Home
  By Author [ A  B  C  D  E  F  G  H  I  J  K  L  M  N  O  P  Q  R  S  T  U  V  W  X  Y  Z |  Other Symbols ]
  By Title [ A  B  C  D  E  F  G  H  I  J  K  L  M  N  O  P  Q  R  S  T  U  V  W  X  Y  Z |  Other Symbols ]
  By Language
all Classics books content using ISYS

Download this book: [ ASCII | HTML | PDF ]

Look for this book on Amazon


We have new books nearly every day.
If you would like a news letter once a week or once a month
fill out this form and we will give you a summary of the books for that week or month by email.

Title: Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore
Author: Naftalì Herz Weisel (Wessely), Elia Morpurgo (Sarcher)
Language: Italian
As this book started as an ASCII text book there are no pictures available.


*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore" ***

This book is indexed by ISYS Web Indexing system to allow the reader find any word or number within the document.

E FELICITÀ ***



                              _TRADUZIONE_

                           _DI ELIA MORPURGO_

                          DE’ DISCORSI EBRAICI

                        DI TOLLERANZA E FELICITÀ

                     DIRETTI DA NAFTALÌ HERZ WEISEL

                    AGLI EBREI DIMORANTI NE’ DOMINJ

                      DELL’AUGUSTISSIMO IMPERADORE

                             _GIUSEPPE II._

                              _IL GIUSTO_.

                      CON LE NOTE DEL TRADUTTORE.



GORIZIA, nella Ces. Reg. Privilegiata Stamperia Tommasini 1783.



_Rex qui judicat in veritate pauperes, thronus ejus in æternum
firmabitur._

                                                   Prov. cap. 29. v. 14.



                       ____ALL’ERUDITO SIGNORE__


                        _LEON GIUSEPPE MORPURGO_

  UNO DE’ DIRETTORI DELLA MAGNIFICA COMUNITÀ DEGLI EBREI DELL’INCLITA
                  CITTÀ E PORTO FRANCO DI ANCONA, ecc.

Gli atti di amicizia co’ quali mi avete distinto, esigeranno da me in
ogni tempo quelli della mia gratitudine. Eccovi dunque data ragione di
questa dedica che non ha le macchie d’interesse e di adulazione, come
tant’altre. Dirà forse taluno, che pecca di superbia; ma il dica pure,
che io non men dolgo. Sì: questa dedica ha la superbia di presentarvi
nell’idioma italiano l’inimitabile discorso del nostro confratello
Weisel già con tanti elogi publicato in ebraico, e con tanta ansietà del
publico tradotto ancora in tedesco ed in francese; ed ha la superbia di
presentare a voi, che vantate tra i non pochi meriti personali que’
conosciutissimi del genitore e fratello vostro, il nome mio in attestato
della mia riconoscenza. A questi sinceri detti, so, che vi sentite
disposto a riconoscer una sì fatta dedica meritevole di esser letta: so,
che s’io con questi principi l’andassi tessendo, non vi ristuccherebbe
dessa, come van facendo moltissime; ma, signore, io mi ricordo, che voi
siete uno de’ direttori di coteste scuole, che siete impiegato negli
affari di cotesta università, che siete necessario al bene de’ vostri e
degli amici; sicchè non vogl’io staccarsi da sì belle occupazioni. Mi
basta che sappiate, ch’io vi dedico la versione di un opera degna di
voi; ma che se ciò nol dico, nè co’ ricercati termini de’ scioli, nè
cogli eleganti de’ letterati, ve lo spiego con quelli del mio sincero
rispetto e della mia vera amicizia, soscrivendomi per sempre

                                             Il vostro amico e congionto
                                                        _Elia Morpurgo._



                           ___AMICO LETTORE._


Io _ti presento un frutto di stagione, o sia un operetta analoga a
questi tempi. Ella è l’elogio della tolleranza di GIUSEPPE II. IL GIUSTO
con giustizia lodata da uno de’ migliori letterati ebrei del secolo
presente. Questo esimio e profondo etico_¹ _loda col tuono il più
energico il clementissimo nostro sovrano per la grazia che ha egli
impartita all’abbattuta nostra nazione. Io giuro, che non ho letto nè
conosciuto quest’opera se non nel terminare il discorso_² _sul fine del
quale l’ho citata; ma piccandomi di sincerità, confesso in faccia al
mondo tutto, che se io ho superato nelle note e nelle estranee
erudizioni, che sono una fatica di schiena, il celebre autor della
medesima, egli di gran lunga ha vinto me nell’accuratezza, nello
spirito, e nella sublimità del discorso. Senza il riguardo di rimanere
sicuramente da questo insigne autore ecclissato, ho voluto giovarti con
questa traduzione, e senza riflettere alle critiche alle quali un
traduttore va soggetto per ogni picciola mancanza, ancorchè
passabilmente la sua traduzione riesca, mi sono accinto alla presente
fatica. Gradiscila, qualunque ti sembri, giacchè io non pretendo altro
compenso da te, che quello di essere amichevolmente criticato. Vivi
felice._

    ¹ Il nostro autore ha dato alla luce diverse opere, fra le quali
      quella che dà l’idea della vera sapienza, quella che spiega anzi
      parafrasa il trattato etico-misnico _Avòt_, e la traduzione del
      libro della sapienza con una eruditissima parafrasi.

    ² Il traduttore ha scritto un libriccino sulla medesima materia,
      l’anno scorso dato alle stampe.



                           _____ CAPITOLO I._


Disse il più saggio tra gli uomini, che _si ammaestri il fanciullo
secondo la capacità di lui; poichè quando invecchierà, non devierà
dall’ammaestramento medesimo_³. Questo testo contiene due proposizioni:
la prima, l’ammaestramento del giovine, cioè, che egli ammaestrato sia
in gioventù, mentre ha la mente libera da’ pensieri e dalle vanità del
mondo, e dalla corruzione delle cattive opinioni; poichè libera essendo
come carta non scritta la sua mente, facil cosa riesce l’insinuarvi le
proposizioni vere le quali perfettamente vi s’imprimono: la seconda, che
è relativa al temperamento suo, prescrive, ch’egli ammaestrato venga
secondo la natura e la forza del suo spirito; giacchè uguali non essendo
degli uomini i temperamenti nè le forze dello spirito, ugualmente
nemmeno, ciò che è facile concepirsi e ritenersi da uno, facile sarà
ritenersi e concepirsi da un altro, e così a vicenda, come più
diffusamente diremo al cap. 8, bastando per ora lo stabilire, che se
l’uomo sarà educato da fanciullo, che è quanto dire in età tenera, ed a
seconda della propria natura, non prescinderà certamente neppure
invecchiando dalla educazione ricevuta.

    ³ Prov. cap. 22, v. 6.

La educazione de’ fanciulli israeliti deve essere divisa in due parti:
la prima consiste in una buona morale, o sia in quelle cose che rendono
quello in cui concorrono degno del nome di uomo; indegno essendo (come
spiegheremo in seguito) di tale denominazione chi di virtù morali
fornito non sia: la seconda comprende la istruzione nella legge e
prescrizioni divine, cose superiori alla mente umana, che rivelate
furono al nostro gran maestro Moisè, il quale gode la vera pace, e che
incognite sarebbero anche a’ primi savi del mondo se in questo modo
divino a noi tramandate non fossero; poichè desse che dalla natura la
sorgente loro non hanno, altro non sono, che regole alle quali i soli
figli di Giacobbe furono sottoposti. Queste divine prescrizioni sono
quelle che si leggono già dettate nella legge del nostro suddetto
maestro (sulla spiegazione rivelatagli dal medesimo Iddio) col lume
della profezia, e che egli rivelò a Giosuè ed agli anziani di quel
secolo. Così passate sono da una bocca e da una generazione all’altra
sino al tempo della seconda emigrazione degli israeliti; ma quando
dispersa la nazione nelle quattro parti del mondo, e ristrette, tra
l’aumento delle sciagure, le cognizioni e le potenze dello spirito,
dubitarono gli antichi savi che in progresso venisse la divina legge
dimenticata, risolverono di unirne in un codice le rivelazioni⁴. Coteste
sono appunto quelle cose le quali, se non avessero la predetta divina
origine e se non fossero state in tal maniera alla posterità tramandate,
verun savio de’ tempi, nè coll’arte, nè coll’ingegno le avrebbe potute
da se stesso produrre.

    ⁴ Surenunzio nella prefazione della traduzion sua del Codice Misnà.

Non così può dirsi delle leggi morali che essendo dall’umana ragione
dettate e dalla maggior parte degli uomini savi per senso comune
accordate, non furono in verun codice compilate; poichè il saggio, o da
se va formandone le idee, o le rileva ed apprende dalle legislazioni
universali de’ suoi tempi. Sotto il titolo poi di questa legge umana si
comprendono le leggi etiche, la buona disciplina, i buoni costumi, la
civiltà, ed il proprio ed elegante modo di esprimersi (cose tutte che
sono piantate nel cuore d’ogni uomo ragionevole, e che l’uomo
intelligente che n’è adornato le riguarda come mezzi da conoscer meglio
la legge di Dio, e le tracce ch’ella prescrive, come diremo al cap. 6)
come pure la cognizione della storia, della geografia, del gius publico,
del gius civile delle differenti provincie, e così pure le cognizioni
matematiche, cioè l’aritmetica, la geometria, l’astronomia ed altre, li
principj di cui sono quasi originati nell’uomo e nel di lui intelletto,
nel quale essendo piantati i principj comuni coltivati con savio
criterio, ne derivano le savie conseguenze in qualsivoglia arte, o
scienza la quale contiene tutte le cognizioni fisiche, o sia le
cognizioni delle differenti specie, cioè il regno animale, vegetabile,
minerale, e delle materie elementari, le ragioni dell’aria, delle nubi e
de’ loro effetti, la botanica, l’anatomia, la medicina, la chimica, ed
altre scienze umane, le quali l’uomo ha potuto concepire mediante il di
lui proprio intelletto, e migliorare con l’ajuto de’ suoi sensi, senza
aver bisogno di una rivelazione divina, nè di un codice che garantisca i
secoli, perchè tali cognizioni non si fossero perdute⁵.

    ⁵ Socrate, Platone, ed altri filosofi non hanno permesso ai loro
      discepoli di scrivere le lezioni; il primo rimproverò uno che ne
      scriveva alcune, asserendo, che egli più si fidava delle pelli
      degli animali morti, che di una memoria viva; ed il secondo ordinò
      ad un discepolo di bruciare un libretto in cui aveva egli scritte
      le ascoltate lezioni, dicendo, che fidandole ad un libro, perduto
      questo, esse sarebbero del pari perdute; ed all’incontro
      conservandole nella memoria, non si sarebbero mai perdute.

