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Title: Nabuco
Author: Fontana, Ferdinando, 1850-1919
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Nabuco" ***


(This file was produced from images generously made
available by Biblioteca Nazionale Braidense - Milano)



                L'ORRENDA MACCHIA


                    F. FONTANA

                      NABUCO

               (Concorso SICCARDI)


                    Nabuco il Grande re di Babilonia,
                    figlio di Nabopolassar, assediò due
                    volte Gerusalemme e conquistò la
                    terra. Orgoglioso delle sue vittorie,
                    osò credersi superiore a Dio, che lo
                    punì rendendolo pazzo; sicchè egli
                    andò errando come bruto nelle foreste.
                    Non ricuperò la ragione che poco
                    tempo prima di morire.

                                               LA BIBBIA.



             PRESSO L'AUTORE-EDITORE
                Piazza Monforte, 1
                      MILANO



                    LECCO 1893
        _Tipografia e Cartoleria_ A. ROTA



PREFAZIONE


Questo poema,--benchè opera a sè,--nella mia mente di
autore-editore è il primo volume d'una _Collezione_ che avrà
per titolo generale «_L'orrenda Macchia_» e nella quale è
mio desiderio di pubblicare scritti d'ogni sorta e d'ogni
autore che giovino alla propaganda contro la guerra.

Oggi, iniziandola col _Nabuco_, mi sia permesso, oltre
qualche idea fondamentale, d'esporre anche i criteri
speciali, che mi indussero a comporre un poema, anzichè un
lavoro letterario di indole diversa.

                             *

La fine del nostro secolo, caratterizzata dagli eserciti
immani, rassomiglia ad una foce strozzata da rupi enormi,
alla quale faccian capo molti fiumi. Tutte le grandi
quistioni, che agitarono sempre l'umanità, vi ribollono e vi
rigurgitano, volendo ogni onda, ogni opinione passare per la
prima; ma, fino a quando le rupi enormi--gli immani
eserciti--staranno, sobboliranno invano le contese di
priorità e rigurgiteranno ben anco in dolorose reazioni,
poichè la paralisi, cioè la confusione, cioè la menzogna
(che è il peggior male di tutti!), laddove impera lo spettro
della guerra, si impadronirà sempre più di ogni partito,
accada ciò nelle monarchie o in una repubblica come la
francese.

Mentono infatti i conservatori d'ogni tinta, chiusi fra le
crescenti spese d'armi, che la loro politica richiede, e la
necessità di non poterla abbandonare; e si cammuffano da
liberali, persino da socialisti, pur di procrastinare la
propria rovina. Mentono i repubblicani delle monarchie e
quelli della repubblica francese: impotenti i primi a
smuovere popoli inermi, dinanzi ai quali stanno falangi
tanto raffinatamente armate, da valere ogni loro soldato un
battaglione di vent'anni fa; impotenti i secondi a fondare
una vera repubblica, cioè federale come la svizzera e
l'americana, e a compiere le riforme sociali, sola missione
che possa avere una repubblica moderna. Mentono persino i
socialisti, che, pur tanto numerosi e tanto bene organizzati
in Germania, anzichè poter mettere in pratica il loro
programma, debbono ancora, o chinar la testa agli ulani
minacciati dall'imperatore, o limitarsi a lottare, sul campo
ristretto d'un parlamentarismo eunuco com'è il tedesco,
contro un'aumento di spese militari.

La necessità prima, dunque, la più urgente, è quella di
abbattere quelle rupi; e il prender parte all'agitazione di
chi mira a tale scopo è obbligo di ogni uomo che voglia
pretendere il nome di civile, qualunque sia la sua opinione
politica. Poichè, egli non può accampare il solito sofisma:
«esser la guerra una _necessità storica_» dovendo parergli
evidente che le _necessità storiche_ sono un derivato puro e
semplice degli ambienti sociali; sicchè, se in tempi dal
giure ristretto, quasi ancor schiavo della forza, poteva
esser necessità il mantenimento della guerra, nei nostri,
dal giure allargato, cioè capace di surrogarsi ai metodi
arcaici della forza, diventa appunto necessità storica la
sua abolizione.

Nè queste ragioni son di quelle, come si suol dire, campate
in aria; no; poichè già abbiamo popoli che ce le mostrano
ogni dì in pratica, quali la Svizzera e gli Stati-Uniti,
che--per consenso universale,--sono a _fatti_ più innanzi di
noi nei metodi di civiltà.

Ivi la donna (pietra ai paragone, questa, per i popoli e per
gli individui) è meglio trattata; non da mercanti di schiave
truccati da cicisbei, come da noi, ma da galantuomini:
nell'educazione, nelle leggi; tantochè essa può sperarvi
molto meno lontana la propria compartecipazione alla vita
politica. Il fanciullo più amato, non vezzeggiato soltanto.
Il debole meno schiacciato dalla forza brutale, da balzelli,
dal caro dei viveri, dalle fiscalità.¹ Il giure così
perfezionato da render sacra l'ospitalità ai perseguitati
politici. L'istruzione diffusa, larga, popolare. E,
finalmente, i partiti politici, base prima della vitalità
d'un popolo, nettamente definiti; non essendovi possibilità
di confusione là dove tutte le opinioni possono essere
ampiamente discusse, non soffocate da quei cannoni, i quali,
come argutamente disse Filippo Turati, «hanno sì le bocche
rivolte al confine, ma sparano dalla culatta».

    ¹ Negli Stati-Uniti le leggi obbligano il Governo a non
      far lavorare più di 8 ore tutti i suoi impiegati ed
      operai; colà non esiste il terribile _libretto_ degli
      operai, il salario dei quali è, in media, 4 volte
      maggiore di quello d'un operaio italiano, mentre i
      viveri vi sono più a buon mercato che in Italia; colà
      finalmente gli operai sono armati, tantochè, prima di
      porsi in sciopero, gli operai di Homestead poterono
      esercitarsi alle armi liberamente su piazze pubbliche,
      preparandosi alla difesa!

                             *

Poichè è bene intenderci: Coloro che accusano gli amici
della pace di voler ridurre gli uomini ad esser conigli o
capponi, non possono essere che sciocchi o gente in mala
fede; l'opera degli amici della Pace mirando appunto
evidentemente allo scopo diametralmente opposto.

No, non contro la _difesa_ delle genti, ma contro l'offesa,
muove la propaganda degli amici della Pace, dei demolitori
dei grandi eserciti; essa mira, non a togliere le armi che
ognun può impugnare a propria salvaguardia, ma a sciogliere
la coalizione delle armi fatta a danno di tutti; non a
toglier la rivoltella a chi deve attraversare un bosco, ma a
strappar i tromboni dalle mani dei briganti che attendono al
varco.

Ciò è tanto evidente, che gran parte della loro propaganda
ha per argomento la _Nazione Armata_ e che i migliori loro
uomini, come il Colajanni, ad essa dedicano attività di
studi indefessi[1] volgarizzando, sì, l'odio all'arme
liberticida, disumana, ma, in pari tempo, l'amore all'arme
che si brandisce per il diritto; dimostrando a luce
meridiana, che, perchè la guerra non sia, occorre che
_tutti_ abbiano un arme; che quello delle armi non deve
essere un mestiere, ma un diritto; che padrone dell'armi
deve essere soltanto il popolo, la collettività, non una
parte sola di esso; che la sola forza di un paese sta nel
programma: «Tutti militi, nessun soldato» La qual cosa
accade appunto nella Svizzera; laddove, (secondo gli stessi
scrittori appartenenti ad eserciti permanenti) non solamente
lo spirito militare è senza paragone immensamente più
sincero, la mobilitazione più facile, la difesa sacrosanta
della patria più sicura; ma la pace vi è naturalmente
mantenuta, poichè ogni infame idea di conquista, cioè di
aggressione alla patria altrui, vi sarebbe impossibile, chè
gli stessi cittadini si solleverebbero contro a colui che
osasse loro proporla, adoperando così quelle loro armi non
per la guerra, ma contro alla guerra. Forte popolo, forte
davvero, perchè fornito del buon senso di quel barcajolo,
(di cui, forse, leggerete più innanzi) il quale, interrogato
se in certo viaggio dovevasi portare una spada, che pur
aveva servito a orribili gesta, esclamava:

    Un arme?... Sempre!... Finchè è tristo il mondo!

    ¹ Vedi _Rivista Popolare_ fascicoli III, IV e V.
      (Luglio--Settembre 1893)

                             *

Chi non vede queste cose è un cieco; chi le vede e le nega è
un iniquo; chi, giudicando l'età presente alla stregua delle
passate, va predicando che i «bagni di sangue» sono
_necessità storiche_ è un rètore; chi crede che l'umanità
potrà progredire,--cioè perfezionarsi fisicamente e
moralmente, strumento vivo (nelle mani d'una forza ignota)
la cui missione è di debellare la materia colle scienze,
colle arti, con ogni umano ingegno--senza sciogliere prima
la coalizione degli eserciti, senza prima escludere le cause
d'ogni terrore, d'ogni inciampo, d'ogni indebolimento,
d'ogni impellente menzogna giornaliera, che la obbliga a
vivere nel minuto e non nel tempo,--costui è un visionario;
chi odia la guerra e non offre, per quel che vale, la
propria forza a coloro che si agitano per abolirla, è un
vigliacco.

E poichè in memoria di quell'uomo veramente civile che fu
Francesco Siccardi, l'_Unione Lombarda_ fece appello agli
scrittori italiani per un opera letteraria, che rispondesse
e giovasse ai suoi ideali, io credetti mio dovere di
scrittore e di uomo civile di rispondere a quell'appello
presentando al pubblico questo _poema drammatico_.

                             *

E qui, certo, qualcuno esclamerà: «Un poema drammatico!...--Ma
credi proprio tu, che questa fosse la miglior forma letteraria,
che potevi scegliere, specialmente a questi lumi di luna di
verismo, e specialmente ora (e si può dire da molti anni) che
i versi trovano, sui palcoscenici e nelle platee, avversari
così numerosi e quasi nessun amico?»

In parte rispondo nel _Prologo_ a queste osservazioni. In
linea generale rispondo quì:

Il temperamento letterario italiano è innegabilmente lirico:
lo provano le schiere innumerevoli dei nostri musicisti; lo
prova il fatto, che, non soltanto furono e sono poeti due
terzi almeno dei nostri grandi scrittori, ma poeti furono
altresì la maggior parte dei nostri grandi uomini; che poeti
furono: e scultori come Michelangelo, e pittori come
Salvator Rosa, e principi come Lorenzino De-Medici e
Vittoria Colonna, e prosatori come Boccaccio, e statisti
come Macchiavelli, e matematici come il Vinci; e furon
persino uomini di governo Dante stesso ed Ariosto.

Aggiungasi l'attitudine al verso ed al canto delle nostre
plebi; la devozione con cui, a Napoli, a Palermo, a Roma, il
popolo oggi ancora sta a sentire i declamatori della
_Gerusalemme_ e dell'_Orlando_; i molti poeti vernacoli
d'ogni provincia d'Italia (notate: quasi nessun prosatore
vernacolo!) cioè i poeti più ingenui, direi quasi più
indigeni, fra i quali molti sommi davvero e innegabilmente
eguali, se non superiori, a poeti e scrittori nella lingua
nazionale, come il Porta, il Meli, il Belli.

Che più!--Dopo tante lotte e tanti trionfi alterni di
classici, di romantici, di veristi, ecc.; dopo tanta
letteratura di indole così varia e così mirabile, che ci
venne d'oltr'alpi, il temperamento lirico degli italiani è
rimasto tal quale; sicchè si può affermare con sicurezza che
basta ricordare i _Sepolcri_ del Foscolo, tanto al più
raffinato critico guanto al mediocrissimo dei lettori
d'Italia, perchè la loro ammirazione scoppi egualmente
sincera, come se tutta l'intima loro natura si risvegliasse,
non sminuita neppure dal giusto tributo offerto ad altre
forme letterarie nostrali o forestiere che sieno.

                             *

Ma il temperamento italiano non soltanto è lirico, è altresì
teatrale.

I nostri musicisti, infatti, sono quasi esclusivamente
operisti; l'opera, anzi, è nata qui. Il risorgimento
delle lettere vi dà, addirittura ai primordi, commedie
dello stesso Macchiavelli e di Bruno, insuperate ancora
nell'arditezza. Il poema di Dante si chiama _Commedia_!
Decisamente il teatro noi italiani l'abbiamo nel sangue,
se--come alla lirica--statisti e filosofi al par di quelli,
gli dedicano parte della loro vita.--L'abbiamo tanto nel
sangue, che gli anglo-sassoni ci chiamano persino una
«nazione teatrale».--Al che si potrebbe rispondere:
che l'indole d'ogni popolo è fatale, ed ognuno--anche
l'anglo-sassone--ha la propria, coi suoi difetti e colle sue
virtù, colle sue esagerazioni e coi suoi equilibri. Ma si
potrebbe soggiungere: che, per noi, il conservar questo
temperamento teatrale è quistione anche di gratitudine;
poichè esso ebbe la benefica influenza di tenerci vivi, nel
mondo e fra noi, quando lo straniero ci schiacciava; quando,
cioè, non potendo combattere battaglie, Guerrazzi scriveva
dei libri, sì, ma, sulle scene, Goldoni era in fiore, e vi
risonavano le melodie di Rossini, di Donizetti, di Bellini,
di Verdi e i versi di Alfieri, di Niccolini, di Manzoni e di
Romani.

Quanto al gusto, alla moda odierna, mi sembra esagerata
l'affermazione di coloro, i quali ritengono che al pubblico
ripugni il verso sulla scena drammatica.

Al pubblico ripugna soltanto la monotonia, e piace la
varietà. Il verso gli venne in uggia quando se ne abusò,
come gli venne in uggia la commedia a tesi, e come sta per
venirgli in uggia la _pochade_ per lo stesso motivo.--Ma
già, nel _Prologo_, accenno a queste cose; qui mi sia
concesso di osservare: che i fatti danno torto, anche nel
presente, a quella affermazione; poichè, laddove il verso
compare ancora sulla scena drammatica (e non son rare le
volte) purchè vi compaja come varietà e non come consuetudine,
e purchè gli attori siano eccellenti, il pubblico, specialmente
la classe popolare, affolla ancora il teatro più dell'ordinario.

L'esser poi tali rappresentazioni quasi esclusivamente fatte
appunto dai migliori attori, dimostrerebbe che esse
richiedono maggior ingegno e maggior studio; cioè, che sono,
in linea d'arte, d'una _lega_ superiore alle ordinarie;
sicchè sarebbe ignobile cosa, non solo il prestar ajuto al
pregiudizio che le avversa, ma il non affrontarlo.

                             *

Dato adunque quest'evidente temperamento lirico-teatrale
del popolo al quale io volevo rivolgermi, e del quale
io sono parte, dovetti convincermi che avrei fatto opera
disonesta--e di fronte ad esso e di fronte a me medesimo--col
lasciarmi vincere da quel pregiudizio, il quale, nel rendermi
dimentico delle tradizioni sue, avrebbe tolto a me la più
preziosa e proficua dote d'un'artista: la lealtà; quanto dire:
la franchezza di fare quel che si sente.

