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Title: Lusitania - Canti popolari portoghesi
Author: Toci, Ettore [Editor]
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Lusitania - Canti popolari portoghesi" ***


    NOTE DI TRASCRIZIONE:

    Le correzioni dell'errata (sezione che inizia con “Pochi son
    quelli...„) sono già state riportate nel testo elettronico.

    I riferimenti alle note 71, 72 e 73 (in “La Pastorella„) erano
    mancanti nel testo originale. Sono stati inseriti
    arbitrariamente nella posizione più logica.

    * “Buon giorno e buon anno, Rosetta;[71] [Il riferimento è stato
    inserito qui perché l'autore nella nota chiede perdono ai
    lettori per aver cambiato l'originale “Rosa„ in “Rosetta„]

    * va' a pascer la greggia, mia bella scontrosa.„[72] [Il
    riferimento è stato inserito qui perché la nota si riferisce ad
    un canto normanno con parole simili]

    * fanciulla ritrosa, ritrosa a parole.[73] [Il riferimento è
    stato inserito qui perché la nota spiega che appartiene all'ultimo
    verso]

    In questa versione di solo testo, il testo in corsivo è stato
    circondato da _; il testo in grassetto è stato circondato con =, e
    il testo in maiuscoletto è stato convertito in caratteri
    maiuscoli.



CANTI POPOLARI PORTOGHESI



    LUSITANIA

    CANTI POPOLARI PORTOGHESI

    TRADOTTI ED ANNOTATI

    DA

    ETTORE TOCI

    [Illustrazione: il logo della casa editrice, Raffaello Giusti]

    LIVORNO
    COI TIPI DI RAFFAELLO GIUSTI
    LIBRAIO-EDITORE
    1888



PROPRIETÀ LETTERARIA



AVVERTENZA


Le romanze (_romances_) popolari del Portogallo, di cui nessuna è, per
quanto si crede, anteriore al sec. XV, e che non ebbero chi si desse a
raccoglierle prima del decimonono; furon messe insieme e variamente
ordinate dal poeta Gio. Battista De Almeida-Garrett, da Teofilo Braga e
da altri: io tenni per testi: BELLERMANN, _Portugiesische Volkslieder
und Romanzen_, Leipzig, Engelmann, 1864, ed HARDUNG, _Romanceiro
portuguez_, Leipzig, Brockaus, 1887. Hanno i Portoghesi, oltre alle
romanze, parecchie altre forme di poesia popolare; come canzoni liriche
di piú generi, buon numero di quartine di soggetto molto diverso
arieggianti alle _coplas_ dell'Andalusia, aforismi in distici intorno
alle stagioni, canti funebri (_endeixas_) sul fare dei _vòceri_ corsi e
dei _bocet_ rumeni, ed altri assai differenti di contenenza e di metro.
(Vedili enumerati in PUYMAIGRE, _Romanceiro_, Choix de vieux chants
portugais traduits et annotés, Paris, Leroux, 1881, pag. L.) Degne di
particolar menzione sono le _xacaras_, sorta di ballate o canzoni di
genere drammatico, ed ora elegiache, ora pastorali, ora burlesche o
satiriche. Non fu dunque iperbole sconfinata, come a prima vista
parrebbe, quella di Manuel Faria, che nella prefazione di un suo libro
osò scrivere che ogni fontana del Portogallo è un'Aganippe, ogni monte
un Parnaso.

Delle romanze, le piú son comuni a tutta la penisola iberica, con
differenze talora notevoli e talora di nessun conto: di alcune non si ha
traccia in Ispagna. Una certa quantità ci fu conservata dalla
tradizione; ma la maggior parte giunsero fino a noi riportate da
Gil-Vicente, dal Ferreira de Vasconcellos e da altri scrittori
drammatici. Non di rado vi allude Luigi Camões.

I versi hanno forma di ottosillabi; rimati, e piú sovente assonati,
quelli pari; senza rima né assonanza i dispari. Se non che oggi questi
ultimi son considerati da molti come semplici emistichi; e “certo è che
non andavano nel canto staccati e soli, ma constituivano la prima parte
d'una tipodia trocaica.„[1] La pensi il lettore in quel modo che gli par
meglio.

La verseggiatura, che, quando mi venne fatto, usai nel tradurre le
poesie contenute in questo volume, non dovrebbe agl'Italiani odierni
apparire “strana e barbarica„ dopo l'ottimo saggio offertone da Giosuè
Carducci nella sua versione, o piuttosto ricomposizione epica, del _Don
Beltran_.[2] Non dovrebbe, ripeto; ma pur troppo ciò che nei maestri
dell'arte è bell'ardimento, in altri è presunzione brutta e mal
tollerata. Sento perciò un gran bisogno di raccomandarmi all'indulgenza
delle persone discrete, se anch'io, “dopo l'audacia dell'accettare in
italiano la serie monoritma, non dubitai di conservare l'assonanza,
comunissima, del resto, nei canti del nostro popolo e non ignota alle
rime degli antichi.„ La quale indulgenza non verrà, spero, a mancarmi,
per aver inoltre, sempre confortato da un sí autorevole esempio, ardito
trasporre l'accento di molti ottosillabi italiani, “ripensando come e
quali ne canta il nostro popolo nei _maggi_; ripensando che Lorenzo de'
Medici, Angiolo Poliziano e gli altri antichi autori di ballate ne
scrivevano di cosí fatti:

    Donne, venite a vedere--Donne, i' allevo un uccello--Fanciulle,
    siate invitate--Quando vedete un amante--Vagheggiano a'
    gonfaloni--Né macinano a raccolte--Ma io no 'l vo' però dire--Da
    me non sarai richiesta--Non ti sarà fatto torto.„

Questa, dunque, la verseggiatura, che quando mi venne fatto (dicevo piú
sopra) usai nel tradurre: ma difficoltà gravi per sé, e che alla mia
scarsa perizia furono insuperabili, mi costrinsero piú d'una volta a
tenere altro modo, rimando e assonando come potei, con libertà che pare
a me stesso eccessiva.[3] Confesso umilmente l'involontario peccato,
nella speranza di aver meno severo il giudizio degl'intendenti.

       *       *       *       *       *

    Pochi son quelli che pongono mente all'_errata_ quando è in fine
    dell'opera: ciò valga a scusarmi se mi è parso di metterlo qui a
    principio, importandomi assai di correggere alcuni sbagli di
    qualche rilievo incorsi nella stampa.

    A pag. 65, riga 25, le parole _Cfr._ FERRARO, BERNONI, IVE _ed
    altri_ dovevano esser ultime della nota quarta, ossia nella riga
    32.

    A pag. 77, riga 22, in luogo di p. 176, leggi 174.

    Alla stessa pag., riga 24-25, dov'è scritto M. _de la_
    VILLEMARQUÉ, _Guverziou Breiz-Izel_ (_Les Matelots_), Paris,
    1846, leggi LUZEL, ecc., ediz. cit.

    A pag. 127, riga 24, ove dice _non abbia a perire_, tolgasi il
    _non_.

    Altri pochissimi errori di minor gravità non occorre notarli.

[Nota 1: CARDUCCI, _Nuova Antol._, fasc. del 15 maggio 1881, p. 242-43.]

[Nota 2: _Nuova Antol._, fasc. cit., e _Rime nuove_, Bologna, 1887, p.
265-71.]

[Nota 3: Ciò mi accadde in quattro romanze, che sono: _Conte Yanno_,
_Il cacciatore_, _La pellegrina_ e _Lo schiavo_. La xacara _La
pastorella_ varia le rime anche nell'originale.]



DON GAIFERO

(DOM GAYFEIROS)



DON GAIFERO

(DOM GAYFEIROS)[4]


    Don Gaifero sta seduto
    là nel palazzo real;
    sta seduto al tavoliere,[5]
    dilettandosi a giocar.
    Già teneva in mano i dadi,
    già gli andava per gittar,
    quando à un tratto ecco lo zio,
    che lo prende a rampognar:

    “Tu, Gaifero, sei da questo;
    tu sei buono i dadi a trar;
    ma non mica a salvar dame,
    né coi Mori ad armeggiar.
    La tua donna è in man de' Mori,
    né la vai pure a cercar:
    se d'altr'uomo fosse moglie,
    non sarebbe là a penar.„

    Non avea finito, e i dadi
    don Gaifero fa volar:
    e se il luogo e la persona
    era men da rispettar,
    tavoliere e tavolino
    lo vedevi sfracassar.
    Egli al vecchio don Roldano
    tale alfin risposta dà:

    “La cercai sett'anni, sette,
    senza poterla incontrar;
    quattro per la terra ferma
    e tre altri per lo mar:
    varcai monti e valli, senza
    mai dormire né posar:
    era il sangue mia bevanda,
    carne cruda il mio mangiar:
    sanguinavano i miei piedi
    dal continuo camminar:
    mi passarono i sett'anni
    senza poterla incontrar.
    Or io sento che a Sansonha[6]
    l'hanno vista a dolorar;
    ma senz'armi né cavallo,
    come posso irla a trovar?
    Al cugino mio Montesino[7]
    gli ho dovuti in presto dar,
    quando là nell'Ungheria
    se ne andava a tornear:
    e perciò molto vi prego,
    né sia vano il mio pregar,
    l'armi vostre ed il cavallo
    mi vogliate voi prestar.„

    “Già sett'anni son trascorsi
    (non dovestili contar)
    da che presa è Melisendra,
    e non fa che lacrimar.
    E ti vidi sempre in arme,
    e cavalli ammaestrar:
    or che sei rimasto senza,
    la vorresti ire a cercar.
    Le mie armi non ti presto,
    ch'io senz'armi non vo' star;
    né il cavallo ben avvezzo,
    ch'e' non abbiasi a guastar.„

    “Mio buon zio, se le vostr'armi
    v'ostinate a dinegar,
    la mia donna prigioniera
    come posso ire a cercar?„

    “In San Giovan Laterano
    ho giurato su l'altar
    di negar l'armi a qualunque
    me le avesse ad infamar.„

    Don Gaifero, che ciò sente,
    alla spada mette man:
    dalla rabbia par che gli occhi
    fuor gli debbano schizzar.

    “Ben io veggo, o don Roldano,
    ben io veggo, in verità,
    quanto amor voi mi portate,
    se vi fa cosí parlar.
    Fate c'altri me le dica,
    ch'io ne 'l possa ripagar,
    queste cose: in gola a voi
    non le voglio ricacciar.„
    Tosto accorse don Guarino,[8]
    che ammiraglio era del mar;
    Durandarte ed Oliviero
    pur li corsero a fermar;
    e con loro dodici altri
    ch'ivi a sorte si trovàr.
    Ma pacato don Roldano
    non fu tardo a replicar:

    “Ben è chiaro, o mio nepote;
    ben a tutti chiaro appar;
    dalla troppa giovinezza
    è dipeso il tuo mancar.
    Don Gaifero, chi piú t'ama,
    quegli t'ha da castigar;
    s'eri tu mal cavaliere,
    io tenevo altro parlar.
    Ma ti so bravo, e ti dico:
    presto in armi e in sella; va'!
    pronti sono al piacer tuo
    l'armatura ed il caval;
    ed io stesso, don Gaifero,
    io ti voglio accompagnar.„

    “Grazie: solo debbo andarvi;
    solo, o zio, la vo' cercar:
    l'armi vengano e 'l cavallo,
    ch'io mi voglio incamminar:
    del codardo a me, nessuno,
    vivaddio, potrà mai dar!„

    Don Roldano la sua spada
    ecco al giovine donar:

    “Poi che solo brami andarvi,
    questa t'ha da accompagnar:
    generoso è il mio cavallo;
    violenza non gli far:
    piú che sprone vuol la briglia;
    te ne puoi, credi, fidar.„

    Or mirate don Gaifero
    come va di buon andar:
    va per terre di cristiani,
    e tra i Mori appresso va:
    ne va tristo e pensieroso,
    e fa tutto un sospirar:
    “Melisendra mia dai Mori
    come posso liberar?„

    Alle porte è di Sansonha,
    ma non sa come vi entrar:
    mentre pur bada e s'angustia,
    te le vede spalancar.
    Esce il re nella pianura
    con sua gente a sollazzar;
    tutti in abito da festa,
    tutti allegri a cavalcar.
    Don Gaifero un po' si scosta;
    indi affrettasi ad entrar,
    e si abbatte in un cristiano
    schiavo intento a lavorar.

    “Iddio t'abbia in guardia, o schiavo,
    e ti renda a libertà:
    dimmi, prego, in questa terra
    hai sentito mentovar
    certa dama di tua fede,
    certa dama d'alto affar,
    che andò presa qui tra' Mori,
    e non fa che lacrimar?„

    “Cavaliere, Iddio sia teco
    e ti guardi da ogni mal,
    e altra sorte a me conceda,
    c'ora è tutto un tribolar.
    Ai segnali che mi dài,
    ben io possoti affermar
    che la dama onde tu cerchi,
    là in Palazzo deve star.
    Prendi quella via diritta
    che al real castello va,
    e vedrai cristiane molte
    ai balconi a folleggiar.„

    Ei la via diritta prende
    che al palazzo capo fa,
    e girati gli occhi in alto,
    Melisendra vede star
    appoggiata a una finestra,
    e in un triste meditar
    tanto assorta, che non sente
    l'altre intorno sollazzar.
    Ecco allora innanzi e indietro
    don Gaifero a passeggiar.

    “Oh che amabil cavaliere!
    che garbato cavalcar!„

    “Meglio che giocare a dama,
    qui co' Mori a battagliar!„

    Melisendra, che ciò sente,
    incomincia a lacrimar.
    Non già ch'ella il riconosca:
    non potealo ravvisar
    cosí tutto in armi bianche,
    sí diverso nel portar;
    ma perché quel cavaliere
    le fa in mente ritornar
    i francesi paladini
    e una terra senza par,
    quelle giostre e que' tornei
    che si usavano intimar,
    quando, per la sua bellezza,
    correan tutti ad armeggiar.
    E con voce lamentosa
    cominciavalo a pregar:

    “Cavalier, se in Francia vai,
    ambasciata hai da recar:
    vo' che dica a don Gaifero
    ch'e' non mi viene a cercar?
    Se non teme egli de' Mori,
    se non teme di pugnar,
    altro amore è la cagione
    che me gli ha fatta scordar:
    digli ch'io son presa e schiava,
    e fo tutto un lacrimar.
    Che se questo mio messaggio
    non curasse d'ascoltar,
    e tu recalo a Oliviero,
    e tu il reca a don Beltran,
    e all'imperator mio padre,
    che mi mandi a riscattar.
    Ché qui mora voglion farmi
    e il mio Cristo rinnegar;
    e mi voglion dar a un Moro
    delle parti là del mar,
    e di sette re pagani
    me regina incoronar.„

    “Quest'ambasciata, o signora,
    da te stessa gli puoi far:
    don Gaifero è qui presente,
    e ti vien a liberar.„

    Non avea finito ancora,
    e le braccia tende già:
    ella tosto dal balcone
    si calò senza fiatar.
    Quando un sozzo can di Moro,
    ch'era messo a vigilar,
    con quant'ha piú voce in gola,
    cominciava ad esclamar:

    “Accorrete a Melisendra,
    ché la rubano i cristian!„

    “Melisendra sposa mia,
    come potrem noi scampar?„

    “Iddio, spero, e la madonna
    ci vorranno accompagnar.„

    “Melisendra, Melisendra,
    qui gran forza si vuol far!„

    Al cavallo apre la cigna,
    e gli allarga il pettoral;
    poi vi salta su d'un lancio,
    senza la staffa toccar,
    e alla vita prende lei,
    che si allunga quanto sa:
    la fa metter su la groppa,
    perché possalo abbracciar.
    Dà di sprone indi al cavallo,
    che ne ha molto a sanguinar;
    corre e corre e vola e vola:
    chi saprebbelo arrivar?
    Ed i Mori da ogni banda
    tutti a correre e a gridar;
    quante porte ha quella terra,
    tutte a furia le serràr.
    Sette volte dei bastioni
    pur invano il giro fa;
    ma l'ottava il buon cavallo
    riuscivali a saltar:[9]
    quei di dentro né con gli occhi
    piú li possono arrivar.
    Sopraggiunse re Almansorre,
    che tornava da cacciar.

    “Su, fa' cuore, o Melisendra;
    qui conviene scavalcar.
    Sotto queste verdi piante
    scendi un poco a riposar;
    a que' cani io vado incontro,
    ch'io li vegga spulezzar:
    quanto valgano quest'armi
    oggi vo' sperimentar.„

    Smonta dunque Melisendra,
    e Dio mettesi a pregar:
    il cavallo a briglia sciolta
    vola i Mori ad assaltar.
    Parve già pigro a fuggire,
    parve dianzi a stento andar;
    fiuta adesso il sangue moro,
    e si sente rinfiammar.
    Don Gaifero pugna forte,
    ma piú forte il suo caval;
    fanno a gara tutti e due
    chi piú Mori abbatterà.
    Già ne cascan tanti e tanti,
    che non son piú da contar;
    corre sangue in tanta copia,
    che va i campi ad allagar.
    Re Almansorre, che ciò vede,
    cominciava ad esclamar:
    Allà invoca e Maometto,
    ché lo vogliano aiutar.

    “Maledetto te, o cristiano,
    e piú ancora il tuo pugnar!
    non c'è al mondo cavaliere
    che ti possa pareggiar.
    Sei tu forse Urgel di Nantes,[10]
    Oliviero singolar,
    o l'Infante don Guarino,
    grand'ammiraglio del mar?
    Non v'è altri fra que' dodici[11]
    da poterti fronteggiar,
    se non fosse don Roldano,
    quel fatato senza par.„
    Don Gaifero, che ciò sente,
    questa a lui risposta dà:

    “Taci, taci, o re de' Mori;
    non è savio il tuo parlar:
    molti ha Francia cavalieri
    che li possono uguagliar.
    Io non son dei nominati,
    e a conoscer mi vo' dar;
    son l'Infante don Gaifero,
    son nipote a don Roldan
    capitano[12] di Parigi,
    ch'è mia terra natural.„

    Altro il re non vuole udire,
    né piú innanzi contrastar;
    volge la briglia al cavallo,
    e si va dentro a serrar.
    Don Gaifero, solo in campo,
    non ha piú con cui pugnar:
    corre, pieno il cor di gioja,
    la consorte a ritrovar.

    “Sei ferito, sposo mio?
    ah ferito hai da tornar!
    eran tanti e tanti i Mori,
    e tu solo a battagliar!
    Strapperò della camicia
    mia le maniche a fasciar
    le tue piaghe; col mio velo
    le saprò rimarginar.„

    “Non dir queste cose, o Infanta;
    non è savio il tuo parlar:
    s'eran anco a cento doppj,
    a me nulla potean far:
    del mio zio Roldano l'armi,
    credi, son di buono acciar;
    cavalier che se ne cinga
    non può mai pericolar.„

    E cavalcano e cavalcano,
    senza punto riposar:
    per le terre là de' Mori
    senz'alcun sospetto van,
    ragionando pur d'amore,
    senza a null'altro pensar.
    Nelle parti de' cristiani
    finalmente ripassàr:
    a Parigi eccoli giunti;
    li va il popolo a incontrar
    e ben sette leghe fuori
    è la corte ad aspettar.
    Ecco vien l'imperatore
    la sua figlia ad abbracciar;
    le parole ch'ei le dice
    fanno i sassi lacrimar.
    Vedi il clero tutto quanto,
    la piú eletta nobiltà;
    vedi i Pari tutti e dodici;[13]
    né le dame puoi contar.
    Alda v'era e don Roldano
    e l'ammiraglio del mar;
    l'arcivescovo Turpino,
    don Giuliano d'Alem-mar,
    e il buon vecchio don Beltrano,
    e quanti altri usano star
    presso l'alto imperatore
    e alla sua mensa pranzar.[14]
    Che onoranze a don Gaifero,
    e che bel congratular!
    Della molta sua prodezza
    grandemente lui lodàr,
    che la sposa ha liberato
    con valore singolar.
    Le gran feste che si fecero
    non si posson raccontar.



NOTE


[Nota 4: HARDUNG, II, _pag. 13-24_.

“Tous nos lecteurs se rappelleront comment don Quichotte intervint dans
la représentation que maître Pierre donnait avec ses marionnettes,
représentation dont le sujet même était la mise en action de ce romance
[_Don Quijote_, II, 26]..... Gaiferos est encore le héros de trois
autres romances anciens. Dans le premier, le poëte montre la mère de
Gaiferos adressant à son fils des paroles qui le font pleurer: “Dieu te
donne barbe au menton, et fasse de toi un preux. Dieu te donne bonheur
dans les armes comme au paladin Roland, pour que tu venges la mort de
ton père. On l'a tué par trahison pour épouser ta mère. On m'a fait de
belles noces aux-quelles Dieu n'eut point de part....„ Ces paroles ont
été entendues par le beau-père de Gaiferos, qui, furieux, ordonne à ses
écuyers de s'emparer de l'enfant et de le tuer. Ceux ci ne purent se
résoudre à commettre ce crime; et laissèrent échapper Gaiferos, qui se
réfugia chez son oncle. Le second romance nous raconte comment Gaiferos,
déguisé en pèlerin, se présente chez sa mère qui le croyait mort, et
abat la tête de son persécuteur: le troisième, beaucoup plus court, est
sans liaison avec les deux premiers et avec celui que nous avons
traduit. M. Milá y Fontanals [_Observaciones sobre la poesia popular con
muestras de romances catalanos inéditos_, Barcelona, 1853] pense que le
personnage de Gaiferos est le _riche duc Gaifiers_ de la chanson de
Roland, le Gaiferus de Turpin et le Waïfre des historiens modernes.
[Ecco il luogo del poema francese dove si fa menzione del nostro eroe:
“_Venuz i est li riches dux Gaifiers_.„ Str. LXII]. Toutefois les
exploits que lui prêtent les trouvères espagnols ne sont pas attribués
par les pöetes français à son homonyme. Ils font souvenir pourtant de la
situation de la belle Aye d'Avignon, tenue renfermée par le sarrasin
Ganor dans une tour d'où elle aperçoit son mari Gainier. M. Milá, qui
fait cette remarque, rapproche les paroles d'Aye de celles de Melisenda:

    Vos sodoiers de France qui m'avez trepassée,
    parlez un peu à moi, car de France sui née,
    si me dites nouvelles de la douce contrée....

M. Milá fait encore observer que dans le poème de Walter d'Aquitaine,
dont le nom n'est pas sans affinité avec celui de Waïfre et de Gaiferos,
on trouve le récit d'une fuite du héros et de l'héroine, qui a quelque
ressemblance avec celle de Gaiferos et de Melisenda. Ce dernier nom
semble d'origine française au critique espagnol; il lui paraît pouvoir
être une transformation du nom de Bellisent, une des filles de
Charlemagne.„ PUYMAIGRE, _Petit romancero, choix de vieux chants
espagnols_, Paris, 1878, p. 87-88.

Da questa romanza, che nell'originale può leggersi in WOLF _und_
HOFFMANN, _Primavera y flor de romances_, Berlin, 1856, II, p. 229 e
segg.; nacque, con forme similissime alle materne, la portoghese, che
tradussi seguendo il testo di G. B. ALMEIDA-GARRETT. “Entrou em Portugal
por meio do Cancioneiro de Romances de Anvers [del 1555]. Primeiro
corria na sua linguagem nativa (GIL VICENTE, _Obras_, II, 27), sendo
depois, en forma abreviada, trasladado a portuguez.„ HARDUNG, t. cit.,
p. 3, in nota. Lo stesso Hardung la pone tra quelle d'argomento moresco
(_Romances mouriscos_); ad altri sembrò appartenere piuttosto al ciclo
carolingio, ovvero (non saprei dire perché) a quel della Tavola Rotonda.
Non è del mio proposito fermarmi a parlare della miglior classificazione
di questa e delle altre romanze portoghesi: molto ne fu discorso dai
critici, e con molta diversità d'opinioni. Vedi, tra gli altri, MILÀ _y_
FONTANALS, _De la poesia heróico popular castellana_, Barcelona, 1874,
p. 372-79, ed un bell'articolo di A. MOREL-FATIO, in _Romania_, 1873, p.
128.]

[Nota 5: Orig., _Taboleiro_. “Le jeu de las Tablas, appelé autrefois en
France le jeu des Tables, était le trictrac, suivant Legrand
d'Aussy....„ PUYMAIGRE, op. cit., p. 88, in nota. Non il giuoco delle
tavole, ma quel degli scacchi è rammentato spesso negli antichi poemi
francesi; dove per lo piú accade che “due giocatori... diventano
discordi per varie ragioni, e la contesa finisce in modo che uno uccide
l'altro con lo scacchiere.„ NYROP, _Storia dell'epopea franc. nel M. E._
(trad. di E. GORRA), Firenze, 1886, p. 163, in nota. Cosí fa, in una
romanza spagnola, Montasinos a don Tomillas. Eroi che giocano ai dadi
introduce Euripide in piú d'una tragedia; di che lo burla Aristofane
molto argutamente. Vedi le _Rane_ (traduz. di A. FRANCHETTI), Città di
Castello, 1886, p. 123.]

[Nota 6: Spagn. _Sansueña_: _Salsonha_, nella lezione di
_Trás-os-Montes_: ed è la denominazione araba di Saragozza. Passò
questo nome, alterato leggermente in Sansogna, nella nostra antica
letteratura. Vedine un es. di Fazio degli Uberti, in D'ANCONA, _Varietà
stor. e lett._, Milano, 1885, serie II, p. 106; ed un altro di Teofilo
Folengo (_Orlandino_, cap. VIII, ott. 73):

    “Ma forse l'alta vostra Reverenza
    mi crede esser un bravo di Sansogna.„]

[Nota 7: V. _Don Quijote_, II, 22 e 23. “Montesino est encore un
chevalier français créé par les poëtes espagnols. Plusieurs romances,
qui sont de véritables chansons de geste, ont été composés sur
Montesinos...„ PUYMAIGRE, op. cit., p. 113, in nota. Esso ricomparisce
nelle romanze sul cugino suo Durandarte, altro guerriero francese
d'invenzione spagnola; e per questa via fa novamente capolino in
Portogallo. Vedi HARDUNG, II, p. 218.]

[Nota 8: Hanno gli Spagnoli intorno a questo don _Guarinos_ una bella
romanza, che si legge in WOLF _und_ HOFFMANN, II, p. 313, e che sembra
derivata dalla _Chanson d'Ogier le Danois_. PUYMAIGRE, op. cit., p. 109,
in nota. Troviamo nei poemi francesi non meno di tre eroi nominati
_Garin_; e sono: Garin d'Anséune, Garin de Montglane e Garin le
Loherain. NYROP, _passim_.]

