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Title: Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore Author: Naftalì Herz Weisel (Wessely), Elia Morpurgo (Sarcher) Language: Italian As this book started as an ASCII text book there are no pictures available. *** Start of this LibraryBlog Digital Book "Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore" *** This book is indexed by ISYS Web Indexing system to allow the reader find any word or number within the document. E FELICITÀ *** _TRADUZIONE_ _DI ELIA MORPURGO_ DE’ DISCORSI EBRAICI DI TOLLERANZA E FELICITÀ DIRETTI DA NAFTALÌ HERZ WEISEL AGLI EBREI DIMORANTI NE’ DOMINJ DELL’AUGUSTISSIMO IMPERADORE _GIUSEPPE II._ _IL GIUSTO_. CON LE NOTE DEL TRADUTTORE. GORIZIA, nella Ces. Reg. Privilegiata Stamperia Tommasini 1783. _Rex qui judicat in veritate pauperes, thronus ejus in æternum firmabitur._ Prov. cap. 29. v. 14. ____ALL’ERUDITO SIGNORE__ _LEON GIUSEPPE MORPURGO_ UNO DE’ DIRETTORI DELLA MAGNIFICA COMUNITÀ DEGLI EBREI DELL’INCLITA CITTÀ E PORTO FRANCO DI ANCONA, ecc. Gli atti di amicizia co’ quali mi avete distinto, esigeranno da me in ogni tempo quelli della mia gratitudine. Eccovi dunque data ragione di questa dedica che non ha le macchie d’interesse e di adulazione, come tant’altre. Dirà forse taluno, che pecca di superbia; ma il dica pure, che io non men dolgo. Sì: questa dedica ha la superbia di presentarvi nell’idioma italiano l’inimitabile discorso del nostro confratello Weisel già con tanti elogi publicato in ebraico, e con tanta ansietà del publico tradotto ancora in tedesco ed in francese; ed ha la superbia di presentare a voi, che vantate tra i non pochi meriti personali que’ conosciutissimi del genitore e fratello vostro, il nome mio in attestato della mia riconoscenza. A questi sinceri detti, so, che vi sentite disposto a riconoscer una sì fatta dedica meritevole di esser letta: so, che s’io con questi principi l’andassi tessendo, non vi ristuccherebbe dessa, come van facendo moltissime; ma, signore, io mi ricordo, che voi siete uno de’ direttori di coteste scuole, che siete impiegato negli affari di cotesta università, che siete necessario al bene de’ vostri e degli amici; sicchè non vogl’io staccarsi da sì belle occupazioni. Mi basta che sappiate, ch’io vi dedico la versione di un opera degna di voi; ma che se ciò nol dico, nè co’ ricercati termini de’ scioli, nè cogli eleganti de’ letterati, ve lo spiego con quelli del mio sincero rispetto e della mia vera amicizia, soscrivendomi per sempre Il vostro amico e congionto _Elia Morpurgo._ ___AMICO LETTORE._ Io _ti presento un frutto di stagione, o sia un operetta analoga a questi tempi. Ella è l’elogio della tolleranza di GIUSEPPE II. IL GIUSTO con giustizia lodata da uno de’ migliori letterati ebrei del secolo presente. Questo esimio e profondo etico_¹ _loda col tuono il più energico il clementissimo nostro sovrano per la grazia che ha egli impartita all’abbattuta nostra nazione. Io giuro, che non ho letto nè conosciuto quest’opera se non nel terminare il discorso_² _sul fine del quale l’ho citata; ma piccandomi di sincerità, confesso in faccia al mondo tutto, che se io ho superato nelle note e nelle estranee erudizioni, che sono una fatica di schiena, il celebre autor della medesima, egli di gran lunga ha vinto me nell’accuratezza, nello spirito, e nella sublimità del discorso. Senza il riguardo di rimanere sicuramente da questo insigne autore ecclissato, ho voluto giovarti con questa traduzione, e senza riflettere alle critiche alle quali un traduttore va soggetto per ogni picciola mancanza, ancorchè passabilmente la sua traduzione riesca, mi sono accinto alla presente fatica. Gradiscila, qualunque ti sembri, giacchè io non pretendo altro compenso da te, che quello di essere amichevolmente criticato. Vivi felice._ ¹ Il nostro autore ha dato alla luce diverse opere, fra le quali quella che dà l’idea della vera sapienza, quella che spiega anzi parafrasa il trattato etico-misnico _Avòt_, e la traduzione del libro della sapienza con una eruditissima parafrasi. ² Il traduttore ha scritto un libriccino sulla medesima materia, l’anno scorso dato alle stampe. _____ CAPITOLO I._ Disse il più saggio tra gli uomini, che _si ammaestri il fanciullo secondo la capacità di lui; poichè quando invecchierà, non devierà dall’ammaestramento medesimo_³. Questo testo contiene due proposizioni: la prima, l’ammaestramento del giovine, cioè, che egli ammaestrato sia in gioventù, mentre ha la mente libera da’ pensieri e dalle vanità del mondo, e dalla corruzione delle cattive opinioni; poichè libera essendo come carta non scritta la sua mente, facil cosa riesce l’insinuarvi le proposizioni vere le quali perfettamente vi s’imprimono: la seconda, che è relativa al temperamento suo, prescrive, ch’egli ammaestrato venga secondo la natura e la forza del suo spirito; giacchè uguali non essendo degli uomini i temperamenti nè le forze dello spirito, ugualmente nemmeno, ciò che è facile concepirsi e ritenersi da uno, facile sarà ritenersi e concepirsi da un altro, e così a vicenda, come più diffusamente diremo al cap. 8, bastando per ora lo stabilire, che se l’uomo sarà educato da fanciullo, che è quanto dire in età tenera, ed a seconda della propria natura, non prescinderà certamente neppure invecchiando dalla educazione ricevuta. ³ Prov. cap. 22, v. 6. La educazione de’ fanciulli israeliti deve essere divisa in due parti: la prima consiste in una buona morale, o sia in quelle cose che rendono quello in cui concorrono degno del nome di uomo; indegno essendo (come spiegheremo in seguito) di tale denominazione chi di virtù morali fornito non sia: la seconda comprende la istruzione nella legge e prescrizioni divine, cose superiori alla mente umana, che rivelate furono al nostro gran maestro Moisè, il quale gode la vera pace, e che incognite sarebbero anche a’ primi savi del mondo se in questo modo divino a noi tramandate non fossero; poichè desse che dalla natura la sorgente loro non hanno, altro non sono, che regole alle quali i soli figli di Giacobbe furono sottoposti. Queste divine prescrizioni sono quelle che si leggono già dettate nella legge del nostro suddetto maestro (sulla spiegazione rivelatagli dal medesimo Iddio) col lume della profezia, e che egli rivelò a Giosuè ed agli anziani di quel secolo. Così passate sono da una bocca e da una generazione all’altra sino al tempo della seconda emigrazione degli israeliti; ma quando dispersa la nazione nelle quattro parti del mondo, e ristrette, tra l’aumento delle sciagure, le cognizioni e le potenze dello spirito, dubitarono gli antichi savi che in progresso venisse la divina legge dimenticata, risolverono di unirne in un codice le rivelazioni⁴. Coteste sono appunto quelle cose le quali, se non avessero la predetta divina origine e se non fossero state in tal maniera alla posterità tramandate, verun savio de’ tempi, nè coll’arte, nè coll’ingegno le avrebbe potute da se stesso produrre. ⁴ Surenunzio nella prefazione della traduzion sua del Codice Misnà. Non così può dirsi delle leggi morali che essendo dall’umana ragione dettate e dalla maggior parte degli uomini savi per senso comune accordate, non furono in verun codice compilate; poichè il saggio, o da se va formandone le idee, o le rileva ed apprende dalle legislazioni universali de’ suoi tempi. Sotto il titolo poi di questa legge umana si comprendono le leggi etiche, la buona disciplina, i buoni costumi, la civiltà, ed il proprio ed elegante modo di esprimersi (cose tutte che sono piantate nel cuore d’ogni uomo ragionevole, e che l’uomo intelligente che n’è adornato le riguarda come mezzi da conoscer meglio la legge di Dio, e le tracce ch’ella prescrive, come diremo al cap. 6) come pure la cognizione della storia, della geografia, del gius publico, del gius civile delle differenti provincie, e così pure le cognizioni matematiche, cioè l’aritmetica, la geometria, l’astronomia ed altre, li principj di cui sono quasi originati nell’uomo e nel di lui intelletto, nel quale essendo piantati i principj comuni coltivati con savio criterio, ne derivano le savie conseguenze in qualsivoglia arte, o scienza la quale contiene tutte le cognizioni fisiche, o sia le cognizioni delle differenti specie, cioè il regno animale, vegetabile, minerale, e delle materie elementari, le ragioni dell’aria, delle nubi e de’ loro effetti, la botanica, l’anatomia, la medicina, la chimica, ed altre scienze umane, le quali l’uomo ha potuto concepire mediante il di lui proprio intelletto, e migliorare con l’ajuto de’ suoi sensi, senza aver bisogno di una rivelazione divina, nè di un codice che garantisca i secoli, perchè tali cognizioni non si fossero perdute⁵. ⁵ Socrate, Platone, ed altri filosofi non hanno permesso ai loro discepoli di scrivere le lezioni; il primo rimproverò uno che ne scriveva alcune, asserendo, che egli più si fidava delle pelli degli animali morti, che di una memoria viva; ed il secondo ordinò ad un discepolo di bruciare un libretto in cui aveva egli scritte le ascoltate lezioni, dicendo, che fidandole ad un libro, perduto questo, esse sarebbero del pari perdute; ed all’incontro conservandole nella memoria, non si sarebbero mai perdute. Questa legge umana, o sia morale, ha preceduta la rivelazione, o sia la divina legge, per lo che appunto conviene, che l’uomo sino dalla sua età giovanile si avvezzi a temer Dio con quelle massime ed opinioni che degno lo rendono di chiamarsi uomo, e che con quelle egli si disponga ad apprendere la legge di Dio e le sue prescrizioni, onde osservare que’ divini precetti che sono superiori alla mente umana, e che formano il dovere di un vero israelita; e questo è quello che i nostri savi rabini hanno notato con dire, che già per il corso di 26 secoli la morale ha preceduta la legge rivelata, poichè 26 secoli appunto sono trascorsi da Adamo sino a Moisè, ne’ quali ha servito di contegno la sola buona morale che è ben spiegata da que’ 7 precetti a cui noi crediamo obbligato tutto il genere umano⁶, li quali, qualora vengano ben digeriti, sono accordati dal senso comune, e convengono con tutte le leggi naturali, con le leggi comuni, e con le filosofiche legislazioni che sono tutte comprese sotto il nome di un contegno morale, e che giovano alla società umana, instruendo l’uomo del modo di prevalersi del mondo, perchè egli non solo sia esatto rispetto a se stesso; ma anche lo instruiscano del modo con cui deve essere vantaggioso al suo simile con il proprio