Questa legge umana, o sia morale, ha preceduta la rivelazione, o sia la
divina legge, per lo che appunto conviene, che l’uomo sino dalla sua età
giovanile si avvezzi a temer Dio con quelle massime ed opinioni che
degno lo rendono di chiamarsi uomo, e che con quelle egli si disponga ad
apprendere la legge di Dio e le sue prescrizioni, onde osservare que’
divini precetti che sono superiori alla mente umana, e che formano il
dovere di un vero israelita; e questo è quello che i nostri savi rabini
hanno notato con dire, che già per il corso di 26 secoli la morale ha
preceduta la legge rivelata, poichè 26 secoli appunto sono trascorsi da
Adamo sino a Moisè, ne’ quali ha servito di contegno la sola buona
morale che è ben spiegata da que’ 7 precetti a cui noi crediamo
obbligato tutto il genere umano⁶, li quali, qualora vengano ben
digeriti, sono accordati dal senso comune, e convengono con tutte le
leggi naturali, con le leggi comuni, e con le filosofiche legislazioni
che sono tutte comprese sotto il nome di un contegno morale, e che
giovano alla società umana, instruendo l’uomo del modo di prevalersi del
mondo, perchè egli non solo sia esatto rispetto a se stesso; ma anche lo
instruiscano del modo con cui deve essere vantaggioso al suo simile con
il proprio contegno e con le rispettive azioni, per lo che colui che
manca nella legge umana, ancorchè egli fosse bene instrutto nella legge
divina e ne facesse anco buon uso, non è vantaggioso al mondo per due
ragioni, la prima, perchè egli serve di un peso inutile alla società,
giacchè essendo incivile nella sua condotta nè avendo la minima idea di
mondo, il di lui contegno ne’ mondani affari, essendo fuori di
proposito, non riesce di alcun vantaggio all’uman genere; e la seconda,
perchè quantunque la divina legge e le sue prescrizioni siano assai più
elevate ed estimabili della legge umana e morale; queste sono
nulladimeno tanto connesse e concatenate con essa, che dove l’umana
legge finisce, principia la divina; rivelandosi con questa quelle cose
che la mente umana non potrebbe da se concepire; dal che nasce in
conseguenza, che colui che ignora la legge divina e conosce la morale,
quantunque non possa far godere de’ suoi lumi i saggi d’Israele nella
scienza legale; nulladimeno riuscirà vantaggioso agli uomini di altre
nazioni: per l’opposto poi, chi non conosce una buona morale, comunque
sia egli instrutto nella legge divina, non è vantaggioso, nè alla
propria, nè alle altre nazioni; il che è molto bene spiegato da’ nostri
savi con un loro ben instruttivo assioma, cioè, che qualsivoglia savio
nella legge, per esempio, un teologo privo di scienza morale, è peggiore
di un cadavere di una bestia non macellata secondo il rito ebreo, vale a
dire, che un teologo privo di scienza non sia migliore di quell’animale
di cui in seguito alla legge divina ci è proibito di servirci per un
difetto legale; e che non essendo, nè schifoso, nè ributtante, non è
vietato fuorchè alla nostra società, potendo gli altri uomini goderlo, a
cui possiamo perciò venderlo⁷; ma costui è ancora peggiore, perchè non
dirigendosi secondo i precetti della vera morale, non è utile, nè alla
propria, nè alle altre nazioni; giacchè le teologiche di lui cognizioni
sono spregievoli alla propria nazione, ed il contegno di lui si rende
abbominevole e ributtante anche verso le altre nazioni.

    ⁶ Il nostro celebre Maimonide nel suo Jad achazakà, Tratt. de’ Re,
      cap. 9, art. 1, c’insegna, che questi siano, al numero di 6
      precetti negativi, stati dati ad Adamo, allorchè proibita fugli
      l’idolatria, la bestemmia, l’omicidio, l’adulterio, il furto, e la
      violazione della giustizia; e che a Noè sia stato aggiunto l’altro
      della proibizione dell’uso della carne staccata da un animale
      vivo.

    ⁷ Deuteron. cap. 14, v. 21.



                            ___CAPITOLO II._


La legge morale ne’ primitivi tempi era maneggiata dagli uomini più
rispettabili; ed i suoi dettami hanno formate le unioni sociali, e
fondate le monarchie, dividendo in seguito i popoli in differenti
gerarchie: parte di questi destinati furono a presiedere al governo ed
alla giudicatura, e parte ad essere condottieri di armate in difesa
dello stato: i più savi hanno erette scuole per instruire la nazione
nelle scienze e nelle virtù, ed il rimanente del popolo è stato diviso,
chi alle arti meccaniche, e chi all’agricoltura; ed ogni differente
società ha stabilito certi usi e costumi, sì per trattare con i propri
individui, che per contenersi con gli estranei; e quindi si è formato il
diritto delle genti, affinchè questo serva di base alle regole con le
quali un regno od un popolo debba trattare con l’altro; il che ha
contribuito non solo a formare de’ trattati di pace; ma ancora delle
alleanze che servirono a communicarsi a vicenda le arti, le scienze, il
commercio, e concambio delle rispettive derrate, con il di cui mezzo le
differenti parti del mondo si sono collegate una con l’altra, tendendo
ognuna a cercare l’altrui pace e felicità, sicuri essendo, che tanto il
bene, che il male di una popolazione influirebbe sul bene, o male
dell’altra, ed in tal guisa ogni privato può, e deve riuscire di
vantaggio alla generale popolazione dell’universo.

Nel modo istesso la legge morale ha servito di base fondamentale al
contegno de’ capi rispettabili d’Israele; e sebbene i re, i profeti, i
ministri di Dio, e più di ogn’altro il nostro legislatore Mosè cui gli
statuti legali rivelati furono, fosser stati da Dio ispirati; pure nulla
per via di rivelazione han saputo delle leggi morali, quantunque abbin
appreso cose maggiori; poichè al contegno morale il sommo Dio aveva già
provveduto nell’atto di creare il genere umano, con accordargli diverse
cognizioni, e l’abilità altresì di poterle comprendere da se stesso,
riflettendo agli oggetti che la creata natura presentava loro; e però
poteva trarne delle massime conseguenti ed atte a formar delle leggi e
delle regole capaci a sostenere le republiche in ogni parte, ed in
qualsivoglia provincia che esister potesse; e prima ancora che la
divinità si fosse dimostrata a’ nostri santi maggiori, essi già erano
perfettamente instruiti di tutte le leggi umane, tanto ne’ rispettivi
diritti e buon governo, quanto anche nelle cognizioni, e fisiche, e
speculative; ed abbenchè fossero illuminati dallo spirito divino,
nulladimeno non si sono allontanati da un simile contegno di mondo, il
quale si rese sempre indispensabile e necessario, tanto per trattare con
i privati, quanto col publico; e per sostenere altresì proposizioni con
grazia ed energia, e per incamminare i trattati che dovevano
indispensabilmente avere con altri popoli, e così con i loro rispettivi
sovrani, non essendo possibile, che un uomo dirigga un popolo intiero, e
lo conservi in una buona armonia, senza essere un perfetto conoscitore
de’ diritti publici e privati, e così pure dell’uman cuore, e de’
costumi ed inclinazioni delle nazioni.

E ciò è tanto più naturale, cioè, che allora quando i nostri maggiori
hanno preso un regolato sistema abitando la terra santa, fondando il
loro regno secondo il dettame della divina legge, e stabilendo le
proprie tribù nelle città e distretti stati loro assegnati, abbiano
avuto bisogno maggiormente di un contegno morale per stabilire i
rispettivi tribunali di giustizia e per disporre il governo con
quell’ordine umano che fu poi meglio perfezionato dalle divine
prescrizioni, destinando maestri, onde vegliassero all’educazione della
gioventù, incaricandoli di regolarla sul piano del divino volere; ed
indi hanno avuto bisogno di agrimensori par la giusta divisione delle
terre, e così pure degli architetti per piantare abitazioni, per
costruire torri, fortezze e fortificazioni, e per formare le città, ed
hanno avuto bisogno de’ conoscitori dell’arte della guerra, e de’
fabbricatori d’armi, degli aritmetici, degli astronomi, e degli
agricoltori, e di uomini abili a conoscere il contegno de’ regni, delle
provincie, e de’ rispettivi sovrani, non meno che le loro religioni, le
leggi, e le loro forze, non che di aver attenzione a quello che
succedeva giornalmente, e così degli scrittori i quali scrivessero i
fatti storici che accadevano; il che si vede con ispecialità espresso
nel Paralipomenon⁸, essendo queste cose tanto necessarie e per il buon
governo e per la durabilità del medesimo; ed a tutto ciò non si nega,
che sia superiore la legge divina, che egualmente si deve conoscere
affine di saper esercitare le funzioni dalla medesima prescritte, e per
mantenere un contegno divoto, e per conseguire le cognizioni metafisiche
che formano la felicità dell’anima; in tutti i modi però queste due
leggi sono necessarie egualmente, perchè ambedue riconoscono il medesimo
divino autore, servendo la legge rivelata di ornamento e di corona alla
morale; e quantunque parte delle cognizioni divine siano il decoro delle
leggi umane presso tutte le nazioni; si rende nulladimeno necessario,
che la morale preceda, e sia appunto la prima a piantarsi, non
altrimenti che precede l’infanzia e la gioventù alla maturità ed alla
rispettabile vecchiezza, la notte al giorno, ed il verno all’estate.
Così appunto la morale dispone l’anima la quale si rende poi perfetta
mediante le cognizioni maggiori, come abbiamo dimostrato; e questo si è
il contegno che ne’ nostri tempi si osserva, poichè tutte le nazioni che
sussistono, che riconoscono la subordinazione, e che amano la
tranquillità, devono tuttociò alle leggi della buona morale con cui si
regolano, procurando a tutti i sudditi una lingua istessa, ed un
contegno eguale ne’ professori di arti, scienze, o lettere, potendo
ognuno appigliarsi a quell’arte o scienza che più gli aggrada, ed a cui
meglio inclina; e mediante un tale contegno viene sostenuta la società:
contegno, che dal più al meno è osservato in qualunque paese; essendo
per altro considerabile, che a misura che un paese viene trattato con
buona morale, a misura è ancora felice, savio, potente, onorato, e
rispettato; ove all’opposto qualora vi manchi il buon costume, il paese
decade, non solo nel credito; ma ancora nella felicità: ciocchè è tanto
noto universalmente, che non occorrono prove per accertarlo.

    ⁸ Paralipom. Lib. I, cap. 29, v. 29, 30.



