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Title: Le disilluse Author: Bracco, Roberto, 1861-1943 Language: Italian As this book started as an ASCII text book there are no pictures available. *** Start of this LibraryBlog Digital Book "Le disilluse" *** Internet Archive. ROBERTO BRACCO TEATRO VOLUME PRIMO NON FARE AD ALTRI... — LUI LEI LUI — UN’AVVENTURA DI VIAGGIO — UNA DONNA — *LE DISILLUSE* — DOPO IL VEGLIONE 2ª EDIZIONE. REMO SANDRON — Editore Libraio della Real Casa MILANO-PALERMO-NAPOLI PROPRIETÀ LETTERARIA _I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia._ È assolutamente proibito di rappresentare questi lavori senza il consenso scritto dell’Autore _(Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882)_. Published in Palermo, 10th. June Privilege of Copyright in the United States reserved under the Act approved March 3rd. 1905, by Roberto Bracco and Remo Sandron. Off. Tip. Sandron — 126 — I — 290312. ———— LE DISILLUSE. _Fiaba per Marionette, in un atto._ Questa «_fiaba_» fu improvvisata in pochi giorni, come si rileva dal prologhetto, per invito della _Società Filarmonica_ di Napoli e rappresentata, con musica del maestro _Mario Costa_, nel salone di quella _Società_, intorno al 1888. Ai due autori fu assegnato il compito di offrire, soprattutto, «un grazioso spettacolo di atteggiamenti, di colori e di armonie». Il _libretto_ non doveva essere che «un pretesto per far comparire sulla scena, in costumi fantastici, una schiera di eleganti giovanotti e fanciulle» appartenenti all’aristocrazia, con alla testa il tenore _Marconi_, il baritono _Kaschman_ e la signora _Kaschman_, protagonisti della festa mondana. PERSONAGGI DELLA FIABA: _Fleno_, _ex re di Zano_. _Arunto_, _candidato al trono di Zano_. _Clea_, _conduttrice delle_ Disilluse _e_ Disillusa _anch’ella_. _Le Fanciulle disilluse_. _I Giovanotti_. _Cori di voci misteriose_. Epoca, a piacere. — L’azione non si svolge in nessuna parte del mondo, ma, viceversa, poi, si svolge un po’ dovunque. PROLOGHETTO DE «LE DISILLUSE». _(scritto dall’Autore stesso e detto dal Direttore di scena.)_ _Il Direttore di scena_ _(a sipario calato, esce dalle quinte e, con una certa emozione, si rivolge al pubblico.)_ Per voi, piccol gran pubblico, per voi, «mondo dorato», Roberto Bracco e Mario Costa hanno improvvisato una celia che abbonda di note e di parole, uno spettacolino riboccante di fole. Come il burattinaio, dinanzi ai bimbi attenti, fa muovere i fantocci, prestando lor gli accenti d’un estro infantilmente disinvolto, così i nostri cari autori han fatto lì per lì, accogliendo l’invito di questa Direzione che non chiedeva fiabe, ma un gioco da salone, con un profumo d’arte, per uso delle dame e delle damigelle. Quasi foste uno sciame di scolarette a spasso, sotto il pretesto della estemporaneità, ecco la marachella d’ammannirvi, in istrofe fanciullesche e neglette, le vicende fantastiche di certe marionette. E il peggio è che si allude a cose che sul serio vi seccano, benchè... vecchie come il salterio: _l’ amore delle donne, le donne nell’amore._ _le signorine ansiose di diventar signore,_ _i falsi voti avversi alla_ _maschilità_, _sognata da ogni donna, qual meta e qual metà...._ Insomma, io penso e dico che i due burattinai, facendo questa burla, sono maligni assai, e che il trattar da bimbi persone come voi, per ingannarle prima, per punzecchiarle poi, è... _un atto_ che, anche in musica, non merita clemenza. Ed io, che, in qualità di _régisseur_, ma senza aver nessuna colpa, mi trovo qui, sul banco, per dir così, dei rei, vo’ almeno parlar franco e protestare contro Roberto Bracco e Mario Costa, pria che davanti a voi s’alzi il sipario. Per quel poco che c’entro in queste «Disilluse», mie dame e damigelle, io v’offro le mie scuse. Ed un consiglio v’offro per... _gl’improvvisatori_. Applauditeli all’ultimo, ma, appena vengon fuori, lasciando cader pigre le manine guantate, aprite le boccucce gentili e... sbadigliate. _(via)_ ATTO UNICO. Le mariage est de toutes les choses sérieuses la chose la plus bouffonne. _Beaumarchais_. _Una campagna incolta, ricca di fiori e di verzura. In fondo, si eleva una