. Il male è che
colla diffusione dell'istruzione femminile siano troppe le donne che
vogliono entrare nell'arringo letterario preparandosi a dei disinganni
per l'avvenire. Appena una fanciulla sa scrivere con garbo una
letterina e colla mente ancor piena di studî recenti riesce a comporre
un racconto che vien lodato dai maestri e dagli amici compiacenti,
s'immagina di sentire una vocazione irresistibile per la letteratura,
e colla fervida fantasia giovanile si crede una Sand rediviva e vede
davanti a sè una carriera gloriosa.

Qualche altra, dopo aver atteso invano per alcuni anni un marito, cerca
di consolarsi sfogando l'amarezza dell'anima incompresa sulle pagine
bianche di qualche quaderno. E da qui una pioggia di manoscritti che
ideati colle migliori intenzioni del mondo non vedranno mai la luce,
faranno perdere molte illusioni e saranno fonte di nuovi dolori alle
loro autrici.

Spesso è il bisogno di passare il tempo o il desiderio di un lavoro
che forse potrà essere utile un giorno, quello che spinge le signorine
in questa via, ma dovrebbero pensare che non basta mettere insieme
con garbo alcune frasi, nè combinare una storia colle reminiscenze
di fatti veduti, di cose lette, bisogna lottare con grandi difficoltà
per dar forma al pensiero e poi poter sprigionare nel proprio cervello
quella scintilla che dà vita alle parole e che come quella uscita da
una macchina elettrica riesce a penetrare nell'animo del lettore,
a scuoterlo e a fermare, non fosse che per qualche istante, la sua
attenzione. Ed anche quella che possiede queste qualità, ciò che non è
molto facile, per poter riuscire deve aver tanto coraggio da isolarsi
dal mondo e vivere soltanto coi personaggi della propria fantasia,
soffrire per dar loro la vita e poi, da un lavoro in cui ha speso la
parte migliore di sè, ricavare un compenso molto meschino.

È molto difficile poter interessare il lettore, si sono scritti troppi
volumi per trovare qualche cosa di nuovo al punto da eccitare la
curiosità del pubblico e far vibrare nel suo animo un nuovo sentimento.

Chi ha tempo da perdere e non ha bisogno di guadagnarsi il pane,
può impunemente imbrattar fogli e passar le ore in un lavoro sterile
e inutile; non farà male a nessuno e potrà tener compagnia a tante
strimpellatrici di pianoforte e imbrattatrici di tela; ma mi pare che
sarebbe meglio che adoperasse la propria operosità in un lavoro più
utile, tanto non avrà nemmeno soddisfatta la vanità di far parlare di
sè e si pentirà del tempo perduto.

È una cosa certa che ciò che non riesce bene non dà nessuna
soddisfazione e l'illusione d'aver fatto una cosa buona, quando invece
essa è men che mediocre scompare, come bolla di sapone, al primo soffio
di vento.

Sono sicura che sarà più contenta la donna che riesce a fare un
eccellente manicaretto o a combinare un grazioso cappellino che quella
che ha scritto dei versi zoppicanti o un racconto noioso. Forse il
vedere la quantità di volumi dovuti a penne femminili che vengono
stampati fuori d'Italia invoglia anche le nostre fanciulle a mettersi
all'opera, ma devono pensare che nei paesi nordici dove l'inverno è
lungo e si vive molto rinchiuse fra le pareti domestiche, la lettura
è uno dei migliori passatempi, si legge di tutto: i romanzi buoni, i
mediocri ed anche qualche volta quelli noiosi.

Da noi invece si vive più all'aria aperta perchè il dolce clima
c'invita alle gite, alle passeggiate, si legge poco, si comperano
pochissimi libri; i libri si riguardano come spesa superflua e si
preferisce farseli prestare dalle amiche o dai gabinetti di lettura;
ecco la ragione per cui la letteratura è in ribasso, e perchè è
desiderabile che altre professioni ed impieghi s'aprano all'operosità
della donna, non foss'altro per veder diminuire il numero delle
scrittrici da strapazzo.

Per fortuna, molte trovano sfogo alle loro velleità letterarie
scrivendo sulle riviste e giornali che hanno bisogno di un cibo
quotidiano e riescono di agone onde provare le loro armi. Per dedicarsi
con profitto al giornalismo ci vogliono qualità speciali, ma anche in
questo campo la donna ha dato già buone prove.

Parecchi anni fa vide la luce in Francia un giornale _La Fronde_, il
quale, scritto, composto e stampato da donne, seppe acquistarsi un bel
posto nel giornalismo. Era un giornale battagliero, pronto a combattere
per le cause giuste ed a spezzare sempre una lancia a favore dei
deboli e degli oppressi, si occupava in modo speciale degli interessi
femminili e del miglioramento delle condizioni della donna, però perchè
sorto forse troppo presto precorrendo i tempi non ebbe fortuna.

Troppo lunga sarebbe la lista dei nomi femminili che occupano un bel
posto nel giornalismo italiano. Senza il bisogno di giornali speciali
come _La Fronde_, molte donne scrivono in Italia nei giornali politici
e nelle riviste letterarie articoli altrettanto apprezzati quanto
quelli dei colleghi dell'altro sesso.

Anche nella letteratura drammatica incomincia a far buona prova qualche
ingegno femminile.

Non parliamo del buon esito avuto dalle donne nella produzione di libri
per le scuole e per la gioventù, ciò che è naturale, perchè la donna è
in grado di studiare l'indole dei bambini e conoscere meglio quello che
si addice alla loro intelligenza.

Come si vede, il campo della letteratura aperto alla donna è un vasto
campo dove potrà trovare da occupare il proprio ingegno utilmente
e avere qualche soddisfazione intima, ma non si lasci tentare dal
miraggio della gloria, se non si sente abbastanza forte da poter
lottare colla poca probabilità di riuscire.



XIII.

La donna nella pittura e nella scultura.


Da poco tempo c'è in Europa un invasione di pittrici; si vedono
salire i monti e le colline, vagare lungo le rive del mare e dei laghi
azzurri trascinando dietro di sè cavalletti, scatole, sedie pieghevoli,
soffermandosi per copiare qualche paesaggio che ha colpito il loro
sguardo, oppure nelle chiese, nelle pinacoteche, nei musei, intente a
copiare i capolavori dell'arte antica ivi raccolti.

Le donne che ora si dedicano alla pittura si contano a migliaia, non
parliamo dell'America dove sono legione, dell'Inghilterra dove se ne
contano più di 3000, ma anche da noi il loro numero aumenta tutti i
giorni.

Di tutta questa schiera poche e soltanto rare eccezioni si elevano
a certe altezze, ma molte mostrano della costanza nella ricerca del
vero, forza di volontà per estrinsecarlo, serie attitudini per riuscire
buone artiste, e i loro sforzi meritano d'essere incoraggiati. Onde è
sperabile che in breve si possa vantare una legione di buone artiste,
anche se non sorgerà quel genio che i detrattori del femminismo dicono
impossibile esca dalla schiera muliebre.