[Nota 9: In una ballata rumena, che insieme col dotto amico mio prof. S.
FRIEDMANN tradussi dalla nota raccolta di B. ALECSANDRI (_Poesit
populare ale Romanilor, Bucuresci_, 1866), Bogdan, “temerario in
battaglia--e d'arco buon tiratore,„ va “con cento di accompagnatura,„ a
sposarsi con la figliuola “di un Lituano ricco--che ha rinnegato la
fede.... Ma come il Lituano gli scorge,--chiude la porta della corte--e
la incatenaccia,--e grida cosí:--Qual di voi è lo sposo.--lo sposo il
genero.--scavalchi le mura,--per aprire le porte.--Come Bogdan lo
sente,--subito irrompe,--ed incita il cavallo,--che dà un lancio
poderoso.--Vola il cavallo come rondine,--ed ecco è giú nella
corte.„--Ilia di Mourom, eroe russo (_bogatyr_) del ciclo di Vladimiro,
“s'en va sur la grande route, et dès qu'il rencontre un mougik
conduisant par la bride un cheval teigneux, il le lui achète au prix qui
lui est demandé: puis, pendant trois nuits consécutives, il promène et
baigne le sonipède dans la rosée du jardin. Quand cette medication est
terminée, Ilia se place à cheval devant une haute muraille, et la bête
rustique, devenue un corsier héroïque, la franchit d'un seul bond.„
RAMBAUD, _La Russie épique_, Paris, 1876, p. 48. Ma un uomo, che, come
il nostro personaggio, andava armato d'una clava di 1500 libbre; che
tutti in un colpo riduceva in polvere _quarantamila_ banditi, e che
pochi momenti innanzi di comprarsi il cavallo, aveva d'un solo strattone
portato via tutta una foresta di quercie; meritava certo, mi pare,
d'imbattersi in una bestia degna di lui. Anche miglior animale capitò in
sorte a Vassilissa, eroina pur del ciclo di Vladimiro; ché per esso il
saltar mura torri e fossati era proprio una bagattella (_ivi_, p. 84),
come fu per Bajardo il balzare d'un lancio, con Ivonetto in groppa,
oltre i muraglioni e le fosse di Parigi. Vedi _Mambriano_, XXXVI, 72,
cit. dal prof. P. RAJNA, nell'eccellente opera _Le fonti dell'Orl.
Fur._, Firenze, 1876, p. 101, in nota. Ma chi volesse contare tutti i
miracoli che dei cavalli si narrano nei poemi e nelle prose d'argomento
fantastico, romanzesco ed eroicomico, facendosi da' piú antichi e
calando giú giú fino al _Ricciardetto_ del Forteguerri, anzi fino
all'_Orlando Savio_ del Bagnoli; ne avrebbe per un bel pezzo.]

[Nota 10: Il testo spagnolo: _Urgel de la Marcha_, Uggeri di Danimarca;
l'_Ogier_ dei poemi francesi.

“Nei _Quatre fils Aimon_ [o _Renant de Montauban_].... Astolfo è detto
cugino di Uggeri, il quale alla sua volta è nipote di Gherardo da
Rossiglione e cugino di Rinaldo.„ RAJNA, prefaz. ai _Reali di Francia_,
Bologna, 1872, I, p. 271. “Intorno all'origine ed alla schiatta d'Uggeri
non pare che le tradizioni romanzesche si trovassero pienamente
d'accordo..... Troviamo ampiamente diffusa una versione che fa di lui un
Saracino convertito nella gioventú di Carlo.„ Lo stesso, _Uggeri il
Danese nella letter. romanzesca degl'Ital._, in _Romania_, 1873, p. 155.
“Sembra ora dimostrato che l'eroe leggendario Ogier le Danois sia una
fusione di parecchi altri eroi che risalgono al tempo di Carlo. Cosí noi
sappiamo da una cronaca monastica di Colonia che il monastero di san
Martino fu ricostruito nel 778 _per Olgerum, Daniae ducem, adjuvante
Karolo Magno imperatore_. Un gran numero d'altre citazioni prese da
diverse cronache medievali sono state fatte dal Gautier nella seconda
edizione delle sue _Epopées_ (III, 53 segg.), da tutte le quali sembra
risultare che un conte danese _Olgerus_, un francese _Autcharius_ e un
bavarese _Otker_ hanno insieme formato l'_Ogier le Danois_ dell'epopea.„
NYROP, op. cit., p. 165. “Il Rajna... ha fatto un tentativo
d'identificare _Olgerus_ con il noto dio della mitologia scandinava
_Oegir_. Questo tentativo può ritenersi per interamente mancato.„ _Ivi_,
in nota. E tali da persuadere son veramente le ragioni contrapposte dal
chiaro uomo a quelle del Rajna; ma forse non si doveva tacere che il
professore italiano, con quella assennatezza e modestia che in lui van
sempre del pari con l'ingegno e con la dottrina, aveva scritto: “L'idea
è tuttavia di quelle che voglion esser proposte con molto riserbo.„
RAJNA, _Le origini dell'ep. fr._, p. 442.

Il RABELAIS, sempre ghiribizzoso e burlone, finge che il povero Uggeri,
con tutta la sua cavalleria, siasi, dopo morto, ridotto a fare il
_frobisseur de harnoys_. (Vedi _Pantagruel_, cap. XXX). Ma quando penso
che insieme con lui fu visto, per tacer d'altri, Alessandro il grande,
_qui repetassoit de vieilles chausses, et ainsi gaignoit sa vie_;
Trajano mutato in _pescheur de grenoilles_, e Bonifazio VIII in
_escumeur de marmites_; mi par che il nostro Danese, avuto rispetto alla
differenza del grado, non sia de' piú maltrattati.]

[Nota 11: Paladini, o Pari; anticam. anche _Peri_. Vedi la nota 9.]

[Nota 12: Orig. _Alcaide-mór_, che il BELLERMANN traduce _der erste
Burgwart_. A me la voce _capitano_, nel suo significato storico di
ufficiale preposto al governo d'una città, parve la piú adatta. Cui non
piacesse, metta in luogo suo _castellano_ od altra simile, e tutti
lesti.]

[Nota 13: “Germanica... è la fratellanza d'armi, di cui Orlando e
Ulivieri ci presentano l'esempio di gran lunga piú cospicuo.... Codesti
_cumpaignun_, come si chiamano in francese, sono i _Gesellen_
germanici.... Io non so se nella _cumpaignie_ si distinguessero
formalmente piú gradi e specie; certo il vocabolo francese si trova
adoperato ad esprimerci e un legame piú stretto ed uno meno. Al primo
modo sono compagni Ulivieri ed Orlando, Gerier e Gerin; al secondo sono
detti a volta compagni tutti i Pari.... Alle idee e agli istituti
germanici par dunque riportarci per questo rispetto la brigata dei
Dodici Pari. Ed essa vi ci riporta di sicuro anche per un altro; per
quel numero dodici.... Cotesto numero è qualcosa di originario: i Pari
sono dodici nella _Chanson de Roland_ come in ogni altro testo.„ RAJNA,
_Le origini dell'ep. fr._, p. 392-93. Intorno alla fratellanza d'armi è
da consultare con profitto: TAMASSIA, _L'affratellamento_, studio
storico-giuridico, Torino, 1886.]

[Nota 14: In piú d'una romanza spagnola del ciclo carolingio, alludesi,
come in questa, alla Tavola Rotonda. La cosa va per i suoi piedi,
essendo proprio della poesia popolare il confondere tempi luoghi nomi
persone uffici titoli ecc.; l'osservazione è del PUYMAIGRE, e si legge
nel t. II, p. 312, della sua bell'opera _Les vieux auteurs castillans_,
Paris, 1862.]



LA RAGAZZA CHE VA ALLA GUERRA

(DONZELLA QUE VAI À GUERRA)



LA RAGAZZA CHE VA ALLA GUERRA

(DONZELLA QUE VAI À GUERRA)[15]


I.

    Scendon Francia ed Aragona
    fiere in campo a guerreggiar.
    “Ahi son vecchio, troppo vecchio,
    e non posso arme portar!
    Dio m'ha dato sette figlie,
    né mi volle un figlio dar!„

    Gli rispose la piú giovine
    con discreto e bel parlar:
    “Arme datemi e cavallo,
    ed il figlio eccolo qua.„

    “Questo, cara, non può essere;
    è dei maschi il battagliar.„
    “Arme datemi e cavallo,
    ed il maschio eccolo qua.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    hai la chioma troppo lunga,
    e conoscer ti farà.„
    “Su, mi date un par di forbici,
    ch'io la possa raccorciar.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    gli occhi tuoi son troppo vivi,
    e conoscer ti faran.„
    “Quand'io passerò tra gli uomini,
    li saprò, padre, chinar.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    hai le spalle cosí alte,
    che conoscer ti faran.„
    “Armi datemi sí pese,
    che le facciano abbassar.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    hai cosí ricolmo il seno,
    che conoscer ti farà.„
    “Mi si dia corazza stretta,
    da poterlo rappianar.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    hai le mani cosí piccole,
    che conoscer ti faran.„
    “Guanti datemi di ferro;
    dentro sempre vi staran.„

    “O figliola del cor mio,
    come puoi con gli altri andar?
    il tuo piede è tanto piccolo,
    che conoscer ti farà.„
    “Qua stivali con gli sproni,
    e piú grosso apparirà.

    Arme datemi e cavallo,
    ch'io da uomo saprò far.
    Babbo, mamma, beneditemi;
    io vi debbo ora lasciar.
    Via da bravi, pe 'l re nostro
    don Giovanni a guerreggiar!„


II.

    “Cara madre, cara madre,
    io mi sento consumar:
    ha don Marco occhi di donna;
    non è d'uomo il suo guardar.„[16]

    “E tu invitalo, o figliolo,
    pe 'l giardino a passeggiar:
    se don Marco è proprio donna,
    alle rose correrà.„
    Ma la scaltra un bel garofano
    tosto fermasi a guardar.
    “Questo fiore oh come agli uomini
    è soave ad annusar!
    Ma la rosa è piú gentile,
    e alle dame si vuol dar.„

    “Cara madre, cara madre,
    io mi sento consumar:
    ha don Marco occhi di donna;
    non è d'uomo il suo guardar.„

    “E tu invitalo, o figliolo,
    teco invitalo a pranzar:
    s'egli è donna, come pensi,
    sul tappeto sederà.„
    Ella sopra un alto scanno
    s'andò invece ad assettar.

    “Cara madre, cara madre,
    io mi sento consumar:
    ha don Marco occhi di donna;
    non è d'uomo il suo guardar.“

    “E tu invitalo, o figliolo,
    per la fiera a diportar:[17]
    s'egli è donna, come pensi,
    vorrà nastri comperar.„
    La fanciulla, come accorta,
    per la fiera va a girar:
    non già nastri, ma una daga,
    volle in cambio comperar.
    “Oh che bella daga è questa
    da schermire e duellar!
    sono i nastri per le dame,
    e alle dame s'hanno a dar.„

    “Cara madre, cara madre,
    io mi sento consumar:
    ha don Marco occhi di donna;
    non è d'uomo il suo guardar.„

    “E tu invitalo, o figliolo,
    teco invitalo a nuotar:
    s'egli è donna, come pensi,
    del venir si scuserà.„
    Mentre quella, come accorta,
    cominciavasi a spogliar,
    ecco un paggio con un foglio:
    essa legge e in pianto dà.
    “Trista nuova, trista molto,
    ahi mi vengono a portar!
    la mia dolce madre è morta,
    è mio padre per mancar!
    Le campane del paese
    mio già odo rintoccar;
    le mie due sorelle buone
    di qui odo singhiozzar.
    Su in arcione, o cavaliere,
    se me brami accompagnar!„

    Presto giunsero al castello,
    e in un salto scavalcàr.
    “Signor padre, eccovi un genero,
    se vorretelo accettar.
    Capitano mio fu al campo,
    e mi tolse a corteggiar;
    se mi vuol far sua davvero,
    con mio padre ha da parlar.

    Per sett'anni guerreggiai,
    e da uomo seppi far:
    nessun mai mi ha conosciuta,
    se non esso il capitan:
    ma badate, agli occhi soli
    mi conobbe ed al guardar.„[18]



NOTE

[Nota 15: BELLERMANN, p. 64-74.

“Este romance foi citado por Jorge Ferreira de Vasconcellos [† 1585] na
_Aulegraphia_ (Sc. I, A. III), e publicado pela primeira vez por José
Maria da Costa e Silva nas notas ao poema _Isabel ou a heroina de
Aragão, em 1832_.„ HARDUNG, I. p. 88, in nota. Delle tre lezioni che
l'egregio raccoglitore ne dà sotto il titolo _Romances de d. Martinho de
Avizado_, nessuna è uguale al testo da me seguito.

Ecco i quattro versi che soli ci avanzano della lez. castigliana
conservataci dal Ferreira:

    “Pregonadas son las guerras
    de Francia contra Aragon.
    ¿Como las haria, triste
    viejo, cano y pecador?„

Crede il NIGRA che questo canto, qualunque ne sia l'origine, sia stato
trasmesso dalla Provenza “alle due penisole, italica ed iberica,
passando poi colle prime crociate in Grecia e ne' paesi slavi. La
redazione primitiva sarebbe quindi, secondo quest'ipotesi, anteriore
alla fine del duodecimo secolo; la quale antichità è d'altronde
pienamente confermata dall'indole cavalleresca dell'intiera
composizione.„ (_Canzoni pop. del Piemonte_, in _Riv. Contemp._, vol.
XV, anno 6º, p. 230-31.) “E il sig. T. BRAGA, nella nota ai N. 11 e 12
(_Dom Varão_, _Donzella guerreira_) dei _Cantos populares do archipelago
açoriano_ [Porto, 1869], riconosce giustissima tale osservazione del
Nigra, tanto piú che man mano i fatti vengono a corroborarla. I
cavalieri francesi, egli aggiunge, ajutarono Alfonso Enriquez nella
conquista di Lisbona, e lo seguirono quando andò a combattere in Terra
Santa: la canzone della donna guerriera non s'incontra nell'antiche
collezioni spagnole, circostanza che mostra essere il canto una
tradizione del littorale. Tutto ciò pertanto conferma la seguente legge
di tradizione poetica scoperta dal Nigra:--Questi canti romanzeschi
comuni alle nazioni di razza latina debbono, nel dubbio, considerarsi
come trasmessi e spesso originati dalla Provenza.„ S. PRATO, _Gli ultimi
lavori del_ Folk-lore _neo-latino_, Parigi, 1884, (estr. dalla
_Romania_, t. XII e XIII). “Sans doute on ne retrouve pas toujours cette
origine indiquée d'une manière visible, mais on la trouve assez de fois
pour la soupçonner, dès qu'un chant espagnol ou portugais et un chant
italien reproduisent une situation semblable.... Il y a, il faut le
reconnaître, de forts arguments en faveur de cette conjecture dans les
rapprochements qu'offre la littérature populaire de contrées
differentes.„ PUYMAIGRE, _Chants pop. recueillis dans le Pays Messin_,
Paris, 1881, t. I, p. 17-18. Ma per alcuni dubbi intorno a tale
opinione, vedi, tra gli altri, G. PARIS, in _Revue critique d'histoire
et de littérat._, 1886, t. I, p. 304.

Sia come si vuole, fatto è che abbiamo nell'Italia superiore e centrale
canzoni piú o meno conformi o remotamente analoghe alla romanza
portoghese. Ben dodici lezioni ne cita o riporta il Nigra; quattro delle
quali piemontesi, tre canavesi e cinque monferrine. Cfr. FERRARO, _Canti
monferrini_ (_La ragazza guerriera_), Torino, 1870, p. 54-56; WOLF,
_Volkslieder aus Venetien_ (_La figlia coraggiosa_), Wien, 1864, N. 79;
BERNONI, _Canti pop. veneziani_ (_La guerriera_), Venezia, 1873, puntata
XI, N. 5; GIANANDREA, _Canti pop. marchigiani_ (_La ragazza guerriera_),
Torino, 1875, p. 280.[19]

Nella _Romania_ del 1874, p. 96, il PUYMAIGRE pubblicò una canzone
bearnese, mancante della fine, ch'egli dice “une variante du romance
portugais.„ È intitolata: _Les filles du seigneur de Meyrac_, e
comincia: “Las guerres son cridades„ ecc. La greca riferita dal Nigra si
discosta molto dalla nostra; bellissimo riscontro le fa invece la
ballata serba, che l'illustre uomo tolse dalla raccolta del TOMMASEO,
_Canti pop. toscani, còrsi, illirici, greci_, Venezia, 1842, t. IV, p.
79 e segg. Notevoli conformità con la romanza portoghese ha parimente la
_piesna_ del bojaro Stavro Godinovitch, pur citata dal Nigra, e che puoi
leggere compendiata nel RAMBAUD, a carte 83-85.

“Che poi anche nelle tradizioni popolari di tutti i paesi non sieno rare
le donne guerriere, e le Amazzoni greche, e le _Valkirie_ dell'_Edda_, e
Brunechilde dei _Nibelunghi_, e la bellicosa Cammilla dell'_Eneide_, e
l'altiera Clorinda della _Gerusalemme liberata_, e le _Polenitze_ delle
_byline_ [canti epici] russe ce lo testimoniano in irrefragabile
modo.... Un altro esempio di donna guerriera ci si presenta nella
tradizione mongolica (vedi BERNARD JÜLG, _Mongolische Maerchen_): questa
donna guerriera è la moglie dello sciocco protagonista del presente
canto: essa, mentre il marito è andato a caccia, si traveste da
guerriero, muove incontro al marito, si fa scambiare per il famoso
_Surya-Bagatur_; lo vince, s'impadronisce del suo arco, della sua
faretra e del suo cavallo, sottoponendolo inoltre ad un'umiliazione
singolarissima, che qui la decenza non mi consente d'indicare....
Tornando al canto in questione,.... il signor G. TEIXEIRA SOARES indica
un fatto della storia portoghese molto popolare, che, al dire del Braga,
conferí non poco al divulgamento di questa canzone comune ai popoli del
mezzodí d'Europa [e non solo a questi, come vedemmo piú sopra]. Esso è
la storia della celebre Antonia Rodriguez, che si segnalò militando in
Oriente in qualità di soldato, come si narra nel _Theatro heroico_ di
Froez Perym, t. I, p. 54, e di cui parla Duarte Nunes nella sua
_Descripsão de Portugal_, cap. 89, p. 346, ediz. del 1785.„ PRATO,
scritto cit.

In una assai graziosa novella toscana (_Fanta-Ghirò, persona bella_),
certo re, tribolato da incurabile malattia, ha tre figliole. “E nella
cambera ci teneva tre siede, una celeste, una nera e una rossa. E le su'
figliole, quando andevan da lui la mattina, guardavan sempre su che
sedia s'era messo il padre; se su quella celeste, voleva dire
_allegria_; su quella nera, _morte_; su quella rossa, _guerra_. Un
giorno entrano in cambera, e il Re siedeva sulla sedia rossa. Dice la
maggiore:--“Signor padre, oh! che gli è intravvenuto?„--“Ho ricevuto una
lettera dal Re a confino, e lui mi dichiara la guerra. Ma io, a questo
modo ammalato, non so dove sbacchiare il capo, perché da me non posso
andare al comando dell'esercito. Bisognerà che trovi un bon
generale.„--Dice la maggiore:--“Se lei me lo permette, il generale sarò
io. Vedrà che son capace a comandare a' soldati ecc.„ IMBRIANI, _La
Novellaja fiorent._, Livorno, 1877, p. 537. Se al valente raccoglitore
non fosse piaciuto di porre certi limiti a' suoi riscontri, credo per
fermo che nella nota appósta alla presente novella non sarebbe mancato
almeno un accenno a quelle parecchie canzoni (la portoghese, le
piemontesi del Nigra, la slava ecc.) che hanno con essa corrispondenza
sí grande. Sol nelle parti accessorie è qualche diversità; e la
differenza piú notabile è forse questa, che nella versione prosastica
toscana (bisogna proprio dire cosí) tutte e tre le sorelle tentan la
prova, cominciando dalla maggiore; dovecché nelle versioni poetiche su
citate, una sorella soltanto, od una figlia unica, veste l'assisa
soldatesca. Ed è troppo facile intenderne la ragione: quando nei
racconti e nelle fiabe popolari tre o piú fratelli mettonsi ad
un'impresa qualsiasi, è oramai legge antichissima e quasi costante (chi
non volesse dire connaturale a codeste parti dell'immaginazione e del
sentimento dei volghi); è legge, ripeto, quasi costante, che solo al
minore venga fatto di condurla a buon fine; gli altri n'escono il piú
delle volte col danno e con le beffe.--Questa novella era stata prima
raccolta e pubblicata da G. NERUCCI, nel vol. intitol. _Sessanta nov.
pop. montalesi_, Firenze, 1880. Num. 28, p. 248 e segg. L'IMBRIANI cita
come raffronto _La serva d'Aglie_, Tratten. VI della III giorn. del
_Pentamerone_, che a me è mancato il tempo di vedere. Cfr. anche
COMPARETTI, _Novelline pop. ital._, Torino, 1875 (_Il drago_), N. 17, p.
70 e segg.; un racconto albanese cit. dal RAMBAUD, p. 85, ecc. ecc. Del
ciclo della _donna guerriera_ trattò dottamente il LIEBRECHT, in
_Heidelberger Jahrbuch_, anno 1877.

“La situation qui fait le sujet de notre romance, a pu, d'ailleurs, se
produire plus d'une fois. Pitre Chevalier a raconté l'histoire de la
bretonne Mathurine partant à la place de son frère et faisant, comme
dragon, les campagnes de 1812, 1813 et 1814.... On lisait aussi dans le
_Figaro_ du 20 octobre 1879 un récit du même genre, l'histoire de Silvia
Marietti se substituant également à son frere. Dans les _Chants de la
Carniole_, traduits en allemand par Anastase Grun, Alenka prend les
armes pour venger la mort de son frère Gregore (N. 42).„ PUYMAIGRE,
_Romanceiro_, p. 167-68.

Una giovinetta boema vuol seguire l'amante che va soldato. Ma essa non
ha bisogno di travestirsi; farà ben altro: “Je me changerais,„ dice, “en
petit oiseau, et je me poserais sur ton chapeau.--Je me changerais en
hirondelle, et je me poserais sur ta tête chérie.„ LEGER, _Chants
héroïques et chansons popul. des Slaves de Bohême_, Paris, 1866, p. 205.
E in un rispetto umbro, canta una ragazza animosa:

    “Giovanettino dallo fiore in bocca,
    e vi sta ben quell'elmo in su la testa:
    san Giorgio vo' parete quando scocca
    la sua lombarda [labarda] al drago in su la cresta.
    Giovanettino dal cappello oscuro,
    quando sarà che sonerà il tamburo?
    Io vo' venir con voi mattina e sera,
    se non foss'altro, a fa' la vivandiera:
    e per vo', damo mio, se ce n'accada,
    saprò trattare il fucile e la spada:
    e per vo', damo mio, né c'è da dire,
    io saperò combattere e morire.„

MARCOALDI, _Canti pop. ined. umbri_, _liguri_, _piceni_, _piemontesi_,
_latini_, Genova, 1855, p. 65. Al RUBIERI (op. cit., p. 555) pare che
questo rispetto abbia dell'artificiato; e pare anche a me.]

[Nota 16: La novella fiorent.:

    “Fanta-Ghirò, persona bella,
    du' occhi neri, drento la su' favella:
    carissima madre, mi pare una donzella.„

                    IMBRIANI, _La Nov._ ecc., p. 539.]

[Nota 17: Di questo verbo usato cosí assolutamente, reca noi lessici un
esempio di Francesco da Barberino. Io me ne son valso non per comodo di
rima o di verso, ma perché mi suona bene all'orecchio.]

[Nota 18: L'ARIOSTO, di Marfisa:

    “Fu conosciuta all'auree crespe chiome,
    ed alla faccia delicata e bella.„]

[Nota 19: All'erudito e cortese prof. S. PRATO vo debitore della
seguente canzone affatto inedita, ch'egli raccolse or è poco dalla bocca
d'una giovinetta di Roncofreddo (circond. di Cesena), chiamata Maria
Regini, la quale disse d'averla imparata a Bologna da un'amica sua.
Eccola:

    V'eran due belli amanti;
      'l giovin fa un delitto:
      fu mandato 'n prigió.
      La bella giovinetta,
      vestita da Napuglió,
      lo va a troà 'n prigió.
    E quando la fu dentro,
      lo comincia a bacià:
      “Levati li tui panni,
      mettiti 'l mio vestí,
      che poi te n'esci fora,
      ed io rimango qui.„
    Quando fu la mattina,
      'n giustizia fu porté,
      e presto la fantina
      là venne esaminé.
    “Grazie, grazie, sor giudice,
      di vostra gran ragió;
      di condannà 'na figlia
      è falsa l'occasió.„
    “Se vo' siete 'na figlia,
      fatemelo sapé.„
      “Sí, sí, io so' 'na figlia
      lontana dal mio paé.
    Per no' esse scoperta,
      mi so' vestía da 'nglè.„
      Quando fu la mattina,
      la fece scarceré.
    “Grazie, grazie, sor giudice,
      di vostria carità
      de liberà 'na figlia
      col proprio innamorà.„

Non manca il Prato d'avvertirmi come questa canzone sia quasi totalmente
identica ad una romana data in luce dal SABATINI (_Riv. di letterat.
pop._, 1877, vol. 1, fasc. 1, N. 13), e come ne sia la forma alquanto
bastarda, “cioè né del tutto italiana, né del tutto vernacola.„ Nessuno,
credo, vorrà meravigliarsi di tale mischianza: ad ogni modo, giovi qui
rammentare queste savie parole del compianto IMBRIANI: “Si noterà che i
canti non sono quasi mai nel dialetto puro e schietto, contengono
colori, forme e parole d'altri idiomi; quasi sempre forme e parole della
lingua aulica. Fatto costante del quale non occorre indagar la cagione,
e che risponde appunto al bisogno d'idealizzare il linguaggio, quando il
pensiero che ci occupa è nobile ed alto.„ Vedi _Canti pop. delle prov.
merid._, Torino, 1871-72, t. 1, p. X; e RUBIERI, _Storia della poesia
pop. ital._, Firenze, 1877, p. 226.

