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Title: Sperduti nel buio - Dramma in tre atti
Author: Bracco, Roberto, 1861-1943
Language: Italian
As this book started as an ASCII text book there are no pictures available.


*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Sperduti nel buio - Dramma in tre atti" ***


                           ROBERTO BRACCO

                              TEATRO

                           VOLUME QUARTO


             IL DIRITTO DI VIVERE — UNO DEGLI ONESTI —
                        =SPERDUTI NEL BUIO=


                       3ª edizione riveduta.


                      REMO SANDRON — Editore
                      Libraio della Real Casa
                     MILANO — PALERMO — NAPOLI
                          Copyright, 1911.


PROPRIETÀ LETTERARIA

_I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i
paesi, non escluso il Regno di Svezia, quello di Norvegia e l'Olanda._

È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il
consenso scritto dell'Autore _(Art. 1 del Testo Unico 17 Settembre
1882.)_

OFF. TIP. Sandron — 15 — I — 030311.



SPERDUTI NEL BUIO

_Dramma in tre atti_

Rappresentato per la prima volta al Teatro _Verdi_ di Trieste dalla
Compagnia TALLI-GRAMATICA-CALABRESI nel dicembre del 1901.



PERSONAGGI:


  PAOLINA
  NUNZIO
  PAOLO ROVIGLIANI, DUCA DI VALLENZA
  LIVIA BLANCHARDT
  FRANZ CARDILLO
  EMILIA, _sua moglie_
  MILONE
  DONNA COSTANZA
  CIRO BARRACANE
  LOLA BERNARDI
  GUIDOLFI
  L'AVVOCATO BARTOLETTI
  ELVIRA
  IDA
  DON LORENZINO
  DON ACHILLE
  LUIGI CARDONE
  _Due marinai_
  _Un forestiere_
  _Altri tre avventori del «Nuovo egiziano»_
  _Ed altri ancora, uomini e donne_
  _Un parrucchiere_
  _Un sarto_
  _Il cameriere_ BEPPE
  _Il servo_ GAETANO
  FILOMENA CARRESE
  _Femminucce del volgo e viandanti._

La scena è in Napoli — _Epoca attuale_.



ATTO PRIMO.


_La scena rappresenta un piccolo ritrovo di infimo ordine, tenuto da
Franz Cardillo. È qualche cosa tra il bar e la birraria, con una tinta
di caffè concerto in miniatura allo stato primordiale. Ha un aspetto
d'intimità alquanto sinistra. La porta d'entrata, quasi nel mezzo della
parete in fondo, è poco ampia: i vetri dell'uscio che s'apre in dentro
sono opachi: un po' di tappezzeria, che adorna i muri coperti d'una
carta grigiastra piuttosto chiara, è la solita stoffa alla turca, molto
sbiadita. Sulla porta, un orologio. La sala è irregolare. Si compone di
due piccolissime sale tra le quali si è demolito quasi tutto un muro. La
parte di esso non demolita si allarga in su ad arco per sostenere il
soffitto, e forma come un gran pilastro attaccato alla parete destra
nascondendo agli spettatori uno spigolo del primo compreso che si trova
venendo dalla strada. Alla parete sinistra è la porticina ogivale, senza
uscio, del retrobottega. Da per tutto tavolini tondi e sedioline.
Accanto alla porticina del retrobottega, una credenza. Verso la destra,
vicino alla ribalta, una breve pedana di legno con sopra un vecchio
pianoforte verticale. Accanto alla porta d'entrata, il_ comptoir _assai
alto, dietro cui è appesa alla parete la grande scansia sulla quale si
ripongono le bottiglie di liquori, i biscotti, le leccornie. Qua e là,
qualche specchio coperto da una garza color di rosa. Nel mezzo della
sala pende dal soffitto un immenso cartellone bianco, orlato di rosso,
su cui è stampato a lettere nere cubitali:_

         AL NUOVO EGIZIANO
     TENUTO DA FRANZ CARDILLO
        CONCERTO DI VARIETÀ
  IN CUI SI AUMENTANO 5 CENTESIMI
        SULLE CONSUMAZIONI.

       DA MEZZANOTTE IN POI
   MUSICA SEMPLICE DI PIANOFORTE
      CON PERMESSO DI DANZA

_Di là dal pilastro, nel primo compreso, una scaletta a chiocciola
conduce alla stanza superiore abitata da Franz Cardillo e da sua
moglie[1]._

  [1] Questa scaletta, guardata dallo spettatore, si perde dietro
  la curva che dal pilastro va al soffitto.


SCENA I.

FRANZ, NUNZIO, EMILIA, LUIGI CARDONE, DON LORENZINO, DON ACHILLE, IDA,
ELVIRA, _qualche altra donna, due_ MARINAI, _un_ FORESTIERE, _altri
avventori_.

_È notte. Sono accesi tre o quattro becchi a gas, EMILIA è al comptoir.
È vestita con pretensiosa civetteria volgare. Molto ben pettinata, porta
un nastro rosso nei capelli. Le pende dalla vita una borsetta di cuoio
come alle chellerine, di cui non ha il grembiule e da cui si
distinguerebbe anche per la sua aria da padrona. NUNZIO è al pianoforte,
seduto sopra un sediolino tondo che può girare su sè stesso. Intorno ai
tavolini, figure di vario genere, di ceto piuttosto basso: qualche
fisonomia losca, qualche sbarbatello, qualche ometto attempato. Si
notano due MARINAI, alcune donnine equivoche — tra cui IDA ed ELVIRA —
imbellettate, vestite un po' bizzarramente, con una cura che dissimula
la povertà. Portano dei cappelli abbastanza fantastici e molto piumati.
Presso il_ comptoir, _in piedi, LUIGI CARDONE, un giovanotto inelegante
ed effeminato, con baffetti arricciati, parlotta con EMILIA e sorseggia
una bibita. FRANZ CARDILLO, un uomo sulla cinquantina, dai capelli
fulvi, dal volto lentigginoso, non brutto, ma antipatico, col suo_ fez
_in testa, il quale rosseggia nell'ambiente grigio, va e viene con
ostentato zelo: entra nel retrobottega, ne esce con le mani ingombre,
gira di qua e di là e fa conversazione con gli avventori nel suo
linguaggio goffamente spropositato e tronfio_.

_NUNZIO suona una polchetta. Il tocco incerto denunzia l'inesperienza o
la svogliatezza. Nel poco spazio disponibile tra i tavolini, ballano,
alla men peggio, due coppie. Una è formata da ELVIRA — che è la più
graziosa delle donnine — e da un MARINAIO. L'altra è formata da due
uomini: DON LORENZINO e DON ACHILLE. Il primo è smunto, magro,
miserello, di età ambigua: un aspetto da scaccino; il secondo ha
un'impronta di buona salute, una bella barba, un aspetto d'uomo serio
che contrasta con la sua smania di ballerino. DON LORENZINO ha una
vocetta fievole come se gli mancasse il respiro: e DON ACHILLE ha una
voce quasi femminea che non pare esca da quel corpo abbastanza
imponente._

_Il ballo continua per un po', sciatto e disordinato, al ritmo
zoppicante della polchetta, nell'angustia dello spazio, mentre FRANZ
stura delle bottiglie di gazosa o di birra e gli altri cianciano o
guardano, sorbendo le loro bibite._


ELVIRA

_(dopo aver fatti alcuni giri di polca, si ferma, staccandosi dal suo
cavaliere)_ È impossibile! Il suonatore non va a tempo!

IDA

_(con significato)_ Senti a me, Elvira: tempo perduto!

ELVIRA

Eh, lo so.

IL 1º MARINAIO

_(ad Elvira:)_ Ancora un po'. Andiamo!

_(Intanto, la coppia degli uomini danza con serietà, affaticandosi a
secondare la musica.)_

ELVIRA

_(al marinaio:)_ Non c'è gusto. _(Di malavoglia si lascia condurre.)_

FRANZ

_(a Nunzio, da lontano:)_ Ohè, cieco! Lo hai sentito sì o no che non vai
a tempo?

ELVIRA

Suona invece una mazurca.

DON ACHILLE

_(fermandosi un po')_ Ma dev'essere proprio voluttuosa.

NUNZIO

_(cambia subito e attacca una mazurca.)_

  _(Le coppie ballano.)_

FRANZ

_(fa saltare il tappo d'una bottiglia di gazosa e ne versa nel bicchiere
d'un avventore.)_ Alla _framboise!_ Buonissima! _(A un altro avventore
vicino:)_ Suona bene, ma suona soltanto con le dita. Naturalmente, se
non fosse cieco, avrebbe un'altra scienza filosofica. Io e mia moglie lo
teniamo in casa, per farvi capire, perchè siamo nati con la
filantropia.... E questo è il nostro difetto. _(Continua a parlare
gesticolando.)_

IL 1º AVVENTORE

_(chiama — facendo tintinnare un bicchiere con i colpetti d'un
cucchiaino.)_

EMILIA

_(dal_ comptoir) Sùbito. _(Si avvicina all'avventore.)_

IL 1º AVVENTORE

Pago un _punch_ al Cognac e una _Chartreuse_. _(Le dice poi qualche
parola a voce bassa.)_

ELVIRA

È inutile: con questa musica non voglio ballare. _(Si ferma di nuovo e
lascia in asso il cavaliere. Quasi tra sè:)_ Seccatore! _(E va a sedere
accanto a un omaccione biondo dall'aspetto esotico e grossolano.)_

IL FORESTIERE

_(soddisfatto, a Elvira, con l'accento duro che rivela il nordico:)_
Siete finito con piccola danza? Bene!

_(La coppia dei due uomini, abbandonata al ballo, urta in un tavolino.)_

IL 2º AVVENTORE

_(che è uno di coloro che vi sono seduti intorno)_ E che modi son
questi!?

DON ACHILLE

Scusate.