contegno e con le rispettive azioni, per lo che colui che manca nella legge umana, ancorchè egli fosse bene instrutto nella legge divina e ne facesse anco buon uso, non è vantaggioso al mondo per due ragioni, la prima, perchè egli serve di un peso inutile alla società, giacchè essendo incivile nella sua condotta nè avendo la minima idea di mondo, il di lui contegno ne’ mondani affari, essendo fuori di proposito, non riesce di alcun vantaggio all’uman genere; e la seconda, perchè quantunque la divina legge e le sue prescrizioni siano assai più elevate ed estimabili della legge umana e morale; queste sono nulladimeno tanto connesse e concatenate con essa, che dove l’umana legge finisce, principia la divina; rivelandosi con questa quelle cose che la mente umana non potrebbe da se concepire; dal che nasce in conseguenza, che colui che ignora la legge divina e conosce la morale, quantunque non possa far godere de’ suoi lumi i saggi d’Israele nella scienza legale; nulladimeno riuscirà vantaggioso agli uomini di altre nazioni: per l’opposto poi, chi non conosce una buona morale, comunque sia egli instrutto nella legge divina, non è vantaggioso, nè alla propria, nè alle altre nazioni; il che è molto bene spiegato da’ nostri savi con un loro ben instruttivo assioma, cioè, che qualsivoglia savio nella legge, per esempio, un teologo privo di scienza morale, è peggiore di un cadavere di una bestia non macellata secondo il rito ebreo, vale a dire, che un teologo privo di scienza non sia migliore di quell’animale di cui in seguito alla legge divina ci è proibito di servirci per un difetto legale; e che non essendo, nè schifoso, nè ributtante, non è vietato fuorchè alla nostra società, potendo gli altri uomini goderlo, a cui possiamo perciò venderlo⁷; ma costui è ancora peggiore, perchè non dirigendosi secondo i precetti della vera morale, non è utile, nè alla propria, nè alle altre nazioni; giacchè le teologiche di lui cognizioni sono spregievoli alla propria nazione, ed il contegno di lui si rende abbominevole e ributtante anche verso le altre nazioni. ⁶ Il nostro celebre Maimonide nel suo Jad achazakà, Tratt. de’ Re, cap. 9, art. 1, c’insegna, che questi siano, al numero di 6 precetti negativi, stati dati ad Adamo, allorchè proibita fugli l’idolatria, la bestemmia, l’omicidio, l’adulterio, il furto, e la violazione della giustizia; e che a Noè sia stato aggiunto l’altro della proibizione dell’uso della carne staccata da un animale vivo. ⁷ Deuteron. cap. 14, v. 21. ___CAPITOLO II._ La legge morale ne’ primitivi tempi era maneggiata dagli uomini più rispettabili; ed i suoi dettami hanno formate le unioni sociali, e fondate le monarchie, dividendo in seguito i popoli in differenti gerarchie: parte di questi destinati furono a presiedere al governo ed alla giudicatura, e parte ad essere condottieri di armate in difesa dello stato: i più savi hanno erette scuole per instruire la nazione nelle scienze e nelle virtù, ed il rimanente del popolo è stato diviso, chi alle arti meccaniche, e chi all’agricoltura; ed ogni differente società ha stabilito certi usi e costumi, sì per trattare con i propri individui, che per contenersi con gli estranei; e quindi si è formato il diritto delle genti, affinchè questo serva di base alle regole con le quali un regno od un popolo debba trattare con l’altro; il che ha contribuito non solo a formare de’ trattati di pace; ma ancora delle alleanze che servirono a communicarsi a vicenda le arti, le scienze, il commercio, e concambio delle rispettive derrate, con il di cui mezzo le differenti parti del mondo si sono collegate una con l’altra, tendendo ognuna a cercare l’altrui pace e felicità, sicuri essendo, che tanto il bene, che il male di una popolazione influirebbe sul bene, o male dell’altra, ed in tal guisa ogni privato può, e deve riuscire di vantaggio alla generale popolazione dell’universo. Nel modo istesso la legge morale ha servito di base fondamentale al contegno de’ capi rispettabili d’Israele; e sebbene i re, i profeti, i ministri di Dio, e più di ogn’altro il nostro legislatore Mosè cui gli statuti legali rivelati furono, fosser stati da Dio ispirati; pure nulla per via di rivelazione han saputo delle leggi morali, quantunque abbin appreso cose maggiori; poichè al contegno morale il sommo Dio aveva già provveduto nell’atto di creare il genere umano, con accordargli diverse cognizioni, e l’abilità altresì di poterle comprendere da se stesso, riflettendo agli oggetti che la creata natura presentava loro; e però poteva trarne delle massime conseguenti ed atte a formar delle leggi e delle regole capaci a sostenere le republiche in ogni parte, ed in qualsivoglia provincia che esister potesse; e prima ancora che la divinità si fosse dimostrata a’ nostri santi maggiori, essi già erano perfettamente instruiti di tutte le leggi umane, tanto ne’ rispettivi diritti e buon governo, quanto anche nelle cognizioni, e fisiche, e speculative; ed abbenchè fossero illuminati dallo spirito divino, nulladimeno non si sono allontanati da un simile contegno di mondo, il quale si rese sempre indispensabile e necessario, tanto per trattare con i privati, quanto col publico; e per sostenere altresì proposizioni con grazia ed energia, e per incamminare i trattati che dovevano indispensabilmente avere con altri popoli, e così con i loro rispettivi sovrani, non essendo possibile, che un uomo dirigga un popolo intiero, e lo conservi in una buona armonia, senza essere un perfetto conoscitore de’ diritti publici e privati, e così pure dell’uman cuore, e de’ costumi ed inclinazioni delle nazioni. E ciò è tanto più naturale, cioè, che allora quando i nostri maggiori hanno preso un regolato sistema abitando la terra santa, fondando il loro regno secondo il dettame della divina legge, e stabilendo le proprie tribù nelle città e distretti stati loro assegnati, abbiano avuto bisogno maggiormente di un contegno morale per stabilire i rispettivi tribunali di giustizia e per disporre il governo con quell’ordine umano che fu poi meglio perfezionato dalle divine prescrizioni, destinando maestri, onde vegliassero all’educazione della gioventù, incaricandoli di regolarla sul piano del divino volere; ed indi hanno avuto bisogno di agrimensori par la giusta divisione delle terre, e così pure degli architetti per piantare abitazioni, per costruire torri, fortezze e fortificazioni, e per formare le città, ed hanno avuto bisogno de’ conoscitori dell’arte della guerra, e de’ fabbricatori d’armi, degli aritmetici, degli astronomi, e degli agricoltori, e di uomini abili a conoscere il contegno de’ regni, delle provincie, e de’ rispettivi sovrani, non meno che le loro religioni, le leggi, e le loro forze, non che di aver attenzione a quello che succedeva giornalmente, e così degli scrittori i quali scrivessero i fatti storici che accadevano; il che si vede con ispecialità espresso nel Paralipomenon⁸, essendo queste cose tanto necessarie e per il buon governo e per la durabilità del medesimo; ed a tutto ciò non si nega, che sia superiore la legge divina, che egualmente si deve conoscere affine di saper esercitare le funzioni dalla medesima prescritte, e per mantenere un contegno divoto, e per conseguire le cognizioni metafisiche che formano la felicità dell’anima; in tutti i modi però queste due leggi sono necessarie egualmente, perchè ambedue riconoscono il medesimo divino autore, servendo la legge rivelata di ornamento e di corona alla morale; e quantunque parte delle cognizioni divine siano il decoro delle leggi umane presso tutte le nazioni; si rende nulladimeno necessario, che la morale preceda, e sia appunto la prima a piantarsi, non altrimenti che precede l’infanzia e la gioventù alla maturità ed alla rispettabile vecchiezza, la notte al giorno, ed il verno all’estate. Così appunto la morale dispone l’anima la quale si rende poi perfetta mediante le cognizioni maggiori, come abbiamo dimostrato; e questo si è il contegno che ne’ nostri tempi si osserva, poichè tutte le nazioni che sussistono, che riconoscono la subordinazione, e che amano la tranquillità, devono tuttociò alle leggi della buona morale con cui si regolano, procurando a tutti i sudditi una lingua istessa, ed un contegno eguale ne’ professori di arti, scienze, o lettere, potendo ognuno appigliarsi a quell’arte o scienza che più gli aggrada, ed a cui meglio inclina; e mediante un tale contegno viene sostenuta la società: contegno, che dal più al meno è osservato in qualunque paese; essendo per altro considerabile, che a misura che un paese viene trattato con buona morale, a misura è ancora felice, savio, potente, onorato, e rispettato; ove all’opposto qualora vi manchi il buon costume, il paese decade, non solo nel credito; ma ancora nella felicità: ciocchè è tanto noto universalmente, che non occorrono prove per accertarlo. ⁸ Paralipom. Lib. I, cap. 29, v. 29, 30. _CAPITOLO III._ Se v’ha popolo alcuno nell’universo che non sia versato quanto conviene sulle leggi umane, e che abbia altresì nella sua gioventù e nelle proprie scuole trascurati gli studi del jus, della fisica, e delle matematiche, un tale popolo siamo noi certamente israeliti dispersi ne’ differenti dominj di Europa, dimoranti nella maggior parte de’ suoi regni, avendo intieramente abbandonati sì rispettabili e vantaggiosi studi, e specialmente li popolatori dell’Allemagna, e della Polonia,⁹ molti de’ quali sono uomini di profondo sapere, di un giusto criterio, e di buona morale dotati, e timorati di Dio; ma il loro studio dall’infanzia è stato sempre quello della legge divina e de’ suoi precetti, avendo poi la notizia delle leggi umane intieramente trascurata, ignorando ben anco la grammatica della propria santa lingua, non conoscendo la bellezza, la forza, l’eloquenza, la grazia della medesima, dalla quale risultano tante belle e savie cognizioni, essendo conseguentemente naturale, che non sappiano ben parlare la lingua della nazione, tra cui si contan non pochi i quali non sanno neppur leggerla, e tanto meno scriverla, ignorano la Geografia, non conoscono punto la storia, e così pure non hanno la menoma idea della legge civile, della fisica, delle matematiche; poichè non furono mai istruiti da’ genitori, o da’ maestri, appunto perchè i genitori istessi non avevano di tutto ciò alcun principio; che anzi neppure i fondamenti della medesima fede non vengono a dovere insegnati, nè la gioventù li apprende con un metodo eguale. Nelle nostre scuole non si studia, nè l’etica, nè la