Del resto qui siamo, come ognun vede, lontani un bel tratto dalla
romanza portoghese: qui l'invenzione, i particolari, ogni cosa è
diversa: unica rassomiglianza il travestimento militare della ragazza.
Questo canto in somma non entra, si può dire, per niente nel ciclo della
_donna guerriera_; ed io non l'avrei forse riferito per intero se non ci
venisse dalle Romagne, che sono, com'è noto, un di que' paesi “i quali
finora poco o nulla diedero alla letteratura popolare messa insieme dai
dotti.„ (_Fanfulla della domenica_, A. III, N. 23, p. 8.) Poco diedero,
perché poco vi si cercò; ma gli studiosi e gli amatori di buona volontà
non vi perderanno certo né il tempo né l'opera. Ed io gradirei non si
contentassero solo di rispetti e di stornelli: anche canzoni, o romanze,
o ballate che debba dirsi, potranno raccogliere, se ci si mettono con
pazienza. Anzi, giacché mi capita il destro, voglio riportare alcuni
periodi di un recente scritto del mio bravo amico GUIDO MAZZONI, che
dice, a parer mio, santamente: “È opinione comune tra i cultori e gli
studiosi della nostra poesia popolare che lo strambotto, il rispetto, lo
stornello fioriscano o, per dir meglio, abbiano fiorito (ché il popolo
oggi ricanta piú che non inventi) nell'Italia media ed inferiore; la
canzone o romanza nella superiore. Cito le parole d'un giudice molto
autorevole, il Comparetti:--L'altra forma [quella della canzone] è
polistrofa, non è esclusivamente italiana, ed in Italia non si trova che
nel settentrione.--Che questo, detto in genere, sia vero non negherà
nessuno; ma che la Toscana e l'Umbria non abbiano che liriche popolari,
e non anche qualche canzone o romanza, non sono disposto a concedere io
che piú d'una ne ho udita nelle nostre campagne. Dove, se è vero che i
contadini si compiacciono vantarsi o lagnarsi di amore ne' brevi canti,
usano pure rallegrare il lavoro con belle storie in strofette.„
(_Cronaca Minima_, anno 1, N. 7, pag. 50.)]



CONTE YANNO

(CONDE YANNO)



CONTE YANNO

(CONDE YANNO)[20]


    Non facea la bella Infanta,
    non facea che lacrimar:
    e ha ragione; perché il padre
    lei non pensa a maritar.
    Si levò questi dal letto,
    che pur gemere l'udía:

    “Che cos'hai, mia cara Infanta?
    che cos'hai, figliola mia?„

    “Che ho da avere, signor padre?
    troppo a me pesa la vita;
    di tre femmine, una sola,
    che son io, non si marita!„

    “E che vuoi tu che ci faccia
    io? la colpa non è mia;
    non mancarono ambasciate
    d'Aquitania e Normandía;[21]
    tu ascoltarle non volesti,
    non usasti cortesía.
    Non è qui nella mia corte
    uom che degno di te sia,
    se non forse il conte Yanno;
    ma pur troppo ha moglie già.„

    “Ah sí! lui, mio caro padre,
    proprio lui m'avete a dar!
    S'egli ha già moglie e figlioli,
    forte impegno meco avea;
    ma osservare ei non mi seppe
    quella fé che mi dovea.„

    Tosto manda il re pe 'l conte,
    ma non sa che cosa far;
    gli fa dir che ha da parlargli,
    ma non sa che gli dirà.

    “Vengo adesso dal Palazzo,
    e mi vuol da capo il re!
    sarà ben questa chiamata,
    o sarà male per me?„

    Al Palazzo torna il conte;
    a incontrarlo il re venía:

    “Bacio, Altezza,[22] a voi le mani:
    parli Vostra Signoría.„

    E risponde il re severo:

    “Ben le avete da baciar:
    somma grazia, la mia figlia
    voglio darvi ad impalmar.„

    Nell'udir queste parole,
    conte Yanno è per mancar.

    “Dacché presi moglie, un anno
    e un dí, sire, è corso già.„[23]

    “Vostra moglie ucciderete;
    voi l'avete da sposar.„

    “Se non merita la morte,
    come la posso ammazzar?„

    “Via, silenzio, signor conte;
    non mi state a provocar:
    non le Infante, ma le schiave,
    vo' insegnarvi ad ingannar.„

    “Ben ragione avete, o Altezza,
    quanto basta perché a morte
    io senz'altro sia dannato;
    ché l'offesa è troppo forte:
    ma una povera innocente
    a quel modo assassinar,
    ah no, Altezza, non è cosa
    che Dio possa perdonar!„

    “La contessa ha da morire,
    ché gran male ha fatto già:
    conte, in questo bacil d'oro
    la sua testa vo' mirar.„

    Se ne torna il conte Yanno
    triste molto a capo chino;
    lo precede un giovin paggio
    col funerëo bacino.
    Neri panni il garzonetto,
    neri panni egli vestía:
    spasimava dall'ambascia
    come fosse in agonía.
    La contessa, che lo aspetta,
    quando il conte lunge appar,
    con in collo il suo piccino,
    tosto il corre ad abbracciar.

    “Ben venuto, caro conte!
    ben venuto, gioja mia!„

    Ei le scale taciturno
    e con lento piè salía.
    Tutte vuol chiuse le porte,
    che fu in vero novità;
    come avesse fame, vuole
    che gli portin da cenar.
    Ambedue seggono a mensa,
    ma nessun de' due mangiò:
    fan le lacrime un ruscello
    che la tavola irrigò.
    Conte Yanno bacia il pargolo,
    che la madre aveva al petto:
    lascia il caro seno e ride
    pur a lui quell'angioletto.

    A tal vista la contessa
    si sentía fendere il cor,
    e piangea sí che per tutta
    quella casa n'andò il suon.

    “Che cos'hai, sposo mio buono?
    non vuoi dirlo, caro, a me?
    Su via, levami di pena;
    che voleva il re da te?„

    Affogava egli dal pianto,
    e risponder non potea:
    l'abbracciava la sua donna,
    e amorosa gli dicea:

    “Il tuo core aprimi, o sposo;
    non tenermi in agonía:
    son mie pene le tue pene,
    la tua gioja è gioja mia.„[24]

    Balzò in piedi il conte Yanno;
    la contessa lo seguía:
    tutti e due si coricarono,
    ma nessun de' due dormía.
    Or udite quella misera
    che gli dice: “O vita mia,
    io ti prego per Dio santo
    e la vergine María,
    d'ammazzarmi qui piuttosto
    che tenermi in agonía.„

    “Morte, morte a chi vuol questo;
    a sí nera tirannía!„

    “Caro sposo, io non intendo:
    dimmi, ah dimmi per pietà,
    che sventura è questa mai
    che sul capo ora ci sta?„

    “Incredibile, tremenda;
    né vi posso rimediar:
    il re vuole ch'io ti uccida;
    la sua figlia ho da sposar.„

    Non avea finito ancora,
    non la donna udito ancor,
    e la povera contessa
    cadde come morta al suol.
    Ma non vuole Iddio che muoja,
    benché meglio era morir:
    un dolor piú che di morte
    la fa tosto risentir.

    “Conte Yanno, aspetta, aspetta,
    ché un rimedio s'ha a trovar:
    non mi uccidere, o mio sposo;
    il rimedio eccolo qua.
    A mio padre, che mi amava
    tanto tanto, io me n'andrò:
    mi terrà come fanciulla,
    e fedele io ti sarò.
    Questo povero innocente
    lo vorrà l'altra allevar?
    come a te fui casta sempre,
    mi saprò casta serbar.„

    “Ahimè! ciò non è fattibile,
    o contessa del mio cor:
    vuole il re vedere il tuo
    capo in questo bacil d'òr.„

    “Conte Yanno, aspetta, aspetta,
    ché un rimedio s'ha a trovar:
    ecco fatto; in un convento
    io mi vado a rinserrar.
    Mi daranno il pane ad once;
    mi faran l'acqua mancar:
    io morrò di struggimento,
    né l'Infanta lo saprà.„

    “Ahimè! ciò non è fattibile,
    o contessa del mio cor:
    il tuo capo vuole in questo
    maledetto bacil d'òr.„

    “Deh mi chiudi in qualche torre,
    dove sol piú non vedrò;
    dove l'ore ed i minuti
    coi sospiri conterò!„

    “Ahimè! ciò non è fattibile,
    o contessa del mio cor:
    non capisci? la tua testa
    vuole in questo bacil d'òr.„

    Non avea finito ancora,
    e picchiava il re alla porta:

    “Uccidete la contessa,
    se a quest'ora non è morta.„

    “La contessa non è morta,
    ma può star poco a morir.„

    “Conte, conte, un'orazione,
    per pietà, lasciami dir!„

    “Via, contessa, abbila detta
    pria che venga il giorno, via!„

    “Trista me! non posso dirla:
    ahimè, Vergine María![25]
    Non mi pesa, no, la morte,
    ma la tua malvagità;
    per te, conte, mi dispero,
    per l'enorme tua viltà.
    Di tua mano tu mi uccidi
    solo al re per soddisfar:
    conte, conte, nel gran giorno,
    Dio ti possa perdonar!
    A quant'ebbi caro al mondo
    or mi lascia dire addio;
    a te chiara fonticella,
    a voi fiori del cor mio.
    Addio, rose, addio, garofani,
    che per sempre ho da lasciar![26]
    l'amor vostro ah mi serbate;
    altri a me no 'l serberà!
    Deh mi date il mio bell'angiolo,
    la mia vita, il mio tesor!
    succhj almen l'ultima volta,
    succhj il sangue del mio cor![27]
    Prendi, bello, prendi, caro,
    questo latte d'agonía;
    hai tutt'oggi la tua mamma
    che ti adora, anima mia;
    ma dimani una matrigna
    di piú alta signoría...„

    Sta': rintoccan le campane:
    per chi suona ad agonía?

    “Per l'Infanta suona: è morta[28]
    perché troppo ella peccò:
    dispajar due sposi amanti,
    Dio giammai no 'l tollerò.„



NOTE


[Nota 20: BELLERMANN, p. 76-90.

“O bello romance do Conde Alberto, ou Conde Yanno, Conde Alves, Conde
Alarcos, Conde Anarcos, como o povo lhe chama promiscuamente, anda no
principio amalgamado com o romance de _Sylvana_.[29] Encontra-se tamben
na Hespanha,.... e suppõe-se que se refere a o assassinato de Dona Maria
Telles pelo Infante Dom João para casar com a filha da rainha Dona
Leonor. É um dos romances mais populares em Portugal, e tornou-se tão
popular talvez porque as angustias da condessa, o adeos a tudo o que
mais quería, têm alguna similhança com o fin tragico de D. Ignez de
Castro.„ HARDUNG, I, p. 145, in nota. Cfr. WOLF _und_ HOFFMANN,
_Primavera_ ecc., II, p. 111; MILÀ _y_ FONTANALS, _Observaciones_ ecc.,
p. 118; lo stesso, _De la poesia popular gallega_, in _Romania_, anno
VI, p. 68, ed altri. Ricorda qua e là il presente canto anche un'altra
bella romanza castigliana, che leggo, tradotta dal PUYMAIGRE, in
appendice al _Romanceiro_ (_Comment la reine fit tuer dona Isabel de
Liar_) p. 265.

Scrive il medesimo a p. 414, t. II, dei _Vieux auteurs castillans_: “Ce
comte, qui se croit obligé d'accorder à son roi la cruelle satisfaction
qu'on lui demande, qui sacrifie une femme qu'il aime à un faux point
d'honneur, peut nous sembler monstrueux, impossible; mais, comme l'a
remarqué Bouterwek, il n'est pas invraisemblable d'après les moeurs et
les opinions du siècle où l'action se passe. [Une loi antique permet en
effet au roi d'ordonner à un vassal infidèle de tuer la femme qu'il a
épousée au mépris de la foi donnée à une autre. BARET, _Les troubadours
et leur influence sur la littérature du Midi de l'Europe_, Paris, 1867,
p. 428]. Cette légende, suivant Ticknor, est une des compositions les
plus pathétiques, les plus belles qu'il y ait dans aucune langue. Cet
éloge n'est pas exagéré; rien de plus émouvant que le retour du comte,
que son attitude à table, que le soin qu'il prende de fermer, contre son
habitude, la chambre où il se retire avec sa femme. [Cfr. SHAKSPEARE,
_Othello_, Atto V, Sc. 2]. Comme, dans la dernière scène de ce drame
horrible, la présence du petit enfant à qui sa mère veut donner le sein
encore une fois, comme cette présence augmente l'intérêt qui s'attache à
la victime!... Que de naturel dans les paroles de la comtesse demandant
à se retirer chez son père pour y élever ses enfants mieux que celle qui
viendra!... Tous ces détails, qui contribuent si bien à l'effet de tout
le tableau, sont d'une vérité admirable, et n'ont pu être trouvés que
par un poëte. Cela est beau, cela est réellement beau et poignant....
Desdemona, au moment où Othello lui demande si elle a fait sa prière,
est moins touchante que la comtesse priant son mari de lui laisser dire
une petite oraison qu'elle sait.„

E dopo messo a riscontro della romanza spagnola del Conte Alarcos e
dell'Infanta Solisa la poesia portoghese, aggiunge a p. 407: “M. Almeida
Garret trouve ce romance supérieur au poème espagnol: je ne saurais être
de cet avis. La mère est moins touchante dans le romance portugais; les
adieux qu'elle adresse à ses fleurs, à la fontaine de son jardin, sont
des lieux-communs; dans l'oeuvre castillane la comtesse ne pense qu'à
son fils, et ce sentiment est bien dans la nature: tout lugubre qu'il
soit, je préfère aussi le dénoûment de l'oeuvre espagnole [dove il conte
strangola in modo atroce la moglie, e tutti i colpevoli, citati da essa
davanti alla giustizia divina, muojono nel termine di trenta giorni],
sans toutefois les derniers vers relatifs à l'accomplissement de
l'_ajournement_ prononcé par la comtesse.„ Io non presumo di sentenziare
_ex cathedra_ tra i due valentuomini; dico solo che la contessa del
canto lusitano, volgendo per poco il pensiero alle cose che insieme col
figlio le rallegravano la vita, non esce poi tanto fuori del naturale:
contro natura sarebbe se nell'animo suo l'amor delle rose, dei garofani,
delle chiare fresche e dolci acque, o che so io, vincesse o pareggiasse
quello del suo piccino. Ma come l'amor di questo prevale senza confronto
e giganteggia su gli altri, cosí il dolore della separazione oltre ogni
dire angosciosa, serba quella gradazione, che, non osservata, avrebbe
tolto davvero alla nostra romanza grandissima parte della sua bellezza.

“La fin du romance offre... des différences de détails dans plusieurs
leçons. Dans une version catalane, sans doute peu ancienne, un ange
intervient, et apprend au mari, à l'instant où il va tuer sa femme, que
Dieu a frappé le roi et l'infant [V. PELAY BRIZ, _Cansons de la terra,
cants pop. catalans_, Barcelona, 1866-77, t. III, p. 33].„ PUYMAIGRE,
_Romanceiro_, p. 235.

“L'épisode qui fait le sujet de notre romance a été plusieurs fois mis
au théâtre. Il l'a été en Allemagne par Schlegel, en Espagne par Guillen
de Castro, par Jose Milanez, par Mira de Mesca, sous le titre de _Conte
Alarcos_, et par Lope de Vega, sous celui de la _Fuerza lastimosa_. Dans
cette pièce le dénouement est heureux. Ce n'est pas le comte Enrique
(Alarcos), comme le croyaient le roi et l'infante elle-même, qui a
surpris les faveurs de la princesse; c'est le duc Otavio. Le quiproquo
se découvre à temps pour que don Enrique ne soit pas contraint de tuer
sa femme, et le vrai coupable épouse l'infante.„ Lo stesso, ivi, p.
234-35. Valga il vero; se uno scioglimento sí fatto poté mandare a casa
contente le nervose damine ed i buoni borghesi di Madrid e di Siviglia,
si vede alla prima come non abbia quasi piú ombra di quel patetico e di
quella impareggiabile efficacia, che sollevano il rozzo canto popolare
alle piú gloriose altezze dell'arte.

Alcuni passi di questa romanza, come pure di altre, hanno corso anche
oggi sotto forma prosastica. V. COELHO, _Romances sacros, oraçoes e
ensalmos populares do Minho_, in _Romania_, A. 1874, p. 263.]

[Nota 21: Nella romanza il _Conte Alarcos_, la mano dell'Infanta era
stata chiesta dal principe d'Ungheria. Trovo bensí rammentata la
Normandía qualche altra volta nell'antica letteratura spagnola; per es.,
al cap. XXII del _Don Paolo de Segovia_, romanzo di Francesco de
Quevedo-Villegas, dove parlasi di certa commediaccia composta da non so
quale istrione, in cui si vede un re del su mentovato paese farsi
eremita senza una ragione al mondo.]

[Nota 22: Fino al sec. XV, ai re davasi per lo piú in tutta Europa il
titolo di Altezza; all'imperatore soltanto si diceva Maestà. Chiamarono
Altezza anticamente anche il papa.]

[Nota 23:

    “Quest'era il Re d'Algier, che per lo scorno
    che gli fé sopra il ponte la Donzella,
    giurato avea di non porsi arme intorno,
    né stringer spada, né montare in sella,
    fin che non fosse _un anno un mese e un giorno_
    stato, come Eremita, entro una cella ecc.„

    ARIOSTO, _Orl. Fur._, C. 46, ott. 102.

“... voglio io che tu mi facci una grazia, che che di me s'avvegna, ove
tu non abbi certa novella della mia vita, che tu m'aspetti _un anno et
un mese et un dí_ senza rimaritarti ecc.„ BOCCACCIO, _Decam._, Gior. X,
N. IX, p. 341-42 dell'ediz. di Parma, 1814. Oltre a moltissimi raffronti
popolari d'ogni paese, potrei recarne parecchi altri di antichi
scrittori italiani in prosa ed in versi; ma bastino i due citati.]

[Nota 24: Cfr. la _copla_ andalusa:

    “Cuando te veo con pena,
    en mi no reina alegria:
    pues como te quiero tanto,
    siento tu pena y la mia.„

F. CABALLERO (CECILIA BÖLH DE FABER), _Cuentos y poesias popul.
andaluces_, Leipzig, 1866, p. 137.]

[Nota 25: “Na versão castelhana a condessa reza e não é feia a sua
_preghiera_: mais bonito e mais poetico é o pensamento do cantor
portuguez, que lhe não dá nem animo para rezar.„ HARDUNG, 1, p. 167, in
nota. Osservazione giustissima.]

[Nota 26: Il testo: “Adeus flor da Alexandria!„ Spero che i lettori
intelligenti non vorranno farmi carico di questa piccola mutazione, che
a parer mio non riesce dannosa né all'effetto né al senso.]

[Nota 27:

    “... e baciando il volto
    del figliuolo innocente:
    Questo [il sangue], disse, è quel latte
    che ti può dare il petto
    di tua madre infelice...„

    SPERONI, _Canace e Macareo_, Atto V, sc. 4.]

[Nota 28: Anche la lezione galliziana citata piú sopra finisce in
maniera simile: “Moureu a filla do rey pela soberba que tinha: ecc.„ E
il sig. MILÀ _y_ FONTANALS annota: “Segui est de ver, en esta version,
asi como en la del Arch. Acor., por otra parte muy alterada, se halla,
aunque incompleto en la nuestra, el pormenor del niño de teta que habla,
que hubiera podido creerse intercalacion de Almeida.„ _Romania_, scritto
cit., p. 69.

Osserva lo stesso ALMEIDA-GARRETT, nel suo _Romanceiro_ (ediz. del
1842-43, t. II, p. 54): “Este prodigio de fallarem os innocentes ao
peito das mães, nos grandes circumstancias públicas ou nas grandes
crises domesticas, era mui favorito dos nossos.„ E il PUYMAIGRE, a p.
420, t. II, degli _Auteurs Castillans_: “.... on pensait que souvent les
enfants même à la mamelle, pouvaient se trouver animés d'un ésprit
prophétique, ou doués de la faculté de la seconde vue, et qu'alors ils
parlaient miraculeusement. Cette conviction était repandue dans des
contrées fort eloignées les unes des autres: elle existait en Suisse
comme en Portugal.„ E cita: MARMIER, _Tradictions de la Suisse_, in
_Revue de Paris_, 1841, t. IX, e le _Diverses leçons_ de PIERRE DE
MESSIE, cap. XXI. Riporta infine il seguente passo del DE LOYER
(_Discours et Histoire des spectres, visions, et apparitions des esprits
anges démons et âmes_, Paris, MDCV) intorno ai giuochi dei fanciulli,
cui si soleva attribuire un che di profetico: “Certes, ces esbats
puérils ne sont guère sans prodige. Car tantost vous verrez les enfans
faire une longue létanie en rue comme s'ils conduisoient une pompe
funèbre. De là on tire un présage de quelque mortalité à venir. Et puis
tantost vous les verrez qu'ils porteront des enseignes et banderolles,
marcheront de rang, seront divisés en escadrons et se livreront
batailles les uns aux autres. Ils ont maintefois predit des guerres en
cette façon. Et quelquefois s'est trouvé que ces enfants soutenans en
leurs combats qui le party des amis, qui celuy des ennemys, faisoient
tomber le plus souvent le sort de la perte future de la bataille sur
ceux d'un des partis qui etoient demeurés vaincus.„--Mi torna a mente
quel verso di Giacomo Leopardi:

    “Non so se il riso o la pietà prevale.„]

[Nota 29: “O romance de Sylvana é um dos mais sabidos em Portugal. Já
foi citado no seculo XVII por D. Francisco Manuel de Mello no seu
_Fidalgo aprendíz_.„ HARDUNG, I, p. 128, in nota.]



LA BELLA INFANTA

(A BELLA INFANTA)



LA BELLA INFANTA

(A BELLA INFANTA)[30]


    Nel giardino suo l'Infanta
    sedea mesta e scompagnata;
    con un pettin d'oro fino
    le sue chiome pettinava.[31]
    Girò gli occhi al mare, e vide
    una molto bella armata:
    l'uom che n'era capitano,
    da maestro la guidava.

    “Dimmi, prego, o capitano,
    di' per l'anima tua cara,
    se incontrasti il mio marito
    su quel suol che Dio calcava.„

    “Cavalieri vanno tanti
    a quella terra sacrata!
    mia signora, il tuo marito
    dimmi i segni che mostrava.„

    “Egli avea cavallo bianco,
    sella d'argento dorata;
    su la punta della lancia
    la croce di Dio levava.„

    “Ai segnali che mi dài,
    l'ho veduto a una sbarrata
    che moria da valoroso:
    io sua morte vendicava.„

    “Ahi me vedova dolente!
    ahi povera sfortunata!
    ecco resto con tre figlie,
    e nessuna l'ho accasata!„

    “Che dareste voi, signora,
    a chi ve 'l tornasse qua?„

    “Dare' oro e argento fino,
    quanti son tesori qua;
    piú le tegole del tetto,
    che d'avorio e d'oro l'ha.„

    “Non vo' tegole né oro;
    non saprei che me ne far:
    il re servo, son soldato,
    né mi posso qui fermar.
    Che dareste altro, signora,
    a chi ve 'l tornasse qua?„

    “Tre mulini ch'io posseggo,[32]
    tutti e tre ti posso dar.
    Uno macina cannella,
    belgiuino un altro dà;
    l'altro poi farina bella,
    che per me solea guardar.„

    “Non vogl'io vostri mulini;
    non saprei che me ne far:
    il re servo, son soldato,
    né mi posso qui fermar.
    Che dareste altro, signora,
    a chi ve 'l tornasse qua?„

    “Tre verzieri ch'io posseggo,
    tutti e tre ti posso dar.„

    “Io non voglio i tre verzieri;
    non saprei che me ne far:
    quand'è il tempo degli aranci,
    me li manda il re a cercar.
    Il re servo, son soldato,
    né mi posso qui fermar:
    che dareste altro, signora,
    a chi ve 'l tornasse qua?„

    “Io le tre figliuole mie,
    tutte e tre ti posso dar.
    L'una siati per vestire,
    ti sia l'altra per calzar;
    ma la terza, più carina,
    quella teco dormirà.„

    “Delle figlie vostre, o Infanta,
    non saprei che me ne far:
    il re servo, son soldato,
    né mi posso qui fermar:
    altro datemi, o signora,
    se volete il porti qua.„

    “Non ho altro io che ti dare,
    né tu altro a dimandar.„

    “La gentil vostra persona,
    questo voi m'avete a dar.„[33]

    “Cavaliero, l'uom che osasse
    me di tal cosa tentar,
    quegli merta esser legato
    alla coda d'un caval
    da' miei servi, e trascinato
    quanto meglio a torno san.
    Vanne tosto, o cavaliero,
    vanne tosto via di qua,
    che da caccia i miei fratelli
    non avessero a tornar.„[34]

    “Io non temo i tuoi fratelli,
    che il cognato in me vedran;
    io non temo il tuo marito,
    che dinanzi ora ti sta.„

    “Se voi siete il mio marito,
    che mi state a berteggiar?„

    “Vi sovvenga, o mia signora,
    di quand'ero per salpar,
    che un anel con sette gemme
    in due parti volli far:
    su mi date il vostro mezzo;
    l'altro mezzo eccolo qua.„[35]



NOTE


[Nota 30: BELLERMANN, p. 100-106.

“O romance da _Bella-Infanta_ é talvez o mais sabido e cantado pelo povo
portuguez. Almeida-Garrett introduziu este romance no quinto acto do
_Alfageme_, fazendo-o cantar per um coro de mulheres do povo, á hora do
trabalho, o que foi calorosamente applaudido pelo publico. A
_Bella-Infanta_ é o unico romance que allude ao tempo das Cruzadas;
versões mais modernas substituiram a terra sagrada pelo Brasil ou pela
França. O assumpto da Bella-Infanta devia se tornar muito popular n'um
paiz onde Fr. Luiz de Sousa tinha voltado da batalha de Alcacer-Kivir, e
todo o povo esperava ainda a reapparição de D. Sebastião.„ HARDUNG, I,
p. 71, in nota.--Il testo del Bellermann differisce alquanto da quello
di G. B. Almeida-Garrett. Altre lezioni portoghesi sono, una di
Beira-Baixa, riportata da T. Braga nel _Romanceiro geral_ (Coimbra,
1867); due che vanno col titolo di _Dona Clara_, _Dona Catherina_, ed
una versione dell'Isola di San Giorgio, edita dal sig. Braga nei _Cantos
populares do Archipelago açoriano_ (Porto, 1860). Vedile tutte in
HARDUNG, t. c., p. 75-88. Per le varianti spagnuole, cfr. J. A. _de los_
RIOS, _Historia critica de la literatura española_, Madrid, 1862-65, t.
VII, p. 446; WOLF _und_ HOFFMANN, op. cit., II, p. 88 e 229; A. DURAN,
_Romancero general_, Madrid, 1854, I, p. 175, e PELAY-BRIZ, _Cansons_
ecc., I, p, 173. Vedi anche, per qualche parziale rassomiglianza, il
canto catalano _La vuelta de Don Guillermo_ (MILÀ Y FONTANALS,
_Observaciones_ ecc., p. 119). Ed un po' piú o un po' meno arieggiano
alla nostra romanza alcune canzoni italiane, che si leggono in
MARCOALDI, _Canti pop. ined. umbri liguri piceni piemont. latini_,
Genova, 1855 (_La prova d'amore_), p. 151; BERNONI, _Canti_ ecc., punt.
IX, p. 1 (_Il ritorno dalla guerra_); lo stesso, ivi, p. 11 (_Il finto
pellegrino_); FERRARO, _Canti monf._ (_Il falso pellegrino_), N. 25,
(_La sposa del Crociato_), N. 37; lo stesso, _Canti di Pontelagoscuro_,
in _Rivista di filol. romanza_, N. XXIV; WIDTER _und_ WOLF, _Volkslieder
aus Venetien_, Wien, 1864, N. 81; BOLZA, _Canzoni pop. comasche_,
Vienna, 1867 (_Il riconoscimento_); IVE, _Canti pop. istriani_, Torino,
1877 (_La moglie fedele_), p. 334; SABATINI, _Canti_ ecc.
(_Margherita_), N. 12 ecc.--Il prof. Prato possiede una lezione inedita
pitiglianese, che si desidera di veder presto in istampa, non so quanto
conforme ai canti ora citati.

