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Title: Riconciliazione
Author: Guidi, Tommasina
Language: Italian
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(This file was produced from images generously made
available by Biblioteca Nazionale Braidense - Milano)



[Copertina]

    TOMMASINA GUIDI

    RICONCILIAZIONE



    MILANO
    PAOLO CARRARA
    EDITORE



[Retro]

  DELLA MEDESIMA AUTRICE


  _Ho una casa mia!_ Vol. in-16                       L. 2 --
  _La mia casa! I miei figli!_ Vol. in-16              » 2 --
  _L'Età della moglie._ Vol. in-16                     » 2 --
  _Seconde nozze._ Vol. in-16                          » 2 --
  _La contessa Ilario._ Vol. in-16                     » 2 --
  _Nonna Paola._ Vol. in-16                            » 2 --
  _Il Curato di Pradalburgo._ Vol in-16.               » 2 --
  _28 Luglio!_ Vol. in-16                              » 2 --
  _Memorie di una zia.--Un'amicizia di educandato._
      Vol. in-16                                       » 2 --
  _Amore di donna.--Amore di madre._ Vol. in-16        » 2 --
  _Vano amore._ Vol. in-16                             » 1 25
  _Ginevra Bianchi._ Vol. in-16                        » 1 25
  _Una nidiata di rondini._ Vol. in-16                 » 1 25


  La Casa Editrice PAOLO CARRARA spedisce contro vaglia.

[Frontespizio]

  TOMMASINA GUIDI

  RICONCILIAZIONE

  NOVELLA



  PREMIATA CASA EDITRICE
  DI LIBRI Dl EDUCAZIONE E D'ISTRUZIONE

  di PAOLO CARRARA
  MILANO

[Verso]

  Proprietà Letteraria

  MILANO, 1897--TIP. PAGNONI
  Via Solferino, 7.



RICONCILIAZIONE


Dalla finestra del primo piano d'una casa pulitissima in Via ***
discosta dal centro, nella città di Bologna, aveva fatto capolino la
leggiadra testa di una giovinetta le cui treccie bionde, quasi
snodate, si arruffavano in mezzo ai dentelli d'un pizzettino da un
soldo al braccio cucito alla scollatura dell'abito.

Quella testina dopo essersi volta a destra verso il crocicchio della
strada, ove finito il portico si vedevano transitare i passanti, si
ritirava poi riaffacciandosi ancora nell'inquadrato della finestra e
con una mossa affrettata, timida, si voltava in su...

Alla finestra del secondo piano un'altra testa giovane e bruna,
pettinata all'ultima moda, compariva e scompariva del pari; e due
occhi furbi, neri, un tantino maligni guardavano in giù...--Guardarono
tante volte che finalmente s'incrociarono con quelli timidi
dell'inquilina di sotto, che gettossi subito indietro arrossendo e
mormorando:--la perfida! vuol farsi vedere.--

Non era la prima volta che in quell'ora medesima aveva luogo la
guerriciuola di sguardi, di attesa, di spionaggio; l'inquilina del
piano nobile aspettando il suo promesso sposo si era persuasa che la
signorina del piano secondo di cui non era stata mai intrinseca amica,
tentava d'intromettersi nelle sue faccende d'amore e, o accadesse ciò
per indiscreta curiosità, per genio di farla arrabbiare, o per
intenzione malvagia di attirare l'attenzione del fidanzato, ad ogni
modo sì triste gioco l'urtava andandole a svegliare nell'anima un
sordo tumulto di bile, un principio di gelosia tormentosa. È la
malattia, che più o meno acuta, travaglia sempre la donna, quando,
come Paolina Grim*** visse in un ambiente di privazione assoluta di
tuttociò che riguarda il mondo, che, con un naturale vivo, poetizzò
nella solitudine, e non ebbe altra educazione che quella datale da un
padre eccellente, ma ignaro del cuor femminile, di cui solo una madre
sa temprar le impressioni.

Paolina Grim***, che non aveva sciupato il fiore de' suoi affetti in
amorucci sconclusionati, amava il suo fidanzato con quella specie di
paura, d'ambascia, di febbre che fa drizzare i capelli all'avaro
prostrato dinanzi al suo tesoro.

L'amante arrivava invariabilmente all'ora consueta, guardava la
finestra di Paolina, sorrideva, salutava senza neppure avvedersi che
al disopra un'altra testa di donna offriva la beltà de' suoi contorni;
entrava, faceva in due salti la scala e si sentiva felice
dell'affettuosa stretta di mano della sua dolce innamorata. Paolina
Grim*** vicina a lui obliava tosto l'incidente della finestra, ma vi
tornava a pensare il domani nell'ora tragica dell'aspettazione.

Il giorno in cui la vediamo con le sue treccie bionde arruffate nei
dentelli del pizzo, disperata all'ultimo eccesso, pareva infatti che
l'audace vicina non si limitasse alla provocazione di furtiva
comparsa, ma intendesse di farsi assolutamente vedere, portandosi
molto avanti sul davanzale, ed agitando un grande ventaglio che doveva
richiamare lo sguardo più indifferente del mondo.

Il ventaglio diventò lo spauracchio di Paolina Grim***.--Certo
l'avvocato Zaeli avrebbe guardato lassù, si sarebbe levato civilmente
il cappello a Cecilia Rigotti che conosceva per averla incontrata una
o due volte in casa Grim***, e il cuore di Paolina presentiva un
immenso dolore per quel saluto che, innocentissimo in sè, avrebbe però
lusingata la vanità di quella insopportabile Cecilia Rigotti.

Il ventaglio sventolava all'aperto sopra la testina bionda entro cui
ruggiva un vulcano e a tormento maggiore un ridere franco, argentino,
chiassoso, andava a riempire l'orecchio di Paolina che si sentiva
disposta a piangere forte.

Quando l'avvocato Zaeli, bel giovane, serio, tranquillo, di ventisei o
ventisette anni, sbucò dal portico e guardò in alto, Paolina ebbe la
tentazione di serrare la finestra per non vedere il saluto che andrebbe a
volare lassù, ma non potè compiere la risoluzione.--Immobile stette a
guardare e vide il bel sorriso dell'avvocato Zaeli, vide il cenno
famigliare che giungeva a lei, poi vide lo sguardo sollevarsi d'un metro,
la mano portarsi al cappello, e... buona notte! il saluto era andato al
ventaglio. Paolina Grim*** si lasciò andare su la seggiola.

--Dirò a Zaeli che Cecilia Rigotti mi toglie la pace, mormorò
indignata. Donne simili non ne conobbi mai! e se nella mia vita avrò
ad incontrarne, io lo sento... io morrò di gelosia. Zaeli è onesto...
dubito forse di lui?... no! mi rivolta l'impertinenza di Cecilia, è
lei che odio...

Aspettava intanto di veder aprir l'uscio e cercava di comporre il
volto alla quiete.

--Zaeli che fa? dovrebbe esser qui!

Si alzò da sedere.

--Ma è la serva che non ha udito il campanello... vado io. No, no, è
qui... ebbene? che fa Zaeli?...

In verità nessuno compariva. Aspettò mezzo minuto e poi si precipitò
all'uscio, traversò due stanze, aperse la porta di casa.

Povera Paolina! L'avvocato Zaeli col cappello in mano in atto cortese
parlava colla signorina Rigotti, che appoggiata al parapetto della
scala, quattro o cinque gradini più alto, salutò con molta
disinvoltura l'amica, continuando il discorso:--Il suo micino scappava
tutti i giorni dalla finestra del corridoio per andarsene a
passeggiare a pian terreno; essa ne soffriva perchè un micino bianco
bianco, senza un pelo nero, era raro, nè volerlo smarrire; ringraziava
il signor avvocato che col bastone leggiero leggiero, lo aveva
ricondotto all'ovile...

Difatti, un tesoro di gattino trottava verso la sua padrona, e
l'avvocato con la punta del bastoncino lo toccava carezzevolmente alla
coda perchè risalisse più lesto.

Paolina Grim***, smorta da far pietà, abbracciò con occhio smarrito
quella scena domestica che si tingeva ai suoi occhi di artificio e di
pericolo sommo.

L'avvocato si appressò tosto all'uscio di casa Grim*** lontano le
mille miglia dall'idea di aver commesso una mancanza; e solo cinque
minuti dopo essersi seduto a fianco della sua innamorata, avvertì in
lei un'ombra di malinconia che le velava lo splendido occhio azzurro.

--Che c'è Paolina?

--Nulla.

--Come nulla? sei triste, hai le mani fredde... guardami. Dov'è tuo
fratello?

--Tonino è di là.

--Il babbo sta bene?

--Benissimo.

--Tu?...

--Benissimo.

--Hai qualche cosa da raccontarmi?

--Non saprei, Zaeli, non saprei... ah ti prego, non guardarmi così!
quando ti dico di non aver nulla!

--Bimba, bimba! fece l'avvocato, considerandola e minacciandola col
dito. Non farmi misteri, veh! sai ch'io vivo in te, e se non ti vedo
quieta, m'inquieto anch'io...

Paolina sorrideva, si coloriva in viso, risuscitava sotto la dolce e
benevola influenza dell'amore sincero. Confessare le sue pene di
gelosia non lo poteva senza sentirsi vergogna; negare d'aver sofferto
un attacco di bile, un insulto di malinconia le pareva ingratitudine e
offesa verso il cuore che s'interessava di lei, e d'altronde sentiva
necessità di concedersi uno sfogo, di vendicarsi in qualche guisa
contro Cecilia Rigotti.

--Vuoi saperlo? disse risoluta. Ho dell'ira.

--Dell'ira, Paolina? caspita, e non mi dici con chi?

--Con tutti coloro che situati molto in basso pretendono di
sopravvanzare la gente civile a furia di chiassate; che poco o niente
educati si danno dell'importanza; che pieni di debiti sfoderano gale
come grandi signori, che... che...

--Oh questa è una requisitoria bella e buona contro gli spostati.

--Non posso soffrire! continuò Paolina. Io sono cresciuta lavorando,
vestendo con una modestia che... non faccio per lagnarmi, ma il babbo
non ha dato saggio di larghezza a mio riguardo! non ebbi un
divertimento... e colei...--guardò il soffitto--colei suona tutto il
dì, sciupa in casa abiti di valore, girovaga qua e là nei teatri,
nelle feste!--parlo di Cecilia Rigotti; concluse grave, un po'
ansante, ma col cuore più sollevato.

E guardò in viso l'avvocato per iscoprirvi l'impressione prodotta dal
nome della vicina.

--Ti dànno noia queste cose? ma io non le osservo, o tutt'al più le
deploro; disse l'avvocato, intento a puntare un fiore fra le treccie
di Paolina. Deve importare a te che la signora Rigotti, faccia, vada,
sciupi e dia luogo a commenti! lascia fare i commenti a chi ha
dell'ozio d'avanzo.

--Ma... è vero. Egli è che l'ho tanto vicina.

--Fa conto di non averla.

--Ma per forza la vedo.

--Non occupartene.

--Sua madre è buonissima! mi fa compassione.

--Quella è povera gente!... Non ti straccia mica i capelli il gambo
del fiore?

--No. Figurati che suo padre si trova in una condizione difficile.

--Peggio per lui.

--E la figliuola mostra di non accorgersene...

--Peggio per lei.

--È d'una vanità insopportabile! si crede bella mentre non lo è... ti
pare, Zaeli, che sia bella la Cecilia Rigotti?...

--Neanche per sogno!

Nello slancio di felicità fu per miracolo, se Paolina non commise uno
scandalo; il cuore le aveva nientemeno suggerito di buttare le braccia
al collo del suo fidanzato.

                                 *
                                * *

Si era udita una detonazione d'un'arma da fuoco.

Il dottor Grim***, seduto a tavola co' suoi due figliuoli, scattò in
piedi, si affacciò alla finestra con Paolina e Tonino ai lati.

Che cosa era stato?

La finestra della sala da pranzo si apriva nell'interno sopra un vasto
quadrato di terreno dissodato, disegnato a scacchi, entro ognuno dei
quali fiorivano pianticelle odorose.

Vi si girava intorno per viottolini ombreggiati da filari di vite in
rigoglio che del giardino facevano piuttosto un boschetto.

In fondo, una muraglia dipinta a fiammanti colori formava prospettiva
al cancello, che aperto in tutte le ore del giorno, dava accesso agli
inquilini della casa, vaghi di oziare in giardino.

Che cosa era stato?

Una donna, la moglie del signor Rigotti abitante il secondo piano,
attraversò correndo le aiuole, si diresse dove un gruppo di fichi
gettava ombra ai piedi del muro e fece tosto intendere un grido.

Il signor Grim*** si ritrasse dalla finestra, spinse indietro
dolcemente i figliuoli e chiuse l'invetriata.

--Che cosa è stato? domandarono i ragazzi.

--Una disgrazia.

E fattosi largo, il dottor Grim*** uscì dalla stanza, scese in
giardino, fu in un attimo laggiù ove aveva veduto dirigersi la moglie
del vicino... Il caso era irreparabile.--Il Rigotti agente di cambio,
uomo sulla cinquantina, miserabilmente si era suicidato.

Accanto a lui giaceva un foglio dissuggellato che il dottor Grim***
raccolse e lesse:

«Muoio più volentieri oggi che domani per non essere testimone della
decadenza rapidissima della mia fortuna. Bacio mia moglie e mia
figlia...»

Il dottor Grim*** nella sua qualità di medico esaminò la ferita e
diede qualche ordine ai curiosi affollati intorno; commise alla cura
di un'altra inquilina la vedova e la figliuola stupefatte d'orrore e
rifece lentamente il cammino dall'orto al suo appartamento.

--Un altro suicidio! ma sì; uno, due, tre in quattro giorni. Ma sì! il
bollettino delle notizie lugubri che ogni fido raccoglitore schiera
premurosamente agli occhi del mondo ingrossa, ingrossa!... Il numero
dei ribaldi produrrà quest'anno una cifra enorme, rivoltante!... ho
detto ribaldi perchè io giudico un ribaldo colui che volontariamente
si accomiata dall'umano consorzio. Chi ama la famiglia ed ha in sè un
tantino di stima non scappa di fronte al nemico che è il sacrifizio,
il dolore e la lotta!... io la penso così. Ma in quest'ultimo scorcio
di secolo pare che l'umanità insofferente di triboli vacilli sotto la
benda dell'incubo, e faccia sopra di sè quello che il sarto fa con le
forbici sopra il panno.--Taglia;--tagliate, miserabili, tagliate!
continuò il dottor Grim*** parlando ad alta voce, andando ad assidersi
in un angolo del salotto, asciugandosi la fronte bagnata di sudore.

I suoi due figliuoli, Paolina e Tonino, spauriti e tremanti gli si
raccoglievano intorno.

--Ora si dirà che il Rigotti è diventato pazzo, ma non mi persuadono
che sia stata pazzia!... è stato il timore dell'indigenza che ha
pervertito il buon senso del disgraziato: è stata una stanchezza di
lavoro, una egoistica voglia di spegnere per sempre i pensieri che non
ridono tutti in color rosa. Lo ha lasciato scritto!... Oggi si
giudicano pazzi i ribaldi che ammazzano o si ammazzano! è la scusa a
cui si appigliano i difensori dell'assassino e del suicida: non
vedete, non vedete? il tribunale assolve gente da far paura, e la
pubblica opinione recita orazioni funebri, fa accompagnamenti, incide
lapidi e onora di apoteosi l'uccisor di se stesso, mentre in verità
sarebbe atto meritevole e pio nascondere sotto un velo di silenzioso
compianto l'azione immorale. Siete del mio avviso, figliuoli?

Il giovanetto asserì, ma la fanciulla era troppo commossa per poter
rispondere.