_(DON ACHILLE e DON LORENZINO, un po' mortificati, cessano di ballare, e
siedono facendosi vento col fazzoletto.)_

  _(ELVIRA e IL FORESTIERE discutono.)_

DON LORENZINO

_(a Nunzio:)_ Maestro, non c'è più bisogno.

NUNZIO

_(lascia di suonare, gira col tondo del sediolino e resta immobile,
riposando, con gli occhi vitrei rivolti al pubblico.)_

IL 1º AVVENTORE

_(a Emilia, che lo ha ascoltato serbando un contegno serio, senza
rispondergli:)_ Ma che avete? Siete di cattivo umore, stasera?

EMILIA

Forse.

IL 1º AVVENTORE

_(mettendo sul tavolino il danaro della consumazione e alzandosi)_
Quanta superbia!

EMILIA

_(pigliando il danaro, gli risponde piano, a fior di labbro:)_ Queste
donne qua, vedete, non ne hanno. Servitevi.

IL 1º AVVENTORE

_(andando via lentamente)_ Buona notte.

EMILIA

_(sdegnosa, non risponde.)_

FRANZ

_(passandole accanto, a voce bassa:)_ Ti prego di non farmi la
principessa delle Asturie con i clienti del locale.

EMILIA

_(alzando le spalle torna al_ comptoir._)_

ELVIRA

_(avvicinandosi per uscire insieme col forestiere che le si mette a
braccetto, saluta la sua amica:)_ Addio, Ida!

IDA

_(che sta sola sola, presso un tavolino)_ Io non mi chiamo Ida, io mi
chiamo: Veleno!

ELVIRA

_(indicando l'uomo con lieve cenno del capo)_ E io mi chiamo: Carestia!

_(IL FORESTIERE ed ELVIRA escono.)_

FRANZ

_(che è stato interrogato dal marinaio che dianzi ballava, gli dà delle
spiegazioni, con aria di grande importanza)_ In Egitto, con la mia prima
moglie, io aprii un caffè _chic_. Una sciccheria straordinarissima!
Altro che questa bottega miserabilissima, in questi paraggi sporchi e
democratici! Allora io maneggiavo le lire sterline. Mia moglie, per
farvi capire, non per disprezzare la presente, che anche sa comparire
bene, portava agli orecchi due perle grossissime così.

IL 1º MARINAIO

E perchè lasciaste l'Egitto, Franz?

FRANZ

Demonio cane! All'ottantadue ce ne scappammo per il bombardamento.
Gl'Inglesi cannoneggiavano, che vi posso dire?... come tante iene
musulmane. Un vituperio, amico mio! Mia moglie, che era di conformazione
più delicatissima della presente, si prese, insomma, un malore
d'intestini, e fece, immaginatevi, anche un voto alla Madonna, perchè,
riguardo a religione, era perfettissima. E, per me, io pure rifletto e
penso che è meglio avere la coscienza in legge e regola con la religione
che ci hanno data dalla natura i nostri genitori. Sentite quello che vi
dice in confidenza Franz Cardillo: la religione è quella cosa, vedete,
che poi quando viene il suo quarto d'ora vi serve immensamente. _(Si
curva sul tavolino, e continua a parlare con mistero, gesticolando più
che mai.)_

IDA

_(accostandosi a Nunzio)_ Professore, sapete suonare «Amami Alfredo»?

NUNZIO

_(senza smuoversi)_ Sì. _(Si volge di nuovo verso il pianoforte e
comincia a suonare l'aria della_ Traviata: _«Amami Alfredo». Egli suona
ora con un po' più di precisione, con una certa grazia e con molto
sentimento.)_


SCENA II.

PAOLINA _e detti_.


PAOLINA

_(entra.)_ _(È una ragazza sui quindici anni, ma l'età non ha connotati
evidenti in quella figurina di piccola zingara dalla sudicia vestetta
sbrandellata, dai piedini scalzi e infangati, dai capelli corvini e
abbondanti che le si arruffano sulla fronte, sulla nuca e sugli orecchi,
e dai grandi occhi neri estatici, pieni di una malinconia, di cui il
sorriso non luminoso dell'ignoranza bestiale, errando talvolta sulle
labbra sottili e smorte, rivela l'incoscienza. Ella, come un'ombra, si
insinua leggera tra i tavolini, atteggiando il viso a implorazione e
stendendo a qualcuno che le sembri meno distratto la sua manina di
mendicante.)_

IL 3º AVVENTORE

_(che è seduto non lontano dal_ comptoir, _si rivolge a Emilia:)_ Che
pago qua, eh? _(Pausa.) (Ancora a Emilia, che non ha sentito:)_ Dico,
signora, che pago, io?

EMILIA

_(discende e va a riscuotere.)_

  _(Indi, l'AVVENTORE esce.)_

FRANZ

_(che ha continuato a far conversazione qua e là, ode la musica e
commenta:)_ Ah! Questa è una bella opera: la _Traviata_ del maestro
Verdi. Io, una volta, l'ho sentita proprio a teatro. Mi trovavo di
passaggio a Corfù. E la cantante era una grandissima celebrità. Un pezzo
di donna, per farvi capire, che al principio dell'ultimo atto, quando
stava per morire, stesa sul letto, pareva una nave corazzata.

IDA

_(tuttora vicina a Nunzio)_ Bravo, professore!

IL 2º MARINAIO

_(si accosta all'altro come per dirgli: «è ora d'andare».)_

IL 1º MARINAIO

_(guardando l'orologio che è sulla porta)_ Va bene, Franz, il vostro
orologio?

FRANZ

Va molto benissimo; ma, dico la verità, indietreggia un poco.

IL 1º MARINAIO

Caspita! Sono già le due!

_(I due MARINAI si alzano, accendendo la sigaretta, e vanno al comptoir.
Pagano, escono.)_

IL 2º AVVENTORE

_(al suo vicino:)_ Sentite come s'illanguidisce il cieco!

FRANZ

_(all'avventore, che ha parlato:)_ Ma bisogna dirlo francamente: questo
pezzo lo suona magnifico!

CARDONE

_(si accomiata da Emilia, e, scambiando con lei occhiate e sorrisi,
esce.)_

  _(Cessa la musica.)_

IL 2º AVVENTORE

_(a Paolina, che gli ha stesa la mano in silenzio:)_ E non seccate!
Neanche qui si sta tranquilli!

PAOLINA

_(con vocetta lamentosa, quasi cadenzata)_ Un soldo. Per voi non è
niente. Me ne compro pane.

FRANZ

_(a Paolina:)_ Va via, _sacrebleu_! Lo sai che qui dentro non ti ci
voglio!

IDA

_(facendo un cenno alla piccola mendicante)_ Vieni qua.

PAOLINA

_(le si accosta sogguardando Franz.)_

IDA

_(dolcemente)_ Come ti chiami?

PAOLINA

Paolina.

IDA

Prendi. _(Le mette qualche soldo nella mano.)_

FRANZ

E scappa subito, se no, con un calcio, per farti capire, ti mando dritto
all'ospedale dei Pellegrini! _(La insegue minaccioso.)_

PAOLINA

_(fugge di qua e di là fra i tavolini e le sedie sempre inseguìta da
Franz, e poi sparisce.)_

_(Gli avventori cominciano ad andarsene. — Un po' di cicaleccio confuso.
— EMILIA, dal_ comptoir, _piegando il capo, saluta con sussiego coloro
che se ne vanno. Da qualcuno, nondimeno, si lascia stringere la mano.)_

FRANZ

_(seguitando a ciarlare, s'interrompe, strisciando riverenze e salutando
ossequiosament.)_ Io, l'elemosina, la comprendo e ci sto. Il mendicante
lo rispetto per legge e regola e l'ho rispettato anche all'estero, dove
l'accattone, per farvi capire, è un cittadino come tutti gli altri e non
si distingue neppure dal vestito.... _(A qualche avventore che se ne
va:)_ Servo, signore! Buon riposo!... _(Seguitando a discutere)_ Ma come
esercente di pubblico locale, io ho la responsabilità dinanzi ai
bravissimi galantuomini che mi onorano della loro consumazione. Il
pubblico locale, capite bene, è la casa umilissima dei consumatori, ed
io, che sono il padrone, sono l'ultimo di tutti, e me ne vanto.... _(A
qualche altro che va via:)_ Buona notte, signore! Grazie e a ben
rivederla. _(Indicando un avventore che aspetta in piedi)_ Emilia, vedi
qua che paga.

EMILIA

_(svogliatamente esegue.)_

DON ACHILLE

Professore, un galoppo finale non ce lo regalate?

NUNZIO

_(immediatamente attacca un galoppo.)_

DON ACHILLE

_(al suo amico:)_ Ci siete, voi, don Lorenzino?

DON LORENZINO

Sì, ci sarei, ma, mio caro don Achille, è tardi.

DON ACHILLE

Appena le due.

DON LORENZINO

E alle sette in punto devo trovarmi al Cimitero: sono di guardia io alla
sala di deposito.

DON ACHILLE

Un giretto solamente.

_(NUNZIO suona stringendo il tempo. I due uomini, un po' per la musica
vertiginosa, un po' per gli urti della gente che se ne va, si confondono
in tentativi vani.)_

FRANZ

_(al 2º AVVENTORE, che s'avvia per uscire:)_ I miei complimenti,
signore. E non dubiti, chè mendichi qua non faranno più apparizione.
Già, se io fossi il governo, con la debita civiltà e considerazione, li
impiccherei tutti!... A rivederli, signori.... Buon riposo!...

IDA

_(che è l'ultima ad uscire ed è sola, passando per vicino la coppia,
batte lievemente con la mano sulla spalla di Don Lorenzino)_ A
rivederci, don Lorenzino!

DON ACHILLE

Maestro! Maestro!... _(Va verso il Cieco per insegnargli il tempo,
cadenzandolo con le mani.)_

NUNZIO

_(s'interrompe.)_

DON LORENZINO

_(a Ida:)_ Io non vi conosco.