Per la Francia, vedi: ARBAUD, _Chants pop. de la Provence_, Aix,
1862-64, t. I, p. 91; BEAUREPAIRE, _Etudes sur la poésie pop. en
Normandie_, Paris, 1856, p. 79; CHAMPFLEURY _et_ WECKERLIN, _Chansons
pop. des provinces de France_, Paris, 1860, p. 193; LA VILLEMARQUÉ,
_Barzaz-Breiz, Chants popul. de la Bretagne_, Paris, 1846, t. I, p. 24;
PUYMAIGRE, _Chants_ ecc., t. I, pag. 47 e 60; SMITH, _Chants pop. du
Velay et du Forez_, in _Romania_, 1880, p. 283-93; LEGRAND, _Chansons
pop. recueillies à Fontenay-Le-Marmion_ (Calvados), In _Romania_, 1881,
p. 374; FLEURY, _Littérature orale de la Basse-Normandie_, Paris, 1883,
p. 264, 269, 270; TARBÉ, _Romancero de Champagne_, Reims, 1863-64, t.
II, p. 2 e 221; LUZEL, _Gwerziou Breiz-Izel_, Lorient, 1868, t. I, p.
197 ecc.

Efficace oltremodo e pieno di vita è un canto ellenico, che si legge in
MARCELLUS (_Chants pop. de la Grèce moderne_, Paris 1860, p. 162), e che
mi piace trascrivere per intero:

“Devant un métièr doré, avec une navette d'ivoire, une femme belle comme
un ange est assise, occupée a tisser. Elle a déjà soixante-deux fois
agité son pied, et quarante-deux fois sa navette, lorsque passe un
marchand monté sur un cheval noir qu'il arrête, en saluant la
femme.--Bonjour a toi, ma jeune fille.--Sois le bienvenu, ô
étranger.--Jeune fille, pourquoi ne pas prendre un pallicare et te
marier?--Que ton cheval noir meure plutôt que de t'entendre parler
ainsi! J'ai un mari à l'étranger depuis bientôt douze ans. Je
l'attendrai trois ans, et puis trois ans encore; s'il ne revient pas et
s'il ne parait plus, alors je me ferai religieuse et je m'enfermerai
dans un couvent pour y porter le deuil.--Ma fille, ton mari n'est
plus.... Ton mari est mort, ma fille; mes mains l'ont reçu mourant, mes
mains l'ont mis en terre. “J'ai partagé mon pain et mon feu avec lui, et
il m'a dit que tu me le rendrais.--Tu l'as soigné, tu l'as enseveli, que
Dieu te récompense! Le pain et le feu que vous avez partagés, je vais te
les payer.--Je lui ai prêté un baiser aussi, et il m'a dit que tu me le
donnerais.--S'il t'a prêté un baiser, cours à lui pour le lui
rendre.--Ma fille, je suis ton mari; je suis ton amant, ma fille.--Si tu
es mon mari, si tu es mon amant, montre que tu connais la maison, avant
que je te l'ouvre.--Il y a un pommier près de la porte; et dans la cour
une vigne qui donne des raisins roses et un vin doux comme le miel. Les
janissaires qui le boivent s'animent au combat, et le pauvre qui le
goûte oublie sa misère.--Cela, tout le voisinage le sait, et c'est connu
à la ronde. Montre que tu connais ma personne, avant que je t'ouvre.--Tu
as un signe sur la jeue, un autre sous l'ayselle, et une petite morsure
sur le sein droit.--Courez, mes bonnes; ouvrez, ouvrez! c'est bien mon
amant et mon mari.„

Anche in altre due canzoni congeneri della stessa raccolta (_La belle
chanteuse_, p. 155, e _La reconnaissance_, p. 163) la donna dice di
voler monacarsi, dopo avere, s'intende bene, aspettato qualche altro po'
di tempo. Alle cose che si fanno una volta sola, fu sempre ottimo
consiglio pensarvi prima due volte, ed anche tre, bisognando.

“Dans le Tyrol, un mineur après avoir disparu pendant sept ans, revient
trouver sa femme qui le croyait mort. Elle le reconnut seulement
quand'elle l'entendit lui indiquer plusieurs objets qui devaient se
trouver dans une armoire. (_Traditions du Tyrol_, _Revue de Paris_,
1840, t. VI).

Dans la ballade allemande _Liebesprobe_ (_Deutsches Balladenbuch_, p.
14) il s'agit aussi d'un amant qui retrouve sa maîtresse après sept ans
d'absence. Il lui dit que la veille il a traversé une ville où celui
qu'elle aimait célébrait sa noce. La jeune fille, loin de maudire
l'infidèle, lui souhaite autant de jours heureux qu'il y a d'étoiles
dans le ciel. Ici c'est encore une bague qui amene le dénouement:

    “Was zog er von seinem Finger?
    ein Ring von reinem Gold gar fein;
    er warf den Ring in ihren Schooss;
    sie weinte, dass der Ring gar floss.„

Ce sujet est du reste très-répandu dans le Nord; nous voyons par les
notes que M. A. Wolf a jointes aux chants de la Vénétie, qu'on le
retrouve dans la collection de Uhland, _Alt-hoch-und niederdeutsche
Volkslieder_ (p. 263); dans celle de Mittler, _Deutsche Volkslieder_ (N.
54); dans celle de Schade, _Volkslieder aus Thüringen_ (N. 4); qu'il est
connu en Hollande (Hoffmann, _Horae Belgicae_), en Flandre (_Oude
Wlaemsche Liederen_), en Bohême (Waldau, _Boehmische Granaten_), en
Angleterre (Percy's _Reliquies of ancient english poetry_...)„
PUYMAIGRE, _Chants_ ecc., t. I, p. 58.

Sono altresí da vedere, secondo il medesimo, la _Leggenda di
Sant'Alessio_; il romanzo della _Biblioteca azzurra_[36] intitol. _Jean
de Calais_, ed _El noble cuento del enperador Carlos Maynes de Rroma et
de la buena enperatriz Sevilla_, citato dall'Amador de los Rios nella
_Historia_ ecc., t. V, p. 64, in nota, ecc.; senza rammentare il canto
XXIII dell'_Odissea_.--Ma dove cercheremo l'origine di un'invenzione
tanto gradita a popoli cosí diversi? _Probabilmente_, per alcuni,
_certamente_, per altri, nella narrazione omerica del ritorno di Ulisse;
avvertendo bensí che non è forse luogo a parlare d'un'origine unica e
puramente letteraria, o ideale che voglia dirsi. Ai tempi fortunosi
delle crociate e dei pellegrinaggi, piú d'un marito e piú d'un amante
può bene e meglio esser comparito innanzi alla moglie od all'amata
quando già queste lo avevano pianto per morto da parecchi anni, e già si
erano consolate, od eran per consolarsi, o non avevano ancora trovato
chi fosse buono a consolarle.]

[Nota 31:

    “Sie kämmt es [goldenes Haar] mit goldenem Kamme....„

    HEINE, _Die Heimkehr_, 2 (_Lorelei_).

Pettini d'oro, in molte fiabe e poesie popolari di molte lingue.]

[Nota 32: In un canto veneziano, certo cavaliere _de Franzia bela_
uccide a Londra un uomo in duello, e per non aver brighe con la
giustizia, prende il volo. Imbattutosi a caso nella donna del morto, che
_riposava a l'ombra de un giardin_, questa sente da lui la sua
disgrazia. Il cavaliere, con galantería tutta francese, anzi parigina,
si offre di sposarla esso in compenso: ma la buona vedova non abbocca, e
risponde:

    “No vogio cavalieri,
    vogio lo mio marí.

    _Gò tre mulini in aqua_,
    che màsena par mi.

    Vive le altre done,
    e vivarò anca mi.„

    BERNONI, Punt. V, p. 11.

Tra questa canzone e la nostra, c'è, come si vede, qualche altra
rassomiglianza oltre quella dei tre mulini.

Nel _fabliau_ di Jehan Le Gallois d'Aubepierre, _La bourse pleine de
sens_, il quale non è altro che un apologo in difesa delle donne oneste
contro

    “Les foles garces tricheresses,
    qui plus que chas sont léicheresses;„

una moglie affettuosa venderà più che volentieri i suoi mulini, pur di
sovvenire il marito caduto in miseria. LENIENT, _La satire en France au
Moyen Age_, Paris, 1883, p. 79.]

[Nota 33: In altro canto veneziano già citato (WIDTER _und_ WOLF, N.
81), una donna, che piange il marito assente da otto anni, è pregata
d'elemosina da un pellegrino:

    “Padre mio, non so cosa darve,
    se non vi dago del pan e del vin.„

    “Pan e vino mi non voglio;
    sol una note dormire con vu.„

Non occorre avvertire che il pellegrino non era altri che il marito.

E nella _Chanson de Germaine_ (PUYMAIGRE, _Chants_ ecc., I, p. 49):

    “Ce ne sont des pucelles
    que je veux pour coucher;
    c'est la belle Germaine,
    qui seule est à mon gré.„]

[Nota 34: Nell'antico teatro spagnolo, cominciando da Bartolommeo de
Torres Naharro (sec. XV), troviamo spesso fratelli sommamente gelosi
dell'onor della famiglia, e pronti a vendicarlo nel sangue del
seduttore: ma come odon parlare di matrimonio, si ammansiscono subito.

Cfr. il Contrasto di Cielo dal Camo:

    “Se ti trova pàremo colgli altri miei parenti,
    guarda non t'ar[i]golgano questi forti corenti.„

Cfr. FERRARO, BERNONI, IVE ed altri.

Ed altri raffronti siciliani, friulani e francesi, vedili nel dottissimo
commento del prof. A. D'ANCONA al citato Contrasto (_Studj sulla letter.
ital. de' primi secoli_, Ancona, 1884, p. 417-18). Bene il critico
insigne: “Ma anche qui vi è identità di situazione, che produce
necessariamente identità di forme: e né per quella né per queste è
d'uopo ricorrere a supporre imitazioni.„]

[Nota 35: “Gli anelli hanno in tutti i tempi avuto una gran parte nella
poesia popolare; il fatto qui menzionato [nell'antico poema francese
_Horn_] di un fidanzato (o di un marito) che ritornato dopo una certa
assenza, mette il suo anello (il pegno di fedeltà) in un bicchier di
vino, che offre alla donna (sposa) affinché lo beva; occorre, oltre che
in molti altri luoghi dei poemi citati in seguito, spessissimo in
novelle... Si trova anche in leggende su Salomone (cfr. _Romania_, IX,
437) e in parecchi altri luoghi. Vedi su ciò BARTSCH, _Herzog Ernst_, p.
CX sgg.; KOEHLER, in _Jahrbuch_, VIII, 356-59 e WESSELOFSKY, in _Archiv
für slavische Philologie_, VI, 397.„ NYROP, op. cit., p. 212, in nota.
Fra le novelle mi restringo a citare BOCCACCIO, _Decamerone_, Giorn. X,
Nov. 9ª, e Giorn. III, Nov. 9ª. Intorno a quest'ultima, leggo in
CAPPELLETTI, _Osservazioni storiche e letter. e notizie sulle fonti del
Decamerone_, Bologna, 1884, parte I, p. 56-7 (estr. dal _Propugnatore_):
“La prima idea di tali racconti, fra i quali gli anelli hanno una parte
decisiva, si trova nel dramma indiano _Çakuntala_ o _Sakontala_. Però il
Boccaccio si è certamente servito di un lavoro drammatico europeo, cioè
dell'_Ecira_ di Terenzio.„ Vedi altresí SHAKSPEARE, _All's Well that
Ends Well_, Atto V, sc. 3ª.

Oltre gli anelli, a volte anche le monete servono ai riconoscimenti,
come, nel _Filosofo_ dell'Aretino:

    TULLIA.

“Se il mio marito, che tornarà domattina, ci fosse adesso, col mostrarvi
la metà d'un _carlino papale_, ve lo testimoniarei.„

    BOCCACCIO.

“Basta questo a credervelo; perché il resto porto io con me.„

(V. _Teatro ital. antico_, Milano, 1809, t. IX, p. 303.)

       *       *       *       *       *

Cosí pure le medaglie:

    MICHELOZZO.

“Quel gentil uomo, che aveva nome Diego, si raccomandò a Tommaso mio, di
modo che gli trovò una balia per la puttina. Ma di lí a pochi giorni,
partendosi l'Imperadore, e Diego dovendolo seguitare, si compose con mio
fratello, e lasciatagli la bambina, gli consegnò cinquecento ducati, che
gli trafficasse, e dei frutti dovesse farla nutricare e allevare, e in
capo a quindici anni, non venendo egli o non mandando per la fanciulla,
la dovesse col capitale far monaca, o maritarla, secondo che gli tornava
bene; e nel partire, levatosi da collo una _medaglia_ d'oro, dove era la
impronta dell'Imperadore, e nel rovescio la Fortuna legata a una
colonna, _la divise per mezzo, e dettegli la metà, e l'altra si serbò
per sé_; ricordandogli ecc.„ LASCA, _La Sibilla_, Atto I. sc.
II.--Tornando agli anelli, dirò che non solo i mariti se ne valgono a
poter ritrovare le mogli, ma anche i genitori per farsi riconoscere dai
figliuoli, e viceversa. In un dramma di Lope de Vega, per esempio, la
figlia di Ordõno re di Leon, non avendo alle mani altro miglior
espediente, nasconde un anello in certa pietanza che dà a mangiare al
padre, e cosí ottiene l'intento suo.

Com'è naturale, la chiusa del canto portoghese offre somiglianza
notevolissima con quella d'altri canti di soggetto congenere.

La _Chanson de Germaine_ finisce:

    “Encor ne croirais-je pas
    que vous êtes mon mari,
    ou bien vous me direz
    ce qui m'est arrivé.“
    “C'est arrivé, Germaine,
    que votre anneau rompit;
    en voilà la moitié,
    montrez la vôtre aussi ecc.„

E la cit. canzone (_Germine_) della raccolta Champfleury e Wekerlin:

    “T'en souviens-tu, Germin', de la première nuit
    où tu étais montée sur un beau cheval gris,
    placée entre tes frères et moi ton favori?„

    “Donnez-moi des indic's de la deuxième nuit.„
    “En te serrant les doigts, ton anneau y cassa:
    tu en as la moitié et l'autre la voilà ecc.„

E l'antica ballata del _Sire de Créquy_, riferita in parte dal RATHERY
(_Moniteur_ del 26 agosto 1853) e citata dal PUYMAIGRE (_Chants_ ecc.,
I, p. 64):

    “Votre anneau d'épousailles en deux je brisai;
    vous prites la moitié, l'autre je la gardai ecc.„

“On trouve dans la _Normandie merveilleuse_ l'histoire d'un seigneur de
Bacqueville, qui apparut de cette façon chez lui le jour où sa femme
allait contracter un second mariage, et se fit reconnaître à l'aide
d'une moitié d'anneau.„ FLEURY, op. cit., p. 268, in nota.]

[Nota 36: “.... Ancora ai nostri giorni si possono nei sobborghi di
Parigi lungo la Senna e nelle province trovare gli ultimi avanzi di
quella letter. pop. spessissimo men che mediocre, che ha ricevuto il
nome di _Bibliotèque bleue_ per la sua copertina azzurra, che in
generale copriva gl'innumerevoli volumi spediti dagli stampatori di
Troyes. Si riconoscono facilmente questi piccoli e brutti libri dal loro
testo sbiadito, sopra una carta cattiva e bigia, ornata di poverissime
incisioni in legno, che dovrebbero illustrare le imprese eroiche di
Carlo e di Rinaldo. Il testo risponde alle figure, ed è pieno di errori
grossolani e di gravi alterazioni...„ NYROP, op. cit., p. 58.]



LA NAVE CATERINETTA

(A NAU CATHERINETA)



LA NAVE CATERINETTA

(A NAU CATHERINETA)[37]


    Della nave _Cathrineta_
    quanto avrei da raccontar!
    ascoltatemi, o signori;
    vi farò trasecolar.

    Già passava un anno e un giorno
    che vagavano pe 'l mar:
    non avean piú vettovaglie,
    non avean piú da mangiar.
    Certe suola pe 'l domani
    ecco misero a immollar;
    ma il cojame era sí duro
    che no 'l seppero ingojar.
    Fu tirato allora a sorte
    chi dovessero ammazzar;
    e la sorte, per disdetta,
    cascò sopra il capitan.

    “Via, coraggio, sul trinchetto
    monta monta, o marinar,
    se scorgessi alfin la Spagna,
    se scorgessi il Portogal!„

    “Io non scorgo, no, la Spagna;
    io non scorgo il Portogal;
    scorgo sette spade ignude,
    che ti vengono a tagliar.„

    “Su, piú alto! su, gabbiere!
    sul calcese hai da montar:
    non si vede ancor la Spagna?
    non si vede il Portogal?„

    “Viva! viva! oh, che regalo
    mi farete, o capitan?
    vedo terra là di Spagna;
    vedo (evviva!) il Portogal!
    Anche vedo tre donzelle
    d'un arancio all'ombra star:
    l'una pur bada a cucire,
    rócca ha l'altra da filar;
    ma di tutte la piú bella
    siede in mezzo a lacrimar.„

    “Tutte e tre son mie figliole,
    ch'io mi struggo d'abbracciar:
    sí, di tutte la piú bella
    proprio a te la vo' sposar.„

    “Non vogl'io la vostra figlia;
    costò troppo ad allevar!„

    “Ti darò tanto denaro
    che no 'l possi mai contar.„

    “Non vogl'io vostro denaro;
    costò troppo a guadagnar!„

    “Posso darti un caval bianco,
    cui non vidi al mondo egual.„

    “Vi terrete il caval bianco;
    costò troppo ad avvezzar!„

    “Sarà tua la _Cathrineta_;
    va' con essa a navigar.„

    “Non vogl'io la _Cathrineta_;
    la potrei mal governar.„

    “Che vuoi tu dunque, o gabbiere?
    che regalo ti ho da far?

    “Voglio l'anima tua, l'anima
    tua mi voglio via portar.„

    “Io, demonio, ti rinnego;
    non mi stare piú a tentar:
    rendo l'anima al Signore,
    il mio corpo dono al mar.„

    Ecco un angiolo il raccoglie,
    e lo salva da annegar:
    sparve tosto il reo demonio,
    si quetaron vento e mar:
    e la nave _Cathrineta_
    venne a sera ad ancorar.[38]



NOTE


[Nota 37: HARDUNG, I, p. 23-25.

“O romance da Nau Catherineta, nome que Th. Braga julga se referir ao
celebre galeão Santa Catherina do Monte Synai, que levou a infanta D.
Beatrix para Saboya, anda em muitas versões e variantes por quasi todas
as provincias do reino. Os horrores da antropophagia ameaçaram muitas
vezes a quellos intrepidos marinheiros que navegavam para as Indias ou o
Brazil.„ HARDUNG, I, p. 21, in nota. “Th. Braga diz que a lenda da Nau
Catherineta _não tem uma determinada origem historica; é a generalidade
tetrica de todos os naufragios_; mas Almeida-Garrett é de opinião que se
refere ao naufragio que passou Jorge de Albuquerque Coelho, vindo do
Brazil no anno de 1565.„ Lo stesso, ivi, p. 23, in nota.

“A quoi... fait allusion ce _Romance_? Est-ce à un naufrage célèbre,
comme le veut Garrett? Est-ce au vaisseau _Santa-Catherina_, dont Gil
Vicent a parlé dans une de ses pièces (_As côrtes de Jupiter_), comme le
pretend Braga? On ne saurait l'établir.„ LOISEAU, _Histoire de la
littérature portugaise_, Paris, 1886, p. 51. Anche al Puymaigre la
supposizione dell'Almeida-Garrett sembra poco fondata.

“No romance tradicional portuguez da _Náo Catherineta_, que não se
encontra na poesia hespanhola, apparece-nos o costume da anthropophagia:
a náo anda perdida na volta do mar, e a sorte é que designa quem hade
ser devorado pelos seus companheiros. Ha a qui a grandeza sublime das
Cantilenas germanicas, que os successos da navegação da India não
fizeram senão avivar na memoria do povo. Na _vida do Agricola_, Tacito,
descrevendo a pirataria dos Usipienses, que devastavam a Bretanha--no
romance diz-se: _Já vejo costas de França_[39]--allude á anthropophagia
no mar:--algumas vez repellidos, foram reduzidos pela fome a comerem
primeiramente os fracos de entre elles, depois _a quelles a quem cahia
a sorte_. Depois de terem assim circundado a Bretanha, perderam os seus
navios por não os saberem governar, e foram tomados pelos piratas, e
cahiram successivamente nas _mãos do Suevos_ e dos Frisios. (Cap.
XXVIII). No norte do Portugal em que preponderou, sobretudo na Galliza,
o ramo suevico, é frequente a tradição da _Náo Catherineta_.„ BRAGA,
_Theoria da historia da litteratura portugueza_, Porto, 1881, p. 41-42.
Ed a p. 40 aveva già scritto: “Raro será o Romance popular portuguez que
não contenha um symbolo germanico francamente expresso [?], mesmo com a
ingenuidade de quem já o não comprehende.„ Il rispetto che è sempre
dovuto all'ingegno, non esclude, tra galantuomini, un'onesta libertà di
giudizio e di parola: qui l'eminente uomo, lasciandosi abbarbagliare da
un suo presupposto, che lo mena spesso a conclusioni a dirittura
sbagliate o poco probabili; allenta un po' troppo le briglie alla
fantasia, che non a torto il Malebranche ebbe a soprannominare la _pazza
di casa_. Comunque sia nata questa bella romanza, io non so rendermi
persuaso come possano entrarci e il _costume_ dell'antropofagia, e
Tacito col suo Agricola e con gli Usipii, e quella infelice
stiracchiatura di Brettagna e Francia, e gli Svevi, e i Frisi, e le
cantilene e i simboli germanici, e via dicendo: no, il caso di un
viaggiatore, e particolarmente d'un marinajo, mangiato dai compagni
affamati, nonché il rimettersi dei miseri pericolanti alla sorte; è pur
troppo di tutti i tempi e di tutti i luoghi; ed è stato piú d'una volta
sottoposto al giudizio dei tribunali, ed anche due o tre anni or sono
dette da scrivere a tutti i giornalisti del vecchio e del nuovo mondo.
_Misura tre volte e taglia una_, dissero i nostri nonni, che la sapevano
lunga; ora la massima parte dei critici, compresi alcuni dei piú
valenti, han troppo la mano a tagliare.

Il LOISEAU (p. 49) e il PUYMAIGRE (_Romanceiro_, p. 173) si meravigliano
a buon diritto che un popolo il quale tante fatiche sostenne e tanta
gloria seppe acquistarsi sui mari, non possegga maggior numero di
canzoni d'argomento simile a questa, meritamente carissima e
divulgatissima in tutto il Portogallo. Anzi, il primo dei due scrittori
citati mostra dubitare che non tutte ci sieno pervenute; e potrebbe
anche darsi che si fosse apposto, perché ogni cosa ha il suo destino.

Altre sette versioni abbiamo di questo canto, oltre quella da me
tradotta: e sono, una di Lisbona, un'altra dell'Algarvia, e cinque
dell'isola di San Giorgio, le quali offrono poche e poco osservabili
differenze. L'Hardung, appunto per questo, ne riporta una sola; tutte si
leggono in BRAGA, _Cantos pop. do archipelago açoriano_, p. 285-87.

Grande analogia con la nostra romanza ha un canto provenzale (_Lou
Moussi_) edito dall'ARBAUD nella citata raccolta (I, p. 127-30). Ma
questo, molto inferiore, le cede sopra tutto nel colorito e nell'effetto
drammatico, il quale vi è scarso, oltre che nella chiusa, lontana le
mille miglia da quella cosí pura e serena idealità che illumina e
ingentilisce la poesia portoghese. Vorrei, ma non posso, far citazioni a
conferma di quanto scrivo, perché il sig. Damaso Arbaud interdice
qualsiasi _traduzione e riproduzione anche parziali_! Se io non avessi
per davvero in uggia le liti e chi se ne compiace, come per celia mostrò
d'amarle la buon'anima di Leonardo Salviati in quell'ameno capitolo _In
lode del piatire_; sarei curioso oltre modo di vedere un po' che razza
di fondamento _in jure_ abbia siffatto divieto: diremo divieto, per non
dire con G. PARIS (nella _Revue critique_, se non erro) _pretensione
strana_. Anche il PUYMAIGRE (_Chants du Pays Messin_) e lo CHAMPFLEURY
(nella _Revue des Provinces_) si scandalizzano giustamente d'un rigore
sí nuovo e sí capriccioso.

Il canto dianzi citato non solo è della Provenza, ma di tutta la Francia
marittima. Scrive l'ARBAUD (p. 131) che il Rathery ne pubblicò nel
_Moniteur_ del 15 giugno 1853 una lezione, che apparisce essere dei
dintorni di Bordeaux. Altra ne raccolse il medesimo Rathery nella valle
d'Ossau. L'Arbaud non fa cenno veruno della romanza portoghese, che non
dovette conoscere.