È naturale che ci voglia molto tempo prima che la donna possa
raggiungere certe altezze, dove giungono raramente anche gli uomini.
Per troppi secoli è stata tenuta in soggezione e lontana dal mondo;
sempre rinchiusa fra le pareti domestiche, è soltanto da pochi anni che
venne ammessa a frequentare le scuole d'arte, le accademie, i musei;
se la sua arte viene in generale trovata ingenua, timida, è naturale; è
così di tutto quello che è giovane; non si può chiedere all'infanzia la
sicurezza, il giudizio, l'abilità d'esecuzione che solo possono dare il
lungo studio, la pratica e l'esperienza.

La donna appena entrata nel campo dell'arte non può essere subito
maestra, quasi fosse uscita come Minerva armata dal cervello di Giove.

Se nei tempi in cui la donna era tenuta lontana dalle lotte della
vita, la Vigée Lebrun, la Rosalba Carriera, Elisabetta Sirani, Caterina
Vigri, Irene da Spilimbergo, le sorelle Anguissola, Marietta Roberti
e molte altre ebbero un bel posto accanto ai pittori del loro tempo,
possiamo trar da ciò buoni auspici per l'avvenire.

Nelle esposizioni, specialmente all'estero dove la donna è entrata nel
campo dell'arte prima che da noi, c'è sempre qualche quadro femminile
degno d'essere ammirato. Poi pare impossibile, ma per la donna si
è molto esigenti, e se non presenta un capolavoro si conclude col
mandarla a far la calza o a cullare i bimbi.

La grand'arte non è facile nè per gli uomini nè per le donne, e spesso
volendo analizzare le opere maschili che pure colpiscono e fermano la
folla, ci si troverebbe molto a ridire.

Bisogna poi notare che la donna deve già fare uno sforzo per liberarsi
dai pregiudizî che la vorrebbero tener lontana da certi campi riservati
finora all'uomo, il quale temendone la concorrenza tenta di porre
ostacoli sul suo cammino; poi deve vincere la consuetudine che la
tenne per tanto tempo legata alle cure domestiche e in questa lotta
per emanciparsene consuma una parte della sua energia, tanto che pur
avendo ingegno e amore all'arte non dovrebbe tentarla senza una gran
forza di volontà e se non si sente il coraggio di resistere a delle
disillusioni. L'arte non si acquista che a furia di fatica, di un
lavoro incessante e di un saldo volere.

La donna più debole, ha maggiori lotte da sostenere e più numerosi
nemici da combattere. Ma il miraggio dell'arte è così affascinante,
le illusioni sorgono così smaglianti nelle fervide fantasie delle
fanciulle, che troppe si lasciano attrarre da quel miraggio e tutte
quelle che ne usciranno stanche, deluse, vinte, se la prenderanno
col mondo, cogli uomini, infelici di non esser state comprese, non
volendosi persuadere di aver voluto salire troppo in alto dove non
avevano ali abbastanza forti per poter arrivare. Il conoscere sè stessi
è la cosa più difficile, e più il campo aperto all'operosità femminile
sarà vasto, più aumenterà il numero delle spostate, perchè tutte
aspirano a giungere più in alto di quello che comporterebbe la loro
natura e l'indole del loro ingegno.

L'arte del pittore sembra facile, un po' di tela e di colore e si
dipinge quello che si vede; e con questo concetto imbrattano tele e
perdono inutilmente un tempo prezioso.

Se pensassero quanto studio prima di poter riuscire a veder bene
l'oggetto che vogliono dipingere e riuscire a disegnarlo in modo che
la forma ne riesca perfetta, poi stabilire i rapporti di luce e di
distanza cogli oggetti che lo circondano, e armonizzare i colori fra
loro! È tutto un poema; bisogna tener calcolo della luce che cambia
ad ogni istante, dell'aria che tutto riveste e circonda di sfumature
indefinite, e di tutti questi elementi congiunti con arte formare
un'armonia che accarezzi la vista e dia un godimento all'intelletto;
non parlo poi della difficoltà di dar vita alle cose animate, di fare
che il sangue vivo trascorra nelle vene, che negli occhi dei personaggi
dipinti si legga un pensiero, s'indovini un'anima. E a tutto questo non
si riesce che collo studio incessante, col sacrificio di sè stessi,
colle sofferenze che si provano per mettere sulla tela, vive, le
immagini dipinte nel cervello, tanto che è molto difficile che un'opera
d'arte compensi tutto quello che è costata di sforzi e di dolori.
Bisogna anche notare che la pittura per aver ragione di esistere deve
esser buona.

A che può servire un brutto quadro? Voglio avere un'impressione di
viaggio, un ritratto d'una persona cara? C'è la fotografia che serve
assai meglio con minor fatica e maggior precisione; e come adornamento,
una cosa brutta è inutile e riesce all'effetto opposto di quello che si
desidera.

Non occorre ad un pittore essere Raffaello o Michelangelo, ma per la
donna esiste già abbastanza diffidenza, ed ella dovrebbe abbandonare
i pennelli quando s'accorge di non riuscire a varcare quella linea
che pure senza pretendere al capolavoro, riesce a dare un godimento
artistico e a soddisfare ad un bisogno. Però se si sente di passare
quel punto che la mette al disopra della mediocrità, deve farlo con
coraggio, esporre il quadro alla critica e non contentarsi degli elogi
degli amici; chi ha paura del fuoco non vada in guerra, e non dipinga
chi teme di vedersi rifiutare un quadro a qualche esposizione che
deve essere la prova del fuoco per gli artisti novellini. Se poi trova
compratori alle sue tele avrà ottenuto lo scopo di aver soddisfatto ad
un bisogno e avuto profitto del suo lavoro.

Il segreto per farsi un po di largo fra gli artisti è dedicarsi al
genere che meglio riesce alla propria indole senza voler aspirare a
ritrarre soggetti difficili ed a raggiungere altezze impossibili. Nelle
ultime esposizioni si è osservato che la donna riesce molto bene nella
natura morta, sa aggruppare i fiori con molto gusto, li dipinge con
freschezza di colore e con una certa vivacità da renderla maestra in
quella specie di pittura.

È ciò, mi pare, un genere che potrebbe essere preferito dalla schiera
femminile finchè molti anni di studio e di vita indipendente non
avranno fatta sparire la timidezza e la ingenuità che mostra nella
pittura degli esseri animati. Se si contenterà di quello che può
e sa fare la vedremo in breve prendere un bel posto nella pittura.
Anche nelle scene eleganti, fine, aristocratiche, potrebbe facilmente
riuscire come sempre, se procurerà di fare quello che veramente sente,
senza sforzarsi a correr dietro ai soggetti che sono più in voga.

Un altro sbaglio è quello di credere che per aver un bel posto
nell'arte ci sia bisogno di far dei quadri; per fortuna a quelle che
si dànno all'arte per chiederle il mezzo di vivere indipendenti, altre
vie sono aperte, dove possono estrinsecare il loro gusto artistico
e dove sicuramente trarranno maggior profitto che imbrattando tele
le quali difficilmente trovano compratori; cioè dedicandosi all'arte
industriale.

                                   *

La scultura mi pare un'arte meno adatta alla donna della pittura:
m'intendo della scultura vera come dovrebbe essere sempre, grandiosa,
eroica, solenne.