IDA

Non importa. Può essere che mi rivedrete presto.

DON LORENZINO

E dove?

IDA

_(uscendo)_ Al Cimitero: nella sala di deposito.

DON LORENZINO

Be'!

NUNZIO

_(riattacca il galoppo.)_

DON ACHILLE

_(riafferrando per la vita Don Lorenzino e cercando di prendere l'aire)_
Questo è il momento: taran, taran, taran....

FRANZ

_(a mezza voce, assestando un pugno sul dorso di Nunzio)_ E finiscila,
che non c'è più nessuno!

NUNZIO

_(cessando di suonare)_ M'era parso che....

FRANZ

_(bruscamente)_ Che t'era parso, imbecillissimo?!

DON ACHILLE _e_ DON LORENZINO

_(non sentendo più la musica, siedono, aspettando che ricominci.)_

NUNZIO

_(discende dalla pedana, e resta con gli occhi spalancati, senza
sguardi, senza colore, senza lucentezza, con l'espressione vaga e tetra
di due simboli del vuoto.)_

EMILIA

_(sul_ comptoir, _sonnecchia.)_

FRANZ

_(non si cura dei due uomini e comincia in fretta a sbarazzare i
tavolini, riunendo bicchieri e bottiglie vuote sulla credenza, posando
qualche bottiglia di liquore, qualche piatto di pasticcini sul_
comptoir.) Così non si può marciare in avanti. Si scombussola tutto il
macchinario, e l'onore del locale diventa schifosissimo! Parlo con te,
professore dei miei stivali! L'avventore paga il suo denaro, e vuole
trovarci il suo tornaconto, che è nostro dovere di fornire.

EMILIA

_(in tono pigro, sbadigliando)_ Se non hai amor proprio tu, ne abbiamo
noi.

NUNZIO

_(umile)_ Le canzonettiste le ho accompagnate sempre abbastanza bene.

FRANZ

Le canzonettiste cantano con le gambe, e ognuno è buono ad accompagnarle
con qualunque sinfonia. Ma la musica danzante? Là si vede il cervello
del maestro! E tu la musica danzante non la sai maneggiare. E mi lasci
anche il pianoforte aperto, animale! Non lo sai che se ci entra l'aria,
si sfiata e perde ogni particolarità?

NUNZIO

_(rimonta sulla pedana, chiude il pianoforte e ridiscende.)_

FRANZ

_(ora smorza i lumi, lasciandone solo uno acceso. Si toglie la giacca e
mette le sedie sui tavolini per poi spazzare.)_

DON ACHILLE

_(che è rimasto finora stupidamente imbambolato)_ Dunque, professore,
questo galoppo?

FRANZ

_(pone una sedia capovolta sul tavolino presso cui sono seduti i due
uomini.)_

DON ACHILLE

_(a Franz:)_ Che c'è?

FRANZ

_(continuando a sollevare seggiole)_ Si fa pulizia e poi si va a cuccia.

DON ACHILLE

Non c'è più musica?

FRANZ

Sicuro! _(Affaccendatissimo)_ Domani sera.

DON ACHILLE

Curioso! _(A Don Lorenzino:)_ Dobbiamo andare?

DON LORENZINO

Per forza.

DON ACHILLE

_(mettendosi lentamente il cappello a tuba e una breve mantellina a
pipistrello)_ E il nostro professore non viene?

FRANZ

Il professore resta qui.

DON LORENZINO

_(con la stessa calma di Don Achille si mette un cappelluccio floscio e
un lungo paltò.)_

DON ACHILLE

_(a Franz:)_ Già, intendo... _(Si tocca gli occhi con un dito come per
indicare d'aver capito che Nunzio è cieco.)_ Voi fate una
bell'azione!... Bravo! Bravo!... _(Si avvia.)_

DON LORENZINO

_(mettendo una mano sulla spalla di Nunzio con curiosità gaia)_ Cieco
nato?

NUNZIO

_(con un cenno della testa risponde di no.)_

DON LORENZINO

_(seguendo Don Achille)_ Eh eh! Quanti brutti scherzi fa la natura!

DON ACHILLE _e_ DON LORENZINO

_(passando dinanzi ad Emilia si tolgono il cappello)_ Signora! —
Signora!

EMILIA

_(dorme.)_

DON ACHILLE

Buona notte, Franz.

DON LORENZINO

Buona notte, Franz.

FRANZ

_(abbreviando)_ Buona passeggiata! Buona passeggiata!

_(I due escono.)_


SCENA III.

FRANZ, NUNZIO, EMILIA.


FRANZ

Che si possano rompere le gambe! _(Apre in dentro l'uscio di vetro della
bottega, e socchiude dal di fuori i battenti di legno.)_ Nunzio, vattene
a letto. _(Accende due mozziconi di steariche in due piccoli candelieri
che sono sul_ comptoir. _Si rivolge intanto a Emilia:)_ E tu, non lo
vedi che sto sfacchinando come al solito? Metti almeno a posto sulle
scansie questi liquori, questi pasticcini; lavami quei bicchieri....

EMILIA

Ho sonno. Sono stanca.

FRANZ

Di che? Se non fai mai niente!

EMILIA

Secondo te.

FRANZ

_(portando in giro uno dei due mozziconi accesi procede alla pulizia.
Cava fuori dal retrobottega una scopa, un recipiente d'acqua e una
manata di segatura.)_ Stai di giorno e di notte su questo pulpito come
un pappagallo sulla pappagalliera.

EMILIA

Lo vuoi tu che io ci stia.

FRANZ

Non sei buona che a pettinarti e metterti il negrofumo sotto gli occhi.

EMILIA

_(senza alterarsi, mollemente)_ E anche questo serve alla bottega! Non è
forse per la bottega che ti sei ammogliato un'altra volta?

FRANZ

_(con brutalità)_ Mi sono ammogliato per... Uhm! _(Battendo la bocca con
la mano, ingoia il resto. Indi, a Nunzio, irritandosi della sua presenza
e scuotendolo)_ Ma tu che fai qui come un palo?

NUNZIO

_(con estrema mitezza)_ Ve lo dissi ieri: ora che è inverno, in quel
retrobottega non ci posso dormire. È umido come una grotta. Per questo
ci tenete i vini.

FRANZ

_(spargendo a terra la segatura e l'acqua)_ Ma che vuoi andare a dormire
al Grand Hôtel? O vorresti accomodarti qua sopra _(indicando il
soffitto)_ con me e con la mia signora, maledetto il diavolo,
nell'unicissima stanza che abbiamo per dimorare?

NUNZIO

Con pochi soldi potrei andare a dormire fuori.

FRANZ

E chi ti ci accompagnerebbe, di nottetempo? Io?... E in conclusione,
dopo lo sbattimento della bottega, io dovrei fare il servitore a te come
lo faccio a tant'altra canaglia. I soldi dovrei sborsarli anch'io, e
così sempre in avanti allegramente. Mi costi già troppo e molto, pezzo
d'asino! Gli occhi per vedere non li hai; ma la bocca per mangiare sì.
Essere cieco! Un mestiere bellissimo! Mangiare, bere e dormire con la
borsa degli altri! Non c'è moralità, sangue di Bacco, non c'è moralità!

NUNZIO

_(sempre più mite)_ E dunque io non voglio più esservi di peso. Datemi
licenza, e ognuno per sè, Dio per tutti.

FRANZ

Ma che bestemmi? Sei ubbriaco o scherzi?

NUNZIO

Ubbriaco non sono.... E vi sembra che proprio io possa scherzare?

FRANZ

Tu, come una bestia tartaruga, non puoi fare da solo nemmeno due passi,
e avresti poi lo stomaco di metterti a vagabondeggiare per il mondo?

NUNZIO

La Provvidenza forse mi aiuterebbe....

FRANZ

_(scoppiando)_ Ah, farabutto ingrato! _(Rivolgendosi a Emilia e dando
al_ comptoir _un colpo con la scopa:)_ Hai sentito che cosa si fa uscire
dall'anima questo melenso traditore?

EMILIA

_(si sveglia di soprassalto e discende dal_ comptoir_)_ Che ha detto?
Che ha detto?

FRANZ

Eh già, tu avevi la testa a Pechino!

EMILIA

Io m'ero addormentata, ecco! Si può sapere che ha detto?

FRANZ

Ha detto che egli ci disprezza!

EMILIA

Ci disprezza?!

NUNZIO

Ma no: questo non l'ho detto.

FRANZ

Ci disprezza, sì, ci disprezza e se ne impipa di noi! Se ne vuole
andare!

EMILIA

Ben ti sta. Chi se l'è cresciuta in casa questa vipera? Io ce l'ho
trovata. Vuole andarsene? Per me, padronissimo. Io gliel'aprirei subito
la porta.

FRANZ

_(facendole un gesto affinchè ella non continui)_ Tu gliel'apriresti
subito la porta, ma io no, perchè sono troppo perfetto e quando ho
stabilito per legge e regola nella mia coscienza di fare una buonissima
azione, io la faccio per marciare sempre dritto in avanti a fronte
altissima. _(S'avvicina a Nunzio, gli calca un braccio sulla nuca in
segno d'autorità e gli dice cupamente:)_ Io poi, per farti capire, ti
consiglio di non inalberare tanta presunzione, perchè dàgli e dàgli, il
sangue mi si mette in ebollizione e non so quello che può succedere!

NUNZIO

Ahi! Ci avete le spine nel braccio!

FRANZ

Pochi discorsi per conchiudere, e va a letto, marmotta! _(Gli dà uno
spintone.)_

NUNZIO

_(camminando incerto, a tentoni, entra nel retrobottega.)_


SCENA IV.

EMILIA _e_ FRANZ.


EMILIA

_(scrollando il capo)_ Bel mobile!