Tolgo dal PUYMAIGRE (_Romanceiro_, p. 174) questi altri raffronti: _La
courte paille_, canto pubblicato dallo Smith nella _Revue des langues
romanes_ (nov. e decembre 1879, p. 248); LUZEL, ecc. ediz. cit.; due
canzoni catalane, che si leggono in PELAY-BRIZ, _Cansons de la Terra_,
Barcelona, 1866-77, t. IV, p. 32-33; ed un canto di marinari edito dal
BRAGA (_Cancioneiro pop._, Coimbra, 1867, p. 144). Eccolo nella
traduzione del Puymaigre, non avendo presente l'originale:

“Perdu dans la haute mer, un pauvre navire allait; déjà sans boussole et
sans rames, la faim les tuait tous.

“On recourut aux noirs sorts, pour voir le quel d'eux avait à être par
les autres tué, pour être mangé ce jour-là.

“Le sort maudit tomba sur le meilleur mousse qu'il y avait. Ah! comme le
malheureux pleurait, priant la Vierge Marie!

“Mais tout à coup le gabier, voyant la terre du côté de la proue, cria,
joyeux, de la hune: Terre, terre de Lisbonne!„

Anche in questa breve canzonetta, come vede il lettore, torna in ballo
il _costume_ dell'antropofagia; a cui pure accenna l'ultimo verso del
canto provenzale. Sarà tutta colpa degli Usipii?

Un canto asturiano richiama la chiusa della _Nave Caterinetta_. Mi è
grato riportare anche questo nella versione del Puymaigre:

“Un matin de la Saint-Jean, un matelot tomba à l'eau.--Que me
donneras-tu, petit matelot, pour que je te retire de l'eau?--Je te donne
tous mes vaisseaux, chargés d'or et d'argent.--Point ne veux de tes
vaisseaux, ni de ton or, ni de ton argent: je veux que quand tu mourras,
tu me livres ton âme.--Mon âme, je la donne à Dieu, mon corps à la mer
salée.„

Ecco in fine una notissima canzoncina francese, di cui si hanno varianti
in gran copia:

    “Il était un petit navire,
    qui n'avait jamais navigué:
    quand il partit pour l'Amérique,
    il portait vingt-cinq passagers.
    Au bout de cinq à six semaines,
    les vivres vinrent à manquer.
    Il fallut donc tirer au sort
    pour savoir qui sera mangé.
    Le plus jeune met la main dans l'urne;
    c'est lui qu'le sort a designé:
    --O sainte Vierge, ô ma patronne,
    c'est donc moi qui serai mangé!
    Il court, il grimpe à la grand'hune;
    il voit la terre, il est sauvé.
    Si cette chanson vous embête,
    nous allons la recommencer.„]

[Nota 38: Non in tutte le lezioni della _Nave Caterinetta_ fa la sua
comparsa il diavolo. Per esempio, in una di quelle pubblicate dal Braga,
dice il gabbiere rispondendo alle offerte del capitano:

    “Não quero as tuas filhas,
    Deus vol-as deixe criar:
    o que te quero pedir,
    se vós me quizeres dar,
    é a Nau Catherineta,
    para n'ella navegar.„

E l'altro:

    “Essa Nau já não é minha,
    é do Rei do Portugal:
    elle, assim que lá chegar,
    elle a mandará queimar.„

Cosí termina la romanza.]

[Nota 39: Il testo da me seguito (Almeida-Garrett) ha _Hespanha_.]



IL CACCIATORE

(O CAÇADOR)



IL CACCIATORE

(O CAÇADOR)[40]


    Certa volta un cacciatore
    fu a cacciar, come solea;
    i suoi cani erano stanchi,
    e perduto il falco avea.
    Traversava un nero bosco,
    quando il giorno tramontò;
    a una quercia grande grande
    esso allora si appoggiò.
    Nell'alzare un tratto gli occhi,
    vide cosa da ammirar;
    una bella giovinetta
    su tra' rami alti posar.[41]
    Con gli sciolti suoi capelli
    tutto l'albero fasciava;
    col fulgor vivo degli occhi
    tutto il bosco illuminava.
    Ora dice la donzella
    (state bene ad ascoltar):

    “Su, coraggio, o cavaliere;
    non ti devi spaventar.
    Una cara e pia regina
    a un gran re mi partorí:
    ero in braccio alla nutrice,
    quando sette fate qui
    a giacer m'han condannata
    per sett'anni, sette e un dí.[42]
    Oggi compiono i sett'anni;
    compirà domani il dí:
    teco prendimi per Dio;
    per Dio levami di qui!„

    “Fa di attender fino all'alba
    di domani, o bella mia;
    voglio prima consigliarmi,
    consigliarmi con la zia.„

    Gli rispose la donzella,
    (e ben disse in fede mia):

    “Deh mal prenda al cavaliere
    che non usa cortesia;
    che mi lascia qui su l'albero,
    senza farmi compagnia!„

    Sul suo ramo ella rimase;
    andò il giovine alla zia:
    quando fé ritorno al bosco,
    l'alba ancor non apparía.
    Tutta scorre l'albereta,
    ma la quercia non v'è piú;
    corre e corre e chiama e chiama:
    non risponde alcuno piú.

    Scorge al fine in lontananza
    galoppar giú per la via
    di signori e cavalieri
    molto bella compagnia:
    seco portano l'Infanta,
    perché il giorno si compía.
    A tal vista il giovinetto
    cadde come morto al suol;
    ma riebbe tosto i sensi,
    e la spada sguainò.

    “Ah chi perde ciò ch'io perdo
    grandemente è da punir!
    da me stesso ecco mi giudico;
    qui la vita vo' finir.„



NOTE


[Nota 40: HARDUNG, I, p. 87-89.

“O romance de Caçador, chamado nas colleções hespanholas _da Infantina_
[WOLF _und_ HOFFMANN, _Primavera_ ecc., II, p. 78], è, secundo a opinião
de Almeida-Garrett, de origem portugueza, porque os hespanhoes não se
lançaram no maravilhoso das fadas e incantamentos da eschola celtica de
França e Inglaterra.„ Ivi, p. 87, in nota.

“Der Glaube an Feen und Hexen, Zauberei und Teufelspuk gehört den
romanischen Völkern wie den germanischen an. Mit einem leichten Zuge von
Schalkheit und Humor wird der Lehre gegeben, dass die einmal sich
darbietende Gelegenheit, Gutes zu thun oder sein Glück zu machen, wenn
sie einmal versäumt worden, nicht wieder kommt.„ BELLERMANN, p. 273.

Ed il PUYMAIGRE, a proposito dell'analoga romanza spagnola: “Il y règne
un merveilleux, une teinte un peu vague, qui fait songer aux légendes
des bords du Rhin. La petite infante sur son arbre est la première à
faire des avances au chevalier. Tel est, dans les fictions espagnoles,
le rôle presque toujours attribué aux femmes. Celles-ci vont souvent un
peu loin dans leur amabilité. Remarquons-le pourtant, si les héroïnes du
Romancero ne sont pas des Lucrèces, il n'y a en général pas d'obscénité
dans les détails, pas de ces grosses gravelures dont nos fabliaux sont
remplis.„ _Les vieux auteurs castillans_, t. II, p. 358.

Una lezione soltanto abbiamo, del _Caçador_; ma della _Infeitiçada_, che
molto le rassomiglia, se ne contano non meno di sette. Questa, secondo
l'Almeida-Garrett, è probabilmente originaria di Francia; ed egli pensa
che abbia varcato i Pirenei nella compagnia signorile di Enrico di
Borgogna. In materia di poesia popolare, difficilmente potendosi avere
una vera e propria certezza, conviene appagarsi delle ipotesi
ragionevoli; e questa mi sembra tale. Una bella romanza corrispondente
alla _Infeitiçada_ leggesi anche nei canzonieri spagnoli, e comincia:
“De Francia partio la nina.„ È tra quelle tradotte, a parer mio non
sempre felicemente, da GIOVANNI BERCHET (_Opere edite ed inedite
pubblicate da Francesco Cusani_, Milano, 1863, p. 187). I raffronti mi
si offrirebbero in buon numero; ma basti citare i seguenti: FERRARO,
_Canti monferrini_, N.º 55 (_La figlia del re_); ARBAUD, _Chants_ ecc.,
t. II, p. 90 (_La fillha dou ladre_); BEAUREPAIRE, _Étude sur la poésie
pop. en Normandie_, Paris, 1856, p. 53; BLADÉ, _Poésies pop. de
l'Armagnac et de l'Agénais_, Paris, 1879, p. 76 e 114; PUYMAIGRE,
_Chants_, ecc., t. I, p. 153 (_L'amant discret_), e p. 158 (_La
rencontre_); BUJEAUD, _Chants et chansons pop. des provinces de
l'Ouest_, Niort. 1866, t. II, p. 90, ecc.

Anche il PUYMAIGRE (_Chants_ ecc., I, p. 158) crede all'origine francese
di queste romanze, e riferisce a sostegno della sua opinione una
canzonetta normanna d'Oliviero Basselin (***1818)[43], che trascrivo:

    “Eh! qui vous passera le bois,
    dictes, ma doulce amye!
    Nous le passerons cette fois
    sans point de villenye.„
    Quand elle feust au bois si beau,
    d'aymer y l'a requise:
    “Je suis la fille d'un mezeau (lebbroso);
    de cela vous advise.„
    “De Dieu soit maudit le merdier,
    qui la fille a nourrie!
    Quand il ne la mest a mestier,
    ou qu'il ne la marye,
    ou ne la faict en lieu bouter
    que homme n'en ayt envie!„
    Quand elle fut dehors du bois,
    elle se print à soubzrire:
    “Belle qui menez tel desgoys (mormorio),
    dictes-moy, qu'esse à dire?„
    Et respondit a basse voix:
    “Je suys la fille d'un bourgeois,
    le plus grand de la ville:
    l'on doibt couard maudire.„
    “Femme je ne croiray d'un mois,
    tant soit belle ou habile.„

La cosa, ripeto, è probabile, ma siamo lí; altro è certezza assoluta, ed
altro un'ipotesi, per quanto avvalorata da buone ragioni. Ma non voglio
passare sotto silenzio un'acuta osservazione dell'Arbaud, col quale
concordano l'Almeida-Garrett ed il Puymaigre: quella che in Francia è
figliuola d'un borghese e non piú, diventa, in Ispagna (e bisognava
aggiungere in Portogallo), di nascita regia. “Le génie espagnol„
conclude giustamente l'Arbaud, “anoblit tout ce qu'il touche.„
L'astuzia, poi, d'una giovine, che per fuggire vergogna si dà per figlia
di lebbroso, non è senza riscontri; e se ne trova una traccia in
BÉROALDE DE VERVILLE (_Le moyen de parvenir_, LXXVII, _Committimus_):
“Monsieur le médecin Taillerie menoit en pratique ce petit chirurgien
[un barbiere di Vendôme]; et pource qu'il avoit longtemps à être chez la
noblesse où il alloit, monsieur le médecin, jà veillard, menoit sa femme
qui étoit encore jeune, que le barbier accompagnoit en trousse. Étant en
chemin, le médecin demanda au barbier comme se portoit sa
femme.--Vraiment, dit-il, monsieur, il faut qu'elle se porte bien, si
elle veut; d'autant que je l'ai approivisionnée six bons coups, cette
nuit, sans ce qui s'est fait depuis.--Cela leur servit de risée, tant
qu'il furent arrivés à la noblesse, où ils alloient. Le soir, chacun
étant retiré, le médecin devisant avec sa femme, laquelle lui avoit
entamé le propos de ce jeune barbier, lui demandant, possible en
songeant à ce qu'il avoit dit tantôt, pourquoi il s'en servoit plutôt
que d'un autre:--Ma mie, se dit-il, je me sers de lui, pource que je
désire qu'il ait sa vie toute gagnée, d'autant qu'il n'a plus que deux
ans ou environ à travailler, à cause qu'il paroîtra tout ladre.--Cette
réponse fut cause que la demoiselle s'en dégoûta ecc.„

Scrivevo piú sopra che tra il _Caçador_ e la _Infeitiçada_ è grande
rassomiglianza: meglio era dire che in alcune lezioni si ha come
un'intrecciatura un composto delle due romanze; di cui la seconda si
chiude con un improvviso riconoscimento di fratello e sorella:

    “Dizei-me vós, ó donzella,
    dizei-me de quem sois filha?„

    “Sou filha d'el-rei de França
    e da rainha Constantina.„

    “Arrenego eu de mulheres,
    mais de quem n'ellas se fia!
    Cuidei de levar amante;
    levo uma irman minha!„

    (Lez. di G. B. ALMEIDA-GARRETT.)]

[Nota 41: “Un ouvrage célèbre de l'ancienne littérature castillane, _La
Gran Conquista de Ultramar_, contient une version de l'histoire du
_Chevalier au cygne_: on y raconte qu'Isonberte prit la fuite pour
échapper à un mariage. Elle rencontra une barque que personne
n'occupait. Elle se plaça dans cet esquif et le laissa aller au hasard.
Au bout de quelques jours, la barque aborda. Isonberte sauta à terre, et
se trouva dans un pays sauvage. Le comte Eustache, qui en était
seigneur, se livrait justement au plaisir de la chasse. Sa meute,
flairant les traces de l'infante, se mit à la poursuivre. Isonberte,
effrayée, grimpa sur un arbre, au milieu des branches duquel elle
s'offrit au regards charmés du jeune seigneur. Cette situation pourrait
avoir eu quelque influence sur le début de notre romance.

Dans la _Chaîne traditionnelle_ (p. III), M. Usson, sans grands motifs,
ce nous semble, rattache notre romance à un conte indien.„ PUYMAIGRE,
_Romanceiro_, p. 220.

Intorno alla _Gran Conquista de Ultramar_, vedasi lo stesso scrittore,
_Les vieux auteurs castillans_, Cap. XI.]

[Nota 42: “Dans un romance asturien, la _Pèlerine_, recueilli par De los
Rios (_Jahrbuch_, t. III, p. 279), la fille d'un roi, emmenée par la
sainte Vierge du palais de son père, est conduite dans une forêt où elle
doit rester sept ans moins un jour, sans manger, sans boire et sans
parler à personne. Une petite colombe blanche viendra la voir chaque
jour, tenant dans son bec une fleur jaune, et à l'odeur de la fleur on
saura bien qui envoie la colombe.„ Lo stesso, _Romanceiro_, p. 219.]

[Nota 43: Circa l'autenticità delle poesie (_Vaux de Vire_) che vanno
col nome del Basselin, è da vedere LÉNIENT, op. cit. p. 263-95.]



CONTE NILLO

(CONDE NILLO)



CONTE NILLO

(CONDE NILLO)[44]


    Conte Nillo, conte Nillo
    fa bagnare il suo caval:
    mentre beve il buon destriero,
    incomincia egli a cantar.
    Il re guarda, ma, nel bujo,
    non lo può raffigurar:
    se ha da ridere o da piangere
    la sua figlia ancor non sa.

    “Taci, figlia, e porgi orecchio;
    sentirai che bel cantar!
    o son angioli del cielo,
    o la sirena del mar.„[45]

    “Non son angioli del cielo,
    né la sirena del mar;
    questi, o padre, è il conte Nillo,
    che sua sposa mi vuol far.„

    “Chi rammenta il conte Nillo?
    chi l'ardisce mentovar
    quel vassallo mio ribelle,
    che in esilio fei cacciar?„

    “Mia, signore, è mia la colpa;
    me dovete gastigar:
    senza lui non posso vivere;
    io l'ho fatto richiamar.„

    “E ancor osi, o traditora,
    tua vergogna confessar?
    Pria che spunti il nuovo giorno,
    lo vedrai decapitar.„

    “No; chi verserà il suo sangue,
    anche il mio dovrà versar:
    dove a lui faran la fossa,
    anche a me l'hanno a scavar.„

    Per chi suonan le campane?
    a che tanto scampanar?
    Trapassato è il conte Nillo,
    è l'Infanta per mancar:
    son cavate già le fosse,
    già li vanno a sotterrar,
    l'un nell'atrio della chiesa,
    l'altra al piede dell'altar.
    Là un cipresso, qua un arancio
    ecco vedonsi spuntar:[46]
    cresce l'uno, cresce l'altro,
    e si vengono a baciar.
    Non sì tosto il re lo seppe,
    ambedue li fe tagliar:
    getta l'uno sangue vivo,
    l'altro dà sangue real.
    Un colombo e una colomba
    ecco vedonsi volar;
    contro al re, che siede a mensa,
    ecco vengonsi a posar.

    “Ahi mal abbia un tanto ardore!
    ahi mal abbia un tanto amar!
    non in vita, non in morte
    gli ho potuti separar!„



NOTE


[Nota 44: BELLERMANN, p. 134-38.

“O romance do Conde Niño, ou Conde Nillo, come lhe chama
Almeida-Garrett, encontra-se na provincia de Tras-os-Montes, no Algarve,
onde foi recolhido por Estacio da Veiga sob o titulo de Dom Diniz, e nas
ilhas dos Açorez, onde le chamam Dom Duardos. Não existe nas colleções
hespanholas.„ HARDUNG, I, 216, in nota.

“M. le comte Albert de Circourt et moi avons traduit un ancien ouvrage
espagnol, où, sous le titre de _Victorial_, est racontée la vie de Don
Pero Niño, comte de Buelna. Ce Pero Niño, dont l'existence fut très
aventureuse, épousa dona Beatrix, infante du Portugal et cela en dépit
du père de celle-ci Dom Joan. Malgré le mécontentement de ce prince, ce
mariage n'amena aucune catastrophe. Suivant Braga, ce serait cependant
cet épisode qui aurait donné lieu au romance du comte Nillo. Nous
doutons de cette origine, sur laquelle Braga revient encore dans ses
_Trovadores_, p. 325. Almeida-Garrett remarque que le nom de Nillo n'est
pas portugais, mais que, sous la forme Niño, il serait espagnol. Il
croit que ce chant vient de la Provence ou de la France. On a plusieurs
leçons de ce chant: _Dom Doardos_, _Ermida en mar_, _Dom Diniz_ ecc. [V.
HARDUNG, ivi, p. 217-224].„ PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 188.

Arieggia in alcune parti alla bella romanza di _Gerinaldo_, di cui si
conoscono piú versioni e che si legge anche nei canzonieri spagnoli:
questa, secondo il Braga l'Almeida-Garrett e l'Hardung, è una
reminiscenza dell'avventura apocrifa di Einhard o Eginhart, celebre
segretario di Carlo Magno.]

[Nota 45:

    “Erguei-vos, bella Infanta;
    vindo ouvir lindo cantar:
    ou são os anjos no céu,
    ou as sereias no mar.„

    “Pois não são anjos no céu,
    nem as sereias no mar;
    é um triste prisioneiro,
    que meu pae manda matar.„

_Romances de Gerinaldo_ [lezione dell'isola di San Giorgio], HARDUNG, I,
p. 108. E nella lezione ALMEIDA-GARRETT, ivi, p. 115:

    “Anda ouvir, oh minha filha,
    este tam lindo cantar,
    que ou são os anjos no céo,
    ou as serejas no mar.„

    “Não são os anjos no céo,
    nem as sereias no mar;
    mas o triste sem ventura
    a quem mandais degollar.„

Una lezione della romanza castigliana _Conte Arnaldos_, edita dal DELIUS
e riferita dal NIGRA, _Canzoni_ ecc. _Riv. Contemp._, fasc. gennaio
1860, p. 82:

    “O idolo ha la princesa
    en los palacios do está:
    --si saliredes, mi madre,
    si saliredes de mirar;
    y veredes como canta
    la sirena de la mar.--

    --Que non era la sirena,
    la sirena de la mar;
    Que non era sino Arnaldos ecc.„

Accenna pure alle sirene una canzone canavese edita dallo stesso Nigra,
fasc. cit., p. 78:

    “La serena ch'a cantava
    s'a n'in chita [smette] de canté.„

Dove l'illustre uomo annota opportunamente:

“Il mito delle sirene, popolarissimo nella poesia greca e latina (V.
Omero, Odiss. μ, 39-53; 158-209; φ, 306; Virgilio, Eneid. V ecc.) si
perpetuò nelle tradizioni del medio evo, e nei numerosi canti e racconti
intorno alle Nisse, alle Elfine, alle Ondine, alle Korrigan e alle Fate,
fra cui fu lungamente popolare la celebre Melusina. V. Kastner, _Les
Sirènes_. Paris, 1859; _Roman de la rose_; _Roman de Brut, passim_; i
poemi italiani di cavalleria; _Les pays basque_, par Francisque Michel.
Paris 1859, 334.--Il canto della sirena è spesso mentovato nella poesia
popolare italiana. V. la raccolta di Tommaseo, Tigri, Marcoaldi,
Pasqualigo ecc.„

Ecco in fine il ritratto che della sirena ci dà un _bestiario_
pubblicato da P. MEYER, in _Romania_, 1872, p. 430; ritratto, come si
vede, al tutto identico a quelli che ce ne lasciarono i classici:

    “Sereine est de mer. j. peril:
    feme est part desus le lonbril,
    et poisons desoz la ce[i]nture.
    Tant chante bel que creature
    ne s'e[n] porroit pas sooler
    ne d'oïr le dòuz chant chanter ecc.„

In secolo assai piú vicino al nostro, quella gran testa quadra di Don
Ferrante “sapeva a tempo trattenere una conversazione.... descrivendo
esattamente la forma e l'abitudini delle sirene.„ V. _Promessi Sposi_,
cap. XXVII.

Quando i portenti erano cosa piú che ordinaria, anche i pesci (gli
uccelli è inutile dire) fecero mirabilia come virtuosi di canto. “E poi
videro una fontana lunga e larga per spazio di miglia cinque, piena di
molti pesci, li quali cantavano dí e notte... e era sí dolce canto, che
lingua umana non potrebbe narrare. E poi videro l'arbore della gloria...
lo quale arbore era pieno di uccelli piccoli; e aveano penne rosse come
carbone di foco acceso, e parevano lucerne appese, e cantavano tutti ad
una voce sí che parevano angeli del Paradiso celestiale. E cosí facevano
a tutte ore del dí, e tanto era dolce e soave quello canto, che ogni
mente umana si sarebbe addormentata;...„ V. _Leggende del sec. XIV_
(_Del paradiso terrestre_), Firenze, 1863, I, p. 496-97.]

[Nota 46: Cfr. _La Tessitrice_, canto ellenico: “E la fanciulla [uccisa]
divenne canna, e il giovine [suicida] un cipressetto ecc.„ TOMMASEO, op.
cit., t. III, p. 64-68; _La suocera omicida_, ivi, p. 135; MARMIER,
_Chants popul. du Nord_ (_Adeline_, canto svedese), Paris, 1842, p. 213;
MARCELLUS, _L'amour au tombeau_, op. cit., p. 212; DOZON, _Chansons pop.
bulgares_ (_L'amant déséspéré_), Paris, 1875, p. 391, ed ivi, p. 334,
per la citaz. di un canto serbo e di altri canti scozzesi, brettoni,
catalani, normanni, ecc. La stessa circostanza è in un canto rumeno, che
per essere pochissimo noto in Italia, riporterò tradotto dal professore
S. FRIEDMANN e da me, sperando di far cosa grata ai lettori. Va col
titolo _L'anello e il velo_, e dice:


I.

    C'era una volta, c'era una volta un figliol d'un re,
    giovine e bello
    come l'abete del bosco[47]
    sovr'alta montagna.
    Or ei tolse in moglie
    una fanciulla del villaggio,
    una fanciulla rumena,
    cara a tutto il vicinato,
    con faccia soave lucente,
    con persona tenera flessuosa
    come il fiore dei campi
    nella luce del sole.
    Ecco gli è giunta
    lettera grande [con ordine] di partire,
    di andarsene al campo.
    Nell'anima e' si duole,
    e parla cosí:

    “O cara mia, cuor mio,
    prendi 'l mio anello
    e mettitelo in dito.
    Se l'anello arrugginirà,
    sappi, o cara, ch'io sarò morto.„

    “Dacché mi lasci in casa piangendo,
    eccoti 'l velo di seta,
    guarnito d'oro negli orli.
    Se l'oro si struggerà,
    sappi, o fratello, ch'io sarò morta.„


II.

    E' monta a cavallo
    e si pone in viaggio.
    Va fino a un luogo,
    dove accende un gran fuoco
    in mezzo del bosco,
    alla fontana del _Corvo_.
    Si mette la mano in seno,
    guarda il velo,
    e il cuor gli si spezza.

    “Cari amici, guerrieri miei,
    prodi figli di draghi,[48]
    statevi pur qui a banchettare
    e all'ombra sdrajatevi.
    Or io me ne vo,
    ché in casa ho dimenticato
    la spada arrotata
    sur una tavola verde.„

    Torna addietro,
    ed ecco s'incontra in un bravo,[49]
    in un bravo su picciol cavallo.

    “Buona fortuna, o giovinotto mio bravo!„

    “Che rechi? onde vieni?„

    “Se brami, o signore, saperlo,
    ad altri potrebbe esser bene,
    ma è per te mala cosa ed amara.
    Tuo padre è córso,
    il paese tutto ha posto a soqquadro,
    finché ha trovato la tua bella,
    e l'ha gettata
    in uno stagno largo e profondo.„

    “Tieni, o bravo, il mio cavallo,
    e menalo al padre mio.
    Se chiedesse ov'io sia,
    digli ch'io sono andato
    giú in riva allo stagno,
    e nell'acqua mi son buttato
    a ritrovare la fanciulla che amai.„


III.

    Il padre si tira dietro tutto il paese;
    asciuga lo stagno,
    e i due giovani trova
    insieme abbracciati,
    su la rena gialla prostesi;
    ambedue nel volto sereni,
    talché vivi parevano.
    Il re allora si pente;
    nella seta gli avvolge,
    in chiesa li fa portare,
    e in due casse li mette,
    casse belle da imperatore,
    sopravi lettere latine:
    e lui ha murato
    presso l'altare ad oriente,
    lei nell'atrio a occidente.
    E dalla tomba di lui è uscito, o fratello,[50]
    un abete verde coperto d'ellera,
    che pende su la chiesa;
    e da quella di lei una piccola vite
    fiorita pieghevole,
    che dall'alba alla sera
    alla chiesa si è abbarbicata
    e con l'abete confusa.
    Tuona, o Signore, e fulmina;
    tuona su chi tronca a mezzo
    il dolce e fervido amore
    d'un giovine e d'una fanciulla.