La scultura deve esser tale da colpire colla grandiosità le persone
meno raffinate, essa deve esser capita da tutti, arte nobile, grande,
fatta coi mezzi più semplici.

Un masso di marmo informe, un po' di creta lavorata e plasmata dalla
mano dell'uomo, mutata in un'opera d'arte grandiosa che sfida i secoli,
ecco dove l'uomo mostra la sua potenza creatrice.

La donna può riuscire anche nella scultura; qualche buona scultrice
conta l'antichità e anche ai giorni nostri la signora Maraini si è
mostrata esperta in quest'arte, ma è un'arte faticosa, non è facile
esercitarla in casa occorrendo molto spazio; poi si addice meno ad
un essere delicato quale la donna, alle sue mani piccine usare lo
scalpello e mettersi alle prese coi grandi massi di marmo.

È vero che c'è la scultura da salotto: le statuette, i gingilli,
ma sono più oggetti industriali che artistici; però, perchè valgano
qualche cosa quelle statuette devono essere ben modellate ed esprimere
un sentimento.

Qualche anno fa tra le signore ci fu un periodo di frenesia di
modellare statuette di creta, in tutte le case era una invasione di
fantocci stecchiti, che parevano di legno, non stavano in piedi, nei
quali non erano osservate nè le leggi della statica, nè l'anatomia, dei
veri mostri che facevano venir in uggia il dilettantismo e rimpiangere
il tempo sprecato in lavori inutili e bambineschi.

Ma il male è che la donna finora non è stata abituata a conoscere il
valore del tempo, e tutte abbiamo sulla coscienza di averne sciupato
tanto, cosa che non accadrà quando avremo imparato a far cose buone
e il nostro lavoro ci potrà dare qualche godimento o venir pagato a
contanti.

Bisogna pensare che quadri e statue non sono oggetti necessari e ve ne
sono sempre più del bisogno, tanto che ogni anno migliaia ne rimangono
invenduti perchè oggetti di lusso; ma vi sono altri campi nell'arte ove
la donna potrebbe riuscire ad acquistarsi fama e quattrini.

Quasi tutte le graziose vignette che illustrano i giornali americani
sono eseguite da donne, e il nome di Kate Greeneway s'acquistò fama
nel mondo per le illustrazioni della vita dei bambini fatte con
tanta grazia e tanto spirito, con le figurine vestite di costumi così
artistici e originali, un genere tutto speciale che solo una donna e
un'artista poteva trovare.

Essa con quel mondo infantile segnato appena da contorni semplici, con
quel genere altrettanto artistico che femminile ebbe gloria e fortuna.

Vorrei che anche in Italia invece di tante imbrattatrici di tele,
uscisse dalla schiera delle pittrici qualcuna che si dedicasse al
bianco e nero, alle illustrazioni, arte più semplice ma vera arte e
altrettanto difficile; perchè il dar vita al soggetto senza l'aiuto del
colore, se è cosa meno complicata richiede però mi disegno più perfetto
e maggior intensità di pensiero. Occorrono, è vero, per riuscir bene
molte qualità naturali e studî speciali, ma e un lavoro che una donna
potrà fare tranquillamente senza abbandonare la casa, senza aver
bisogno di molto tempo, di molto spazio e condizioni di luce speciali;
e nel tempo stesso potrà ricavarne molto profitto.

Molte donne guadagnano da vivere dipingendo i figurini pei giornali
di moda, altre fiori sui mobili e sui ventagli o sui vetri, insomma
dedicandosi all'arte industriale e decorativa che prende sempre più
voga ed è un nuovo campo aperto all'operosità femminile. Ora che
la raffinatezza moderna vuole associato all'utile il bello, non c'è
oggetto modesto d'uso comune che non possa venir decorato con gusto
squisito. Basterebbe osservare gli oggetti etruschi, romani, pompeiani,
di cui sono ricchi i musei del nostro paese per ricavare ispirazioni
belle, per dar forma e decorazione ad arnesi di uso domestico; nuove
forme e nuovi ornamenti possono essere aggiunti e creati dalle fervide
fantasie femminili.

È un campo vasto infinito aperto alla donna nuova che abbia voglia
di lavorare. Quelle mani esperte e delicate che seppero eseguire in
ogni tempo nell'arte del ricamo e dei merletti delle cose pregiate e
meravigliose, potranno in tutte le arti che hanno per base il disegno
dare una nota personale di gusto e d'eleganza.

Nel disegno industriale, negli smalti, nell'oreficeria, nella
rilegatura dei libri le donne hanno già incominciato a far buona prova
e da quello che si vede ora c'è da sperare molto nell'avvenire.

Basta che quelle che non hanno tutti i requisiti per riuscire nella
grande arte, rinuncino coraggiosamente alle aspirazioni di gloria e si
dedichino con amore e con gusto alle arti industriali, dove ci vogliono
pure molte qualità per riuscir bene; faranno almeno cosa utile e
potranno ricavare un guadagno che invano avrebbero potuto chiedere alla
pittura o alla scultura.



XIV.

La musica e il teatro.


La musica non sembra arte umana, pare un linguaggio che venga da
regioni ignorate e lontane e scenda nel profondo dell'anima, facendovi
vibrare delle corde occulte e trasportandola in regioni superiori e
soprannaturali.

La musica è nata colla donna; fin dai primi tempi della creazione, la
sua voce limpida e squillante saliva nell'aria assieme al gorgheggio
degli uccelli a festeggiare la natura risorta.

Il canto muliebre dopo aver echeggiato forte e selvaggio nelle antiche
foreste ed esser salito al cielo dalle are druidiche unito ai sacrifizî
cruenti, salì per le eccelse volte delle chiese e dei conventi su in
alto col fumo degl'incensi; ed ora sulla scena dei nostri teatri,
soggioga col suo fascino una folla plaudente e può dare uno dei
maggiori godimenti che si possano desiderare su questa terra.

Se si narra d'Orfeo che riuscì a domare colla musica le fiere, e di
David che potè calmare le ire del forsennato Saulle, bisogna dire che
la musica abbia una potenza sovrumana.

Quando poi uomini di genio costrinsero i suoni a seguire certe leggi e
vi aggiunsero le armonie sgorganti dalle loro anime come limpide acque
dalle fonti perenni, la musica si trasformò in arte sublime e quasi
divina.

È strano che la donna la quale interpreta con tanta arte la musica
altrui, che ha nella gola gorgheggi da usignuolo e sa trarre, colle
mani esperte, concenti melodiosi dagli istrumenti più ingrati, non sia
mai riuscita a comporre nell'arte musicale, un'opera, non dico sublime,
ma nemmeno mediocre.

Può darsi che applicando la mente allo studio dell'armonia, possa
in avvenire far sgorgare la poesia che racchiude nell'anima in note
melodiose, ma può anche essere che la sua natura si ribelli a tanto
sforzo e si contenti della parte d'interprete delle ispirazioni altrui.

In ogni caso per dedicarsi alla musica con profitto, ci vogliono
attitudini speciali, e fin troppe fanciulle imparano a tormentare
qualche strumento, procurano di trar suoni più o meno grati dal
gravicembalo, dall'arpa o dal violino, si contentano anche della
chitarra o mandolino, pur di strimpellare qualche cosa, ma in generale
non riescono che a tormentare le povere orecchie di chi le ascolta
piuttosto che a divertirle.