E, d'altronde, la forma del Poema drammatico--schiudendomi
l'adito ad uno dei mezzi più efficaci di volgarizzamento
qual è il teatro drammatico,--mi lasciava aperte anche, in
pari tempo, le altre vie letterarie: cioè il _libro_, la
_conferenza_ e la _scena melodrammatica_.

Nulla infatti impedisce ad un poema (fosse pure il
mio)--anzi gli può giovare--di esser letto e ponderato: vale
a dire di poter ottenere il giudicio anche di quel pubblico
più ristretto, è vero, ma più esigente, che non frequenta il
teatro, ma si occupa di cose letterarie.--Quanto al servir
di conferenza, G. Giacosa, colla sua _Challant_, ha
dimostrato che in Italia non manca il pubblico da ciò.

Circa la possibile rappresentazione del mio poema
le migliori assicurazioni mi furono date da eminenti
attori:¹ e A. Ghislanzoni e molti musicisti mi tolsero
ogni dubbio riguardo la sua possibile riduzione
a melodramma, e alcuni maestri di musica, anzi, mi
espressero già il desiderio di mettersi al lavoro.

    ¹ Giovanni Emanuel mi scriveva: «_Non solo credo Nabuco
      rappresentabile, ma, se messo in scena come si deve,
      d'esito certissimo. Figurati con che cuore io te lo
      farei se stessi in Italia, ma debbo ripartire per
      l'estero.... e tu sai perchè! In Italia, pur non
      essendo degli ultimi, ed essendo, in ogni caso, fra
      gli studiosi e coscienziosi artisti, non riesco a....
      E dire che ci starei tanto volentieri in questa Italia
      bellissima!... Il mio sogno era di far quattrini in
      America per poi tornar quì a dedicarvi all'arte nostra
      tutta la mia vitalità e la mia esperienza... Ma.... è
      un sogno ancora!... Basta.... lasciamo le geremiadi.
      Ti auguro un gran successo_».

      Mi permetto soggiungere che _Nabuco_ verrà
      rappresentato dalla nuova compagnia di L. Pilotto e di
      E. Zaccone.

                                  *

Non tacerò che, oltre le tradizioni del temperamento del
popolo al quale io dovevo rivolgermi; oltre l'onestà mia di
scrittore, che mi obbligava (anche per il mio meglio) a
seguire la forma che sentivo dippiù; oltre lo scopo, non
ignobile, parmi, d'andar contro ad un pregiudizio; oltre il
criterio, che la forma del poema poteva darmi adito
all'opinione pubblica per mezzo di ogni esplicazione
letteraria--libro, conferenza, dramma, melodramma;--
specialmente questo pensiero «di poter sposare alla musica
l'opera mia» mi decise e determinò.

Herbert Spencer ha ragione: «la musica è linguaggio
Universale.» Ed è perciò, che, dacchè l'umanità tende ad un
ravvicinamento, ad un raggruppamento di tutte le sue forze
verso quell'alta armonia di perfezione, che consiste nel
maggior dominio possibile della materia (vale a dire nella
maggior possibile felicità derivante da giustizia), la
musica, presso le società antiche negletta, desta
un'attrazione sempre più viva. Nessuna arte, adunque, più
della musica,--più di questo linguaggio universale, che ha
la magìa di commovere del pari facilmente uomini di
disparatissimi paesi,--è meglio adatta a sposare l'idea
universale che ispira il mio poema. Pensiero e linguaggio,
allora, troveranno la loro completa forma artistica.

Certamente un poema non può essere un trattato, un volume di
dati statistici. Trattati e dati statistici avranno il lor
posto, del resto, nella _Collezione_. Ora è un'opera d'arte
soltanto; ed essendo tale, mira, come il _Proximus tuus_ di
A. D'Orsi, più che a risolvere una quistione, a tenerla
viva, a chiamar a raccolta tutti coloro nei quali sta il
germe della risoluzione.

«_La strofa d'oggi sarà un'articolo di codice domani_»
scriveva A. Ghislanzoni.

Sicchè l'opera mia,--per quel che vale,--avrà raggiunto il
proprio scopo, se susciterà, almeno in un solo dei suoi
lettori e ascoltatori, il desiderio di passare, eccitato
dalla strofa, al campo del codice,--dal sentimentale al
positivo;--il desiderio, cioè, di studiare gli scritti, che
uomini eminenti, come il Siccardi, dedicarono a questa
nobilissima causa.



ALLA MIA PALMIRA



IL POEMA



    PERSONAGGI


    IL PROLOGO
    NABUCO
    DAÌRA
    ARGIASP
    ZALA
    JEROBOÀM,     Esseno
    AFRAISAB,     gigante

    KUNAREND      |
    BÈRHAM        |
    DARAB         |
    GHEV          | Capitani

    BALTAZÀR      |
    FASKUN        |
    LORASP        |
    TOGHRUL       |
    GURGHIN       | Cortigiani

    NUSHÈH        |
    MAHAFERID     |
    GERIRÈH       | Dame

    EFRAIM,       schiavo ebreo
    JERAK,        mago
    ORMUZDE,      battelliere

Soldati--Satrapi--Sacerdoti--Schiavi medî, egizi, sciti,
ebrei--Dame, Danzatrici, Citarede.

_A Babilonia.--600 a. C. circa_.



                     PROLOGO


  Io sono il vecchio Prologo, ma vecchio
    Così per dir; poichè l'Arti non hanno
    (Ed il Teatro, mio padron, con esse)
    Un'età. Ben lo so: la moda e il gergo
    Dei critici, talor, sembrano imporre
    All'Arti Belle coll'età un costume....
    Ma ridon l'Arti di critici e mode!
    Figlie d'un Vero, che Finzion si chiama,
    Piace ad esse vestir gli idoli e l'are
    In varie foggie. Ad ogni nova foggia
    I critici invasati afferman «quella
    «Esser la sola che accettar si debba».
    Ma ancor finito d'affermar non hanno,
    Che i devoti s'annojano, esclamando:
    «_O classici, o romantici, o veristi,
    «Siete uguali per noi!... Se mutar foggia
    «Vi garba,... meglio!... A noi basta del Nume
    «La presenza sentir!_»

                          Ond'è, signori,
    Che il buon pubblico ancor del pari ammira
    Goldoni e Shakespear, Ibsen e Labiche;
    Nè, forse, gli dorrà che sia poema
    Questo spettacol scenico, per l'alto
    Concetto suo.

                  Lagrime e sangue grondano
    Della Storia le pagine; e di tante
    Vittime e tante, che immolò la guerra,
    Ignoto è il nome; sol vive il ricordo
    Dei più truci carnefici.--Felici
    Furon costoro almen?--No!--Dell'umana
    Letizia fecondar non può le ajuole
    La rugiada del sangue.--Da quei campi,
    Ove sepolti i cadaveri a mille
    A fior di terra stanno, o abbandonati
    Tra solchi immondi, un vibrïon s'aderge
    A vendicarli!--E te, forse, alla gola
    Ghermì a Sedan, o Federico, o biondo
    Imperator, che pur mite nascesti;
    E te, o Nabuco, al cerebro ghermìa.

  Or dunque, o genti, perchè ancor vorreste
    Esser vittime voi, se neppur dànno
    Felicità ai carnefici quel sangue
    Che per lor voi versale, e quelle lagrime
    Che versano per voi le vostre donne?
    Qui Nabuco evochiamo; ed egli stesso,
    Egli, l'orrendo sacerdote antico
    Di questa orrenda religion dell'armi,
    Urli e ripeta colle labbra sue:
    «Anatèma alla guerra!»

                                         Del poeta
    Questo il pensiero,--A lui, siate cortesi.



                    ATTO PRIMO

_Nella reggia di Babilonia.--Grande atrio in
fondo.--Al di là dell'atrio vasto terrazzo, dal
quale, per uno scaleo, si scende al cortile
d'onore.--Il trono a destra, verso il
proscenio.--Sul trono lo scettro e la corona._



                     SCENA I

                 DAÌRA e ARGIASP

(_Daìra vien frettolosa dalla destra, in
fondo--Argiasp l'insegue_).


                     ARGIASP

  Perchè sempre mi sfuggi?

                      DAÌRA

                          E perchè sempre
    Mi segui tu?...--La figlia di Mitràne
    Io sono; di colui, che fra i nemici
    Fu di tuo padre.

                       ARG.

                    E n'hai tu colpa?...

(_dopo averla amorosamente fissata un istante,
prendendole una mano_)

                    Vuoi
    Esser mia sposa?

              DAÌRA (_ritraendosi_)

                     No....

                       ARG.

                            Chi preferirmi
    Dunque potresti?...--È vero, io re non sono;
    Ma Nabuco, partendo, a me affidava
    Il poter suo; sicchè nessun m'è eguale.
    Polvere son gli umani eventi. Il soffio
    Del destin li sconvolge e li rimuta!
    È Nabuco lontan; per lui qui stanno
    La lealtà d'Argiasp, i parassiti
    Della sua stirpe, e l'eco affascinante
    Delle vittorie sue.--Ma s'ei morisse?...
    S'io lo tradissi?... Se, genìa mal fida,
    Dei cortigiani il gregge a un re novello
    Rivolgesse la fronte, e la vittoria
    A lui le terga?--Qual sarebbe allora
    La tua sorte, o fanciulla?...--Io sol salvarti
    Potrei.... se m'ami....

                      DAÌRA

                           E s'io non t'amo?

                       ARG.

                                             Ha l'odio
    Ardenti impeti in me come l'amore!

                      DAÌRA

    E sia. Dunque al tuo amor dica il tuo odio:
    ch'io non lo voglio; e all'odio tuo l'amore
    Risponda: ch'io non so temerlo.

            (_fa atto d'allontanarsi_)

                       ARG.

(_le prende un lembo della veste per trattenerla e,
inginocchiandosi, lo bacia_).

                                   Ah.... no....
    Fèrmati!

                      DAÌRA

            Addio!

(_Essa gli strappa il lembo dalle mani e scompare
per lo scaleo, mentre, a destra, sopravviene Zala_).



                     SCENA II

                  ARGIASP--ZALA


             ARGIASP (_in ginocchio_)

                   Io maledico, o Sole,
    Al tuo splendor!... Di qualche torvo incanto
    La preda io son, perchè ai suoi piedi io possa
    Così strisciar!

                       ZALA

                   E tu esser re dovresti!

                ARG. (_alzandosi_)

    Non l'han voluto i Numi eterni....

                       ZALA
                                      I Numi
    Stan coi forti soltanto! Ancor Nabuco
    È lontano, fratello.

                       ARG.

                        E la mia fede
    Sacra.

                       ZALA

           No.... infame!... Poichè infame è quella
    Che un figlio giura, del padre obliando
    Le lagrime e la morte!

                       ARG.

                          Io non dovea
    Forse giurarla; ma giurarla volli,
    E, sacra o infame, la terrò.

                       ZALA

                          Stoltezza!
    Satrapo di Nabuco esser non puoi
    Tu, che suo re nascesti; e, re, è tuo dritto
    Stringer fedi e dissolverle.--Ma spense
    Adunque in te della lascivia il fango
    Ogni scintilla di memoria?--Sei
    Tu mio fratello?...--Fu una carne istessa
    Quella che ci creò?--Perchè non io
    All'armi nacqui e tu ai femminei vezzi?

              (_additando il trono_)

    Ah,... guarda.... là!--L'ultima volta il padre
    Noi là vedemmo; noi, bimbi tremanti
    Colle catene ai polsi!... Ei rantolava
    Nell'agonia suprema, e si torceva,
    Pallido come pario marmo, gli occhi
    Sbarrando intorno!... E, dall'aperta gola,
    Colava il sangue! Il suo prezioso sangue!...
    Il sangue nostro!...--Giù colava a fiotti;
    Giù, sovra il petto; giù, sui fregi d'oro;
    Giù, sulle gemme, come rosso serpe;
    E dilagava a terra, ove vincea
    Il color delle porpore!--Ah, potessi
    Viva evocar l'abbominevol scena!
    Far che nell'aria risonasse ancora
    Quel rantolo! E, dal suolo, ove alla figlia
    D'un carnefice suo tu ti inginocchi,
    Raccôr potessi di quel sangue un grumo
    Per gettartelo in volto!

          (_Acclamazioni in lontananza_)

                            Or quali grida?



                    SCENA III

                   DAÌRA--DETTI


                      DAÌRA
           (_dallo scaleo, accorrendo_)

    Oh, la lieta novella!... Il re è tornato!

                     ARGIASP

    Il re?...

                       ZALA

              Nabuco?

                      DAÌRA

                     Si.... Fa ressa, intorno
    Ad un drappel di cavalieri, il popolo
    Alla porta di Belo.--«Il re ci segue!»
    Gridan essi, «Lasciateci alla reggia
    Recar l'annunzio!»--Ma la folla chiude
    A loro il passo, colle mille bocche
    Mille domande a lor volgendo.

                       ARG.
           (_fra sè, osservando Daìra_)

                                 Lieta
    Mai la vidi così!

                       ZALA
               (_piano ad Argiasp_)

                     Tutto è perduto!
    Va.... T'affretta.... Ti prostra!... Io, nella reggia,
    Ove nacqui, l'attendo.

            (_s'allontana a sinistra_)



                     SCENA IV

                  DAÌRA--ARGIASP


                      DAÌRA
(_a Argiasp, che muove verso lo scaleo, andando a lui_)

                          Teco, Argiasp,
     Verrò....

                 ARG. (_ironico_)

              Di non seguirti a me imponevi....
    E me seguire or vuoi?

              DAÌRA (_scostandosi_)

                        No.... Va tu solo!...
    D'un inutil sarcasmo ebbe la pena
    La mia inutil richiesta.... All'occhio mio
    Nulla sfuggir potrà s'io là rimango.

(_indica il terrazzo in fondo e muove ad esso_)



                     SCENA V

DAÌRA sul terrazzo--CORTIGIANI che vengono
d'ogni parte, s'incontrano, parlano fra loro
con concitazione--Fra i cortigiani, BALTAZÀR,
LORASP, FASKUN, TOGHRUL, GURGHIN, NUSHÈH,
MAHAFERID, GERIRÈH--Voci, grida e squilli
man mano più vicini.


                      LORASP
(_accompagnato da Mahaferid, venendo dalla destra, a
Baltazàr, che giunge con Nushèh dal lato opposto_)

    Fulmineo ritorno!

                     BALTAZÀR

                     E ingrato forse
    A molti.

                    MAHAFERID

            A chi?

                      NUSHÈH

                  Meglio d'ognun tu il sai.

         MAHAFERID (_indicando Baltazàr_)

    Io so che insulti i suoi sospetti sono.

          GURGHIN (_incontrando Faskun_)

    Fulmineo ritorno!...

                      FASKUN

                        E trïonfale,
    Gurghin!

                     GURGHIN

            Nè ai canti di gloria e di gioja
    Mancherà la mia voce!

                      FASKUN

                          È dessa stanca
    Forse di mormorar sempre nell'ombra?

                     GURGHIN
           (_con terrore e ipocrisia_)

    O Faskun, tolga Belo che tu mai
    Alla calunnia porga orecchio!