siepe di cespugli folti. A destra e a manca, sentieruoli erti e serpeggianti. — Tra l’edera, il muschio e le felci, la porticina d’un tugurio. Sopra la porticina, un largo buco a mo’ di finestrella. Qua e là, rovi, ciuffi d’erbe selvatiche, tronchi d’alberi spezzati. Il cielo è azzurro. Nell’aria si diffonde una luce strana, lievissimamente rosea, con sfumature giallognole: è un’aria ingombra di vapori leggeri e leggermente colorati, la quale dà alla scena campestre un carattere fantastico. Si vede scintillare, lontano lontano, in alto, dove sono più densi i vapori, il dorato «Castello della fantasia»._ _(Alzatasi la tela, la scena è vuota. — Si sente il canto delle Disilluse portato dal vento. — Le parole, per fortuna dell’autore, quasi non si odono.)_ _Le Fanciulle, tra cui Clea_ _(di dentro)_ È l’alma affranta, è vuoto il core, la vita è infranta, il mondo muore. Qui di luce mesti incanti noi viviamo circonfuse..., La natura par che canti: «Disilluse! disilluse!...» _(Circondate d’una luminosa aureola, le Fanciulle, dagli abiti semplici, gentili, vaporosi e tinti di colori pallidi, dai capelli sciolti, ornati di fiori delicati, e dagli atteggiamenti di persone dolci, languide, annoiate e sospirose, si avanzano a poco a poco. — Clea è la loro conduttrice.)_ Venticello innamorato, che d’intorno a noi ti aggiri, che ci avvolgi di sospiri e ci assedi da ogni lato, sappi ben che ci ami invano. L’amor nostro è morto a Zano! Venticello vagabondo, tu che vedi, tu che senti tutti i nostri patimenti, va laggiù, va a dire al mondo che noi... gli uomini aboliamo... Non amiamo, non amiamo! _(Si ode un lungo e dolce sbadiglio.)_ Siam fanciulle... sbadiglianti... d’aria e luce circonfuse.... La natura par che canti: «Disilluse, disilluse....» _(Continuano a cantare tutte, meno Clea, alla quale esse si rivolgono.)_ Ma un ricordo di note soavi d’altri tempi si va risvegliando. Se tu, Clea, quelle note cantavi, ogni illusa cantava, sperando. Nel tuo core, bellissima Clea, ravvivava quel canto la fè. Ti chiamavan di Zano la dea: la canzone era fatta per te. Deh! ripeti la canzone della spenta illusione. _Clea_ Il passato evocherò! _Le Fanciulle_ Canta, canta... _Clea_ Canterò. _(ricordando e ripetendo l’antica canzone, con enfasi ridicola)_ «Sei nata nel giardino d’una fata «che fuga col suo fascino il dolore. «Al sol de’ suo’ begli occhi tu sei nata, «giglio gentile, giglio incantatore. «Sarà fecondo di pace infinita «il lieto tuo fatidico candore. «Eternamente amata, la tua vita «sarà un connubio di pace e d’amore.» _(interrompendosi.)_ Canzone menzognera! Chi m’ama?... Chi mi amò?... Dov’è la pace vera? È pace questa?... No. E un’altra strofa, l’ultima, io voglio ricordar. Mentiva pure! Uditela, uditela cantar: «Sarai fanciulla bella innamorata «d’un altro come te leggiadro fiore, «sbocciato nel giardin della tua fata «che fuga col suo fascino il dolore.» _(Si abbandona sopra un sasso, presso il tugurio del romito, e vinta dalla noia, si assopisce.)_ _Le Fanciulle_ _(dopo la breve estasi di sollievo, ricascano nel triste languore.)_ È l’alma affranta, è vuoto il cuore, la vita è infranta, il mondo muore. _(Lentamente e mollemente, quasi mosse dal venticello, le Fanciulle a poco a poco si allontanano e spariscono.)_ Siam fanciulle... sbadiglianti... d’aria e luce circonfuse.... La natura par che canti: «Disilluse! disilluse!...» _Clea_ _(resta addormentata sul sasso.)_ _Fleno_ _(avvolto nel suo nero mantello, la testa quasi tutta nascosta nel cappuccio, la gran barba bianca fluente sul petto, esce dal tugurio. Vedendo Clea, mormora:)_ La conduttrice delle Disilluse dorme il sonno della noia.... Gesticola.... Sta sognando.... _Clea_ _(in una specie di sonnambulismo, fa con la mano come se discacciasse un’ape.)_ Ape molesta va via di qua. _Fleno_ Dorme e par desta. _Clea_ Ah! se ne va. _Fleno_ La bionda mesta sognando sta. _Clea_ _(ricomincia a gesticolare, discacciando l’ape.)_ Di nuovo qui giunge.... e torna su me. Quest’ape mi punge, mi punge.... Perchè? _Fleno_ _(le si accosta, per liberarla dall’insetto importuno.)_ D’un’ape ella parla e l’ape non c’è. Ma, intanto, sognarla!... Sognarla!... Perchè? _(Vedendo che ella si desta.)