Alle piante cresciute su la sepoltura di amanti infelici, una canzone
italo-albanese (_La ballata di Angelina_) attribuisce virtú miracolosa:
“Andò a nascere un cipresso--là dove sepolto era il garzone;--e spuntò
una vite bianca--là dove sepolta era la fanciulla.--Per sotto l'alto
cipresso i feriti passavano:--prendevano foglie di cipresso,--e alle
ferite le mettevano.--E sotto quella vite bianca--i malati andavano a
passare;--prendevano gli acini della vite bianca,--e l'infermità
guarivano.„ CAMARDA, _Appendice al saggio di grammatol. comparata su la
lingua alban._, Prato, 1866, p. 113. In una delle piú antiche ballate
inglesi (_Fair Margaret and sweet William_), dal cuore della fanciulla
spunta un rosajo, e da quel dell'amante una rosa selvatica, che, al
solito, cresciuti, s'intrecciano insieme; e il canto finisce con una
scappatella burlesca: “Poi venne il cherico della parrocchia,--per dir
la verità,--e disgraziatamente li tagliò;--altrimenti vi sarebbero
ancora.„

Quanto all'origine di questa leggiadra fantasia popolare, convien
ricercarla nella storia di Tristano e d'Isotta, che nel medio evo si
propagò per quasi tutta l'Europa, e che procede visibilmente dalle
metamorfosi mitologiche. Vedi BOSSERT, _La litterature allemande au
Moyen-Age_, Paris, 1882, p. 298.--Ma dal cuore e sulle tombe di amanti
sventurati, non soltanto sorgono fiori arboscelli ed altre maggiori
piante. A mo' d'esempio, in certa novellina popolare russa raccolta
dall'ATANASIEFF e citata dal prof. PRATO (_Quattro novelline popolari
livornesi_, ecc., Spoleto, 1880, p. 105), su la tomba di due fanciulli
barbaramente sgozzati dalla zia, spuntano un ramo d'oro e uno d'argento.
Né si può legger senza ridere un canto serbo, che nel luogo dove una
giovinetta innocente morí per man del fratello, fa saltar fuori di
schianto non già fiori od alberi od arbusti, ma una chiesa a dirittura:
non dice (peccato!) se col bravo suo campanile o no.

A proposito di piante venute su da cadaveri o da sepolture, vedi
MARMIER, _Légendes des plantes et des oiseaux_, Paris, 1882, p. 34-35;
DE GUBERNATIS, _La mythologie des plantes, ou les légendes du règne
végétal_, Paris, 1878, t. I, p. 161-62; GASTER, _Literatura populara
românâ_, Bucuresci, 1883, p. 483, il quale rimanda specialmente a
LIEBRECHT, _Zur Volkskunde_, p. 166 e 282-83, ecc.

“Dans un chant de l'Ukraine (_Chants hist. de l'Ukraine_, tr. par
Chodzko, p. 30), une rose est regardée comme l'âme d'un jeune
homme:--Cette rose c'est l'âme du jeune homme, qui est mort de chagrin
pour la jeune fille.--Dans la _Cronica dos Vicentes_, monument de la
langue portugaise au XV siècle, on rencontre, dit Braga, des traditions
relatives aux Français, qui virrent aider à conquérir Lisbonne. Telle
est la légende du chevalier Henrique et de son page fidèle. Sur la tombe
d'Enrique poussa un palmier.--Au chant VIII des _Lusiades_, nous voyons
que Camoens a rappelé ce prodige:

    “Olha Henrique famoso cavalleiro
    a palma, que le nasce junto a cova.„

PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 189-90.

Un canto brettone: “Ce fut merveille de voir la nuit qui suivit le jour
où on enterra la dame dans la même tombe que son mari,--de voir deux
chênes s'élever de leur tombe nouvelle dans les airs;--et sur leurs
branches, deux colombes blanches sautillantes et gaies,--qui chantèrent
au lever de l'aurore et prirent ensuite leur volée vers les cieux.„ H.
DE LA VILLEMARQUÉ, _Barzaz-Breiz_, Paris, 1846, I, p. 45. “Le couplet de
la chanson de Malborough,„ dice l'ARBAUD, I. p. IX, in nota: “_On vit
voler son âme--à travers des lauriers_,--ne parait pas avoir eu une
autre origine.„ Sarà o non sarà; poco importa. Concluderemo piuttosto
col DE GUBERNATIS, op. e t. cit., p. 160, in nota: “On veut absolument
revivre après la mort, et l'arbre est le symbole _le plus vivant de la
vie_.„]

[Nota 47: In altro canto: _Sette fratelli come sette abeti_. Anco dai
Greci moderni l'uomo è paragonato spesso ad un albero alto e diritto,
come sarebbe il cipresso. Una canzoncina nuziale albanese, raccolta da
G. JUBANY (Trieste, 1871, p. 109), dice della sposa: _Ha la statura come
il cipresso_. Nel _Libro dei re_ di Firdusi questo paragone è
frequentissimo.--_Homme grand comme un pin du dèsert, comme un sapin du
marais._ Vedi _Kalevala, runo 48_ (traduz. di L. LÉOUZON LE DUC) Paris,
1879. I Serbi rassomigliano ad un pino il guerriero: un vòcero còrso
ancora inedito: _Lu me altu quantu un pinu!--lu me minutu cipressu!_
Polipete e Leontèo sono da Omero paragonati a due querce. (_Iliade,
XII_.)]

[Nota 48: Orig. _Zmeu_. Forse non c'è cosa che piú sovente dei draghi
s'incontri nei canti e nelle fiabe popolari rumeni; ai quali un
guerriero, un uomo valoroso è un drago; drago un cavallo forte e veloce
al corso. Anche ai Serbi, drago (_Zmei_) vale uomo fiero, prode,
terribile: anzi, nella mitologia slava, col suddetto nome si designa
spesso qualche iddio, per es., quello del fuoco. Draghi e dragonesse
hanno i Bulgari, presso i quali mutansi talvolta in orsi in pesci ed in
uomini. DOZON, _Chansons popul. bulgares inedites_, ediz. citata.
Altrove occorrono in vece uomini trasformati in dragoni. DULAURIER, _Les
chants pop. de l'Arménie_, in _Revue des deux mondes_, 1 avril 1852. In
un canto (_pesma_) della Macedonia, Alessandro il grande è generato da
un drago; ed anche un'antica favola greca, riferita da Luciano, lo disse
nato da un serpente, come di un serpente fu, tanti secoli dopo, creduto
prole l'albanese Giorgio Castriota. DOZON, _Rapports sur une mission
littéraire en Macedonie_, Paris, 1873, p. 42. G. MASPERO (_Contes pop.
de l'Egypte ancienne_, Paris, 1882, p. 42) fa menzione d'altro drago che
parla veramente bene ed è signore d'un'isola incantata. Certa fiaba
calmucca narra d'un drago ch'è una pasta di zucchero. Sono alquanto
simili ai draghi le _Koutchédras_ degli Albanesi, le quali hanno un po'
dell'uomo ed un po' della bestia. Circa i draghi e le dragonesse delle
fiabe e novelline pop. ital. e specialmente siciliane, vedasi la dotta
prefaz. di G. PITRÉ al vol. IV della _Biblioteca delle tradiz. pop.
sicil._, Palermo 1875, p. CXX-CXXIII.]

[Nota 49: Al _bravo_ dei Rumeni si può estendere quanto si legge nella
seguente noticina apposta ad un canto pop. russo dal DE JULVÉCOURT (_La
Balalayka, Chants pop. russes_, Paris, 1837, p. 12): _Le brave c'est le
héros de toutes les chansons pop.; c'est une espèce de titre de noblesse
que le paysan s'attribue avec amour; c'est une épithète glorieuse qu'une
belle adresse toujours à son amant_.]

[Nota 50: Fratello (altre volte _amico_) dice all'uditore il poeta,
forse a imitazione dei Serbi.]



LA PRINCIPESSA PELLEGRINA

(A PRINCEZA PEREGRINA)



LA PRINCIPESSA PELLEGRINA

(A PRINCEZA PEREGRINA)[51]


    Una bella principessa
    pellegrina volle andar:
    va cercando un cavaliere,
    che lasciavala a penar.
    Certa sera ad un torrito
    castel venne a scavalcar,
    sospettando, a qualche indizio,
    che il suo caro fosse là.

    “È qui, dite, il cavaliere?
    esso qui deve abitar.„

    E una dama le rispose
    con discreto e bel parlar:

    “Non è in casa il cavaliere,
    ma non può molto indugiar:
    se la pellegrina ha fretta,
    glie lo manderò a chiamar.„

    Non avea finito ancora,
    e fu visto ritornar:

    “Che ci fate qua, signora?
    a che mai veniste qua?„

    “Per amor d'un cavaliere
    mi son messa a viaggiar.
    Tornerò, mi disse, presto;
    ma no 'l vidi piú tornar.
    Padre, casa abbandonai;
    corsi e corsi terra e mar,
    lui per tutto ricercando;
    e no 'l posso ritrovar.„

    “Mala stella, mia signora,
    tardi v'ha fatto arrivar!
    Io fuggivo il padre vostro,
    che mi volle trucidar:
    corsi terre, varcai mari,
    e qui venni a riparar.
    Pria che fosse un anno e un giorno
    (mi faceste voi giurar)
    non potevo altra donzella
    né altra dama disposar.
    Anno e giorno eran passati,
    né sentía di voi parlar:
    la signora del castello
    ebbi jeri ad impalmar.„

    Non avea finito ancora,
    e la donna è per mancar.

    “Ahi meschino alla mia vita!
    ahi che dolore mortal!
    mi è spirata nelle braccia:
    trist'a me! che n'ho da far?„

    Là su in vetta alla sua torre,
    ecco l'altra imperversar:

    “Portala via, cavaliere;
    corri, buttala giú in mar!„

    “Non farò questo, signora,
    ch'ella è di sangue real,
    ed amò con tanta fede
    chi l'è stato disleal!„

    Non avea finito ancora,
    ed ei pur venne a mancar.
    La signora del castello
    tosto mandali a interrar
    in due fosse ben profonde,
    su la riva là del mar.
    E su lui di pini un gruppo
    ecco a un tratto frondeggiar;
    e su lei di lamentevoli
    canne un gruppo tremolar.[52]
    La signora del castello
    tutte le mandò a tagliar:
    ma le canne dalle radiche
    si vedeano rispuntar;
    e la castellana, a notte,
    le sentiva sospirar.



NOTE


[Nota 51: BELLERMANN, p. 140-44.

Della presente romanza reca l'HARDUNG (I, p. 225-32) tre altre lezioni,
molto inferiori in bellezza a questa, che l'ALMEIDA-GARRETT compose di
vari frammenti.

Cfr. WOLFF _und_ HOFFMANN, op. cit., t. II, p. 48; _Gerinaldo_, in
_Jahrbuch_, 1861; PUYMAIGRE, _Chants_ ecc., t. I, pag. 74; NIGRA, op.
cit., fasc. VI, p. 186; FERRARO, _Canti monferrini_, N. 42 ecc.
Sennonché i vincoli di affinità che legano alla nostra romanza le
canzoni citate, sono per la massima parte assai debolucci: mi
somigliano, sto per dire, certe parentele còrse, ognun sa quanto
strette.]

[Nota 52: Eccoci da capo alle piante sorte su dalle sepolture di amanti
ch'ebbero fine infelice. Qui mi è venuto fatto di ripensare a ciò che
l'ARBAUD (op. cit., I, p. XX-XXIV) scrive molto assennatamente circa la
diffusione delle fiabe e delle poesie popolari nell'età di mezzo. Dopo
aver accennato ai cantori vaganti, da cui si vuol riconoscere in
principal modo cotesta diffusione, soggiunge: È un pregiudizio volgare
il credere, come tanti fanno, che la gente, nel medio evo, si movesse di
rado e mal volentieri da casa: altro se si movevano, massimamente quelli
d'umile condizione! Vedete i pellegrinaggi: non sono essi forse una
prova manifesta di quel bisogno che, a dispetto di chi adopravasi ad
impedirli, spingeva sí gran quantità di persone a lasciar patria e
famiglia? Ora i pellegrini furono come chi dicesse il _giornale del
medio evo_. Aggiungi poi le fiere, a cui convenivano spesso uomini
d'ogni qualità e d'ogni nazione; aggiungi i _perdoni_ e tante altre
feste religiose di gran richiamo; aggiungi in ultimo tutte quelle bande
di mercenari onde allora si componevano gli eserciti; e si vedrà quante
e quanto facili strade si aprivano ai racconti ed alle canzoni d'origine
popolaresca, perché potessero correre speditamente dall'un capo
all'altro d'Europa, e mettere alle volte cosí profonde radici in terra
non propria, da sembrare anche ai piú intendenti native di quel tal
luogo. Quest'ultime parole, per verità, non si leggono, e né meno altre
corrispondenti, nel passo dell'ARBAUD da me compendiato: ve le ho
aggiunte di mio, perché ne sono in certa guisa come una conseguenza, e
perché nessuno, credo, vorrà contraddirmi.]



DON ALESSIO

(DOM ALEIXO)



DON ALESSIO

(DOM ALEIXO)[53]


    Eravamo tre sorelle
    somiglianti da scambiar;
    insegnava l'una all'altra
    a cucire e a ricamar.
    La piú piccola di tutte
    certa sera volle andar
    per la porta del giardino,
    con due torcie, a sollazzar.
    Vestí un abito da paggio,
    che non potea meglio star;
    pugnal d'oro alla cintura,
    borzacchini da allacciar:
    per la strada, innanzi e indietro,
    si metteva a passeggiar.

    “Qui,„ dicea, “son tre sorelle;
    qual'ho io da innamorar?„[54]

    E noi ridevamo, stando
    su 'l balcone a rimirar.

    Le sue torcie alfine ammorza,
    ché la luna è su 'l levar:
    ma com'è presso la porta,
    le vien fatto d'abbassar
    gli occhi, e scorge un eremita
    su un sedile a riposar.

    “Che ci fate in queste parti?
    che ci fate, o padre, qua?„

    Non rispose l'eremita;
    ma il vedemmo tosto alzar,
    e allungarsi tanto e tanto,
    che faceane il cor tremar.

    “Sei venuto dall'inferno,
    ch'io ti possa esorcizzar?
    o sei anima purgante,
    ch'io ti possa suffragar?„

    “Io non vengo dall'inferno,
    che tu m'abbia a esorcizzar;
    né son anima purgante,
    che tu m'abbia a suffragar.
    Ben di don Alessio l'anima
    sono, e vengoti a avvisar
    che ti aspettan sette armati,
    vedi, a quel portone là,
    e han giurato per Dio santo
    che ti vogliono ammazzar.„

    “Ed io giuro per Dio santo
    e la vergine Maria,
    che se fossero anco il doppio,
    non do volta in fede mia.
    Cavalieri, avanti avanti;
    gareggiam di valentia:
    fuori, fuor le vostre spade,
    ch'io, mirate, ho fuor la mia!
    Se mancasse alcun di spada,
    vo' che questa per lui sia:
    a me basta il pugnal d'oro,[55]
    a salvar la vita mia.„

    Mentre parla, la sua tonaca
    l'eremita getta via,
    e lei stringe nelle braccia
    con estrema vigoria.
    Ma la giovin, col pugnale
    che il bel fianco le guarnía,
    tale un colpo al cor gli vibra,
    che lo stende su la via.

    “Chi ti ha morto, don Alessio?
    chi ti ha morto, anima mia?„

    “Tu, o signora, tu m'hai morto;
    mal potuto altri l'avría.„

    --Ben calzata e mal vestita,
    va' pur là, donna Maria:
    sei dannata omai per sempre;
    vano il piangere saría.--



NOTE


[Nota 53: BELLERMANN, p. 146-50.

“Die mit Lebendigkeit erzählte Romanze hat einen heitern Anfang, aber
ein tragisches Ende. Die jüngste von drei Schwestern, die zu neckischen
Streichen aufgelegt ist, ersticht in ihrer Verkleidung ihren ebenfalls
verkleideten Geliebten, indem sie glaubt, einen ihr imbekannten
Zudringlichen abzuwehren. Die Romanze ist in Portugal mit mancherlei
Varianten weit verbreitet, und scheint Portugal ausschliesslich
anzugehören.„ BELLERMANN, p. 275.

“Almeida Garrett estime beaucoup ce romance bizarre qui ne nous plaît
pas infiniment; mais il déclare que ne l'ayant pas trouvé complet, il a
réuni divers fragments. On voit, en effet, qu'il a pris moitié d'un
romance en _a_ et moitié d'un romance in _ia_; il donne de plus, en
note, des variantes en _e_. Nous avons cru devoir traduire ce texte,
parce qu'il ne nous semble pas que les arrangements d'Almeida Garrett
aient notablement défiguré un chant vraiment populaire. La fidélité avec
laquelle Almeida a reproduit les vers de la fin qui s'accordent si mal
avec le reste de la pièce, est une preuve de ses scrupules. A ce bizarre
_remate_ il joint cette note:--Ce dernier couplet qui apparaît dans
toutes les leçons, appartient-il en effet au romance? Est-ce le fragment
d'un autre chant qui y a été joint par l'ignorance du vulgaire?
J'inclinerais vers cette supposition, mais j'ai conservé ce couplet
parce que je n'ai pas rencontré une seule leçon où il ne figure.--„
PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 213.

Un'altra lezione edita la prima volta dal BRAGA, e che leggo in HARDUNG,
I, a carte 173, comincia:

    “Na cidade de Madrid,
    na melcor que el-rei tenia ecc.„

E il raccoglitore osserva: “Apesar de que o primeiro verso parece
indicar origem hespanhola do romance, não se encontra nas collecções
hespanholas. Nas Ilhas des Açores Castella é substituida pela Hungria. A
versão de Almeida-Garrett é composta de varias lições provincias, e o
collector confessa que algumas palavras foram conjecturalmente
substituidas por elle.„ Ivi.--Tre sono, in tutto, le lezioni riportate
dall'Hardung: quella che principia co' due versi dianzi citati, il testo
dell'Almeida-Garrett ed un'altra, di cui ecco i primi quattro versi:

    “Lá na côrte de Castella,
    entre los grandes vivia
    nobre e altivo cavalleiro,
    que era a flor de fidalguia ecc.„

“Nous remarquerons que les deux versions des îles Açores ne finissent
point par les vers qu'a conservés Garrett, pas plus que l'autre version
que nous traduisons aussi. Cette dernière se termine très bien, sauf que
le suicide qui lui sert de dénouement n'est guère dans les données
chrètiennes habituelles au Portugal„. PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 214.
Qui, rimettendomi sempre a chi ne sa piú di me, vorrei dire ancor io la
mia. Senza dubbio, quell'essere alcune lezioni mancanti dei quattro
ultimi versi riprodotti dall'Almeida-Garrett, rincalza non poco il
sospetto che siano d'altra romanza; non di meno, che possano appartenere
alla presente, me lo persuadono quelle tante e tante incoerenze e
capricci e singolarità quasi inesplicabili, di cui le fiabe, i racconti,
le poesie popolari d'ogni tempo e d'ogni paese ci offrono esempi
infiniti.]

[Nota 54:

    “Sôn 'namuratu delle due sôrelle;
    da una all'altra non so qua' piăre.„

    MARCOALDI, op. cit. (canti liguri) pag. 86.]

[Nota 55: Pugnali e spade d'oro, anche in altre romanze portoghesi e
spagnole e nei canti popolari di piú nazioni:

    “Tira el rei seu punhal de oiro ecc.„

_Romances de Gerinaldo_ (lezione ALMEIDA-GARRETT). V. HARDUNG, I, p.
111.]



GIUSTIZIA DI DIO

(JUSTIÇA DE DEUS)



GIUSTIZIA DI DIO

(JUSTIÇA DE DEUS)[56]


    Ne va preso il conte, preso
    ne va, preso e ben guardato:
    non lo prendon come ladro,
    né per uom ch'abbia ammazzato;
    ma una giovin che tornava
    da Sant'Jacopo[57] ha sforzato:
    dormir seco non gli basta,
    ch'ei la cede a un suo creato.

    Questo accadde là tra i monti,
    lunge assai dall'abitato:
    ivi lei lasciò per morta,
    né piú cura se n'è dato.
    Tre dí pianse ella e tre notti,
    e piú avrebbe lacrimato;
    ma il buon Dio non manca mai
    d'ajutar lo sventurato.
    Ecco passa quivi a sorte
    vecchio e povero soldato
    dalla barba come neve,
    che alla spada iva appoggiato:
    di conchiglie una schiavina
    e il cappello ha tutto orlato.
    Si fe presso alla dolente,
    e amoroso le ha parlato:

    “Via, non pianger piú, figliuola,
    ché a bastanza hai lacrimato:
    quel villano cavaliere
    ne va preso e ben guardato.„

    Menò quindi la fanciulla
    quel buon vecchio di soldato,
    la menò seco alla reggia,
    dove il conte han già portato.

    “Io ti prego, o mio signore,
    per l'Apostolo sacrato,
    che sia oggi a questa misera
    sí gran torto vendicato.
    Sposo il conte vuol la Chiesa,
    e la legge decollato:
    la sua nascita no 'l salvi;
    contro al Ciel, vedi, ha peccato.„

    E il re disse ai consiglieri,
    tutto in volto corrucciato:

    “Vo' che sia questo negozio
    senza indugio qui sbrigato.„

    “Chiaro è il fatto, molto chiaro,
    ed è presto giudicato:
    o sposarla deve il conte,
    o dev'esser decollato.„

    “Questo,„ disse il re, “mi garba;
    tosto il boja sia chiamato:[57]
    o sposar la pellegrina,
    o senz'altro, decollato.„

    “Venga il boja con la scure!„
    gridò allora l'accusato:
    “meglio morto mille volte,
    che campar disonorato!„

    Or udite quel buon vecchio,
    quel buon vecchio di soldato:

    “Questa, o re, non è giustizia;
    malamente hai giudicato:
    sposi pria la pellegrina,
    e sia poi decapitato:
    morte lava il disonore,
    ma non lava già il peccato.„[58]

    Non avea finito ancora,
    e la sua spada ha gittato:
    non piú segni di romeo,
    non piú armi di soldato;
    in canuto e santo vescovo
    s'è in un lampo trasformato,
    con la mitra tutta gemme
    e un bel pastoral dorato.

    Per la man prese la giovine,
    per la man lo sciagurato:
    le parole rituali,
    a sposarli, ha pronunziato.
    Tutti piangono gli astanti;
    piú d'ogni altro il condannato;
    e piangendo invoca morte,
    ch'ei non sia disonorato.

    Lui contrito il santo vescovo
    assolvea dal suo peccato;
    indi il portan via per morto,
    né il carnefice è chiamato:
    giudicavalo Iddio stesso;
    pria d'un'ora è trapassato.
    Ma sovvenne pronto all'anima
    quell'Apostolo sacrato,
    ché non altri fu il romeo,
    il buon vescovo, il soldato.



NOTE

[Nota 56: BELLERMANN, p. 160-66.

Seguo il testo dell'ALMEIDA GARRETT, che poco differisce della lezione
della provincia di Beira Alta, raccolta dal BRAGA. “Ce dernier a, de
plus, donné de ce romance deux autres versions où n'intervient pas un
personnage mystérieux. Comparez ce chant avec el _Conde Grifos_ du
_Romancero general_ [di A. DURAN, Madrid, 1854], I, p. 65 [e WOLF _und_
HOFFMANN, _Primavera_ ecc., II, 55]. À propos du mariage du comte et de
la pèlerine, on lit dans le texte portugais:

    Por palavras de presente
    alli os tem desposado.

_Por palavras de presente_ est l'expression consacrée pour le mariage
qui se fait en personne, et non par procuration: _por palavras de
futuro_.--_Desposado_ est le sacrement, par opposition à _casamiento_
qui peut se faire attendre dans le mariage par procuration.„ PUYMAIGRE,
_Romanceiro_, p. 169. Io, come il lettore ha visto, tradussi _palavras
de presente_ con _parole rituali_, quantunque la frase dell'originale
sia proprio quella che a tenore dei sacri canoni si adopera in questo
caso.

Vedi, intorno a questo celebre santuario, A. CHIAPPELLI, _Studii di
antica letter. cristiana_, Torino, 1887, _nello scritto La leggenda
dell'Apostolo Jacopo a Compostella e la critica storica_. Nel cap. I (p.
149-73) si dimostra ampiamente, con ragioni che a me parvero
inoppugnabili, la impossibilità della predicazione del nominato apostolo
in occidente. Ai tempi d'Erasmo il concorso dei pellegrini era già molto
minore; ond'egli, nei _Colloquia_ (ediz. di Lipsia del 1729, p. 410),
piacevoleggia cosí:--MENEDEMUS: “Dic mihi, quid valet agitque vir
optimus Jacobus?„ OGYGIUS: “Multo frigidius solito.„ MENED.: “Quid est
in caussa? senium?„ OG.: “Nugator, scis divos non senescere. Verum haec
nova persuasio, quae late per orbem divagatur, facit infrequentius
salutetur solito; et, si qui veniunt, salutant tantum; nihil, aut quam
minimum donant, dictitantes eam pecuniam rectius collocari in egenos
ecc.„--Andaron troppo lungi dal vero i nostri Alberigo Gentile e Celio
Calcagnini, quando l'uno dette all'Olandese la taccia di _pendulus
litterator_, e l'altro lo rassomigliò ad un ballerino di corda? Io penso
di no. Direi piuttosto che non parlasse in tutto secondo verità Erasmo,
che ripreso una volta perché non osservava a rigore la quaresima,
rispose celiando che l'anima sua era cattolica, se lo stomaco pizzicava
del luterano.

A Compostella, e cosí pure a Gerusalemme ed agli altri santuarj
d'oltralpe e d'oltremare, pellegrinarono sempre gl'Italiani in assai
scarso numero, a paragone d'altre genti piú devote di loro; e non di
rado per motivi almeno in parte mondani. Come i pellegrinaggi a Roma
fossero argomento di beffa, vedilo in quella sonettessa del Lasca, ove
parlano il noto _Stradino_ ed un _Cavalier Nano_:

    _S._ “Bambolin mio, che Dio vi benedica,
    e vi contenti secondo il disio,
    ditemi dove andate voi ratio,
    se già non v'è il parlar troppa fatica?„

    _C. N._ “A Roma santa, d'ogni bene amica,
    per soddisfare un voto ne vo io:
    sendo guarito, come piacque a Dio,
    d'un morso che mi dètte una formica.„

    _Le rime burlesche_ ecc. (ediz. Verzone), p. 12.