Non basta saper trarre un suono più o meno armonioso da uno strumento,
bisogna che l'artista sappia immedesimarsi in quello come se formassero
una cosa sola, e abbia tanta potenza animatrice da dar vita ai suoni
che colla sua arte ne ricava.

Chi riesce a far parlare uno strumento, è certo che, oltre all'avere
una mente atta a comprendere e a interpretare il linguaggio dei
suoni, deve essersi dedicato intensamente al suo strumento al punto da
renderlo pieghevole e ubbidiente ai suoi cenni come uno schiavo. Certo
specialmente oggidì che la musica è diventata una scienza, si possono
contare molti concertisti che riescono colla loro abilità di esecutori,
a guadagnare abbastanza per vivere indipendenti ed essere applauditi.

Però la carriera che è il miraggio delle fantasie giovanili, il paese
incantato dei sogni, la meta che ognuno vorrebbe toccare, è il teatro.

Non credo che vi sia donna, per quanto ricca e felice, che
nell'assistere in teatro al trionfo d'una grande artista, non abbia
provato il desiderio di cambiarsi con quell'artista e poter destare
colla voce quell'entusiasmo nel pubblico.

È da molti secoli che la donna è accettata sulla scena e anche i più
arrabbiati antifemministi l'approvano, la lodano e la incoraggiano,
quantunque la donna destinata agli studi incessanti, ai lunghi viaggi,
alle prove della scena, molto meno di chiunque altra troverà il tempo
per le cure domestiche e per l'educazione dei figli.

Ma l'artista diverte, affascina, appartiene un po' a tutto il
pubblico, e in questo, quando si tratta del proprio godimento, ogni
altra considerazione scompare. È certo che l'artista è più amata,
più desiderata, più acclamata di tutte le altre donne, può aspirare
alla situazione più elevata, alle ricchezze più favolose, è libera,
indipendente, sirena e regina a un tempo, può essere l'idolo di
una folla plaudente, raggiungere tale celebrità e suscitare tanto
entusiasmo, come a nessuna donna nelle altre carriere è dato sperare.

Però bisogna notare che per poche che riescono a raggiungere la meta
della fortuna e della celebrità, innumerevole è la schiera di quelle
che rimangono indietro, e la carriera del teatro è altrettanto bella,
luminosa per quelle che riescono, come stentata, piena di dolori
e di sciagure, senza pace, senza dignità per coloro che rimangono
nell'ombra.

Se sul palcoscenico tutto appare in distanza sfolgorante di splendore
e di luce, dietro la scena lo spettacolo è tutt'altro che piacevole,
e qualche volta si assiste a scene ignobili e ripugnanti; non è tutto
oro quello che risplende sulla scena, anzi vi è molto orpello, e la
volgarità e la menzogna regnano sovrane.

Quel mondo sconosciuto a quelli che non lo frequentano, è pieno di
sudiciume e di fango, tanto che una donna fine e gentile vi si trova a
disagio, e se non è molto avveduta ed attenta, finisce per insudiciarsi
anche senza volerlo.

Tutto è falso dietro le scene, come le gemme e le corone delle
regine e lo scettro dei re, false le amicizie e le ammirazioni; vi
si parla un linguaggio speciale, tanto che molte persone sensibili,
provano ripugnanza a vivere in un ambiente corrotto e corrompitore e
preferiscono rinunciare alle gioie dell'arte.

Ecco perchè mi pare che la donna debba pensare molto prima di dedicarsi
alla carriera del teatro, e più di tutto non debba lasciarsi sedurre
dalla speranza di facili applausi e lauti guadagni quella che non
riunisce in sè le qualità necessarie per poter riuscire e trionfare;
pensi che oltre al grande amore pel teatro, e questo molti lo sentono,
e ai doni naturali, come bella voce, grazia nei movimenti, intelligenza
speciale, occorre una facoltà innata di saper immedesimarsi nei
personaggi che si devono rappresentare, e oltre a tutto anche un po' di
fortuna.

In un tempo nel quale era limitato il campo delle carriere concesse
alla donna, quelle che sentivano un forte bisogno d'indipendenza e
volevano liberarsi dalle meschine occupazioni domestiche e dai legami
della famiglia, se avevano voce, studiavano il canto, altrimenti si
davano all'arte drammatica, e pur di esser libere, in mancanza di
meglio, chiedevano alla danza e alla mimica il mezzo per non morire di
fame.

Ora altre vie fortunatamente sono aperte o si apriranno in breve
all'operosità femminile, e la donna che non ha in sè elementi quasi
sicuri di riuscire, non dovrebbe lasciarsi tentare da una carriera
che qualche volta fa salire molto in alto, ma più spesso fa piombare
nell'abisso, è fonte di disinganni e per giunta, salvo in certi casi,
non è priva di pericoli e d'insidie.

Tutti conoscono la vita delle grandi artiste, sia liriche che
drammatiche, la stampa sparge le loro notizie ai quattro venti, si
sa come vivono, che cosa mangiano, come viaggiano, di che cosa si
occupano; i giornali ne descrivono le vesti eleganti, i gioielli
degni di adornare regine sul trono, fanno balenare agli occhi del
pubblico come i tesori di Golconda; nel mondo si ripercuote l'eco dei
loro trionfi, gli uomini sono ai loro piedi come schiavi, pronti ad
ogni sacrifizio, per appagarle, tutte le signore fanno loro festa,
ne imitano gli abbigliamenti e procurano d'indovinare il segreto che
possiedono per poter, vere trionfatrici, trascinar dietro a sè una
folla esultante.

Ma la vita di quelle che al pari delle compagne fortunate si sono date
all'arte piene d'illusioni e di speranze e sono rimaste a mezza strada
troppo tardi per scegliere un'altra via, chi la racconta? Chi narra le
loro sofferenze? Spesso son condannate a patire la fame per vestirsi
decentemente; costrette a rappresentare personaggi lieti colla morte
nel cuore, non sapendo se potranno sfamarsi il giorno appresso, in
balia d'impresarî che pagano poco o non pagano, seminando debiti da
cui sono perseguitate lungo il cammino, costrette ad andar raminghe
di città in città raccogliendo più disapprovazioni che quattrini,
fra le tentazioni di una vita oziosa e vagabonda che fa loro sentire
l'amarezza dei disinganni, finchè vinte della vita, muoiono di stenti
in un ospedale o vivono gli ultimi anni di elemosina, e scoraggiate e
avvilite quasi invidiano la sorte dell'operaia che passa la giornata in
un lavoro monotono e quasi meccanico, ma che almeno la tiene occupata e
le dà un tozzo di pane.

La vita della scena è come un foco d'artifizio; anche per le artiste
che hanno brillato di luce intensa viene il giorno dell'abbandono, il
pubblico si volge ad altri astri che sorgono sull'orizzonte, e se non
calpesta l'idolo passato, lo dimentica.

Se l'artista ha potuto nei giorni dell'abbondanza metter da parte un
po' di quattrini, potrà avere una casa e condurre una vita agiata e
senza privazioni materiali; ma sentirà pur sempre un vuoto intorno a
sè ripensando ai trionfi passati, se non avrà saputo ornare la mente di
utili cognizioni e coltivare nei giorni migliori qualche buona amicizia
che riesca a renderle più sopportabili i giorni tristi dell'età matura.