                 (_si lasciano_)

                     BALTAZÀR
              (_incontrando Faskun_)

                                 Muta
    In pecorelle timide i mastini
    L'apparir del leone!

                      FASKUN

                        È vecchia storia!

             (_squilli nel cortile_)

              DAÌRA (_sul terrazzo_)

    Eccolo!... È desso!... Il Re!

                      TUTTI
(_accorrendo al terrazzo, mentre Daìra, pensosa, se
ne allontana_)

                                 Viva Nabuco!

                    MAHAFERID
(_a Gerirèh, mentre osservano entrambe nel cortile_)

    Sta sulla soglia della reggia Zala....

                     GERIRÈH

    A lei si inchina il Re, non essa a lui,...

(_Acclamazioni e nuovi squilli nel cortile_)

                 DAÌRA (_fra sè_)

    S'ei, vedendomi, più non ricordasse
    Chi son, n'avrei troppo dolor!--Nascondermi
    Voglio...

(_dopo aver pensato un momento, come decisa, indicando
a sinistra_)

              Là!... Sì.... Là!... Nel giardino antico,
    Ove, fanciulli, insiem stavam sovente!

               (_come ricordando_)

    Nascosto fra i cespugli, ei m'attendeva,
    Su me piombava e mi ghermìa... mentr'io
    Dicea ridendo: «No... bel leopardo,
    «Alla gazzella tu non fai paura!...»

              (_Nuove acclamazioni_)

    Di rose gialle, a lui sì care un giorno,
    Vo' mandargli un canestro... e, s'ei ricorda
    Quei fiori ancora, a lui n'andrò sicura
    Ch'anche Daìra non può aver scordato!

(_S'allontana rapidamente a sinistra.--Intanto la
scena s'è nuovamente popolata.--I cortigiani fanno
ala allo scalco_).



                     SCENA VI

AFRAISAB, il gigante--KUNAREND, BERHAM,
DARAB, GHEV, poi NABUCO, alla destra del
quale ARGIASP, alla sinistra ZALA. Dietro ad
essi Capitani, Schiavi Medi, Egizî, Sciti, Ebrei.
Fra questi JEROBOÀM e EFRAIM.--Detti.


                     AFRAISAB
(_apparendo dallo scaleo, con voce tonante_)

    Largo a Nabuco il re!

(_Gran movimento--Si lascia libero il passo--Squilli,
rintocchi, canti, acclamazioni, grida in scena
e fuori_),

                      TUTTI

                         Gloria a Nabuco!

                      NABUCO
(_avanzandosi, riconoscendo Faskum, poi Baltazàr_)

    O mio vecchio Faskum.... E tu, tu pure,
    Fedele Baltazàr....

                      BALT.

                       Signor, la gioja
    Mi toglie la parola....

                      LORASP
          (_avanzandosi con Mahaferid_)

                           A noi degnate
    Uno sguardo!

             (_indicando Mahaferid_)

                Mia figlia....

                      NABUCO

                              E tu?

                       ZALA

                                    Lorasp
    Egli è....

                      NABUCO

               Del sangue tuo....

                 ZALA (_superba_)

                                 Sì, il regal sangue
    Di Sàrak!...

                NABUCO (_ironico_)

                È regale la bellezza
    Sempre.... e la forza....

(_Va al trono e vi sale.--Afraisab gli porge lo scettro,
mentre Argiasp gli toglie l'elmo e gli pone sul capo
la corona_).

                      TUTTI

                             Gloria al Re!

                      NABUCO

                                          Le spade
    Or deponiam.--Di Babilonia vinti
    I nemici son tutti. Egizî, e Medi,
    E Sciti, e Ebrei noi le traemmo schiavi;
    E quelle mani, che alla sua rovina
    Volgevan l'armi, or diverranno ancelle
    Della sua gloria; e innalzeranno eccelsi
    Templi ai suoi Numi; e aggiogheranno l'acque
    Dell'Eufrate ribelli; ed in un vasto
    Giardino muteran questo soggiorno;
    E a me, che stringo nel mio pugno il mondo,
    Eleveran statue d'argento e d'oro,
    Che culto avranno come i simulacri
    D'Auramazda e d'Istàr.--Nume son io
    Com'essi!... A terra!... Innanzi a me prostratevi!

                     JEROBOÀM
         (_agli Ebrei che lo circondano_)

    Ah, per Gèova.... no!... no!... Nessun di voi,
    O fratelli, si prostri.

                       ARG.
           (_a Jeroboàm e agli Ebrei_)

                           A terra!

                      TUTTI
                                  A terra,

O schiavi!

                       JER.

    A terra non cadrem che spenti.

                     AFRAISAB
        (_ai soldati indicando Jeroboàm_)

    Ch'ei muoja!

                      NABUCO

                No.... soltanto i forti atterra
    Nabuco!... Ch'egli viva.

                       JER.

                            E più feroce
    Così sei tu,... chè men peggior la morte
    È del vivere schiavi, e vecchi, e ciechi!

                      NABUCO

    Chi sei?

                       JER.

            Jeroboàm, figlio d'Elia,
    Degli Esseni di Kyriat.¹

      ¹ _Kyriat Sefor_ (la città dei libri) mutò il nome in
        quello di Debir, non meno significante, perchè vuol dire
        «seggio della parola e dell'oracolo.»--La si chiamava
        _Città dei libri_, fin dall'epoca di Giosuè.--Un passo
        del Talmud dice: «Vuoi fare acquisto di sapere? Va presso
        i dottori del mezzodì» cioè in quel paese, che sta al sud
        di Gerusalemme ed è limitato a levante dal lago
        Asfaltide, e fu per la Giudea quel che l'Attica per la
        Grecia e la Toscana per l'Italia.--Ivi abitavano gli
        Esseni, che incarnavano il tipo migliore dei migliori
        repubblicani d'ogni tempo, perchè amanti della libertà,
        odiatori dell'accentramento e dell'ipocrisia, miti e
        forti. Filone nel suo libro «_Ogni uomo probo è libero_»
        dice, che si chiamavano Esseni o Essei da una voce
        siriaca, che vale _pio, santo, benigno_, o parla a lungo
        della loro abilità medica, della loro longevità in causa
        del vivere temperato e operoso, delle facoltà profetiche
        che venivan loro attribuite, della loro morale, che
        condannava la schiavitù obbligandoli a servirsi l'un
        l'altro, ad esser proclivi al perdono, e poggiava sulla
        triplice base: l'amor di Dio, della virtù e degli
        uomini.--Il Talmud parla pure d'una scienza segreta degli
        Esseni, per meritare d'esser iniziati alla quale,
        condizione precipua era di saper vincere l'ira.--Il volgo
        credeva che deducessero l'avvenire dai sogni.--Non priva
        di fondamento è l'opinione che Gesù Cristo facesse parte
        di questa nobilissima setta. Conferma appieno questa
        opinione il modo allegorico, figurato (e quasi sempre con
        figure desunte dalla vita campestre) che Cristo ha comune
        cogli Esseni; i quali, com'egli ripete tante volte,
        solevan dire: «I precetti fanno il corpo della Scrittura,
        l'allegoria lo spirito.»--Gli Esseni prendevan parte alla
        vita pubblica, poichè essi non eran asceti, ma uomini che
        accoppiavano il pensiero all'azione.--Flavio e lo stesso
        Alessandro Severo tessono le loro lodi per l'invincibile
        coraggio che mostrarono nell'opporsi all'invasione
        romana; dice il Benamozegh, _Storia degli Esseni_
        (Firenze 1865): «Patirono il ferro, il fuoco e la
        mutilazione dei membri e la morte stessa, senza che una
        sola lagrima venisse a implorare la pietà del carnefice.»

        Chi volesse conoscere meglio gli Esseni legga il
        bellissimo libro di G. De-Castro, _Fratellanze segrete_,
        cui attinsi queste brevi notizie.

                      NABUCO

                           Il tuo nome
    Rammento.--Un dì, quando la prima volta
    Soggiogai la Giudea, chiedendo pace
    Con altri di tua setta a me venisti.
    Quì schiavi, fin da allor, trarvi potevo;
    Ma, affascinato dalla luce arcana
    Dell'intelletto vostro, a voi lasciai
    E vita e libertà, tenue tributo
    Imponendovi ogni anno. Indi all'Egitto
    Rivolsi l'armi.--Or ben qual fu la fede
    Che mi serbaste?--Voi poneste a morte
    Chi, in nome mio, raccogliere dovea
    Il tributo promesso, e me assaliste
    Alle terga. Ma invan!... Vinti gli Egizî,
    A voi tornai;... e, allor, pietà non ebbi.

                       JER.

    Noi trucidammo il messo tuo, che insulti
    Lanciava al Tempio; e i tuoi guerrieri, a mille,
    Trucidarono a noi donne e fanciulli!
    Ascolta!... Ascolta!... A me crescea d'intorno,
    Come campo di spiche rigoglioso,
    Una vasta famiglia. Eran canzoni
    Di robusti pastori; erano nenie
    Di belle madri dal rigonfio seno;
    Eran trilli di bimbi, a me avvinghiati
    Nell'impeto talor di affettuosa
    Festività infantil, sì ch'io sembravo
    Grappolo enorme dagli acini lieti
    Riboccanti di succo!...--Io non li vidi
    Perir pugnando i miei gagliardi figli,
    Ma, morti, a me furon recati!... Vidi,
    Ahi, vidi, sì, sotto ai miei occhi, preda
    Dei tuoi soldati, le mie donne, urlando,
    Invocare la morte, e benedirla
    Quando, dal petto lor, col sangue e il latte,
    Dalle larghe ferite uscia la vita
    E l'ignominia era compiuta!... E vidi
    I miei bambini palpitar sbranati
    A me dinnanzi.... E udii l'orrendo schianto
    Delle piccole teste alle pareti
    Fra le risate.... E mi sentii sul volto,
    Sangue del sangue mio, mia carne istessa,
    I cerebri schizzarne!... Ah, tanto io piansi
    Da quel tremendo dì, che gli occhi miei
    Più lagrime non han,... non han più luce!

                NABUCO (_ironico_)

    Dio vendicò quel dì gli Amaleciti!

                       JER.
              (_con grande impeto_)

    Sul capo tuo cada il lor sangue e il nostro!
    Iddio giudicherà!

                      NABUCO

                     Non più!... Nabuco
    Responsi attende dalla propria spada
    Soltanto....

                    (_pausa_)

                 Alle sue cure ognuno ritorni.
    Alla pena gli schiavi; ai vezzi loro
    Le donne; ai riti i sacerdoti; ai balli
    Ed ai conviti chi il piacere adora;...
    E ai suoi pensier Nabuco.

(_Tutti si allontanano.--Scende la sera.--Presso
lo scaleo viene accesa una lampada_)



                    SCENA VII

             NABUCO solo, sul trono.


               NABUCO (_cupamente_)

                              E di Nabuco
    Sono i pensieri, ahimè, i nemici soli
    Ch'egli teme!...--La terra e il mar son vasti;
    Ma, ad averne l'imper, basta una spada!
    Oro, gloria, poter:... facili prede
    Di volgari nature! Io li posseggo,
    E non son lieto!...--Anch'io ringhio ed addento,
    Come il mastin, se alcun li tocca.... Il suo
    Brandel di carne esso difende, ed io
    Il mio frusto d'impero.... Eppur, s'accheta
    Il mastino satollo;... ed io non trovo
    Riposo invece!... Un mendico, che geme
    Agonizzante per eterna fame,
    Sta in me Nabuco onnipossente: e invano,
    Per sazïarlo, io gli gettai finora.
    Cento vittorie, e cento regni, e il mondo!...
    Ei sempre grida: «_No! Non questo cibo
    Mi sazia!..._»

(_Depone la corona e lo scettro--A poco a poco notte completa_)

                  Ora vediam: Tutte le cose
    Hanno una forma ed un mister: mutare
    Noi la forma possiam; ghermir l'arcano
    Mistero.... forse!....--Ogni volgar natura
    Della forma si sazia; ogni divina
    Sazierebbe il mistero?... Io del mistero
    La conquista tentar dunque dovrei?
    Oh, l'immane fatica!... In suo confronto
    Gioco mi par di cerretani quella
    Che già compii....

(_alzandosi, come allucinato e come parlasse a un fantasma
che sta in lui_)

                                 Ma, orsù, rispondi: «_È questo
    Forse il cibo che chiedi?_»

(_come dando ascolto e come ripetendo parole che gli
giungono vagamente_)

                               È questo!... È questo!

(_con un grido, ergendosi della persona_)

    All'opra, dunque!... All'opra!

(_ricade accasciato sul trono, momento di pausa_)

                                  Ahi, quante volte
    Io fin qui giunsi.... e poi caddi spossato!
    Non dell'armi il valor quì la vittoria
    Può darmi! E, lo potesse, ad ogni cosa
    Dovrei muovere battaglia; poichè ognuna
    Ha il suo mistero!... E, li vincessi tutti
    Della terra i misteri, in alto io volgo
    Lo sguardo....

(_fissa lo sguardo in fondo, dove appare il cielo stellato_)

                   Il ciel tutto si ingemma d'astri....
    Ed ogni astro è una sfida.

            (_alzandosi, con impeto_)

                              E sia!... Degli astri
    Alla conquista!

             (_ricadendo accasciato_)

                    E come?... Son lontani....
    E ignota è a me la forza, che potrebbe
    Fino ad essi sospingermi!--La forza?
    Che è dessa mai?.... Quella d'Afraïsàb,
    Che cento affronta e uccide o fuga; o quella
    D'Jeroboàm, che, vinto, parla.... e vince
    Me, Nabuco? È la mia, che il mondo doma;
    O quella dei sapienti di Giudea,
    Che affascinò la mia?

         (_scende dal trono e passeggia_)

                         Popolo grande
    Dagli ermetici libri e dai profeti
    Che leggono nei cieli....

(_come stanco va a sedere sui gradini del trono_)

                             «A re Nabuco
    «Gloria!»... E Nabuco è un bimbo che si affanna
    Per un balocco che gli vien negato,
    E quei che ha già farebbe in pezzi!

(_si copre il volto colle mani.--Pausa.--La luna
sorge; un suo raggio penetra dal fondo_).

                  VOCE DI DAÌRA
      (_che s'avvicina, a destra, cantando_)

  La rosa gialla come l'or risplende;
    Essa alla pesca il profumo involò;
    Sicchè del frutto il desiderio accende,
    E pesche vuol chi rose gialle amò!

                      NABUCO
         (_fra sè, sollevando il volto_)

                                      E canta
    Costei!



                    SCENA VIII

                 DAÌRA e NABUCO.


                      DAÌRA
(_viene dalla destra e fa per attraversare il terrazzo
--Ha un lembo della veste rimboccato,--Canta._)

  O rose gialle, o belle rose gialle!

(_essa giunge dove cade ti raggio di luna_)

                      NABUCO
       (_riconoscendola, accorrendo a lei_)

            Daìra!....

(_l'afferra la porta sul trono, e poscia siede ai suoi
piedi_).