--Ecco, continuò il dottor Grim*** sventolando il fazzoletto dinanzi
al volto che conservava un'espressione di tristezza profonda e di una
stizza un po' comica: ecco che il signor Rigotti se n'è andato!
felicissima notte. E chi resta?... e quella povera vedova che fu una
martire anche da maritata? e quella figliuola abbandonata nello
squallore, dopo esser vissuta nell'abbondanza e nella allegria?...
ragioniamo. Il Rigotti ha lasciato scritto di paventare
l'insufficienza dei mezzi e oggi che lui se n'è andato per questo
motivo, chi, domando io, riparerà alle urgenze del mantenimento
mancato ad un tratto in grazia sua alle due povere donne? v'ha cuore,
v'ha coscienza, v'ha logica nel suicida? Io dico di no. La cortesia e
la pietà vorrebbe poi dirli pazzi, ma pazzia non ve n'è; è viltà,
signori miei. Sapete quando è che la pazzia trascina l'uomo al massimo
del delitti? Quando una incurabile malattia ha finito di cancrenargli
il sangue; allora, nella lotta sfruttata da lunghi spasimi si cancella
nell'anima la dignità di se stessa e soccombe alla suprema tentazione.
Ma colui che vi lascia una letterina scritta con mano ferma, che fa
colazione, beve il vermut, scende in giardino e si dà un colpo
mortale, quello non è mica un pazzo, Tonino, è un ribaldo, è un
poltrone che fa pompa del suo coraggio come faresti tu, per esempio,
quando fai un salto dall'alto.

--Avete ragione, babbo; rispondeva Tonino, un bel ragazzo di sedici
anni, dalla fisonomia intelligente, briosa e dolce ad un tempo. Il
Rigotti si è portato male... ma possibile che non abbia lasciato un
po' di risparmio!

--Risparmio?... Ma Rigotti faceva dei debiti!

--E la Cecilia dunque? sospirò la figliuola.

--Non avrà niente di dote?...

--Dote? ma dove sono i beni che la possono costituire? avrà le
galanterie di moda che le portava a casa suo padre dì e sera; avrà una
farraggine di nullità costate un tesoro e prive di valore appena sono
uscite dal magazzino. Ecco la sua dote; un'istruzione superficiale,
dei capricci in testa, il pianoforte, e basta.

--Dovrà lavorare da qui innanzi.

--Se vorrà campare!

--Sua madre è vecchia!

--Povera donna! così garbata e infelice. Mi ha detto tante volte:--Ah!
dottor Grim***! se si avesse a morire di crepacuore, io sarei
morta.--Perchè, signora Rigotti?--Perchè vedo molto sciupare e poco
raccogliere.

--Almeno il signor Rigotti si fosse assicurato sulla vita! sentenziò
gravemente Tonino, che aveva udito parlare in confuso di questo mezzo
profittevole alle famiglie.

--Proprio adesso! esclamò il dottore con un gesto di negazione.

--Chi sa, babbo, non potrebbe darsi che avesse fatto questo di buono?

--Non lo credo; disse il dabben uomo fattosi più malinconico, sorgendo
in piedi e aggiustandosi il collaretto dell'abito come era uso di fare
nelle occasioni veramente importanti.

--Di' piuttosto, babbo, che il genere della sua morte disimpegnerà da
ogni suo obbligo la Compagnia di assicurazione.

--Niente affatto! rispose con leggiera stizza il galantuomo, dandosi a
passeggiare. Niente affatto, e giacchè parmi che ella desideri di
saperlo, le dirò, signor Tonino (perchè io lo so, perchè io l'ho
studiata), che la Reale Compagnia italiana di assicurazioni generali
su la vita, la cui sede è a Milano, mantiene la validità del contratto
in quanto alle polizze aventi tre anni o più di data nel caso di morte
per duello, o appunto di suicidio. Ma so bene ancora che il povero
Rigotti aveva tanto in mente di assicurarsi sulla vita, come io ho in
mente d'andare al Perù. Ah! figli miei!... proruppe il vecchio dottore
con amarezza--se gli uomini, cominciando da me, avessero senno da
profittare del bene offerto loro dal provvido genio del secolo, non si
vedrebbe sperperare il quattrino senza por mente all'avvenire. Siamo
spensierati, siamo indolenti, ci rammentiamo le utili istituzioni solo
allora che un caso brutto ci capita sotto gli occhi... Povero Rigotti,
via! non perdiamoci tanto in commenti, facciamo di meglio,
soccorriamo.

E andò all'uscio, scansò il crocchio di gente raccolto lungo la scala,
salì al secondo piano seguito da Tonino, e si pose vicino alle due
donne, che piangevano l'una fra le braccia dell'altra.

Il dottor Grim*** era un uomo avanzato in età, che all'esercizio della
sua professione aveva consacrato la vita dalla prima giovinezza.
Campagnuolo di origine, aveva fatti gli studi a Bologna e, acquistata
una buona riputazione, s'era ammogliato e manteneva la famiglia con
decoro e agiatezza.

Fu allora che l'ottimo uomo vagheggiò nella sua mente un'idea
commendevole e generosa, quella cioè di assicurare con un Contratto di
previdenza una eredità ai suoi figliuoli, e riuscire così a dar loro
una prova postuma di amore.

La sua professione gli accordava lauti guadagni, e fintanto che da un
lato fiorivan le rendite e dall'altro erano tenui le uscite, la
splendida idea s'andò maturando con quella facile persuasione che fa
dire all'uomo--sono sicuro di far la tal cosa, se non oggi, certamente
domani.--E i giorni passavano, i figli crescevano, e l'ottima idea del
contratto di previdenza rimaneva nel sogno delle aspirazioni, mentre
il denaro chiuso in una cassetta trovava molto bene la via di
uscirne:--Farò domani, farò doman l'altro;--è la fede dell'ignorante
in materia di tempo.

Lo colse la disgrazia di rimaner vedovo. Fu un crollo d'affetti e di
interessi.

Per tributare all'estinta un omaggio fastoso, cui se non par lecito
chiamar riprovevole è giusto chiamare incauto, il dottor Grim***
esaurì nelle funeralie, nel tumulo, nelle larghe elemosine, nel
trasloco di casa, i risparmi già decimati, nè fuvvi caso di
riammassarne mai più, perchè chi non effettua subito un disegno
lodevole, incontra nella lentezza del domani cento ostacoli che paiono
messi apposta per isbarrare la via.

Ecco il perchè su la fronte del degno dottore si distendeva una nube
di malinconia tutte le volte che un incidente lo conduceva a pensare a
ciò che era da farsi e che fatto non s'era.

Nel cuore e nella coscienza gli restò fissa una spina, un rimorso che
s'inacerbiva di frequente e a cui dava il nome di un dolore
retrospettivo.

Vedovo da molti anni si vide costretto d'immischiare alla grave,
faticosa missione del medico l'altra non meno difficile di governare
la casa; quel cómpito femminile parve superiore alle sue forze di uomo
e ne fu oppresso, atterrito al punto che per un istante carezzò
un'altra idea, quella di riprendere moglie.

Ma non ne ebbe il coraggio per un sentimento di devozione verso
l'estinta, per un'angustia di tenerezza verso i figliuoli tuttavia
bambini, e accettò rassegnato il solenne incarico dell'economia
domestica, l'ardua impresa d'essere, come la provvidenza, in tutti i
luoghi.

Paolina, fattasi donna prima del tempo, diventò valente massaia,
sollevando misericordiosamente dalle spalle dell'eccellente dottor
Grim*** la pesantissima croce del governo domestico, addossandosi,
troppo presto per lei, la monotonia della vita. Faccende di casa,
conti con la serva, un ragazzo da tutelare e un padre adorabile, ma
che molto avanti negli anni, non si ricordava più delle distrazioni
necessarie alla giovane età, e perchè vedeva la figliuola docile e
quieta, ne aveva abbastanza; che non andava a spiarne il fondo
dell'anima, nè domandava a se stesso se la donna a diciasette o
diciotto anni è veramente capace, senza il genio del sacrifizio, di
vivere d'aria di refettorio e di giardino come la sua!

Il dottor Grim*** sapeva che la casa è il tempio della donna e sapeva
la verità; ma ignorava poi che rincarando la dose di un bene qualunque
si va in pericolo di incontrare la sazietà che è il punto fosco di
tutte le cose belle e buone.

L'avvocato Zaeli, solo al mondo, dacchè suo padre, amico del dottor
Grim***, ebbe cessato di vivere, apprezzò la giovinetta pura come il
fiore sbucciato nell'ombra, e la scelse a compagna della sua vita. Fu
una grande consolazione per l'ottimo dottor Grim***! eppure nel
giocondo palpito del suo cuore paterno suonò una campana dolente:--Ah!
se al nascer della bambina avessi sottoscritto un'assicurazione a
termine fisso, ecco che all'età del matrimonio potrebbe essa
riscuotere una somma che io chiamerei provvidenziale.--

Gli sponsali erano fissati nella primavera e la primavera era già
comparsa col suo diadema di verde e di azzurro, ma assai più bella che
nei prati e nel cielo, sorrideva festosa nell'anima dei due
innamorati.

Il brutto fatto accaduto in quei giorni, aveva sparso una tinta di
tetraggine in casa Grim***, tanto prossima all'abitazione delle due
disgraziate signore Rigotti; ma siccome al dott. Grim*** non garbavano
a lungo le cose meste, dispose per il giorno primo di giugno le nozze;
e Tonino spiccò un salto. Oppresso da mane a sera dalla memoria di
quel colpo, di quel grido, di quel cadavere disteso all'ombra del
fico, Tonino aveva bisogno di allontanare le cattive immagini dal
pensiero, e a tal uopo giovavano mirabilmente le nozze di sua sorella,
che a guisa di un iride venivano a rallegrare il domestico focolare.

Tonino dunque spiccò un salto quando suo padre leggermente commosso,
comicamente grave, stabilì che nel primo giorno di giugno Paolina
sarebbe la signora Zaeli. Padre e figlio si baciarono teneramente.

Tonino aveva giurato di comporre un sonetto nella occasione del
matrimonio, e andò tosto a chiudersi in camera; ma... non si nasce
mica un Petrarca! pensò; e modificando l'idea si decise per l'Ode.
Poi... caspita! non si nasce mica facilmente un Parini, un Giusti o un
Leopardi! son genii quelli. Un Tonino Grim*** non aveva già pronte le
ali, e a mente fredda, ripensandoci su, trovava molto più adatto per
lui uno Stornello. Avrebbe fatto uno stornello spirante odore di
primavera, irraggiato da uno stuolo di auguri, di carezze, di gemme,
di fiori.--Fior di rosa--cominciava:

    Fiore di rosa
    Che sbucci all'alba perchè...
    Perchè Paolina si sposa!

--No. Fior di speranza... no. Non voglio fiori allegorici, voglio
fiori veri, conosciuti, fiori di giardino. Fiore d'arancio... e poi?
Fior di verbena; benissimo:

    Fior di verbena che...

A cavalcioni di una seggiola si batteva la fronte e pestava i
piedi.--Verbena mi piace perchè fa rima con serena, che è la fronte di
Paolina... E poi, Dio buono! e poi?...

Le Muse assolutamente non presiedevano ai futuri destini del figliuolo
dell'ottimo dottor Grim***.

                                 *
                                * *

Un casinetto fuori appena della città, nascosto nel verde, fatto
apposta per rinchiudere due persone felici, fu preso in affitto
dall'avvocato Zaeli.

La larghezza della strada lo separava dai giardini pubblici, quel
vasto campo a cui le piante giovanissime non hanno ombra da dare, ma
che promettono da qui a dieci anni tutte le bellezze della botanica,
meno il profumo dei fiori che sembran banditi per sempre.

L'antica Montagnola di Bologna, co' suoi vecchi, grandiosi e
bellissimi platani, con le sue gloriose memorie di guerra, è
abbandonata alle serve e ai dilettanti di velocipede, che la
traversano in tutti i sensi. V'ha però un momento dell'anno in cui la
gente vi corre a frotta, e quegli sfondi solitari si animano
all'obliato sorriso delle donne che non isdegnano anch'esse di riporre
il piede nel vecchio passeggio cangiato in Ippodromo.

Il nuovo giardino pubblico battezzato nel dolce nome della nostra
Regina, sale dalle mura della città in una ondulazione insensibile
fino alle falde delle colline.

Dal casinetto modesto dell'avvocato Zaeli, passata appena la strada,
si entrava nel viale di cinta del giardino Margherita e per quella via
si giungeva in città senza lungaggini di risvolte e polvere
incresciosa di strada provinciale.

Tutte le mattine l'avvocato, fra le nove e le dieci, usciva di casa in
compagnia della moglie che lo accompagnava fino al cancellino, si
stringevano la mano e l'una tornava all'abitazione, l'altro camminava
lesto lesto sul viale pulito, bianco, secco, costeggiava il piccolo
lago, giungeva alla barriera di Porta Santo Stefano e salito in _tram_
andava nel centro della città ove aveva due camere ad uso di studio.

Il dottor Grim*** non istava giorno senza andare a prender notizie
della figliuola e spassionarsi nel tempo stesso col genero del
supplizio ricadutogli sulle spalle in forma di governo domestico.

Uscita Paolina di casa, era naturale, inevitabile che ricominciasse
per il dottor Grim*** la _via crucis_ delle casalinghe bisogne. Serva,
lavandaia, carbonaia, cucitrice, stiratrice, erano tutti insieme i
tormenti che lo flagellavano.

Nè v'era mezzo di liberarsene. Le poche ore che gli rimanevano libere
doveva consacrarle alla casa, eccetto che non avesse trovato più
comodo d'andar in rovina, lasciando fare alla serva il piacer suo.

Erano lamenti digressioni eterne, proteste di non andare più avanti,
che l'avvocato Zaeli ascoltava cortese, compiangendo, commiserando, ma
incapace di potere aiutare.

--Caro dottore, lei sapeva bene che maritando Paolina...

--Già, lo sapevo benissimo, nè intendo di far rimprovero a voi che me
l'avete rapita. Doveva accadere presto o tardi, lo so! ma permettete
di grazia ch'io vi dica tutto quello che soffro. Ho io a chi
rivolgermi? nessuno. Un ragazzo che va giù per le scale trenta volte
il giorno; che sciupa, che pretende, che va per le corte--non ho più
camicie--mi ci voglion le calze--i calzoni son rotti. Io? figuratevi!
ho licenziato due serve in quindici giorni, e badate che a trovar
serva non è mica facile. Vecchia?... non garba a Tonino. Giovane?...
non garba a me. Capirete, avvocato, ho bisogno di quiete, io. E quando
sono al letto dell'ammalato, se mi capita in testa un pensieraccio
cattivo, che cosa faccio? Chi mi garantisce di aver limpida mente,
sicura la mano? Ne convenite?...

--Ne convengo; rispondeva l'avvocato con quella sua ammirabile
espressione di gentilezza e di calma che faceva di lui un uomo
simpatico e rispettabile.

--Ciò mi consola, ma non è abbastanza per il caso mio; vorrei
assistenza e consiglio, caro Zaeli!

--Ma...

--Ma, per esempio, vorrei che mi diceste, faccia così, faccia colà.
Capite che con la mia professione non posso in coscienza ridurmi a
contar le calze che vanno in bucato. Mi direte--le lasci contare alla
serva.--Oibò! la serva ne conta nove quando sono dieci e ne intasca un
paio, che mi par di vederla. Così in tutto il resto. Non vi è onestà
nelle serve che ci regala in maggior numero la Romagna, uh!... la
Romagna!... Si ha pure da desinare, potenze celesti! Fate la cosa
tale, quanto costa? costa tanto. Troppo; lasciatela al bottegaio, in
nome di Dio!... E ieri, sappiate bene, ieri, al colmo dell'impazienza
e dell'ira, dissi: fate quel che volete. Non l'avessi detto, avvocato!
In gingilli, in tartufi, in uova, in latte, in un diavolo che la
porti, la megera spese un tesoro. Or bene, avvocato, s'ha d'andar
avanti così?

E sul largo panciotto bianco, inamidato, incrociò solennemente le
braccia.

--Fino a tanto, caro dottore, che ella avrà dato moglie a Tonino!...

Il dottore, punto dallo scherzo, rovesciò indietro la testa ridendo
con istizza.