XV.

La donna nella beneficenza e le associazioni femminili.


Il campo della beneficenza è sempre stato aperto alla donna perchè,
spinta dal sentimento materno che racchiude nell'anima, nessuno meglio
di lei sa proteggere, consolare e sollevare le miserie che affliggono
l'umanità.

Però col progresso dei tempi la beneficenza è divenuta nella vita
sociale una funzione molto diversa da quello ch'era in passato.

Una volta era l'impulso individuale quello che regolava il principio
della carità; era il tempo in cui, nei castelli, nelle case, nelle
ville, si vedevano le signore caritatevoli, in certi giorni assegnati,
dare l'obolo ai mendicanti che venivano a chiedere alle loro porte, e
questo era occasione di parata e vanità per chi dava, e avvilimento per
chi riceveva.

Ora tutto è mutato; il sentimento della dignità umana, il miglioramento
generale della società, ci spinge a studiare i bisogni e i rimedi
che possono diminuire i mali inevitabili della vita. È un vasto campo
aperto all'operosità della donna che non ha bisogno di guadagnarsi il
pane quotidiano; è un lavoro molto più difficile e importante di quello
di dare un soldo al mendico, e il quale richiede molto altruismo. Per
riuscire ad essere utili ed efficaci occorre intelligenza, costanza,
abnegazione e più di tutto aver studiato profondamente i problemi
sociali: prevenire i mali invece di reprimerli, avvicinare il popolo
per conoscerne i bisogni e aiutarlo col consiglio e coll'esperienza,
proteggere le madri ignoranti, procurare che l'infanzia cresca
in ambienti sani e siano seguite le regole dell'igiene, vedere di
diminuire le malattie procurando di evitarne le cause, incoraggiare
lo studio, inspirare l'amore al lavoro, disciplinarlo, insegnare la
previdenza, in modo di fare il possibile di preparare una generazione
forte, sana, agguerrita per le lotte dell'esistenza affinchè tutti i
naufraghi della vita possano trovare aiuto e assistenza nelle opere
sociali.

È un'opera improba che nessuna persona per quanto energica e
intelligente potrebbe assumere da sola, senza l'aiuto d'una schiera di
compagne di buona volontà per riuscire nell'intento pietoso.

Come la questione economica ha spinto le ragazze borghesi a darsi ad
una professione, a cercare un impiego, così il bisogno di aiutarsi a
vicenda ha fatto sorgere una quantità di associazioni femminili che
moltiplicando le energie, possono portare un largo contributo alla
causa femminile e a quella dell'umanità.

Malgrado i pregiudizî che inceppano l'espansione dell'operosità
femminile e gli ostacoli che la donna trova ad ogni sua iniziativa,
sorse come per incanto una fioritura di associazioni femminili nelle
quali si studia, si discute dei problemi sociali, si procura di
migliorare la condizione della donna, di elevarla, e si lotta per il
suo benessere.

Prima furono le operaie che si riunirono per il loro interesse, e pare
fino incredibile come riescano a far valere i loro diritti e sappiano
parlare in modo convincente. Altre associazioni forti e potenti si
adoprano per il benessere della donna delle classi povere, fra le
quali è degna di menzione l'Unione Femminile che sorse a Milano e creò
ramificazioni in tutta Italia, le quali come benefici ruscelli portano
refrigerio a molte miserie, aiuto ai più deboli. La Federazione delle
attività femminili che parte da Roma e anch'essa si dirama in tutto il
paese, è in rapporti colle associazioni estere, unisce ogni cinque anni
a congresso tutte le donne del mondo che così imparano a conoscersi,
ad apprezzarsi, e si trovano riunite in un vincolo di fratellanza
scambiando le loro idee e le loro aspirazioni.

Poi, l'Associazione per ottenere il suffragio femminile, che dovrebbe
riunire tutte le donne del mondo in una causa tanto giusta che
migliorerebbe non solo le condizioni della donna ma del mondo intero.
Non parliamo delle associazioni minori dove per intenti speciali i
gruppi si riuniscono e si aiutano. A Milano c'è pure un associazione
femminile per l'arte. A Milano, Firenze, Roma vi sono circoli di
ritrovo per scopi sociali, artistici, intellettuali. Non parliamo dei
comitati di beneficenza, dove la donna ha una parte importante; nessuno
meglio di lei sa organizzare feste e raccogliere danari per i poveri,
però vorrei che non soltanto questa fosse la sua missione. Sta bene
raccogliere quattrini, ma poi vorrei fosse capace di amministrarli e
distribuirli con giustizia e in modo che fossero un vero aiuto ai più
bisognosi. È certo meraviglioso vedere la donna non abituata a lasciare
le pareti domestiche tutto ad un tratto frequentare le associazioni,
parlare in pubblico e trovarvisi a suo agio; ha ancora molto cammino
da fare per allenarsi e comprendere il valore del tempo, intanto dovrà
lasciare il difetto di non essere precisa alle sedute e di dimenticare
l'argomento principale della riunione divagando in chiacchiere
inutili; poi deve lasciar da parte la vanità e non accettare cariche e
responsabilità se non si sente di potervi apportare quell'operosità e
capacità richieste dallo scopo per cui si è formata la società. Come
non è bello disinteressarsene e lasciar fare alle compagne: perchè
l'edificio sia solido e duraturo tutte devono portare la propria opera;
non basta l'ingegno e l'iniziativa per far prosperare un'impresa, ma
è il lavoro costante, assiduo di tutti i membri, l'opera di piccole
forze unite e concordi quella che fa prosperare e progredire un'opera
sociale.

Col progresso dei tempi certo persuase dall'esperienza che l'unione
fa la forza, le associazioni femminili si moltiplicheranno e andranno
perfezionandosi, spargendo intorno la loro opera benefica.



XVI.

La donna nelle opere sociali.


Colla rinnovata coscienza sociale, nei circoli femminili venne espresso
il voto che anche la donna dovesse dedicare almeno un anno della sua
vita alla patria e questo voto fu espresso e approvato nel Congresso
femminile del 1914 a Roma.

La donna che esercita una professione, che copre un impiego, quella
che lavora nei laboratori o nelle officine, è soggetta già ad una
disciplina e raddoppiando la sua operosità e la sua energia, potrà nei
momenti difficili, essere utile alla società senza bisogno d'istruzione
o di esercizio.

Le signore invece che passano la vita fra gli agi e le distrazioni
mondane, si trovano accasciate ed avvilite, quando una sciagura
finanziaria colpisce la loro famiglia o una calamità come la guerra,
il terremoto o un'altra crisi fatale colpisce il paese, e soffrono
doppiamente di non poter recare alcun aiuto efficace, perchè non hanno
a tempo imparato a trar partito dalle loro energie. Sono ben fortunate
quelle che in cambio della loro opera possono aprire la borsa per
sanare tante sciagure, ma più ancora quelle che in tutti i modi si
prestano per uno scopo così santo, come quello di mitigare le sventure
che colpiscono il proprio paese.