metafisica, e que’ pochi scolari che hanno la grazia di Dio di aver riportato qualche profitto dagli studi della divina legge, fatti adulti, con loro sensibile dispiacere conoscono quanto loro manchi, e quindi nasce quella dura fatica di rimediare a’ difetti dell’educazione, e per guadagnarsi le opportune cognizioni, devono cercarle nelle conversazioni, o mendicarle da’ libri talvolta mal digeriti, e mendicarle senza ordine e con poco profitto, formandosi un’erudizione irregolare, poichè una cognizione chiara delle scienze non si trova nella nostra nazione, fuorchè in pochi privati che si sono dati alle scienze ed alle virtù; ed apprendendo le lingue onde capire i libri delle differenti nazioni, si formarono da se quasi una sorgente di cognizioni, approfittando senza maestri e senza l’assistenza de’ loro genitori, e questi tali sono stati guidati unicamente dal vero amore della virtù. Soggetti però di tale fatta sono pochissimi¹⁰; ed il volgo che non si è dato allo studio sacro, per lo più resta privo intieramente delle vere leggi umane, e manca conseguentemente allo stesso la rettorica, la morale, le scienze e le arti; cosicchè sprovvisti somiglianti uomini di tali lumi, riescono inutili alla società. Un tale difetto è andato crescendo nella nostra nazione da un secolo all’altro, e vige ancora al presente, senzacchè nessuno avesse pensato o cercato di levarci il velo dell’ignoranza con cui siamo stati sgraziatamente coperti. ⁹ Questo è un tratto della modestia dell’autore; giacchè il traduttore nel citato suo discorso ha provato, che nel corso di pochi anni li fratelli di lui ebrei Allemanni hanno prodotte cinquanta e più opere letterarie; e la maggior parte in materie profonde, e nelle lingue latina, tedesca, e francese. ¹⁰ Quì il nostro autore fa un modesto ritratto del celebre filosofo, e metafisico sig. Mosè Mendelssohn, e di altri suoi simili, i quali dalle nostre sacre cognizioni, e dalla lettura de’ medesimi filosofi sono giunti al sublime grado delle vere cognizioni. Non vi stupite però, o miei fratelli, se un tal male ci sia accaduto, e se quella nazione che ne’ primitivi tempi fu da Dio istesso chiamata per savia ed intelligente, e che fu data alle altre nazioni per modello, siasi poi in progresso di tempo guastata nelle cognizioni umane e ridotta perciò inferiore alle altre nazioni, trascurando quegli studi che rendono rispettabili chi le possiede, quantunque questa nazione medesima continui nello studio della divina legge e nelle cognizioni dello spirito, e quantunque il maggior numero de’ nostri confessi si applichi fervorosamente a questi studi: non vi stupite, ripeto, se fra gli individui nostri ve ne siano alcuni di sopraffino intendimento, di acutissimo ingegno, non solamente ne’ nostri studi, ma ancora in qualunque altra applicazione; e che ciononostante ignorino le scienze e le cognizioni che formano la legge morale; poichè, sappiate o miei amati fratelli, che la colpa non è nostra, nè abbiamo motivo di querelarsi del proprio contegno, nè di lamentarsi di noi medesimi; ma dobbiamo incolpare bensì quelle nazioni le quali ci hanno preceduto da mille e più anni in quà, e che ci hanno tanto malamente trattati con i decreti de’ loro sovrani e ministri, avendo con le loro legislazioni cercato di abbassarci, e di annichilirci, imponendoci delle leggi contrarie alla ragione. Essi sono quelli che ci hanno resi incapaci di conservare una sana morale, abbattendo il nostro spirito, sino ad umiliare il nostro coraggio, obbligandoci a trascurare le scienze umane; e da quel tempo in poi avviliti gli animi de’ nostri predecessori, non furon suscettibili di quella forza che si richiede per proseguire nel cammino delle morali cognizioni. Questo è che ha ridotti i nostri maggiori ad abborrire tutti gli studi naturali, perchè furono esclusi da tutti que’ suffragi a’ quali Iddio ha ammesse tutte le sue creature dall’una all’altra parte dell’universo; e però lor mal grado abbandonarono quelle cognizioni, e quegli studi i quali hanno per scopo il contegno, come sarebbero le cognizioni di astronomia, di agricoltura, di nautica, di fortificazione, del jus privato e publico, cose da loro riputate per superflue, riflettendo, che le nazioni li trattavano da nemici, non curavano i loro consigli, e non facevano conto alcuno della loro robustezza. Dicevan quindi: _Noi non siamo abilitati a possedere terreni, nè a sostenere impieghi; trascuriamo dunque tutti gli studi, e diamoci intieramente al commercio, onde procurarci qualche sostegno e nutrire le nostre proli; dacchè il solo ed unico commercio ci è permesso, ed anche questo con pesi enormi e con ristrettissime limitazioni, confidiamo in Dio, non studiando, fuorchè gli oggetti di religione i quali ci guideranno alla futura felicità, giacchè questi sono i doveri precisi per i quali Iddio ha contratta l’alleanza con i nostri maggiori._ Li pochi letterati poi, li quali, come si è detto, si sono da se stessi formati, hanno trascurato d’istruire i loro allievi nelle scienze, e nelle belle arti, sapendo per pratica, che il dolce delle scienze non si possa gustare da chi è amareggiato nell’animo, conoscendo essi, che quand’anche li avessero ben istruiti ne’ doveri dell’amore dovuto al loro simile, che è la corona ed il fregio di tutte le civili e morali cognizioni; pure non li avrebber posti in pratica, dacchè dovean vivere in mezzo a quelle nazioni da cui venivano continuamente imposturati, macchinando contro di loro, ed inventando mille false imputazioni, per aver campo d’isfogare il loro ingiusto odio, o la vergognosa loro avarizia, con delle crudeltà inaudite, e dacchè prevedevano, che il loro amore per simili prossimi sarebbe stato contracambiato con l’odio; anzi, che se le proli fossero state istruite a dovere nella lingua del paese per modo che avessero potuto presentarsi alle corti ed ai magistrati, non sarebbero state ascoltate, giacchè i loro talenti non erano punto stimati, e le migliori loro produzioni sarebbero state ributtate, e dacchè finalmente congetturavano, che se venivano istrutte nella fisica e nella matematica, si sarebbero in progresso disgustate, perchè non vi avrebber trovati vantaggi reali; stantecchè non avendo campo di adoperarsi nell’agricoltura, nè nell’architettura, nè in qualsivoglia altra professione, attesa l’inibizione, non averebbero da’ loro studi riportato il bramato effetto; ed essendosi in progresso di tanti secoli dimenticata la nazione dello studio e dell’esercizio delle scienze, non vi fu più il caso di riacquistarle, nè anco in que’ medesimi stati ne’ quali regnarono i più clementi sovrani, da cui ci fu accordato qualche raggio di grazia, e ci fu allegerito il peso della sofferta schiavitù, perchè le cognizioni erano nella nostra nazione affatto perdute. Nella lingua ebrea non avevamo libri che c’istruissero, e le lingue delle altre nazioni non le conoscevamo e non ne potevamo approfittare, perchè esclusi dalle publiche scuole; giacchè ne’ tempi di persecuzione ci hanno talmente proscritti ed allontanati dal commercio delle nazioni, che non avendo se non se poca occasione di trattarle, non conoscevamo più nè le loro lingue, nè i loro libri; e tanto meno potevamo con eleganza spiegarci: allorchè poi le più forti persecuzioni ci hanno obbligati a dover emigrare da una in altra provincia, ci siamo scordati una parte della lingua della patria che abbandonavamo, imparando una confusa parte di quella del paese che ci ammetteva, avendo per conseguenza formata una lingua barbara e male pronunciata; e così di noi è accaduto quanto si legge nella storia delle nostre vicende, la quale facendoci fremere, rende anche maraviglia come fossimo restati un corpo di nazione¹¹ a fronte di tante persecuzioni, espulsioni, e martirj, e come abbiamo potuto resistere ad una corrente sì forte: così pure è da stupirsi come a fronte di tuttociò siano tra noi rimasti tanti umani e plausibili usi, ed una sana morale con cui ci siam regolati; questo però è un effetto della sacrosanta divina legge, la quale, anche allora che mancarono le scienze, è stata capace a formare il nostro spirito, inspirandoci sentimenti di morale e di pietà, allontanandoci dalla barbarie e da passare a’ criminali da cui per la Dio grazia siamo restati illesi, poichè noi non abbiamo in alcun tempo avuta parte nelle congiure o sollevazioni, abbiamo macchinati assassinj o insidie; anzi in ogni tempo ci siamo dimostrati fedeli e rispettosi a’ sovrani che ci hanno dominato, ed alli paesi che ci hanno sofferto, sempre pregando Dio per la prosperità del paese in particolare, e del mondo in generale¹²; e quantunque ci siamo veduti maltrattati ed abbattuti, ci siamo consolati con la nostra innocenza, pensando, che il mal contegno delle altre nazioni verso di noi era un effetto del pregiudizio inveterato, tanto ne’ popoli, quanto in alcuni che li governavano (pregiudizio che dura ancor di presente per abito): motivo appunto per cui abbiamo pregato il sommo Dio di voler mutare i loro cuori, affinchè ci riguardino una volta con occhio umano, e ci usino i tratti di tolleranza e di benevolenza, la quale si è meritata dal nostro umile e sofferente contegno. ¹¹ Il Benverga nel suo Scevèt Jeudà, un altro spagnuolo nel suo libro intitolato le tribolazioni d’Israello, e Abarbanel nelle sue opere, hanno dato conto delle persecuzioni sofferte; ma più fusamente il sig. de Basnage nella sua storia ebraica. In questo modo le cose sono passate da un secolo all’altro, e tali ancora si conservano, perchè quantunque in molti regni si sono veduti principi tolleranti, e massime in questo secolo nel quale i sovrani di Europa sono filosofi amici dell’uomo, e tolleranti, e da cui anzi riceviamo distinte grazie (del che Dio sia il rimuneratore); nulladimeno non è cessata la durezza delle antiche leggi, e degli invecchiati pregiudizi che ci hanno impedito l’uso delle arti e scienze, ed allontanati dalla società, come abbiamo dimostrato nel cap. 1, e 2do: pregiudizi che sono troppo radicati ne’ cuori del minuto popolo, ne’ quali il pregiudizio è solito a piantar radice, ed il buon criterio rare volte vince od è capace di estirparli; poichè quand’anco l’amico dell’uomo formi per un momento idee di filosofica tolleranza, l’uso ed il pregiudizio ne offusca le idee; e questo è ciò che ha causato, che nessuno si sia mosso a pietà di una sì grande quantità di poveri innocenti che pensano sempre al bene, alla quiete, ed alla tranquillità, e che non hanno altra colpa fuorchè quella di essere nati figli