                            _CAPITOLO III._


Se v’ha popolo alcuno nell’universo che non sia versato quanto conviene
sulle leggi umane, e che abbia altresì nella sua gioventù e nelle
proprie scuole trascurati gli studi del jus, della fisica, e delle
matematiche, un tale popolo siamo noi certamente israeliti dispersi ne’
differenti dominj di Europa, dimoranti nella maggior parte de’ suoi
regni, avendo intieramente abbandonati sì rispettabili e vantaggiosi
studi, e specialmente li popolatori dell’Allemagna, e della Polonia,⁹
molti de’ quali sono uomini di profondo sapere, di un giusto criterio, e
di buona morale dotati, e timorati di Dio; ma il loro studio
dall’infanzia è stato sempre quello della legge divina e de’ suoi
precetti, avendo poi la notizia delle leggi umane intieramente
trascurata, ignorando ben anco la grammatica della propria santa lingua,
non conoscendo la bellezza, la forza, l’eloquenza, la grazia della
medesima, dalla quale risultano tante belle e savie cognizioni, essendo
conseguentemente naturale, che non sappiano ben parlare la lingua della
nazione, tra cui si contan non pochi i quali non sanno neppur leggerla,
e tanto meno scriverla, ignorano la Geografia, non conoscono punto la
storia, e così pure non hanno la menoma idea della legge civile, della
fisica, delle matematiche; poichè non furono mai istruiti da’ genitori,
o da’ maestri, appunto perchè i genitori istessi non avevano di tutto
ciò alcun principio; che anzi neppure i fondamenti della medesima fede
non vengono a dovere insegnati, nè la gioventù li apprende con un metodo
eguale. Nelle nostre scuole non si studia, nè l’etica, nè la metafisica,
e que’ pochi scolari che hanno la grazia di Dio di aver riportato
qualche profitto dagli studi della divina legge, fatti adulti, con loro
sensibile dispiacere conoscono quanto loro manchi, e quindi nasce quella
dura fatica di rimediare a’ difetti dell’educazione, e per guadagnarsi
le opportune cognizioni, devono cercarle nelle conversazioni, o
mendicarle da’ libri talvolta mal digeriti, e mendicarle senza ordine e
con poco profitto, formandosi un’erudizione irregolare, poichè una
cognizione chiara delle scienze non si trova nella nostra nazione,
fuorchè in pochi privati che si sono dati alle scienze ed alle virtù; ed
apprendendo le lingue onde capire i libri delle differenti nazioni, si
formarono da se quasi una sorgente di cognizioni, approfittando senza
maestri e senza l’assistenza de’ loro genitori, e questi tali sono stati
guidati unicamente dal vero amore della virtù. Soggetti però di tale
fatta sono pochissimi¹⁰; ed il volgo che non si è dato allo studio
sacro, per lo più resta privo intieramente delle vere leggi umane, e
manca conseguentemente allo stesso la rettorica, la morale, le scienze e
le arti; cosicchè sprovvisti somiglianti uomini di tali lumi, riescono
inutili alla società. Un tale difetto è andato crescendo nella nostra
nazione da un secolo all’altro, e vige ancora al presente, senzacchè
nessuno avesse pensato o cercato di levarci il velo dell’ignoranza con
cui siamo stati sgraziatamente coperti.

    ⁹ Questo è un tratto della modestia dell’autore; giacchè il
      traduttore nel citato suo discorso ha provato, che nel corso di
      pochi anni li fratelli di lui ebrei Allemanni hanno prodotte
      cinquanta e più opere letterarie; e la maggior parte in materie
      profonde, e nelle lingue latina, tedesca, e francese.

   ¹⁰ Quì il nostro autore fa un modesto ritratto del celebre filosofo,
      e metafisico sig. Mosè Mendelssohn, e di altri suoi simili, i
      quali dalle nostre sacre cognizioni, e dalla lettura de’ medesimi
      filosofi sono giunti al sublime grado delle vere cognizioni.

Non vi stupite però, o miei fratelli, se un tal male ci sia accaduto, e
se quella nazione che ne’ primitivi tempi fu da Dio istesso chiamata per
savia ed intelligente, e che fu data alle altre nazioni per modello,
siasi poi in progresso di tempo guastata nelle cognizioni umane e
ridotta perciò inferiore alle altre nazioni, trascurando quegli studi
che rendono rispettabili chi le possiede, quantunque questa nazione
medesima continui nello studio della divina legge e nelle cognizioni
dello spirito, e quantunque il maggior numero de’ nostri confessi si
applichi fervorosamente a questi studi: non vi stupite, ripeto, se fra
gli individui nostri ve ne siano alcuni di sopraffino intendimento, di
acutissimo ingegno, non solamente ne’ nostri studi, ma ancora in
qualunque altra applicazione; e che ciononostante ignorino le scienze e
le cognizioni che formano la legge morale; poichè, sappiate o miei amati
fratelli, che la colpa non è nostra, nè abbiamo motivo di querelarsi del
proprio contegno, nè di lamentarsi di noi medesimi; ma dobbiamo
incolpare bensì quelle nazioni le quali ci hanno preceduto da mille e
più anni in quà, e che ci hanno tanto malamente trattati con i decreti
de’ loro sovrani e ministri, avendo con le loro legislazioni cercato di
abbassarci, e di annichilirci, imponendoci delle leggi contrarie alla
ragione. Essi sono quelli che ci hanno resi incapaci di conservare una
sana morale, abbattendo il nostro spirito, sino ad umiliare il nostro
coraggio, obbligandoci a trascurare le scienze umane; e da quel tempo in
poi avviliti gli animi de’ nostri predecessori, non furon suscettibili
di quella forza che si richiede per proseguire nel cammino delle morali
cognizioni. Questo è che ha ridotti i nostri maggiori ad abborrire tutti
gli studi naturali, perchè furono esclusi da tutti que’ suffragi a’
quali Iddio ha ammesse tutte le sue creature dall’una all’altra parte
dell’universo; e però lor mal grado abbandonarono quelle cognizioni, e
quegli studi i quali hanno per scopo il contegno, come sarebbero le
cognizioni di astronomia, di agricoltura, di nautica, di fortificazione,
del jus privato e publico, cose da loro riputate per superflue,
riflettendo, che le nazioni li trattavano da nemici, non curavano i loro
consigli, e non facevano conto alcuno della loro robustezza. Dicevan
quindi: _Noi non siamo abilitati a possedere terreni, nè a sostenere
impieghi; trascuriamo dunque tutti gli studi, e diamoci intieramente al
commercio, onde procurarci qualche sostegno e nutrire le nostre proli;
dacchè il solo ed unico commercio ci è permesso, ed anche questo con
pesi enormi e con ristrettissime limitazioni, confidiamo in Dio, non
studiando, fuorchè gli oggetti di religione i quali ci guideranno alla
futura felicità, giacchè questi sono i doveri precisi per i quali Iddio
ha contratta l’alleanza con i nostri maggiori._

Li pochi letterati poi, li quali, come si è detto, si sono da se stessi
formati, hanno trascurato d’istruire i loro allievi nelle scienze, e
nelle belle arti, sapendo per pratica, che il dolce delle scienze non si
possa gustare da chi è amareggiato nell’animo, conoscendo essi, che
quand’anche li avessero ben istruiti ne’ doveri dell’amore dovuto al
loro simile, che è la corona ed il fregio di tutte le civili e morali
cognizioni; pure non li avrebber posti in pratica, dacchè dovean vivere
in mezzo a quelle nazioni da cui venivano continuamente imposturati,
macchinando contro di loro, ed inventando mille false imputazioni, per
aver campo d’isfogare il loro ingiusto odio, o la vergognosa loro
avarizia, con delle crudeltà inaudite, e dacchè prevedevano, che il loro
amore per simili prossimi sarebbe stato contracambiato con l’odio; anzi,
che se le proli fossero state istruite a dovere nella lingua del paese
per modo che avessero potuto presentarsi alle corti ed ai magistrati,
non sarebbero state ascoltate, giacchè i loro talenti non erano punto
stimati, e le migliori loro produzioni sarebbero state ributtate, e
dacchè finalmente congetturavano, che se venivano istrutte nella fisica
e nella matematica, si sarebbero in progresso disgustate, perchè non vi
avrebber trovati vantaggi reali; stantecchè non avendo campo di
adoperarsi nell’agricoltura, nè nell’architettura, nè in qualsivoglia
altra professione, attesa l’inibizione, non averebbero da’ loro studi
riportato il bramato effetto; ed essendosi in progresso di tanti secoli
dimenticata la nazione dello studio e dell’esercizio delle scienze, non
vi fu più il caso di riacquistarle, nè anco in que’ medesimi stati ne’
quali regnarono i più clementi sovrani, da cui ci fu accordato qualche
raggio di grazia, e ci fu allegerito il peso della sofferta schiavitù,
perchè le cognizioni erano nella nostra nazione affatto perdute.

Nella lingua ebrea non avevamo libri che c’istruissero, e le lingue
delle altre nazioni non le conoscevamo e non ne potevamo approfittare,
perchè esclusi dalle publiche scuole; giacchè ne’ tempi di persecuzione
ci hanno talmente proscritti ed allontanati dal commercio delle nazioni,
che non avendo se non se poca occasione di trattarle, non conoscevamo
più nè le loro lingue, nè i loro libri; e tanto meno potevamo con
eleganza spiegarci: allorchè poi le più forti persecuzioni ci hanno
obbligati a dover emigrare da una in altra provincia, ci siamo scordati
una parte della lingua della patria che abbandonavamo, imparando una
confusa parte di quella del paese che ci ammetteva, avendo per
conseguenza formata una lingua barbara e male pronunciata; e così di noi
è accaduto quanto si legge nella storia delle nostre vicende, la quale
facendoci fremere, rende anche maraviglia come fossimo restati un corpo
di nazione¹¹ a fronte di tante persecuzioni, espulsioni, e martirj, e
come abbiamo potuto resistere ad una corrente sì forte: così pure è da
stupirsi come a fronte di tuttociò siano tra noi rimasti tanti umani e
plausibili usi, ed una sana morale con cui ci siam regolati; questo però
è un effetto della sacrosanta divina legge, la quale, anche allora che
mancarono le scienze, è stata capace a formare il nostro spirito,
inspirandoci sentimenti di morale e di pietà, allontanandoci dalla
barbarie e da passare a’ criminali da cui per la Dio grazia siamo
restati illesi, poichè noi non abbiamo in alcun tempo avuta parte nelle
congiure o sollevazioni, abbiamo macchinati assassinj o insidie; anzi in
ogni tempo ci siamo dimostrati fedeli e rispettosi a’ sovrani che ci
hanno dominato, ed alli paesi che ci hanno sofferto, sempre pregando Dio
per la prosperità del paese in particolare, e del mondo in generale¹²; e
quantunque ci siamo veduti maltrattati ed abbattuti, ci siamo consolati
con la nostra innocenza, pensando, che il mal contegno delle altre
nazioni verso di noi era un effetto del pregiudizio inveterato, tanto
ne’ popoli, quanto in alcuni che li governavano (pregiudizio che dura
ancor di presente per abito): motivo appunto per cui abbiamo pregato il
sommo Dio di voler mutare i loro cuori, affinchè ci riguardino una volta
con occhio umano, e ci usino i tratti di tolleranza e di benevolenza, la
quale si è meritata dal nostro umile e sofferente contegno.

   ¹¹ Il Benverga nel suo Scevèt Jeudà, un altro spagnuolo nel suo libro
      intitolato le tribolazioni d’Israello, e Abarbanel nelle sue
      opere, hanno dato conto delle persecuzioni sofferte; ma più
      fusamente il sig. de Basnage nella sua storia ebraica.