Un indizio del bisogno che la donna prova di occuparsi utilmente e
del disagio che soffre restando in ozio, è l'entusiasmo con cui una
quantità di signore e signorine frequentano i corsi d'istruzione della
Croce Rossa, e poi si offrono come infermiere ai primi sentori di
guerra. Quella di assistere i feriti fu fino ad ora la sola funzione
permessa e accettata dalla società, favorita dall'indole generosa della
donna, quando si tratta di soccorrere i sofferenti e di servire in
questo modo il proprio paese.

Ma il male è che non tutte le donne hanno la vocazione di essere
infermiere e non basta qualche mese di lezioni date tranquillamente
in tempo di pace per renderle atte ad adoperarsi utilmente sui campi
di battaglia, fra i disagi e le privazioni d'ogni genere, e passar la
giornata negli ospedali assistendo a scene di dolore.

Approvo le scuole per infermiere; esse dovrebbero essere il complemento
dell'educazione di tutte le ragazze; nella propria famiglia, fra le
persone che ne circondano, avviene spesso la necessità di un pronto
soccorso. Saper fasciar bene un braccio malato, disinfettare una
ferita, fare un'iniezione o un massaggio con conoscenza di causa, può
essere un vero beneficio; ma non tutte le donne possono sopportare le
fatiche della guerra, nè lo spettacolo della carneficina delle moderne
battaglie. Se è bello lo slancio che le spinge ad arruolarsi fra le
schiere della Croce Rossa, ed ammirevole la volontà di agire mentre
i compagni combattono per il proprio paese, non dovrebbero presumere
troppo dalle loro forze per non prepararsi a qualche disinganno.
Quante, in cambio di poche che uniscono la forza fisica alla forza
morale, si sentono mancare il coraggio di fronte alla crudele realtà e
s'accorgono di essere, invece che un aiuto efficace, persone inutili e
causa d'imbarazzo.

Ne diè prova la campagna di Libia: di fronte ad alcune donne veramente
abili ed utili, ce ne furono molte le quali servirono d'impaccio,
mentre forse in altri riparti avrebbero potuto adoperarsi utilmente.

Le donne tedesche ed inglesi, educate ad una disciplina più pratica
e positiva, durante la guerra si rendono utili nel supplire i mariti,
fratelli e figli, negli uffici, nelle banche, nei commerci e in tutti i
rami delle amministrazioni cittadine.

Le francesi, prive della seria preparazione delle tedesche, suppliscono
coll'entusiasmo e col sentimento, lavorano giorno e notte a fare
indumenti pei soldati, visitano gli ospedali come consolatrici,
portando fiori e leccornie ai feriti, si interessano della loro sorte,
mandano notizie alle loro famiglie e li consolano trattandoli come
fratelli.

Nel Belgio, spronate dalla necessità del momento, le donne trovarono
energie sorprendenti e fecero atti di eroismo, di coraggio e di
abnegazione. L'esempio di quella signora che s'improvvisò sindaco e
tenne testa al nemico salvando dal saccheggio e difendendo la sua
città abbandonata dalle autorità cittadine passerà nella storia;
pure in opere più umili si adoperarono le donne belghe, come cucire e
lavare la biancheria e gl'indumenti dei soldati, preparare le vivande
e procurare, anche facendo i servigi più umili, che per la loro opera
fosse diminuita la sciagura piombata sulla loro terra.

Affinchè le forze femminili possano esser adoperate utilmente,
devono esser disciplinate: perciò troverei utile che l'idea lanciata
in un impeto generoso in tempo di guerra, potesse venir coltivata
e realizzata in tempo di pace, e il governo ci mettesse un po' di
volontà nell'adoperarsi ad utilizzare tante energie che vanno ora
perdute; così la donna con voce più alta, potrebbe reclamare i propri
diritti quando avesse come l'altra metà del genere umano il dovere
di servire la patria. È appunto dall'età di diciotto a vent'anni,
che terminati gli studi, e non ancora formata una nuova famiglia, la
donna dovrebb'essere obbligata ad adoperarsi in qualche opera sociale
destinata dalle autorità superiori, secondo le diverse attitudini, il
grado d'istruzione e la forza fisica.

Quando il lavoro sociale della donna venisse organizzato, le
lavoratrici si dividerebbero per squadre secondo la loro indole e
la loro istruzione, e così oltre a quelle adibite negli ospedali
come assistenti, altre potrebbero essere ammesse nelle pubbliche
amministrazioni, altre nelle scuole a curare l'educazione della
prima età; quando si fossero per qualche tempo assoggettate ad una
disciplina, rinunciando a seguire la propria volontà, abituate ad un
orario di lavoro, troverebbero il loro profitto in questa rinuncia di
sè a beneficio del proprio paese, e nel caso di bisogno, si potrebbe
calcolare sopra una schiera di signore agguerrite e capaci di poter
supplire nelle aziende commerciali, negl'impieghi i richiamati pel
servizio militare, e in questo modo tener il posto ai mariti e ai
fratelli, e così esser utili oltre che al proprio paese anche alla
famiglia.

L'entusiasmo con cui tutte le donne vogliono fare le infermiere, è
generato da una idea assurda o esagerata. Di fronte ad alcune che hanno
a quest'ufficio una vera inclinazione, ve ne sono altre che mancano
delle qualità richieste; e dopo aver frequentato lezioni ed ambulanze,
vedono rifiutata la loro opera, come è avvenuto in Germania, dove su
trenta allieve delle scuole di assistenza ne accettarono soltanto sei,
rifiutando le altre che invece d'aiuto sarebbero state d'imbarazzo; ma
si vuol seguire la moda e vi si mette un pizzico di vanità. Poi molte
ragazze pensano a qualche romanzetto provocato dalla riconoscenza
dei giovani curati colle loro manine, e in ogni modo trovano una
certa attrazione nell'indossare per qualche tempo il vestito bianco
coll'emblema della Croce Rossa; ma è ben altra cosa quando devono
passar le notti al capezzale degli infermi, quando vedono morire fra
gli spasimi tanta balda gioventù, e sono obbligate a curare piaghe
spaventose senza pensare più a sè stesse. A ciò, per molto tempo,
non tutte possono resistere, e devono rinunciare ad un'opera a cui si
erano accinte con tanto entusiasmo. Ma appunto perchè non si possono
improvvisare impiegate, maestre, professioniste, e difficile riesce
fabbricarle al momento del bisogno, e perchè trascinati dal rapido
svolgersi degli avvenimenti, manca spesso la calma per organizzare
i servizi, e le necessità del momento tolgono la visione giusta
delle cose; tutte le donne dovrebbero essere iscritte e divise per
professioni, provate e pronte per essere chiamate al momento opportuno.

Per iniziativa di alcune istituzioni femminili s'istruiscono donne
volonterose in opere sociali diverse, ma se la cosa non partirà dal
governo, si avranno organizzazioni incomplete che difficilmente alla
prova potranno riuscire di grande utilità, e solo si potrà ottenere
qualche aiuto efficace da quelle donne che per il loro ufficio, e pei
loro studi, sono state sottomesse ad una disciplina che ora invano si
trova fra le mura domestiche, dove alla severità dei tempi passati
è subentrata la debolezza; dove i figliuoli troppo accarezzati e
contentati nei loro capricci, vogliono comandare e fare la loro
volontà, e più non si sottomettono al volere di quelli che hanno più
esperienza e per gli anni e per il senno.