--Bravo, bravo! almeno siete un abile confortatore. Tonino ha sedici
anni, nè mi mancherebbe che questa di vedermelo in casa ammogliato a
diciotto. Cospetto! per allevare una nidiata di topicini, per spendere
tre volte il doppio d'adesso... ah, scusate, Zaeli, non avete risorse
che mi vadano a genio.

L'avvocato sorrise e, chinando un po' gli occhi con fina ed onesta
intenzione di celia, disse fingendo imbarazzo:

--Prenda moglie lei, dottore!

Poi levò gli occhi meravigliato di non udire uno scoppio.

Niente affatto! il dottor Grim*** guardava il pavimento, giocolava con
la catena dell'orologio e batteva leggermente la punta dello stivale
contro il bastone che si teneva fra le ginocchia.

--Come, pensò Zaeli; non monta in furia a questo consiglio? e cominciò
a prender diletto alla conversazione.

--Una brava donna da casa farebbe scomparire in un punto le sue
angustie, caro dottore! vi ha ella pensato?

--Eh via, siete in vena di scherzare, Zaeli.

--No davvero; quale difficoltà?

--Rifiutai di riprender moglie in età ancor buona e vorreste poi che
in vecchiaia mi girasse la testa!

--Al contrario. La risoluzione sarebbe conseguenza di un sodo
ragionamento.

--Certo che... dodici anni or sono non erano logiche le seconde nozze,
mentre adesso...

Guardò fiso il genero e temè forse d'indovinare attraverso il mite
sorriso del labbro il prurito d'una gaiezza repressa.

--No, non se ne parli--esclamo inquieto.--Abbenchè, udite,
avvocato--riprese avvicinando la seggiola,--abbenchè, vi dica in
confidenza che di questa vita a cui son condannato ne abbia persino
schifo, pure è obbligo mio di allontanare ogni possibile idea di
matrimonio. Il mondo riderebbe di me; ne riderebbero i figliuoli, voi
ne ridereste!... ed io non voglio esser canzonato, perbacco! mi terrò
la mia croce, anderò diritto su la strada spinosa e mi associerò a
un'agenzia per trovar serva ogni quindici giorni.

--Non si disperi, caro dottore! perchè vorrebbe ella rinunziare a un
miglioramento di condizione nella strana ipotesi che noi ne rideremmo?
E se non ridessimo affatto?...

Il dottor Grim*** crollò la testa in atto di dubbio.

--E se io approvassi invece?.. continuò Zaeli con serietà.

--Parlate da senno, avvocato?...

--Non c'è motivo ch'io mi prenda la libertà di scherzare, quando vedo
che lei non tratta la cosa in ischerzo.

Il dottor Grim*** si sentì rassicurato dall'espressione dell'avvocato
Zaeli, buono di sostenere una celia innocente, incapace di farsi
giuoco di un sentimento che acquistava il carattere della sofferenza.

--Allora sappiate che in verità mi è passato in testa una specie di
desiderio di ripigliar moglie. Amor della casa, necessità di quiete,
vista d'economia da un lato, dall'altro che cosa volete? pietà d'una
donna infelice.

--Anche la pietà d'un infelice entra nella determinazione?

--Sì, avvocato, sì. È un complesso di circostanze che mi fa giudicar
conveniente il partito che sto per prendere; e giacchè sono in via di
confidenza non voglio fermarmi a metà. La moglie ch'io prenderò...
badate! posto anzitutto che voi mi assicuriate ch'io non sia
deriso!...

--Prendo impegno di assicurarla, dottore, che nessuno penserà a
censurarla qualora... mille perdoni! qualora la scelta sia fatta con
riflessione.

--Oh in quanto a questo nulla vi sarà da rimproverarmi, disse il
dottore con leggiero sussiego, sorridendo con paterna dolcezza.
Intanto ho dato alla Rigotti un sacchetto di calze da rimendare...

--La Rigotti! esclamò l'avvocato.

--Sì, la madre veh! la povera donna abbandonata nell'indigenza che
vive oggi vendendo il superfluo e che domani sarà costretta a vendere
il necessario. Mi son detto:--ecco una donna che ha avuto poca fortuna
nel mondo: un marito scialacquone, una figlia capricciosella e
volubile, una casa che le si è disfatta sotto ai piedi! Bene! io me la
prendo a compagna, a governante, a massaia; le depongo in grembo il
figlio, la serva, me stesso e respirerò con l'aiuto di Dio!

Battè il bastone in terra girando il pollice e l'indice della mano
sinistra fra il collaretto dell'abito e la cravatta.

--A quando le nozze? domandò Zaeli cortesemente.

--Spirato appena l'anno del lutto. Siamo in settembre eh!... non sarà
piacevole l'inverno che ha da passare.

--E la figliuola della signora Rigotti?

--È risoluta di farsi suora.

--Senza vocazione!

--Verrà.

--Senza dote!... che vi vuole un poco di dote anche sposandosi a Dio.

--Si sta raccogliendo da delle anime pie qualche obolo ch'io poi fra
me e me destino tanto al convento quanto al marito che potrebbe sbucar
fuori da un momento all'altro. Immaginatevi una donna rovinata! usa
com'era al divertimento, a star sulle gale, a tutto quel ben di Dio
che le procurava suo padre, ora è rovinata! Ispira pietà, e non tocca
lavoro, non esce, si è prefissa di farsi suora per due motivi, io
suppongo: il primo, perchè non sbuca fuori un marito, il secondo,
perchè le parrà meno fastidioso recitare delle orazioni che
procacciarsi da vivere con la fatica delle sue mani. Frutto di
educazione, caro mio! ah, quel Rigotti deve avere avuto un curioso da
fare con Domeneddio che gli avrà domandato conto di questo e questo...
Del resto la Cecilia fa compassione.

Si alzò, stese la mano al genero in atto di accomiatarsi.

--Vi saluto, Zaeli, e vi prego di comunicare a Paolina le mie
intenzioni ch'io spero non abbiano a disturbarla e a inasprirla...
vorrei vedere!

--Paolina gradirà di vederlo sollevato, caro dottore.

--Lo credo, lo credo; è una creatura adorabile la nostra Paolina. A
rivederci, avvocato... oh!--tornò indietro.--Un'altra idea,
filantropica questa, umanitaria, gentile come volete! siete in
campagna, avete un appartamento più vasto di quanto vi abbisogna e non
prendereste un mesetto con voi la Cecilia Rigotti?... è amica di
Paolina, non vi darà soggezione e farete un'opera buona tanto è
sconsolata, magra, avvilita la povera ragazza. Ditelo a vostra moglie,
per bacco! certe idee non dovrebbero essere suggerite.

--È vero! disse compiacentemente Zaeli.

--Sta bene godersi la vita in una solitudine di tenerezza e di gioia,
ma l'eccesso guasta le cose più belle. Paolina non invita nessuno, non
si lascia vedere, è diventata egoista a quanto mi pare. Voi non
dovreste coltivarne la selvatichezza fosse pure come è, figlia
d'amore.

Zaeli sorrideva e assentiva.

--La compagnia è a guisa di un condimento che rende migliori le cose
ottime... no? io dico di sì e d'altronde quando vi è la prospettiva di
un'opera buona, non si guarda troppo a sè stessi. Vi saluto.

                                 *
                                * *

Paolina Zaeli non istette a discutere se suo padre faceva o no ottima
cosa prendendo in moglie la vedova Rigotti, cui tutti avevano in
istima e simpatia per l'intemerata condotta e la bontà proverbiale;
ciò che la impensierì seriamente fu la preghiera trasmessale dal
marito a nome del padre, di prendere in campagna Cecilia Rigotti.

--Prendere con noi la Cecilia? aveva esclamato Paolina arrossendo
vivamente. E tu che cosa hai risposto?

--Nulla.

--Dimmi il tuo parere.

--Mi rimetto a te. Tuo padre dipinge la giovane in uno stato
deplorevole, ci rimprovera di non aver pensato con spontanea cortesia
di offrirle ospitalità onde si ristabilisca meglio in salute prima di
farsi suora.

--Ma lo credi tu che si faccia suora?

--Non saprei dirti, Paolina; la conosco appena.

--In quanto a me non lo credo.

L'avvocato trovava inutile proseguire un discorso il cui tenore pareva
non soddisfare sua moglie; si mise quindi a passeggiare nel prato
aspirando tranquillamente il sigaro.

--Senti, Zaeli!...

Paolina lo aveva raggiunto e gli si appoggiava alla spalla.

--Se mio padre si è messo in mente d'imparentarsi con la Rigotti,
terrà come un'offesa se rifiutiamo Cecilia.

--Può darsi.

--Ma... mi secca!

--Non la prendiamo.

--Mio padre ne avrà dispiacere.

--Disponi tu, Paolina; sai che non c'entro.

--Come! voglio sentire la tua opinione.

--Ah! fece il marito ridendo. L'opinione di un avvocato, si paga.
Sentenzio?

--Aspetta! Prima di manifestare la tua opinione, lascia ch'io ti dica
il perchè la visita di Cecilia mi fa prevedere cose poco gradevoli. Un
ospite qualunque è un testimonio importuno per noi che viviamo così
bene soli; Cecilia poi è più d'ogni altro capace di mettermi
sottosopra. Lo sai!... amiche provammo di esserlo, ma non ci
riuscimmo, tanto è la differenza che passa fra noi due di educazione,
di abitudini, di simpatie... non mi so spiegare, ma sento che non le
voglio bene.

--E domandi la mia opinione? diamine, vorresti che io ti raccomandassi
una persona che ti è antipatica; ma questo è impossibile. Non pensare
a tuo padre, sei libera di rifiutare una proposta che ti dispiace. E
sopratutto non essere così triste, Paolina, per carità!...

--Egli è, Zaeli, che mi sento in un imbarazzo grande, fece Paolina in
realtà combattuta da opposti sentimenti. Ho del cuore anch'io, e se
rifletto alla situazione della Rigotti, Dio mio! comprendo il dovere
di aiutarla e son per dire:--conducetela qui per un paio di
settimane,--ma capisci? temo di compromettere la mia pace.

--Che diavolo può essere codesta signora Cecilia! esclamò l'avvocato;
hai paura che ci venga a mangiare?

--Oh sì, giusto! rispose Paolina, chinando la testa su la spalla di
suo marito. Tu prendi occasione di scherzare sopra un argomento che mi
dà angustia. Era meglio non parlarmene affatto, e per compiacere mio
padre condurla tosto... e finirla.

--Ebbene, la conduco domani; disse Zaeli fingendosi risoluto.

Paolina non fece motto, ma spezzò con ira il gambo d'un garofano che
teneva in mano.

Non si parlò più di Cecilia, ma il giorno dopo quando l'avvocato
pronto per andare in città, pareva in attesa di una parola, di un
ordine, sua moglie ad occhi bassi, visibilmente agitata non si
risolveva a salutarlo.

--A rivederci, Paolina,

--Zaeli!

--Hai comandi per la città?

--Nessuno.

--A rivederci dunque.

--Zaeli!

--Ebbene?

Essa si sollevò sulla punta dei piedi, accostando la bocca
all'orecchio dell'avvocato.

--Non accompagnare nessuno, mormorò piano.

--Neppure il servitorello che ho accaparrato per tenere pulito il
giardino?

--Non far le viste di non comprendermi.

--Neppure Tonino?...

--Ma tu sei insopportabile!

--Ho capito, ho capito, non andare in collera, Paolina. Oh guai!...
addio.

La baciò, giunse al cancelletto dei giardini pubblici, e si rivolse a
guardarla. Paolina aveva agli occhi il fazzoletto.

--Bambina, disse fra sè l'avvocato usando forza a se stesso per
resistere alla tentazione di ritornare su i suoi passi. Conosco il tuo
cuore meglio del mio e indovino perchè rifiuti in casa Cecilia
Rigotti! è una piccola malattia del tuo cuore che minaccia di
diventare grande!... Anima mia! mormorò volgendosi rapido e mandando
col pensiero un altro bacio a Paolina, non mi conosci ancora e tutte
le donne ti impauriscono! ma guarirai.

Molto malcontenta di sè, la signora Zaeli risalì nella sua camera e vi
si chiuse abbassando le cortine, risoluta di non fare la sua toeletta
e di piangere tutto il giorno.

Sentiva l'avvilimento di non essere stata capace di vincere un
sentimento cattivo, di dare una prova di ragionevolezza al marito, una
prova di cortesia al padre che non chiedeva poi un atto magnanimo nè
un sacrifizio da mettere in pericolo l'armonia della famiglia.

V'ha nulla di più semplice e naturale d'un invito fatto a persona
sofferente, ridotta in condizione meschina?

Cecilia Rigotti, colpita da una fiera disgrazia, non doveva affatto
ricordare l'ardita, orgogliosa, insopportabile fanciulla di pochi mesi
prima. La mano dell'avversità aveva in un punto oltraggiati quei
vivaci fiori di cui faceva pompa la sua vita; era scesa una nube
sull'artificiale splendore di quella stella che per risplendere aveva
d'uopo delle gioie del mondo.

Le nature medesime piene di audacia e di difetti piegano presto alla
tempesta; e quell'occhio provocante che non più lontano di ieri vi
dava noia, vi irritava colla baldanza soverchia, oggi, bagnato delle
sue prime lagrime, cerca le vie del cuore e riesce a trovare pietà.

Quale è l'antipatia, sia pur grande e giustificata, che sappia
mantenersi nella sua piena crudezza verso la persona che soggiace ad
un tratto a terribili patimenti? l'odio stesso vien meno allo
spettacolo di un nemico che piange, e Paolina Zaeli non avrebbe saputo
cancellare dall'animo una lieve ruggine, una impressione sgradita, per
compiere tranquilla e compiacente un'opera buona verso una povera
giovane i cui torti non avevano infine un carattere grave per lei!

A tutti questi pensieri Paolina rispondeva--non è giusto che io mi
tenga all'ostinazione del _no_, è cosa indegna di un animo gentile e
se ne faranno le meraviglie!... mio padre, tenace come è nelle sue
idee, verrà a stordirmi con cento ragionamenti; mio marito, così
finamente educato, si sentirà urtato dalla mia volgare durezza e
forse... nella curiosità di conoscerne la causa, potrebbe di dubbio in
dubbio fermarsi a quello della gelosia... No, no! arrossirei, morirei
di vergogna dinanzi allo sguardo di mio marito, che non sarebbe più
dolce per me. No, questo tarlo dell'anima che è il mio travaglio, il
mio dolore, il mio inferno, stia pur sempre nascosto!... vi vuol del
coraggio... saprò dominare me stessa, saprò trionfare d'una sciocca
apprensione, perchè... è una sciocca apprensione; sì, decisamente,
sono frivolezze da mettere da un lato.

Sorse in piedi, andò ad aprire una imposta, parendole che un raggio di
sole dovesse aiutarla a vincere la battaglia.

--Come? continuò gestendo, animandosi, interrogando la sua bella
persona riflessa dal grande specchio posto su la parete. Sarebbe
strano ch'io ricusassi di compiere un atto di carità in grazia di una
impressione già svanita!... ch'io volessi stoltamente dare pascolo ad
una mia brutta tendenza, mentre appunto mi si porge la occasione di
vincerla, di liberarmene affatto! Sono risoluta. Ecco quel che
faccio.... Scrivo due parole a Zaeli, le mando tosto per l'ortolano,
dico così...

Prese carta, penna e scrisse in fretta in fretta, un tantino esaltata,
un tantino tremante: «Ho cangiato di parere. Mi è venuta in mente una
massima di Mantegazza cui adoro: _se volete vincere una antipatia fate
una gentilezza a chi vi è antipatico_. Va in persona a casa della
signora Rigotti, prega la Cecilia di venire in campagna. Le farà del
bene alla salute, povera ragazza!... Se può venire oggi stesso, sarà
cosa gradita per me... Sono allegra e felice. Ti aspetto prima del
solito.»