In questo modo le cose sono passate da un secolo all’altro, e tali
ancora si conservano, perchè quantunque in molti regni si sono veduti
principi tolleranti, e massime in questo secolo nel quale i sovrani di
Europa sono filosofi amici dell’uomo, e tolleranti, e da cui anzi
riceviamo distinte grazie (del che Dio sia il rimuneratore); nulladimeno
non è cessata la durezza delle antiche leggi, e degli invecchiati
pregiudizi che ci hanno impedito l’uso delle arti e scienze, ed
allontanati dalla società, come abbiamo dimostrato nel cap. 1, e 2do:
pregiudizi che sono troppo radicati ne’ cuori del minuto popolo, ne’
quali il pregiudizio è solito a piantar radice, ed il buon criterio rare
volte vince od è capace di estirparli; poichè quand’anco l’amico
dell’uomo formi per un momento idee di filosofica tolleranza, l’uso ed
il pregiudizio ne offusca le idee; e questo è ciò che ha causato, che
nessuno si sia mosso a pietà di una sì grande quantità di poveri
innocenti che pensano sempre al bene, alla quiete, ed alla tranquillità,
e che non hanno altra colpa fuorchè quella di essere nati figli
d’Israele, e di conservare la primitiva credenza, come tutte le altre
nazioni conservano quella religione che hanno succhiata con il latte
materno; e quantunque noi crediamo in un solo ed unico Dio che è padre
universale (principio che è comune a tutti i nostri fratelli figli di
Adamo popolatori dell’Europa, come a que’ nostri simili che popolavano
l’Asia e l’Africa), e tuttochè la nostra legge insegni l’amore dovuto al
nostro prossimo, ed il contegno di pace e di buona morale, ciocchè serve
di base fondamentale, tanto alla legge degli europei, quanto a quella
de’ maomettani; contuttociò nessuno ci ha riguardato con buon occhio, nè
ebbe per noi riguardi favorevoli, per modo che, dubitando di mai più
essere favoriti, ne disperavamo intieramente.

   ¹² Il traduttore nel suo citato discorso ha provato questo contegno
      con le scritture sacre, con gli storici della nazione, e con la
      pratica ancora, come si vede nella sua citazione dalla pag. 13
      sino alla pag. 17.



                            ___CAPITOLO IV._


Ma nulladimeno gli eventi non corrispondono sempre alle umane
aspettazioni, perchè ogni cosa ha il suo tempo determinato, ed ogni
avvenimento di questo mondo ha il suo termine¹³, e dal momento che Dio
ha creato cielo e terra, ha prescritti gli eventi delle rispettive
epoche del mondo, or felici ed or funesti; giacchè leggendo nel futuro,
e conoscendo le generazioni prima ancora che esistano, prevede tutto
quello che accaderà sino alla consumazione de’ secoli; e come che da un
secolo all’altro sempre più si sviluppano gli arcani della natura, e si
scuoprono nuove invenzioni, tanto nelle arti, quanto nelle scienze, come
in grazia d’esempio la scoperta dell’America, l’invenzione utile della
stampa, l’invenzione terribile della polvere di fucile, le differenti
qualità delle macchine elettriche, ottiche, e cose simili; così ha egli
ab eterno destinato chi debba regnare, dirigere, e governare i secoli
rispettivi: egli eleva i re al trono, perchè siano gli stromenti della
sua volontà, e per operare col loro mezzo gli effetti della di lui
grazia, o giustizia, e quindi è che il profeta Isaia predicesse 300 anni
prima del tempo la distruzione di Babilonia, e chi ne dovesse in seguito
essere il conquistatore da lui espressamente nominato¹⁴, ed un altro
profeta predisse a Geroboamo, che nascerebbe un figlio nella real casa
di Davide che sarà chiamato Jozia ben 200 anni prima, ed il savio re
Salomone distinse la somma differenza fra i differenti tempi che passano
per tutti li popolatori del mondo li quali, o per bene o per male, si
estendono e comprendono le generali nazioni o popolazioni, segnando tra
questi i vari tempi di amore o di odio¹⁵; così sarà questa l’epoca
felice destinata a sradicare l’odio irragionevole che passa tra le varie
società del genere umano: odio ingiusto che riconosce una incompetente
origine perchè ha per base la diversità di religione e di culto. Oh
secolo illuminato! Adorate la bontà divina che ha elevato l’eroe, il
restauratore dell’umanità _GIUSEPPE II_, la di cui gloria sia inalzata,
il quale oltre il di lui sapere, buon governo e valore guerriero, cose
più sorprendenti sentiamo che abbia stabilite publicando le leggi di
tolleranza generalmente per tutti li felici suoi popoli i quali hanno
per base l’amore del genere umano, e nell’impartire le sue sovrane
beneficenze non ha trascurato il popolo il più povero, il più abbattuto,
i figli d’Israello da tanti secoli dimenticati, ordinando anche a nostro
prò favorevoli e consolanti leggi, non altrimenti che un vero padre a’
cari figli, come un precettore diligente agli amati suoi discepoli, e
come un clemente sovrano a’ sudditi i più fedeli, aprendo per la loro
sussistenza le più facili vie, permettendo l’agricoltura, animando alle
arti, levando gli ostacoli e le restrizioni, a cui il nostro commercio
andava soggetto. Questo prode sovrano ha conosciuta la nostra
infelicità; e perchè pochi di noi parlavano perfettamente la lingua
tedesca per le ragioni descritte al cap. 3, per la di cui mancanza era
impedita l’intelligenza de’ migliori libri, e ci rendeva
conseguentemente inerti alla storia, alla fisica, al jus, ed alla
matematica, onde poi nacque che non eravamo in grado di poterci spiegare
nè con la corte, nè con li dicasteri, nè con la nobiltà, perciò ha
destinato un retto sistema, comandando, che fossero stabilite scuole in
cui li nostri figli apprendessero a ben scrivere e leggere nell’idioma
tedesco, e che fossero anzi composti libri di sana morale analoghi però
alla propria religione, affinchè le tenere proli imparassero un buon
contegno ed una morigerata condotta; giacchè le matematiche, la
filosofia e la fisica, essendo analoghe a’ principj comuni, potevano i
nostri figli impararle con tutti gli altri sudditi nelle publiche
università nelle quali non si trattan differenze che riguardino la
religione, ond’è che son comuni a tutto il genere umano: tuttociò per
rimediare a’ corsi mali, per rimettere i danni causati in tempo di odio
e di persecuzione, come s’è detto al cap. 3, e perchè noi ci rendiamo
attivi, ed utili alla republica, ed allo stato colle arti, colle
scienze, e con gl’impieghi. Felice quel sovrano che pensa tanto
egregiamente, giacchè è stato prescielto da Dio a far bene e grazie a
tutto il genere umano! Esso è l’istromento di cui Dio si serve per
operare nel mondo sorprendenti imprese. Di lui si può dire con verità,
che molti eroi si sono distinti, ma che egli li abbia oltrepassati
tutti, giacchè un tale contegno prova una vera superiorità di spirito,
sapendo superare i pregiudizi comuni che si trovano invalsi in molti, ed
a seconda de’ quali si è formata l’educazione già per il corso di tanti
secoli: pregiudizi adottati da tanti secoli, e che egli ha superati,
dimostrando la sua pietà, e la sua giustizia, volendo, che gli uomini si
amino tra loro fraternamente, e vivano in una morale e pacifica unione.
Per lui ha scritto il savio re Salomone: _Meglio è il tollerante, che il
conquistatore: e migliore è quello che domina il proprio spirito, che
quello che conquista città._ Un sì grande sovrano assista Dio Signore,
egli lo difenda e lo garantisca da qualsivoglia sinistro evento; e la
pacifica fabbrica di savia tolleranza che ha egli eretta, di modello
serva agli altri principi della terra, affine di rendere comune la pace,
e la buona armonia nel mondo¹⁶. Si renda immortale il di lui nome, e le
nazioni tutte lo rispettino, imitando il suo esempio; ed il suo
impareggiabile merito sia conservato nel cielo per tutti i tempi
dell’eternità.

   ¹³ Eccl. cap. 3, v. 1.

   ¹⁴ Reg. lib. 1, cap. 10, v. 1.

   ¹⁵ Eccl. cap. 3, v. 9.

   ¹⁶ È nostro uso di aggiugnere una benedizione al nome del sovrano.



                             _CAPITOLO V._


E Voi, o miei fratelli e figli d’Israello che godete la felicità di
essere sudditi di un sì pio monarca, quale gratitudine dimostrarete,
onde compensare in parte al gran vantaggio ch’egli vi destina, o cosa
potrete fare onde rendervene degni? Non potrete al certo, se non porgere
sincere e fervorose preci al sommo Dio per la di lui felicità, e per
l’esaltazione del suo Impero, ubbidendo a quanto vi ha imposto; e poichè
esso non esige da voi, fuorchè quello che forma la vostra felicità,
ammettendovi all’agricoltura, all’esercizio delle arti, ed alla libertà
del commercio, è necessario dunque, che, accordando Dio la sua
benedizione alle vostre imprese, trattando voi con la nobiltà, co’
dicasteri e con la sovrana corte, abbandoniate quegli atti di cattiva
grazia a cui vi hanno condotti le persecuzioni de’ trascorsi tempi, e
rinunziate alla cattiva pronunzia ed a’ termini vili e barbari,
addestrandovi alla purità delle lingue, procurando, che i vostri figli
imparino le grammatiche delle lingue che si usano ne’ paesi ove voi
dimorate, e che apprendano le leggi, la fisica, le matematiche, ed
altresì le belle lettere; onde essendo ammessi alle publiche società, e
dovendo quindi di parecchie materie parlare, a misura appunto che si
presenta l’incontro, non compariscano, come ora, di tutto ciò affatto
digiuni ed addormentati, o immersi nell’ignoranza; e ciò tanto più,
quantochè queste umane cognizioni sono molto opportune per
l’intelligenza della divina legge, alla quale noi siamo tanto attaccati.

La trascuratezza sino ad ora avuta nell’imparare le lingue delle
rispettive provincie in cui abitiamo, e l’incapacità di parlare
purgatamente, ha partorita la troppo funesta conseguenza di mal appena
conoscere la lingua ebrea e forse anco la di lei grammatica, e così la
poesia e la rettorica; e conseguentemente non approfittandosi di questi
vantaggi che si ricavano da quelli i quali intendono le lingue, non
giungiamo a perfettamente comprendere le frasi della scrittura sacra, la
quale, oltre alle felicità future che a noi promette nell’altra vita,
supposta però sempre l’osservanza de’ suoi precetti, facilita inoltre la
felicità in questa vita umana, poichè istruisce l’uomo con leggi
tendenti ad usare un buon contegno savio e morale in tutte le sue
azioni: motivo che ha determinato l’eccellentissimo sig. Moisè
Mendelssohn a tradurre in tedesco il Pentateuco con grande eleganza, in
grazia appunto della pratica nel sopraddetto idioma, e dell’erudizione
nelle scienze: opera con cui ha egli alla nazione reso un’importante
servigio, come si vedrà al cap. 7.