                      DAÌRA
    (_dando un grido, poi ravvisando Nabuco e ridendo_)

                      No, bel leopardo
    Alla gazzella tu non fai paura!

            NABUCO (_contemplandola_)

    Sempre la stessa!

                      DAÌRA

                     Me Nabuco, adunque,
    Il gran re, ravvisò si tosto?

              NABUCO (_sorridendo_)

                                 Errai....
    Tu Daìra non sei:... quella Daìra
    Ch'io conobbi bambina.... Tua sorella
    Certo ella fu!...

                      DAÌRA

                     Di lei men bella io sono
    Forse?

                      NABUCO

          Oh.... molto dippiù!

                      DAÌRA

                              Tu pur non sei
    Il Nabuco d'allora!... Egli era forte,
    È vero, come te;... ma il volto avea
    Pallido e delicato.--Oggi di bronzo
    Quel volto par....

                      NABUCO

                      Di quel Nabuco io sono
    Men grato a te?...

                      DAÌRA

(_abbandonando il lembo della veste e lasciando cadere
su Nabuco le rose gialle che vi teneva raccolte_.)

                      Prendi!

         NABUCO (_con grande allegrezza_)

                             Ah.... Le rose gialle!...
    Le mie rose!...

                      DAÌRA

                   Ed è ancor l'istesso cespo
    Che le fiorì!

              NABUCO (_sorridendo_)

                 Fra l'ultime, ch'io vidi,
    E queste.... quanti eventi per Nabuco!
    E per te?...

                      DAÌRA

                Nulla.... Ah, si.... Le rose!... Avvolta
    Nel mio mantello, ad esse, nell'inverno,
    Io ne andavo ogni giorno, a preservarle
    Dall'insulto dei venti e delle brine;
    Poscia, al tornar di primavera, quante
    Assidue cure per toglierne i bruchi
    Delle piante carnefici!--Giungea
    L'estate.... Oh, allora, il mio trionfo!...--Sola
    Colle mie rose dall'alba al tramonto
    Sempre restavo, corone e ghirlande
    Tessendo all'ombra.--Sovente la notte
    Ad esse ne venia.--Oh, come acuti
    Son gli olezzi dei fiori nella cheta
    Oscurità notturna!... Io, per arcana
    Voluttà, ne fremevo!...--Ahimè, l'autunno
    Tutto spogliava il mio roseto.... ed io
    Cader vidi talor, calda rugiada,
    Sulle foglie disperse a me dinnanzi,
    Qualche lagrima,... ch'io non comprendea
    Quale dagli occhi mi spremesse vaga
    Ineffabil mestizia!

         NABUCO (_sfogliando delle rose_)

                       Il mio rosajo
    Era la guerra; e a sorvegliare il campo,
    Chiuso nel mio mantello, anch'io ne andavo
    Nel verno; io pur temer dovea gli assalti
    Coi novi soli; ed a me pur l'estate
    Apportava trionfi, e tetri giorni
    L'autunno!... Dunque hanno vicende eguali
    Rose e battaglie!--Ami tu ancor le rose,
    O mia Daìra.

                      DAÌRA

                Sempre!

                      NABUCO

                       Io le battaglie,
    Ahimè, non amo più.

                      DAÌRA

                       Lieta ne sono....
    Così qui resterai.... E, se la brama,
    Te ne riprende,... ebben.... t'offro le mie!
    I bruchi ucciderai!...

                NABUCO (_ridendo_)

                          Ah.... Ah.... Nabuco
    Debellator di bruchi!...--E sia!... Mutato
    Non sarà forse il mio destin sì tanto
    Come appar sulle prime! Bruchi anch'essi,
    Inver, gli uomini son!... Poter, ricchezza,
    O voluttà,... ciascun vuol la sua rosa!

                      DAÌRA

    Or dunque, vieni.--Del giardino antico,
    Quando la luna vi piovea, ricordi
    Gli incanti?--Or vedi: alta è la luna, e, sovra
    I cespi, a mille s'aprono le rose.
    Io di là vengo, nè mi parve mai
    Così pieno di fascini!... La luna
    Vuol che le rose d'or sembrin d'argento;
    Ed esse a lei rimandano indorati
    I raggi suoi....

                      NABUCO

                    È una battaglia!

                      DAÌRA

                                    Quello,
    Dunque, è il tuo posto!... Vieni....

              NABUCO (_baciandola_)

                                       Oh, la gioconda
    Mia Daìra d'un tempo!

                      DAÌRA

                         Io la sorella
    Ne sono....

                      NABUCO
     (_allacciandole d'un braccio la persona_)

               Ebben tu come lei mi piaci!

         (_s'allontanano per lo scaleo_).



                   ATTO SECONDO

_Bosco in riva all'Eufrate.--Agli alberi stanno appese
delle arpe.--Diverse capanne.--Quella di
Jeroboàm, in mezzo, ai piedi d'un albero.--Fra
tronco e tronco, si vede, poco lontano, scorrere il
fiume, e, sulla sponda opposta, biancheggiare degli
edifici in costruzione_.



                     SCENA I

JEROBOÀM, seduto presso alla propria capanna.--
EFRAIM alla sua destra.--Intorno siedono
gli schiavi Ebrei.--Poi alcuni Aguzzini.


                       JER.
         (_come continuasse un racconto_)

  E poscia, in sogno, mi parea con voi,
    Cieco qual sono, di fuggir tra i monti
    Verso la patria. Al fianco mio venivi,
    Sostegno e guida tu, Efraìm.--Dicevi:
    «Fra poco il giogo toccherem!... Là giunti,
    «Noi rivedrem il suol di Galilea!»
    Ed ecco uscir da tutti i petti un urlo
    E il popolo sostar. Ond'io ti chiesi:
    «Che avvenne?»--E tu: «Oh, l'infausto portento!
    «A precluderci il varco a un tratto è sorto
    «Un colosso di bronzo!»--Allora ai miei
    Occhi tornò la luce, e ch'esso avea
    Di creta i piedi io vidi.--Una pietruzza
    Raccolsi e la lanciai....--Ero lontano;
    Debole al par del braccio d'un fanciullo
    Era il mio braccio;... eppur colsi nel segno!
    Sicchè il colosso tentennò, poi cadde,
    E rovinò giù per l'erta montana
    Come neve spezzandosi ai macigni.

                      EFRAÌM

    È una promessa questo sogno!

                 ALCUNI AGUZZINI
       (_irrompendo, sferzando gli ebrei_)

                                Schiavi,
    Al lavoro!... Al lavoro!...



                     SCENA II


                  JEROBOÀM solo.
      (_sempre seduto ai piedi dell'albero_)

                               O d'Israele
    Arpe sospese sul mio capo; o nidi,
    Da cui sono fuggiti i lieti canti,
    Simili a rondinelle nell'inverno,
    Dacchè su noi piombò l'ira divina;
    Io non m'inganno, no,... sento che l'aria,
    Spirante adesso tra le vostre corde,
    Più non vi desta gemiti e lamenti!
    Una melòde piena di dolcezza
    Piove da voi dentro l'anima mia....
    E mi sembra che parli di perdono!



                    SCENA III

       JEROBOÀM--ZALA--ARGIASP, dal fondo.


                       ARG.

    Alla reggia torniam.... Lottar che giova
    Contro i destini?....

                       ZALA

                        Ah, no!... Lo stesso sangue
    Non scorre in noi, che vil troppo o bugiardo
    Nato tu sei!--Vil, se credevi incendio
    Quell'amor, che soltanto era scintilla;
    E bugiardo, se tal tu lo sapevi
    E fingevi con me!--Poich'io comprendo
    Chi trema innanzi all'idolo che adora
    Per ignota malìa; ma chi si lascia
    Quell'idolo rapir, ne rïaverlo
    Tenta, anche a prezzo della vita, mai
    L'adorò certamente!

                       ARG.
          (_con impeto di disperazione_)

                       A Istàr io dunque
    Sacrarmi debbo?--Ebben mi sacro!--Mite,
    Leale io nacqui! Feroce gli eventi
    M'han voluto!... Stassera essi morranno!

             (_fa per allontanarsi_)

                       ZALA
                (_trattenendolo_)

    No.... Verrò teco anch'io, sacra ad Istàr,
    Il giorno in cui l'estrema mia speranza
    Svanir vedrò.... Ma tal speranza forse
    Or per compiersi sta....--Dacchè Nabuco
    Tornò, la reggia ogni notte risuona
    Per allegri conviti; pur, seduto
    A mensa, o a contemplar le danze, ei resta
    Sol pochi istanti, e, spesso, non vi appare....
    Perchè vive ei così?

                       ARG.

                        Dell'amor suo
    Egli vive soltanto!--Come un bimbo
    Daìra lo conduce.--Ora discendono
    Nell'antico giardino; or dalla reggia
    Escon la sera.

                       ZALA

                  Ma li segue un'ombra....
    Io!--E a quest'ombra ora un mistero è noto!
    Odi: Nabuco non ama Daìra!

                       ARG.
    Non l'ama?

                       ZALA

              No!... Forse, nei primi giorni,
    I ricordi d'infanzia e la bellezza
    Della fanciulla aveano acceso in lui
    D'amore una parvenza; ma, passato
    L'impeto primo, egli è caduto preda
    Di strano morbo che lo strugge.--Quando,
    Soli, la sera, essi ne vanno insieme
    Fuor della reggia, a lor, no, non sorride
    Il tripudio che da questo pensiero:
    «_Esser liberi e amarsi_!»--Egli cammina
    Taciturno; e Daìra, al fianco suo,
    Vien silenziosa....

                       ARG.

                       È per gli amanti caro
    Idioma il silenzio!

                       ZALA

                       Ebben lo rompe
    Nabuco; ma d'amor non parla; parla
    Fra sè di strani sogni.--Essa, lo interroga
    Timidamente; ma ei non l'ode. Entrambi
    Erran del fiume in riva infin che annotta;
    E, allora, come da fatal possanza
    Spinto, ei qui move, mentre, dietro a lui,
    Pallida ed ansimante ella s'innoltra.

                       ARG.

    E tu udisti quant'ei dice a sè stesso?

                       ZALA

    Sì....

                       ARG.

           Lo ricordi?

                       ZALA

                      Sì.... D'astri egli parla.
    Il senso invan comprenderne da sola
    Sulle prime tentai;... poi lo fe' noto
    Inconsciamente a me quel vecchio ebreo,
    Che là tu vedi....

               (_indica Jeroboàm_)

             ARG. (_riconoscendolo_)

                       Ah, lo ravviso!... È il cieco
    Jeroboàm!

                       ZALA

             Sì, desso!

    ARG.

                        Il dì ricordo
    In cui Nabuco gli salvò la vita.--
    Perchè or quì vien?... Lo riconobbe il cieco?

                       ZALA

    Ignoto gli è.--Giafìr, ricco mercante,
    Egli lo crede, come a lui fu detto.
    Forse potea la voce sua tradirlo;
    Ma, al par dell'uragano, era tonante
    Del re la voce il dì che a lui la vita
    Serbava.... ed oggi di chi implora ha il suono!

                 ARG. (_stupito_)

    Implora.... il re?!

                       ZALA

            Sì.... implora!--Questo io vidi
    Evento prodigioso: a un mendicante
    Volger Nabuco lagrime e preghiere!

                       ARG.

    A un mendicante?.... Egli?... Nabuco?:

                       ZALA

                                          Sì!
    Da lui stesso l'apprendi!

              (_andando a Jeroboàm_)

                             Jeroboàm.

                       JER.

    Chi sei?... Forse la donna, che ogni sera
    Vien con colui, che follemente il cielo
    Vol conquistare?

             ZALA (_piano a Argiasp_)

                    Udisti?

                  (_a Jeroboàm_)

                           Non son quella.

                       JER.

    Ah, è ver!... Lo squillo d'una tromba pare
    Il suon della tua voce, e quel dell'altra
    D'un flauto ha la dolcezza.--Sei tu sola?

                       ZALA

    No.... mio fratello è meco.

                       JER.

                               Parli.

                       ARG.

                                     Il suono
    Della mia ti ricordi?

                       JER.
              (_scosso, alzandosi_)

                                    Ah.... Non ignoto
    Mi giunge.... No!--Ma dove io già l'udii?...
    Quando?...--Nella tenèbra, che mi avvolge,
    Ogni voce, ogni suono, ha un'eco lunga;
    Sicchè, talor, nell'incessante rombo
    Di quell'eco io mi perdo, e una memoria
    Vaga e confusa sol mi resta!--Io posso
    Ben dirmi: «_Già l'udii_!».... Ma, d'onde l'eco
    Cominci, invano a ricercar mi struggo!
    A parlare con me vien da più notti
    Un mercante, Giafìr, colla sua donna....
    Orben, dal primo dì ch'ei mi rivolse
    La parola, pensai: «_Dove ho tal voce
    Udita già?_» Nè rispondere ancora
    A tal domanda io posso!--È noto a voi
    Questo Giafìr?

                       ZALA

                  Egli è parente nostro....
    A te veniam perchè un timor ne cruccia
    E tu soltanto consigliar ci puoi.

                       JER.

    Parla.

                       ZALA

              Da tempo egli negli occhi ha lampi
    Di febbre; e, assorto in tetre idee, s'aggira
    Farneticando; e non risponde; oppure
    Con strani detti chi si volge a lui
    Congeda o insulta.... e fugge....--Di qual morbo
    Ei dunque è preda?...

                       JER.

                         Conquistare il cielo
    Ei sogna.... Già tel dissi....--E, poichè a lui
    Narrò qualcun, che a me son noti i libri
    Dei sapïenti, egli da me pretende
    Di conoscer l'ermetica potenza
    Che della vita ogni mister discopre
    E insegna quello che Dio sol conosce!
    Poter da terra sollevarsi, e l'aria
    Attraversar per conquistar le stelle,
    A una freccia simìl:... questo egli brama.
    Blandemente io risposi sulle prime,
    Pietoso a lui ed alla sua compagna
    Dalla voce gentil che sa di pianto;
    E, della scienza dei miei libri santi,
    Sì, gli parlai, ma qual maestro a alunno
    Che gli scerne la lettera e lo spirto...
    Ahimè, coi folli intendimenti suoi,
    Ei tutto confondea!... Sicchè schermirmi
    Ora soltanto alle sue inchieste io tento
    E alle preghiere sue.

                       ZALA

                         Ei, dunque, è pazzo?

                       JER.

    Non ancor!... Ma la china egli discende
    Di quell'abisso, in fondo al qual diventa
    L'uom pari al bruto.... e, se chi l'odia, spingerlo
    Nell'abisso or volesse, agevol cosa
    Compier dovrebbe.

                       ARG.

                     E tu non ve l'hai spinto?
    Perchè?

                       JER.

           Non l'odio.

                       ZALA

                      Egli è Caldeo....

                       ARG.

                                       Nemico
    Esser dovresti a lui....

                       JER.

                            Sì.... come a voi
    Nemico io son, perchè Caldei voi siete,
    Se del suo sangue; e come il son di tutta
    La gente vostra.--Ma so ben che è vano
    Una gente odïar!--Essa è la spada
    Nella man del carnefice! È l'inconscio
    Strumento ond'ei si val!...--No... Non ha colpa
    La spada.... ma la man!... Soltanto a questa,
    Al carnefice solo io l'odio serbo!