Talvolta si accompagna allo scherno la satira arguta e mordace contro la
corruzione del clero. Nella _Scolastica_ dell'Ariosto (atto III, sc. 6),
Bartolo, ad espiare certo suo peccato giovanile, vorrebbe farsi romeo. E
un frate gli dice:

    “Voi potete veder la bolla, e leggere
    le facultadi mie, che sono amplissime:
    e come, senza che pigliate, Bartolo,
    questo peregrinaggio, io posso assolvere
    e commutar gli vóti. E maravigliomi
    ch'essendo, com'io son, vostro amicissimo,
    non m'abbiate richiesto; perché dandomi
    quel solamente che potreste spendere
    voi col famiglio nel viaggio, assolvere
    vi posso, e farvi schifar un grandissimo
    disconcio, all'età vostra incomportabile: ecc.„

È cosa notevole che non abbia nulla del satirico né del buffonesco il
_Canto di pellegrini_ di G. B. dell'Ottonajo, che comincia:

    “Per vóto a visitar Galizia andiamo,
    e a render grazie al Barone immortale,
    per li preghi del quale
    dalla peste di Roma salvi siamo.„

Sarà forse perché non tutti i capi ameni d'allora si adattarono a
credere con messer Francesco Berni che il tempo della moría fosse, come
a lui pareva,

    “.....il miglior tempo e la piú bella
    stagion che la natura sappia fare.„]

[Nota 57: Mi fa risovvenire il FROISSART: “A ce point grigna le roi les
dents, et dit:--Qu'on fasse venir le coupe-teste! ecc.„ Leggi tutto il
bel passo in VILLEMAIN, _Tableau de la littér. au Moyen Age_, Paris,
1878, II, p. 141. Altri testi sono alquanto diversi. Cfr., p. es.,
l'ediz. Yanoski, Paris, 1865, p. 98.]

[Nota 58: “Don Tello [parla il re Alfonso VII], da' ad Elvira il nome di
sposa per riparare l'oltraggio che le recasti; e quando il carnefice
t'avrà mozzo il capo, ecc.„ LOPE DE VEGA, _El mejor alcalde el rey_,
Atto V, scena ultima.--“E voi [parla ora quel famoso Don Pedro il
crudele, che, siccome dice L. DE VIEL-CASTEL, potrebbe chiamarsi _la
provvidenza dei tragici spagnoli_], e voi che prometteste di sposare
Eleonora, fatelo subito, se non volete che l'anima vostra abbia a perire
insieme col corpo. Ma intorno a ciò ve la intenderete col vostro
confessore; perché, badate bene, o la sposiate o no, domattina la vostra
testa dovrà senz'altro cadere.„ A. MORETO, _El rico hombre de Alcala_,
Atto II, sc. XVI.]



LA PELLEGRINA

(A ROMEIRA)



LA PELLEGRINA

(A ROMEIRA)[59]


    Una giovine romea
    per quei verdi poggi va:
    altra mai sí casta e bella
    non fu vista viaggiar.
    Le scendea lunga la gonna
    sovra l'erbe della via;
    giú calato un cappellino
    i begli occhi le copría.
    Lei seguiva un cavaliere,
    la seguiva a fin di mal;
    ma per quanto si affrettasse,
    non potevala arrivar.
    A un olivo, presso un eremo,
    dopo tanto la fermò:
    essa allora a quella pianta
    benedetta si appoggiò.

    “Io ti prego, o cavaliero,
    per Dio santo e per Maria,
    che mi lasci col mi' onore
    seguitar la strada mia:„

    Ma quel tristo Iddio non teme,
    né ragion vuole ascoltar;
    ben si appresta, imbestialito,
    le sue brame a soddisfar.
    Lottan essi braccio a braccio,
    ed è lunga lotta e dura,
    fin che al suol casca la debole
    e innocente creatura.
    Ma un pugnal videgli al fianco,
    nel cadere: lo strappò
    via di forza l'animosa,
    e nel cor glielo piantò.[60]
    Nero il sangue dalla piaga,
    nero e molto giú piovea:

    “Per Dio santo e per la Vergine
    io ti supplico, o romea,
    quando a casa tornerai,
    tua vendetta non vantar;
    non dir nulla dell'oltraggio,
    ch'io ti volli dianzi far.„

    “Co' tuoi, sí, brutto ribaldo,
    e co' miei mi vanterò;
    come uccisi un vil furfante
    col pugnale suo dirò.„

    Indi corre alla campana,
    e a sonar forte si dà:

    “Buon romito, ve ne prego
    per Iddio, venite qua.
    Raccomando a voi quest'anima
    peccatrice: nel sacrato
    sotterriamo intanto il morto:
    e Dio l'abbia perdonato!„



NOTE


[Nota 59: BELLERMANN, p. 168-70.

“O romance da Romeirinha, un d'aquelles que tiveram origem nos perigos
que corriam os romeiros, e sobretudo as romeiras em suas peregrinações,
é conhecido em Trás-os-Montes e no Minho. ALMEIDA-GARRETT, Rom., III, p.
9-14, traz uma lição apurada pelas duas versões d'estas provincias, e
pouco differente da versão de Trás-os-Montes.„ HARDUNG, I, p. 118, in
nota. Di questa bella romanza il BRAGA dà un testo che offre qualche
piccola diversità: la mia traduzione è condotta su quello
dell'ALMEIDA-GARRETT. Il lettore cortese mi scuserà se non reggo alla
tentazione di riferire parte di una stupenda lettera di GIOVANNI DA
CATIGNANO, detto ancora il beato Giovanni dalle Celle, dove una pia
monaca, certa Domitilla, è da lui sconsigliata di mettersi _a cammino
del santo Sepolcro_: “Ho udito come tu, con molte vergini e donne oneste
et altri giovani, volete andare oltre a mare. Piatoso desiderio è quello
nella corteccia. Ma nella midolla è piú crudele che ogni crudeltà;
nimico d'ogni onestà; porta di perdizione e dispersione di tutte le
virtudi; perdizione d'ogni innocenza e puritade.... Forse dirai:--Io
voglio andare per lo perdono.--O perché vogli andare a rischio d'essere
cibo dei pesci del mare? et a rischio di perdere la onestade.... quando
tu puoi avere il perdono nel paese tuo?.... E forse pensi andare con
tanta agevolezza col corpo in Gerusalemme, con quanta agevolezza tu vai
con lo spirito? Ma e' non sarà cosí; anzi ti voglio contare parte de'
pericoli che potrai trovare. In prima, entrerai nel mare. Nel quale
infermerai; e non potrai mangiare nulla, anzi vomicherai ciò che tu arai
dentro. Nella qual nave sarai messa nel fondo cogli uomini
mescolatamente; e non veggono né lume né luce. E dove tu prima fuggivi
la veduta degli uomini, allora ti converrà stare stretta con loro. E per
li disagi farai faccia di meretrice; e non ti curerai piú d'onestade.
Uscirai fuori del mare; andrai fuori negli alberghi: et arai una camera
ove alberga soldati masnadieri et ogni mala gente. Et in queste
mescolanze potrai diventare sepolcro d'ogni immondizia.... Dico adunque
che il diavolo non udí mai predica che piú gli piaccia, che questa del
passaggio. Perocché migliaja di donne onestissime farà meretrici; e
migliaja di giovani che portano il fiore di verginitade, la lasceranno
tra via. Mento, se queste cose non intervennono, quando s'andò a Roma
per lo cinquantesimo [il giubileo del 1350]; e s'io non udi' da uno
masnadiere:--Noi facemmo quello strazio delle belle donne, che se elle
fossono state pecore.... E gli occhi tuoi onestissimi perderanno il loro
timore. Perderai l'umile tuo digiuno e le genove [genuflessioni,
prostrazioni], che tu suoi fare. Affaticherai il corpo, senza divozione.
Spegnerai lo spirito tuo.... Priegoti mi scriva se questo è vero, che tu
debba andare; ovvero che mi sia stato detto per darmi fatica, non poco
utile a molti semprici giovani e purelle di Cristo, le quali vogliono
volare senz'alie, nella fine ed ultime parti del mondo; essendo di ciò
confortati dal diavolo, e non da Dio. Il quale ama piú l'anime pure, che
terra di repromissione o che la pietra del sepolcro suo ecc.„ Questo
furore dei perdoni e dei pellegrinaggi pare invadesse, piú che altro, le
donne inglesi; di cui molte, giovani e belloccie, incorsero nei pericoli
sopraccennati, e se ne tornarono a casa tutt'altro che _purelle di
Cristo_.

“V'è un capitolare di Carlomagno indirizzato contro i penitenti
vagabondi, i quali probabilmente consideravano la catena di ferro che
portavano al collo, espiatoria dei peccati futuri al pari che dei
passati.„ HALLAM, _L'Europa nel M. E._ (traduz. di G. Carraro), Firenze,
1874, p. 271.

“Braga a rappelé dans les notes de son _Cancioneiro popular_ l'histoire
de dona Ximena, qui, prise par un More, feint de céder à son amour,
l'embrasse et l'entraîne avec elle dans la mer. On a attribué au mari de
cette autre Lucrèce, Mendo Vasquez de Britteiros, des vers où il est
fait allusion à cette mort, et qui se trouvent dans l'_Histoire
chronologique et critique de l'abbaye royale d'Alcobaça_, par Fortunato
de Sam Boaventura.

Outre ce romance de la _Pèlerine_, les Portugais ont sur le même sujet
deux imitations du romance castillan _Rico Franco_.„ PUYMAIGRE,
_Romanceiro_, p. 216.

“O romance de Dom Franco, recolhido pela primeira vez, por Th. Braga, é
conhecido na Hespanha sob o titulo do Rico-Franco (DURAN, Romancero
General, t. I. p. 160). N'uma das versões da Ilha de S. Jorge, Dom
Franco é substituido pelo Duque da Turquia, o que justifica a
classificação do romance como romance mourisco.„ HARDUNG, II, p. 61, in
nota.]

[Nota 60: Invenzione delle meglio accètte ai poeti popolari è quella di
una giovine che, o per vendetta o per salvar l'onestà, uccide un uomo
con l'armi sue proprie: le canzoni italiane di siffatto argomento sono
parecchie. Questa (di Alessandria), tutta forza e rapidità, è nel
MARCOALDI, raccolta cit., p. 166-67:

    _LA VENDICATRICE._

    “Oh, varda ben, Munfren-na,
      oh, varda quel casté:
      i è trentatré fanten-ni,
      ch a j'ho menaji me.
      I m'a negà l'amure,
      la testa a j'ho tajé.„

    “Ch'u' m digga lü, sior conte;
      ch'u 'm lassa la so' spà.„

    “Oh, dimi ti, Monfren-na;
      cosa ch'a 't na voi fa'?„

    “A voi tajé 'na frasca
      per ombra al me' cavà.„

    Lesta con la spaden-na
      al cor a j'ha passà.

    “Va là, va là, sior conte;
      va là 'nte quei boscon;
      le spen-ni e li serpenti
      saran toi compagnon.„

Ha riscontro in altra piemontese edita dal FERRARO (_Canti Monferrini_,
p. 4):

    _LA LIBERATRICE._

    “Vostu viní, Gianfleisa,
      vostu viní cum mi?„

    “O si vurrei ca vena,
      pruntème d'un cavà.„

    “Cavà l'è bela prunt;
      t'j manche anma che ti.„

    Sa l'è muntà a cavà,
      singsent mija senza parlée.

    “O varda là Gianfleisa,
      'r casté ca ti voi minée;
      tanti ca j' ho minaje
      i'n sun pí riturnée.„

    “Sa te digo ti, Gilardu,
      prestme ra to spà.„

    “Csa vosti fé, Gianfleisa,
      dra me spadin-ha d'or?„

    “Avôi tajée ina rama
      da fé umbra ar me cavà.„

    Quindi r'ha aví ra spà an man,
      ant ir cor a i r'ha piantà.

    “Stà lí, sta lí, Gilardu,
      a ra fresca rusà;
      e mi ca sun Gianfleisa,
      purtrò ra nova a cà.„

Cfr. NIGRA, _Canzoni_ ecc., fasc. V. p. 153 (_Monferrina_). Tolgo la
seguente dal BERNONI, racc. cit., punt. IX, p. 2:

    _LA INCONTAMINATA._

    “O Betina de l'aqua fresca,
      me daressi un po' da bevare?„

    “Va da basso a le fontanele,
      che de l'aqua ghe ne sarà.„

    “Toca, toca gli spironi,
      bela; in Franza te vôi menar.„

    Quando in Franza fu rivata,
      la mia bela trà un sospir.

    “Ma perché sospiri, bela?
      tanto tempo che moro per ti!„

    “Me xe morta la mia mama;
      me convien morir 'nca mi.„

    “Non pensar piú a la tua mama;
      pensa a mi che so el tuo amor.„

    “Maledeto sia 'l sartore
      che m'à fato questo busto:
      'l me l'à fato gnente giusto,
      che no posso respirar.
      Cavalier, dame la spada,
      ché la steca [del busto[61]] me vôi tagiar.„

    El ghe dà la spada in mano,
      e nel cuor se la impiantò.

    “Me xe morta la mia bela;
      me convien morir 'nca mi.„

Cfr. FERRARO, _La Monferrina incontaminata_; NIGRA, fasc. V, serie 2,
_Il Corsaro_.

“Gerard de Nerval raconte dans la _Bohême galante_ que la fille d'un
pâtissier, ayant porté des gateaux chez son seigneur, fut forcée de
passer la nuit dans le château de celui-ci. Elle lui demanda son
poignard pour couper le noeud d'un lacet, et s'en perça le coeur.„
PUYMAIGRE, _Chants_ ecc., I, p. 139. Dubita l'egregio uomo che da questo
fatto abbia avuto origine la canzone _La fille du pâtissier_ (ivi, p.
137-38). Altre canzoni che piú o meno si accostano alla romanza
portoghese ed a quelle italiane dianzi citate, sono in PUYMAIGRE, stessa
racc., I, p. 140; DE LA VILLEMARQUÉ, _Barzaz-Breiz_, I, p. 354; lo
stesso, ivi, p. 305, _Les trois moines rouges_; _La filleule de du
Guesclin_; BUJEAUD, _Chants et Chansons popul. des provinces de
l'Ouest_, Paris, 1866, II, p. 177, _La fille des Sables_; LUZEL,
_Gwerziou Breiz-Izel_, ed. cit., I, p. 319, 325, _Rolzmel chon, Jeanne
le Roux_; BEAUREPAIRE, _Etudes_ ecc. pag. 56, ecc. In altre canzoni
italiane e straniere incontriamo ragazze, che dando spesa al cervello,
sanno uscire d'impaccio senza ricorrere al sangue. Vedasi, p. es., _La
fuga e il pentimento_ in MARCOALDI, p. 162; PUYMAIGRE, _Chants_, ecc.,
_Les damoiselles du Château de Bonfort_, I, _p. 131 e 134_; ARBAUD, op.
cit., _Les tres capitanis_, I, p. 143; CHAMPFLEURY et WEKERLIN, op. cit.
p. 95, _La jolie fille de la Garde_ ecc. ecc.]

[Nota 61: Metto le parole _del busto_ dentro parentesi, perché la
lezione è visibilmente sbagliata.]



LA FIDANZATA

(A NOIVA)



LA FIDANZATA

(A NOIVA)[62]


    “Dio vi salvi, cara zia,
    che ritrovo qui a filar!„

    “Ben venuto, o cavaliere;
    è cortese il tuo parlar.„

    “In mal punto ebbi a partire,
    in mal punto a ritornar:
    me nessuno riconosce;
    un altr'uomo ho da sembrar.
    Meglio morto là tra' Mori
    che un sì fatto rimpatriar!„

    “Ah nepote del mio core,
    ti conosco ora al parlar!
    Io son cieca, non mi vedi?
    dal continuo lacrimar.„

    “Babbo, mamma dove sono?
    io vo' andarli ad abbracciar.„

    “Ah il tuo babbo e la tua mamma
    gli ho veduti sotterrar!„

    “Che ne fu del mio naviglio,
    che mandai qui ad ancorar?„

    “Ordinava il comandante
    che prendesse tosto il mar.„

    “E de' miei cavalli bianchi,
    ch'io dovetti qui lasciar?„

    “Caro, i tuoi cavalli bianchi
    li mandava il re a pigliar.„

    “Che ne fu della mia bella,
    ch'io lasciavo a sospirar?„

    “Oggi, o caro, si fa sposa,
    e domani va all'altar.„

    “Dove sono i fidanzati?
    li vo' andare un po' a trovar.„

    “Figliol mio, non te lo dico;
    ti potrebbero ammazzar.„

    “Non temete, zia, di nulla;
    son discreto e so parlar:
    ma se cortesia non basta,
    questa spada supplirà.„

    “Dio vi salvi, miei signori,
    che possiate in gioja star!„

    “Oh ben venga il cavaliere!
    via, sedetevi a pranzar.„

    “Io non son qui per le nozze,
    né qui sono per pranzar:
    vo' veder la fidanzata,
    ch'è cugina mia carnal.„

    Essa viene da una stanza,
    e fa tutto un lacrimar:
    come vede il cavaliere,
    allibbisce, è per mancar.

    “Se tu piangi per vedermi,
    me ne vo' senz'altro andar;
    se tu piangi per le donora,
    te le posso anche pagar.„

    “Con la vita la pagasse
    chi mi seppe raggirar!
    chi mi disse ch'eri morto,
    caro, in terra d'oltremar!
    Gli altri restino a far festa,
    gli altri restino a pranzar;
    l'amor mio primo, nessuno
    potrà farmelo lasciar!„

    “Vengan pur giudici ed alcadi[63]
    di Castiglia e Portogal:
    se poi qui non c'è giustizia,
    questa spada l'ha da far!„



NOTE


[Nota 62: BELLERMANN, p. 172-76.

Il vero titolo di questa romanza è _A noiva arraiana_. La voce soppressa
mal si tradurrebbe in italiano.

“Garrett tem esta xacara por bem antiga e originaria do Algarve.--_O
fronteiro que mandou ao mar a armada do cavalleiro ausente, faz pensar
que isto seja coisa do tempo das nossas emprezas de Africa. O logar da
scena é inquestionavelmente na raia. Mas aqui ha mar, e armadas que vão
ao mar: não pòde pois ser outra a raia senão a do Algarve._„ HARDUNG,
II, p. 97, in nota.

“Almeida-Garrett déclare qu'il ne connaît qu'une version de ce romance.
[Un'altra fu poi raccolta nell'Algarvia; onde apparisce manifesto
ch'egli aveva dato nel segno. Vedi HARDUNG, t. cit., p. 99, in nota.]
.... On en retrouve quelque chose dans un romance catalan, _D. Luis_,
mais la fin est différente; elle rappelle celle du comte Nillo, dont
elle reproduit aussi vaguement quelques détails. Les poésies populaires
où un mari, un amant, arrivent au moment où ils vont être sacrifiés à un
successeur, sont en nombre tel que nous renonçons à les indiquer.„
PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 205.]

[Nota 63: Giova sperare che i giudici e gli alcadi invocati dal nostro
bravo giovinotto, non sieno della stessa risma di quelli che a detta di
Sancio Panza andavano sí facilmente _a risico di ragliare_. Vedi _Don
Quijote_, parte II, cap. 27.]



GIOVANNINO

(JOÃOSINHO)



GIOVANNINO

(JOÃOSINHO)[64]


    Giovannino fu a giocare
    una notte di Natal;
    vinse cento doppie d'oro
    già coniate o da coniar:[65]
    anche uccise un sacerdote,
    che dicea messa all'altar;
    ingannò sette fanciulle
    in età da maritar,
    e usurpò sette castelli,
    tutti regia proprietà.
    Quando il padre seppe questo,
    lo volea fare ammazzar;
    ma la povera sua madre
    cominciava a singhiozzar:

    “Risparmiate il sangue nostro;
    se ci costa Iddio lo sa:
    deh vi basti di cacciarlo
    dalla terra sua natal!„

    Va il meschin peregrinando,
    e si mette a dimandar:

    “C'è qui pane, che ne possa
    anche un povero comprar?„

    “Non c'è pane in queste parti,
    né chi pane sappia far.„

    Va il meschino un po' piú avanti
    e si mette a dimandar:

    “C'è qui vino, che ne possa
    anche un povero comprar?„

    “Non c'è vino in queste parti;
    non usiam viti piantar.„

    Va il meschino anche piú oltre,
    e si mette a dimandar:

    “C'è un po' d'acqua, che ne possa
    anche un povero comprar?„

    “Non c'è acqua in queste parti;
    non ne vuole Iddio mandar.„

    Va il meschino avanti avanti,
    e si mette a dimandar:

    “C'è qui erba, che ne possa
    anche un povero comprar?„

    “Non c'è erba in queste parti;
    qui non s'usa seminar.„

    Diventò santo di colpo,
    tale angoscia ebbe a provar.



NOTE


[Nota 64: HARDUNG, I, p. 243-45.

“Este romance muito interessante foi recolhido em duas diversas
variantes por Th. Braga.--É unico documento da poesia popular portugueza
em que encontramos a antiga tradição germanica do banido, tantas vezes
empregada na penalidade feraleira.--„ Ivi, p. 243, in nota.

L'altra variante, meno bella, va col titolo di _Flores e Ventos_ (ivi,
p. 245-46), e comincia:

    “Caminhou Flores e Ventos
    uma noite de natal;
    deshonrou sete donzellas
    todas de sangue real;
    arrasou sete citades
    que o pae tinha p 'ra lhe dar:
    matou seis padres de missa,
    revestidos no altar;
    jogou cem dobrões de ouro
    marcados e por marcar.
    Sua mãi, quando tal soube,
    logo ao rei foi fallar ecc.„

E finisce cosí:

    “Sete annos andou em sella,
    outros sete andou em pé;
    foi acabar sanctamente
    no adro de Nazareth.„]

[Nota 65: “Nous ne savons trop ce qu'on entendait par là; mais nous
remarquons, que, dans une chanson du Canada (_Chansons pop. du Canada_,
publ. par Ernest Gagnon, p. 47) il est question de _sous marqués_.„
PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 240.--Io, dalla mia parte, mi contenterò di
osservare che soltanto in Francia, e piú specialmente nel secolo di
Luigi XIV, corse, tra l'altre, la moda di voler trovare in tutto e per
tutto _de la raison_, e che i poeti popolari non ebbero né avranno mai
conoscenza di questo avvertimento del Boileau: “Il faut, _même en
chansons_, du bon sens....„]



LO SCHIAVO

(O CAPTIVO)



LO SCHIAVO

(O CAPTIVO)[66]


    Io venía dal mar di Amburgo
    su una bella caravella,
    quando i Mori ecco ci presero
    pur cosí tra pace e guerra.
    Nelle lor terre, per vendermi,
    mi portarono, a Salè;
    ma non fu Moro né Mora
    che un quattrin desse di me.
    Finalmente un can d'Ebreo
    mi degnava comperar:
    negra vita era la mia;
    mi trattava come un can.
    Pestar sempre il dí lo sparto,
    e la notte la cannella;
    una sbarra qui alla bocca,
    non gli avessi a mangiar quella.
    Manco mal che la mia buona
    padroncina mi donava
    tutti i giorni del pan bianco,
    di quel pan ch'essa mangiava.
    Dava a me quant'io chiedessi,
    e piú ancor che non chiedea:
    le piangeva io nelle braccia,
    ma non già per lei piangea.

    Mi diceva essa: “Non piangere:
    vuoi, cristiano, rimpatriar?„

    “Ah signora! come andarmene,
    se mi manca da pagar?„

    “Se hai bisogno d'un cavallo,
    ti darò, caro, una bella
    cavallina; se di nave,
    ti darò una caravella.„

    “Del cavallo, o mia signora,
    non saprei che me ne far;
    troppo è lunge di qui Cëuta
    di Castiglia e Mazagan.
    E né pur voglio la nave,
    ché tant'è, non fuggirei;
    di quel poco che tuo padre
    mi pagò, lo froderei.„

    “Prendi allora questa borsa
    qui di seta gialla; to':
    è un ricordo che mia madre
    moribonda mi lasciò.
    Vanne; paga il tuo riscatto;
    e alle donne di laggiú
    di' se quello d'un'Ebrea,
    o l'amor loro val piú.„

    Non avea finito ancora,
    e il padrone ecco arrivato:

    “In buon punto voi veniste,
    che il Signore sia lodato:
    sento adesso che i denari
    del riscatto mi han mandato.„

    “Ma ci vogliono _crociate_[67]
    molte, amico; ci hai pensato?
    chi ti diè tanta moneta
    che il riscatto sia pagato?„

    “Parte già ne avevo; il resto
    le mie due sorelle han dato;
    me 'l portava dianzi un angiolo
    dal Signore Iddio mandato.„

    “Dimmi, orsú, cristiano, dimmi,
    vuoi tu farti rinnegato?
    ti darò la mia figliola,
    ti darò tutto il mio stato.„[68]

    “Io non voglio esser giudeo,
    non io turco rinnegato;
    io non voglio che sia detto
    che mi hai messo nel tuo stato:
    porto Cristo crocifisso
    io nel core qui stampato.„

    “Che cos'hai, buona Rachele?
    dimmi, via, figliola amata,
    se per colpa di quel cane
    veggo te sí addolorata.„

    “Lascia stare quel cristiano,
    che di nulla è debitor:
    volontaria glie l'ho dato,
    s'ei mi deve il mio bel fior.„

    Tosto il padre in una torre
    tutta pietra l'ha serrata:
    ché quei Mori non dicessero:
    “È l'Ebrea disonorata.„

    “O mandola, o mia mandola,
    sta' qui al muro a infracidar:
    se n'è ito l'amor mio,
    se n'è ito via pe 'l mar.„



NOTE


[Nota 66: BELLERMANN, p. 184-90.

“O romance do Captivo de Argel é um typo dos mui populares contos de
captivos que relatam a salvação de prisioneiros christãos da mão dos
mouros. Foi derivado o romance do Captivo de Argel da Hespanha. (DURAN,
_Romancero General_, N. 258). Th. Braga o obteve do Porto, escripto em
uma letra que denuncia o seculo XVII. Garrett conhecia variantes de
Lisboa, Ribatejo e Extremadura; Estacio da Veiga o encontrou em Tavia; e
nos Cant. pop. do Archip. Açor. (p. 323-325) Braga publica duas versões
da Ilha de S. Jorge.„ HARDUNG, II, p. 46, in nota.

Le lezione manoscritta del sec. XVII comincia:

    “Mi madre era de Hamburgo,
    mi padre de l'Antequera ecc.„

Quella dell'Algarvia:

    “O meu pae era de Hamburgo,
    minha mãi de Hamburgo era:„

e cosí una dell'isola di San Giorgio, salvo una differenza da nulla.

“Braga remarque que Camoens, dans les _Disparates da India_, a terminé
une strophe par deux vers de la version castillane:

    Mi padre era de Ronda,
    y mi madre de Antequera.

D'après la manière dont Ceuta est mentionnée ici, le romance daterait de
l'époque où cette ville était devenue espagnole, et ne serait pas plus
ancien que le XVII siècle, à en croire ce passage; mais dans d'autres
leçons, Ceuta n'est pas nommée, et peut-être y a-t-il eu ici
interpolation moderne.„ PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 171.]

[Nota 67: Sorta di moneta.]