FRANZ

_(avvicinandosi a lei ed ammonendola a voce bassa)_ Ma un altro
suonatore di pianoforte a tutte le ore, meno di cinque o sei lire al
giorno non ci costerebbe. _(Continuando a spazzare e accumulando man
mano la segatura bagnata fuori dell'uscio)_ Ricòrdati questo, e rispetta
l'essenziale del bilancio, che è la prima particolarità dell'esercizio.

EMILIA

_(alzando un po' la gonna e sollevandosi sulla punta dei piedini ben
calzati per iscansare quella poltiglia)_ Bada che m'insudici.

FRANZ

Potresti risparmiare tutto questo lusso buffonesco di scarpe e di calze
per la bottega. I piedi nessuno te li vede.

EMILIA

Li vedono, li vedono! _(Piglia una sedia e siede dove il pavimento è già
pulito.)_

FRANZ

Ma è gentaccia che non se ne intende. In Egitto, sì che se ne
intendevano.

EMILIA

Non cominciare ad affliggermi, adesso, con la tua prima moglie!

FRANZ

Ne sei gelosa?

EMILIA

Neanche se fosse viva!

FRANZ

Era più bella di te, per Satanasso!

EMILIA

Sì, ma... molti anni di navigazione!

FRANZ

Quando la conobbi io al Cairo, era perfettissima.

EMILIA

Me l'immagino!

FRANZ

Con me si maritò per sentimento amoroso, e per di più mi portò i
quattrini.

EMILIA

_(accennando col dito pollice della destra verso il retrobottega)_ Ti
portò anche un figlio, bello e fatto!

FRANZ

_(lascia la scopa e corre a metterle una mano sulla bocca, guardandola
ferocemente e parlandole con una voce rabbiosa e sommessa)_ Che scopo
c'è, pettegola maligna, di far sentire al cieco queste porcherie? Mi
faresti venire il prurito maledettissimo di ammaccarti la faccia.

EMILIA

_(cercando di parlare sotto la stretta della mano)_ Fàllo, fàllo!

FRANZ

_(in un impulso bestiale)_ Invece, no: per dispetto, te la voglio
baciare.

EMILIA

_(sottraendosi al bacio e respingendolo)_ Questo poi non lo voglio io!


SCENA V.

FRANZ, EMILIA, PAOLINA, MILONE _e la voce di_ NUNZIO.


PAOLINA

_(entrando di corsa affannosamente)_ Mi vogliono prendere! Mi vogliono
prendere! Mi vogliono bastonare! Fatemi nascondere!...

FRANZ

Chi ti vuol prendere?

PAOLINA

Mi vogliono prendere quelli della polizia.

FRANZ

Io non permetto il ricovero dei malviventi mascalzoni in casa mia.
Fuori! Fuori!

MILONE

_(un uomo robusto, ma agile, mustacchi alla militare, zigomi sporgenti,
occhi incavati, calzoni e giacca neri — entra anche lui correndo e,
tranquillo, si ferma di botto a poca distanza da Paolina, in un
atteggiamento più da burlone che da poliziotto)_ Credevi di essermi
sfuggita, credevi?... Vi saluto, Franz! Vi saluto, signora!

FRANZ

Servo vostro, brigadiere!

MILONE

_(a Paolina:)_ Ma io ci vedo anche all'oscuro, come i gatti. E qui
dentro sei in trappola, malandrina!

PAOLINA

_(tremando tutta, si rimpicciolisce come se volesse sparire e cerca il
riparo di qualche sedia o di qualche tavolino.)_

EMILIA

Voleva che la nascondessimo noi, la sciocca!

PAOLINA

Io non so niente! Io non ho visto niente! Lasciatemi andare....

MILONE

Dove vuoi andare? In galera? _(Sulla soglia della bottega, rivolto alla
strada, ordina:)_ Non vi movete di qui voi due. Ora sapremo qualche cosa
di preciso. _(Chiude l'uscio di legno e torna a Paolina.)_ Dunque,
facevi il _palo_[2] allo sbocco del vico Ronciglio quando quei due
manigoldi che sono scappati consumavano la grassazione. Il signore che è
stato derubato e che ha avuto anche un colpo di mazza alla regione
frontale — ferita guaribile dopo il quinto giorno — dieci minuti fa,
all'ospedale dei Pellegrini, ha dichiarato che... «nel mentre due
sconosciuti lo aggredivano, una ragazza scalza, che poco prima gli aveva
domandata l'elemosina, era fermata sotto il fanale all'angolo del
vicolo.»

  [2] _Fare il palo_ equivale a «stare alla vedetta».

FRANZ

Santo Dio! Dove siamo arrivati!

MILONE

_(a Paolina:)_ Che tu bazzicassi con una combriccola di malfattori, lo
sospettavo.

EMILIA

_(siede nel mezzo della bottega per ascoltare.)_

FRANZ

_(ostentando di non interessarsi alla cosa per discrezione, continua a
pulire e a mettere in assetto bicchieri, bottiglie ed altro.)_

MILONE

Ma che già facessi il _palo_ ai grassatori della combriccola, l'ho
saputo in questa occasione e ne ho piacere, perchè ti tengo nelle mani
e, se non mi dici chi erano quei due galantuomini, ti tiro il collo come
a una gallina.

PAOLINA

Io non so niente, non so niente! Non ho visto niente.

MILONE

_(alzando il grosso bastone nodoso)_ Pensa a quello che fai, ragazzina!

PAOLINA

E se mi battete, sempre lo stesso è. Io sono una povera pezzentella. Da
me, che ne volete?

MILONE

_(rivolgendosi un po' a Franz e a Emilia:)_ E poi il torto è nostro, e
si dice che maltrattiamo la gente, che facciamo le sevizie, che
commettiamo abusi, che questo, che quello....

EMILIA

_(a Paolina:)_ Ma non essere così cocciuta! È anche una vergogna alla
tua età! Digli ciò che vuole sapere, e lui te ne manda subito per i
fatti tuoi. _(Guardando Milone, fa una smorfietta significativa come per
dire: «lasciateglielo credere».)_

FRANZ

_(autorevolmente)_ Zittisci tu, Emilia! Non t'introdurre in faccende che
non riguardano l'esercizio del locale.

EMILIA

Ma questo è nostro domicilio, mio caro.

FRANZ

Il domicilio è una cosa e la giustizia è un'altra! _(Dall'alto del_
comptoir, _ripone sulla scansia pasticcini e liquori.)_

MILONE

_(a Emilia:)_ Scusate, signora, mi sbrigo subito.

FRANZ

_(a Milone:)_ Procedete innanzi comodamente con la legge in mano e non
vi fate scomporre dalle circostanze.

MILONE

_(a Paolina:)_ Tu approfitti perchè sei femmina e sei ragazza, ma se
credi che non ti faccia sputare quello che hai in corpo, significa che
non hai capito bene chi sono io. _(Le afferra i polsi, li riunisce e
glieli stringe in una sola mano come in una morsa.)_

PAOLINA

Mi fate male! Mi fate male!

MILONE

_(tenendole sempre i polsi e facendola retrocedere, alza il bastone come
per essere pronto a colpirla.)_ Parla, dunque.

PAOLINA

Abbiate compassione! Mi fate male!

MILONE

Parla! Come si chiamano i due grassatori? Parla! Parla! _(La incalza,
spingendola fin dietro il pilastro.)_

_(Spariscono tutti e due. Si odono i gridi di lei.)_

_La voce di_ NUNZIO

Che è accaduto? Chi è che strilla così?

FRANZ

_(che è tutt'ora intento alla bisogna)_ Dormi tu, ficcanaso! Dormi!

PAOLINA

_(di dietro il pilastro)_ Parlerò! Parlerò! Ma non mi fate morire! Si
chiamano Pasquale Icardi e Ignazio Tucci.

MILONE

Finalmente!

PAOLINA

_(vien fuori, spinta con violenza da Milone. È tutta indolenzita ed
affranta. Stringe le braccia incrociate sul corpicino malconcio)_ Che
dolore! Che dolore! Un poco d'acqua.... Voglio bere.... Un poco d'acqua.

EMILIA

Aspetta che ci penso io. _(Versa in un bicchiere il fondo di una
bottiglia di gazosa.)_ Così, un'altra volta imparerai a rispettare le
autorità. _(Offrendo)_ Prendi. Bevi. Questo è meglio dell'acqua. Noi
siamo gente di cuore.

PAOLINA

_(beve.)_

FRANZ

Dare a bere agli assetati!

MILONE

_(dopo aver segnato in un taccuino i due nomi)_ Ed ora, se non ne vuoi
ancora, _(fa il gesto delle busse)_ rispondi svelta.

EMILIA

Svelta, svelta, ragazza, chè il tempo costa caro.

FRANZ

_(a Emilia:)_ Tu, vieni a fare i conti della serata, se non è troppo
incomodo anche questo. Noiosa, noiosissima! Senza educazione e senza
etichetta!

EMILIA

Hai voglia di litigare, stanotte.

FRANZ

E tu, no?

_(EMILIA riprende posto sul_ comptoir, _e gli conta il denaro e gli dà
chiarimenti. Egli, con un registro aperto, segna e riscontra.)_

MILONE

_(a Paolina:)_ Dunque, Pasquale Icardi e Ignazio Tucci devono
appartenere all'associazione detta del «_Mare Morto_».

PAOLINA

Questo, giuro che non lo so.

MILONE

Lo so io. In che luogo si sono andati a rimpiattare dopo l'aggressione?

PAOLINA

Non capisco.

MILONE

Dove si sono andati a nascondere? In casa di chi?

PAOLINA

Non me l'hanno detto.

MILONE

_(mostrando il bastone)_ Rispondi.

PAOLINA

Pasquale Icardi ha la sua innamorata al Vicolo Terzo Duchesca.

MILONE

Numero?

PAOLINA

Numero sette.

MILONE

_(piglia nota nel taccuino.)_

FRANZ

_(a Emilia:)_ Ma non te l'ho forse decretato che qui non si fa credenza,
demonio cane, nemmeno allo _Zar_ di Russia? La consumazione si paga al
momento, e anche prima!