_ Si sveglia.... Si sveglia.... _Clea_ _(aprendo gli occhi.)_ Sei tu! _Fleno_ Sì.... _Clea_ Che fai? _Fleno_ Chi dorme... e chi veglia.... _Clea_ M’hai punta?... _Fleno_ No!... Mai! Non c’era l’ape; nemmen c’ero io. Chi ti pungeva davver non so. .... Pungeva forse qualche desio che viene in sogno... ma in veglia no. _Clea_ Non indagare nel sogno mio.... Chi mi pungeva davver non so. Pungeva forse qualche desio che viene in sogno... ma in veglia no. _(andandosene)_ A rivederci.... Buon vecchio, addio! Le Disilluse raggiunger vo’.... _Fleno_ _(con insinuante furberia)_ A rivederci... Pensa al desio.... che punge in sogno, ma in veglia no. _Clea_ _(va via.)_ _Fleno_ _(seguendo con lo sguardo Clea, e scotendo la testa:)_ Va a raggiungere le Disilluse!... Ingenue! La loro disillusione è la più grande delle illusioni! Esse credono d’aver sofferto assai, appunto perchè non sanno che cosa sia soffrire. Se avessero provata una sola delle sventure toccate a me!... _(Rivolgendosi al pubblico)_ Io sono l’ex re di Zano: un regno senza impicci, un regno piccolo piccolo, un regno tascabile.... Ed io, infatti, avevo in tasca il mio regno e i miei sudditi; — ma ora sono essi che hanno in tasca me! Ah! Quando ricordo il giorno della rivolta, mi rivengono i brividi! Che batoste, e che paura!... Io me la svignai travestito da vecchio; e in questa.... vecchiezza continuo a nascondermi, perchè _(accennando, col gesto, alle probabili busse)_ la prudenza non è mai troppa!... Quel giorno, che catastrofe! Ed io, mutando viso per non morire ucciso, fuggii... Fuggii sin qui! Romito, in un tugurio sinistramente muto, al regno che ho perduto penso la notte e il dì. Ah! come le memorie mi danzano d’intorno e tornano ogni giorno a dir: «tu fosti re!» Mi pesa questa maschera d’umile vecchio inetto, ribellasi nel petto il giovanile ardor. Son di me stesso, misero, la tetra sepoltura.... Son morto addirittura... ahimè!, vivendo ancor. E le memorie danzano intorno a questo morto, che non è ancor risorto... che morto ancor non è. _(Rattristato, rientra nel suo tugurio, e si rincantuccia sotto l’arco della porta.)_ _Voci misteriose_ Avanti, Arunto, non ti stancar. Se non se’ giunto, non ti fermar. La terra è immensa.... Sembra piccina.... Cammina e pensa, pensa e cammina. _(Arunto comparisce nel suo abito smagliante, con in mano una borsetta da viaggio, e le voci misteriose continuano:)_ Coraggio, Arunto, non disperar. Se non se’ giunto non ti fermar. Per chi dispera tutto è rovina. Cammina e spera, spera e cammina! _Arunto_ _(stanco, scoraggiato, guardandosi attorno)_ Cessate, o voci arcane! Ahimè, dal petto ogni speranza già fuggir mi sento. A interrogare il cielo io sono intento, ma un lieto auspicio inutilmente aspetto. O tu, di gloria bel sogno dolcissimo, vanisci a poco a poco: e dell’antica mia perduta audacia ora il ritorno invoco. Misteriosi e lieti m’accompagnano, nel mio cammin fatale, questi canti; e i monti, i fiumi, gli alberi mi dicono: «Coraggio Arunto! Avanti, avanti, avanti!» Ma tu, di gloria mio sogno dolcissimo, vanisci a poco a poco; e invano della mia perduta audacia ora il ritorno invoco. _Fleno_ _(scotendosi)_ La pace sia con te! _Arunto_ _(accorgendosi del romito)_ Oh! Credevo d’essere solo. _Fleno_ E sei solo, difatti. _Arunto_ E tu? _Fleno_ Io mi chiamo: Nessuno! _Arunto_ Chi t’ha dato questo nome? _Fleno_ La sventura. _Arunto_ Poveretto! _Fleno_ Anche tu mi sembri una persona non molto allegra. Devi avere più d’un diavolo per capello.... Che vuoi? Dove vai? Donde vieni? Chi sei? _Arunto_ Io sono Arunto. Vengo da Zano.... _Fleno_ _(sussulta.)