d’Israele, e di conservare la primitiva credenza, come tutte le altre nazioni conservano quella religione che hanno succhiata con il latte materno; e quantunque noi crediamo in un solo ed unico Dio che è padre universale (principio che è comune a tutti i nostri fratelli figli di Adamo popolatori dell’Europa, come a que’ nostri simili che popolavano l’Asia e l’Africa), e tuttochè la nostra legge insegni l’amore dovuto al nostro prossimo, ed il contegno di pace e di buona morale, ciocchè serve di base fondamentale, tanto alla legge degli europei, quanto a quella de’ maomettani; contuttociò nessuno ci ha riguardato con buon occhio, nè ebbe per noi riguardi favorevoli, per modo che, dubitando di mai più essere favoriti, ne disperavamo intieramente. ¹² Il traduttore nel suo citato discorso ha provato questo contegno con le scritture sacre, con gli storici della nazione, e con la pratica ancora, come si vede nella sua citazione dalla pag. 13 sino alla pag. 17. ___CAPITOLO IV._ Ma nulladimeno gli eventi non corrispondono sempre alle umane aspettazioni, perchè ogni cosa ha il suo tempo determinato, ed ogni avvenimento di questo mondo ha il suo termine¹³, e dal momento che Dio ha creato cielo e terra, ha prescritti gli eventi delle rispettive epoche del mondo, or felici ed or funesti; giacchè leggendo nel futuro, e conoscendo le generazioni prima ancora che esistano, prevede tutto quello che accaderà sino alla consumazione de’ secoli; e come che da un secolo all’altro sempre più si sviluppano gli arcani della natura, e si scuoprono nuove invenzioni, tanto nelle arti, quanto nelle scienze, come in grazia d’esempio la scoperta dell’America, l’invenzione utile della stampa, l’invenzione terribile della polvere di fucile, le differenti qualità delle macchine elettriche, ottiche, e cose simili; così ha egli ab eterno destinato chi debba regnare, dirigere, e governare i secoli rispettivi: egli eleva i re al trono, perchè siano gli stromenti della sua volontà, e per operare col loro mezzo gli effetti della di lui grazia, o giustizia, e quindi è che il profeta Isaia predicesse 300 anni prima del tempo la distruzione di Babilonia, e chi ne dovesse in seguito essere il conquistatore da lui espressamente nominato¹⁴, ed un altro profeta predisse a Geroboamo, che nascerebbe un figlio nella real casa di Davide che sarà chiamato Jozia ben 200 anni prima, ed il savio re Salomone distinse la somma differenza fra i differenti tempi che passano per tutti li popolatori del mondo li quali, o per bene o per male, si estendono e comprendono le generali nazioni o popolazioni, segnando tra questi i vari tempi di amore o di odio¹⁵; così sarà questa l’epoca felice destinata a sradicare l’odio irragionevole che passa tra le varie società del genere umano: odio ingiusto che riconosce una incompetente origine perchè ha per base la diversità di religione e di culto. Oh secolo illuminato! Adorate la bontà divina che ha elevato l’eroe, il restauratore dell’umanità _GIUSEPPE II_, la di cui gloria sia inalzata, il quale oltre il di lui sapere, buon governo e valore guerriero, cose più sorprendenti sentiamo che abbia stabilite publicando le leggi di tolleranza generalmente per tutti li felici suoi popoli i quali hanno per base l’amore del genere umano, e nell’impartire le sue sovrane beneficenze non ha trascurato il popolo il più povero, il più abbattuto, i figli d’Israello da tanti secoli dimenticati, ordinando anche a nostro prò favorevoli e consolanti leggi, non altrimenti che un vero padre a’ cari figli, come un precettore diligente agli amati suoi discepoli, e come un clemente sovrano a’ sudditi i più fedeli, aprendo per la loro sussistenza le più facili vie, permettendo l’agricoltura, animando alle arti, levando gli ostacoli e le restrizioni, a cui il nostro commercio andava soggetto. Questo prode sovrano ha conosciuta la nostra infelicità; e perchè pochi di noi parlavano perfettamente la lingua tedesca per le ragioni descritte al cap. 3, per la di cui mancanza era impedita l’intelligenza de’ migliori libri, e ci rendeva conseguentemente inerti alla storia, alla fisica, al jus, ed alla matematica, onde poi nacque che non eravamo in grado di poterci spiegare nè con la corte, nè con li dicasteri, nè con la nobiltà, perciò ha destinato un retto sistema, comandando, che fossero stabilite scuole in cui li nostri figli apprendessero a ben scrivere e leggere nell’idioma tedesco, e che fossero anzi composti libri di sana morale analoghi però alla propria religione, affinchè le tenere proli imparassero un buon contegno ed una morigerata condotta; giacchè le matematiche, la filosofia e la fisica, essendo analoghe a’ principj comuni, potevano i nostri figli impararle con tutti gli altri sudditi nelle publiche università nelle quali non si trattan differenze che riguardino la religione, ond’è che son comuni a tutto il genere umano: tuttociò per rimediare a’ corsi mali, per rimettere i danni causati in tempo di odio e di persecuzione, come s’è detto al cap. 3, e perchè noi ci rendiamo attivi, ed utili alla republica, ed allo stato colle arti, colle scienze, e con gl’impieghi. Felice quel sovrano che pensa tanto egregiamente, giacchè è stato prescielto da Dio a far bene e grazie a tutto il genere umano! Esso è l’istromento di cui Dio si serve per operare nel mondo sorprendenti imprese. Di lui si può dire con verità, che molti eroi si sono distinti, ma che egli li abbia oltrepassati tutti, giacchè un tale contegno prova una vera superiorità di spirito, sapendo superare i pregiudizi comuni che si trovano invalsi in molti, ed a seconda de’ quali si è formata l’educazione già per il corso di tanti secoli: pregiudizi adottati da tanti secoli, e che egli ha superati, dimostrando la sua pietà, e la sua giustizia, volendo, che gli uomini si amino tra loro fraternamente, e vivano in una morale e pacifica unione. Per lui ha scritto il savio re Salomone: _Meglio è il tollerante, che il conquistatore: e migliore è quello che domina il proprio spirito, che quello che conquista città._ Un sì grande sovrano assista Dio Signore, egli lo difenda e lo garantisca da qualsivoglia sinistro evento; e la pacifica fabbrica di savia tolleranza che ha egli eretta, di modello serva agli altri principi della terra, affine di rendere comune la pace, e la buona armonia nel mondo¹⁶. Si renda immortale il di lui nome, e le nazioni tutte lo rispettino, imitando il suo esempio; ed il suo impareggiabile merito sia conservato nel cielo per tutti i tempi dell’eternità. ¹³ Eccl. cap. 3, v. 1. ¹⁴ Reg. lib. 1, cap. 10, v. 1. ¹⁵ Eccl. cap. 3, v. 9. ¹⁶ È nostro uso di aggiugnere una benedizione al nome del sovrano. _CAPITOLO V._ E Voi, o miei fratelli e figli d’Israello che godete la felicità di essere sudditi di un sì pio monarca, quale gratitudine dimostrarete, onde compensare in parte al gran vantaggio ch’egli vi destina, o cosa potrete fare onde rendervene degni? Non potrete al certo, se non porgere sincere e fervorose preci al sommo Dio per la di lui felicità, e per l’esaltazione del suo Impero, ubbidendo a quanto vi ha imposto; e poichè esso non esige da voi, fuorchè quello che forma la vostra felicità, ammettendovi all’agricoltura, all’esercizio delle arti, ed alla libertà del commercio, è necessario dunque, che, accordando Dio la sua benedizione alle vostre imprese, trattando voi con la nobiltà, co’ dicasteri e con la sovrana corte, abbandoniate quegli atti di cattiva grazia a cui vi hanno condotti le persecuzioni de’ trascorsi tempi, e rinunziate alla cattiva pronunzia ed a’ termini vili e barbari, addestrandovi alla purità delle lingue, procurando, che i vostri figli imparino le grammatiche delle lingue che si usano ne’ paesi ove voi dimorate, e che apprendano le leggi, la fisica, le matematiche, ed altresì le belle lettere; onde essendo ammessi alle publiche società, e dovendo quindi di parecchie materie parlare, a misura appunto che si presenta l’incontro, non compariscano, come ora, di tutto ciò affatto digiuni ed addormentati, o immersi nell’ignoranza; e ciò tanto più, quantochè queste umane cognizioni sono molto opportune per l’intelligenza della divina legge, alla quale noi siamo tanto attaccati. La trascuratezza sino ad ora avuta nell’imparare le lingue delle rispettive provincie in cui abitiamo, e l’incapacità di parlare purgatamente, ha partorita la troppo funesta conseguenza di mal appena conoscere la lingua ebrea e forse anco la di lei grammatica, e così la poesia e la rettorica; e conseguentemente non approfittandosi di questi vantaggi che si ricavano da quelli i quali intendono le lingue, non giungiamo a perfettamente comprendere le frasi della scrittura sacra, la quale, oltre alle felicità future che a noi promette nell’altra vita, supposta però sempre l’osservanza de’ suoi precetti, facilita inoltre la felicità in questa vita umana, poichè istruisce l’uomo con leggi tendenti ad usare un buon contegno savio e morale in tutte le sue azioni: motivo che ha determinato l’eccellentissimo sig. Moisè Mendelssohn a tradurre in tedesco il Pentateuco con grande eleganza, in grazia appunto della pratica nel sopraddetto idioma, e dell’erudizione nelle scienze: opera con cui ha egli alla nazione reso un’importante servigio, come si vedrà al cap. 7. E così gli studi fisici, legali e matematici, non solo fanno sommo onore a chi li possiede, non solo lo rendono utile allo stato ed agli individui di cui è parte; ma sono inoltre in grado di sostenere la fede, radicando l’amore ed il timor di Dio, e sono utili altresì per essere capaci di rendere più rispettabili i sacri libri, e la rivelazione nella sua società; e perciò li nostri letterati hanno bisogno di sapere la cronologia e la storia, onde conoscere le antiche rivoluzioni del mondo, come per esempio: chi, e quali fossero gli antichi possessori delle provincie, e come dall’uno all’altro siansi devolute? Come siansi formati i regni, e d’onde abbiano la loro origine li differenti nomi che hanno avuto gli stati, e le nazioni? Quali fossero li loro costumi, quale la storia e le legislazioni? Queste notizie giovano, tuttochè siano esse profane all’intelligenza della divina scrittura, da cui ci viene delineata l’idea della divisione della terra tra li figli di Noè, e così pure l’idea de’ nomi delle provincie originate da’ nomi di queste famiglie che in allora le popolavano, come del regno di Nembrot, quello de’ Siri, la guerra de’ cinque re contro quattro ne’ tempi del patriarca Abramo, e così de’ paesi che hanno