E così gli studi fisici, legali e matematici, non solo fanno sommo onore
a chi li possiede, non solo lo rendono utile allo stato ed agli
individui di cui è parte; ma sono inoltre in grado di sostenere la fede,
radicando l’amore ed il timor di Dio, e sono utili altresì per essere
capaci di rendere più rispettabili i sacri libri, e la rivelazione nella
sua società; e perciò li nostri letterati hanno bisogno di sapere la
cronologia e la storia, onde conoscere le antiche rivoluzioni del mondo,
come per esempio: chi, e quali fossero gli antichi possessori delle
provincie, e come dall’uno all’altro siansi devolute? Come siansi
formati i regni, e d’onde abbiano la loro origine li differenti nomi che
hanno avuto gli stati, e le nazioni? Quali fossero li loro costumi,
quale la storia e le legislazioni? Queste notizie giovano, tuttochè
siano esse profane all’intelligenza della divina scrittura, da cui ci
viene delineata l’idea della divisione della terra tra li figli di Noè,
e così pure l’idea de’ nomi delle provincie originate da’ nomi di queste
famiglie che in allora le popolavano, come del regno di Nembrot, quello
de’ Siri, la guerra de’ cinque re contro quattro ne’ tempi del patriarca
Abramo, e così de’ paesi che hanno occupati, e molte altre simili storie
scritte da Mosè e da altri profeti ne’ rispettivi loro libri; poichè
colui che non possiede una vera idea dell’antichità, reputa, come
altrettanti sogni, questi racconti; nè può con fondamento appagarsi.
Cognizioni sono queste le quali sono incamminate a promuovere, e
l’amore, ed il timore di Dio; poichè conoscendo gli antichi costumi
delle trascorse nazioni, si giunge a conseguentemente capire, come,
essendosi gli antecessori scostati dalla sana morale, Iddio li abbia
proscritti, e perchè tra tutti prescielto avesse il patriarca Abramo
(che gode la vera pace) contraendo secolui una perpetua alleanza per se
e suoi successori; e si arriva a comprendere, che la legge ed i precetti
divini siano stati dati, affine di sottrarci dal corrotto ed
abbominevole contegno delle nazioni idolatre; e si capisce la verità di
qualsivoglia proposizione delle sacre carte utili ed instruttive.

Con questo mezzo sarà ben regolata la fantasia delli giovani studiosi
che si avezzeranno a pensare con aggiustatezza, senza formarsi idee
false, o tessere racconti di vecchiarelle, di romanzi, o favole, come
furono in vari tempi inventati, e così pure l’uomo resta dalla storia
instrutto, leggendo i fatti accaduti alle nazioni già corse, ne’ loro
usi, condotte, invenzioni, e riflettendo ai loro successi, conoscerà il
buon effetto della vera condotta, e della giusta direzione, vedendo
prosperare intere monarchie, e produrre sommi eroi e letterati, ed
osserverà inoltre, come un cattivo contegno abbia precipitate le
maggiori provincie che si sono distrutte, perdendo anche nelle loro
ruine que’ direttori che si avevano meritata una grande riputazione;
certo essendo che simili cognizioni sollevino l’uomo sopra l’ignorante
volgo il quale dorme vegliando, e così pure la cognizione della
geografia, da cui ci viene esibita l’estensione del globo, la sua
divisione in provincie, li rispettivi limiti delli differenti stati, ed
a quali gradi di latitudine e di longitudine essi siano situati, le
diverse situazioni e denominazioni de’ mari e de’ fiumi: cognizioni, che
sono egualmente utili, come appunto la storia per l’intelligenza della
divina scrittura, ed affine di comprendere quali differenti provincie
siano state assegnate alli diversi discendenti di Noè, li viaggi del
patriarca Abramo, li veri limiti e confini di terra santa, il viaggio
delli nostri maggiori nel deserto, e i mari ed i fiumi che sono nella
sacra scrittura descritti: cognizioni che riescono strane, e di
difficile intelligenza a chi è di tali notizie privo, come lo dimostra
l’esperienza; e per contrario chi è di simili cognizioni dotato,
comprova que’ fatti colla naturale evidenza.

Si rende poi del pari utile la conoscenza dello stato presente di tutte
le nazioni, il loro commercio, i loro costumi, le differenti religioni:
cose tutte che servono a facilitare il commercio, ed a fare un onesta
comparsa nelle pulite ed erudite conversazioni.

Non v’ha dubbio, che le cognizioni fisiche de’ vegetabili, degli
animali, de’ minerali, e delle materie elementari, come quelle altresì
dell’aritmetica, dell’agrimensura, dell’architettura, e dell’astronomia,
sono essenzialmente necessarie per l’uso della religione ed intelligenza
delle sacre carte; giacchè con queste si spiegano le proporzioni delle
distanze necessarie nelle differenti piantagioni, per l’intelligenza del
corso delli due astri maggiori tanto necessaria per la rispettiva
destinazione delle feste: la cognizione fisica degli animali che sono
permessi, e di quelli che ci sono proibiti, e per quelli che trascurano
simili cognizioni, il profeta ha scritto il rimprovero dicendo, che non
riguardano le opere di Dio, nè considerano le opere delle di lui mani¹⁷;
per quello poi che le studia, Salomone promette, che allora concepirà il
timore di Dio¹⁸; giacchè con il mezzo delle scienze l’uomo comprende la
grandezza di Dio, la di lui forza e potere, e ciò lo porta ad un maggior
rispetto e divozione per il di lui fattore, e su di ciò non è bisogno di
maggiormente diffondersi, mentre gli antichi nostri autori, di buona
memoria, si sono bastantemente spiegati; e poichè Sua Maestà Imperiale
ha ingionta la coltivazione delle scienze, li di lui ordini sono in vero
consolanti, essendo la verità cara a Dio, è giusto altresì di obbedire a
questo sovrano comando tanto dilettevole e vantaggioso.

   ¹⁷ Isaja cap. 5, v. 12.

   ¹⁸ Proverb. cap. 2, v. 5.



                             _CAPITOLO VI._


Oltre a ciò ha bisogno la nostra nazione di compilare ed unire di bel
nuovo gli articoli di fede, e le massime di religione e di buon costume,
onde instruire i nostri figli nelle nuove scuole, ed anco a ciò ha
proveduto S. M. Imperiale con la sua savia providenza, ordinando, che ci
serviamo de’ libri di morale analoghi a questi tempi, e diretti da una
sana filosofia, onde col mezzo di questi venga impresso nella gioventù
un vero contegno; ed allorchè rifletteremo con esattezza, concluderemo
certamente, che il lume di tutte le morali scienze sia ecclissato dal
forte splendore che tramandano li precetti morali della divina legge; ma
il lume della sacra morale non si può così facilmente capire dalli
principianti studiosi, perchè il rilevare le profonde massime ed il buon
contegno dalla fonte originale, e da’ profondi divini oracoli, ella è
opera di uomini savi e provetti, e non già, come dissi, di principianti;
essendo a ciò necessaria una profonda cognizione, ed un criterio non
ordinario; ed in conseguenza è indispensabile che sia prima compilato un
libro riguardo agli articoli della fede alla quale ogni israelita è
tenuto di credere; libro che sia scritto con una frase chiara, ed assai
intelligibile; e che l’autore proporzioni il suo stile all’abilità de’
scolari che devono essere instruiti, affinchè tutti nell’infanzia
imparino con una medesima formalità gli articoli di fede, e tuttocciò
che da essi deriva, provando ogni articolo con li testi scritturali dai
quali ciascun articolo proviene, e ciò affinchè restino informati nella
loro religione, ed affinchè pure di questa restino interamente persuasi
e convinti dell’origine delle cose nella vera loro sorgente; cosicchè
anche quelli che non saranno in grado di avanzare nelle scuole, non
manchino di sapere metodicamente quelle cose le quali sono proficue e
necessarie per renderli felici nell’una e nell’altra vita¹⁹.

   ¹⁹ Oportunamente è stato scritto dal dotto Rabino Simone Calimani di
      Venezia un Catechismo in italiano per la gioventù ebrea, e questo,
      che è già sortito da’ torchi del Ces. Reg. privilegiato Stampatore
      Giacomo Tommasini di Gorizia, è prossimo a venire alla luce da’
      torchi medesimi in lingua ebraica e tedesca.

E’ poi necessaria del pari ancora la compilazione di altri libri di
savia instruzione per le scuole, parte intorno a’ precetti morali che
formano una parte della legge umana, e che sono strettamente connessi
con la legge divina, ed alcuni ancora sulle virtù dell’anima e le sue
potenze le quali influiscono su i costumi, mediante le quali essa opera,
come sarebbe a dire la virtù e l’ignoranza, la fermezza e l’instabilità,
l’allegrezza e la melanconia, l’amore e l’odio, la generosità e
l’avarizia, e molte simili cose; ed essendochè quasi tutti i buoni
costumi sono connessi con li divini precetti, come il non desiderare la
casa altrui²⁰ , il non vendicarsi ed il non serbar odio²¹ , il non
odiare internamente il suo simile²², l’amare il suo prossimo come se
stesso²³, oltre a quelli che si vedono sparsi negli altri libri
inspirati, come per esempio, è abbominato da Dio ogni perverso di
cuore²⁴, abbomina Dio qualunque superbo²⁵ , e molti simili divini
precetti e morali avvertimenti; quindi è necessario, che li compilatori
ricavino le loro sane sentenze dalla sacra fonte della rivelazione,
esponendole con buon criterio ed ottimo sistema, affinchè queste cose
persuadino le loro menti, aprendo loro l’ingegno onde approfittare delle
istruzioni col mezzo di queste regole, e reggere con queste le loro
azioni, onde con un savio e divoto contegno siano amati da Dio e dal
mondo savio, come insegnò Salomone nel principio de’ suoi divini
proverbi²⁶ _per ricevere l’instruzione della prudenza, la giustizia, il
giudizio, e la rettitudine_; giacchè l’instruzioni della divina legge,
quando sono giudiziosamente esaminate e ben capite, si fondano tutte
nella giustizia, nel giudizio, e nella rettitudine; e sono bastanti a
persuadere qualsivoglia oggetto pensante, nè sono esse opposte in verun
modo alla sana morale de’ filosofi e delle altre nazioni, come non sia
vero giammai, che alcun precetto divino fosse soggetto a qualsisia
eccezzione, e che qualunque scritta legislazione avesse trovato, che un
solo di questi precetti avesse servito d’intoppo a qualsivoglia giusto
affare, e questo non si potrà mai dire, non solo della divina scrittura;
ma neppure delle leggi de’ nostri savi rabini, allorchè siano veramente
e perfettamente intesi; il che è dimostrato nell’articolo dell’usura,
che Dio permette verso l’estraneo, e la proibisce col proprio
nazionale²⁷; e la ragione si è, che dalle nazioni estranee è permesso
l’esigere quell’usura che è accordata dalle leggi del paese, ed in cui
essa è in uso tra gli abitanti, come sarebbe a’ nostri giorni il 4, o 5
per 100, e pretendendo da un estraneo più di quello che viene dalla
municipale legislazione prefisso, è una frode; e ad un israelita, anche
uno per mille è vietato, appunto per essere questo un precetto d’ordine
positivo, come si rileva dalla divina legislazione; come vi sono ancora
delle altre prescrizioni superiori alle umane cognizioni; e si osserva,
che tra le lodevoli azioni descritte dal reale salmista, cioè di non
prendere benchè minima usura, accerta, che chi le osserva non inciamperà
in eterno²⁸. Su di questo testo i Rabini hanno spiegato nel Talmud²⁹ che
si tratti di colui che abborrisce l’usura a segno di non esigerla
neppure dall’estraneo; e questa è un ottima Talmutistica instruzione,
come si vede in tutte le altre cose; dovrà dunque il compilatore di
queste tali opere dividere li trattati con buon ordine, onde facilitarne
l’intelligenza agli studiosi, spiegando prima li doveri dell’uomo verso
Dio, cioè l’amore al medesimo dovuto, il timore, il contenersi secondo
le di lui leggi, e la purità de’ costumi; indi il dovere dell’uomo verso
il sovrano, come suddito verso il superiore, ed alli maggiori a cui è
sottoposto, e così il dovere morale verso ogni individuo della società;
il tutto si esporrà con savio e prudente criterio, e con pruove tratte
dalla legge divina, dalle profetiche prescrizioni, e da’ dettami de’
nostri savi Rabini (di felice ricordazione) e queste tali compilazioni
doveranno essere estese in pura lingua ebraica, ed indi un perito nella
lingua allemanna dovrà tradurle in elegante idioma tedesco, e col mezzo
di una tale traduzione dovrà il maestro instruire i suoi discepoli, e
ciò affinchè profittino in ambidue le lingue, instruendoli e nell’ebreo,
e nel tedesco idioma, poichè ad ogni costo dobbiamo ben ammaestrare li
nostri figli nella lingua ebrea, affinchè capiscano la grammatica
originale, e così le figure e la forza della lingua, onde passando alle
scuole misniche, e talmutistiche sappiano, mediante le cognizioni della
lingua, conoscere le cose nella loro vera sorgente ed origine, e se
anche crescendo in età, passeranno alle arti od al commercio, le
cognizioni acquistate nella gioventù loro torneranno utili, onde capire
il litterale della scrittura, e comprendere la forza delle quotidiane
preghiere, ed intendere li libri di morale, e cose simili che sono tanto
atte a formar l’uomo, il suddito ed il cittadino; e col mezzo delle
acquistate cognizioni nella lingua tedesca potranno profittare de’ libri
di storia, de’ viaggiatori, e de’ libri di commercio che dalle altre
nazioni sono stati composti: libri che riescono assai utili, affine
d’instruire vantaggiosamente l’uomo nella legge umana, nel buon
contegno, nella morale con il suo simile, nel commercio, e così pure
negli altri umani doveri.