                       ARG.

    Al re, dunque?

                       JER.

                  A Nabuco!

                       ZALA

                           Or ben, colui
    Che conquistar il ciel vorrebbe.... è il re!
    È Nabuco!

                       JER.

             Nabuco?!

                       ARG.

                     Argiasp io sono!

                       ZALA

    Io Zala!

                       JER.

            I figli di Sârak!... Ed egli....
    Egli è il colosso.... e la pietruzza io sono!

           ZALA (_indicando a destra_)

    Ei viene....

          JER. (_indicando la capanna_)

                Là.... là.... nella mia capanna!

(_Argiasp e Zala entrano nella capanna.--Jeroboàm
torna a sedere ai piedi dell'albero.--Entra Nabuco
concitato, poi Daìra_).



                     SCENA IV

             DAÌRA--NABUCO--JEROBOÀM


                DAÌRA (_a Nabuco_)

    Fermati.... Ascolta....

                      NABUCO

                           Lasciami!

                      DAÌRA

                                    Promesso
    Pur tu mi avevi, che dal vecchio ebreo
    Non saresti tornato....

                      NABUCO

                           Ed or vi torno
    Poichè mutai pensier.... Ciò non ti garba?...
    Alla reggia rimani!

                      DAÌRA

                       E sei tu quello
    Che mi parli così?...--Quando quì vieni
    Son le tue notti spaventose!... Mille
    Torvi fantasmi turbano i tuoi sogni....
    Ed io, che veglio a te vicina, piango
    I tuoi rantoli udendo e i tuoi lamenti!
    Ah, dove son le dolcissime notti,
    Che noi passammo nel giardino antico
    Fra l'olir delle rose!

                      NABUCO

                          D'ogni olezzo
    Oggi più grate a me son le parole
    D'un sapïente!--Di Nabuco è questa
    La vita!... Ei vuol non una gioja sola!
    Amore, e gloria, e sapïenza:... tutte
    Le gioie umane ei vuol, tutte le ebbrezze!
    Lasciami!

               JER. (_dall'albero_)

             Olà.... Chi è là?... Sei tu, Giafìr?

                      NABUCO

    Sì.... Son io!

(_Daìra va verso il fondo, come spiando che nessuno
si avvicini, e vi resta_)

                       JER.

                  Mio signor, come mi scese
    Al cuor la voce tua!... Che tu in eterno
    Esser possa felice!

                      NABUCO

                       E lo può forse
    Esser chi, al par di me, alla meta anela
    Che tu conosci?

                       JER.

                    Ancor t'agita, dunque,
    La stessa idea?

                      NABUCO

                   Sì....

                       JER.

                         Ancor, dunque, tu vieni
    A me, credendo ch'io donar ti possa
    La magica virtù che i sogni tuoi
    Adempier deve?

                      NABUCO

                  Sì.... Non mi narrasti
    Forse tu stesso dei profeti vostri
    L'onnipossente fuoco?...

                       JER.

                            È ver....

                      NABUCO

                                     Rapiti,
    Essi vedean gli eventi del futuro
    E i misteri del cielo e della terra....

                       JER.

    Sì.... È vero!

                      NABUCO

                  Ebben.... come i profeti tuoi
    Esser io voglio!... Or, perchè il rito, il verbo,
    Tu sempre a me di rivelar negasti,
    Con cui nel proprio sen potevan essi
    La sacra fiamma suscitar?

                       JER.

                             Tremenda
    Cosa chiedevi....

                      NABUCO

                     Ah!... Tu non sai chi sono!

                      DAÌRA

(_accorrendo frettolosa, piano a Nabuco_)

    Deh, non tradirti!

                       JER.

                      Chiunque tu sia,
    Fino dal primo dì che mi parlasti
    Forte tra i forti per l'ardir ti seppi
    Della mente....--Ma ai vecchi vien compagno
    Il dubbio.... ed esitai l'estrema prova
    A rivelarti, perchè premio è dessa
    Dei costanti soltanto.

                      NABUCO

                          Ed or, rispondi,
    Lo vorrai tu?

                       JER.
                 Sì.

                      NABUCO

                    Vorrai dirmi come
    Salire agli astri, e conquistarli, e il corso
    Dominarne io potrò?

                       JER.

                       Sì....

                      NABUCO

                             Nella polvere
    Prosternato t'ascolto!

                       JER.

                          E sia. Ma, prima,
    In te stesso raccogliti.--La zolla,
    Su cui fiorisce la magica pianta
    D'ogni sapere, è l'estasi;... e può solo
    L'estasi aver chi medita in silenzio.

(_China il volto fra le mani e medita.--Nabuco,
sempre in ginocchio, lo imita.--Scende la sera.--In
fondo Babilonia si illumina_).

                      DAÌRA
(_tornando dal fondo, piano a Nabuco, con grande
passione_)

    Vieni, Nabuco.... Andiam.... Col mendicante
    Assai parlasti.... Or non ti par sia tempo
    Di tornare alla reggia?... Ascolta: Sazio
    Forse sei tu di star tutte le notti
    Fra rose gialle e baci di Daìra?
    Ebben.... guarda: il regal palazzo splende
    Per il convito consueto....--Vieni....
    Te farà lieto degli altri il tripudio!...
    E, se al tuo fianco a me concederai
    Di rimanere, tu vedrai ch'io posso
    Giocondamente mescer nelle coppe,
    E toccar l'arpa, ed intonar canzoni....
    Vieni, Nabuco....

(_disperatamente, vedendo che egli rimane immobile_)

                     Ahimè!.... Più non mi ascolta!

               JER. (_avanzandosi_)

    Giafìr, t'appressa.... A me porgi la mano
    E rispondi: È sereno il firmamento?

          NABUCO (_alzando gli sguardi_)

    Risplendon gli astri nel glauco profondo
    Di pura luce.

                      DAÌRA

                 O soavissima notte!

                       JER.

    Non una nube?

                      NABUCO

                 Non un velo!

                      DAÌRA

                             Piove
    Dal ciel soltanto un'armonia di raggi,
    Che sembran sguardi lunghi e sfavillanti
    Di voluttà infinita....

                JER. (_a Nabuco_)

                           Or, dunque, torna
    Alla tua casa, e in agape gioconda
    Le membra riconforta; indi, allorquando
    Il pianeta Ixïon volger vedrai
    Verso occidente (indizio che la notte
    Del suo cammin giunse a metà) alla torre
    Più alta di Babele in vetta sali
    E ai quattro venti grida: «O Dio ti sfido!»
    E arditamente nelle stelle affisa
    L'occhio dominatore; e, in te raccolto,
    Nel glauco ciel l'anima tua sospingi.
    Oh, non temer! Dell'infinito anch'esse
    Sono schiave le stelle! E, quando vinte
    Dell'infinito tu le leggi avrai,
    Ne avrai facil vittoria, chè tu stesso
    Diverrai l'infinito!...--Allor dell'aquila
    L'estasi eccelsa avrà l'anima tua
    L'aria fendendo; e le parrà guizzare
    Attraverso un giardin, dai luminosi
    Immani fior sospesi su un abisso
    Senza limiti;... e, lieve come piuma,
    Anche il tuo corpo s'alzerà da terra!...

                     NABUCO.

    O speranza!... O delirio!

                       JER.

                             Va! T'affretta!
    È in te la febbre dei profeti!...

             NABUCO (_farneticando_)

                                     O cielo
    Tu sarai mio!... Come la terra trema
    Dinnanzi a me, tremeran gli astri!... Un solo
    Signore avranno terra e ciel: Nabuco!
    Un nome solo echeggierà nel vasto
    Glauco infinito, un nome sol: Nabuco!
    Eterno io solo!.... Io solo, Iddio!... La mia
    Forza legge soltanto!... Io solo, io solo,
    Dispensator di vita e morte!--Ah, sento
    Che il soffio è in me dell'universo, e l'alba
    Doman non spunterà s'io non lo voglio!

           (_si allontana rapidamente_)

               DAÌRA (_a Jeroboàm_)

    Ah, giusto fu nel maledirti l'Jéova
    Che adori tu!...--Ch'egli dannar ti possa
    Eternamente a viver schiavo e cieco!

(_Segue Nabuco.--Sulla soglia della capanna compajono
Argiasp e Zala, che muovono verso Jeroboàm_).



                    ATTO TERZO

_Notte.--Giardini della reggia.--A sinistra la
torre _Borsippa_,¹ alla porta della quale si accede
per alcuni gradini.--A destra peristilio d'un'ala
della reggia.--Fiori; vegetazione lussureggiante.
In fondo la reggia vivamente illuminata_.



                   PARTE PRIMA



                     SCENA I

                  ARGIASP--ZALA.

(_Zala siede presso la torre guardando verso la reggia;
Argiasp ne viene; Zala gli muove incontro_)


                       ARG.

  S'io potessi sperar, che la memoria
    Di quel che han visto cogli occhi si spegna,
    Già conficcato di mia man vi avrei
    Una punta rovente!--Ignuda quasi,
    Essa la coppa gli riempie.--A lei
    Egli protende la bocca scarlatta,
    Qual ferita che sanguini ed implori
    Il balsamo dei baci.... Ed essa chiude,
    Come in delirio, le palpèbre, e preme
    Colla sua quella bocca....

                       ZALA
                               Ed ei del folle
    Sogno mai non parlò?

                       ARG.

                        No.... Jeràk, il Mago,
    Venìa talor; gli mormorava un detto
    All'orecchio, e spariva....--Alla sua vista
    Di Daìra oscuravasi la fronte....
    Ma, poi, l'ebrezza divampar più ardente
    Nel suo petto parea....--Perir dovessi
    Fra i più atroci tormenti, ora, o Nabuco,
    La tua rovina io vo' soltanto!

              (_squilli di trombe_)

                       ZALA

              (_indicando la torre_)

                                  Vieni.

             (_entrano nella torre_)



                     SCENA II

NABUCO--AFRAISAB--KUNAREND--GHEV--
DARAB--BÈRHAM--Dame, Cortigiani, Danzatrici,
Schiave recanti anfore e coppe--DAÌRA
entra colle Dame e va, intrattenendosi con
esse, presso lo scaleo della torre, mentre
guarda ad ogni tratto verso Nabuco.


                       AFR.
(_impacciato, sorridente, come sorpreso di quanto gli
va dicendo Nabuco_)

    O Nabuco.... mio re....

                      NABUCO

                           Qual preferisci:
    Una vittoria od un banchetto?

                       AFR.

           (_dopo qualche esitazione_)

    Entrambi....

                      NABUCO

                Ma preferir questo non è....--Rifletti:
    Ti fa più lieto esser seduto a mensa
    In molli vesti, o, coperto di ferro,
    II cavallo spronar del sollïone
    Sotto la sferza?...

                       AFR.

                (_con un sospiro_)

                        Oh, tempi!

                      NABUCO

                                  Li rimpiangi?

                       AFR.
     (_esitante, come temesse di contrariarlo_)

    No.... Nabuco, mio re!

                NABUCO (_ridendo_)

                         «Mio re!... Nabuco!»
    Altro tu non sai dir!

                       AFR.
(_terribile, vedendo ridere anche gli altri capitani_)

                          Di me ridete?

                      NABUCO

    Evvia.... ti calma!... No, di te non ride
    Alcun; ma ride della celia mia!
    Che il ver direbbe l'epitaffio tuo
    Se dicesse così: «_Quì sta un gigante,
    «Ch'ebbe braccio di ferro; e bronzeo petto;
    «E lingua che esclamar sapea soltanto:
    «O Nabuco, mio re!_»

                       AFR.
(_sulle prime ancora impacciato, poi animandosi_)

                        Si,... questo è vero!
    Questo solo io so dir!... Che dir potrei
    Dunque dippiù?... So ben chi sono!... Un tronco
    D'enorme abete, che dai medi monti
    Precipitò....--Sì, tal sono io!--Or, chi strappa
    Gli abeti enormi?... L'uragano!... E questo
    Fosti tu!--Ma che val, se sradicato
    Cade l'abete?... Esso rimane a valle
    Immobile!... Or, qual forza lo solleva?
    L'onda!--E l'onda tu fosti!--Io, per me solo,
    Dunque vissuto non sarei!

                      NABUCO

                             Sì a lungo
    Oggi hai parlato, che, dal tuo sepolcro,
    In pochi istanti, cancellasti quello
    Ch'ei detto avrebbe, per mill'anni forse,
    Della tua lingua!

                       AFR.

                     Gli è, che da gran tempo
    Io non vedevo il tuo volto glorioso,
    E il rivederlo in me destò tal gioia
    Qual esprimer non posso!... Ed è ciarliera
    La gioja!

                       GHEV

             Ah, dove son quei lieti giorni
    In cui da te mai non stavam divisi!

                      NABUCO

    Ghev, tu pure?

                      BÈRHAM

                  Oh, i bei giorni!

                     KUNAREND

                                   Io questa vita
    Odio più della morte!

                      NABUCO

                         Perchè?

                       KUN.

                                Vinta
    Non abbiam noi tutta la terra?... Dunque
    Più sperar non poss'io ch'essa si cambi!

                      BÈRHAM

    Com'è piccino il mondo!

                       GHEV

                           Anch'io sovente
    Lo penso; e, allora, alla mia spada dico:
    «O fior di gloria, il dì ch'io sarò certo
    Che a te il destin purpuree rugiade
    Non darà più,... ebben, col sangue mio
    Io ti disseterò!»

                      DARAB

                     Saper dovessi
    D'esser sempre sconfitto, alle battaglie
    Domani tornerei, tanto son stanco
    Io di poltrir!...

                       GHEV

                     Ah, così vili gli uomini
    Or dunque son, perchè nessun dei vinti
    Osi la fronte rialzar?...

                       KUN.

                             Codardi
    Gli animi fan le domestiche cure!
    Voglionsi, a ritemprar le schiatte umane,
    Bagni di sangue!

                      DARAB

                    Ah; un vinto esser vorrei!

                       AFR.
          (_guardando torvamente Darab_)

    Ribelle allor saresti tu?

                      DARAB

                                          Gigante,
    Non guardarmi così!...

                       AFR.

                          Come si guarda
    Un ribelle ti insegno!

                      DARAB

                          Io tal non sono:
    Ma, se lo fossi, dei tuoi occhi al lampo
    Risponderebbe quel della mia spada!

            NABUCO (_interponendosi_)

    L'armi serbate alle vicine pugne!...

                      TUTTI

        (_con grande esplosione di gioja_)

    Ah!... Un'altra guerra!... Gloria al Re!... Deh, parla!

                      BERHAM

    Contro chi dunque pugneremo?

                       GHEV

                                Quando
    Vuoi che si parta?

                       KUN.
              (_ad alcuni scudieri_)

                      Olà, datemi l'armi!

           TUTTI (_entusiasticamente_)

    Guerra!... Guerra!



                    SCENA III

                  JERAK--Detti.

(_Jerak compare sul fondo.--Nabuco, appena lo vede,
gli fa cenno d'avvicinarsi.--Daìra, all'apparir di
Jerak, si avanza pallidissima_).