occupati, e molte altre simili storie scritte da Mosè e da altri profeti ne’ rispettivi loro libri; poichè colui che non possiede una vera idea dell’antichità, reputa, come altrettanti sogni, questi racconti; nè può con fondamento appagarsi. Cognizioni sono queste le quali sono incamminate a promuovere, e l’amore, ed il timore di Dio; poichè conoscendo gli antichi costumi delle trascorse nazioni, si giunge a conseguentemente capire, come, essendosi gli antecessori scostati dalla sana morale, Iddio li abbia proscritti, e perchè tra tutti prescielto avesse il patriarca Abramo (che gode la vera pace) contraendo secolui una perpetua alleanza per se e suoi successori; e si arriva a comprendere, che la legge ed i precetti divini siano stati dati, affine di sottrarci dal corrotto ed abbominevole contegno delle nazioni idolatre; e si capisce la verità di qualsivoglia proposizione delle sacre carte utili ed instruttive. Con questo mezzo sarà ben regolata la fantasia delli giovani studiosi che si avezzeranno a pensare con aggiustatezza, senza formarsi idee false, o tessere racconti di vecchiarelle, di romanzi, o favole, come furono in vari tempi inventati, e così pure l’uomo resta dalla storia instrutto, leggendo i fatti accaduti alle nazioni già corse, ne’ loro usi, condotte, invenzioni, e riflettendo ai loro successi, conoscerà il buon effetto della vera condotta, e della giusta direzione, vedendo prosperare intere monarchie, e produrre sommi eroi e letterati, ed osserverà inoltre, come un cattivo contegno abbia precipitate le maggiori provincie che si sono distrutte, perdendo anche nelle loro ruine que’ direttori che si avevano meritata una grande riputazione; certo essendo che simili cognizioni sollevino l’uomo sopra l’ignorante volgo il quale dorme vegliando, e così pure la cognizione della geografia, da cui ci viene esibita l’estensione del globo, la sua divisione in provincie, li rispettivi limiti delli differenti stati, ed a quali gradi di latitudine e di longitudine essi siano situati, le diverse situazioni e denominazioni de’ mari e de’ fiumi: cognizioni, che sono egualmente utili, come appunto la storia per l’intelligenza della divina scrittura, ed affine di comprendere quali differenti provincie siano state assegnate alli diversi discendenti di Noè, li viaggi del patriarca Abramo, li veri limiti e confini di terra santa, il viaggio delli nostri maggiori nel deserto, e i mari ed i fiumi che sono nella sacra scrittura descritti: cognizioni che riescono strane, e di difficile intelligenza a chi è di tali notizie privo, come lo dimostra l’esperienza; e per contrario chi è di simili cognizioni dotato, comprova que’ fatti colla naturale evidenza. Si rende poi del pari utile la conoscenza dello stato presente di tutte le nazioni, il loro commercio, i loro costumi, le differenti religioni: cose tutte che servono a facilitare il commercio, ed a fare un onesta comparsa nelle pulite ed erudite conversazioni. Non v’ha dubbio, che le cognizioni fisiche de’ vegetabili, degli animali, de’ minerali, e delle materie elementari, come quelle altresì dell’aritmetica, dell’agrimensura, dell’architettura, e dell’astronomia, sono essenzialmente necessarie per l’uso della religione ed intelligenza delle sacre carte; giacchè con queste si spiegano le proporzioni delle distanze necessarie nelle differenti piantagioni, per l’intelligenza del corso delli due astri maggiori tanto necessaria per la rispettiva destinazione delle feste: la cognizione fisica degli animali che sono permessi, e di quelli che ci sono proibiti, e per quelli che trascurano simili cognizioni, il profeta ha scritto il rimprovero dicendo, che non riguardano le opere di Dio, nè considerano le opere delle di lui mani¹⁷; per quello poi che le studia, Salomone promette, che allora concepirà il timore di Dio¹⁸; giacchè con il mezzo delle scienze l’uomo comprende la grandezza di Dio, la di lui forza e potere, e ciò lo porta ad un maggior rispetto e divozione per il di lui fattore, e su di ciò non è bisogno di maggiormente diffondersi, mentre gli antichi nostri autori, di buona memoria, si sono bastantemente spiegati; e poichè Sua Maestà Imperiale ha ingionta la coltivazione delle scienze, li di lui ordini sono in vero consolanti, essendo la verità cara a Dio, è giusto altresì di obbedire a questo sovrano comando tanto dilettevole e vantaggioso. ¹⁷ Isaja cap. 5, v. 12. ¹⁸ Proverb. cap. 2, v. 5. _CAPITOLO VI._ Oltre a ciò ha bisogno la nostra nazione di compilare ed unire di bel nuovo gli articoli di fede, e le massime di religione e di buon costume, onde instruire i nostri figli nelle nuove scuole, ed anco a ciò ha proveduto S. M. Imperiale con la sua savia providenza, ordinando, che ci serviamo de’ libri di morale analoghi a questi tempi, e diretti da una sana filosofia, onde col mezzo di questi venga impresso nella gioventù un vero contegno; ed allorchè rifletteremo con esattezza, concluderemo certamente, che il lume di tutte le morali scienze sia ecclissato dal forte splendore che tramandano li precetti morali della divina legge; ma il lume della sacra morale non si può così facilmente capire dalli principianti studiosi, perchè il rilevare le profonde massime ed il buon contegno dalla fonte originale, e da’ profondi divini oracoli, ella è opera di uomini savi e provetti, e non già, come dissi, di principianti; essendo a ciò necessaria una profonda cognizione, ed un criterio non ordinario; ed in conseguenza è indispensabile che sia prima compilato un libro riguardo agli articoli della fede alla quale ogni israelita è tenuto di credere; libro che sia scritto con una frase chiara, ed assai intelligibile; e che l’autore proporzioni il suo stile all’abilità de’ scolari che devono essere instruiti, affinchè tutti nell’infanzia imparino con una medesima formalità gli articoli di fede, e tuttocciò che da essi deriva, provando ogni articolo con li testi scritturali dai quali ciascun articolo proviene, e ciò affinchè restino informati nella loro religione, ed affinchè pure di questa restino interamente persuasi e convinti dell’origine delle cose nella vera loro sorgente; cosicchè anche quelli che non saranno in grado di avanzare nelle scuole, non manchino di sapere metodicamente quelle cose le quali sono proficue e necessarie per renderli felici nell’una e nell’altra vita¹⁹. ¹⁹ Oportunamente è stato scritto dal dotto Rabino Simone Calimani di Venezia un Catechismo in italiano per la gioventù ebrea, e questo, che è già sortito da’ torchi del Ces. Reg. privilegiato Stampatore Giacomo Tommasini di Gorizia, è prossimo a venire alla luce da’ torchi medesimi in lingua ebraica e tedesca. E’ poi necessaria del pari ancora la compilazione di altri libri di savia instruzione per le scuole, parte intorno a’ precetti morali che formano una parte della legge umana, e che sono strettamente connessi con la legge divina, ed alcuni ancora sulle virtù dell’anima e le sue potenze le quali influiscono su i costumi, mediante le quali essa opera, come sarebbe a dire la virtù e l’ignoranza, la fermezza e l’instabilità, l’allegrezza e la melanconia, l’amore e l’odio, la generosità e l’avarizia, e molte simili cose; ed essendochè quasi tutti i buoni costumi sono connessi con li divini precetti, come il non desiderare la casa altrui²⁰ , il non vendicarsi ed il non serbar odio²¹ , il non odiare internamente il suo simile²², l’amare il suo prossimo come se stesso²³, oltre a quelli che si vedono sparsi negli altri libri inspirati, come per esempio, è abbominato da Dio ogni perverso di cuore²⁴, abbomina Dio qualunque superbo²⁵ , e molti simili divini precetti e morali avvertimenti; quindi è necessario, che li compilatori ricavino le loro sane sentenze dalla sacra fonte della rivelazione, esponendole con buon criterio ed ottimo sistema, affinchè queste cose persuadino le loro menti, aprendo loro l’ingegno onde approfittare delle istruzioni col mezzo di queste regole, e reggere con queste le loro azioni, onde con un savio e divoto contegno siano amati da Dio e dal mondo savio, come insegnò Salomone nel principio de’ suoi divini proverbi²⁶ _per ricevere l’instruzione della prudenza, la giustizia, il giudizio, e la rettitudine_; giacchè l’instruzioni della divina legge, quando sono giudiziosamente esaminate e ben capite, si fondano tutte nella giustizia, nel giudizio, e nella rettitudine; e sono bastanti a persuadere qualsivoglia oggetto pensante, nè sono esse opposte in verun modo alla sana morale de’ filosofi e delle altre nazioni, come non sia vero giammai, che alcun precetto divino fosse soggetto a qualsisia eccezzione, e che qualunque scritta legislazione avesse trovato, che un solo di questi precetti avesse servito d’intoppo a qualsivoglia giusto affare, e questo non si potrà mai dire, non solo della divina scrittura; ma neppure delle leggi de’ nostri savi rabini, allorchè siano veramente e perfettamente intesi; il che è dimostrato nell’articolo dell’usura, che Dio permette verso l’estraneo, e la proibisce col proprio nazionale²⁷; e la ragione si è, che dalle nazioni estranee è permesso l’esigere quell’usura che è accordata dalle leggi del paese, ed in cui essa è in uso tra gli abitanti, come sarebbe a’ nostri giorni il 4, o 5 per 100, e pretendendo da un estraneo più di quello che viene dalla municipale legislazione prefisso, è una frode; e ad un israelita, anche uno per mille è vietato, appunto per essere questo un precetto d’ordine positivo, come si rileva dalla divina legislazione; come vi sono ancora delle altre prescrizioni superiori alle umane cognizioni; e si osserva, che tra le lodevoli azioni descritte dal reale salmista, cioè di non prendere benchè minima usura, accerta, che chi le osserva non inciamperà in eterno²⁸. Su di questo testo i Rabini hanno spiegato nel Talmud²⁹ che si tratti di colui che abborrisce l’usura a segno di non esigerla neppure dall’estraneo; e questa è un ottima Talmutistica instruzione, come si vede in tutte le altre cose; dovrà dunque il compilatore di queste tali opere dividere li trattati con buon ordine, onde facilitarne l’intelligenza agli studiosi, spiegando prima li doveri dell’uomo verso Dio, cioè l’amore al medesimo dovuto, il timore, il contenersi secondo le di lui leggi, e la purità de’ costumi; indi il dovere dell’uomo verso il sovrano, come suddito verso il superiore, ed alli maggiori a cui è sottoposto, e così il dovere morale verso ogni individuo della società; il tutto si esporrà con savio e prudente criterio, e con pruove