   ²⁰ Exod. cap. 20, v. 14.

   ²¹ Levit. cap. 19, v. 18.

   ²² Levit. cap. 19, v. 17.

   ²³ Levit. cap. 19, v. 17.

   ²⁴ Proverb. cap. 11, v. 3.

   ²⁵ Proverb. cap. 14, v. 5.

   ²⁶ Proverb. cap. 1, v. 3.

   ²⁷ Psalm. cap. 15, v. 5.

   ²⁸ Salm. 15, v. 5.

   ²⁹ Talmud, tratt. Macot pag. 24, fr.



                            _CAPITOLO VII._


O Quanto sono da stimarsi le cose che accadono in tempo oportuno,
esclamò il più savio tra gli uomini³⁰, e tale è appunto la presente
felice combinazione che giustamente in questi momenti esce da’ torchi la
buona traduzione de’ 5 libri di Mosè felicemente eseguita
dall’eccellentissimo sig. Mendelssohn nell’allemanna favella, e come
abbiamo detto al 5 cap. la nostra nazione ne ricaverà sommo vantaggio,
perchè instruendo i maestri i loro discepoli, spiegando loro col mezzo
di questa felice traduzione estesa nell’idioma tedesco il più purgato,
ed il più eccellente, sarà a mio credere il primo mezzo, onde
incamminare la gioventù ebrea a ben parlare la lingua patria, ed
apprendere con un tal mezzo più facilmente il genuino senso delle sacre
carte; giacchè sino ad ora, essendo gli instruttori mancanti, e nella
pronunzia e nella purità della lingua, non era possibile che potessero
essi spiegare il testo ebreo, onde li fanciulli ne capissero il vero
senso, poichè volendo spiegare ad altri col mezzo di una lingua che è a
loro incognita e pellegrina, quanto gli uni perfettamente comprendono,
appunto perchè possedono la forza della medesima lingua, si rende quindi
indispensabile, che la lingua in cui si ha da tradurre, sia molto bene
trattata da quello da cui viene essa spiegata, e che que’ a’ quali viene
spiegata comprendan la vera purità della medesima, e che convengasi
intieramente ne’ termini, e così resterà altamente impresso nella mente
dello studioso il fondamento della lingua, il che sino ad ora non poteva
accadere, perchè si mancava nella buona pronuncia, e nella adequata
cognizione della lingua; non avendo quindi il maestro li veri termini
per spiegarsi con il discepolo in certe frasi che egli andava
traducendo, nasceva perciò che lo scolare non giugnesse a penetrarne il
senso, e però in luogo di giovare al discepolo, lo imbrogliava anzi, e
l’obbligavano a dover alterare e contraffare con la irregolare
spiegazione li sacri testi che sono pure testi di purità per ben 7 volte
raffinati³¹, e ciò tanto più, quanto che i maestri non arrivando alla
forza della grammatica ebraica³², e tanto meno la rettorica, e sentendo
all’opposto li scolari da’ loro maestri barbarismi, vengono questi nella
loro mente sì altamente impressi, che non si scordano mai più in
avvenire. All’opposto col mezzo di questa felice traduzione
s’instruiranno tutti con una eguale formalità, accostumandosi a parlare
elegantemente il tedesco, e ad apprendere a perfezione la grammatica
ebrea, mediante le parafrasi che si sono già fatte intorno a questa
utile traduzione.

   ³⁰ Prov. cap. 15, v. 23.

   ³¹ Salm. 12, v. 7.

   ³² I maestri della nazione ebrea hanno bisogno di una somma
      attenzione nell’insinuare la pronuncia alle tenere proli, giacchè
      la loro lingua avendo la _Zain_, la _Samech_, la _Tzade_, e la
      _Scin_, forma una pronunciazione assai particolare che bisogna
      adattare a quelle delle rispettive nazioni, come devono fare i
      greci, gli allemanni, gl’illirici ecc.

Nè avendo, come si è detto, saputo li maestri il valore nè dell’una, nè
dell’altra lingua, hanno perciò tradotte le parole ebree da loro non
intese con le più barbare e stravaganti espressioni tedesche, cosicchè
li sacri testi, le poesie, e le sacre cantiche si ridussero insulse e
del tutto alterate; e quindi appunto nacque, che molti scolari siano mal
riusciti, ed abbiano sì malamente concepite le cose, che resi adulti ed
abbandonate le scuole si appigliarono al commercio, ed essendosi ben di
sovente incontrati nelle conversazioni degli innovatori, e nemici della
rivelazione, sentendo a trattare con buon ordine e bellezza di lingua le
loro proposizioni ereticali, sono stati presi dalla forza del dire, e
così dalla tessitura, e si sono lasciati corrompere, misurando
dall’eleganza la bontà delle cose, e tale è appunto l’uso de’ sciocchi,
i quali quelle cose che lor vengono spiegate nel modo che capiscono e
che le aggradano, si danno per vinti, decidendo il tutto essere vero: e
ciò deriva appunto, perchè non hanno da’ loro maestri intese delle
chiare verità nello spiegare la legge divina, nè comprendendo la forza
della lingua con cui viene loro parlato, nè le poetiche frasi, nè gli
ornamenti rettorici, determinano francamente, che la lingua ebrea non
abbia alcun merito, e che non vi sia nè piacere, nè dolcezza nelle
proposizioni scritturali, ed abbandonano quindi il sacro studio, dandosi
in braccio alla miscredenza, ed alla irreligione, come si vedono
quotidianamente gli esempi.

Sentendo all’opposto il fanciullo in seguito alla sopraccitata
traduzione tedesca la spiegazione della scrittura nel suo genuino senso,
questa in essolui sì altamente s’imprime, che anco a fronte degli anni,
e dell’età non fa smarrire di vista la bellezza della lingua sacra, il
di lei laconismo, e la dolcezza, la grazia e la bellezza delle di lei
poesie e rettoriche figure, cosicchè non resta sorpreso punto dalla
bellezza delle spiritose frasi degli innovatori, dacchè egli è in grado
di decidere rapporto ai vantaggi che la nostra sacra lingua vanta sopra
tutte le altre, contenendo in poche parole profondissime questioni, nè
contiene cose superflue, come le altre lingue, e però quelli che
giungono a comprendere la nostra lingua a segno di conoscerne le radici
delle sue voci, e come in conseguenza ogni voce sia analoga alla natura
dell’oggetto che si denomina, come abbiamo spiegato nelli libri che
abbiamo in somiglianti materie dati alla luce, e nella parafrasi del
Levitico dell’encomiata traduzione, certamente aumenterà in un desiderio
di vieppiù internarsi nello studio di tale lingua, e della divina legge,
ed in seguito acquisterà maggior cognizione ancora nelle altre scienze.

Osservate di grazia, o diletti fratelli, e considerate, come il difetto
della nostra nazione di essere mancante nella pronunzia, e nelle
cognizioni della patria lingua, quasi non si estenda, fuorchè nelli
nostri fratelli che dimorano nell’impero romano-germanico; poichè quelli
che sortirono dalla Spagna e dal Portogallo trattano tra essi in
commercio, e nelle famiglie la lingua spagnuola a perfezione, e quelli
che abitano l’Italia, parlano a dovere l’italiano, e così li francesi la
francese, e l’inglese in Inghilterra; che anzi i nostri fratelli
orientali parlano bene il turco e l’arabo, ed i polacchi la lingua di
quel paese, con la sola distinzione, che essendo essi originati dalla
Germania, parlan tra essi un tedesco assai corrotto, il che non fa torto
appresso la nazione dominante, la quale non parla quella lingua, ed essi
sono abbastanza instrutti nella lingua del paese.

Noi soli che abitiamo la Germania non abbiamo scusa di giustificarci del
cattivo modo con cui si borbotta tra noi la patria lingua, abitando in
mezzo ad una nazione che la parla a perfezione, e che vanta scrittori
abili nella poesia, e nella rettorica in quella identica lingua. Noi
all’opposto non abbiamo pensato mai di profittare, nè di far instruire
le nostre proli, per modo che la conoscano e la trattino nel vero suo
sistema, essendosi sempre avvezzati a farli instruire dalli maestri
polacchi li quali parlano la lingua nel modo più barbaro ed il più
corrotto, e che possedendola malamente, come si è detto, pure così
sfigurata la insegnano alli loro discepoli, tuttochè questo contegno sia
del tutto opposto alli dettami delli nostri maggiori e dottori antichi,
insegnando, che non si ammettino nelli tribunali, se non se quelli e
soli giudici che sono esperti in tutte le lingue, perchè non siano
astretti a servirsi de’ dragomani, come vediamo un chiaro esempio ne’
cortigiani del nostro pio re Ezecchia, che erano ministri degni di un
tale sovrano, e che erano tanto buoni conoscitori delle lingue degli
assiri, che dissero agli ambasciatori del re di Assiria, che essi
parlassero siriaco, dacchè loro l’intendevano; e se li cortigiani della
nostra capitale che conoscevano sì perfettamente la propria lingua, si
facevano un dovere di conoscere la lingua de’ loro vicini, come
giustificaremo la nostra trascuratezza noi che non conserviamo la purità
della nostra santa lingua, se non per quello che contiene il canone
della scrittura santa, e che popolando li paesi de’ sovrani, e
conversando con popoli che sì bene parlano il tedesco, facciamo tra essi
la figura delle gaze e de’ papagalli, giacchè l’ebreo idioma deve essere
adoperato ad un uso, ed il tedesco ad un altro: il primo per il divino
culto, per le preghiere ed intelligenza delle sacre carte, ed il secondo
per gli mondani affari, per il commercio, per trattare la società, per
il jus, per la fisica, per le matematiche, e per tutti generalmente gli
oggetti del mondo.