In Inghilterra, paese forte e positivo, si forma un reggimento di donne
volontarie, che chiedono di combattere a fianco dei loro fratelli,
e se non saranno mandate sul fronte di battaglia, sperano almeno di
poter seguire l'esercito come telegrafiste, telefoniste, messaggere,
esploratrici, automobiliste, oppure scortare i convogli di viveri
e difenderli dagli assalti nemici. Molto si può attendere da quella
schiera eroica di suffragette che soffrivano anche i tormenti della
prigionia e della fame per l'idea delle rivendicazioni femminili; e se
esse aiuteranno efficacemente la patria, potranno ottenere molto più,
mostrandosi coraggiose e intrepide all'opera di servire il proprio
paese, che portandovi la rivoluzione e lo scompiglio.

Come vedrete nel prossimo capitolo, le nostre donne ai primi sentori
di guerra hanno risposto con uno slancio ammirabile e si son messe
all'opera volonterose senza essere state arrolate. Hanno fatto un
miracolo, ma visto che i miracoli non avvengono tutti i giorni vorrei
che in avvenire la donna italiana si preparasse al lavoro seriamente,
che potesse organizzarsi ordinatamente e fosse pronta a correre
volonterosa alla prima chiamata; sicchè la sua operosità non sia dovuta
all'entusiasmo di un'ora tragica, ma sia perseverante anche nel tempo
di calma tranquilla; che non parta dall'ambizione di mettersi in mostra
e far parlare di sè, ma da un sentimento profondo di voler sacrificarsi
per la patria, e fare prima di tutto il proprio dovere.



XVII.

Il lavoro della donna durante la guerra.


La guerra in mezzo a tutti i suoi orrori ha fatto il miracolo di
rivelare a noi e al mondo la nostra forza e il nostro valore.

Se con meraviglioso ardimento i nostri giovani si slanciarono
all'assalto di posizioni giudicate imprendibili e riuscirono a
conquistarle; se pronti alla chiamata lasciarono la famiglia, il
lavoro, gli agi della vita per correre dove il dovere e l'amore della
patria li chiamava; la donna non si mostrò meno coraggiosa del suo
compagno e appena scoppiata la guerra, facendo uno sforzo sovrumano per
trattenere le lagrime vedendo partire gli sposi, i figli, i fratelli,
per non rendere loro più crudele il momento del distacco, invece di
accasciarsi nel suo dolore, di attendere ansiosa nell'ozio le notizie
dei suoi cari che combattevano e dai quali non poteva staccare il
pensiero, raccolse tutte le energie e cercò nell'ardore d'un lavoro
nuovo e faticoso di assopire i palpiti del suo cuore ferito.

E si vide un miracolo nuovo svolgersi sulle terre italiane, un
esercito non abituato al lavoro far prodigi di forza e di operosità.
Le fortunate che in tempo di pace avevano frequentato la scuola delle
infermiere trovarono subito il modo di esercitare la loro opera e si
prestarono subito ad adoperarsi a sollievo dei feriti che arrivavano
dal fronte, alzandosi all'alba per assisterli, passando le notti al
capezzale di quelli che soffrivano maggiormente, sempre instancabili
per lenire le sofferenze dei valorosi. Esse però erano compensate
del loro sacrificio sentendosi quasi vicine alla guerra, vivendola
nei discorsi dei soldati, trovando lievi le proprie fatiche nel
confrontarle colle sofferenze di cui parlavano i feriti e gli ammalati;
e raddoppiavano le cure e l'amore per recar loro sollievo e compensarli
dei disagi passati.

Non parlo delle donne che supplirono i mariti, fratelli e figli nelle
aziende commerciali, negli impieghi, e si assunsero responsabilità e
lavori resi più difficili dall'inesperienza. Altre crearono laboratori
e maestranze per dar lavoro alle operaie disoccupate e alle mogli
dei richiamati e mostrarono delle altitudini che esse stesse si
meravigliarono di possedere.

E il meraviglioso ufficio di notizie dove trovarono occupazione una
quantità di signore e signorine! La loro opera non fu meno utile
di quella delle infermiere, perchè se queste cercavano di sanare le
piaghe fatte dal ferro nemico, quelle colle loro indagini, colla loro
premura e il lavoro assiduo davano la speranza, il conforto alle madri,
alle spose che chiedevano notizie dei loro cari di cui non sapevano
nulla, soltanto che si trovavano in grande pericolo; ed assillate ed
affrante dal dubbio e dall'incertezza imploravano di saper qualche
cosa sulla sorte dei cari assenti, anche se le notizie dovessero essere
sfavorevoli, tutta la verità chiedevano fuorchè l'ansia dell'ignoto.

Tutte, tutte le donne vollero adoperarsi per lenire le sofferenze
della guerra, una schiera di vispe fanciulle lasciarono i giochi
spensierati e divennero vere mamme e sorelle pei bimbi dei richiamati
e li custodirono tulio il giorno occupandosene con amore affinchè le
mamme potessero accudire ai loro lavori; le studentesse nelle ore
libere si dedicarono a fabbricare gli scaldaranci, ed escogitarono
ogni mezzo per raccogliere quattrini per varie opere sociali, e
tutte le donne, giovani, vecchie e bambine, quelle che non potevano
resistere alle fatiche, le impiegate le infermiere lavoravano la lana
per mandare caldi indumenti fra le nevi ai combattenti e davano una
smentita a quelli che affermano le donne moderne incapaci di far la
calza; e montagne di calze, passamontagne, guanti, sciarpe, corpetti
vennero mandati al fronte. Si lavorava la lana nelle case, nelle
riunioni, negli uffici, negli ospedali, perchè tutti i minuti dovevano
essere dedicati ai nostri prodi che davano la vita per la grandezza e
sicurezza della patria.

Si potrà dire con orgoglio che alla nostra vittoria tutti avremo
contribuito col curare feriti, col lavoro, colle ricchezze, con tutte
le nostre forze. Poi, finita la guerra, dopo aver provato la gioia del
lavoro utile, lavoreremo ancora pel bene del nostro prossimo, per la
grandezza del nostro paese.