tratte dalla legge divina, dalle profetiche prescrizioni, e da’ dettami de’ nostri savi Rabini (di felice ricordazione) e queste tali compilazioni doveranno essere estese in pura lingua ebraica, ed indi un perito nella lingua allemanna dovrà tradurle in elegante idioma tedesco, e col mezzo di una tale traduzione dovrà il maestro instruire i suoi discepoli, e ciò affinchè profittino in ambidue le lingue, instruendoli e nell’ebreo, e nel tedesco idioma, poichè ad ogni costo dobbiamo ben ammaestrare li nostri figli nella lingua ebrea, affinchè capiscano la grammatica originale, e così le figure e la forza della lingua, onde passando alle scuole misniche, e talmutistiche sappiano, mediante le cognizioni della lingua, conoscere le cose nella loro vera sorgente ed origine, e se anche crescendo in età, passeranno alle arti od al commercio, le cognizioni acquistate nella gioventù loro torneranno utili, onde capire il litterale della scrittura, e comprendere la forza delle quotidiane preghiere, ed intendere li libri di morale, e cose simili che sono tanto atte a formar l’uomo, il suddito ed il cittadino; e col mezzo delle acquistate cognizioni nella lingua tedesca potranno profittare de’ libri di storia, de’ viaggiatori, e de’ libri di commercio che dalle altre nazioni sono stati composti: libri che riescono assai utili, affine d’instruire vantaggiosamente l’uomo nella legge umana, nel buon contegno, nella morale con il suo simile, nel commercio, e così pure negli altri umani doveri. ²⁰ Exod. cap. 20, v. 14. ²¹ Levit. cap. 19, v. 18. ²² Levit. cap. 19, v. 17. ²³ Levit. cap. 19, v. 17. ²⁴ Proverb. cap. 11, v. 3. ²⁵ Proverb. cap. 14, v. 5. ²⁶ Proverb. cap. 1, v. 3. ²⁷ Psalm. cap. 15, v. 5. ²⁸ Salm. 15, v. 5. ²⁹ Talmud, tratt. Macot pag. 24, fr. _CAPITOLO VII._ O Quanto sono da stimarsi le cose che accadono in tempo oportuno, esclamò il più savio tra gli uomini³⁰, e tale è appunto la presente felice combinazione che giustamente in questi momenti esce da’ torchi la buona traduzione de’ 5 libri di Mosè felicemente eseguita dall’eccellentissimo sig. Mendelssohn nell’allemanna favella, e come abbiamo detto al 5 cap. la nostra nazione ne ricaverà sommo vantaggio, perchè instruendo i maestri i loro discepoli, spiegando loro col mezzo di questa felice traduzione estesa nell’idioma tedesco il più purgato, ed il più eccellente, sarà a mio credere il primo mezzo, onde incamminare la gioventù ebrea a ben parlare la lingua patria, ed apprendere con un tal mezzo più facilmente il genuino senso delle sacre carte; giacchè sino ad ora, essendo gli instruttori mancanti, e nella pronunzia e nella purità della lingua, non era possibile che potessero essi spiegare il testo ebreo, onde li fanciulli ne capissero il vero senso, poichè volendo spiegare ad altri col mezzo di una lingua che è a loro incognita e pellegrina, quanto gli uni perfettamente comprendono, appunto perchè possedono la forza della medesima lingua, si rende quindi indispensabile, che la lingua in cui si ha da tradurre, sia molto bene trattata da quello da cui viene essa spiegata, e che que’ a’ quali viene spiegata comprendan la vera purità della medesima, e che convengasi intieramente ne’ termini, e così resterà altamente impresso nella mente dello studioso il fondamento della lingua, il che sino ad ora non poteva accadere, perchè si mancava nella buona pronuncia, e nella adequata cognizione della lingua; non avendo quindi il maestro li veri termini per spiegarsi con il discepolo in certe frasi che egli andava traducendo, nasceva perciò che lo scolare non giugnesse a penetrarne il senso, e però in luogo di giovare al discepolo, lo imbrogliava anzi, e l’obbligavano a dover alterare e contraffare con la irregolare spiegazione li sacri testi che sono pure testi di purità per ben 7 volte raffinati³¹, e ciò tanto più, quanto che i maestri non arrivando alla forza della grammatica ebraica³², e tanto meno la rettorica, e sentendo all’opposto li scolari da’ loro maestri barbarismi, vengono questi nella loro mente sì altamente impressi, che non si scordano mai più in avvenire. All’opposto col mezzo di questa felice traduzione s’instruiranno tutti con una eguale formalità, accostumandosi a parlare elegantemente il tedesco, e ad apprendere a perfezione la grammatica ebrea, mediante le parafrasi che si sono già fatte intorno a questa utile traduzione. ³⁰ Prov. cap. 15, v. 23. ³¹ Salm. 12, v. 7. ³² I maestri della nazione ebrea hanno bisogno di una somma attenzione nell’insinuare la pronuncia alle tenere proli, giacchè la loro lingua avendo la _Zain_, la _Samech_, la _Tzade_, e la _Scin_, forma una pronunciazione assai particolare che bisogna adattare a quelle delle rispettive nazioni, come devono fare i greci, gli allemanni, gl’illirici ecc. Nè avendo, come si è detto, saputo li maestri il valore nè dell’una, nè dell’altra lingua, hanno perciò tradotte le parole ebree da loro non intese con le più barbare e stravaganti espressioni tedesche, cosicchè li sacri testi, le poesie, e le sacre cantiche si ridussero insulse e del tutto alterate; e quindi appunto nacque, che molti scolari siano mal riusciti, ed abbiano sì malamente concepite le cose, che resi adulti ed abbandonate le scuole si appigliarono al commercio, ed essendosi ben di sovente incontrati nelle conversazioni degli innovatori, e nemici della rivelazione, sentendo a trattare con buon ordine e bellezza di lingua le loro proposizioni ereticali, sono stati presi dalla forza del dire, e così dalla tessitura, e si sono lasciati corrompere, misurando dall’eleganza la bontà delle cose, e tale è appunto l’uso de’ sciocchi, i quali quelle cose che lor vengono spiegate nel modo che capiscono e che le aggradano, si danno per vinti, decidendo il tutto essere vero: e ciò deriva appunto, perchè non hanno da’ loro maestri intese delle chiare verità nello spiegare la legge divina, nè comprendendo la forza della lingua con cui viene loro parlato, nè le poetiche frasi, nè gli ornamenti rettorici, determinano francamente, che la lingua ebrea non abbia alcun merito, e che non vi sia nè piacere, nè dolcezza nelle proposizioni scritturali, ed abbandonano quindi il sacro studio, dandosi in braccio alla miscredenza, ed alla irreligione, come si vedono quotidianamente gli esempi. Sentendo all’opposto il fanciullo in seguito alla sopraccitata traduzione tedesca la spiegazione della scrittura nel suo genuino senso, questa in essolui sì altamente s’imprime, che anco a fronte degli anni, e dell’età non fa smarrire di vista la bellezza della lingua sacra, il di lei laconismo, e la dolcezza, la grazia e la bellezza delle di lei poesie e rettoriche figure, cosicchè non resta sorpreso punto dalla bellezza delle spiritose frasi degli innovatori, dacchè egli è in grado di decidere rapporto ai vantaggi che la nostra sacra lingua vanta sopra tutte le altre, contenendo in poche parole profondissime questioni, nè contiene cose superflue, come le altre lingue, e però quelli che giungono a comprendere la nostra lingua a segno di conoscerne le radici delle sue voci, e come in conseguenza ogni voce sia analoga alla natura dell’oggetto che si denomina, come abbiamo spiegato nelli libri che abbiamo in somiglianti materie dati alla luce, e nella parafrasi del Levitico dell’encomiata traduzione, certamente aumenterà in un desiderio di vieppiù internarsi nello studio di tale lingua, e della divina legge, ed in seguito acquisterà maggior cognizione ancora nelle altre scienze. Osservate di grazia, o diletti fratelli, e considerate, come il difetto della nostra nazione di essere mancante nella pronunzia, e nelle cognizioni della patria lingua, quasi non si estenda, fuorchè nelli nostri fratelli che dimorano nell’impero romano-germanico; poichè quelli che sortirono dalla Spagna e dal Portogallo trattano tra essi in commercio, e nelle famiglie la lingua spagnuola a perfezione, e quelli che abitano l’Italia, parlano a dovere l’italiano, e così li francesi la francese, e l’inglese in Inghilterra; che anzi i nostri fratelli orientali parlano bene il turco e l’arabo, ed i polacchi la lingua di quel paese, con la sola distinzione, che essendo essi originati dalla Germania, parlan tra essi un tedesco assai corrotto, il che non fa torto appresso la nazione dominante, la quale non parla quella lingua, ed essi sono abbastanza instrutti nella lingua del paese. Noi soli che abitiamo la Germania non abbiamo scusa di giustificarci del cattivo modo con cui si borbotta tra noi la patria lingua, abitando in mezzo ad una nazione che la parla a perfezione, e che vanta scrittori abili nella poesia, e nella rettorica in quella identica lingua. Noi all’opposto non abbiamo pensato mai di profittare, nè di far instruire le nostre proli, per modo che la conoscano e la trattino nel vero suo sistema, essendosi sempre avvezzati a farli instruire dalli maestri polacchi li quali parlano la lingua nel modo più barbaro ed il più corrotto, e che possedendola malamente, come si è detto, pure così sfigurata la insegnano alli loro discepoli, tuttochè questo contegno sia del tutto opposto alli dettami delli nostri maggiori e dottori antichi, insegnando, che non si ammettino nelli tribunali, se non se quelli e soli giudici che sono esperti in tutte le lingue, perchè non siano astretti a servirsi de’ dragomani, come vediamo un chiaro esempio ne’ cortigiani del nostro pio re Ezecchia, che erano ministri degni di un tale sovrano, e che erano tanto buoni conoscitori delle lingue degli assiri, che dissero agli ambasciatori del re di Assiria, che essi parlassero siriaco, dacchè loro l’intendevano; e se li cortigiani della nostra capitale che conoscevano sì perfettamente la propria lingua, si facevano un dovere di conoscere la lingua de’ loro vicini, come giustificaremo la nostra trascuratezza noi che non conserviamo la purità della nostra santa lingua, se non per quello che contiene il canone della scrittura santa, e che popolando li paesi de’ sovrani, e conversando con popoli che sì bene parlano il tedesco, facciamo tra essi la figura delle gaze e de’ papagalli, giacchè l’ebreo idioma deve essere adoperato ad un uso, ed il tedesco ad un altro: il primo per il divino culto, per le preghiere ed intelligenza delle sacre carte, ed il secondo per gli mondani affari, per il commercio, per trattare la società, per il jus, per la fisica, per le matematiche, e per tutti generalmente gli oggetti del mondo. Osservisi ancora, che li signori e gli eruditi delle altre nazioni entrano spesse volte con noi in