Osservisi ancora, che li signori e gli eruditi delle altre nazioni
entrano spesse volte con noi in controversia di religione, ed in
discussioni scientifiche e morali, e che allora quando il savio
israelita è astretto a tradurre un testo scritturale, o qualche assioma
rabinico, non trova termini addattati e capibili dal soggetto che tratta
seco; e però offusca le sue savie cognizioni con il barbaro modo con cui
si spiega, con un contegno assai opposto a quello che ci ha prescritto
il reale le salmista, cioè di raccontare alle altre nazioni le opere
aspettanti alla divina gloria³³, dacchè è ognuno tenuto a comunicare al
publico ciò che riguarda la gloria e l’onnipossenza divina, e
specialmente in questi tempi in cui (lodato Dio) la maggior parte degli
stati che formano il nostro mondo cognito, conviene nel punto de’ divini
attributi, accordando tutti, ch’egli sia _incomprensibile, onnipossente,
scrutatore de’ cuori_, ch’egli conosca il passato, il presente, e
l’avvenire, ch’egli condanni, e premj tutti a seconda delle proprie loro
azioni, ch’egli ascolti le orazioni del genere umano, e provveda a’ di
lui bisogni, ch’egli regga il mondo con giustizia distributiva, e che il
suo contegno sia santo, pio, misericordioso, e clementissimo, e così
molti altri articoli che sono il fondamento della divina legge, la quale
a noi fu rivelata mediante il nostro legislatore Mosè (che gode la vera
pace), e nella quale non v’è minima disputa tra qualsivoglia
religionista, perchè tutti li legislatori hanno bevuto le loro notizie
dalla fonte della divina legge; e quindi è, che un uomo possa convenire
con l’altro, senza andare in traccia del punto intorno al quale le
rispettive religioni controvertono, perchè queste un tempo hanno formate
le dispute le quali causarono tante distruzioni; ma peggio ancora
costato avendo tanti rivi di sangue, ad onta di che è rimasto ognuno ne’
suoi propri principj, e negli usi de’ suoi antenati, in vigore de’ quali
un uomo non vanta diritto sopra l’altro, e conseguentemente non deve
portar odio a’ suoi fratelli che sono dati ad un altro culto, o di
promuovere disputazioni che producono odio, dissapori ed alienazioni in
offesa del creatore, e contra il publico e privato bene, del che
tratteremo precisamente nelle opere di morale le quali si compilano,
come si è notato al cap. 8; e la poca cognizione della patria lingua,
produce, come dissi di sopra, questo cattivo effetto, che l’uomo dotto
di una nazione non possa trattare con un altro uomo erudito di
differente nazione, e ciò con sommo discapito e danno della società; e
pure osserviamo, che i nostri più savi antenati, e li più divoti abbiano
composti molti libri nelle scienze e nella morale in idioma arabo, come
sono i libri riguardanti i doveri interni di Rabì Becai il vecchio,
l’esposizione del codice misnico, e l’instruttore de’ perplessi del
nostro celebre Maimonide, e quanti altri libri rispettabili che
scrissero i nostri fratelli spagnuoli, come potressimo noi fare nel
nostro buon idioma tedesco, dacchè ogni lingua ha le sue grazie, e tutte
atte sono a spiegare qualsivoglia materia.

   ³³ Sal. 96, v. 3.

Goderemo dunque il bel vantaggio, che li giovani avendo appresa la
scrittura santa dalla già lodata traduzione, mediante maestri pratici
nella lingua tedesca, ed uscendo dalle nostre scuole averanno imparato
il tedesco eloquentemente, e passando indi alle scuole più alte, lo
apprenderanno a seconda delle regole grammaticali, e conseguentemente si
perfezioneranno nella lingua, e resi poi adulti, tratteranno cogli
eruditi delle altre nazioni, in materia di sacre lettere, e li testi che
saranno per addurre li citeranno con quella purità di lingua con cui li
averanno imparati, dacchè quando si apprende bene nell’infanzia, resta
altamente impresso nell’umana fantasia; e così col mezzo di un tale
metodo, e con l’ajuto della sopra lodata traduzione, si accostumerà la
gioventù a parlare con eleganza, e si guarderanno sin dall’età giovanile
dalle cattive espressioni che sentono dal volgo, e conosceranno
apertamente di quale vantaggio sia il parlar bene, e quale sia l’effetto
che produca in chi ci ascolta, poichè dall’esperienza si arriva a
conoscere come pensi colui che ci parla; mentre un racconto istesso
ripetuto da tre differenti soggetti, ha tre differenti gusti, cioè a
seconda appunto delle grazie con cui l’espositore lo condisce, e quello
ch’è meglio diretto e più a dovere spiegato, si rende più atto a
persuadere l’uditore, e meglio ancor lo dispone al partito di quelle
disposizioni a cui si cerca col di lui mezzo d’incamminarlo. Le
composizioni poetiche sono di lor natura superiori a qualsivoglia
rettorico discorso; conciossiacchè le poesie dirette con il dovuto
metro, e debitamente disposte hanno l’attività di talmente operare
sull’anima, che giungono a scuotere le più oppresse potenze; tuttociò
però che si potrà dire della poesia, non sarà accordato dalli nostri
fratelli tedeschi, come quelli li quali non conoscono la dolcezza, li
fregi, la forza, dell’ebraica favella, appunto per non averla mai
esaminata dal suo vero fondo; e quindi è, che la maggior parte de’ libri
sacri stati scritti come ispirati dallo Spirito Santo, onde instruire il
popolo nelle sane sentenze e rassodarlo nel timor di Dio, furono scritti
in versi, e tali sono li salmi di David, gli scritti di Job, e li
proverbi unitamente alla cantica di Salomone: tale è ancora la maggior
parte delle profezie d’Isaja, quelle di Geremia, e le altre di
Ezecchiello, e così degli altri 12 profeti minori, come pure buona parte
del Pentateuco, cioè la cantica del mar rosso, le profezie di Balaam, la
cantica per il pozzo, ed i penultimi capitoli del Deuteronomio: opere
sono elleno sì elevate e grandi, che una mente ben attenta e regolata
ritrova in esse un non so che di divino; e pure la maggior parte della
nostra nazione non fa intorno ad esse la menoma osservazione. Quantunque
la maggior parte degli stati sì presenti, che passati hanno conosciuto,
che la purità delle lingue porti seco diverse cognizioni, e fisiche, e
morali, e perciò hanno rispettati e distinti li loro poeti, appunto
perchè la poesia produce mirabili effetti nella natura e nello spirito,
ed è una somma meraviglia il vedere, che nè in Germania, nè in Polonia
già da tanti secoli si sia prodotto un distinto poeta, il che sarebbe
compatibile in quelle nazioni le quali vanno prive di esempi ne’
trapassati loro antenati, non così però negli ebrei, poichè, come
abbiamo dimostrato di sopra, la maggior parte de’ libri sacri ha
coltivato la poesia, nè si può dire, che essa sia inutile, poichè di
questa hanno fatto uso i profeti di Dio, e li nostri istessi re e
principi della nazione, e li più rinomati poeti delle altre nazioni in
questo illuminato secolo³⁴ hanno dovuto confessare, che il fasto, le
grazie, la dolcezza, la forza, il pregio che in se racchiudono le poesie
scritturali, abbiano superati li poetici componimenti delle altre
nazioni e di tutti i tempi, e non già solamente quelle di Omero, di
Pindaro, di Orazio; e perchè dunque le abbiamo noi abbandonate, e non
seguitiamo il costume? Ciò è accaduto, perchè instrutti sin negli anni
più verdi da imperiti maestri nella lingua in cui essi ci hanno educati,
ed educati con frasi grossolane e popolari, non abbiamo gustata la
dolcezza delle buone frasi e la forza della lingua, come fanno le altre
nazioni; e però non abbiamo avuta una vera idea del fondo di questa
lingua e de’ progressi di cui è essa capace, ed in cui la provvidenza ha
riposti tanti vantaggi onde perfezionare lo spirito a seconda appunto di
quelle proposizioni col di cui mezzo noi siamo istrutti; poichè il
discorso, spiegando l’interno dell’anima, dà saggio della sua propria
abilità. Ora è impossibile, che si ottenga il desiderato fine, se non
col mezzo di un discorso purgato da qualsivoglia equivoco, e con
proporzioni esposte con garbo a quell’uditorio a cui esse sono
indirizzate, e mancandovi una buona rettorica, necessaria per altro in
ogni lingua da insegnarsi con grande impegno: se, dissi, manca la
rettorica, per quanto siano sublimi le idee che uno da se stesso si
forma, resteranno miseramente sepolte, ed il fuoco che lo occupa resta
da se stesso soppresso; ed anzi si rende esso tanto meno attivo,
quantochè non è punto capace di risvegliare negli altri la lor fantasia.

   ³⁴ Vedi la lettera di Monsieur l’Advocat professore di Sorbona 30
      agosto 1762 portata dal traduttore a car. 80 nel suo discorso
      succennato.

Noi ci lusinghiamo però, che qualora i fanciulli comincino per
l’avvenire ad imparare regolarmente la lingua ebraica, arriveranno a
capire i sacri libri mediante la già lodata traduzione tedesca, in cui
sono tradotti altresì li canti della sacra scrittura in versi tedeschi,
purchè li maestri inculchino a’ loro discepoli l’utilità e la necessità
di questa lingua, e quanta attenzione si debba usare, onde li propri
versi abbiano credito nel mondo savio, e che verseggiando a dovere, si
giunga a persuadere e guadagnarsi lo spirito dell’uditorio, osservando
la consonanza delle parole, la purità delle frasi, la forza degli
esempi, e le parità, così insegnando i maestri, vedranno svegliarsi dal
loro letargo i discepoli; e molti, da questo esempio animati, ne
seguiranno le orme, sino a che una parte di essi giugnerà al desiderato
fine di divenire buoni rettorici, ed insigni e distinti poeti.



                            _CAPITOLO VIII._


Ecco dunque finite le particolari osservazioni che erano da notarsi
intorno al nostro passato contegno, e molte altre sarebbero ancora, le
quali, in grazia appunto della brevità, vengono ommesse; ma a questo, ed
a più inoltre è stato provveduto dalla pietà e saviezza di Sua Maestà
Imperiale (che Dio feliciti) mediante sua clementissima sovrana legge
con poche bensì, ma però significanti parole, avendo imposto agli ebrei
a dover erigere scuole in cui le proli israelitiche imparar debbano la
lingua tedesca nella vera purità, del che certamente gioirà ogni amico
dell’umanità, comprendendo quanto vantaggio ricaveranno le proli future.