EMILIA

Luigino Cardone è borsa sicura.

FRANZ

È un bellimbusto effemminatissimo, che ti fa gli occhi di triglia,
sfacciata che sei!

EMILIA

_(freddamente)_ Già, ma se pagasse il doppio, non mi chiameresti più
sfacciata.

FRANZ

Silenzio!

MILONE

_(a Paolina:)_ E di': quando fai il _palo_, che compenso hai?

PAOLINA

Non capisco.

MILONE

Insomma: che cosa guadagni?

PAOLINA

Che ho da guadagnare? Ignazio Tucci, il compagno di Pasquale Icardi, mi
protegge.

MILONE

Contro di chi ti protegge?

PAOLINA

Eh! Se fosse stato qua lui!

MILONE

Se fosse stato qua?...

PAOLINA

Non le avrei avute tante mazzate.

MILONE

Ne sei sicura?

PAOLINA

_(convinta)_ Sissignore. E proteggeva anche mamma mia!

MILONE

Dove sta mamma tua?

PAOLINA

Al camposanto sta.

MILONE

E chi era? Che nome aveva?

PAOLINA

Maria Fiore si chiamava.

MILONE

Mendicante?

PAOLINA

Nossignore.

MILONE

Operaia?

PAOLINA

Nossignore.

MILONE

... Ho capito....

PAOLINA

Sissignore.

  _(Breve pausa.)_

MILONE

E per quali strade si aggirava? Per quali strade si poteva incontrare?

PAOLINA

Che vi posso dire? Io stavo a casa.

MILONE

Con chi?

PAOLINA

Con nessuno. Stavo sola.

MILONE

E dove era questa casa?

PAOLINA

Lontano. A Pontenuovo era.

MILONE

Ed è là che veniva qualche volta Ignazio Tucci?

PAOLINA

Sissignore.

MILONE

_(piglia nota nel taccuino.)_

FRANZ

_(a Emilia:)_ È inutile, sangue di Giuda! Sempre diciassette soldi
mancano!

EMILIA

E vuoi che me li sia mangiati? _(Si alza e va ad ascoltare.)_

MILONE

E adesso dove abita, lui?

PAOLINA

_(tremando)_ Che vi posso dire?

MILONE

Ricominciamo da capo?

PAOLINA

Ma io... io... _(prorompe fervidamente)_ io gliel'ho promesso dinanzi
alla Madonna, nella chiesa di Santa Chiara....

MILONE

Che gli hai promesso?

PAOLINA

_(quasi piangendo)_ Che non avrei detto mai niente di lui, mai niente,
mai niente!...

FRANZ

_(riponendo il registro nel cassetto del_ comptoir, _ripete tra sè:)_
Sempre diciassette soldi mancano!

MILONE

_(a Paolina:)_ Ma tu lo sai come ti faccio parlare, io!

PAOLINA

_(ribellandosi con audacia ingenua)_ Non parlo, no, no. Non parlo! Non
parlo! Non parlo!

MILONE

E va bene! Lo vedremo. _(A Franz:)_ Sentite Franz, io vado per ora a
pizzicarmi Pasquale Icardi. Quello là so dove trovarlo, e ho fretta.
Voglio capitargli addosso prima dell'alba. Ma voi dovete farmi un
favore.

FRANZ

Comandate.

MILONE

Tenetevi questa vagabonda. All'alba, verrò a pigliarmela. Se adesso
badassi a condurre lei all'ufficio, mi scapperebbe quell'altro. Con me,
non ho che due uomini, e ho bisogno di tutti e due.

FRANZ

Vi siete manifestato perfettissimamente.

EMILIA

_(borbottando:)_ «Al Nuovo Egiziano: carceri per minorenni.»

FRANZ

_(a Emilia:)_ Tu sei un'ignorante matricolata che non sai neppur qual'è
la tua mano diritta.

MILONE

Se poi la signora non vuole....

FRANZ

Non date retta. Per me, è sempre un onore bellissimo, per farvi capire,
di essere il complice della giustizia. Andate a prendere il delinquente,
chè qui garantisco io.

MILONE

Chiudete bene la porta, vi raccomando. _(Poi, a Paolina:)_ Tu, domani
mattina, parlerai. Buon sonno a voi, signora Emilia. Grazie, caro Franz!
_(Gli stringe la mano.)_

FRANZ

_(cerimonioso, lo precede, e apre l'uscio)_ Oh, corpo del diavolo! Che
ventaccio cane! E il cielo è tutto abbondantissimo di nuvole! _(A
Milone:)_ Voi non avete ombrello? Aspettate che vi do il mio.

MILONE

No, no, sono abituato.

_(Si ode sibilare il vento e si vede un po' lampeggiare.)_

FRANZ

Lasciatevi servire. _(Piglia l'ombrello che è appoggiato alla scaletta)_
Quando c'è la comodità!... Ecco....

MILONE

_(prendendo l'ombrello)_ E allora accetto. Di nuovo, buon sonno, e
grazie di tutto.

FRANZ

Buona fortuna a voi, e congratulazioni anticipate. _(Chiudendo
accuratamente con la chiave la porta di strada, sottovoce ammonisce
Emilia:)_ Io non so che criterio hai nella tua testa di stoppa! Dovresti
capire che per noi esercenti è una cosa stupendissima avere amicizia con
quel briccone. Quando imparerai a vivere una buona volta nella civiltà?
_(Si caccia la chiave in saccoccia. Indi, a Paolina:)_ A te,
canaglietta: _(toglie il sediolino di su la pedana)_ se hai sonno, puoi
stenderti qua. Per legge e regola, la carità prima di tutto.

PAOLINA

Io non ho sonno.

FRANZ

Crepa. _(Smorza l'ultimo lume a gas; smorza anche uno dei due mozziconi
di steariche, e prende l'altro.)_ Questa è la gratitudine! Staresti
meglio sotto la pioggia a quest'ora? Ma domani viene la grandine! _(Le
si accosta e le grida in tono di comando:)_ Mettiti là seduta e non ti
muovere.

PAOLINA

_(obbedisce e si accoccola sulla pedana.)_

FRANZ

_(cominciando a salire la scaletta, a Emilia che è rimasta giù colle
braccia piegate:)_ Andiamo. Monta. A chi pensi? A Luigi Cardone?

EMILIA

_(cinicamente, seguendolo)_ Non mi piace Luigi Cardone.

FRANZ

E chi è che ti piace?

EMILIA

Vorresti pure che te lo dicessi?

FRANZ

Buffona!

_(Spariscono nel soffitto. Le loro voci si allontanano. Le ombre
s'allargano dense.)_

EMILIA

Sì, sì, continua a seccarmi tu e vedrai!

FRANZ

Mi fai ridere!

EMILIA

Aspetta ancora per ridere.

FRANZ

Buffona! Buffonissima!


SCENA VI.

PAOLINA _e_ NUNZIO. _Le voci di_ FRANZ _e di_ EMILIA.

_(Buio e silenzio. — Di tanto in tanto, il vento fischia
sinistramente.)_


PAOLINA

_(resta un poco raggomitolata sulla pedana. Le viene un'idea. Cerca fra
gli stracci che la coprono. Ne cava qualche fiammifero. Ne accende uno.
Guarda attorno. Scorge sul_ comptoir _il mozzicone di stearica.
Camminando con circospezione va ad accenderlo. Poi si arrampica sul_
comptoir. _Stende un braccio. Prende un pasticcino.)_

NUNZIO

_(appare nel vano della porticina del retrobottega. Più col fiato che
con la voce, chiama:)_ Paolina!

PAOLINA

_(sussultando)_ Chi è?

NUNZIO

Sono io: il cieco.

PAOLINA

_(distinguendolo appena tra le ombre)_ Quello che suona il pianoforte?

NUNZIO

Sì. Che facevi? Che fai?

PAOLINA

Non parlare, oh!, che ci sentono.

NUNZIO

_(percorrendo il cammino che conosce, sino alla pedana, aguzza l'udito
con curiosità.)_

PAOLINA

_(leggera e guardinga, discende dal_ comptoir._)_

NUNZIO

Che fai?

PAOLINA

_(contemplando il pasticcino)_ Non si saranno ancora addormentati. Taci.

  _(Il vento scroscia.)_

NUNZIO

C'è il vento che urla e fa anche brontolare le invetriate. Se parliamo
ben sottovoce, coi rumori che ci sono nell'aria, non ci possono udire.
Io però, poco fa, ho udito.

PAOLINA

Non dormivi?

NUNZIO

Dormivo... per obbedienza; ma le orecchie vegliavano.

PAOLINA

_(contempla ancora il pasticcino.)_

NUNZIO

All'alba, tornerà quell'uomo e dovrai parlare.

PAOLINA

Non parlerò.

NUNZIO

Ti stritolerà, ti strapperà le carni di dosso.

PAOLINA

Se parlassi, sarebbe forse peggio, perchè Ignazio Tucci me la farebbe
pagare.

NUNZIO

Già!

  _(Un silenzio.)_

PAOLINA

Intanto, per questa notte sono al caldo come te.

NUNZIO

Eh!

  _(Un silenzio.)_

PAOLINA

_(addenta il pasticcino.)_

NUNZIO

E le altre notti, vai alla locanda?

PAOLINA

_(prima di parlare, inghiotte il boccone.)_ Alla locanda non mi
ricevono. _(Addenta ancora.)_

NUNZIO

Perchè?

PAOLINA

Perchè sono minorenne. Hanno paura.

NUNZIO

Che mangi?

PAOLINA

Pane.

NUNZIO

Chi te l'ha dato?

PAOLINA

Ho comprato un soldo di pane.

NUNZIO

No. Tu mangi una cosa buona. Un pasticcino. Lo hai rubato al mio
padrone?

PAOLINA

_(supplicando)_ Non glielo dire, non glielo dire!

NUNZIO

Non glielo dico.