controversia di religione, ed in discussioni scientifiche e morali, e che allora quando il savio israelita è astretto a tradurre un testo scritturale, o qualche assioma rabinico, non trova termini addattati e capibili dal soggetto che tratta seco; e però offusca le sue savie cognizioni con il barbaro modo con cui si spiega, con un contegno assai opposto a quello che ci ha prescritto il reale le salmista, cioè di raccontare alle altre nazioni le opere aspettanti alla divina gloria³³, dacchè è ognuno tenuto a comunicare al publico ciò che riguarda la gloria e l’onnipossenza divina, e specialmente in questi tempi in cui (lodato Dio) la maggior parte degli stati che formano il nostro mondo cognito, conviene nel punto de’ divini attributi, accordando tutti, ch’egli sia _incomprensibile, onnipossente, scrutatore de’ cuori_, ch’egli conosca il passato, il presente, e l’avvenire, ch’egli condanni, e premj tutti a seconda delle proprie loro azioni, ch’egli ascolti le orazioni del genere umano, e provveda a’ di lui bisogni, ch’egli regga il mondo con giustizia distributiva, e che il suo contegno sia santo, pio, misericordioso, e clementissimo, e così molti altri articoli che sono il fondamento della divina legge, la quale a noi fu rivelata mediante il nostro legislatore Mosè (che gode la vera pace), e nella quale non v’è minima disputa tra qualsivoglia religionista, perchè tutti li legislatori hanno bevuto le loro notizie dalla fonte della divina legge; e quindi è, che un uomo possa convenire con l’altro, senza andare in traccia del punto intorno al quale le rispettive religioni controvertono, perchè queste un tempo hanno formate le dispute le quali causarono tante distruzioni; ma peggio ancora costato avendo tanti rivi di sangue, ad onta di che è rimasto ognuno ne’ suoi propri principj, e negli usi de’ suoi antenati, in vigore de’ quali un uomo non vanta diritto sopra l’altro, e conseguentemente non deve portar odio a’ suoi fratelli che sono dati ad un altro culto, o di promuovere disputazioni che producono odio, dissapori ed alienazioni in offesa del creatore, e contra il publico e privato bene, del che tratteremo precisamente nelle opere di morale le quali si compilano, come si è notato al cap. 8; e la poca cognizione della patria lingua, produce, come dissi di sopra, questo cattivo effetto, che l’uomo dotto di una nazione non possa trattare con un altro uomo erudito di differente nazione, e ciò con sommo discapito e danno della società; e pure osserviamo, che i nostri più savi antenati, e li più divoti abbiano composti molti libri nelle scienze e nella morale in idioma arabo, come sono i libri riguardanti i doveri interni di Rabì Becai il vecchio, l’esposizione del codice misnico, e l’instruttore de’ perplessi del nostro celebre Maimonide, e quanti altri libri rispettabili che scrissero i nostri fratelli spagnuoli, come potressimo noi fare nel nostro buon idioma tedesco, dacchè ogni lingua ha le sue grazie, e tutte atte sono a spiegare qualsivoglia materia. ³³ Sal. 96, v. 3. Goderemo dunque il bel vantaggio, che li giovani avendo appresa la scrittura santa dalla già lodata traduzione, mediante maestri pratici nella lingua tedesca, ed uscendo dalle nostre scuole averanno imparato il tedesco eloquentemente, e passando indi alle scuole più alte, lo apprenderanno a seconda delle regole grammaticali, e conseguentemente si perfezioneranno nella lingua, e resi poi adulti, tratteranno cogli eruditi delle altre nazioni, in materia di sacre lettere, e li testi che saranno per addurre li citeranno con quella purità di lingua con cui li averanno imparati, dacchè quando si apprende bene nell’infanzia, resta altamente impresso nell’umana fantasia; e così col mezzo di un tale metodo, e con l’ajuto della sopra lodata traduzione, si accostumerà la gioventù a parlare con eleganza, e si guarderanno sin dall’età giovanile dalle cattive espressioni che sentono dal volgo, e conosceranno apertamente di quale vantaggio sia il parlar bene, e quale sia l’effetto che produca in chi ci ascolta, poichè dall’esperienza si arriva a conoscere come pensi colui che ci parla; mentre un racconto istesso ripetuto da tre differenti soggetti, ha tre differenti gusti, cioè a seconda appunto delle grazie con cui l’espositore lo condisce, e quello ch’è meglio diretto e più a dovere spiegato, si rende più atto a persuadere l’uditore, e meglio ancor lo dispone al partito di quelle disposizioni a cui si cerca col di lui mezzo d’incamminarlo. Le composizioni poetiche sono di lor natura superiori a qualsivoglia rettorico discorso; conciossiacchè le poesie dirette con il dovuto metro, e debitamente disposte hanno l’attività di talmente operare sull’anima, che giungono a scuotere le più oppresse potenze; tuttociò però che si potrà dire della poesia, non sarà accordato dalli nostri fratelli tedeschi, come quelli li quali non conoscono la dolcezza, li fregi, la forza, dell’ebraica favella, appunto per non averla mai esaminata dal suo vero fondo; e quindi è, che la maggior parte de’ libri sacri stati scritti come ispirati dallo Spirito Santo, onde instruire il popolo nelle sane sentenze e rassodarlo nel timor di Dio, furono scritti in versi, e tali sono li salmi di David, gli scritti di Job, e li proverbi unitamente alla cantica di Salomone: tale è ancora la maggior parte delle profezie d’Isaja, quelle di Geremia, e le altre di Ezecchiello, e così degli altri 12 profeti minori, come pure buona parte del Pentateuco, cioè la cantica del mar rosso, le profezie di Balaam, la cantica per il pozzo, ed i penultimi capitoli del Deuteronomio: opere sono elleno sì elevate e grandi, che una mente ben attenta e regolata ritrova in esse un non so che di divino; e pure la maggior parte della nostra nazione non fa intorno ad esse la menoma osservazione. Quantunque la maggior parte degli stati sì presenti, che passati hanno conosciuto, che la purità delle lingue porti seco diverse cognizioni, e fisiche, e morali, e perciò hanno rispettati e distinti li loro poeti, appunto perchè la poesia produce mirabili effetti nella natura e nello spirito, ed è una somma meraviglia il vedere, che nè in Germania, nè in Polonia già da tanti secoli si sia prodotto un distinto poeta, il che sarebbe compatibile in quelle nazioni le quali vanno prive di esempi ne’ trapassati loro antenati, non così però negli ebrei, poichè, come abbiamo dimostrato di sopra, la maggior parte de’ libri sacri ha coltivato la poesia, nè si può dire, che essa sia inutile, poichè di questa hanno fatto uso i profeti di Dio, e li nostri istessi re e principi della nazione, e li più rinomati poeti delle altre nazioni in questo illuminato secolo³⁴ hanno dovuto confessare, che il fasto, le grazie, la dolcezza, la forza, il pregio che in se racchiudono le poesie scritturali, abbiano superati li poetici componimenti delle altre nazioni e di tutti i tempi, e non già solamente quelle di Omero, di Pindaro, di Orazio; e perchè dunque le abbiamo noi abbandonate, e non seguitiamo il costume? Ciò è accaduto, perchè instrutti sin negli anni più verdi da imperiti maestri nella lingua in cui essi ci hanno educati, ed educati con frasi grossolane e popolari, non abbiamo gustata la dolcezza delle buone frasi e la forza della lingua, come fanno le altre nazioni; e però non abbiamo avuta una vera idea del fondo di questa lingua e de’ progressi di cui è essa capace, ed in cui la provvidenza ha riposti tanti vantaggi onde perfezionare lo spirito a seconda appunto di quelle proposizioni col di cui mezzo noi siamo istrutti; poichè il discorso, spiegando l’interno dell’anima, dà saggio della sua propria abilità. Ora è impossibile, che si ottenga il desiderato fine, se non col mezzo di un discorso purgato da qualsivoglia equivoco, e con proporzioni esposte con garbo a quell’uditorio a cui esse sono indirizzate, e mancandovi una buona rettorica, necessaria per altro in ogni lingua da insegnarsi con grande impegno: se, dissi, manca la rettorica, per quanto siano sublimi le idee che uno da se stesso si forma, resteranno miseramente sepolte, ed il fuoco che lo occupa resta da se stesso soppresso; ed anzi si rende esso tanto meno attivo, quantochè non è punto capace di risvegliare negli altri la lor fantasia. ³⁴ Vedi la lettera di Monsieur l’Advocat professore di Sorbona 30 agosto 1762 portata dal traduttore a car. 80 nel suo discorso succennato. Noi ci lusinghiamo però, che qualora i fanciulli comincino per l’avvenire ad imparare regolarmente la lingua ebraica, arriveranno a capire i sacri libri mediante la già lodata traduzione tedesca, in cui sono tradotti altresì li canti della sacra scrittura in versi tedeschi, purchè li maestri inculchino a’ loro discepoli l’utilità e la necessità di questa lingua, e quanta attenzione si debba usare, onde li propri versi abbiano credito nel mondo savio, e che verseggiando a dovere, si giunga a persuadere e guadagnarsi lo spirito dell’uditorio, osservando la consonanza delle parole, la purità delle frasi, la forza degli esempi, e le parità, così insegnando i maestri, vedranno svegliarsi dal loro letargo i discepoli; e molti, da questo esempio animati, ne seguiranno le orme, sino a che una parte di essi giugnerà al desiderato fine di divenire buoni rettorici, ed insigni e distinti poeti. _CAPITOLO VIII._ Ecco dunque finite le particolari osservazioni che erano da notarsi intorno al nostro passato contegno, e molte altre sarebbero ancora, le quali, in grazia appunto della brevità, vengono ommesse; ma a questo, ed a più inoltre è stato provveduto dalla pietà e saviezza di Sua Maestà Imperiale (che Dio feliciti) mediante sua clementissima sovrana legge con poche bensì, ma però significanti parole, avendo imposto agli ebrei a dover erigere scuole in cui le proli israelitiche imparar debbano la lingua tedesca nella vera purità, del che certamente gioirà ogni amico dell’umanità, comprendendo quanto vantaggio ricaveranno le proli future. Sta dunque ora a voi, miei fratelli e signori, a sollecitare l’effetto, ed a dar pronta mano all’opra sì salutare con fondare scuole, provvedendole di tutto ciò che per esse è necessario, mediante le quali abbiamo tutta la speranza di conseguire l’effetto che si propose l’Augusto Monarca, e che tende alla felicità de’ nostri figli, come si è detto; giacchè tutti gli oggetti che da principio si fondano con pietà e giustizia, è assai facile di conseguirne il loro avanzamento e la propagazione, non meno che una incessante sussistenza; ma li principj tutti sono