_ _Arunto_ Vado... non so dove. E voglio... undici fanciulle. Non ti sorprendere.... L’impresa mia è più nobile di quanto, per avventura, tu immagini. Il popolo di Zano mi ha incaricato di ricondurre in patria le undici fanciulle, le più belle del regno, che, disilluse della vita, volarono via, emigrando dalla terra nativa. _Fleno_ _(con ansia repressa)_ Ah? Il popolo di Zano ti ha dato codesto incarico? E raccontami, raccontami: che si fa laggiù? Come se la passano quei bravi rivoltosi? _Arunto_ Rivoltosi! E come sai...? _Fleno_ _(confondendosi un po’)_ .... Qualche volta il vento pettegolo viene a susurrarmi all’orecchio le notizie dei paesi lontani.... _(Tra sè)_ Che sia un mandatario dei miei nemici? _(Ad Arunto, con dissimulazione)_ Non conosco Zano che di nome. È un vasto regno? _Arunto_ Non se ne vedono i confini.... C’è sempre la nebbia. _Fleno_ E che fanno i partiti politici? _Arunto_ Ognuno fa quello che l’altro non fa. _Fleno_ E chi siederà sul trono? _Arunto_ Chi lo porterà sulle spalle. _Fleno_ Parli come una sibilla. Non vuoi dirmi la verità? _Arunto_ _(con prudenza)_ Per ora il popolo non chiede che le fanciulle fuggitive. Un re c’è sempre tempo di eleggerlo o di fabbricarlo. Ma la bellezza di undici fanciulle non si fabbrica e non si elegge. _Fleno_ Ti preme molto il trovarle? _Arunto_ Non lo vedi? Passo di paese in paese, m’inoltro in terre sconosciute, non riposo mai.... _(Desolato)_ E non le trovo!... _Fleno_ Sono undici, hai detto? Sono belle? Sono disilluse della vita? Ebbene, tu non sei lontano da loro. _Arunto_ _(con viva gioia)_ Che!? _Fleno_ Vedi tu quell’aureo castello che scintilla nell’atmosfera vaporosa? _Arunto_ Lo vedo. _Fleno_ È la dimora delle Disilluse: è il castello della Fantasia. Quando qui giunsero volando sulle ali della disillusione, si posarono lassù. Costruirono un nido di raggi di sole, e il nido, forte della invulnerabile castità delle candide abitatrici, fu ben presto solido e inespugnabile come una rocca e prezioso come un immenso ninnolo d’oro. In quel castello, che la loro immaginazione ha creato, esse, le candide abitatrici, vivono d’aria, di luce e di malinconia; e, tutte assorte nella loro profonda disillusione, menano una vita dolcissima... e si annoiano mortalmente. _Arunto_ _(giubilante)_ Io so tutto ciò che mi basta.... Vado, corro subito.... Mi getterò subito ai loro piedi.... _Fleno_ Non tanta foga, giovanotto mio! Sulla porta di quel castello è scritto: _Abbasso gli uomini!_ Piuttosto, io ti consiglierei di aspettare qui. Spesso dal loro nido vengono fuori, e volano, volano, girovagando tra i ruscelli, gli alberi, i fiori, e spesso qui si fermano riempiendo l’aria dei lor lai melodiosi. _Arunto_ Benissimo! Benissimo! _Fleno_ Non tanta foga, giovanotto mio! Hai da sapere ch’esse fuggono e riparano nel loro castello al solo sospetto di un giovine viso maschile. E sarebbero anche capaci di dileguarsi se il giovine viso maschile si ostinasse a seguirle. _Arunto_ Dileguarsi? Come se fossero nuvole?! _Fleno_ Difatti, talvolta i loro occhi lampeggiano..., tal altra si sciolgono in pioggia... di lagrime. _Arunto_ _(di nuovo consolato)_ Sicchè, è inutile aspettarle, è inutile sperare.... Ma tu, le conosci? _Fleno_ Sì, a me queste farfalle latitanti concedono qualche minuto della loro presenza e della loro conversazione, perchè io, capisci?, essendo vecchio decrepito, non arreco loro spavento.... Anzi, ispiro fiducia.... _Arunto_ _(tra sè)_ La chiama fiducia, lui. _(A Fleno)_ Ah! buon vecchio, se potessi afferrarle, se potessi parlare con loro!... _Fleno_ Lo potrai fra una sessantina d’anni, cioè quando sarai vecchio come me. _Arunto_ _(disperandosi)_ Ah, perchè mia madre non mi ha fatto nascere sessant’anni prima?! _Fleno_ _(commosso)_ Senti.... Io ho il mezzo di farti diventar vecchio.... _Arunto_ In che modo? _Fleno_ Non m’interrogare, e non indagare. Io entrerò nel mio tugurio. E, dall’alto di quel finestrino, ti porgerò la mia Vecchiezza. Bada però: dopo sbrigata la bisogna, tu, di nascosto, la mia Vecchiezza mi renderai. Io, intanto, per sottrarmi a ogni ricerca... — so quel che dico — ... chiuderò a chiave la porta del tugurio. _Arunto_ _(con effusione)_ Oh! grazie! grazie! Tu sei il mio salvatore! Grazie! _Fleno_ Aspetta. _(Entra nel tugurio, chiude a chiave la porta, e, dopo qualche istante, ricompare dietro il finestrino col viso di giovane. Allungando un braccio, fa penzolare la finta barba bianca. E, poichè Arunto ha lo sguardo rivolto dalla parte opposta, egli, Fleno, lo chiama:)_ Ehi!... pss! pss!... _Arunto_ _(si volta, si avvicina con meraviglia; e poi, quando Fleno gli consegna la barba, egli se l’appiccica alla faccia, assumendo la fisonomia di Fleno.)