_La voce di_ FRANZ

_(piena di sdegno pettegolo)_ Io ti ho tolto dalla miseria,
spudoratissima baldracca!

_La voce di_ EMILIA

Non vedo l'ora di lasciare questo buco che puzza di muffa!

_La voce di_ FRANZ

Vattene! Vattene!

_La voce di_ EMILIA

E senza di me, puoi chiudere bottega!

_La voce di_ FRANZ

Vattene!

_La voce di_ EMILIA

Vecchio imbecillito!

_La voce di_ FRANZ

Donna fetidissima!

  _(Un sibilo di vento.)_

PAOLINA

_(tutta smarrita)_ Madonna mia! Come facciamo? Adesso discenderà la
signora!

NUNZIO

_(a voce bassissima)_ Non temere. Non se ne va mai. Fanno quasi ogni
notte così. _(Un silenzio.)_ Ecco: è finito. _(Un silenzio.)_ Vieni qua.
Accòstati più vicino.

PAOLINA

_(con incosciente disdegno)_ Che vuoi?

NUNZIO

Niente voglio. Che ho da volere? Discorriamo un poco. _(Siede sulla
pedana.)_

PAOLINA

_(accostandosi)_ Qua sono.

NUNZIO

Dimmi una cosa. Tu, come sei?

PAOLINA

_(senza capire)_ Come sono!?

NUNZIO

Dico: come sei? Sei bella, o sei brutta?

PAOLINA

Non so.

NUNZIO

Non sai? Non ci avrai mai pensato, questo sì. Ma pensaci ora. Guardati
nello specchio. Come ti pare di essere?

PAOLINA

_(attraverso le ombre si guarda un po' nello specchio, di sbieco.)_
Brutta.

NUNZIO

_(col viso irradiato)_ Ah? _(Riflette.)_ Ma... _(esita)_ la mamma tua,
Maria Fiore, non era brutta come te.

PAOLINA

Che domande! Lei non poteva essere brutta. E che te ne importa di sapere
come sono io? Tu non mi vedi.

NUNZIO

Appunto per questo.

PAOLINA

E ti dispiace quello che hai saputo?

NUNZIO

No, no, anzi! _(Pausa.)_ Di': ti ha fatto molto male quell'uomo quando
ti ha battuta?

PAOLINA

Sì, sento come se mi avesse rotte le ossa.

NUNZIO

Anch'io, qualche volta, l'ho provato.

PAOLINA

E chi è che ti batte?

NUNZIO

Il padrone.

PAOLINA

E il padrone non è papà tuo?

NUNZIO

No.

PAOLINA

_(siede sulla pedana accanto a lui.)_

NUNZIO

Egli dice che la sua prima moglie mi prese all'ospizio dei trovatelli,
perchè aveva fatto un voto. Tu già, non sai che cos'è l'ospizio dei
trovatelli.... E non è necessario di saperlo. Io, intanto, non credo a
quello che dice il padrone. Io credo, invece, che la sua prima moglie
era la mamma mia, prima che egli la conoscesse. Essa aveva una religione
diversa dalla nostra. Come poteva fare questo voto? Dunque, il padrone,
quando io era bambino, mi nudriva bene, mi faceva studiare, perchè egli
sperava che io poi, diventando istruito, lo arricchissi. Ma, a dodici
anni, io perdetti la vista, e allora egli maledisse il denaro che aveva
speso e cominciò a trattarmi peggio di un cane rognoso. Per fortuna, mi
era piaciuta la musica. Avevo imparato a pestare il pianoforte, chè un
pianoforte, nel suo caffè, ci è sempre stato. E così, anche cieco, io
gli sono stato utile. Per me, il padrone risparmia più di cinque lire al
giorno. E questa è la ragione per cui mi tengono qui a forza, come uno
schiavo, come una macchinetta. Mi capisci tu? _(Pausa.)_ No, non mi
capisci.

PAOLINA

_(un po' intontita)_ Almeno, tu mangi.

NUNZIO

Meglio non mangiare che vivere come vivo io.

PAOLINA

Perchè perdesti la vista?

NUNZIO

Eh, la perdetti! Ci sono tanti malanni! Dicono che certe volte il figlio
ha i malanni del padre. E dicono pure che il figlio può scontare i
peccati del padre. Chi sa poi chi era mio padre!... _(Pausa.)_ Tu lo sai
chi era il tuo?

PAOLINA

Mamma mia mi diceva che era un signore: un signore nobile.

NUNZIO

_(con un accento di serenità semplice ed ascetico)_ La verità è soltanto
sotto gli occhi di Dio. _(Pensa. Si gratta in capo. Esita. Indi, in uno
stato di latente concitazione, si decide)_ Paolina, mi è venuto un
pensiero.

PAOLINA

Che pensiero?

NUNZIO

Ti faccio una proposta. Vuoi venire con me?

PAOLINA

Dove?

NUNZIO

Dove! Il più lontano che sia possibile. In un altro quartiere della
città.... Magari in un'altra città addirittura.... Lontano dai miei
padroni, lontano da Ignazio Tucci, lontano da quell'uomo che t'ha
battuta, lontano, insomma, da tutti quelli che ci stanno addosso come il
lupo sulle pecore. Io ho fatto cento progetti; ma, solo, non ho potuto,
e non potrei. E da quando ho udito che quell'uomo sarebbe tornato
all'alba, io ho cominciato a pensare che potremmo fuggire tu ed io
insieme. In due sarebbe tutt'altro! _(Animandosi molto)_ Senti, senti,
Paolina.... In due, noi ci aiuteremmo scambievolmente. Tu mi condurresti
per mano finchè io non avessi imparato a camminare col bastone come
fanno i ciechi che non sono schiavi di nessuno, e mi assisteresti sempre
un poco, ed io assisterei te ed anche t'insegnerei qualche cosa.
T'insegnerei... t'insegnerei, per esempio, a cantare. Insieme, vedi,
andremmo in giro per guadagnarci il pane, e, se proprio avessimo la mala
sorte, insieme chiederemmo l'elemosina. Non ti pare un bel progetto
questo? _(Pausa.)_ Che rispondi?

PAOLINA

_(stordita, senza rendersi conto di niente)_ E mi vorresti poi bene, tu?

NUNZIO

Io ti vorrei bene, perchè tu saresti per me... quello che per gli altri
è la vista degli occhi.

PAOLINA

E tu per me che saresti?

NUNZIO

_(con una strana dolcezza nella voce)_ Il destino è cieco come sono io.
E dunque io sarei il tuo destino. Non mi capisci?

PAOLINA

No.

NUNZIO

E che rispondi?

PAOLINA

_(semplicemente)_ Sì, andiamo. _(Si alza.)_

NUNZIO

_(con gioia)_ Davvero?

PAOLINA

Ma sùbito, perchè più tardi potremmo essere afferrati!

NUNZIO

_(alzandosi anche lui)_ Sì, sì, sùbito! Hai ragione. Coraggio! Sùbito!

PAOLINA

E come si esce? La porta è chiusa con la chiave.

NUNZIO

_(misteriosamente)_ Io ho una chiave nascosta. Il padrone ne aveva due:
una per lui, un'altra per la signora. Riuscii a rubarne una. La speranza
di potermene servire l'ho avuta sempre. Il momento è giunto.... Sia
ringraziato il Signore! _(Fruga sotto il panciotto, ne cava una
chiave.)_ Piglia.

PAOLINA

_(Prende la chiave.)_

NUNZIO

Aspetta. _(Resta intento a origliare. Pausa.)_ Essi dormono.

PAOLINA

E se non dormono?

NUNZIO

Dormono. Attraverso il soffitto odo bene il respiro affannoso del loro
sonno. Apri piano piano.

PAOLINA

_(ficca la chiave nella serratura.)_

NUNZIO

Sai fare?

PAOLINA

Sì. _(Apre un po' l'uscio.)_ Come piove! _(Guarda il cielo.)_

_(Il vento tace. Si ode il rumor cupo della pioggia e il gorgoglìo della
lava sul lastricato. Lampeggia un poco.)_

PAOLINA

E il vento ha rotto il fanale dirimpetto.

NUNZIO

Sotto la scansia, dove hai preso il pasticcino, deve esserci il mio
cappello.

PAOLINA

Va bene. _(Trova il cappello, e va a darglielo.)_

_(Una ventata smorza la candela. Il buio fitto invade la bottega. La
strada è nera. In questo momento, nessun lampo.)_

PAOLINA

Ohè! La candela si è smorzata. Io non vedo più niente.

NUNZIO

_(con un certo orgoglio)_ Fino alla strada, ti conduco io. _(Le piglia
la mano e la conduce lentissimamente. Arrivano alla porta.)_

_(Adesso, al chiarore d'un lampo succede lo scroscio d'un tuono. L'acqua
cade a torrenti.)_

  _(NUNZIO e PAOLINA escono.)_

  _(Sipario.)_



ATTO SECONDO.


_Il_ boudoir _intimo del duca di Vallenza. Un'impronta di raffinatezza
aristocratica nella eleganza e nel_ comfort. _Una_ dormeuse, _delle
sedie a sdraio, delle poltrone. Verso il lato sinistro della stanza, un
grande specchio da_ toilette. _Verso il lato destro, uno scrittoio
civettuolo, ma ben solido. Alla parete di fondo, un'ampia porta a due
battenti. Alla parete destra, un'altra porta. Alla parete opposta, un
flnestrone, molto visibile. Ninnoli, fiori, cimelii dappertutto._


SCENA I.

_Il_ DUCA, _il_ PARRUCCHIERE, _il cameriere_ BEPPE, _indi, il servo_
GAETANO _e l'avvocato_ BARTOLETTI.