La donna italiana delle classi colte ha risposto meravigliosamente
con tutta l'anima alla vita nuova formata dallo stato di guerra,
ha fatto il suo dovere di cittadina; v'è da compiacersene, ma non
dobbiamo esserne troppo orgogliose, perchè noi avevamo un ideale che
ci sosteneva, noi donne delle classi più evolute ci si rendeva conto
della guerra inevitabile per la pace avvenire, della necessità di
sopportare qualunque sacrificio per preparare ai nostri figli una
patria più grande e più rispettata; ma quella che fu veramente eroica
e degna d'essere mandata ai posteri fu l'opera delle contadine. Esse
avevano vissuto fin allora senza ideali giorno per giorno, lavoravano
liete di veder crescersi intorno la famiglia pensando solo che non
mancasse il pane e un tetto ospitale, unicamente intente a preparare
un pasto frugale e accogliere con un sorriso il marito quando tornava
la sera dal lavoro, erano contente della vita semplice senza pensieri
e senza aspirazioni; quando tutto ad un tratto videro strappare dalle
loro case i mariti, i fratelli, i figli, quelli che erano tutto per
loro, la mente che dirigeva la famiglia, le braccia che davano loro
il nutrimento; videro tutto ciò senza indovinare la ragione di tanta
crudeltà; poi passato il primo momento di stupore, si rialzarono e
con slancio meraviglioso si diedero a fare il lavoro dei loro uomini,
e smossero la terra e seminarono e curarono gli animali domestici,
raddoppiarono gli sforzi per riuscire a non trascurare i bimbi e la
casa e la terra, soffocando il gruppo al cuore che le opprimevano per
gli uomini lontani, di cui nulla sapevano; lavorando come bestie da
soma, a tutto indifferenti fuorchè alle notizie che troppo raramente
venivano dal fronte. Il lavoro doloroso e ingrato ebbe qualche volta
il suo compenso. Io vedo già disegnarsi un bel quadro. In un giorno di
pace e pieno di sole ecco ritorna il marito un po zoppicante col petto
fregiato da una medaglia; si guarda intorno e vede i campi coltivati
e ricchi di messi, gli alberi carichi di frutti, come quando li aveva
lavorati colle sue braccia e commosso dalla sorpresa pel nuovo miracolo
si volge alla donna con un'occhiata interrogativa e vedendone il
volto sparuto, la persona stanca e il sorriso buono, comprende e dice
prendendola per mano:

— Tu hai fatto questo? Io che pensavo di trovare un deserto, mi hai
fatto trovare l'abbondanza! Sei stata più brava di me, a te devo cedere
la medaglia.

Ma essa gl'impedisce di togliersela dal petto.

— No, non voglio, questa ti appartiene, te la sei guadagnata col tuo
valore; io ho ora il premio più grande. Sei ritornato e sei stato
contento di me; è più di quello che mi merito. Pur troppo tante donne
hanno fatto altrettanto e inutilmente. Vedi, tutti i campi sono stati
lavorati, ma, poverette, i loro uomini non ritornano più, e non provano
la gioia che io sento in questo momento nel cuore.

                                   *

È un fatto che dopo la guerra che ha sconvolto tutta l'Europa
molte cose saranno mutate, molti pregiudizi saranno tramontati e ci
risveglieremo con un'anima nuova. La donna avrà provato la gioia del
lavoro e si troverà meno frivola e più operosa, l'uomo più indulgente
e più buono, e non negherà la facoltà di lavorare alla compagna, che ha
lavorato per lui e per la famiglia in un momento tanto difficile.

Si potrà affermare che la guerra ha fatto fare alla causa femminile
passi da gigante. Ormai la donna ha fatto conoscere al mondo quello che
vale e quello che può fare e sono certa che saprà mantenere il posto
conquistato.

Dopo la guerra la vita sarà più difficile; ci troveremo tutti più
poveri, e molte cose saranno da riordinare, i commerci e le industrie
da far risorgere; ci sarà lavoro per tutti, e dopo la prova che la
donna ha dato luminosamente tutte le carriere le saranno aperte.

Mi auguro che la donna nuova possa rispondere all'appello, e sia
persuasa che il lavoro può procurare le gioie maggiori, che solleva
lo spirito, ci consola nei dolori, e distoglie la mente dai tristi
pensieri al punto che non ci si accorge d'invecchiare provando la
compiacenza di bastare a sè stesse, esser utili agli altri e sentirsi
qualche cosa e qualcheduno sulla scena del mondo.

Insegniamo alle nostre figlie che un lavoro fatto con amore non
umilia, ed è soltanto l'ozio e il parassitismo che avvilisce. Andiamo
dunque avanti con coraggio, e lavoriamo tutte, per noi, per la nostra
famiglia, per la patria e l'umanità.



INDICE.


    PREFAZIONE                                  Pag. V

     I. La questione della donna                     1
    II. Le lavoratrici della terra                  20
   III. La donna nelle officine                     42
    IV. Le lavoratrici della casa                   56
     V. La donna negli impieghi                     72
    VI. Nel commercio e nell'industria              84
   VII. Nell'insegnamento                           91
  VIII. Donne dottoresse                           101
    IX. Donne avvocate                             113
     X. La donna nelle matematiche                 121
    XI. La donna nella politica                    129
   XII. La donna nella letteratura                 140
  XIII. La donna nella pittura e nella scultura    149
   XIV. La musica e il teatro                      164
    XV. La donna nella beneficenza e le associazioni
          femminili                                175
   XVI. La donna nelle opere sociali               182
  XVII. Il lavoro della donna durante la guerra    194



OPERE di CORDELIA.


  RACCONTI E BOZZETTI.

  _Il regno della donna_ (esaurito)                            L. 2 —
  _Dopo le nozze._ 3.º migliaio                                   3 —
  _I nostri figli_, in formato bijou a colori, 2.º migliaio       3 —
  _Prime battaglie._ 4.º migliaio                                 2 —
  _Vita intima._ 13.º migliaio                                    1 —
  _Racconti di Natale_, 2.º migliaio                              3 50
  — — Edizione illustrata da Dalbono. 6.º migliaio                3 —
  _Alla ventura_, ill. da Amato. 2.º migliaio                     4 —
  _Casa altrui_, ill. da Matania. 2.º migliaio                    3 —
  — — Edizione economica. 15.º migliaio                           1 —
  _All'aperto_, ill. da Ferraguti e Amato. 2.º migliaio           4 —
  _Nel Regno delle Chimere_, ill. da G. Amato, A. Ferraguti
    e E. Dalbono                                                  5 —
  — — Edizione economica in-16                                    3 —
  _Verso il mistero_                                              3 50

  ROMANZI.

  _Catene._ 10.º migliaio                                         1 —
  — — Edizione ill. da Bonamore. 3.º migliaio                     4 —
  _Per la gloria_, 2.º migliaio                                   3 50
  _Forza irresistibile_, 2.º migliaio                             3 50
  _Il mio delitto._ 6.º migliaio                                  1 —
  — — Edizione illustrata da Colantoni                            3 —
  _Per vendetta._ 6.º migliaio                                    1 —
  — — Ediz. ill. da Armenise e Ferraguti. 2.º migliaio            4 —
  _L'Incomprensibile._ 4.º migliaio                               1 —

  LIBRI PER I RAGAZZI.

  _Piccoli Eroi._ 61.º migliaio                                   2 —
  — — Ediz. in-8 ill. da A. Ferraguti. 6.º migliaio               4 —
  _Mondo Piccino_, illustrato. 7.º migliaio                       1 —
  _Mentre nevica_, illustrato. 6.º migliaio                       2 —
  _Nel regno delle Fate_, ill. da Dalbono. 3.º migliaio           4 —
  _Il Castello di Barbanera_, ill. da Paolocci. 3.º migliaio      2 —
  _I nipoti di Barbabianca_, ill. da Matania                      2 —

  _Teatro in famiglia_, commedie pei giovani, illustrate da
    G. Amato, Sophie Browne e A. Ferraguti                        2 50
  _Gringoire_, opera in un atto, musica di Scontrino              5 —



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





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