_ _Fleno_ Ecco la barba della Vecchiezza che cangia il viso, ma non l’età. Con questa barba la Giovinezza piglia un aspetto d’innocuità. _Arunto_ _(mettendosi la barba)_ Di sotto il pelo bianco io giovine sarò, chè nulla ho in me di stanco e vecchio il cor non ho. _Fleno_ _(dal finestrino, porgendo ad Arunto prima il mantello nero, poi il suo lungo bastone.)_ Ecco il mantello della Vecchiezza che cela l’uomo dal capo a piè; ecco il bastone della stanchezza di chi nel cuore vecchio non è. _Arunto_ _(mettendosi il mantello)_ Sotto il mantello nero io mi nasconderò e sempre quello che ero e quel che son sarò. _Fleno_ T’ho dato, credimi, tutto me stesso.... _Arunto_ Te ne ringrazio! Parla sommesso.... _Fleno_ D’essere innocuo per poco io cesso. _Arunto_ Vecchio decrepito io sono adesso! _Arunto_ _(tra sè)_ Di sotto il pelo bianco io giovine sarò, chè nulla ho in me di stanco e vecchio il cor non ho. _Fleno_ _(tra sè)_ Che l’apparenza inganni, è antica verità. Ed egli, ne’ miei panni, le ingenue ingannerà. _Arunto_ _(si mette a sedere, tutto raggomitolato, presso il tugurio, fingendo d’essere Fleno.)_ _Le Fanciulle_ _(di dentro)_ È l’alma affranta, è vuoto il cuore, la vita è infranta, il mondo muore. _(Si avanzano con la solita lentezza, nel solito atteggiamento di languore.)_ _Voci misteriose_ Coraggio, Arunto, non disperare. Se non sei giunto non ti fermare. Per chi dispera tutto è rovina! Cammina e spera, spera e cammina. _Arunto_ _(sentendo il canto delle Disilluse e vedendole venire)_ Ah! eccole.... _(Dopo una pausa, parla alle Fanciulle, imitando la voce di Fleno)_ La pace sia con voi! _Clea_ Grazie, buon vecchio. La pace è con noi. _Arunto_ _(tra sè, guardandola di sottecchi)_ Che splendida creatura! _Clea_ Mi sembri inquieto. Che fai? _Arunto_ La figura di uno stranissimo mago m’è apparsa or ora. M’ha parlato di voi, ed è sparito. _Clea_ _(mal frenando la curiosità)_ E che t’ha detto? _Arunto_ M’ha data questa borsa _(mostrandola)_, dicendo che contiene dei doni per tutte voi. E io gli ho promesso di consegnarveli: non ho saputo dir di no.... _Clea_ Dei doni!... _Le altre Fanciulle_ Dei doni!... _Clea e le Fanciulle_ E che saranno? Che saranno?... _Arunto_ Chi sa! A vederli, sono degli involtini eleganti.... Conterranno qualche... qualche gingillo, qualche sorpresa. Potrebbero essere dei pegni d’affetto, per esempio, come quelli che si offrono... in occasione delle promesse di nozze.... _Clea e le Fanciulle_ _(tumultuando)_ Nozze?!... Mai! Mai! Mai! _Arunto_ Non vi spaventate.... Ho voluto sperimentarvi. Il mago m’ha detto... che soltanto le fanciulle irremovibili nel loro proposito sarebbero degne del suo dono. Sicchè, ora che sono sicuro delle vostre intenzioni, posso adempiere il mio compito. _Clea e le Fanciulle_ _(ansiose)_ Date... date qua... date qua... date qua.... _Arunto_ _(aprendo la borsa, tra sè)_ Alla mia divina interlocutrice non glielo do, perchè a lei spero di provvedere... personalmente. _(Rivolgendosi alle Fanciulle e distribuendo gl’involti)_ A voi.... A voi.... A voi.... A voi.... A voi.... _Clea_ _(quando è finita la distribuzione, è assai scontenta di non aver ricevuto niente, e resta imbronciata, quasi con le lagrime.)_ _Arunto_ _(osserva e finge)_ Oh! Ne ho perduto uno!... _(A Clea)_ Sono dolentissimo, ma.... _Le Fanciulle_ _(dopo avere disfatto l’involtino, guardano con meraviglia e con gioia mal celata ciò che vi hanno trovato dentro: cioè un ritratto e una lettera.)_ _(Esclamano:)_ Un ritratto! _(Poi, entusiasmandosi)_ Il ritratto d’un giovane!... _Arunto_ E lì..., che cos’è scritto? Leggete! _Le Fanciulle_ _(con crescente entusiasmo)_ Una lettera!... _(L’aprono e leggono:)_ «Io vi scrivo, damigella, per offrirvi la mia mano. So che siete tanto bella, ch’io son ricco è noto; ma.... se un pochino non m’invita il cuor vostro, tutto è vano, che non bastano alla vita di due sposi oro e beltà. _(Il loro volto s’irradia. Esse, commosse, leggono e rileggono la lettera, guardano il ritratto e si guardano tra loro con un misto di riluttanza e di contentezza.)