Prima di chiudere, lesse, stette un momento titubante, poi aggiunse in
un angolo: «Se non trovi il tempo d'andare tu stesso a casa dalle
Rigotti, manda una riga a mio padre e pregalo di condurre la Cecilia.»

Si sentì sollevata dopo aver messa la poscritta, chiuse, suggellò e
mandò la lettera. La risoluzione era stata bellissima, n'era
soddisfatta, ma le costava una grande fatica.

Paolina combatteva le prime scaramuccie della vita; quelle piccole
guerricciuole che sembrano atroci all'anima della novizza, e che, in
progresso di tempo, quando l'anima è un mare fluttuante e irto di
scogli, appaiono nei ricordi lontani a guisa di punteggiature quasi
invisibili.

Passò le ore affaccendata e distratta; andò dalla sua camera al
giardino, dal giardino in cucina almeno cinquanta volte, dimenticando
sempre qua e là un oggetto, dando e ritirando ordini che si
contraddicevano. Affrettava col desiderio le ore, e rifuggiva a lampi
dal pensiero di veder comparire la signorina Rigotti; voleva sentirsi
tranquilla e si convinceva di essere unicamente esaltata. Si propose
di essere più bella del solito e indossò un abito color di rosa; dopo
mezz'ora riflette come la gajezza della tinta potesse spiacere
all'ospite che aveva il bruno grave, e si spogliò, e scelse l'abito
bianco, ma si trovò orribilmente pallida in mezzo alle nivee pieghe
inamidate. Malcontenta di sè, si lasciò trascinare a piccinerie da
donna comune; studiò dinanzi allo specchio il gesto, il sorriso, il
contegno a cui doveva attenersi e concluse nell'intimo del cuore,
essere molto ardua impresa il voler essere generosi per solo progetto.
Vestita definitivamente di un vestito grigio a nastrini azzurri, si
trovò avvenente, eppure fra la sua immagine ed il cristallo
lusinghiero, s'inframmetteva come una insidia, la bruna testa di
Cecilia Rigotti, su la quale neppure un velo di profonda mestizia
pareva sufficiente a coprire l'audacia e l'impertinenza.

Si approssimava intanto l'ora dell'arrivo di suo marito. Sarebbe
venuta anche Cecilia? e con chi? In ogni modo vi voleva della calma,
della dignità, della temperanza di espressione perchè ove suo marito e
la Rigotti avessero potuto scoprire solo da lungi il senso
d'inquietudine che la travagliava, la mortificazione a cui sarebbesi
esposta, darebbe l'ultima tinta di disperazione al quadro della
gelosia.

Le cinque ore erano arrivate, ma non l'avvocato Zaeli; era in ritardo;
la signorina doveva averlo fatto aspettare... ecco il bel conto in cui
era stato tenuto il proscritto del suo biglietto. Fremeva!

Alle cinque e pochi minuti, Paolina stando a guardare dalla finestra
socchiusa, vide spuntare dal largo viale dei giardini pubblici suo
marito, Tonino Grim*** e la signorina Rigotti, la cui testa rimaneva
nascosta dall'ombrellino di seta nera. Paolina congiunse le mani con
immensa consolazione. Erano in tre! Zaeli era un gentiluomo nel più
ampio significato della parola.

Come le parve dorato il sole; come le sembrò puro quel cielo di
settembre, guardato con occhio riconoscente attraverso il prisma della
felicità.

Si ritrasse, si accinse a discendere tendendo l'orecchio. In meno di
tre minuti, i nuovi arrivati entravano nella loggia del casinetto.

Da un uscio di fianco, si presentò Paolina, leggermente colorita in
viso; andò incontro a Cecilia, che non aveva più veduta dacchè si era
sposata, e con vera gentilezza mista a condoglianza, le strinse la
mano e la baciò su la guancia.

Quanto era cambiata e con quale umiltà corrispose alla benevola
accoglienza, ringraziando ad occhi bassi, dichiarandosi immeritevole
dell'invito. In pochi mesi, con la freschezza della salute, s'era
involata dalla sua persona la vivace espressione di orgoglio e di
leggerezza che la caratterizzava, ma siccome è l'anima che s'incarica
della fisonomia nelle sue sfumature più delicate, così, considerando
attentamente il viso pallido e serio della Rigotti, vi si scorgeva
quella tinta di amara stanchezza che non è dolore, ma tetra collera,
che non è avanzo di lagrime schiette, ma è un fremito del disinganno
che andò a disperdere i sogni di superbe speranze.

Paolina, lieta come una bimba che sia riuscita a recitar bene il suo
compito, momentaneamente pacificata con sè, con l'ospite, col marito
il cui contegno si conservava naturalissimo, disimpegnò le funzioni di
padrona di casa con un garbo ammirabile, e finito il pranzo, reso gajo
dalla conversazione di Tonino Grim***, prese sotto il braccio la mano
di Cecilia Rigotti e l'invitò a far seco una passeggiata ai piedi
della collina, che nella quiete solenne s'incoronava degli ultimi
splendori del sole.--

                                 *
                                * *

--Sei veramente risoluta di farti suora? chiese Paolina in aria di
curiosità, guardando il serio profilo di Cecilia Rigotti.

--Sì. Ho esaminata la mia situazione e mi son persuasa nulla esservi
di meglio per me.

--Ma non pensi al dolore di lasciare tua madre?

--Vi ho pensato, ma poichè ho avuto la forza di sopportare la
disgrazia di mio padre, sento di poter reggere a qualunque altro
distacco. Vivevo in una completa ignoranza di affari, nell'abitudine
di star bene e nell'inganno di credermi qualche cosa nel mondo!... in
piena spensieratezza, abbagliata dall'illusione, mi son trovata ad un
tratto nella dura necessità di lavorare. Lavorare io?... vi ricordate,
Paolina, la vita che conducevo? Non so lavorare, non posso, non voglio
accettare quest'ultimo scampo che mi vorrebbe offrire il destino e
preferisco il chiostro alla bottega dell'operaia.

--Se il chiostro non avesse altro che rose da darti! fece Paolina
dolcemente. Ma riflettete che l'austerità del convento, la grave
responsabilità dei voti deve essere ben più opprimente all'anima, di
quanto la fatica del lavoro possa essere molesta alle mani. Ti pare?
Il lavoro nobilita.

--Non mi pare, rispose freddamente Cecilia. Suora, mi nascondo;
operaia, mi situo in faccia alla gente, che, ricordandosi di quello
che _fui_, mi avvilirà per quella che _sono_.

--Come puoi credere così cattivo il mondo?

La Rigotti, sollevò le spalle con profondo disprezzo.

--Gli amici di mio padre sono venuti a condolersi con noi e nel tempo
stesso hanno passato in rivista i nostri bei mobili, gli armadi colmi
di biancheria, per dar loro un bel prezzo e dividerseli dietro uno
sborso insignificante, valevole appena a far fronte alle spese
d'urgenza. E domandi come io possa credere cattiva la gente?... i
creditori di mio padre facendo il panegirico del martire, come lo
hanno chiamato, hanno spogliato me e mia madre per salvare loro
stessi: ho veduto portar via il mio pianoforte dal padre d'una mia
amica, la quale, lieta della combinazione, si è data subito a studiare
la musica, nè mi ha più guardata in viso! e vi meravigliate, Paolina,
che in tanto rovescio di fortuna, in tanta crudeltà di disinganno, io
mi risolva a staccarmi dal mondo?

--Ma, potresti riconciliarti con la vita, mediante un collocamento
decoroso...

Un sorriso più triste d'una lagrima, passò sul bel volto della
Rigotti.

--Nessuno pensa a me, oggi che son caduta nella disgrazia! ma non
importa. Ora mia madre è salva dalla miseria, continuò addolcendo la
voce, ed io posso allontanarmi da lei più quieta nel cuore.

--Ti farai suora di carità? chiese Paolina, dopo breve silenzio.

--Mi farò cappuccina.

--Ma le suore di carità sono utili al mondo perchè lavorano!...
esclamò vivamente la signora Zaeli.

--Le cappuccine pregano: rispose breve, Cecilia Rigotti.

Una fuggevole espressione d'ironia, spuntò sul labbro di Paolina, che
fu tentata di dire:--ma, voi signora, abborrite anche il lavoro dei
santi! voi per amore di ozio preferite all'opera meritoria esercitata
nel mondo, l'asceticismo sonnolento che non ha valore, poichè,
cappuccina per avversione alla fatica, è virtù che non so intenderla!

E fissò gli occhi in viso all'ospite.

--Assolutamente non divido le tue massime, e vorrei per il bene tuo,
Cecilia, che rinunziassi alla follia di un sacrifizio che non
riuscirai a sostenere.

--Iddio avrà misericordia di me.

--Comincia ad avere pietà di te stessa. Il passo è terribile, nè io
vorrei su la mia coscienza il rimorso d'averti spinta con un solo
consiglio.

Cecilia, sorrise un po' bieca.

--Voi dunque, Paolina, non vorrete neppure contribuire alla sollecita
effettuazione del mio unico desiderio, con un'offerta generosa?

--Quale offerta?

--Raccolgo a titolo di elemosina la dote per entrare in convento.

--Francamente! disse Paolina, con un gesto vivace; non posso cooperare
all'infelicità d'una creatura.

A questo punto la conversazione cadde, come cadeva appunto la sera. Un
velo di rugiada inumidiva l'orlo del sentiero sul quale camminavano le
signore che tenevano leggermente sollevata la veste.

Paolina Zaeli, ripensando in silenzio alle disgrazie della sua ospite,
sentiva in sè l'abilità di confortarla con ragioni rassicuranti,
qualora Cecilia le avesse ispirata una tenerezza d'amica; ma, accadeva
che quanto più intima si faceva la loro conversazione, tanto meno ne
rimaneva tocco il cuore della signora Zaeli.

Nel corso di parecchi giorni, la Rigotti si lasciò scorgere più tetra
che mesta, più sdegnosa che appassionata; era palese in lei la donna
crucciata dall'impazienza, intollerante ai colpi dell'avversa fortuna,
risoluta di affrontare volontariamente la più difficile delle
condizioni piuttosto che in una nobile rassegnazione, dar saggio di
intelligente dignità, di coraggio lodevole.

Rendeva noto a chiunque di farsi monaca per iscampare dalla necessità
del lavoro che le faceva spavento; per isfuggire la vista di quelle
mondane lautezze di cui aveva goduto o di cui s'era creata un bisogno.

La pietà, l'amore della solitudine, la religione in Dio, non entravano
affatto nella sua risoluzione; non cercava di nasconderlo, offriva
noncurante e sprezzante all'altrui meraviglia, la viltà del suo
spirito, la fiacchezza materiale che la persuadeva a rinserrarsi in
convento.

E Paolina pensava:--quante triste monache si raccoglierebbero sotto lo
stendardo dei Santi, se tutte le infelici fanciulle sbalzate da una
ricca fortuna rifuggissero dalle privazioni e dalle fatiche rimaste ad
unica loro eredità nel mondo! ma la donna che ha senno deve domandare
all'ingegno suo o alle sue mani le risorse contrastatele dalla
fortuna; deve scegliere fra le due vie quella che per mezzo
dell'operosità le garantisce un onesto mantenimento, non quella che in
nome d'una falsa vocazione la inchioda ai piedi dell'altare senza fede
nell'anima, senza affetto divino nel cuore. Dall'ozio del chiostro
quanti rimpianti saliranno al cielo; e quante terribili colpe di noia
e di collera turberanno la legione degli angeli messa a custodia di
quelle sacre mura!

Paolina si lasciava attrarre dalla compiacenza di fantasticare intanto
che la sua ospite, testimone della decorosa agiatezza di casa Zaeli e
della felicità che dentro vi aleggiava, sentiva raddoppiare lo spasimo
della sua vita.

Apparentemente disposte l'una verso l'altra a rapporti sempre più
amichevoli, si nascondevano reciprocamente la verità delle
impressioni, e mentre col labbro si ricambiavano una dolce parola, si
ritraevano con l'animo sdegnoso e si sfuggivano.

L'avvocato Zaeli vedeva, senza far mostra delle sue osservazioni, lo
strazio, la superbia, l'invidia che si disputavano miserevolmente il
cuore di Cecilia Rigotti, povera pianta male allevata, povera anima
oppressa da sventure troppo dure per lei! e vedeva in sua moglie
l'alternativa perpetua d'una tranquillità instabile, d'una apprensione
soffocante. Il suo brio non era più schietto, le sue angustie erano
vere, ma riusciva a tenerle sequestrate nell'intimo, perchè l'amor
proprio glielo imponeva.

Decisamente Paolina era ammalata di gelosia e bisognava guarirla.
Guarirla in qual modo? vi voleva una occasione non scongiurata per
forza di volontà, ma figlia del caso perchè quell'anima di bambina si
liberasse per sempre da una tendenza, da un vizio che invecchiando non
acconsente più rimedio a guisa d'una stortura del corpo che, non a
tempo risanata, lascia di sè una sconcia ed indelebile impronta.

La Rigotti accennava dopo due settimane di voler ritornare in città e
Paolina timorosa di far conoscere al marito la gioia di quell'annunzio
si affrettava di trattenere l'amica con insistenti preghiere: a così
vive istanze la Rigotti differiva di giorno in giorno la sua partenza,
ma l'affanno, il malcontento aumentavano in entrambe.

Zaeli, tranquillissimo, neutro in quel conflitto di due cuori
appassionati e ammalati, faceva annotazioni nelle pagine di un
libriccino che si teneva in saccoccia.

Il dottor Grim*** non mancava d'andare a pranzo dalla figliuola una o
due volte per settimana, e quelli erano giorni difficili per Paolina e
Cecilia. Il degn'uomo espansivo, ciarliero, affettuosissimo,
inacerbiva senza saperlo l'animo delle due giovani donne inquieto e
sospettoso d'avanzo. Alla figliuola faceva continuamente calde
esortazioni intorno a Cecilia, la cui salute, tuttavia vacillante,
richiedeva, fino all'inverno, l'aria salubre della campagna e il
regime delicato e lauto di cui solo in casa Zaeli poteva fruire. Alla
Rigotti faceva spietatamente risaltare con vivi colori la buona
ventura di poter godere anche un po' di consolazione nel mondo, prima
d'andare in perpetuo a serrarsi nella cella di monaca. Le riportava a
nome di sua madre come pur troppo le offerte per la dote monastica
cadessero assai lente e leggiere dalla mano dei fedeli! quanto stento
occorresse per raggiungere il compimento di quella benedettissima
somma che da principio pareva un fatto di così tenue importanza e che
in effetto era una speranza troppo avventata.

Poi da capo l'egregio dottor Grim*** si rivolgeva alla figliuola e con
uno sguardo, con una carezza, con un sospiro significantissimo le
susurrava all'orecchio:--Via, Paolina, via... offri i tuoi risparmi a
Cecilia! possibile che tu non abbia qualche risparmio in fondo al
cassetto?

Gli stava a cuore che Cecilia andasse con l'aiuto di Dio e del
prossimo, fra le cappuccine, Ora che nella ridente prospettiva
dell'avvenire stava a magnifica immagine l'ottima vedova Rigotti
rivestita del triplice manto di sposa, di madre, di governante.

Paolina s'impazientiva, si crucciava col padre, esternava la sua
disapprovazione per la vita monastica, e Cecilia Rigotti nell'amarezza
dell'avvilimento mordeva tacita l'ingrato stame di cui le si intesseva
l'esistenza.

                                 *
                                * *

Una sera l'avvocato Zaeli prima di coricarsi stava seduto alla
scrivania facendo conti, rimescolando carte, ripartendo il denaro
riscosso il giorno medesimo.

Sua moglie girava qua e là riponendo oggetti di toeletta senza darsi
pensiero di quello che faceva Zaeli.

--Questo per il mercante che ho pagato solamente a metà...; questo per
l'ebanista che mi fece i mobili del gabinetto e al quale diedi un
acconto meschino...; questo pel tappezziere...; questo pel sarto... Vi
è altro?

--Che cosa dici? domandò Paolina ferma a due passi.