difficili, e specialmente in questo caso in cui si tratta di piantare nella nazione una novità sin ad ora inaudita, di cui per il corso di molti secoli li nostri padri non ne hanno avuto uso; nulladimeno gente di abilità e buona condotta, come voi siete, non deve dubitare, nè perdersi di coraggio per quelle piccole difficoltà che s’incontrano, giacchè la vostra azione sarà compensata dal buon successo; riflettete dunque, che non fate altro che rimontare li nostri antichi principj e rimettere i nostri prudenti usi che non furono dimessi, fuorchè per l’odio de’ nostri indiscreti persecutori, come abbiamo dimostrato al cap. 3. Ora disponetevi dunque a porre il tutto nel suo dovuto ordine; e veramente fa duopo di una gran diligenza, e buon metodo nella prima instituzione; ed il massimo pensiere deve essere quello di scegliere maestri e professori abili e timorati di Dio, e ben periti tanto nella grammatica e purità della lingua ebrea, quanto nella tedesca, perchè possino instruire dal bel principio li loro discepoli a leggere, e conoscere tutte due le lingue nel modo dovuto; e per ben intendere la sacra scrittura, abbiamo già detto, non esservi meglio che il Pentateuco già tradotto dal lodato eruditissimo signor Mendelssohn, giacchè la traduzione è perfetta nella lingua, le spiegazioni sono secondo l’intelligenza già approvata; e l’esposizioni secondo il vero senso litterale de’ testi rispettivi. E se poi per avventura ne’ vostri paesi non poteste rinvenire soggetti abili per tutte e due le lingue, è vostro dovere di cercarli in tutta la nazione, procurandoli, occorrendo, da’ lontani paesi ancora, perchè nel breve corso di anni tre, ne avrete formati nelle vostre stesse communità; e molti de’ vostri figli si renderanno capaci d’instruire li propri confratelli, dacchè molti tra la vostra gioventù si daran coraggio di ben studiare, e d’imitare i dotti maestri che si saranno introdotti: molti si affaticheranno e si moltiplicheranno le cognizioni, e così accaderà ancora con le scienze legali, fisiche, e matematiche, giacchè allora quando la gioventù si presenterà di buona voglia alle università delle rispettive nazioni, ciascuno riuscirà in quella scienza a cui averà maggiore inclinazione, e fra pochi anni averemo il bel piacere di avere in qualunque scienza de’ professori nazionali, e così deve ancora accadere nella compilazione de’ libri atti ad instruire i giovani nella fede e nella morale, che avendo tra voi soggetto che ne sia capace, sarà un ottima cosa; e poichè è in verità molto difficile di compilare un opera in buon ordine, e che sia analoga e proporzionata alla qualità ed abilità de’ discepoli, e che l’opera sia analoga a’ principj della nostra religione, e che sia tale, onde non abbia alcun difetto, ed estesa in ebraico tale da potersi agevolmente tradurre in lingua tedesca; e poichè, dissi, ciò è molto difficile, convien cercare un tale soggetto in tutta la nazione sino a tanto che vi riesca di rinvenirlo; e con questo mezzo lo ritrovarete, giacchè, Dio lodato, non siamo interamente spogli di letterati, ed ogni secolo vanta soggetti proporzionati al bisogno; sicchè non mancherà chi faccia la cosa a dovere; basta però al primo ingresso, che si insegnino li testi della scrittura santa con la citata traduzione, ben instruendoli nell’una e nell’altra lingua, ed in progresso poi di tempo averemo de’ scrittori, e nelle scienze, e nella morale; ed anzi averete tra voi stessi uomini versati in ogni letteratura. Avvertite però, che gli scolari siano divisi nelle proporzionate classi, e che nessuno passi da quella scuola ove s’insegnano le rispettive lingue, a quella in cui s’insegna la scrittura sacra, la fede, e la morale, sino a che non sia stato prima ben esaminato da’ direttori delle scuole, e che giudichino, se abbia fatto il proprio dovere nella prima scuola, o meno; e così pure dalla seconda scuola non passi a quella in cui s’insegna il codice misnico e le parafrasi, sino a tanto che si abbia giudicato, che abbia adempito il suo dovere nella scuola da cui sorte; e se non è giudicato capace allo studio del codice misnico e talmudico, meglio sia che egli non perda inutilmente il tempo, e si dia a quell’arte o professione a cui meglio inclina, e che continui a frequentare le cattedre della scrittura sacra e di morale, onde impari vieppiù i doveri di ebreo, e quelli di cittadino, rendendosi così utile a’ suoi simili, tanto con la professione, quanto con i buoni costumi; ed un eguale contegno si deve tenere con quelli che passano dalla cattedra misnica a quella delle sottili e profonde instruzioni talmudiche, e così tutti si renderanno felici proporzionatamente all’abilità ed alla professione, e que’ pochi che si renderanno esperti nella difficile cognizione talmudica, e che si saranno già prima perfezionati nelle scienze legali e matematiche, riusciranno veri letterati, giacchè tratteranno li principj della propria religione con il vero modo, e con quel retto contegno in cui saranno stati istrutti, e col mezzo delle cognizioni acquistate capiranno le proposizioni talmudiche nella loro vera vista e con un distinto criterio, e si renderanno utili alla religione e alla republica, facendo anche onore alla nazione, ed i loro fratelli in qualsivoglia esercizio impiegati li sosteniranno, e li ajuteranno, perchè saranno di sollievo alle società rispettive, e utili alle società generali ed allo stato, giacchè non siamo creati per essere tutti profondi logici, talmudici, teologhi, o casisti, avendo la bontà di Dio impartite alle anime distinte forze, e qualità proporzionate, assegnando ad ognuna certa limitata disposizione dal momento in cui fu creato, e ciascun si perfeziona a seconda delle proprie inclinazioni intrinseche ed estrinseche. E chiaramente si sono spiegati i nostri savi Rabini, dicendo, che di cento che si presentano alle scuole, due soli riusciranno per il Talmud, e cinque per l’intelligenza della scrittura; perchè dunque vorremo noi forzare gli animi a quelle funzioni per le quali non hanno una naturale disposizione, tanto più, che con un simile contegno noi li allontaniamo da quelli esercizi a’ quali sono naturalmente portati: oltre a che vi sono ancora tanti oggetti a’ quali conviene saviamente provvedere; ma io mi accerto, che la vostra prudenza e buon contegno disponerà ogni cosa a dovere; giacchè la lettera amica che io vi scrivo, non è, che un effetto di amore fraterno per prevenire il minuto popolo, il quale non comprendendo l’origine delle cose, e restando sorpreso dalle novità, non sa distinguere, quale sia il vero bene, e quale il vero male; quindi per instruire il medesimo, rapporto al fine delle cose, ha clementissimamente fatte le sue ordinazioni S. M. I. il vostro savio sovrano (che Iddio benedica) le quali tendono alla vostra felicità, ed al perpetuo bene della vostra discendenza, tanto per il passaggiero bene di questo mondo, quanto per promuovere il culto divino e conseguire l’eterna salute. Io mi dichiaro di non avere avuta intenzione d’imporre leggi alla parte sana della nazione, ed a’ direttori della medesima, perchè questi sanno da se stessi molto più di quello che io li potrei rendere intesi. Ora dunque, miei fratelli e signori, capi e direttori della nazione, se voi vi darete pena di ben ordinare questo importante affare a seconda delle savie prescrizioni del vostro pio monarca, riscuoterete lodi e benedizioni universali, ed in seguito le generazioni future benediranno il vostro nome, e ne terranno perpetua ricordanza, con giustizia dicendo: siano pur benedetti li nostri buoni antecessori, cui Dio ha inspirato di operare tanto gloriosamente a nostro favore, e sopra tutti sia benedetta ed esaltata la maestà del pio imperatore, il quale da se stesso (e senza essere supplicato) ha instituiti ordini tanto salutari alli suoi felici sudditi, non dimenticandosi della nostra nazione, provvedendo anche ad essa in modo che ella si rendi felice, ed instruita, e tutti i nostri figli che da una all’altra generazione si renderanno sempre più eruditi, si renderanno in conseguenza utili alla società ed allo stato col mezzo delle loro cognizioni ed azioni, e si dirà a ragione di loro: queste sono le provvidissime produzioni del pio e savio sovrano, il quale calpestando con magnanimo piede i pregiudizi delli trascorsi secoli, ha introdotta la tolleranza tra i popolatori della terra. Il quale è appunto il grande, l’incomparabile, il gloriosissimo sovrano _GIUSEPPE_ II, il di cui decoro sia esaltato; e diremo noi tutti, che come egli ha valorosamente superata la natura per operare graziosamente in una maniera del tutto eccedente l’umano ordinario contegno, così il supremo Dio, poichè lo ha distinto con una sì bella e virtuosa anima, continuamente si degni di confortarlo, e di assisterlo con buone inspirazioni, piovendogli in seno le più doviziose sue benedizioni, colmandolo di felicità e di pace, in questa e nella migliore vita. Amen. _Discorso del vostro fratello, e servitore_ Naftalì Herz Weisel. __IL FINE.__ _Nota di Trascrizione_ Alcune parole compaiono nel corso del testo con varianti ortografiche che sono state trascritte fedelmente, come comunità/communità, Mosè/Moisè, istrutti/istruiti; in altri casi l’accentazione o gli apostrofi sono diversi dall’uso moderno: un’importante. Sono stati corretti i seguenti refusi: - *p.11 l.22* anno preso un regolato sistema —> hanno preso un regolato sistema - *p.14, nota (a), l.2* Mosè Mendelschon —> Mosè Mendelssohn - *p.16 l.-5* istrute —> istruite - *p.19 l.-5* quando a quella —> quanto a quella - *p.20 l.12* quando nelle scienze —> quanto nelle scienze - *p.21 l.11* i quali anno per base —> i quali hanno per base - *p.22, nota (a)* E nostro uso —> È nostro uso - *p.25 l.-8* vedendo prosperate —> vedendo prosperare - *p.25 l.-6* nomi che anno avuto —> nomi che hanno avuto - *p.27 l.1* (b) —> (a) (riferimento a nota 18) - *p.30 l.8* i Rabini anno spiegato —> i Rabini hanno spiegato - *p.32, nota (a)* Salm. 12, v 7. —> Salm. 12, v. 7. - *p.32, nota (b)* anno bisogno di una somma attenzione —> hanno bisogno di una somma attenzione - *p.36, nota (a)* Sal. 96, v 3 —> Sal. 96, v. 3. - *p.41, l.-10* signor Mendelhsson —> signor Mendelssohn Le note a pie’ pagina, marcate alfabeticamente per pagina nell’originale, sono state rinumerate progressivamente. *** End of this LibraryBlog Digital Book "Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore" *** Copyright 2023 LibraryBlog. 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