_ _Arunto_ _(notando il loro mutamento, tra sè)_ Lo dicevo io!... Il mezzo è sicuro! _(Alle fanciulle, con circospezione)_ E se vi dicessi che a ognuno di questi ritratti corrisponde un originale e a ognuna di queste lettere un po’ di vero amore, fareste il sagrifizio di... _rimpa...tria... re_? _Le Fanciulle_ _(con ostentazione)_ Eh.... Per non essere troppo sgarbate.... _Clea_ _(non potendone più)_ E a me? _Arunto_ _(tra sè)_ Ora posso rivelarmi, che esse, in fede mia, non si dilegueranno. _(A Clea, lasciando cadere di dosso il mantello e buttando via la barba)_ La mia lettera è scritta qui _(indica il suo cuore)_ e il mio ritratto è questo, _(indica il suo viso)_. _Clea_ _(sussultando di giubilo)_ Come?! Tu non sei il vecchio romito?.... _Le Fanciulle_ Ooooh!... _Arunto_ Arunto mi chiamo! _Le Fanciulle_ _(in un sommesso mormorio, fanno l’eco:)_ Amo... amo... amo.... _(Indi, contemplando il ritratto e la lettera che hanno tra le mani, si fermano qua e là, formando gruppi pittoreschi.)_ _Arunto_ _(con dolcezza, a Clea)_ Solo vincere e regnare vagheggiai con voluttà: eran le speranze care della mia ingenuità. Non fui mai corteggiatore delle donne. Sai perchè? Non mai vidi lo splendore che rifulger vedo in te! _Clea_ Solo vivere d’oblio vagheggiai con voluttà. Dissi al povero cor mio: fuggi il mondo, fuggi, va. Dell’amore io diffidai.... Ne ignoravo le virtù, chè nessun mi parlò mai come adesso parli tu. _Arunto_ _(con passione)_ Io, guardandoti gli occhioni, vedo aprire un usciolino: il mio amore, ginocchioni, vuole entrarci, ma... prestino. _Clea_ _(con dolcezza)_ Entri pure questo amore: l’usciolin s’apre per lui. Entri e resti finchè muore.... Non son più quella che fui! _Clea e Arunto_ _(abbracciandosi)_ Di rinascere mi pare, ma... non come nacqui un dì. Io rinasco per amare come nasce il colibrì. Esso al nido sa portare miele e amore: zuì zuì zuì.... Di rinascere mi pare, ma... non come nacqui un dì. _Le Fanciulle_ _(intanto, continuano a contemplare il ritratto e a rileggere la lettera.)_ «Io vi scrivo, damigella, per offrirvi la mia mano. So che siete tanto bella, ch’io son ricco è noto; ma.... se un pochino non m’invita il cuor vostro, tutto è vano, chè non bastano alla vita di due sposi oro e beltà.» _(Ognuna da sè, con ostentata ingenuità)_ Offrire la mano? Che mai vorrà dire? O Dio! Com’è strano!... Mi par d’arrossire! _Clea e Arunto_ _(l’una accanto all’altro, in estasi)_ Mi sento l’anima da un’anima ghermire, ed ecco stringonsi insiem come due spire. A un filo magico, ch’è un raggio dell’Eliso, legate, volano del cielo nel sorriso. _Fleno_ _(che sporge la testa dal finestrino, senza essere veduto, borbotta:)_ Cos’è cotesto affare?! Si sono intesi già? Si tratta... di volare! A vele gonfie ei va. Ed io, che, senza vela, più navigar non so, qui reggo la candela.... Un bell’ufficio fo! _Le Fanciulle_ _(affollandosi e facendo ressa intorno ad Arunto lo interrogano in tono lamentevole.)_ O cavaliere amabile, voi di lusinghe e speme venite apportatore. Or diteci, di grazia, quello che più ci preme: _(mostrando il ritratto)_ dov’è questo signore? Noi ne vediam l’immagine...! L’immagine è gentile; ma l’_uom_ chi ce lo dà? Noi ne leggiam la lettera, che è scritta in bello stile; ma il resto... dove sta? _Arunto_ _(tra sè, maliziosamente)_ Che fretta, caspita! Ho ben capito: lo voglion subito questo marito. Che sian confuse a me non pare.... Le disilluse si dan da fare. Il gran proposito è già sfumato, pensando al giovine innamorato. Son d’una pasta queste figliole! A lor non basta... di restar sole! _(Rivolgendosi alle Fanciulle per tranquillarle)_ Rassicuratevi, fanciulle mie. Altro che storie e fantasie!.... Se l’impazienza frenate un po’ dandomi udienza, vi spiegherò. _(Se le chiama attorno, e mentre esse sono tutte intente a udirlo, egli spiega l’enigma:)_ Di queste immagini ogni fanciulla può far degli «uomini» o... non far nulla. Sono ritratti d’uomini veri, un poco matti sì, ma sinceri. Sposano ed amano sinceramente, ognun dicendovi quello che sente. Ma se per poco voi diffidate, vi spegne il foco.... Ahimè! badate. _Le Fanciulle_ _(si mostrano vivamente emozionate e parlano tra loro con molto fervore.)