[Nota 68: Orig. _estado_. In italiano, _stato_, per _sostanze_,
_patrimonio_, ha parecchi esempi di scrittori autorevolissimi. A me non
è parso far male, conservando nella mia traduzione una voce di
significato comune alla lingua nostra ed a quella del testo.]



IL CIECO

(O CEGO)



IL CIECO

(O CEGO)[69]


    “Annetta, la porta deh m'apri adagíno:
    son tutto ferito; non reggo al cammino.„

    “Se t'hanno ferito, da' retta, o meschino,
    andarne puoi tosto per altro cammino.„

    “Deh m'apri la porta, me l'apri adagíno:
    son privo degli occhi; non vedo il cammino!„

    “No, porta o portello non t'apro, carino:
    via, dico, in malora per tristo cammino!„

    “Ah il povero cieco va solo e tapino,
    cantando, accattando, per questo cammino!„

    “Qua, mamma, qua, mamma; sentite un pochino
    cantare quel cieco che ha perso il cammino.„

    “Se canta ed accatta, pan diamogli e vino;
    è un povero cieco che fa suo cammino.„

    “Non vo' del tuo pane, non vo' del tuo vino;
    vo' solo che Annetta m'insegni il cammino.„

    “To', Anna, la rócca; su mettivi 'l lino;
    col povero cieco va' giú pe 'l cammino.„

    “È vuota la rócca, finito è il mio lino;
    conosce il buon cieco, conosce il cammino.„

    “Deh ancor mi accompagna, di grazia, un pochino:
    son privo degli occhi, non vedo il cammino.„

    “Oh quanti mai, quanti dal colle vicino
    signori a cavallo per questo cammino!„

    “Venuti son tardi, mio dolce visino;
    gli aspetto che è tanto su questo cammino!„

    “Ve', calan giú tutti pianino pianino:
    il cieco, il mio cieco, lo vede il cammino!

    Mi assetta amoroso su vispo ronzino:
    un cieco mi porta, ma vedo il cammino.„



NOTE


[Nota 69: BELLERMANN, p. 192-94.

“Almeida-Garrett, baseandose sobra o facto de que o mesmo assumpto é
tractado n'uma ballada escoceza (PERCY'S, _Reliques of Ancient English
Poetry_, Series II, book I, 10), suppõe que os mercantes portuguezes
trouxessem de Glasgow ou Aberdeen esta historia, e de Vianna ou do Porto
se internasse pelo Minho onde ella é mais vulgar.„ HARDUNG, II, p. 105,
in nota. Si conoscono di questo canto altre due lezioni, delle quali una
dell'isola di San Giorgio.

“Le romance est obscur. Le pauvre aveugle est un amant. Anna ne le
reconnaît-t-elle pas d'abord? Pourquoi l'accueille-t-elle si mal, elle
qui paraît se prêter ensuite à un enlevement?.... Braga rapproche ce
chant d'un romance castillan:

    Yo me era Mora moraina.

Il y a quelque analogie entre ce romance et celui de Sainte Iria.„
PUYMAIGRE, _Romanceiro_, p. 242. La conformità con la nostra romanza, se
altri voglia proprio trovarcela, è solo un po' nel motivo, e né pure in
tutte le lezioni.]



LA PASTORELLA

(A PASTORINHA)



LA PASTORELLA

(A PASTORINHA)[70]


    “Buon giorno e buon anno, Rosetta;[71] che fate?„
    “Le pecore cerco qui attorno sbrancate.„

    “Per Bacco! pastora sí amabil donzella?„
    “Fu questa e non altra la sorte mia bella.„

    “Fra' monti la strada sicura non è;
    vorreste, carina, venire con me?„

    “Voi buon consigliere non siete di certo;
    lasciar la mia greggia per questo deserto!„

    “Non vo' che la greggia si perda, o Rosetta,
    ma teco in riposo qui starmi un'oretta.„

    “No; questo è un discorso che zoppica assai:
    se vede il padrone ch'io tardo, son guai.„

    “Cagion del ritardo puoi dirgli ch'è stato
    un forte acquazzone che ha tutto allagato.„

    “Ma ciò non è vero; mentire io non so:
    ci ha colpa un galante, piuttosto dirò.„

    “Attenta, carina; non odi belare?„
    “Sarà la mia greggia; mi dà pur da fare!„

    “Io volo a cercarla: che importa se stracci
    farò del vestito per questi sassacci?„

    “Ma come! calzato di seta per balze
    sí aspre e scoscese? ahi povere calze!„

    “Eh vada il vestito le calze e ogni cosa,
    per farti servizio, bellissima Rosa!„

    “Son tutte, son tutte, lodato sia Dio!„
    “Lo vedi? era scritto; tuo servo son io.„

    “Lasciatemi 'n pace, signore: oh che pena!
    or ora il padrone vien qui con la cena.„

    “Se viene il padrone, sia 'l ben arrivato:
    diremo che adesso qui son capitato.„

    “Ma andate, ma andate; se no, mi dispero:
    non vo' piú vedervi, né pur col pensiero.„

    “Addio; queste roccie tu goditi, o Rosa:
    va' a pascer la greggia, mia bella scontrosa.„[72]

    “No, via, non fuggite: signore! o signore!
    ah cieco è l'amore; m'arrendo all'amore!„

    Sedettero all'ombra, ché ardente era il sole:
    fanciulla ritrosa, ritrosa a parole.[73]



NOTE


[Nota 70: BELLERMANN, p. 196-98.

“A xacara da Linda Pastorinha, que não desdiz dos mais bellos idyllios
ou pastourellas de genero provençal, é sabida e cantada por todo o
reino, apparecendo numerosas variantes. Th. Braga julga a mais
verdadeira aquella “que vem precedida de um preambulo em prosa, contando
como um irmão chegado do Brazil á sua terra, antes de se dar a conhecer
á sua irmã, começou a fallar-lhe de amores, por aposta contra os que lhe
diziam ser ella a mais esquiva de todas as raparigas do lugar.„ HARDUNG,
II, p, 71, in nota.

“Cette petite pièce, célèbre dans la poésie populaire portugaise,
rappelle tout à fait les _pastourelles_ qui furent en si grande vogue
chez les Provençaux comme chez les Français, qu'essayerent aussi les
Espagnols, témoin la jolie _serranilla_ du marquis de Santillane, _la
vachère de la Finojosa_, et dont on retrouve de nombreuses
dégénérescences parmi les chansons rustiques de nos diverses
provinces... Cette production est très répandue dans tout le Portugal,
et Almeida-Garrett en a donné de nombreuses variantes. De son côté,
Braga a publié deux versions de _Linda Pastora_ [titolo dato
dall'Almeida-Garrett a questa poesia, che appunto fu da esso raccolta
dalla bocca di una lavandaia in un villaggio, portante, non so perché,
quel nome curioso]. Toutes deux ont un dénouement qu'Almeida a aussi
rencontré. Le galant chevalier n'y est autre que le frère de la bergère;
il veut éprouver la vertu de sa soeur. C'est là sans doute une
interpolation.[?] Telle, toutefois, n'est pas l'opinion de Braga, et
nous devons le reconnaître, cette donnée se retrouve dans un certain
nombre de chants populaires de divers pays et offrant de très grandes
ressemblances avec la pastourelle portugaise.„ PUYMAIGRE, _Romanceiro_,
p. 210-11.

“Scorrendo le moltissime pastorelle raccolte dal Bartsch
[_Altfranzösische Romanzen und Pastourellen_, Leipzig, 1870], sotto
delle piccole e insignificanti varietà si trova costantemente lo stesso
fondo: un contrasto tra un cavaliere uscito a diporto e una fanciulla
dei campi, incontrata a caso; un capriccio d'un quarto d'ora, uno
scherzo, che rimane scherzo anche quando finisce sul serio.„ BARTOLI,
_Storia della letter. ital._, Firenze, 1879, t. III, p. 184.

Gentili composizioni che richiamano strettamente le Pastorelle di
Provenza e di Francia, vantano ancora gli antichi poeti d'arte
portoghesi: due, per esempio, s'incontrano nel canzoniere del re don
Dionigi molto affettuose e delicate, in particolar modo quella che
comincia:

    “Hunha pastor ben talhada
    cuydava en seu amigo ecc.„

Di questa ho dinanzi una fedele e spontanea versione metrica, condotta
dal sig. ANNIBALE GABRIELLI sul testo messo a stampa dal chiaro prof.
Monaci (Halle, 1875), e pubblicata nella _Rassegna italiana_ del 15
giugno 1886. Circa poi al maggiore o minore influsso che nella lirica
portoghese ebbe quella dei Provenzali, intorbidando alquanto co' suoi
colori artificiati le limpide fonti paesane, è questione assai
dibattuta, e che qui, anche volendo, non potrei né meno sfiorare. Vedi,
tra quelli che ne scrissero con piú o meno competenza e larghezza, DIEZ,
_Ueber die erste portugiesische Kunst und Hofpoesie_, Bonn, 1863, p.
30-34 e 72-95; BARET, _Les troubadours_ ecc., p. 186-228; MONACI, _Canti
antichi portoghesi tratti dal Cod. Vat. 4803_, Imola, 1873 (prefaz.); lo
stesso, _Il Canzoniere portog. della Vaticana_, ediz. di Halle su cit.;
MEYER, in _Romania_, N. 6, p. 265; BRAGA, _Cancioneiro portuguez da
Vaticana_, Lisboa, 1878 (introduz.); lo stesso, _Theoria da historia_
ecc., ediz. cit., p. 88-92; RENIER, _Il tipo estetico della donna nel
Medio Evo_, Ancona, 1885, p. 45-46; LOISEAU, _Histoire_ ecc., p. 8-22
ecc.

Alle due lezioni di _Linda Pastora_ edite dal BRAGA si rannodano, quanto
alla circostanza principale, alcune canzoni italiane, come _L'onestà
alla prova_ (BERNONI, punt. XI, p. 1-2); _La prova d'un rapimento_
(MARCOALDI, p. 161); _Il finto fratello_ (FERRARO, p. 90) ecc.;
avvertendo bensí che tra la prima e l'ultime due c'è quel divario che
passa tra la verità e l'inganno, come, senza bisogno d'altro, mostra il
titolo della ballata raccolta dal FERRARO. Tra i canti francesi, cfr.:
ARBAUD, _L'enlèvement_, II, p. 113; PUYMAIGRE, _Chants_, ecc., t. I,
_L'épreuve_, p. 97; _La bergère rusée_, p. 160, _Même sujet_, p. 162,
_La bergère mouqueuse_, pag. 164, _Chanson nouvelle sur l'entretien d'un
Seigneur et d'une Bergère_, pag. 166; BLADÉ, _La pastouro alecado_, III,
p. 202; FLEURY, _Le passant et la bergère_, p. 282, _Même sujet_, p.
284, _La brebis perdue_, p. 287 ecc. Di questi, parte riconnettonsi piú
specialmente alla lezione da me tradotta, parte a quella del BRAGA.--In
un bel canto svedese, una onesta giovine, tentata in modo consimile dal
fratello, sconosciuto, risponde:

    “Je suis née pendant que le coq chantait.

    Ma mère mourut au lever du soleil.

    On ensevelit ma mère dans la terre noire, et l'on sonna pour mon
    père.

    On ensevelit mon père dans la terre noire, et l'on sonna pour
    mon frère.

    On ensevelit mon frère dans la terre noire, et l'on sonna pour
    ma soeur.

    Les voilà tous morts, tous ceux qui devaient me nourrir et
    m'habiller;

    tous, excepté mon jeune frère, qui a remplacé pour moi mon père
    et ma mère.

    Il m'a donné une mère adoptive, qui m'a appris à coudre et à
    faire des broderies d'or.

    Elle m'a appris à coudre et à broder, mais non pas à devenir un
    objet de blâme dans le pays.

    Elle m'a appris à mettre le linge sur la table, mais non pas à
    croire aux belles paroles ecc.„ MARMIER, _Chants du Nord_, p.
    175-76.

Non occorre qui rammentare come anco la romanza portoghese _A
infeitiçada_, cit. a p. 85, e la sua corrispondente spagnola “De Francia
partio la nina„ cit. a p. 86, sieno due dei non pochi esempi di
riconoscimento d'un fratello e d'una sorella. Il medesimo accade nella
romanza asturiana _Don Bueso_, nell'altra romanza catalana _La cativa_,
in una canzone tedesca (_Annelein_) ecc. Altre volte il riconoscimento è
fra due sorelle (vedi WOLFF _und_ HOFFMANN, _Primavera_ ecc., II, p.
58).

La _xacara_ della _Pastorinha_, o, se vi piace meglio, _Linda pastora_,
è conosciuta in Gallizia. (_Romania_, 1877, p. 53.)]

[Nota 71: Orig., _Rosa_. Chiedo scusa ai lettori di questa
mutazioncella, per cui diventa nome proprio un termine convenzionale
della lirica amorosa dell'età di mezzo. Non v'è scolaretto di liceo che
non rammenti il primo verso del Contrasto di Cielo dal Camo: _Rosa
fresca aulentissima_, ecc. Ed “ognun sa come il paragone, anzi la
trasformazione allegorica della donna amata nella rosa, sia comune alla
poesia dotta e alla popolare; e se ne veggono numerosi esempi nelle note
del Vigo [_Canti pop. siciliani_, Catania, 1870-74]. Una ballata
trascritta dal Carducci (_Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e
XIV_, Imola, 1876, p. 66), di sur un memoriale notarile del 1287:
_Danzando la fresca rosa, Preso fui de so bellore_. È notissima la
ballata del Cavalcanti: _Fresca rosa novella_. Le canzonette del
Giustiniani sono indirizzate a una rosa. [Vedi, p. es., quella
delicatissima: _Rosa, quanti ti vedon_...] Una canzone francese antica
nel Paris, _Chansons du XV s._ (Paris, Didot, 1875, p. 56): _Royne des
fleurs que j'ai tant desirée_. Altri piú antichi passi di poesie
francesi reca il Caix nella _Riv. di Fil. Rom._, p. 180, e nella _Riv.
Europea_ di rimatori italiani antichi.„ D'ANCONA, _Studj su la letter_.
ecc., p. 413. “I poeti francesi paragonavano le loro pastorelle alle
rose di maggio [_Sa facete vermeillete come rosser floris_. V. BARTSCH,
op. cit. (romanza anonima) p. 45]; anche i provenzali lodavano nelle
loro donne il _fresco colore di rosa_... In una poesia dell'Italia
Settentrionale del secolo XIII, si dice alla Madonna:

    Oi _rosa_ encolaria del parais,....

[La Chiesa: _Rosa mistica_; il MANZONI (_Il nome di Maria_): _O rosa_,
ecc.]

In una raccolta veneziana si legge:

    Chi vo veder tre roze in t'una rama,
    vada a la porta de la Casa Nova;
    che ghe xe tre putele co la mama,
    che le se chiama tre in t'una rama.

In una raccolta napoletana:

    Russa la facce toa comu' na _rosa_....
    quannu nascisti tu, _rosa marina_,
    fici gran festa lu suli e la luna.

E altrove: _rosa bianca_, _rosa rossa_, _rosa di giardino_, e via
discorrendo.„ BARTOLI, op. e t. cit., p. 146-48.

Similmente una delle piú antiche e graziose romanze spagnole
(_Cancionero general_, ediz. del 1535, p. 107), che riferisco nella mia
traduzione:

    “_Rosa_ fresca, _rosa_ fresca,
    tutta bella e tutta amor,
    quand'io v'ebbi nelle braccia,
    voi servir non seppi, no:
    or io ben vi servirei,
    ma non posso avervi, no.„

    “Vostra, amico, fu la colpa;
    non fu mia di certo, no.
    Ambasciata mi mandaste
    per un vostro servitor;
    ma saluti e' non mi fece,
    ben diverso mi parlò:
    che avevate donna, amico,
    laggiú in terra di Leon;
    che avevate donna bella
    e figliuoli come un fior.„

    “Chi vi disse ciò, signora,
    verità non disse, no:
    in Castiglia non fui mai,
    né là in terra di Leon,
    se non quando ero tant'alto
    e non conoscevo amor.„

Fa meraviglia che un uomo della levatura e della dottrina del TIKNOR
(_Hist de la littér. esp._, traduite de l'anglais par I.-G. Magnabal,
Paris, 1864, t. I, p. 117) abbia potuto scrivere a proposito di questa
romanza: _Rosa était le nom de la dame aimée_. Anche gli Ungheresi ed i
Turchi dicono _rosa_ l'amata; come _basilico_ è detta per vezzo nei
canti popolari slavi e greci moderni; come nei rispetti e negli
stornelli toscani, ora il damo _è giglio valoroso_, ora _fior di resta_,
ora _palma d'argento, spiga di grano lavorato, stella brillantina,
specchio rilucente, mandorlo fiorito_, e cosí via. _Rosa_, d'uomo
giovinetto, nella ballata storica _I Reali di Napoli alla rotta di
Montecatini_; dove dice Maria, madre di re Roberto e di Piero, morto in
cotesta battaglia:

    “Ov'è il mio giglio e la mia _rosa_ e il fiore?„]

[Nota 72: Il cit. canto normanno _Le passant et la bergère_:

    “Adieu, ingrate bergère:
    puisque rien ne t'attendrit,
    je m'en vais dessous ces chênes
    pleurer le jour et la nuit.„

    “Oui, va t'en dessous un chêne
    pleurer le jour et la nuit:
    et moi j'irai dans la plaine
    chanter et me divertir.„

Quanto meno selvatica la ragazza guascone della pur citata canzonetta
_La pastouro alecado_!

    “Un moussou que passauo
    l'a toucat lou mentoun.
    La pastouro fierroto
    a troubat acò boun.„

Nella canzone normanna _La brebis perdue_, è curioso a vedere come la
brava foresotta s'ingegna di salvar capra e cavoli. Con uno dei consueti
artifizi di chi, mostrando contentarsi di poco, mira ad ottenere
pienissimo l'intento suo, dice il giovine tentatore:

    “Laiss'-moi prendre sur ta bouche
    seulement un doux baiser,
    Ne sois point assez farouche
    que de me le refuser.„

A cui la fanciulla:

    “Prenez-le, si vous voulez,
    mais tout de suite partez;
    car je saurais me défendre
    et faire ce que je doi.
    Vous n'avez rien à prétendre;
    partez, monsieur, laissez-moi.„

Cfr. CAVALCANTI, ballata _In un boschetto_ ecc.:

    “Merzé le chiesi sol che di basciare
    e d'abbracciare le fosse 'n volere.„

Anche il _Seigneur_ d'uno dei canti della raccolta del Puymaigre si
contenterebbe d'un bacio e d'un abbraccio; ma, come diciamo qui in
Toscana, ci trova la sua. Non badino, prego, i lettori al soverchio
naturalismo del penultimo verso: _Rustica progenies_ (è antico dettato)
_nescit habere modos_:

    “Embrasse-moi, je te prie;
    pour mon amour c'est un petit salaire.
    Embrasse-moi, je te prie;
    un seul baiser me doit être permis.„

    “Allez, monsieur; vous me mettez en colere;
    ou je vous ferai, sans beaucoup de train,
    baiser le dos de ma main,
    et vous verrez que c'est la même chair;
    baiser le cul de mon chien.
    Rien n'est pour vous et tout est pour Colin.„

Cfr. la ballata di V. GOETHE, _Der Edelknabe und die Müllerin_.

    EDELKNABE.

    “Ruhst du in meinen Armen aus?„

    MÜLLERIN.

    “Mit nichten!
    Denn wer die artige Müllerin küsst,
    auf der Stelle verrathen ist.
    Euer schönes dunkles Kleid
    thät' mir leid
    so weiss zu färben.
    Gleich und Gleich! so allein ist's recht!
    Darauf will ich leben und sterben.
    Ich liebe mir den Müllerknecht;
    an dem ist nichts zu verderben.„]

[Nota 73: “.... tutte quante [le ragazze] chiudono gli occhi e si
arrendono: l'amore è cieco, e comanda.„ SHAKSPEARE, _Re Arrigo V_, atto
V, sc. II.

Ahimè! volle il destino che l'ultimo verso dell'ultima di queste
romanze, come pure l'ultima di queste annotazioni, fossero per l'appunto
una sconcia impertinenza, una goffa e rancida calunnia contro al bel
sesso. Male, mio povero libro, male; non troverai grazia presso le anime
gentili.]

[Illustrazione: decorazione del libro]



INDICE


    AVVERTENZA                                                 _Pag._  V

    _Don Gaifero_ (Dom Gayfeiros)                                  „   1

    _La ragazza che va alla guerra_ (Donzella que vai à guerra)    „  23

    _Conte Yanno_ (Conde Yanno)                                    „  37

    _La bella Infanta_ (A bella infanta)                           „  55

    _La nave Caterinetta_ (A nau Catherineta)                      „  69

    _Il cacciatore_ (O caçador)                                    „  79

    _Conte Nillo_ (Conde Nillo)                                    „  89

    _La principessa pellegrina_ (A princeza peregrina)             „ 103

    _Don Alessio_ (Dom Aleixo)                                     „ 111

    _Giustizia di Dio_ (Justiça de Deus)                           „ 119

    _La pellegrina_ (A romeira)                                    „ 129

    _La fidanzata_ (A noiva)                                       „ 141

    _Giovannino_ (Joãosinho)                                       „ 149

    _Lo schiavo_ (O captivo)                                       „ 155

    _Il cieco_ (O cego)                                            „ 163

    _La pastorella_ (A pastorinha)                                 „ 169

[Illustrazione: decorazione del libro]



OPERE EDITE DA RAFFAELLO GIUSTI


    =Ausonio Liberto= (G. Levantini-Pieroni). Le Selections.
    Un vol. in-16.                                               L. 3 --

    =Baldi.= 20 lezioni di Stenografia Gabelsberger-Noe, con
    copiosi esercizi di lettura stenografica. In-8.                 1 --

    =Barboni L.= Giosuè Carducci e la Maremma. Un eleg. vol.
    in-16.                                                          1 50

    =Bartolini.= Elementi di Stenografia secondo il sistema
    Gabelsberger-Noe, con 10 tav. fotol. In-8.                      1 --

    =Bettini.= La Fotografia moderna; trattato teorico-pratico.
    2ª ed. aum. e corr. con ritr. dell'aut. ai sali di platino
    fatto a luce elettrica. In-8.                                   6 --

    =Blavier.= Nuovo trattato di Telegrafia elettrica, trad.
    ital. di A. Zenoni e R. Piqué. 2 vol. in-8. con 200 inc.
    int. nel testo.                                                20 --

    =Bonaventura A.= Fantasie musicali. Rus. Un eleg. vol.
    in-16.                                                          1 --

    =Cappanera.= Lezioni pratiche di telegrafia elettrica.
    4ª ed. rived. ed ampl.                                          2 --

    =Cappelletti Licurgo.= Raccolta di aneddoti antichi e
    moderni. Un vol. in-16.                                         1 50

    =Castelar.= Ricordi d'Italia. Vol. I, trad. ital. di P.
    Fanfani; vol. II, trad. ital. D. Duca.                          2 --

    =Clasio.= Favole e Sonetti pastorali.                           0 60

    =Corazzini.= Storia della marina militare italiana antica
    in-16.                                                          4 --

    =Codice di Commercio=, 2ª ediz. con l'aggiunta delle
    disposizioni transitorie e del regolamento, leg. in tela.       1 25

    =Coen.= Siamo quattro; racconto por giovinette. In-16 con
    figure.                                                         1 50

    =Esopo Frigio.= Cento favole scelte. trad. ital. del prof.
    G. Gualtieri.                                                   0 80

    =Giacomelli A.= Commediole per istituti d'educazione. Un
    vol. in-16.                                                     2 --

    -- Componimenti drammatici. Un vol. in-16.                      1 --

    =Gioppi dott.= Luigi. Manuale pratico di fotografia. In-32.
    leg. tutta tela.                                                1 50

    =Guida di Livorno= e de' suoi contorni. 2ª ediz. con pianta
    della città.                                                    1 --

    =Lami.= Tavole di disegno geometrico da copiarsi a occhio
    e mano libera.                                                  1 --

    =Lapucci P.= Compendio di Storia e Geografia della
    provincia di Livorno. Un volumetto in-16.                       0 35

    =Lunel.= Manuale pratico pel tracciamento delle curve sul
    terreno. In-32. leg. tutta tela.                                2 50

    =Luzzatto.= Elementi di scienza sociale In-16.                  2 --

    =Mazzanti.= Racconti per giovinetti.                            1 20

    =Mazzola R.= Elementi d'Aritmetica. Un vol. in-16. Seconda
    Edizione.                                                       3 20

    =Melzi B.= Nuovo vocabolario universale della lingua
    italiana, storico, geografico, scientifico, biografico,
    mitologico. 6ª Ed. Un vol. leg. in tela.                        6 50

    =Menasci.= Canti di Enrico Heine. In-16 3ª ediz.                3 --

    =Moutet.= Avviamento allo studio della lingua francese.
    In-16. 3ª ed.                                                   0 80

    -- Scelta di poesie francesi.--Un volumetto in-16.              0 40

    =Matteoli Antonio.= Grammatica ital., per le classi element.
    sup. 2ª ediz.                                                   0 50

    =Negri.= Il cuciniere italiano. In-16.                          2 50

              { =Oates.= Grammatica della lingua inglese.
              { Parte I. In-16.                                     2 --
              {
    Libri     { -- Grammatica della lingua inglese. Parte II.
    approvati { In-16.                                              1 50
    dalla     {
    R. Acc.   { -- Grammatica della lingua inglese. Parte III.
    Navale    { In-16.                                              3 --
              {
              { -- Letture inglesi. In-16.                          1 50

    =Olivati G.= Geografia fisica e politica. Corso teorico e
    pratico. In-16.                                                 3 50

    =Polese Francesco.= Erasmo maestro. Studio. Un vol. in-16.      2 --

    =Sestini e Funaro.= Elementi di Chimica. 2ª ediz. corretta
    ed accresciuta.                                                 4 --

    =Targioni-Tozzetti Ottav.= Antologia della Poesia italiana.
    4ª ed. not. accr.                                               4 --

    -- Antologia della Prosa italiana. 4ª ediz. riveduta e
    corretta.                                                       4 --

    -- Tesoretto della Memoria. Scelta di poesie per uso delle
    scuole e specialmente per le prime classi tecniche e
    ginnasiali. Un vol. in-16.                                      1 --

    =Tasso T.= La Gerusalemme liberata. Un vol. in-32. di pag.
    400.                                                            1 --

    =Testi G. M.= Complementi d'Aritmetica e principii
    d'Algebra.                                                      1 75

    =Vallecchi O.= La Geografia pei miei bambini.                   0 80

    =Vivarelli.= Lezioni di chimica applicata. In-16.               3 --





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