--Dico che non mi par vero di togliermi subito domattina il pensiero
dei debiti. Erano debiti di nozze! guarda, eccoli estinti.

E accennò alla moglie i mucchietti di conti disposti in fila.

--Sai? ora mi sento perfettamente contento. Vuoi un regaluccio da me?

--Perchè no? disse Paolina ridendo.

--Se ti regalassi cinquanta lire?... cento lire? centocinquanta?...

--Oh, oh, sali ancora!...

--Che cosa te ne faresti? dimmelo subito.

--Un vestito.

--Hai necessità d'un vestito? esclamò l'avvocato con meraviglia.

--Necessità no, desiderio sì.

--Vana!... vana!... non ti piacerebbe disporre del mio piccolo dono a
profitto d'un altro?

Paolina rimase un momento interdetta.

--A profitto di chi? domandò con voce alterata.

--Di chi può averne bisogno mentre tu sei provvista di tutto.

--In tal caso tienti il denaro e fanne tu stesso l'uso che vuoi.

L'avvocato non si mostrò punto dalla risposta, ma, presi due biglietti
da cento lire li porse alla moglie.

--Questi sono per te, disse con calmo sembiante; nè io domanderò ove
vadano a finire. Questi--ne prese quattro dal portafoglio e li distese
flemmaticamente su lo scrittoio,--questi sono per me, li tengo
separati dall'altro denaro; li colloco in un posticino remoto, qua, in
fondo al cassetto, dentro la scatoletta che tu mi regalasti piena di
sigari! nè tu, rammentalo bene, Paolina... domanderai a quale oggetto
io li destini.

Intanto che parlava piegava infatti i quattro biglietti da cento lire
ciascuno e con una esattezza più femminile che magistrale, li poneva
nella scatola, introduceva il braccio entro il cassetto e la spingeva
agli estremi confini. Paolina non fece motto, ma al cattivo pensiero
che le corse nella mente sentì piegarsi le ginocchia.

--Buona notte, Paolina; io mi corico tardi perchè ho da ripassare un
fascio di carte.

Riprese la penna e si mise a scrivere. Ma Paolina, ferma al posto,
pallida di commozione svolgeva in quel momento nel segreto del cuore
una questione terribilmente importante per lei.

--Ah! le duecento lire che mi regala dovrebbero secondo i suoi
desideri cadere nelle mani della Rigotti che ha necessità di
completare la dote! quale interesse nutre per la signorina? deve
importare a lui ch'io la benefichi o no?... e poi che ha compreso come
io sia lontana dal dividere i suoi sentimenti caritatevoli mi usa una
rappresaglia! ripone il doppio di quanto mi ha offerto, m'interdice di
domandargliene conto e si dispone cheto a favorir la Rigotti della cui
riconoscenza si terrà fortunato.--No! fece a voce alta, afferrando il
braccio di suo marito,--no, non lo permetto!

L'avvocato Zaeli volse la testa maravigliato.

--No, non devi irritarmi occupandoti tutto a un tratto di Cecilia
Rigotti.

--Cecilia Rigotti? come c'entra essa?... ma Paolina!

Paolina aveva rotta la diga, e la sua collera precipitava con l'impeto
d'una fiumana. Piegata verso suo marito che sempre seduto teneva la
penna sospesa sopra un foglio, proseguì accesa in viso, scintillante
negli occhi:

--Credi ch'io non t'abbia compreso? tu pensi di favorire Cecilia
Rigotti, che ieri, oggi stesso, parlava delle sue miserie volgendo
verso di te quello sguardo che io pavento, sguardo cattivo... maligno,
sguardo che mi riconduce al pensiero...

--Che cosa? interruppe Zaeli, attento e pacato.

--I giorni antichi. Ah, tu non sai il martirio del mio povero cuore.

--In verità, Paolina, io non riesco a capire.

--Egli è un segreto!--proruppe di nuovo la giovane che si premeva le
mani sul cuore.--Ma il triste momento è venuto per me. Se tu sapessi
il mio dolore, Zaeli, se tu sapessi quanto ho combattuto!

Zaeli lasciò cadere la penna, prese una mano di sua moglie e l'attirò
dolcemente.

--Ho creduto, Paolina, che la tua vita fosse serena, e mi parli di
segreti, di dolori, di combattimenti!!!

--È lei, è stata lei che mi ha rovinata la pace da lungo tempo, Zaeli!

Si coprì il viso con le mani, singhiozzando sommessamente.

--Ti ricordi, Zaeli, il micino bianco di Cecilia Rigotti?

L'avvocato appoggiò i gomiti su lo scrittoio e tutto pensoso lasciò
vagare i suoi occhi nel vuoto.

--Un gatto? esclamò grave.

--Già. Cecilia Rigotti si valeva di lui per conversar teco per la
scala... Non sorridere!--gridò chiudendo gli occhi; e con un trasporto
di tenerezza buttando le braccia al collo di suo marito.--Io sono
gelosa di Cecilia Rigotti.

--Bambina, bambina.

--L'odio!

--Oh mia piccola amica a quali follie ti abbandoni.

Paolina rialzò la testa.

--Piccola amica! che significa questo? Piccola, è parola umiliante.

--La cancelleremo dal nostro vocabolario quando tu sorgerai dalle
insensate dubbiezze, indegne d'un animo forte.

--Ma io ti amo!

--No, mia cara, non è questo l'amore, è... l'hai detto tu stessa, è la
gelosia: ma nemmeno la gelosia; aggiunse l'avvocato leggermente freddo
ed ironico, è la sciocchezza della gelosia, nient'altro. Ora coricati,
nè se ne parli mai più.

--Mi dirai a quale uso destini...

E col dito Paolina segnò il cassetto dello scrittoio.

Zaeli scosse negativamente la testa.

--No? perchè dici no? hai in animo di rendermi infelice? vuoi
avvalorare i miei dubbi! Vuoi di questa povera, piccola amica quale mi
chiami, farli una specie di schiava a cui sia interdetto di sapere le
disposizioni del suo signore!... Che tu sii il padrone non me ne
dolgo, ma questa volta io voglio essere la regina.

--E poi? domandò Zaeli sbadigliando, intingendo la penna nel calamaio
intanto che la moglie si faceva vieppiù coraggiosa nella difesa de'
suoi diritti.

--E poi mi oppongo assolutamente che la Rigotti sia beneficata da te.

--Vivi tranquilla e coricati... ho bisogno di lavorare.

--In grazia de' tuoi benefizi la Rigotti conserverebbe memoria di te,
ed io non lo permetto.

--Basta! fece l'avvocato volgendo lo sguardo a sua moglie.--Era uno
sguardo tutto nuovo per lei. Nella pupilla limpida e larga pareva
esservi caduta una goccia d'inchiostro. Non tenne l'occhio fermo in
viso a Paolina che per la durata di un lampo; ma Paolina sentì uno
spasimo di soggezione che le sembrò d'una lunghezza spaventevole.

--Abbi in mente, mia cara, che gli uomini serii non si prestano alle
insulsaggini del sentimento. Io, che in tuttociò che a te si riferisce
ho conceduto sempre la massima attenzione, sono questa volta costretto
ad interromperti... è la terza volta, se non erro, che ti saluto...
basta, dunque... buona notte, Paolina.

Non v'era da ostinarsi con un uomo che alla cortesia dell'amico, alla
tenerezza dell'amante, sostituiva finalmente l'autorità del marito.

Molte sono le donne che da quelle prime asprezze del matrimonio
traggono ardire per ribellarsi; ma Paolina, che in mezzo alle violenze
della sua gelosia, possedeva la dolce timidità della fanciulla, si
ammansò tosto, e piegata docilmente la fronte accettò silenziosa il
bacio che suo marito le posò su i capelli.

                                 *
                                * *

Tonino Grim*** in manica di camicia a cavalcioni su di una seggiola
posa sua favorita, andava scompigliandosi i folti capelli, masticando
fra i denti qualche parola che voleva essere in rima. Aveva saputo da
sua sorella che la vecchia signora Rigotti avrebbe fra pochi mesi
presa stanza in casa Grim*** in qualità di padrona, e siccome la
notizia ne esilarava l'animo, si provava a comporre uno stornello (il
genere di poesia che maggiormente lo solleticava) in onore della
promessa sposa che rispettosamente avrebbe chiamata mammina.

La finestra a cui stava vicino dava sul giardinetto di funesta memoria
dopo il dramma ivi compiutosi dal disgraziato Rigotti; nè v'era caso
che Tonino Grim*** se ne dimenticasse, nè v'era sera buia e silenziosa
in cui Tonino passando rasente alla finestra osasse guardare in giù
per timore di veder sorgere la mesta ombra del suicida attraverso il
fogliame della vite e dei fichi.

In pieno meriggio la cosa cambiava d'assai e Tonino a volta a volta si
sentiva perfino il coraggio d'andare nell'orto, di staccare i grappoli
d'uva e mangiarseli facendo le capriole.

Quel giorno, a cavalcioni sopra la seggiola, i gomiti appoggiati al
davanzale, allegro per il bel sole che cacciava gli spettri, gridava
da dieci minuti con ispirazione poetica:

    «Oh viole rosse...
    «La sanerà il mio babbo dalla tosse!
    «Oh viole gialle...
    «La sposa ha sessant'anni sulle spalle!
    «Oh fior di mela...

E rideva, schiacciando coi denti bianchi come la neve i semi di zucca
che la serva aveva messi ad asciugare sul parapetto della finestra.

--Di grazia, le signore Rigotti abitano ancora qui sopra?

A tale domanda che veniva fatta da una persona entrata allora dal
cancello del giardino, Tonino Grim*** si sporse fuori fino alla
cintura.

--Sì, signore, abitano sempre al secondo piano.

--Ho suonato ma nessuno mi ha aperto.

--La signora Rigotti è uscita mezz'ora fa.

--E la figliuola?

--La figliuola è in campagna da mia sorella.

L'interlocutore che stava abbasso parve riflettere, e Tonino,
compiacentissimo, stava in attesa di qualche altra domanda.

--Se vi fosse mezzo di lasciare un'ambasciata!

--Lasci pure, mi incarico io di riferirla.

--Posso salire?

--Anzi!... si accomodi...

E Tonino in due salti fu all'uscio e lo aprì.

Colui che si presentava era un uomo di civile apparenza, non giovane,
non vecchio, non bruttissimo, ma goffarello, impacciatello, non troppo
bene in arnese per parere un di città, non bastevolmente a suo agio
nei panni da campagnuolo per assomigliare ad un vero campagnuolo.

Restò titubante mezzo minuto in faccia a Tonino, che da giovinetto
educato aveva in un lampo infilate le braccia nella sua giacca, e
s'inchinava cortesemente sull'uscio. Ma siccome doveva interessar
molto al signore ciò che stava per dire, cominciò per mescolare alle
parole un sorriso dolce, sollecitante, pieno di calda sincerità.

--Vorrei che il signorino si ricordasse di dire alla signora Rigotti
che è venuto a cercarla il maestro Polli...

--Polli?... fece Tonino guardandolo bene in viso e osservando
curiosamente la pelle del signor Polli, granellosa e screziata dal
sole come il collo di una tacchina.

--Sì, signore; il maestro Polli è venuto a cercare la signora Rigotti
per un affare di premura; e tornerà.

--Ho capito.

--Tornerà appena abbia libere un altro paio di ore; dica che il
maestro Polli ha in queste vacanze da lavorare per dieci.

--Ho capito.

--Nè ha potuto fino adesso trovare il tempo di dare una scappatina.

--Ho capito.

--La signora Rigotti sa dove abito. Abito in giù, presso le valli,
lontano tredici buoni chilometri. L'aria però non vi è malsana, perchè
vi ha terra coltivata all'intorno, e la mia casa è asciutta.

--Ho capito, ripetè Tonino per la quarta volta.

--Dica che tornerò. Oh si figuri! dopo la disgrazia... mi vengono i
brividi! non so pensarvi,--alzò le mani e gli occhi al cielo.--Se poi
la signora Rigotti volesse sapere il perchè non l'ho aspettata,
risponda ella, caro signorino, queste parole: Il maestro Polli venne
in città con l'affittuario, ma temeva di perder la corsa, poichè
l'aspettavano a casa i figliuoli di un benestante, ai quali dà lezione
alle cinque pomeridiane precise. Si ricorderà tutto questo?

--Spero di sì, rispose Tonino un tantino imbrogliato.

--Polli; si tenga a memoria Polli.

--Oh, in quanto a Polli, non lo dimentico, no; fece giovialmente il
ragazzo guardando sempre il collo ruvido e rabescato del maestro di
scuola.

--E la signora Cecilia?...

--Quella è in campagna da mia sorella.

--Di salute come sta la poverina?...

--Bene.

--Di spirito?

--Male.

--Persiste nell'idea di farsi monaca?

--Credo di sì.

--Falsa idea; disse il maestro abbassando io sguardo. Se lasciassi due
righe per la signora Cecilia?

Tonino non disse nè sì nè no, ma si divertiva col signor Polli.

--Senta! proseguì questi ponendo la mano nella tasca del suo abito
grossolano. Ho da quindici giorni preparata una lettera che non
inviai, persuaso essere assai più conveniente parlare che scrivere. Ma
giacchè gl'indugi sembrano volersi frapporre a certa conclusione che
mi son prefisso, risolvo di dare a lei questa lettera che trasmetterà
alla signora Rigotti.

--Non più tardi di questa sera.

--Bravo! le son tanto obbligato.

La determinazione doveva essere costata uno slancio di sentimento
fuori del comune, poichè su la fronte del maestro Polli stillavano
goccie di sudore. Consegnò la lettera e voltò bruscamente verso la
scala, quasi volesse nascondere la confusione dell'animo,
l'alterazione improvvisa del volto.

Tonino Grim***, richiuso l'uscio, riprese posto vicino alla finestra,
recitando briosamente:

      Oh viole gialle...
    La sposa ha sessant'anni sulle spalle!
    Fior senza nome...
    La sposa ha della cipria su le chiome!

--Cara, cara signora Rigotti! vociferava gestendo; ti avrò ai miei
comandi! farai la calzetta, ed io troncherò il filo; cucirai le
mutande del babbo, ed io ti ruberò gli occhiali; farai la crema, ed io
l'anderò a mangiare in dispensa... evviva la mamma Rigotti! brrr... e
il signor Rigotti? non verrà mica a far capolino fra le foglie del
fico?...

Appena vide giungere a casa la vedova Rigotti, la chiamò dalla
finestra, e le narrò della visita del maestro Polli.

--Ah! il degno amico si è ricordato di noi!

Tonino riportò fedelmente, con parecchi squarci d'aggiunta,
l'ambasciata del maestro di scuola, e la signora sorrideva con
mestizia e dava segni di consolazione.

--Polli è amico di casa fin da quando Cecilia era piccina; è un ottimo
galantuomo che ha dell'affetto per noi.

--Verrà alle nozze! esclamò Tonino.

La vedova accennò che stesse zitto, e si ritrasse dalla finestra.

--Signora Rigotti!

--Non ho tempo, Tonino...

--Signora Rigotti!... mamma Rigotti!...

--Quieto, quieto! non son cose da dire adesso.

--Voglio la mamma Rigotti... evviva!

--Chiudo la finestra, veh!

--Ascolta, ascolta, mamma Rigotti: la serva brucia l'arrosto e bagna
il pane nella pentola, la mamma Rigotti, no! vieni, o moglie del
dottor Grim***.

--Tieni, buona lana, esclamò una voce, e sopra le spalle del
giovinetto si posò alquanto pesante la mano del dottor Grim***, che
rideva e ascoltava da un minuto.

Tonino rovesciò indietro la testa e con le braccia arrotondate in
alto, si attaccò amorosamente al collo del padre. E allora l'ottima
vedova, molto commossa, chiuse delicatamente la finestra della sua
camera.

Dopo il pranzo, Tonino Grim*** andò in campagna da sua sorella Zaeli;
si teneva chiusa la lettera del maestro Polli disotto al panciotto, e
voleva darla a Cecilia in atto di grande mistero.