                      JERAK
            (_a Nabuco, a bassa voce_)

                      Signor, verso occidente
    Volge Ixïon.

              NABUCO (_ai capitani_)

                 Al novo dì, guerrieri,
    Vi sarà noto il pensier mio.--Quì tutti
    Fino allor m'attendete!

             (_muove verso la torre_)

                      DAÌRA

                           Ah.... no.... Ti ferma!
    No.... Tu.... non salirai!

                      NABUCO

                              Fanciulla, scòstati!
    Non pôrti fra il leone e la sua preda!
    Scòstati.... Va!

                      DAÌRA

                    Ah,... tu sarai soltanto
    La preda.... Tu!

            (_si getta ai suoi piedi_)

                      NABUCO

                    Mi lascia!

                      DAÌRA

                              Ebbene, teco
    Lassù verrò....

                      NABUCO

                   Per Ebli e i Devi inferni,
    Più non sfidare il voler mio!

                      DAÌRA
      (_come pazza d'angoscia, rialzandosi_)

                                 A brani
    Tu mi puoi far,... ma a te m'avvinghio;... e teco
    Io salirò, se tu salir potrai!

(_si avvinghia al collo di Nabuco disperatamente_)

                      NABUCO

    Vattene!... Solo io salir voglio!

(_con impeto d'ira le afferra le braccia per staccarla
da sè.--Daìra manda un grido alla stretta possente
e arrovescia il capo.--Nabuco, impietosito a
un tratto, le sostiene il capo colla destra, mentre
Daìra non cessa di avvinghiarsi a lui_).

                                     No!...
    Di me stesso vergogno.... ma non posso
    Torturar queste membra!

(_Dopo un momento di esitazione, come volesse che si
compia ciò che è necessario e che il compiere a lui
stesso ripugna_:)

                           Afraïsàb,
    Libero fammi!

(_vedendo che Afraisab si avvicina a Daìra e ne afferra
le braccia_)

                 A lei pietoso sii,
    O gigante.

                       AFR.
           (_impacciato, ritraendosi_)

              Signor, fragili sono,
    Siccome puro caolin, le braccia
    Di questa donna.... ed io...

            (_i guerrieri sorridono_)

                NABUCO (_a Daìra_)

                                Lasciami!

                      DAÌRA

                                         No!

(_Nabuco fa un cenno ad Afraisab; questi riafferra
le braccia di Daìra_),

                      DAÌRA
(_a Afraisab, gemendo e resistendo nel rimaner avvinghiata
a Nabuco_)

    Ah, tu perdi il tuo re nell'ubbidirgli!

(_con un gemito più forte cede smarrendo i sensi,--Alcune
schiave accorrono e la portano verso il fondo_)

                      NABUCO
         (_a Jerak, indicandogli Daìra_)

    La sua vita ti affido....

(_sale lo scaleo della torre, poi, dall'alto a Afraisab_)

                             E a te la soglia!
    Nessun la varchi!--Al novo dì, guerrieri!

(_Entra nella torre.--Afraisab sguaina la spada, va
a prendere una coppa e sale alla porta della torre_)

                       AFR.
         (_vuotando la coppa d'un fiato_)

    Gloria a Nabuco!

                      TUTTI
            (_colle coppe nelle mani_)

                    Evviva l'orgia e il sangue!



                  PARTE SECONDA

_Sulla torre Borsippa.--Agli angoli statue colossali
di mostri.--In mezzo la vetta della torre, alla
quale si accede per alcuni gradini.--Dinnanzi ai
gradini una botola, che conduce all'interno della
torre.--Vista di Babilonia e di una vasta estensione
di paese.--Notte stellata.--Dai giardini
vien l'eco dell'orgia._



                     SCENA IV

                  ARGIASP-ZALA.


                       ZALA
(_udendo le grida di guerra, che vengono dal giardino_)

    Voci di guerra!...

                       ARG.

                      Del ciel la conquista
    Forse ei promise!...

                       ZALA

                        A folle capitano
    Folli guerrieri!

                       ARG.
             (_indicando la botola_)

                    Ah.... ascolta.... Un passo!

                       ZALA
     (_appressandosi alla botola, origliando_)

                                                Ei viene.

(_si nascondono dietro una delle statue colossali.--Nabuco
compare dalla botola e sale alla vetta_)



                     SCENA V

              NABUCO--ARGIASP--ZALA.


                      NABUCO
(_dopo qualche istante di silenzio, fissando il cielo_)

    O Dio, ti sfido!--Io ti sfido; io, Nabuco
    Conquistator d'un mondo, ove le statue
    Erette a te strugger m'è dato, ed hanno
    Culto maggior le mie! Io, che al volere
    Di tutti, al par di te, la forza oppongo;
    Del mio arbitrio la forza!--Io, che dispenso
    Il bene e il male!--Io, che domar dei fiumi
    L'impeto posso, e popolar deserti,
    E in cumuli di morti e di rovine
    Mutar genti e città!

                    (_pausa_)

                        Nelle tenèbre
    Vibrano ancor le mie parole; e un segno
    Di minaccia non han nè ciel, nè terra!...
    E sulle stelle l'occhio mio si fisa,
    Siccome sulla preda occhio di falco!

         (_sempre più fissando il cielo_)

    Ah, parlan gli astri! Un mormorio mi giunge,
    Quale di perle lievemente scosse
    In una coppa di zaffiro!--Oh, come
    Nitida d'ogni stella ora m'appare
    La forma!... Oh, come sottilmente brilla
    Ora ogni raggio astrale, e a me discende,
    Dal mio volere attratto a me!...--Piovete,
    O tributi celesti, al re novello!
    Ecco, la luce lor si fa più viva....
    Ed, impalpabil come l'aere, parmi,
    Che m'avviluppi una rete d'argento
    Di fulgori siderei contesta!
    Essa m'avvince.... e in me penetra,... e afferra
    Di mia vita l'essenza!...--Un'infinita
    Brama m'accende d'infinito, insieme
    Angosciosa e dolce,... e, chiaramente
    Il doppio arcan, che ogni cosa racchiude,
    In questo istante io concepisco!

              (_con grande enfasi_)

                                    Or, dunque,
    Risali, argentea rete; e, teco, in alto
    Portami!... In alto!... In alto!

           (_ergendosi della persona_)

                                    Ah, nello spazio
    Senza confini io sono! O stelle, a voi
    Giunto è Nabuco!... Alla vostra conquista
    Ei tornerà doman coi suoi guerrieri....
    Oggi, di tanti luminosi fiori
    Un solo ei coglierà, per riportarlo
    Alla sua reggia....

     (_fissando una stella e snudando la spada_)

                       E tu sarai quel fiore,
    Tu, rosea stella!... Il fil della mia spada
    Invincibile a te recida il gambo!

(_spicca un salto fiedendo l'aria colla spada, e cade
carponi a terra mandando un grido.--Pausa.--Dai
giardini vien l'eco dell'orgia_)

                       ARG.

    Oh, la grottesca, orrenda scena!

                       ZALA

                                    Taci!

                      NABUCO
        (_carponi, percorrendo la vetta_)

    Or dov'è il fiore? Oltre il confine, forse,
    Del creato son io?...

                (_tocca il suolo_)

                         Del cielo è forse
    Questa la dura e fredda volta?!

           (_tenta di alzarsi, ricade_)

                                   Ah l'astro
    Cadde su me!... Lo scuoterò!

      (_si scuote e ricade carponi gemendo_)

                                Non posso!

               ZALA (_ad Argiasp_)

    Così Nabuco ora riveggan tutti....

(_Zala e Argiasp stanno per muovere verso Nabuco,
ma sostano, vedendo che egli si trascina fino alla
gradinata e si erge un poco della persona_)

                      NABUCO

    Soldati,... a me!... Ciascuno avrà una stella
    Per bottino!... Ciascun della sua spada
    Sovra la punta, come un cuor lucente,
    Un astro recherà!...--Olà, ove siete
    Traditori?

(_si aggira carponi disperatamente; tenta rialzarsi
e ricade; poi si accoccola piangendo in un canto.--Zala
e Argiasp salgono alla piattaforma_)

                       ARG.
            (_avvicinandosi a Nabuco_)

              Signor!

                      NABUCO
            (_scosso, imperiosamente_)

                     Fèrmati, e parlami
    In ginocchio, siccome a me, Nabuco,
    Si deve.--Messaggier tu sei degli astri.
    Sta ben. Ma, prima di parlar di pace,
    Un patto impongo: tolto dalle spalle
    L'astro mi sia che osò cadervi.

                       ZALA

                                    Evvia!
    Nabuco, il re dei re, l'onnipossente,
    Si fa beffa di noi, chiedendo ajuto
    Per sì facile impresa!

             NABUCO (_fissando Zala_)

                          Ah, la regina
    Delle stelle è con te?... Farmi zimbello
    Essa sperò dei lezî suoi?...--Non io
    Nacqui a simili panie!

                  (_a Argiasp_)

                          Il braccio porgimi....
    Io stesso l'astro scoterò....

(_Argiasp interroga Zala collo sguardo.--Zala
crolla il capo, come lo lasciasse arbitro di far quel
che più gli aggrada.--Argiasp porge il braccio a
Nabuco, il quale vi si appoggia, tenta di rialzarsi con
uno sforzo supremo, ma ricade_)

                      NABUCO

                                  Oh, strazio!.... Oh strazio!
    L'astro mi schiaccia!

             (_toccandosi alla nuca_)

                         Il suo gelido disco
    Quì una piaga m'ha aperto.... e su vi pesa!
    Ha un gel che morde e dà più intensa angoscia
    D'ogni vivida vampa!... Ah, chi mi uccide?!

(_si torce, rantolando e gemendo, come in preda a spasimi
atroci, cogli occhi fisi su Argiasp_)

               ARG. (_arretrando_)

    Ah, guarda!... Guarda!... Orror, pietà m'incute!
    Ah, quell'occhio!... Quel rantolo!...--La mia
    Vendetta or maledico!--Colla spada
    Assalirlo;... pagar vita con vita;...
    E, vincitore, per salir su un trono,
    Mettere il piede sul suo petto, o, vinto,
    Senza un lamento a lui l'ultimo sguardo
    Superbamente saettar:... sì, questa
    Esser dovea la mia vendetta!--Ad opra
    Bieca mi trascinasti!... Opra di serpe,
    Che a tradimento addenta!... Opra d'jena,
    Che i morti assale!...--Ebben, ch'essa si compia
    Or io non voglio!--Vieni!... Sarai salva!...
    Me solo accuserò!...--Purch'io quell'occhio
    Più non riveda, e quell'orrendo rantolo
    Non oda più, tutti i tormenti affronto!...

        (_fa atto di trascinar seco Zala_)

                       ZALA
(_arretrando, afferrandogli un braccio per trattenerlo_)

    Per regnar non nascesti!--E tu sei figlio
    Di Sàrak? Tu?...--No, l'impeto bestiale
    D'una lascivia, che gettò un istante
    La madre nostra d'uno schiavo in braccio,
    Te concepì!... Tu, come i rospi, puoi
    Gracidar ma non mordere!--Costui
    Dunque ti fa pietà?... Costui, che mai
    Pietà conobbe e che passò ridendo
    Fra gli eccidî?... Costui, che a terra vide
    Torcersi mille nel supremo spasmo,
    Com'ora lui, e non battè palpèbra?
    Strage e rapina è il nome suo! Rapina
    E strage quello dei suoi avi!... E il latte,
    Che, bambin, lo nutrì, se non del tuo,
    Fu di mio padre il sangue!

       (_lo lascia e brandisce un pugnale_)

                              Or va! La sua
    Morte affretti così; poichè ti giuro
    Che rivederlo lo dovran soltanto
    O morto, o pazzo!

                 (_Nabuco geme_)

                       ARG.

                     Oh, l'affannoso gemito!
    Ei muore!

              NABUCO (_riavendosi_)

             Ohimè!

                       ARG.
               (_andando a Nabuco_)

                   Signor....

                      NABUCO

                             Chi sei?

                       ARG.

                                     Argiàsp,
    Il tuo servo fedele.... Assai dormisti....
    Orsù ti leva!

                      NABUCO

                 No.... La propria legge
    Impose il fato ad ogni creatura!
    L'uom, come te, su due piedi cammina;
    Ed il cane su quattro....--Or io su quattro
    Camminar debbo, perchè un cane io sono!
    Eccoti il collo.... Mettimi il guinzaglio....

     (_vedendo che Argiàsp rimane immobile_)

    Non vuoi?... Comprendo!... Il mio padron non sei!
    Dov'è?,.. Chi fu?...

               (_come ricordando_)

                        Ah.... Un cieco!... Io l'ho perduto....
    Sventurato!... Poichè cieco due volte
    Senza il suo can divenne.

(_come colto da acuto spasimo, portando le mani alla nuca_)

                             Oh, strazio!... Oh, strazio!

(_s'erge della persona, rimane un momento immobile;
poi, come colpito da un ricordo improvviso_)

    Ah.... Daìra....

                (_ricade svenuto_)

                       ZALA

                    L'udisti?...

                       ARG.

                                Della mente
    Anche nel buio quel nome gli splende!
    La sua rovina e il vitupero nostro
    Piombin dunque su lei!

                       ZALA
(_togliendosi una ciarpa che le cinge i fianchi, porgendola
a Argiasp_)

                           Ecco il guinzaglio!

                       ARG.
     (_a Nabuco, legandogli la ciarpa al collo_)

    Vieni....

(_Zala scende nella botola--Argiasp la segue, traendosi
dietro Nabuco carponi_).



                   PARTE TERZA

_Decorazione come nella Parte Prima.--Afraisab,
ritto sullo scaleo della torre, guarda Daìra, la quale
vorrebbe salirlo ed è trattenuta da Ghev e da Darab.--Gli
altri guerrieri siedono intorno trincando_.



                     SCENA VI

AFRAISAB--DAÌRA--GHEV--DARÀB--KUNAREND--
BERHAM  ecc.--A suo tempo JEROBOÀM
e GERIRÈH con LORASP, TOGHRUL,
GURGHIN ed altri cortigiani armati--
A suo tempo ancora ZALA, ARGIASP e NABUCO.


                BERHAM (_a Daìra_)

             Vattene alfine!

               DAÌRA (_a Afraisab_)

                            Deh, mi lascia
    Salir!

                       AFR.

          Morta tu sei se un passo muovi.

                      DAÌRA
           (_lanciandosi verso di lui_)

    M'uccidi dunque!...

              DARAB (_afferrandola_)

                       No, peggior augurio
    Non v'ha di quel d'uccidere una donna
    Alla vigilia d'una guerra!

                      DAÌRA

                              E voi
    Perir intanto il vostro re lasciate!

                       GHEV

    Perir?... Perchè?...

                      DARAB

                       Chi osar potrebbe un arme
    Sul suo petto levar?

                      DAÌRA

                        Quì la rivolta,
    Voi lontani fremea....

                       KUN.

                          Bastò il suo primo
    Sguardo trionfator, perchè svanisse
    Della rivolta ogni speranza!

                      DAÌRA

                                E surse,
    Più degli altri terribile, un nemico
    Contro di lui quel giorno....