_(È l'ora del tramonto. La porta in fondo è spalancata. Si vede un_
fumoir _e, dopo il_ fumoir, _una sala da pranzo. La tavola è imbandita
per molti commensali. Qualche cameriere vi si aggira intorno,
apparecchiando.)_

_(IL DUCA è seduto dinanzi allo specchio con sulle spalle quella specie
di accappatoio di lino bianco che i parrucchieri fanno adoperare per la_
toilette. _Egli è pallido, sofferente, di una sofferenza
indeterminabile, piena di malinconia dissimulata. Ha i calzoni e il
panciotto dell'abito nero, colletto all'ultima moda, cravatta bianca, e
indossa una giacca da camera, molto semplice e di buon gusto. IL
PARRUCCHIERE, atteggiato a devozione untuosa, lo pettina assai
accuratamente. Il cameriere BEPPE — capelli grigi, brevi fedine, in
frac, ma non in livrea: figura di cameriere esperto e correttissimo —
resta in fondo alla scena, diritto, a ricevere ordini.)_


IL PARRUCCHIERE

_(dopo un lungo silenzio, pettinando)_ Eppure, Eccellenza, poco fa mi
sono sbagliato. Adesso ricordo bene. La tintura che adoperava il conte
Argenti, buon'anima sua, non era francese, era americana. Tintura...
_(pronunziando la parola come è scritta)_ Milley.

IL DUCA

Si pronunzia _Millé_, non _Millei_.

IL PARRUCCHIERE

Eccellenza, io poi non conosco la lingua... americana. Era una tintura
ottima. E si disse che la tintura lo aveva fatto impazzire. Ma tutte
storie inventate per scansare la concorrenza. Il primo _flacon_ lo portò
lui stesso, il signor conte, da Nuova York, quando si decise a tingersi
i capelli.

IL DUCA

Lui si tingeva anche prima.

IL PARRUCCHIERE

E da quanto tempo, Eccellenza?

IL DUCA

Che so? Quello lì era nato tinto.

IL PARRUCCHIERE

_(ride)_ Ah, ah, ah!... E morì tinto! Egli fece chiamare il suo
parrucchiere tre ore prima di morire.

IL DUCA

_(pigramente)_ Fece bene. Provvide a parer bello anche sul cataletto.

IL PARRUCCHIERE

_(ride)_ Ah, ah, ah! _(Pausa.) (Indi, serio)_ E Vostra Eccellenza non
penserebbe a....

IL DUCA

A che? A morire?

IL PARRUCCHIERE

Vostra Eccellenza deve campare mill'anni! _(Abbassando un po' la voce)_
Volevo dire che... per questi pochi capelli bianchi si potrebbe....

IL DUCA

Pochi?

IL PARRUCCHIERE

Pochissimi.

IL DUCA

Va là che sono parecchi.

IL PARRUCCHIERE

Io avrei da proporre a Vostra Eccellenza....

IL DUCA

Lascia andare. Non sono i capelli bianchi che mi dànno noia. Altro che
capelli bianchi!

IL PARRUCCHIERE

Vostra Eccellenza vuole scherzare. La malattia di questi giorni è stata
una cosa da nulla. Oggi Vostra Eccellenza sta benissimo. Ha una cera di
giovinotto!...

IL DUCA

Sì sì. _(Cava di tasca un portasigarette e ne piglia una.)_ Beppe, un
po' di fuoco.

BEPPE

_(prende un cerino da un portafiammiferi e rispettosamente glielo porge
acceso.)_

IL PARRUCCHIERE

_(zelantissimo, mette fuori contemporaneamente la sua scatoletta di
cerini e ne accende uno.)_

IL DUCA

_(si serve del cerino portatogli da Beppe, e caccia il fumo dal naso.)_

IL PARRUCCHIERE

_(dopo aver dato un ultimo colpo di spazzola ai capelli del duca, gli
toglie di dosso l'accappatoio.)_ Servito, signor Duca.

IL DUCA

Beppe, il frac.

BEPPE

_(prende l'accappatoio ed esce a sinistra.)_

GAETANO

_(in livrea stringata, entra dalla porta a destra.)_ Eccellenza, c'è
l'avvocato Bartoletti.

IL DUCA

Venga, venga. Fallo entrare qui.

GAETANO

_(quasi timidamente)_ E c'è anche il sarto.

IL DUCA

A quest'ora viene il sarto?

GAETANO

Aspetta da un pezzo, Eccellenza.

IL DUCA

Perchè non me l'hai detto?

GAETANO

Ecco.... io l'ho annunziato, ma....

IL DUCA

_(turbandosi un po')_ È vero, sì.... Non me ne ricordavo.... Entri anche
il sarto.

GAETANO

_(esce.)_

IL PARRUCCHIERE

Ha comandi da darmi il signor Duca?

IL DUCA

No.

IL PARRUCCHIERE

Servo, Eccellenza. _(Striscia una riverenza, e via dalla destra.)_

BEPPE

_(rientra col frac.)_

IL DUCA

Metti lassù, e va di là.

BEPPE

_(pone il frac sopra una sedia e sta per andare.)_

IL DUCA

Ehi, Beppe! Verrà la signora Blanchardt. L'aspetto qui, e non c'è
bisogno di annunziarla. Gli altri, nel salottino _Pompadour_. E chiudi
quella porta.

BEPPE

_(s'inchina ed esce dal fondo, chiudendo.)_

GAETANO

_(introduce prima l'avvocato Bartoletti, poi il sarto, e va via.)_

IL SARTO

_(porta sul braccio della roba avvolta in un panno scuro.)_

BARTOLETTI

_(un uomo sui sessantacinque anni, dall'aspetto severo e dignitoso)_
Sono ai suoi ordini, Duca.

IL DUCA

Grazie, caro Bartoletti.

BARTOLETTI

Ho ricevuto stamane la sua lettera con quel foglio... e i documenti
espositivi che ella ha creduto utile mandarmi, e naturalmente l'ho
servita senza por tempo in mezzo. Tuttavia....

IL DUCA

Un momentino, se non vi dispiace.

BARTOLETTI

Prego. _(Riordina e leggiucchia qua e là alcune carte che ha in mano.)_

IL DUCA

_(al sarto:)_ Cosa c'è?

IL SARTO

Il _paletot_, Eccellenza.

IL DUCA

Quale _paletot_?

IL SARTO

Lo provammo una sola volta, Eccellenza, prima della sua malattia.

IL DUCA

_(turbandosi di nuovo)_ Ah... già!

IL SARTO

L'ho terminato.

IL DUCA

Potevate consegnarlo al mio cameriere.

IL SARTO

Se il signor Duca permette, io vorrei rivederglielo un po' addosso.

IL DUCA

Come vi piace. _(Sbottona la giacca per togliersela.)_

IL SARTO

Tenga questa giacca, Eccellenza. Possiamo provare benissimo.

IL DUCA

_(parla con Bartoletti, mentre il sarto gl'infila il_ paletot _e mentre
dinanzi allo specchio glielo aggiusta sul corpo e glielo guarda da tutti
i lati)_ Dunque, avvocato, io non devo abusare del vostro tempo. Diciamo
subito quello che è necessario. Io vi ho incomodato perchè il Codice non
lo conosco che ad orecchio e _(con un lieve sorriso)_ temevo che la
forma della mia prosa non fosse abbastanza esplicita e non escludesse
con certezza gli equivoci e le contestazioni.

BARTOLETTI

Io ho letto mal volentieri, ma attentamente.... _(guardando, il sarto,
esita.)_

IL DUCA

Parlate pure.

BARTOLETTI

_(continuando)_... le sue... disposizioni testamentarie.

IL DUCA

Perchè poi _mal volentieri_?

BARTOLETTI

Prima di tutto perchè quella dei testamenti non è la lettura che io
preferisco, specie se ne sono autori persone per le quali nutro una
devota amicizia....

IL DUCA

Che idee!

BARTOLETTI

E anche perchè, francamente, quella decisione mi è parsa una... come ho
da dire?

IL SARTO

Le va, Eccellenza, questa larghezza di petto? C'è dello _chic_, ma forse
è un po' troppa.

IL DUCA

_(dandogli retta per ostentazione)_ No, no, non è troppa. Piuttosto,
quelle spalle... non so....

IL SARTO

Ma ecco: il signor Duca, oggi, si curva un tantino. Non è la sua
abitudine. Se ha la pazienza di stare diritto....

IL DUCA

_(subito si drizza.)_

IL SARTO

Lo vede? Non c'è più niente.

IL DUCA

Difatti, mi curvavo un poco. Ora, va perfettamente.

IL SARTO

Eppure, dico la verità, non è di mia piena sodisfazione. E
_(togliendogli il_ paletot_)_ se il signor Duca mi concede ancora
qualche minuto, gliene vorrei mostrare un altro che ho imbastito.

IL DUCA

Ho ordinato anche questo?

IL SARTO

No, ma avendo ricevuto in questi giorni dalla Casa Scholt di Londra un
_overcoat_ per campione, io mi son detto: voglio tagliarne uno identico
per il signor Duca. Che se poi non le piacesse....

IL DUCA

_(stanco di stare in piedi e distratto)_ Vediamo. _(Siede.)_

IL SARTO

Vuole che torni domani?

IL DUCA

No. Perchè? _(Si alza.) (A Bartoletti:)_ Dunque, dicevamo, vi è parsa
proprio una stravaganza la mia decisione? Cioè, voi stavate per
chiamarla... una follia.

BARTOLETTI

Non lo nego. Del resto, c'è sempre tempo di distruggere una carta.

IL DUCA

_(sottolineando tristemente)_ Sempre, no.

IL SARTO

_(infilandogli l'_overcoat _imbastito, col bavero provvisorio di
fodera)_ È un modello di una eleganza straordinaria. Guardi come veste!

IL DUCA

_(a Bartoletti:)_ E dite, avvocato, avete fatto delle modificazioni o
era tutto in regola?

IL SARTO

_(fa dei segni col talco sul dorso, presso il bavero.)_

BARTOLETTI

Ho soltanto scritte qui _(mostrando un foglietto)_ due clausole da
aggiungere in ultimo, per maggiore chiarezza.