Non v'era allegria in casa Zaeli. Paolina, seria, ammalata
d'emicrania, passeggiava nel prato a testa bassa, evitando di
approssimarsi a suo marito che, seduto a ridosso del muro, fumava e
leggeva. Fin dal mattino, l'insinuante gentilezza dell'avvocato
l'aveva resa sicura che in lui s'era dissipata perfino l'ombra del
malumore di cui nella sera antecedente essa aveva assaggiato l'amaro,
ma siccome l'affare delle quattrocento lire poste in disparte pareva
proprio condannato al silenzio, il cuore di Paolina nuotava ancora nel
dubbio, e accadeva in lei ciò che comunemente accade a tutto il genere
umano, massime femminile: la bontà di un avversario rinfuoca il
risentimento di colui che un momento prima di fronte alla severità
aveva abbassate le armi.

Zaeli notava il sussiego della moglie, ma fingeva bonariamente di non
vederlo.

A fianco del casino, addossata anch'essa alla muraglia tuttavia calda
dagli ultimi raggi del sole, stava Cecilia Rigotti seduta su un
piccolo scanno, le mani congiunte su le ginocchia in posa estatica.
Guardava le nubi color d'arancio picchiettate di bruno, frangiate
d'argento, maturando nel suo pensiero la risoluzione d'andar via il
giorno dopo, perchè la compagnia di Paolina erale diventata
insopportabile, perchè era sazia di vedersi svolgere sotto gli occhi
un idillio d'amore, un benessere materiale a cui essa era estranea.

Tonino si diè a correre il prato come un uccello scappato di gabbia;
fece arrabbiare sua sorella che lo respinse un po' duramente,
importunò l'avvocato che, paziente e gentile, finì per chiudere il
libro e per mettersi in compagnia del giovanetto.

Tonino era la gioia di tutti, ma tutti però lo paventavano in certi
giorni di soverchia allegria, quando il suo brio degenerava in
provocazione, in petulanza.

Tonino trasse il cognato nel campo e lo lasciò con due contadini che
si misero seco in discorso. Tornò frettoloso nel prato ove Paolina
girava ancora svogliata e malinconica come prima e Cecilia al posto
medesimo pareva sempre interrogare le nuvole che man mano si facevano
color di cenere come i pensieri di lei.

Tonino voltando le spalle a sua sorella si appressò all'angolo del
casino, sbirciò la _Cappuccina in erba_ e si piegò a raccogliere un
sassolino dicendo a mezza voce:

--Signorina Rigotti!

Cecilia abbassò gli occhi.

--Ho una notizia da darle, signorina Rigotti.--Si raddrizzò
nell'elegante e ardita altezza de' suoi sedici anni, fissando Cecilia
con l'occhio furbo e indiscreto.--È venuto oggi il signor Polli a
domandare di lei.

Cecilia non si scompose; appena appena mosse le labbra per dire:

--Che cosa voleva da me?

--Voleva salutarla e dirle tante cose; ma siccome l'ora era tarda e
gli scolari l'aspettavano alle cinque pomeridiane precise, lasciò
l'incarico a me di annunziarle la visita.

--Ha veduto mia madre?

--La signora Rigotti era assente.

Cecilia mostrò di averne saputo abbastanza, ma Tonino era solo a metà
strada della conversazione.

--Signorina Rigotti!... ho qualche cosa da darle.

--A me?

--Aspetti un momento, tanto che Paolina si determini a volgere i passi
a destra od a sinistra. Io so come van fatte le cose, aggiunse
cacciando le mani nelle tasche dei pantaloni e girando a testa alta
come un uomo di mondo.

Paolina rasentava la siepe; giunta alla svolta del campo, s'inoltrò
finalmente verso la collina.

--La roba è qui sul mio petto, ripigliò il giovane fermandosi di
fronte a Cecilia.

--Ma di qual roba parlate?

--Di quella che mi ha consegnato il signor maestro Polli e che debbo
depositare nelle mani di lei. Il Polli, del resto, è un vero pollo
spennacchiato e granelloso fino alla radice dei capelli, il che però
non impedisce che sia un uomo molto piacevole e spirante bontà. Faccio
la consegna, signora Rigotti?

--Vediamo infine di che cosa si tratta,

--Ecco: si tratta di una lettera che io le porgo in ginocchio, ad
imitazione d'un paggio. Va bene così?

E, piegandosi graziosamente, presentò su la punta delle dita la
lettera del maestro Polli.

Un sorriso languido, al pari di quello di un ammalato, errò su la
bocca di Cecilia, il cui grand'occhio ebbe un lampo scontrandosi nello
sguardo innocentemente inverecondo del giovanotto. La mano della
Rigotti prese tutt'insieme la lettera e le dita di Tonino Grim***, poi
le sue sopracciglia si contrassero vivamente.

--Che cosa vuol costui? mormorò Cecilia guardando la lettera e
appoggiando la testa contro la parete.

La Rigotti aveva sete di emozioni; intravedeva il profilo dell'amore
fin nel limpido, puro specchio dell'anima d'un adolescente. Se nella
vita contemplativa a cui voleva darsi, si fosse insinuata l'immagine
del bel fanciullo che le stava allora arditamente vicino, le cui mani
le avevano sfiorate le pieghe dell'abito su le ginocchia, forse sul
freddo scanno del coro essa avrebbe dovuto sussultare di fremiti, e la
sua cella di cappuccina sarebbesi illuminata da chi sa quali splendidi
e terribili sogni!

--Legga, signorina Rigotti, disse Tonino che non sapea comprendere il
perchè di quella lentezza, di quel pallore diffuso sul viso sofferente
della giovane donna.--Le lettere o non si accettano o si leggono
tosto. Il cuore mi dice che dentro questa lettera vi è un soffio
capace di rovesciare il disegno del monastero.

--Perchè dite così?

--Perchè il maestro Polli è innamorato di Cecilia Rigotti, o io non mi
chiamo più Tonino Grim***.

--Innamorato di me?... non dite sciocchezze, Tonino; v'ha un uomo al
mondo che si possa oramai innamorare di me? Dio non vuole, aggiunse
chinando gli occhi dinanzi agli occhi brillanti di Tonino Grim***.

--Il maestro Polli domanderà il permesso al Signore; rispose ridente e
malizioso il fanciullo.

--Allontanatevi, Tonino...

--Ah! la signorina ha ragione. Legga; io passeggio.

--No: restate qui; leggiamo insieme.

--Difatti! giacchè la lettera l'ho portata io!... Prese la lettera,
l'aperse, si chinò vicinissimo alla Rigotti, e posta la testa accanto
alla testa di lei, lesse sommessamente.

--«Cara e sempre amata Cecilia!» L'ho detto! esclamò Tonino. «Vi sono
lontano, Cecilia, eppure vi sono vicino.» Oh! questo, per esempio, è
un modo di esprimersi curiosissimo; sentenziò Tonino guardando in
volto la Rigotti, i cui capelli mossi dal vento scorrevano su i
capelli del ragazzino. Sentiamo pure!

--No, basta: fece Cecilia togliendogli di mano la lettera, piegandola,
ponendola in tasca.

--Pazienza; disse Tonino meravigliato; ma in sostanza ho capito
abbastanza. Il giorno in cui il dottor Grim*** prende in moglie la
vedova Rigotti, la signorina Rigotti prenderà a marito il signor
Polli.

E fece un salto di gioia.

Cecilia era sorta in piedi pallida da far pietà, entrò in casa, salì
nella sua camera e lesse da cima a fondo la lettera. Era una proposta
di matrimonio fatta nei termini più rispettosi, più teneri e sinceri
che adoprar possa la penna d'un galantuomo.

Ritta in mezzo alla camera irradiata nel viso dalla luce purpurea del
tramonto, fortemente eccitata da un tumulto d'idee che le
battagliavano nella mente, Cecilia Rigotti, dopo aver esitato un
istante, stese in atto risoluto la mano verso l'orizzonte infinito cui
percorreva il suo occhio abbagliato.

--Dio non mi vuole! ma ch'io mi scosti da Dio per isposare il maestro
di scuola, il vecchio Polli, che mi ha cullata su le ginocchia, è cosa
inaudita, mostruosa, ridicola!--accompagnava le ultime parole con un
sorriso di scherno.--Quando però debba essere così, così
sia!--incrociò le braccia sul petto e chinò lievemente la testa.

--Che cosa arrischiavo facendomi suora?... l'anima. Che cosa
comprometto sposando Polli?... anima e orgoglio. Ciò sia, ripetè
freddamente, e andò ad appoggiarsi al davanzale della finestra.

Da lungi le perveniva la voce dell'avvocato Zaeli--di Tonino Grim***;
e nella breve distanza dei viali erbosi sui quali si distendevano le
prime ombre della sera spiccava l'abito chiaro di Paolina.

Salivano fino a Cecilia Rigotti, immobile nella sua contemplazione,
gli effluvi delle piante aromatiche e l'acuto odore dei gelsomini che
si arrampicavano fra la verdura lucida, ai ferri della sottoposta
finestra. Cecilia respirava con voluttà di sentimento; e tratto tratto
andava esclamando:--Non m'importa, non m'importa.

Che cosa non le importava? forse di essere fatta segno alla derisione
indietreggiando dalla via del convento per muovere il passo verso un
marito rappresentato dalla povera, goffa figura d'un maestro di
campagna! forse non le importava di accettare l'oscura condizione in
mezzo al mondo che dianzi aveva tante promesse per lei, mentre il suo
cuore, guasto da un'educazione cattiva, numerava a palpiti d'invidia
le laute agiatezze della famiglia e l'amore giovane e bello
dell'avvocato Zaeli e di Paolina!

Non le importava! se lo diceva, se lo ripeteva, si serviva di quelle
parole per tener salda se stessa, ma intanto due lagrime le correvano
alle palpebre e un nodo doloroso le serrava la gola.

Non le importava! ma ritraendosi immantinente dalla scena che le si
spiegava davanti solenne per bellezza e per quiete, andò barcollando
fino alla sponda del letto, vi si rovesciò sopra dando in un pianto
dirotto.

Suora senza vocazione o moglie senza amore, era l'avvenire di Cecilia
Rigotti.

Perchè suo padre dal fondo del suo sepolcro aperto anzi tempo, non la
veniva a guardare? quel pianto, quella disperazione, tutto insieme
quel miserevole tessuto di pigrizia, di invidia, di vanità, era opera
sua. Aveva inebbriata la sua figliuola di ozio, di capriccio, di lusso
e poi quando per continuarle il possesso di effimeri beni non trovò
più i mezzi nel suo lavoro che andava languendo nella poltroneria,
allora stanco di sè, impaurito dalle privazioni, se ne era andato,
senza pensare al crollo dell'edifizio che schiacciava i superstiti.

                                 *
                                * *

Cecilia non fece motto della lettera ricevuta, ma prima di ritirarsi a
sera inoltrata nella sua camera, disse a Paolina di voler ritornare in
città la mattina veniente. La signora Zaeli non la trattenne.

--Parte domani mattina? chiese l'avvocato a sua moglie, appena
l'ospite loro ebbe data la buona notte.

--Sì! e n'era tempo, rispose freddamente Paolina.

--Brava! la parola deve sempre rispondere al pensiero, per quanto
possa essere poco gentile; disse Zaeli facendo una carezza alla
moglie, che troncò subito l'argomento.

Che l'avvocato accompagnar dovesse a casa sua la signorina Rigotti,
era tanto naturale, tanto inevitabile che Paolina non osò opporvisi,
ma quell'ultima prova a cui doveva sottoporsi le parve la più crudele.
Passò una notte inquieta; lasciò il letto prestissimo, propose di
andar anch'essa in città, adducendo a pretesto il bisogno di far
provviste. Ma Zaeli con la massima gentilezza disse di no; avere molti
affari in quei giorno, non potersi curare di lei, deponesse l'idea di
andare in città.

Paolina inghiottì il rifiuto come farmaco amaro, ma senza smorfia, con
una dignità di donna offesa che vuol far vedere d'essere prudente, che
lascia cadere l'insolenza per raccoglierla poi a tempo più adatto e
restituirla forse con doppia fermezza.

Prima di uscire dalla camera, l'avvocato, già pronto a partire, si
assise un momento allo scrittoio; scartabellò, rovistò, fece degli
appunti sul libretto delle memorie e prese seco delle carte.

Paolina andava e veniva guardando con la coda dell'occhio. Scesa al
pian terreno, trovò la Rigotti nel suo abito dimesso in attesa
dell'avvocato; Paolina, celando la collera sotto l'espressione della
stanchezza causatale, come disse, dall'emicrania sofferta, scambiò
poche parole, accennò con impazienza alla scortesia di suo marito che
si faceva aspettare, e sollevò la tenda cadente dinanzi alla porta. La
passeggiata dal casino alla città non era breve; i pubblici giardini
erano deserti in quell'ora, il sereno del cielo, l'aria profumata,
eran tanti nemici che congiuravano contro Paolina.

La Rigotti le si accostò:

--Vi ringrazio, disse, della gentile ospitalità che mi avete concessa,
e vi auguro che siate sempre felice.

Mentre Cecilia parlava ad occhi bassi, tenendo in mano una piccola
borsa e l'ombrello, Paolina la considerava dal capo alle piante,
radunando in cima al pensiero i torti mai cancellati della Rigotti; le
provocazioni della finestra, le smanie di essere veduta, l'incontro su
la scala, l'incidente del micino bianco... e sentiva un estremo
bisogno di piangere.

L'avvocato era sceso; si partiva.

--Ma perchè, esclamò Paolina con impeto, non dirò io alla servente che
tolga di mano a Cecilia questa borsa e gliela porti fino a casa
sua?...

--Non amo che tu rimanga sola, disse Zaeli. M'incarico io di questa
faccenda.

E prese di mano alla Rigotti il peso leggiero.

Paolina vide allontanarsi suo marito a fianco della Rigotti che
attraversata la strada, messo il piede sul viale del giardino
pubblico, girò indietro la testa, salutò anche una volta l'amica. Il
raggio del sole ne abbelliva il sembiante, il cappello nero rendeva
più bianca quella fronte su cui si spartivano i capelli naturalmente
ondulati, lucidi, splendidi alla gran luce del cielo.

Appoggiata al pilastro del cancello, Paolina mormorava coi denti
stretti:

--Non v'è più rimedio!

Difatti non v'era rimedio. L'avvocato Zaeli era per circa mezz'ora in
balìa di Cecilia Rigotti, il cui fascino, il cui maligno intendimento
poteva, secondo l'opinione di Paolina, metterne a cimento la pace, la
serietà, l'onestà rara. Non v'era rimedio!... si allontanavano soli,
liberi in mezzo all'ampia cornice di verdura, di orizzonte, di acque
cristalline; era troppo! Paolina avrebbe voluto sospingerli in città
col soffio di bile che le fluttuava in petto, o raggiungerli,
frapporsi fra loro e intimare al marito--non la guardare!--I
diciannove anni di Paolina erano insufficienti a darle consiglio in
quella furia di temporale e piuttosto vi si piegavano sotto, restavan
sbattuti, flagellati come un mazzetto di fiori su cui cade la brina.

Veramente addolorata tornò in casa e andò nella sua camera per
cercarvi riposo; si affondò nella grande seggiola a bracciuoli, la
testa nelle mani, i gomiti sulle ginocchia, piangente e fantasticante.

Ma la penombra della camera le accrebbe i tormenti del cuore e sorse
tosto per cercar della luce.

Spalancò la finestra, si avvide d'aver rovesciato il calamaio sopra la
scrivania di suo marito e contemplò il guasto, il disordine con occhio
asciutto; una grande idea, fulgida come il raggio del sole che entrava
dalla finestra, le aveva illuminato la mente.

Zaeli era stato attorno al cassetto della scrivania nel mattino
stesso, aveva frugato, s'era poste in saccoccia delle carte... Gli
occhi di Paolina s'ingrandivano, le sue labbra si schiudevano quasi
per domandare.... Fosse mai?... Oh buon Dio!...