_ — Da queste immagini possono uscire proprio degli uomini?! — C’è da impazzire! — Sono ritratti d’uomini veri?! — Vedrem dai fatti se son sinceri. — Sposano ed amano sinceramente?! — Fidare e credere non è prudente. — Ma se per poco noi diffidiamo, si spegne il foco.... — No! no! Badiamo! _Arunto_ _(continuando a spiegare l’enigma.)_ Di queste immagini mi son munito, chè dentro ascondono un bel marito. Se dunque amate intensamente, voi conquistate l’uomo latente. Tutti i miracoli può far l’amore, che è già un fenomeno superiore. Ogni ritratto diventerà un uomo adatto.... che sposerà. _Fleno_ _(tra sè)_ Ma che fa? Le piglia in giro? È un burlone, o è un fakiro? _Le Fanciulle_ _(raggianti, ma ancora un po’ dubbiose, restano mute, perplesse.)_ _Arunto_ Ebben, su, che risolvete? Siete, alfine, innamorate? _Le Fanciulle_ _(pudibonde)_ Cavaliere, via, tacete! Perchè ci mortificate? _Arunto_ _(in tono canzonatorio)_ Dite di no? _Le Fanciulle_ _(abbassano gli occhi e non rispondono.)_ _(Pausa.)_ _Arunto_ _(piegando le braccia)_ Aspetterò. _(Pausa.)_ Dite di sì? _Le Fanciulle_ _(irrefrenabilmente prorompono)_ Sì, sì, sì, sì!... _Arunto_ Ah! finalmente! Ed ora attente, attente a me. _(Raccoglie dalle loro mani i ritratti e, con la solennità d’un ispirato, li lascia cadere a uno a uno dietro la siepe. Quindi, con gravità e mistero, che stuzzica sempre più la curiosità non disinteressata delle ragazze, aspetta il risultato del suo audace incantesimo, dicendo:)_ Uno!... due!... tre! _(Al «tre», dietro la siepe compariscono, scattando su come fantocci da una scatola, tanti giovanotti, belli e luminosamente vestiti, quanti ritratti Arunto ha seminati; ed egli, con un gesto trionfale, esclama:)_ Chiedeste uomini? Eccoli qua! _Le Fanciulle_ _(pazze di gioia, corrono ognuna presso il rispettivo fidanzato.)_ Oh, l’ineffabile felicità!... _I Giovanotti_ _(amorosamente, parlano, ognuno alla propria sposina.)_ Io ti ho scritto, damigella, per offrirti la mia mano. Lo sapevo che sei bella; ch’io son ricco è noto; ma,... _Le Fanciulle_ È il mio core che t’invita. T’ho chiamato da lontano.... Già di te m’ero invaghita. Dove? Quando? Chi lo sa! _Arunto_ _(alle Fanciulle)_ Sicchè voi ritornate a Zano con me? _Le Fanciulle_ _(vociferando)_ Ritorniamo! Ritorniamo! _Arunto_ Io metto ai vostri piedi la mia riconoscenza. Ora che la mia impresa è riuscita posso dirvene la ragione e posso dirvi quanto vi debbo. _Fleno_ _(che, senza esser visto, non ha mai cessato di far capolino dal buco del suo tugurio, sporge ora un poco più il capo per meglio udire, e mormora:)_ Finalmente capirò anch’io qualche cosa. _Arunto_ _(alle Fanciulle)_ Quando voi, disilluse, fuggiste da Zano, quel popolo aveva discacciato dal trono il re Fleno... e aveva fatto benissimo! _Fleno_ _(offeso, tra sè:)_ Oh! questo poi! _Arunto_ Un pessimo arnese, senza carattere, senza energia, senza intelligenza... _Le Fanciulle_ È vero! È vero! _Fleno_ _(tra sè:)_ Cortesissime! _Arunto_ Ebbene, io mi presentai candidato al trono. Promisi mari e monti, e spesi un fiume... di quattrini, ma non conchiusi nulla. Senonchè, il popolo di Zano mi fece sapere ch’esso concederebbe il trono a chi ritrovasse e riconducesse nel regno le Fanciulle disilluse. Accettai il patto, compresi che la disillusione, con la relativa fuga, non poteva avere avuto altra causa che la mancanza di quel prezioso gingillo che si chiama marito; e quindi, provvedutomi di questo articolo in effigie e in epistola, impresi il viaggio e... il resto lo sapete. Ogni miracolo può far l’amore, che è già un fenomeno superiore. L’amore, quando è verace, dà corpo alle ombre, fa d’un ritratto un uomo, fa di un nulla un marito.... _Fleno_ _(tra sè:)_ ... e di un marito un nulla! _Arunto_ E, difatti, sotto la pioggia del vostro amore, i mariti vi sono spuntati dinanzi... come i funghi. In conclusione, io vi condurrò a Zano, avrò il premio, sarò acclamato re, e, per regalo di nozze, offrirò alla mia sposa, una corona... di Regina. _Giovanotti e Fanciulle_ Sia gloria ad Arunto, il futuro re di Zano! _Fleno_ _(uscendo, modestamente, dal tugurio)_ Domando la parola per un fatto personale. _Giovanotti e Fanciulle_ Chi è? Chi è?... _Fleno_ _(alle Fanciulle)_ Non mi riconoscete, eh? Il vostro amico, il vostro vicino, il vostro povero romito.... Signorine mie, avete creduto per tanto tempo alla mia Vecchiezza: ma essa era falsa, come la vostra Disillusione. _Le Fanciulle_ E allora, chi eravate? Chi siete? _Fleno_ Io ero e sono... Fleno, il re discacciato da Zano. _(Sorpresa generale.)