                       GHEV

                                 Chi?...

                      DAÌRA

                                        Egli stesso!

                       KUN.

    Evvia.... vattene, stolta!

                      DAÌRA

                             Oh, non son io
    La stolta! No.... ma voi!--Noto è Nabuco
    A voi qual era in mezzo alle battaglie,
    Ov'io non lo seguii;... ma a me egli è noto,
    Soltanto a me, dal dì che a questa reggia
    Fece ritorno.... Ei d'un arcana febbre
    Da allora è preda....--Un invisibil fuoco
    Ei reca in sè, che lo consuma!...

               AFR. (_sprezzante_)

                                     Il fuoco,
    O svergognata, della tua lascivia!

                      DAÌRA

    Fosse il tuo insulto verità!... Saprei
    Guarir Nabuco dal suo mal!... Ma il vero,
    Ahimè, non chiude!...--Più misterïosa
    E più crudel n'è la cagione....--Io sola
    L'udii smaniar dietro l'ardente brama
    Di conquistar le stelle!... Io sola vidi
    Le orrende notti sue.... quando, al mio fianco,
    Ei spasimava tra gli incubi, come
    Un bimbo stretto da serpenti!... Io sola
    Vidi lui, re, trionfator del mondo,
    Inginocchiarsi a un mendicante ebreo!

                       AFR.

    Non più!... Costei Nabuco insulta!

                       KUN.

                                      Sempre
    Questo dei folli fu securo indizio,
    Folli gli altri chiamar.

                       AFR.

                            Vattene!

                      DAÌRA
            (_al colmo dell'angoscia_)

                                    E, intanto,
     Ei si perde!... Oh, tortura!... Ah, no.... m'udite:
    Accorrete a salvarlo.... Forse ancora
    Lo potete.... Stassera il mendicante
    Di Babilonia la più alta torre
    Gli imponea di salire, e i Numi e gli astri
    Sfidarvi dalla vetta.... e, come un bimbo,
    Ei gli ubbidiva!...--Le vicine pugne,
    Ch'egli a voi promettea, son della luna
    E delle stelle la conquista!... All'alba
    Lo attenderete invano.... o a voi soltanto
    Del vostro re non tornerà che un'ombra
    Dall'occhio spento!...

(_vedendo che tutti si allontanano da lei crollando le
spalle_)

                          Ahimè,... nessun mi ascolta!

(_Jeroboàm, condotto da Gerirèh, e seguìto da Lorasp,
Toghrul, Gurghin, e da altri cortigiani armati, compare
nel peristilio a destra_)

                      DAÌRA
(_ad un tratto, vedendo Jeroboàm, con un grido_)

    Ah.... È lui!... Guardate!... Là! È il mendicante!
    Lo schiavo ebreo!

                       GHEV
            (_movendo verso Jeroboàm_)

                     Che fai tu quì?...

              LORASP (_avanzandosi_)

                                       Quì venne
    Per volere d'Argiasp.... Nessun l'offenda....

                      DAÌRA

    Or lo vedete se una stolta io sono?
    Dei nemici del re son quelli i volti!...
    Li conoscete?--Li credeste vinti
    Dal primo sguardo di Nabuco.... e in armi
    Tornan quest'oggi alla riscossa....

              BÈRHAM (_a Kunarend_)

                                       Il vero
    Dunque costei forse diceva?...

              DARAB (_ai guerrieri_)

                                  In armi
    Perchè son essi?

                       GHEV

                    E noi quì inermi siamo!

(_Altri cortigiani, colle spade ignude, appajono sul fondo_)

                KUN. (_vedendoli_)

    E in un agguato....

                       GHEV
            (_movendo verso la torre_)

                       Il re si salvi!

                       AFR.
         (_terribile, alzando la spada_)

                                      Niuno,
    Me vivo, passerà.

                      BERHAM

                     Ma il re è in periglio!

                       AFR.

    A lui soltanto ubbidir debbo....

                       GHEV

                                    Or, dunque,
    Pera il gigante!... A noi!...

                TUTTI I GUERRIERI
           (_movendo contro Afraisab_)

                                 Il re si salvi!

                       ZALA

(_apparendo sulla soglia della porta della torre con
Argiasp, il quale tiene sempre Nabuco, carponi, al
guinzaglio, indicando Nabuco_)

    Ecco il re vostro!

(_Daìra, con un grido accorre a Nabuco, si curva
verso di lui.--Nabuco le lambe le mani, poi cade
assopito.--Argiasp e Zala scendono lo scaleo_)

           LORASP, TOGHRUL, CORTIGIANI

                      Evviva Argiaspe, re
    Dei Caldei!...

                      DAÌRA
         (_sorgendo, con grande impeto_)

                  Non ancor!... Vive Nabuco!...

                       ZALA

    Vive?... Sì!.... vive!.... se son vive anch'esse
    Le foglie gialle con cui giuoca il vento....

                       ARG.

    Auramazda così vendica il sangue
    Di nostro padre.

                      DAÌRA

                    Menti. Di tuo padre
    Lasciato avresti invendicato il sangue
    S'io sovra gli occhi t'avessi baciato!
    Me volevi colpir! Me sola!--Io sono
    Della ruina sua l'artefice!--Oh, potesse
    Ebli soffiare sulla terra, e tutti
    Struggerne i fiori ed i profumi, e quanto
    Suade a questa maledetta ebbrezza
    Che si chiama l'amore, e in cui, sul capo
    Che più adoriam, noi evochiamo, inconsci,
    Le più orrende bufere!

             (_scendendo, a Argiasp_)

                          Ed or, m'ascolta:
    D'amarmi un tempo tu dicevi.... Ancora
    M'ami?

                       ARG.
                 Sì....

                      DAÌRA

                          Ebbene io sarò tua, se, prima
    Che si compia di Bel la sacra decade,
    Ei tornerà qual fu.--Ma, se la fiamma
    Dell'intelletto nelle sue pupille
    Spenta ancora sarà; se, come un bruto,
    Striscierà a terra ancora;... allor, deh, lascia
    Ch'io rimanga con lui;... che noi, lontani,
    Ignoti, insiem possiam morire....

                       ARG.

                                     E sia.

                      DAÌRA
               (_andando a Nabuco_)

    Vieni....

(_Nabuco fa uno sforzo per alzarsi e ricade gemendo_)

                       AFR.

(_chinandosi su di lui, scoppiando in lagrime_)

             Mio re!...

              DAÌRA (_ad Afraisab_)

                       Il tuo braccio or gli sia trono!
    (_Afraisab si toglie Nabuco in braccio.--Daìra gli
    accenna di seguirlo.--S'allontanano_).



                   ATTO QUARTO

_Terrazzo d'un vecchio giardino.--Molti cespi di
rose gialle.--In fondo la campagna.--Monti in
lontananza.--Meriggio.--Nabuco, Daìra, Afraisab,
sotto una tenda, stanno asciolvendo_.



                     SCENA I

             NABUCO--DAÌRA--AFRAISAB


                      NABUCO
            (_guardando la campagna_)

    Oh, il fulgido meriggio!... Io, più d'ogni altra
    Ora del giorno, adoro questa.--Lieta
    Parmi ogni cosa nella luce immensa;
    Scintillan l'acque; la verzura sembra
    Sfavillante smeraldo; e l'aria, accesa
    Da un diffuso splendor, ricorda intense
    E generose idee senza confine
    Prodiganti la vita!--Piena ho l'anima
    D'una pace gioconda!--Ami tu, forse,
    O mia Daìra, più di questa, l'ore
    Misterïose della notte?

                      DAÌRA

                           Ogni ora,
    Che ti fa lieto, adoro!

              NABUCO (_ad Afraisab_)

                           E tu?

                       AFR.

                                 Risposto
    T'ha Daìra per me.... Pur, s'io dovessi
    Dirti quel che ne penso.... ti direi:
    Che notte, e sera e dì mi sono eguali!

                NABUCO (_ridendo_)

    Ah, il terribil gigante!... Ei non conosce
    Che un piacer: la battaglia!

                       AFR.

                                Un altro noto
    Oggi mi fu:... quel di vederti gaio,
    O Nabuco, mio re....

                      NABUCO

                        Tuo re?... Qual senso
    Hanno queste parole?

                       AFR.

                        Esse ti dànno
    Su me, su tutti, irrevocabil dritto
    E di vita e di morte!

                      NABUCO

                         Ebben.... vivete!...
    Ecco il solo voler che il re v'impone
    Da questo dì....

              (_alzando una coppa_)

                    Bevo alla tua bellezza,
    O mia dolce Daìra,... e alla tua forza,
    Fedele Afraïsab!--Forza e bellezza
    Reggan la terra!... Ad esser mite insegni
    La bellezza alla forza; e questa, all'altra,
    Insegni la virtù!...--Men sventurati
    Allor saran gli umani!

                      DAÌRA
         (_anch'essa alzando una coppa_)

                          Al divin raggio
    Della tua mente, o mio signore!

                      NABUCO

                                   E al nembo
    Che l'oscurò!

                      DAÌRA

                 Deh, non parlar di nembi
    In quest'ora di sole!

                      NABUCO

                         Il sol risplende
    Più vivo e puro dopo la tempesta;...
    Sicchè, o Daìra, alla tempesta io bevo,
    Bevo alla mia follìa!

               AFR. (_con terrore_)

                         Mio re....

                NABUCO (_ridendo_)

                                   Suvvia,
    Non temere, o gigante!--Del destino
    Strano voler!... Chi più gagliardo nacque,
    Al par di te, nelle battaglie, audace,
    Sfida la morte;... e poi, qual bimbo, trema
    All'ignoto dinnanzi.--Or io l'ignoto
    Intravvidi; sull'orlo dell'abisso
    Io m'affacciai, nè più timor m'incute!
    Del mio saldo pensier la miglior prova
    È questa!... Sol chi può narrar gli eventi
    D'un suo naufragio è salvo; e solo il pazzo,
    Che può parlar della propria follìa,
    Può ambir di savio al nome!--Oh, come sento
    Dentro le vene rifluirmi il sangue
    Per nova giovinezza!... Io benedico
    Alla febbre trascorsa!... Dal suo fuoco
    Fatto miglior m'adergo!... Or vengan dunque!
    Qual fui mi rivedranno!

              (_squilli di trombe_)

                       AFR.
             (_andando al terrazzo_)

                            Eccoli.

                      NABUCO
         (_seguendolo, guardando fuori_)

                                   Ah, i miei
    Guerrieri!... Ghev!... Daràb!...

           (_facendo cenni di saluto_)

                                    Su!... su!... Venite

                   (_a Daìra_)

    E tu rimani, tenerezza mia,
    Vicina a me!

     (_Va a porsi con Daìra sotto la tenda_).



                     SCENA II

ARGIASP--ZALA--BALTAZÀR--FASCKUN--
LORASP--TOGHRUL--GURGHIN--NUSHÈH--
MAHAFERID--GERIREH--JERAK--KUNAREND--
BÈRHAM--DARAB--GHEV.--Soldati--Dame--Detti.


                      NABUCO

    O satrapi e guerrieri,
    La mia fronte guardate.--A terra, come
    Quella d'un bruto, la vedeste china;
    Ed ora al ciel balda s'eleva!--Questa
    Mia man regale era una zampa; ed ora
    Man regal ridivenne,--Uscìan guaìti
    Da queste labbra; e imperïosa tuona
    Sovr'esse ancor la voce mia.--Per voi
    Or chi son io?...

                       ARG.

                     Nabuco il re tu sei!

                      TUTTI

    Gloria a Nabuco!

                       ZALA

                    Con te stanno i Numi!

                      NABUCO

    Alla reggia!...

                       AFR.

                   Non io!

                      NABUCO

                          Perchè?

                       ARG.

                                 Signore,
    Da questo dì, lontan da te, ignorato,
    Ch'io viva e muoja mi concedi!

               NABUCO (_scherzoso_)

                                  Forse
    Te colse il mal che me cogliea?

                       ARG.

                                   Daìra
    Ti risponda per me!

                NABUCO (_a Daìra_)

                       Parla....

                      DAÌRA
              (_andando a Argiasp_)

                                Con lui,
    Mio re, ne andrò....

                      NABUCO
              (_sorpreso, agitato_)

                        Tu?... Tu?... Con lui?... Ma quale
    Mistero è questo?

                      DAÌRA

                     Io d'esser sua promisi
    Se eri salvo!....

                      NABUCO
(_la fisa per qualche istante interdetto; poi, fra sè, cupamente,
andando a sedere sotto la tenda_)

                     Non han, dunque, nè terra
    Nè cielo gioje per Nabuco?... Chiesi
    Gloria alla terra; e la noja raccolsi!...
    Mi volsi al cielo; e un minuto d'ebrezza
    Mi costò la follìa!... E perchè ancora
    A terra e cielo io sorridevo?

                (_fissando Daìra_)

                                 Io guardo
    Ora quel volto.... ed il perchè comprendo!
    E rivederlo non potrò più mai!...
    Più mai!... Più mai!...

(_abbandona il capo fra le mani.--Pausa_)

                      DAÌRA
    (_avvicinandosi a lui, inginocchiandosi_)

                           Signor, l'ultimo addio
    Di colei che t'amò d'accoglier degna....

              (_indicando Argiasp_)

    Mettere il piede sul tuo capo imbelle
    Egli poteva, ed esser re.... Me volle
    A tanta infamia preferir;... ed io
    A lui fui sacra....

                  (_alzandosi_)

                       Addio per sempre!

                      NABUCO
    (_solleva il capo; la guarda, poi seccamente_)

                                        Addio....

             (_andando ai guerrieri_)

    E noi, guerrieri, a nuove imprese!... In alto,
    In alto i cuori!--Chi chiamarmi pazzo
    Osò?...--Costui, per Auramazda, io voglio
    Che nell'Eufrate abbia sepolcro!..,.--Pazzo
    Io non fui mai!--Pazzo ero forse quando
    A debellar Sàrmati, Egizî e Ebrei,
    Io condurvi volea?...--Pur, lo rammento,
    Su mille labbra era il sogghigno! E mille
    Mi gridarono allor: «_Sogni!... follìe!
    Questi nemici, che fiaccar vorresti,
    Hanno l'armi fatate!_» Ed altri: «_Sono,
    Lontani tanto che sarem stremati
    Il dì che ad essi giungeremo!_»--Oh, i vili!
    Oh, i paurosi... Lebbra della terra!--
    Pur trïonfanti noi tornammo!--E il giorno
    Ch'io delle stelle tentai la conquista,
    Pazzo ancor fui chiamato!--Or, che son gli astri?
    Dei mondi al par del nostro.--Son lontani?
    Eran lontani Egizî e Ebrei.--Le stelle
    Son più lontane?--E sia.--Ma, dove il piede
    Innoltrare non può, s'innoltra l'ala
    Dell'intelletto; ed io vi dirò il verbo
    Onnipossente che agli astri solleva!
    Come la vostra mano avrà una spada,
    Un'arme avrà la vostra lingua!--Forse
    Che ad ogni guerra non convien la scelta
    Dell'armi?...--Evvia!... Io con guerrieri parlo,
    Non con bifolchi!...