Sollevò la testa con un movimento di strana vivacità, si chinò,
afferrò con le due mani le nappine di ebano poste ai lati del cassetto
della scrivania, e tirò a sè. Inutile! il cassetto era chiuso a
chiave. Perchè era chiuso? l'avvocato non serrava mai la scrivania!
perchè la serrava quel giorno? ma dunque impediva alla moglie di
penetrare nelle sue cose particolari, ma dunque aveva dei segreti!

Eccitata all'ultimo grado, Paolina si propose di aprire assolutamente
il cassetto; assolutamente! aveva sette, otto ore di libertà e l'ansia
del ladro, lo stimolo della gelosia; doveva quindi riuscire
nell'intento.

Prese un coltello, ne introdusse la lama nella fessura dei cassetto,
poi si appoggiò con forza sul manico per dare uno strappo ai chiodi
della serratura; ma accadde che i chiodi non si smossero menomamente e
si spezzò la lama.... Ricorse a un altro coltello più robusto, più
largo... si ruppe ancora.

Paolina, con le braccia nude fino al gomito, le mani gonfie,
arrossate, la fronte velata da ciocche di capelli molli di sudore, non
assomigliava più alla gentile signorina, che l'avvocato Zaeli
chiamava--suo dolce amore.--

Cercò dall'ortolano un utensile a proposito pei suoi disegni e lo
trovò; si rimise al lavoro con la febbre dell'ira, il coraggio della
gelosia, e neppure accorgendosi che le sue povere, bellissime unghie
lucide come la madreperla si spezzavano in cima, scassinò finalmente
la serratura, tirò con veemenza il cassetto e vi spinse il braccio nel
fondo.

La scatoletta entro cui suo marito aveva messo sotto i suoi occhi i
quattro boni da lire cento ciascuno, vi era!... ma... vuota.

Signore Iddio! quale dolore per la giovane sposa. Zaeli aveva portato
il danaro con sè per darlo a Cecilia Rigotti! tutto lo dimostrava.

--È un orrore, è un'infamia, gridò Paolina prorompendo in singhiozzi.
Sa che io sono gelosa, e mi pianta un pugnale nel cuore. Avesse
sciupati i danari in una pazzia; li avesse buttati dalla finestra...
li avesse giocati!... tutto perdonerei, ma darli alla Rigotti...
no!... è una infamia!

Mise sottosopra con furore il cassetto dello scrittoio come fosse un
canestro da lavoro; aperse plichi di carte, li sparpagliò in terra,
mosse, rimosse involtini, rovesciò porta sigari, infranse una pipa,
operò una specie di strage, ma non rinvenne il danaro.

La spossatezza la prese. Cadde su la poltrona chiudendo gli occhi,
desiderando di morire.

Nessuno la disturbava; il sole riempiva di luce e di caldo la camera,
ma Paolina non vedeva altra che buio; lo stormire degli alberi, il
bisbiglio delle passere, la voce della serva che di tratto in tratto,
al piano disotto, rompeva il silenzio, nulla giungeva agli orecchi di
Paolina, assorta nei suo dolore di donna tradita. Veramente tradita; a
che pro illudersi?... Le campane della parrocchia la scossero
finalmente; era mezzogiorno, e in quel punto la sua donna di servizio
batteva discretamente all'uscio per dirle che la colazione era pronta.

Mangiare?... mangiano forse le donne tradite?! domandò a se stessa.

--Lasciatemi sola, rispose con debole voce. Una voce argentina vibrò
all'aperto e salì dal prato all'orecchio di Paolina come una nota di
organetto o un trillo d'usignuolo.

--Ohe di casa! non v'è nessuno?

--Tonino! che cosa vuole Tonino!

--Non mi si apre, no? quale idea? siete chiuse in gabbia a mo' degli
orsi o siete andate alla Madonna di San Luca?...

La serva volò giù dalle scale, e Paolina andò allo specchio per
riparare al disordine della sua toeletta. Rimanersi in camera era
impossibile poichè era arrivato Tonino, pronto a scassinare la
serratura dell'uscio come lei aveva scassinata la serratura dello
scrittoio. Bisognava farsi vedere.

--Ebbene, esclamò Tonino Grim*** ai piedi della scala, tenendo
irriverentemente il cappellino di paglia molto abbassato su gli occhi,
trafelato dal caldo, guardando sua sorella che scendeva oncia a oncia.
Ti alzi adesso? hai la ciera d'un passerotto tolto dal nido.

--Vorrei sapere, Tonino, che cosa vieni a fare da me a quest'ora?

--Vengo a far colazione e più tardi a pranzare. Vengo per avere buona
accoglienza, se no torno indietro e dico a Zaeli--vostra moglie è....

--Ti ha mandato Zaeli?

--Sicuro. Mi ha detto:--Tonino, giacchè sei ozioso come un cagnuolo,
va da Paolina che ho lasciata indisposta e tienle compagnia.

--Lo sa, il perfido, ch'io sono indisposta! mormorò essa.

--Io ho risposto--vado--; ma prima ho aiutato il babbo a riporre un
cesto di biancheria, ho badato alla serva che badava al fornello, l'ho
aiutata a sbucciare i piselli e son venuto. Mamma Rigotti ti saluta.
Oh, viole gialle! La sposa ha sessant'anni su le spalle!...

E si mise a girare in tondo, urtando le seggiole e i tavolini.

--Tonino, di'... Zaeli ha accompagnato Cecilia?

--L'ha accompagnata.

--Si è trattenuto molto tempo in casa sua?

--Molto.

--Come! gridò Paolina con uno scoppio di voce.

--Sei arrabbiata?

--Molto, hai detto?

--Lo so io?... non ci ho badato. Ti preme?

--No, fece Paolina reprimendosi.

--La signorina Rigotti doveva aver fretta di conferir con sua madre,
perchè... bagattella! se tu sapessi! pare che il maestro... Polli
abbia intenzione di sposare la signorina... zitto! io sono a parte
dell'arcano; io ho portato la lettera... non faccio per dire, ma....

--Tonino... non dir bugie!

--Bugie! gridò il giovanetto spalancando gli occhi.

--Che mi parli di lettera, di sposo?...

--Dico la verità. Cecilia Rigotti è diventata smorta e poi rossa nel
leggere la lettera dei maestro Polli; un ometto piacente in fede mia.
Capisci? diamine! doveva accadere. La Rigotti lascia l'idea del
convento per quella del pollaio... ah, ah, ah!... e la dote che ha
raccolta per farsi monaca la spende in tanti abiti da promessa
sposa.--Bene? andiamo dunque a mangiare.

Paolina restò di sasso. Le ore passavano quasi per incanto, assorta
com'era in pensieri confusi. Non contemplò più nella sua fantasia
Cecilia Rigotti nella santa, pericolosa poesia dell'abito monacale, ma
parvele di vederla nella veste di sposar carica di ornamenti
acquistati con le quattrocento lire di suo marito.

Tonino si occupò poco di lei; andò a divertirsi con l'ortolano che
raccoglieva gli erbaggi e le frutta.

Quando l'avvocato Zaeli fu di ritorno dalla città, Paolina lo
attendeva in camera, assisa nella grande seggiola a bracciuoli, il
cassetto dello scrittoio ai suoi piedi voltato di sotto in su, gli
oggetti sparsi ignominiosamente in terra.

                                 *
                                * *

L'avvocato aprì l'uscio della sua camera, fece due passi e richiuse.

Sua moglie non parve avvertirne l'arrivo tanto si mantenne immobile
nella sua posa semi-tragica.

Lo sguardo di Zaeli si posò prima sul cassetto scassinato, poi andò
lento, espressivo, illuminato da una fredda dolcezza sopra Paolina il
cui cuore batteva da spezzarsi.

--I ladri hanno fatto scempio delle mie robe; disse il giovane
deponendo il cappello e il bastone.--Ma furono corbellati, aggiunse
ridendo.

--Sì; disse Paolina sorgendo ad un tratto. Il denaro non c'era più.

--La signora cercava dunque il denaro?

--La moglie cercava delle prove!

--E le ha trovate?

--Le ha trovate.

--Ah! l'assenza degli oggetti diventa prova flagrante nel codice
matrimoniale?...

--Di codice non ne so; so, signore, che la vostra condotta è
ripugnante, so che io non posso tollerarla, so che all'inganno
rispondo con lo sprezzo.

--C'è altro?...

--Intendo che tutto sia finito fra noi.

--Tutto! La parola è immensa.

--È la sola parola che risponda al mio pensiero. Voi, signore,
rendendo scopo de' vostri favori la signorina Rigotti, che io detesto,
avete commessa un'azione da cattivo marito.

--Potrebbe un'opera di carità assumere la fisonomia della colpa?

--In questo caso sì, giacchè la carità serve di mantello a una volgar
simpatia... e voi non aveste riguardo nel lacerarmi il cuore.

--Vediamo! disse l'avvocato, prendendo una seggiola e sedendo in mezzo
alla camera. È gradevole il fare un po' di filosofia fra marito e
moglie! facciamone, Paolina. Io, come vedi, ho la calma del filosofo,
tu fa di ottenerla reprimendo l'audacia dello spirito ribellante.
Discutiamo.

--Vorresti confondermi con le sottigliezze della vostra professione,
rispose Paolina che non intendeva di prestarsi a un colloquio, ma
voleva la lite, il conflitto. Non voglio discutere, io! dico inganno
all'inganno, e domando soddisfazione dell'offesa che mi vien fatta.

--Offesa? ma l'offesa, Paolina, sei tu che la compi intera, brutta,
grandissima, verso di me. Perchè hai il male della gelosia, ti
dichiari offesa?...

Paolina sussultò.

--Sono gelosa a ragione, sì! questa volta a ragione. Voi
nell'ambizione di raccomandarvi alla memoria, al cuore di una donna,
vi togliete dal portafoglio una somma della quale dovevate disporre a
profitto della famiglia. Potete negare che da mesi ci auguriamo la
possibilità di acquistare un astuccio di posate d'argento?... era il
mio sogno! potete negare che donando alla Rigotti quattrocento lire
costringete me alla privazione d'un oggetto decoroso?

--È vero! avevo perfettamente dimenticato le posate d'argento, disse
Zaeli, passandosi la mano sulla fronte. Per altro, tu stessa, Paolina,
non dovevi pensarvi quando, con le dugento lire che ti regalai mi
dicesti di farti un abito!...

Il fino rimprovero, avvolto nelle pieghe dell'osservazione, inacerbì
davvantaggio lo spirito di Paolina.

--La donna pensa ai vestiti, disse con alterezza, e le spese
domestiche toccano d'obbligo all'uomo quando questi non voglia, con
mira galante, sciupare il superfluo de' suoi guadagni.

--Oh! oh! chi ti udisse parlare in tal guisa mi riputerebbe un
libertino! disse l'avvocato guardando la moglie con l'occhio
semichiuso,--Ma infin de' conti non si mette a brandelli la
riputazione di un uomo senza prima scrutarla. Vediamo!... chi è
l'avvocato Zaeli? che cosa ha fatto?...

--L'avvocato Zaeli era un marito perfetto... Ora non lo è più. Ha
fatto un'imprudenza. Non ama più sua moglie!...--e la voce di Paolina
tremava sempre di più.

--Davvero?

--No.

--Io della signora Rigotti mi curai come.... di niente.

--Ma le offriste con tutto ciò una somma!

L'avvocato Zaeli non rispose.

--La Rigotti fin da quando eravamo promessi sposi, cospirava contro di
me! usciva dall'uscio della sua casa per incontrar te sul
pianerottolo, e col pretesto del micino...

--Ancora il povero gatto! mormorò Zaeli dolente.

--Tentava ogni via d'impressionarti, ed io...

--La Rigotti, interruppe l'avvocato sollevando le spalle, è venuta in
casa nostra per suggerimento di tuo padre; io l'ho trattata come
l'educazione insegna di trattare gli ospiti; è andata via...
felicissima notte.

--È andata via sola con te! proruppe Paolina nel bollore della collera
che le sfigurava il viso bellissimo. Tu sei salito in casa sua, le hai
fatto il dono ignobile... ignobile, ignobile! gridò tre volte con
quanta furia di sprezzo poteva radunarsi in quella parola.

--Non è affatto ignobile la donazione che ha per obbiettivo la carità!
fece l'avvocato, riparando con la mano uno sbadiglio.

--Se la Rigotti fosse vecchia, brutta, savia, tu le avresti fatta così
splendida carità? no! è galanteria la tua, è entusiasmo!... io sono
tradita!... concluse rovesciandosi indietro, cadendo su la poltrona e
scoppiando in lagrime.

L'avvocato non si mosse ancora; guardava il soffitto e tendeva
l'orecchio alla voce di Tonino Grim*** che parea contrastar con la
cuoca.

Fra i singhiozzi, Paolina esclamava:

--Se io avessi una madre!...

Alla santa invocazione fatta da Paolina, suo marito corrugò le
sopracciglia.

--Se io avessi una madre... cercherei rifugio nelle sue braccia,
ora.... ch'io ben comprendo, come non vi sia amor vero oltre l'amor
materno....

L'avvocato si alzò; bisognava pur finirla quella scena di pianto e di
ripicchio mordace. Si alzò dalla scranna con una certa vivacità di
movimento che arrestò subito la parola sul labbro di Paolina.

Si alzò pallido. Fece un giro nella camera pestando le carte giacenti,
urtando il cassetto, e andò a porsi infine dinanzi a sua moglie:

--Signora! vi faccio noto che se voi amaste di inebbriarvi nell'acre
voluttà dei litigi, io che non divido l'inclinazione malsana, vi
consiglio di vincere voi stessa perchè la donna esagerata... la donna
attaccabrighe... la donna audace... la donna impertinente ed ingiusta
è un essere sommamente spregevole ai miei occhi...

Paolina sentì corrersi un brivido nella persona.

L'avvocato continuò:

--Signora! che voi siate diffidente è una disgrazia; ma che cerchiate
ogni via per inabissarvi nel fitto di questo difetto, di questo
dolore, è una specie di malignità di cui non vi supponeva capace. O
avete stima di me, o sono addirittura un mostro ai vostri occhi... e
giacchè mi avvedo ch'egli è appunto in tale concetto che mi tenete, ho
bisogno di protestare e vi dico--non ho fatto niente di male,
signora!--mi credete? mi credete, signora?--proseguì Zaeli alzando
leggermente la voce,--mi credete, senza ch'io discenda a resoconti
umilianti? abbiate la bontà di rispondere.

Paolina vedeva tutto fiamma attraverso le sue ciglia abbassate; un
sudore freddo, pungente le intirizziva le mani abbandonate su le ampie
pieghe dell'abito. Che cosa rispondere? la dominava un improvviso
senso di soggezione a cui si era sottratta nel fervore della
battaglia. Il rimorso d'aver trasceso si faceva strada nel cuore
troppo violentemente dato in balia a una collera ingiuriosa. Dire a
suo marito--vi credo--era facile cosa; ma dirlo con sicurezza di fede,
quello era difficile. E per rispondere--non vi credo--le mancava il
coraggio.

L'indugio disgustò l'avvocato.

--Capisco, disse ritraendosi di un passo, cangiando tono di voce.
Donne d'intelligenza eletta, d'animo sinceramente devoto, ve ne sono
poche al mondo. Io mi credevo di possederne una; ma non è vero.

Paolina si scosse.

--Perchè mi oltraggiate?

--Non è un oltraggio, è una verità dura e amara. Non è d'altronde
colpa vostra, se ad un tratto mi comparite imperfetta; la colpa è mia
che in un sogno d'amore m'era piaciuto vestirvi di meriti che non
possedete.

--Ma... Zaeli! mormorò essa atterrita.

--L'illusione è stata bella come tutte le illusioni di amore. Ora a
che disputare?... tu hai detto bene, continuò sorridendo ironicamente,
camminando su e giù per la camera; tutto è finito! Sì, tutto è finito!
Ci abitueremo alla vita dell'indifferenza!... nessuna fiducia, un
contegno da estranei, il dispetto e poi la noia, e poi... La voce di
Tonino urlò disotto alla finestra:

--Il pranzo è pronto, signori.