_ _Una delle Fanciulle_ Sì... ora mi rammento di avervi visto una volta in funzione. Fu il giorno in cui cadeste da cavallo. _Fleno_ Oh, non mi parlate di quel cavallo!... Era un asino! _Arunto_ ... Mi scuserai se t’ho fatto un po’ di critica.... Vuoi che io rettifichi? _Fleno_ Non rettificare, ma permettimi invece di fare appello alla tua coscienza. Prestandoti la mia Vecchiezza, t’ho dato modo di guadagnare un regno e una donna, che vale più del regno. Vuoi essere riconoscente? Tieniti la donna e cedi il regno a me. A quanto ho sentito, chiunque ricondurrà queste fanciulle a Zano avrà in premio il trono rimasto vuoto. Lascia che riconduca io le belle fuggitive in patria. Così il premio sarà mio e riavrò quel che mi fu tolto. _Arunto_ _(un po’ titubante)_ Ma io ho promesso il regno alla mia fidanzata... È lei che deve decidere. _Clea_ _(solennemente)_ A me basta il Regno dell’Amore! Ritorni Fleno al suo trono! _Fleno_ _(con pari solennità, stringendole la mano)_ Signorina,... voi siete un galantuomo! _Arunto_ Va, dunque, buon Fleno: mettiti alla testa di queste felici coppie di sposi. Chiudi un occhio per la strada... e va a rifarti re! _Giovanotti e Fanciulle_ Sia gloria a Fleno, il futuro re di Zano! _Arunto_ Con lo stesso entusiasmo avete acclamato me un minuto fa! _Fleno_ La politica, mio caro, è opportunista come il cuore della donna! Ed ora... voglio lasciare a queste contrade un ricordo del falso vecchio romito, la cui falsità è stata utile a tanta gente giovane e forte. Ecco un robusto tronco d’albero eterno _(mostrando ad Arunto un tronco d’albero, che ha alla cima quasi l’impronta d’una faccia umana)_ il quale continuerà a rappresentare l’esperienza della Vecchiezza e la forza della Gioventù. _(Truccando il tronco da romito, col mantello, con la barba e col bastone)_ Chi sa che anch’esso, con questi panni e questa barba, non debba rendere qualche servigio all’umanità! _(Il tronco ha preso l’aspetto del vecchio romito)_ Così.... Così! _(Salutando il fantoccio)_ Addio, addio, romito! _Tutti_ Addio, romito! Addio! _(Grande animazione, saluti, strette di mano, manifestazioni di tenerezza e di allegria.)_ _Clea_ Addio, compagne d’esilio! _Le Fanciulle_ Addio, Clea! _Arunto_ Addio, Fleno! Addio, fanciulle! _Arunto e Clea_ Noi andiamo a far l’amore! _Le Fanciulle_ Noi andiamo a far le mogli! _Arunto e Clea_ Non è lo stesso! _Fleno_ Io vado a non far niente! _(Si avvia su per un erto sentiero, e, capitanando le coppie degli sposi, le esorta, con gesto di trionfatore, a seguirlo)_. _Tutti_ Viva il Re! Viva l’Amore! Viva il Matrimonio! _(L’animazione cresce. — Arunto e Clea, affascinati, abbracciati, s’incamminano su per un sentiero opposto. — I vapori dell’atmosfera si vanno diradando... come la pazienza del pubblico.)_ _Arunto_ _(a Clea)_ Vieni, vieni, mia Regina, dove un suddito sarò. È quell’isola divina, che Citera si chiamò. _Clea_ _(ad Arunto)_ Purchè sia molto vicina, purchè sia piena di te, non voglio esserne Regina: tu devi essere il mio re. _Fleno_ _(alle coppie)_ Il sentiero è lungo e annoia chi pedestre a Zano va; ma... c’è qualche scorciatoia... che opportuna vi parrà. _Tutti_ _(agitando i fazzoletti, s’allontanano, e, scambiandosi saluti romorosamente, anche salutano e risalutano il tronco d’albero, che forse vorrebbe rispondere, ma non può. — Una bianchissima luce inonda la scena. — Cala la tela lentamente.)_ ———— Nota del Trascrittore Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. Sono stati corretti i seguenti refusi (tra parentesi il testo originale): 333 — aprendo la borsa [porta], tra sè 338 — venite apportatore [appartatore] 345 — in effigie e in epistola [espistola] *** End of this LibraryBlog Digital Book "Le disilluse" *** Copyright 2023 LibraryBlog. All rights reserved.