Sta dunque ora a voi, miei fratelli e signori, a sollecitare l’effetto,
ed a dar pronta mano all’opra sì salutare con fondare scuole,
provvedendole di tutto ciò che per esse è necessario, mediante le quali
abbiamo tutta la speranza di conseguire l’effetto che si propose
l’Augusto Monarca, e che tende alla felicità de’ nostri figli, come si è
detto; giacchè tutti gli oggetti che da principio si fondano con pietà e
giustizia, è assai facile di conseguirne il loro avanzamento e la
propagazione, non meno che una incessante sussistenza; ma li principj
tutti sono difficili, e specialmente in questo caso in cui si tratta di
piantare nella nazione una novità sin ad ora inaudita, di cui per il
corso di molti secoli li nostri padri non ne hanno avuto uso;
nulladimeno gente di abilità e buona condotta, come voi siete, non deve
dubitare, nè perdersi di coraggio per quelle piccole difficoltà che
s’incontrano, giacchè la vostra azione sarà compensata dal buon
successo; riflettete dunque, che non fate altro che rimontare li nostri
antichi principj e rimettere i nostri prudenti usi che non furono
dimessi, fuorchè per l’odio de’ nostri indiscreti persecutori, come
abbiamo dimostrato al cap. 3. Ora disponetevi dunque a porre il tutto
nel suo dovuto ordine; e veramente fa duopo di una gran diligenza, e
buon metodo nella prima instituzione; ed il massimo pensiere deve essere
quello di scegliere maestri e professori abili e timorati di Dio, e ben
periti tanto nella grammatica e purità della lingua ebrea, quanto nella
tedesca, perchè possino instruire dal bel principio li loro discepoli a
leggere, e conoscere tutte due le lingue nel modo dovuto; e per ben
intendere la sacra scrittura, abbiamo già detto, non esservi meglio che
il Pentateuco già tradotto dal lodato eruditissimo signor Mendelssohn,
giacchè la traduzione è perfetta nella lingua, le spiegazioni sono
secondo l’intelligenza già approvata; e l’esposizioni secondo il vero
senso litterale de’ testi rispettivi.

E se poi per avventura ne’ vostri paesi non poteste rinvenire soggetti
abili per tutte e due le lingue, è vostro dovere di cercarli in tutta la
nazione, procurandoli, occorrendo, da’ lontani paesi ancora, perchè nel
breve corso di anni tre, ne avrete formati nelle vostre stesse
communità; e molti de’ vostri figli si renderanno capaci d’instruire li
propri confratelli, dacchè molti tra la vostra gioventù si daran
coraggio di ben studiare, e d’imitare i dotti maestri che si saranno
introdotti: molti si affaticheranno e si moltiplicheranno le cognizioni,
e così accaderà ancora con le scienze legali, fisiche, e matematiche,
giacchè allora quando la gioventù si presenterà di buona voglia alle
università delle rispettive nazioni, ciascuno riuscirà in quella scienza
a cui averà maggiore inclinazione, e fra pochi anni averemo il bel
piacere di avere in qualunque scienza de’ professori nazionali, e così
deve ancora accadere nella compilazione de’ libri atti ad instruire i
giovani nella fede e nella morale, che avendo tra voi soggetto che ne
sia capace, sarà un ottima cosa; e poichè è in verità molto difficile di
compilare un opera in buon ordine, e che sia analoga e proporzionata
alla qualità ed abilità de’ discepoli, e che l’opera sia analoga a’
principj della nostra religione, e che sia tale, onde non abbia alcun
difetto, ed estesa in ebraico tale da potersi agevolmente tradurre in
lingua tedesca; e poichè, dissi, ciò è molto difficile, convien cercare
un tale soggetto in tutta la nazione sino a tanto che vi riesca di
rinvenirlo; e con questo mezzo lo ritrovarete, giacchè, Dio lodato, non
siamo interamente spogli di letterati, ed ogni secolo vanta soggetti
proporzionati al bisogno; sicchè non mancherà chi faccia la cosa a
dovere; basta però al primo ingresso, che si insegnino li testi della
scrittura santa con la citata traduzione, ben instruendoli nell’una e
nell’altra lingua, ed in progresso poi di tempo averemo de’ scrittori, e
nelle scienze, e nella morale; ed anzi averete tra voi stessi uomini
versati in ogni letteratura.

Avvertite però, che gli scolari siano divisi nelle proporzionate classi,
e che nessuno passi da quella scuola ove s’insegnano le rispettive
lingue, a quella in cui s’insegna la scrittura sacra, la fede, e la
morale, sino a che non sia stato prima ben esaminato da’ direttori delle
scuole, e che giudichino, se abbia fatto il proprio dovere nella prima
scuola, o meno; e così pure dalla seconda scuola non passi a quella in
cui s’insegna il codice misnico e le parafrasi, sino a tanto che si
abbia giudicato, che abbia adempito il suo dovere nella scuola da cui
sorte; e se non è giudicato capace allo studio del codice misnico e
talmudico, meglio sia che egli non perda inutilmente il tempo, e si dia
a quell’arte o professione a cui meglio inclina, e che continui a
frequentare le cattedre della scrittura sacra e di morale, onde impari
vieppiù i doveri di ebreo, e quelli di cittadino, rendendosi così utile
a’ suoi simili, tanto con la professione, quanto con i buoni costumi; ed
un eguale contegno si deve tenere con quelli che passano dalla cattedra
misnica a quella delle sottili e profonde instruzioni talmudiche, e così
tutti si renderanno felici proporzionatamente all’abilità ed alla
professione, e que’ pochi che si renderanno esperti nella difficile
cognizione talmudica, e che si saranno già prima perfezionati nelle
scienze legali e matematiche, riusciranno veri letterati, giacchè
tratteranno li principj della propria religione con il vero modo, e con
quel retto contegno in cui saranno stati istrutti, e col mezzo delle
cognizioni acquistate capiranno le proposizioni talmudiche nella loro
vera vista e con un distinto criterio, e si renderanno utili alla
religione e alla republica, facendo anche onore alla nazione, ed i loro
fratelli in qualsivoglia esercizio impiegati li sosteniranno, e li
ajuteranno, perchè saranno di sollievo alle società rispettive, e utili
alle società generali ed allo stato, giacchè non siamo creati per essere
tutti profondi logici, talmudici, teologhi, o casisti, avendo la bontà
di Dio impartite alle anime distinte forze, e qualità proporzionate,
assegnando ad ognuna certa limitata disposizione dal momento in cui fu
creato, e ciascun si perfeziona a seconda delle proprie inclinazioni
intrinseche ed estrinseche.

E chiaramente si sono spiegati i nostri savi Rabini, dicendo, che di
cento che si presentano alle scuole, due soli riusciranno per il Talmud,
e cinque per l’intelligenza della scrittura; perchè dunque vorremo noi
forzare gli animi a quelle funzioni per le quali non hanno una naturale
disposizione, tanto più, che con un simile contegno noi li allontaniamo
da quelli esercizi a’ quali sono naturalmente portati: oltre a che vi
sono ancora tanti oggetti a’ quali conviene saviamente provvedere; ma io
mi accerto, che la vostra prudenza e buon contegno disponerà ogni cosa a
dovere; giacchè la lettera amica che io vi scrivo, non è, che un effetto
di amore fraterno per prevenire il minuto popolo, il quale non
comprendendo l’origine delle cose, e restando sorpreso dalle novità, non
sa distinguere, quale sia il vero bene, e quale il vero male; quindi per
instruire il medesimo, rapporto al fine delle cose, ha
clementissimamente fatte le sue ordinazioni S. M. I. il vostro savio
sovrano (che Iddio benedica) le quali tendono alla vostra felicità, ed
al perpetuo bene della vostra discendenza, tanto per il passaggiero bene
di questo mondo, quanto per promuovere il culto divino e conseguire
l’eterna salute.

Io mi dichiaro di non avere avuta intenzione d’imporre leggi alla parte
sana della nazione, ed a’ direttori della medesima, perchè questi sanno
da se stessi molto più di quello che io li potrei rendere intesi.

Ora dunque, miei fratelli e signori, capi e direttori della nazione, se
voi vi darete pena di ben ordinare questo importante affare a seconda
delle savie prescrizioni del vostro pio monarca, riscuoterete lodi e
benedizioni universali, ed in seguito le generazioni future benediranno
il vostro nome, e ne terranno perpetua ricordanza, con giustizia
dicendo: siano pur benedetti li nostri buoni antecessori, cui Dio ha
inspirato di operare tanto gloriosamente a nostro favore, e sopra tutti
sia benedetta ed esaltata la maestà del pio imperatore, il quale da se
stesso (e senza essere supplicato) ha instituiti ordini tanto salutari
alli suoi felici sudditi, non dimenticandosi della nostra nazione,
provvedendo anche ad essa in modo che ella si rendi felice, ed
instruita, e tutti i nostri figli che da una all’altra generazione si
renderanno sempre più eruditi, si renderanno in conseguenza utili alla
società ed allo stato col mezzo delle loro cognizioni ed azioni, e si
dirà a ragione di loro: queste sono le provvidissime produzioni del pio
e savio sovrano, il quale calpestando con magnanimo piede i pregiudizi
delli trascorsi secoli, ha introdotta la tolleranza tra i popolatori
della terra.

Il quale è appunto il grande, l’incomparabile, il gloriosissimo sovrano
_GIUSEPPE_ II, il di cui decoro sia esaltato; e diremo noi tutti, che
come egli ha valorosamente superata la natura per operare graziosamente
in una maniera del tutto eccedente l’umano ordinario contegno, così il
supremo Dio, poichè lo ha distinto con una sì bella e virtuosa anima,
continuamente si degni di confortarlo, e di assisterlo con buone
inspirazioni, piovendogli in seno le più doviziose sue benedizioni,
colmandolo di felicità e di pace, in questa e nella migliore vita. Amen.

    _Discorso del vostro fratello, e servitore_

        Naftalì Herz Weisel.



                              __IL FINE.__



                         _Nota di Trascrizione_


Alcune parole compaiono nel corso del testo con varianti ortografiche
che sono state trascritte fedelmente, come comunità/communità,
Mosè/Moisè, istrutti/istruiti; in altri casi l’accentazione o gli
apostrofi sono diversi dall’uso moderno: un’importante.

Sono stati corretti i seguenti refusi:

  - *p.11 l.22* anno preso un regolato sistema —> hanno preso un
    regolato sistema
  - *p.14, nota (a), l.2* Mosè Mendelschon —> Mosè Mendelssohn
  - *p.16 l.-5* istrute —> istruite
  - *p.19 l.-5* quando a quella —> quanto a quella
  - *p.20 l.12* quando nelle scienze —> quanto nelle scienze
  - *p.21 l.11* i quali anno per base —> i quali hanno per base
  - *p.22, nota (a)* E nostro uso —> È nostro uso
  - *p.25 l.-8* vedendo prosperate —> vedendo prosperare
  - *p.25 l.-6* nomi che anno avuto —> nomi che hanno avuto
  - *p.27 l.1* (b) —> (a) (riferimento a nota 18)
  - *p.30 l.8*  i Rabini anno spiegato —> i Rabini hanno spiegato
  - *p.32, nota (a)* Salm. 12, v 7. —> Salm. 12, v. 7.
  - *p.32, nota (b)* anno bisogno di una somma attenzione  —> hanno
    bisogno di una somma attenzione
  - *p.36, nota (a)* Sal. 96, v 3 —> Sal. 96, v. 3.
  - *p.41, l.-10* signor Mendelhsson —> signor Mendelssohn

Le note a pie’ pagina, marcate alfabeticamente per pagina
nell’originale, sono state rinumerate progressivamente.





*** End of this LibraryBlog Digital Book "Traduzione di Elia Morpurgo de' Discorsi Ebraici - di Tolleranza e Felicità diretti da Naftalì Herz Weisel - agli Ebrei dimoranti ne' dominj dell'Augustissimo - Imperadore Giuseppe II. il Giusto con le note del - traduttore" ***

Copyright 2023 LibraryBlog. All rights reserved.



Home