(_Durante queste parole di Nabuco tutti si guardano
fra loro, come dinnanzi a chi impazzisce_)

                       GHEV
              (_freddo, titubante_)

                        O re, per questa impresa
    Vuolsi tempo e consiglio.... Ora ti piaccia
    Alla reggia tornar....

                      NABUCO

                          Così rispondi
    Tu freddamente?

                   (_a Darab_)

                   E tu?

                      DARAB

                        Di Ghev, signore,
    Saggia mi sembra la parola!

                      NABUCO
             (_agli altri guerrieri_)

                               E a voi?

                       KUN.

    Ritorniamo alla reggia!...

                      NABUCO

                              Ah, no!... Per Ebli,
    Io tra festini e citarede ancora
    Tornar non voglio! Alla gola mi sale
    La nausea ripensandovi!

                  (_terribile_)

                           Oh, le abbiette
    Nature!... E voi, voi siete i miei guerrieri!
    Voi la parte miglior di questa greggia
    Che intorno a me si affolla?...--Ebben,... da solo
    Io compirò l'eccelsa impresa!--Agli astri
    Io vo' salir!... Non più un istante voglio
    Rimaner sulla terra!

(_strappa la spada ad Afraisab, e, invasato, la brandisce_)

                       AFR.

                        O re!

                      DAÌRA

                             Nabuco!

                      TUTTI

    Signor!....

             NABUCO (_respingendoli_)

               Lungi da me!.. Nessuno si attenti
    D'avvicinarmi!

                    (_pausa_)

                            O Dio, che il sole accendi,
    Io ti sfido!... Io ti sfido!...---Ah... parlan gli astri!
    A me discenda la rete d'argento
    Dei raggi loro, e mi sollevi!...--O fiori
    Dell'infinito, la mia man possente
    Vi coglierà!... Vo' della luna il gambo
    Recider colla spada....--A me la luna!

(_spicca un salto fiedendo l'aria colla spada, e cade a
terra con un grido_)

               TUTTI (_accorrendo_)

    Signor!...

                      NABUCO
    (_carponi, come colto da spasimi atroci_)

                     Ah.... su di me cadde la luna!

             (_toccandosi alla nuca_)

    Quì una piaga m'ha aperto!...Oh, strazio!...Oh strazio!
    Deh.... chi mi uccide?

                    (_sviene_)

            TOGHRUL (_ai cortigiani_)

                          Or sarem noi d'un pazzo
    I servi?...

              DARAB (_ai guerrieri_)

               E noi d'un bruto?...

                      LORASP

                                   Evvia, giammai
    Di Caldea risalir potrà costui
    Sul trono!

                       GHEV

              Evviva Argiaspe re!

                      TUTTI

                                  Al novello
    Re di Caldea sia gloria!

                       ARG.

                            E di Nabuco
    Sul trono io salirò....

          (_a Jerak, che si allontana_)

                                     Della partenza

    Or l'inno intoni il popol di Giudea.

            (_avvicinandosi a Daìra_)

    Sempre con te verrà l'anima mia,
    O Daìra,...--Ah, il pensier che tu morrai
    Da me lontana, ogni fulgor m'oscura
    Di regale maestà!

(_Zala fa atto di allontanarsi; Argiasp muove per seguirla_)

                       GHEV
   (_soffermando Argiasp, additandogli Nabuco_)

                                   Come fedeli
    Gli fummo, a te sarem fedeli Argiàsp:
    Questo solo può dir chi d'uom di guerra
    Merita il nome.

    (_Nabuco rinviene a poco a poco, guaìsce e lambe le
    mani di Daìra_)

                 AFR. (_a Ghev_)

                              Anch'io son uom di guerra,
    E tal nome pretendo; eppure a Argiàsp
    Io fedeltà non giuro.--A re Nabuco,
    Vincitor, la giurai; e a re Nabuco,
    Il vinto, vo' serbarla!

                      DARAB

                           Del guerriero
    Può sul labbro sonar forse il rimpianto
    Per chi morì coll'arme in pugno.... A un pazzo,
    Che va carponi, ei non può dar che beffe!

             (_movimento di Nabuco_)

                       KUN.

    Addio, Nabuco!--Signor della terra
    Fatto t'aveva il valor nostro.... Il braccio,
    Tanto gagliardo da reggerne il peso
    Bêl non ti diede;... ed or fiaccato giaci
    Come brïaco di monelli a scherno.

(_Nabuco stende rapidamente la mano, riafferra la
spada, s'erge terribile; ma ricade gemendo.--Tutti
arretrano spaventati, poi crollano il capo_)

                       GHEV

    Andiam!

(_Tutti si allontanano, meno Nabuco, Afraisab e Daìra_).



                    SCENA III

             NABUCO--AFRAISAB--DAÌRA
              (_il giorno tramonta_)


                      NABUCO
                 (_sollevandosi_)

                     Lontani sono alfine?... Soli
    Alfin siam noi?

                AFR. (_tremante_)

                   Signor!

                NABUCO (_ridendo_)

                          Fa cor, gigante,
    E plaudi al re!--No, non un pazzo io sono!
    Stato un pazzo sarei se in mezzo a loro
    Ritornato foss'io!--Ah, mia Daìra,
    Io conquistar volevo il cielo?... Ebbene
    La mia brama è compiuta!...

(_l'abbraccia e porge la mano a Afraisab.--S'ode
un canto in lontananza_)

                      NABUCO

                               Sì.... Sciogliete
    Della liberazion l'inno, o Giudei!
    Io pure sciolgo il mio!...--Libero sono!
    E, come voi, lontan da Babilonia
    Io fuggirò....

                 DAÌRA--AFRAISAH

                  Tu?

                      NABUCO

                     Sì.... con voi....

                       AFR.

                                       Nabuco,
    Il re del mondo, fugge?!

                      DAÌRA

                            E gloria, e trono,
    E vendetta così tu lascerai?

                      NABUCO

    Sì.... Per te!

                      DAÌRA

                  No.... Per me non vo' che insozzi
    L'infamia il nome tuo!... Costoro, vivi
    Solo per te, doman su bronzi e marmi
    Incideran l'orrenda storia; e gli uomini
    Delle più tarde età ripeteranno:
    Che un bruto fu, chi tra i mortali ergeva
    Come un Nume la fronte!--Il mio destino
    Compier, deh, lascia.... perchè il tuo si compia!
    Te solo al mondo io amo, e della vita
    T'amo ben più;... sicchè per te potrei
    Ogni angoscia soffrir, fuor del rimorso
    D'averti tolta la tua gloria.

                  (_a Afraisab_)

                                 Ah, corri,
    Corri alla reggia, Afraïsab, e grida:
    «_Mentì Nabuco, il re, la sua follìa!
    Fra voi ritorna il domator del mondo!
    A terra!... A terra!_»

                      NABUCO

     (_ad Afraisab, che fa per allontanarsi_)

                           Fèrmati!

(_a Daìra, piegando un ginocchio dinnanzi a lei e
allacciandole la persona colle braccia_)

                                   Divino
    E debol corpo di fanciulla, lascia
    Ch'io fra le braccia ora ti stringa, come
    Divoto un'ara d'alabastro!

(_pausa--poi Nabuco si alza--conduce Daìra al proscenio_)

                              Ed ora
    Odi: Nabuco, il domator tremendo,
    È spento in me.... La sua mission compiuta
    È sulla terra:... missïon feroce
    E fatal!... Chè Nabuco era la guerra!--
    Era la gloria?--Sta nell'ardue imprese
    La gloria vera; ed ardua impresa quella
    Della guerra non è!--Perfidi e vili
    Nascono a mille fra le umane genti;
    E chi ai perfidi giova e i vili aggioga
    Coglie facil trionfo,... e della guerra
    La sapïenza è questa!...--Eppur si strugge
    Tal sapienza da sè!--Nell'urto orrendo
    Dei combattenti, cola il sangue; e l'atra
    Rugiada sembra diventar cemento!
    Un tempio è il mondo, che invisibil mano
    Assidua innalza, e di cui pietra a pietra
    Salda col sangue.... Il vincitore al vinto
    Impone arti e costumi; e il vinto a lui.
    Io soggiogai gli Ebrei colla mia lancia;
    E, colla scienza lor, gli Ebrei me han vinto!--
    Quando compiuto sarà il tempio?--Ignoro!
    So che compiuta è la missione mia
    Di recar sangue;... e che compiuta, un giorno,
    La griderà l'intera schiatta umana
    Com'io in quest'ora!

           (_baciando in fronte Daìra_)

                        Ah, la follìa ripreso
    M'avrebbe,... sì,... senza di te!... Che ad essa
    Guidan del pari, se confin non hanno,
    E l'inopia e il poter; sicchè Nabuco
    Pazzo divenne, possedendo il mondo,
    Come quel vecchio mandrïano, a cui
    Arsa avean la miserrima capanna
    I miei soldati....

         (_interrompendosi a un tratto_)

                      Or, come mai,... perchè
    Questa memoria mi tornò?...

                 (_ad Afraisab_)

                               Ricordi,
    Afraïsab, la scena?

                       AFR.

                       Ah.... La ricordo!
    Sì.... Fu la sera d'una pugna, in Libia....
    Sotto la tenda noi stavamo a mensa,
    Quando, uggiolando, entrovvi il mandrïano.
    Egli i capegli si strappava; avea
    Nelle pupille della febbre i lampi,
    E gridava: «_Ov'è il re?... La mia capanna
    Ei m'ha distrutto,... e il suo palazzo io voglio!
    M'invidïava se il mio ben mi tolse....
    E mandrïan dunque ei divenga, ond'io
    Possa invidiarlo alla mia volta!... A lui,
    Ecco, il vincastro io reco... A me il suo scettro!_»
    Tu fulminasti d'uno sguardo il vecchio....
    Ed io.... la testa gli spaccai!...

               DAÌRA (_inorridita_)

                                      Ah....

                      NABUCO

                                            Atroce
    Scena di guerra!...--Ah, quell'immane fiotto
    Di caldo umano sangue!...

                       AFR.

                             .... E sì possente
    Che ne fu piena tutta la tua coppa!...
    Teco tu, allora, mi traesti, preda
    A uno strano terror;... tu, che veduti
    Pur tanti morti e tanto sangue avevi!
    E, senza posa e senza meta, errammo
    Tuttaquanta la notte!

                     NABUCO.

                         ... Oh, come parmi
    Rivivere in quell'ora!

                       AFR.

                          ... L'alba prima
    Ci trovò in mezzo ai monti....

                      NABUCO

                                  ... In una verde
    Valle silenzïosa....--La rivedo
    Come vi fossi!...--A picco, d'ogni parte,
    Sorgean pareti di granito; e solo
    Vi si accedea per una stretta gola.
    Ed io ti dissi: «_Se qui entrasse quegli
    Che più m'abborre, ed io, con una rupe,
    Quella gola chiudessi, ei prigioniero
    Rimarrebbe in eterno!_»

(_pausa--Nabuco rimane un istante pensieroso; poi di
balzo_)

                           Ah, per i Numi,
    L'incantevol miraggio!

                DAÌRA (_tremante_)

                          Ebben, che pensi?

                      NABUCO

    Penso che riveder vorrei la verde
    Valle silenzïosa!

                   (_a Daìra_)

                     E tu vederla
    Non vorresti con me?

                      DAÌRA

                        Teco non devo
    Fors'io venir dove tu vai?

                       AFR.

                              La rupe
    Io, Nabuco, sarò;... ma viva rupe,
    Che te prigion non chiuderà, ma al varco
    Sarà difesa....

                      NABUCO

                   E sia!... Orsù.... già splende
    La prima stella....

                      DAÌRA

                       Andiam....

(_vanno tutti verso il fondo in atto d'allontanarsi.--
A un tratto Nabuco si sofferma_).

                      NABUCO
         (_a Daìra, indicando di fuori_)

                                 Vedi.... Seduto
    Presso la sponda, il battellier ci aspetta,
    Che tante volte ci guidò la notte
    Ignoti e soli....--Or tu lo chiama....

               DAÌRA (_chiamando_)

                                           Ormuzde....



                   SCENA ULTIMA

                 ORMUZDE e Detti


                     ORMUZDE
(_guardando Nabuco e Daìra lietamente, come riconoscendoli_)

    Ah.... siete voi, miei belli innamorati?
    Per molte sere v'ho aspettato invano,
    E m'angustiava, insieme alla moneta
    Ch'io perdevo così, questo pensiero:
    «Che non vi amaste più!...»--Sì bella cosa
    È amarsi!...

                 AFR. (_ridendo_)

                 E andare in barca!...

                       ORM.

                                       Oh, sì.... anche questo!

(_a Nabuco e a Daìra, come invitandoli a precederlo_)

    Or degnatevi dunque....--Ove condurvi
    Devo stanotte?

                      NABUCO

                  All'altra sponda....

                       ORM.
              (_indicando Afraisab_)

                                       Tutti?...
    Anch'ei?

                       AFR.

            Sì.... Anch'io!... Su!...

                      DAÌRA
    (_commossa, volgendo lo sguardo intorno_)

                                      Addio, mio bel giardino!

                      NABUCO

    Cresceran rose gialle anche fra i monti
    Della Libia,... cònsolati! E saranno
    Sempre le stesse!

(_Raccoglie la spada, recide il ramo d'un roseto, lo
dà a Daìra, poi rigetta la spada a terra.--Indi
con Daìra si avvia ancora verso il fondo, mentre
Afraisab rimane immobile e perplesso fissando la
spada_)

              NABUCO (_a Afraisab_)

                     Orsù,... vieni gigante?

                       AFR.
     (_indeciso, indicando la spada a terra_)

    Signor,... la spada!... Pur non so s'io debba
    Con noi recarla....

                      NABUCO
  (_dopo un momento d'indecisione, sorridendo_)

                       Il battellier decida!

       (_a Ormuzde, indicandogli la spada_)

    Odi: L'arbitro sei: Noi qui quell'arme
    Dobbiam lasciare, oppur con noi recarla?

                       ORM.
            (_raccogliendo la spada_)

    Un arme?.... Sempre!... Finchè è tristo il mondo

(_Afraisab lo abbraccia.--Ormuzde, sorpreso, lo
guarda e ride; poi tutti si allontanano rapidamente
dal fondo_).



                 FINE DEL POEMA.



                 ERRATA--CORRIGE

  Pag. 35 linea 6   temerlo,     temerlo.

   »   41   »  23   germia       ghermìa.

   »   42   »   8   Scena V      Scena VI

   »   45   »  14   Chi sei!...  Chi sei?...

   »   48   »  25   Presso)      Presso

   »   52   »   9   Canta        Canta)

   »   52   »  18   stando       mandando.

   »   94   »  28   fiendendo    fiedendo.

   »   102  »  24   Feci         Fece

   »   104  »  10   o,           o

   »   106  »  17   Nabuco gli   Nabuco le

   »   108  »   6   ricade,      ricade


[Le correzioni sono state riportate]



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  elzevir pag. 1000--2 volumi.--
  _Tip. Rota--Lecco_) .  .  .  .  .  .  .  .  "  7.50


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  (epistola.--_Tip. Rota--Lecco_) .  .  .  .  "  O.50


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