--Sì, tanto meglio; andiamo a pranzare. Ciò che v'ha di meraviglioso
nella vita dell'uomo è l'ordine incessante col quale si ripartono le
ore in qualsiasi condizione si trovi l'anima sua. Si pranza, si
lavora, si dorme dopo aver pianto, dopo aver desiderato d'esser
sotterra, dopo d'aver creduto di non riposare mai più! tanto meglio!
andiamo a pranzare.

Offerse la mano a sua moglie con uno strano sorriso sul labbro; non
era più l'avvocato Zaeli. Paolina lo guardava attenta. Nel suo cuore
si sprigionava una voce che saliva, saliva alla gola, nè potè
trattenerla.

--Stranieri l'uno all'altro, noi?... gridò con affanno. Noi? ma
piuttosto morire!

L'avvocato balzò alla finestra.

--Attendi un momento, Tonino; termino di scrivere una lettera.

Ritornò vicino a sua moglie; non sorrideva più, ma un'ineffabile
espressione di soddisfazione lo rendeva un'altra volta l'avvocato
Zaeli. Paolina gli stendeva le braccia; ed esso presa con ambe le mani
quella testa bionda, vi posò sopra le labbra.

--Sarebbe un grande peccato calpestare questo unico fiore della vita,
rompere questo divino incanto dell'anima che si chiama amore. Che Dio
ci perdoni, Paolina! è un orrore andar rasente a un abisso e non aver
paura di cadere. Basta! basta! mai più. Guardami. Tu?... tu mancar di
fede in me?... impossibile.

--Impossibile! ripetè Paolina, che, senza sapere in qual modo,
dimenticava in quel punto i suoi tormenti di gelosia.

--Io sospettarti maligna, volgare? impossibile.

--È ciò che dico io, impossibile! esclamò Paolina con lo sguardo
scintillante.

Le loro mani si strinsero; il sorriso del labbro si spezzò in un bacio
  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .
  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

Gran bella cosa è l'amore. È la tavola che nei mar della vita non
naufraga mai; tocca sempre la sponda per quanti flutti l'abbiano
sbattuta. È la stella che trova infallibilmente fra i meandri delle
nubi la striscia, il posticino da ricomparir nel sereno.

L'avvocato Zaeli, nella sua serietà d'uomo, aveva in quel momento
trasfusa la letizia tenera, carezzevole del giovanetto. Guardava gli
occhi di Paolina, che gli parean tanto più belli nel raggio sereno che
aveva seguito lo squallore della tempesta; ne lisciava i capelli a
metà disciolti, la teneva stretta con un braccio accanto a sè,
ascoltando estatico le dolci parole d'affetto che essa gli susurrava
all'orecchio.

Ma la voce di Tonino Grim*** continuava di sotto:

--Signori a pranzo--e dopo una pausa--signori è servito--signori
faremo della minestra una colla stupenda per mettere su le impannate!

Zaeli prese il braccio di Paolina sotto il suo braccio.

--Bisogna essere giusti, disse con allegria; tuo fratello ha diritto
di desinare, e noi abbiamo obbligo di dargli ascolto. Andiamo,
Paolina... discorreremo dopo il pranzo.

Ma poi, arrestandosi d'un tratto, quasi pauroso di non trovare mai più
un istante così bello d'amore, ispirato da un irresistibile desiderio
di metter fine con un brillante episodio alla scena che erasi svolta
sopra un fondo così burrascoso, lasciò il braccio della moglie, andò
alla finestra di nuovo.

--La lettera è da suggellare, disse in fretta. Se tu non vuoi
aspettarci, mangia Tonino, e finiscila.

Irradiata la fronte più che dalla luce del cielo, dalla limpida,
schiettissima luce della felicità, si rivolse a sua moglie, fece un
passo, si trasse dal petto il portafoglio.

--Tu pensi che io ne levi le quattrocento lire che hai invano cercato
e le metta nelle tue mani? di', Paolina, non pensi tu a questo?--e
apriva il portafoglio.

Paolina estatica, confusa, fece un gesto che significava:--ah fosse
vero!--

--Oppure tu pensi che ad immensa sorpresa ti presenti la ricevuta
dell'argentiere, che potrebbe da un momento all'altro mandare le
posate di argento!...

--Ah! esclamò Paolina con gioia, allungando la mano.

--Nè l'una, nè l'altra cosa ti faccio vedere, Non sono le quattrocento
lire cui tu sospettavi in mano alla Rigotti... non è la ricevuta
dell'orefice... è... è...

Tentennava, pallido di commozione. La sua bella fisonomia aveva il
fulgore che irraggia dalla coscienza soddisfatta. Nella sua destra
teneva un foglio piegato.

--È... che cosa? fece Paolina impallidendo al magnifico pallore di suo
marito.

--È il patrimonio dei nostri figliuoli! è una polizza di assicurazione
sulla vita... sono ventimila lire che io regalo alla mia famiglia nel
giorno della mia morte.

Paolina gettò un grido, gettandosi spaventata fra le braccia di suo
marito.

--Bambina! hai paura che io muoia? disse il giovane dopo un breve
silenzio rotto dal pianto sommesso di Paolina e dai baci ch'esso
poneva su la fronte di lei. Rincorati, anima mia, ti svelerò il
recondito bene che si racchiude in questo foglio di carta.

                                 *
                                * *

Seduto sopra un rialzo che dominava la bella campagna e la città
rosseggiante di luce, l'avvocato Zaeli tenendo chiuse in una mano le
due mani di Paolina, le dava spiegazione del contratto rappresentato
nella polizza che le aveva fatto vedere, leggendo un libricino dalla
copertina azzurra, che teneva nella destra.

--Per esempio, Paolina, tu che mi parli di morte e credi
superstiziosamente che la si inviti a venire con un contratto di
assicurazione su la vita, ascolta queste righe che, meglio di quanto
ti posso dire io stesso, ti persuaderanno: «.... Non è senza interesse
notare che chi entra nel consorzio degli assicurati della Reale
Compagnia è ben lungi dall'aver fatto un patto con una morte
prematura. Tutt'altro! è entrato anzi per questo fatto in società con
una classe di persone che dietro dati sicuri hanno una mortalità
inferiore a quella generale dimostrata dalle statistiche.» Imperocchè,
Paolina, continuò l'avvocato posando il libretto sulle ginocchia,
sappi bene che la Reale Compagnia non fa contratti con gente ammalata!
e colui che appartiene alla società è in conseguenza più che sicuro
dell'ottimo stato della propria salute, avendo in questa polizza un
certificato di buonissima costituzione. Ne sei persuasa, Paolina?

--Giacchè tu lo dici, sì! ma ti amo tanto!

--Cara Paolina! e temi d'un triste augurio? Oh! no, no. Dividi con me
la fiducia, o meglio la convinzione che io ho fatta un'azione più che
commendevole, onesta; più che fruttuosa, splendida.

--Ma senti, Zaeli! tu vivendo com'io voglio e vorrà anche Iddio fino
alla tarda vecchiaia, non potrai fare, in via di risparmio, il bene
dei tuoi figliuoli? quelle ventimila lire che loro assicuri mediante
un pagamento annuo, non puoi ammassarle nel tuo cassetto?...

--Chi può saperlo! l'impegno di pagare la quota è garanzia, e
salvaguardia di ciò che appartener deve ai figliuoli, mentre la libertà
di spendere, la tentazione di speculare può disfare in un soffio la
somma che con le migliori intenzioni volevate serbare per la famiglia.
Vedi tuo padre, Paolina! egli ha precisamente commesso l'errore di
trascurare la buona idea di fare un contratto di previdenza nei tempi
del suo abbondante guadagno. Quante volte me ne ha parlato! l'indolenza
è stata la sua nemica. I guadagni, o meglio i risparmi sfumarono, e ora
il dabben uomo desidera invano la compiacenza di lasciare a' suoi figli
un capitale. E del resto, mia dolce, mia vera amica, continuò con
accento di tenerezza profonda, v'ha sul capo di noi tutti una spada
sospesa ad un filo... oh, non ispaventarti! la spada c'è, ma il filo non
si tronca per ora, giacchè Dio non permetterà che tu pianga, nè la Reale
Compagnia di assicurazioni bramerà pagare la somma appena fatto il
contratto!--sorrise e continuò dolcemente,--egli è però certo, anima
mia, che la morte può sorprendere un galantuomo da un momento all'altro,
anche allora che vicino a una donna diletta sogna una eternità di
consolazione; anche allora che in mezzo a una turba di piccoli angioli
che lo fanno arrabbiare, sorride agli anni remoti! non vi è da
illudersi. Tu, così pia, intelligente e informata al vero spirito della
religione, sai meglio d'ogni altra che, alla sventura, sempre possibile,
è giusto contrapporre non solo la rassegnazione, ma i mezzi altresì per
renderla meno acuta e grande. Or dunque chi ama, chi pensa, chi ragiona
seriamente, dice a sè stesso:--se io muoio di morte prematura, vi è la
religione appunto che verrà ad offrire conforti alla mia povera
famigliuola; ma... e l'interesse! si deve pensare anche a questo,
Paolina! e quando alla famigliuola rimanga una prospettiva di materiale
benessere, non sembrerà più leggiera la lapide che va a posarsi sul
trapassato, non sarà meno squallida l'orma che stampò la disgrazia in
quella casa?... Comprendi ora, mia cara Paolina, l'utilità somma di un
contratto di previdenza?

--Sì, rispose Paolina, piegando la testa su la spalla di suo marito.

--Sei allegra?

--No.

--Ma perchè?

--Oh Zaeli! perchè mi rimorde il pensiero d'aver dubitato di te!
d'averti offeso.

--Tutto è dimenticato, cara Paolina. Io sono così felice e ti amo
tanto da non permettere che un'ombra sola di mestizia ti rimanga
nell'anima. Dimmi che cosa posso fare per te?

--Amarmi sempre.

--È poco.

--Perdonare le mie debolezze.

--Di queste non ve ne saranno più.

--Mi reputi perfettamente guarita? chiese essa guardandolo con un
misto di timidezza infantile e d'infantile graziosa malizia.

--Diamine, ne ho ferma fede, rispose l'avvocato affettuoso e grave.
Perchè, bada, Paolina! non avrò sempre una polizza d'assicurazione per
metterti su la via della ragione. La gelosia è un dolore grande, una
croce terribile per la donna più che per l'uomo, e te ne dico subito
il perchè. La donna, sensibile di cuore, ardente di fantasia, si trova
assediata da un concorso di reali pericoli che giustificano di
frequente i suoi timori. V'ha nella libertà dell'uomo ogni mezzo
acconcio a favorirne l'incostanza, quindi la gelosia non è un
sentimento irragionevole nella donna, ma piuttosto un'imposizione che
le viene inflitta dalla società ingiusta con lei, indulgente con
l'uomo. Ma poi, ascoltami bene, Paolina, vi è questo di buono: appunto
perchè la donna ha spesso dei motivi non immaginari di gelosia, se
avviene come nel caso tuo che abbia preso abbaglio e giunga a
convincersi profondamente dell'onestà del marito, guarisce tosto dalla
terribile malattia. Sarà stato a guisa d'un lampo che l'ha un momento
acciecata, ma che le lascia dopo l'istantaneo tenebrore una limpida,
sconfinata potenza di misurare il sereno de' cieli. Non è così
dell'uomo. L'uomo è geloso il più delle volte per puro vizio di
egoismo, per istintivo dispregio; è geloso in forza d'ambizione, di
despotismo senza risentirne un danno intimo, una consumazione di
febbre che è malattia, dolore supremo! è geloso anche senza un
perchè... e non guarisce mai in conseguenza, perchè non è mai stato
ammalato. Consolati dunque, Paolina, che, di noi due, il geloso eri
tu. Tu sei risanata, lo so, lo vedo, lo possiamo insieme giurare...

--Sì! gridò Paolina, gettandogli le braccia al collo.

--Che se il geloso, per somma disgrazia, fossi stato io, oh povero
angelo! la donna onesta non possiede abbastanza virtù per disperdere
il sospetto ingiurioso di suo marito. Restituita che tu mi avessi la
pace una volta, saremmo probabilmente tornati da capo!... Io con una
sola parola ti ho fatta sicura.

--Adagio, adagio, disse Paolina con adorabile grazia. Le parole sono
parole, e a me volevan dei fatti. E, preso in mano il libricino
azzurro della Reale Assicurazione, lo sollevò festosamente nell'aria.

L'avvocato Zaeli afferrò sorridendo il libro, e, quasi fosse una sacra
reliquia, se lo portò alla fronte, alle labbra, al cuore.

Senza essere santo, era certamente il pegno benedetto d'una eterna
riconciliazione.

FINE.



        Milano--PAOLO CARRARA--Editore

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  Milano--PAOLO CARRARA--Editore

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  EUGENIO CHECCHI

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  Parlando di un altro libro di Eugenio Checchi (Le Memorie di un
  Garibaldino) il Manzoni ebbe a dire: «Se ogni anno uscissero in Italia
  dieci o dodici di questi libri, in pochi anni la questione della
  lingua sarebbe finalmente messa a dormire,» e lo raccomandava ai
  maestri ed alle famiglie come utile e sana lettura.

  Le Nostalgie Marine, il nuovo libro di Eugenio Checchi, scritto con la
  medesima disinvoltura di forma e di stile, è un altro prezioso
  contributo al patrimonio di quella lingua nazionale, che pareva al
  Manzoni altrettanto necessaria quanto l'unità della patria. Il Checchi
  riunisce, nelle trecento pagine circa di questa opera affatto inedita,
  le note di viaggi, di gite, d'impressioni, di avventure attraverso
  paesi disparatissimi. Descrive con ricchezza di particolari, e con un
  interesse sempre crescente, un viaggio ad Alessandria, a Giaffa, a
  Gerusalemme; poi tornando in Italia si raccoglie nella vaga
  contemplazione della Roma delle acque, la immortale Venezia:
  dall'Adriatico si volge alle spiagge tirrene e rievoca le memorie del
  litorale pisano e della riviera ligure; finchè, obbedendo ad una
  specie di nostalgia manzoniana, fa una rapida corsa nei luoghi abitati
  dai Promessi Sposi.

  Nei quattordici capitoli l'autore interrompe ogni tanto il racconto
  con osservazioni argute, con divagazioni gioconde, ispirate alla sana
  filosofia del buon senso; ed è riuscito così a scrivere un libro, che
  giovanetti e uomini adulti potranno leggere con eguale diletto.

  DEL MEDESIMO AUTORE:

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NOTA DEL TRASCRITTORE:

ILLUSTRAZIONI FUORI TESTO DEL VOLUME:


    .... riaffacciandosi nell'inquadrato della finestra....
                 (Pag. 6).

    .... e fece tosto intendere un grido.
                 (Pag. 16).

    .... in compagnia della moglie che lo accompagnava fino...
                 (Pag. 35).

    .... e scelse l'abito bianco....
                 (Pag. 58)

    .... basta, dunque... buona notte, Paolina.
                 (Pag. 84).

    .... scassinò finalmente la serratura....
                 (Pag. 110).

    --Bambina! hai paura che io muoia!...
                 (Pag. 134).



Sono stati corretti i seguenti refusi:

    sotto un velo di silenzioso compianto l'azione immortale.
    e andò tosto o chiudersi in camera;
    in testa una specie di desiderio di ripgliar moglie.
    ma è un fremito del disiganno
    marito il cui contegno si conservava naturalislissimo,
    dividere i suoi sentimenti caritetevoli
    e mi parli di segreti, di dolori, di conbattimenti!!!
    dal disgraziato Rigotti; nè vera caso che Tonino Grim***
    pesante la mano del dottor Ghim***, che rideva
    ha parlato! l'indolenza è stata la sua nemica. guadagni,
    che vicino a una donna diletta sogna uno eternità di consolazione;
    --Mi reputi perfettamenta guarita? chiese essa
    non è un sentimeno irragionevole nella donna





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