IL DUCA

_(stendendo la mano verso Bartoletti, che è alle sue spalle)_ Volete
compiacervi?

BARTOLETTI

_(gli porge il foglietto.)_

IL DUCA

_(lo prende e legge.)_

BARTOLETTI

E ripongo sullo scrittoio i documenti riguardanti la tenuta di
Sant'Angelo, che ho consultati. _(Esegue.)_

IL SARTO

Voglio che la spalla faccia questo. _(Pizzica l'abito sulla spalla come
per esperimentare la correzione.)_ Il resto, non lo tocco. Sarà molto
inglese. Ha nulla da osservare il signor Duca?

IL DUCA

No.

IL SARTO

_(comincia a levargli di dosso l'_overcoat. _Tira la manica sinistra. E
poi, avendo il Duca nella mano dell'altro braccio il foglietto che
legge, il Sarto aspetta.)_

IL DUCA

_(se ne accorge, passa il foglietto alla mano sinistra, e, continuando a
leggere, commenta:)_ Così è chiarissimo.

IL SARTO

_(tirando l'altra manica)_ Per dopo domani sarà pronto. Valgo a
servirla, signor Duca?

IL DUCA

Addio.

IL SARTO

I miei rispetti.... _(Portando via l'abito imbastito, esce a destra.)_

IL DUCA

_(a Bartoletti, sorridendo:)_ Me l'avete sempre storpiato il nome di
Livia Blanchardt.

BARTOLETTI

Non l'ho fatto apposta. Vuol dire... che questo nome non era molto
simpatico alla mia penna.

IL DUCA

La vostra penna ha avuto torto, perchè Livia Blanchardt è una donna
deliziosa.

BARTOLETTI

Evidentemente.

IL DUCA

Dunque, non mi resta a fare altro che copiare queste due clausole....

BARTOLETTI

E firmare.

IL DUCA

Niente notai?

BARTOLETTI

Per il testamento olografo non ce n'è bisogno. Il testatore può
conservare egli stesso il suo testamento. E sarà bene fare così.
Avendolo sott'occhio, le sarà più facile di distruggerlo. Le auguro...
di averne l'ispirazione.

IL DUCA

_(freddamente)_ Intanto... io copio e firmo. _(L'aria si è man mano
rabbuiata. Egli volta la chiavetta della luce elettrica e due o tre
lampadine risplendono. Siede presso la piccola scrivania e si accinge a
scrivere.)_

BARTOLETTI

Pare che abbia fretta la signora Livia Blanchardt.

IL DUCA

Ho fretta io, mio caro avvocato. _(Scrive.)_

BARTOLETTI

_(lo contempla, scrollando il capo.)_


SCENA II.

_Il_ DUCA, _l'avvocato_ BARTOLETTI, LIVIA BLANCHARDT.


LIVIA

_(dal fondo, restando di là dall'uscio e aprendone un po' i battenti per
sporgere la testa)_ Io entro?

IL DUCA

_(voltandosi)_ Vi aspettavo.

LIVIA

_(oltrepassa la soglia, e richiude l'uscio.)_ Lo so. _(Ella è tutta
avvolta in un gran mantello ricchissimo. Ha un'aria di sfinge, e mette
nell'ambiente la nota, non gaia, bensì quasi fatale, della sua eleganza
squisita, della sua grazia serpentina e del suo raccoglimento pensoso.)
(Avanzandosi)_ Quando m'invitate a pranzo, è il solo caso in cui io
possa permettermi di credere che mi aspettiate. Disturbo?

IL DUCA

Tutt'altro. _(Senza alzarsi, accennando a Bartoletti)_ È il mio avvocato
ed anche una vecchia conoscenza di casa: il signor Bartoletti.

BARTOLETTI

_(s'inchina lievemente.)_

IL DUCA

Si parlava di affari. Ma abbiamo finito. _(A Bartoletti, presentando:)_
La signora Livia Blanchardt.

BARTOLETTI

_(fa un altro lieve inchino)_ Domando scusa alla signora se io vado via
proprio quando ella arriva; ma....

IL DUCA

_(a Livia, indicando Bartoletti:)_ Le donne lo hanno sempre messo in
fuga.

BARTOLETTI

Questo non è esatto, signora. Mia moglie è madre di otto figliuoli; e li
ho fatti io. Ma gli è che l'ora del desinare è giunta anche per me.

IL DUCA

_(con un sorriso scherzoso)_ Volete pranzare con noi, avvocato? Sarete
in buonissima compagnia. Molte belle donnine. Dateci una prova di essere
ancora un cultore del gentil sesso.

BARTOLETTI

Alla mia età....

IL DUCA

Garantisco che ringiovanirete.

BARTOLETTI

Non garentisca, Duca. Per fare un dottor Faust, ci vuole per lo meno una
Margherita; e non credo che.... Con permesso, signor Duca. Con permesso,
signora.

IL DUCA

Senza complimenti?

BARTOLETTI

Senza complimenti. _(Esce a destra.)_


SCENA III.

_Il_ DUCA _e_ LIVIA.


IL DUCA

_(scrivendo)_ Finisco subito, sapete.

LIVIA

Cos'è? Lavorate?

IL DUCA

Un poco. E lavoro per voi.

LIVIA

Per me? _(Sarebbe tentata di avvicinarsi per guardare; ma si trattiene.)
(Un lungo silenzio.) (Ella sguscia dal suo mantello, che lascia cadere
sopra una poltrona.) (È_ décolleté, _in gran_ toilette, _piuttosto
severa, ma splendida, d'un gusto sopraffino: il suo corpo si delinea
snello e flessuoso, promettitore di voluttà morbosamente acri.)_

IL DUCA

_(alzando un po' gli occhi)_ Siete magnifica!

_(Ancora un breve silenzio.)_

LIVIA

Avete invitata molta gente?

IL DUCA

Non molta. I nostri amici.

LIVIA

Lolotte?

IL DUCA

Sì, ma con lui. _(Pausa.) (Firmando)_ Ecco fatto. _(Lacera la bozza
dell'avvocato e la getta in un cestino. Ripone in un cassetto dello
scrittoio la carta scritta e chiude a chiave.)_

LIVIA

_(segue attentamente con la coda dell'occhio tutti i movimenti di lui.)_
E questo pranzo, perchè?

IL DUCA

_(alzandosi)_ È la mia festa. Oggi, cinquant'anni. E poi, un po' di
nostalgia. Era da tanto tempo che non vedevo più nessuno!

LIVIA

Neanche me.

IL DUCA

Questo, per colpa vostra.

LIVIA

Sono stata in casa, aspettandovi, venti giorni. Ho inviato ogni mattina
il mio servo a chiedere notizie della vostra salute. Mi avete fatto
rispondere che stavate bene e... nient'altro. _(Si aggira con
disinvoltura intorno allo scrittoio guardando, indagando.)_

IL DUCA

Se invece d'inviare il vostro servo, foste venuta voi stessa, ne avrei
avuto molto piacere.

LIVIA

Dimenticate le mie abitudini. In casa vostra non sono mai venuta senza
che voi mi abbiate chiamata.

IL DUCA

Per un orgoglio alquanto esagerato.

LIVIA

Per un'esagerata umiltà, se mi permettete. O, almeno, per una speciale
delicatezza. C'è già chi crede che io tenti di raggirarvi.

IL DUCA

_(sdraiandosi in una poltrona)_ Per far che? Non vi preoccupate. Si sa
perfettamente che tutte le sciocchezze che ho commesse ho voluto sempre
commetterle io. E, d'altronde, raggirar me! Adesso? Non ne varrebbe la
pena.

LIVIA

_(stendendosi tutta sopra una_ dormeuse_)_ Si dice perfino che io cerchi
di diventare vostra moglie.

IL DUCA

Si dice questo?

LIVIA

Sì, sì.

IL DUCA

_(tranquillissimo)_ È una calunnia che potete completamente
disprezzare... tanto più che non diventerete mia moglie. I fatti vi
daranno ragione. Del resto, sono sicuro che ciò non vi sorriderebbe.

LIVIA

O Dio, per una donna come me sarebbe, dopo tutto, una graziosa vittoria
svegliarsi un bel giorno duchessa di Vallenza. Ma, visto che il Duca di
Vallenza siete voi, non è il caso. Con voi non ho ambizioni.

IL DUCA

Ah!?... Mi amate?

LIVIA

Se pure vi amassi, non saprei nè come convincerne voi, nè come
convincerne me stessa. Ma mi sento legata a voi più che non mi sia
sentita legata ad altri. Questo è più semplice, ed è più convincente.

IL DUCA

È più convincente, difatti, perchè, senza dubbio, qualche cosa di simile
sento io per voi.

LIVIA

Sul serio?

IL DUCA

Sul serio. E, anzi, a questo proposito vi voglio dare una notizia che...
potrà interessarvi. Mi sono deciso a fare il mio testamento.

LIVIA

_(ha una scossa quasi impercettibile.)_

IL DUCA

Non l'avreste immaginato.

LIVIA

_(dissimulando bene una pungente curiosità)_ Ma me lo spiego. Siete in
un quarto d'ora di _spleen_.

IL DUCA

Non si tratta di _spleen_. Al vostro servo, in questi giorni, per ordine
mio, non fu mai detta la verità. Io sono stato molto male....

LIVIA

La solita idea fissa!

IL DUCA

Già, ma io ho finalmente costretti i miei medici a non mentirmi sul
viso, e sono riuscito a carpir loro la verità, che io avevo intuita da
un pezzo. Ci siamo, mia cara! La vita che ho voluto vivere non poteva
essere più lunga di così. _(Si alza, prende una sigaretta e l'accende.)_
Certo, con le donne si passa il tempo assai bene; ma il tempo che si
passa con le donne è sempre un prestito che si contrae. Ora, la scadenza
della mia cambiale è prossima. Una scadenza bizzarra. Senza data. E
senza dilazione. Pagamento repentino. _(Risiede.)_ Pagherò.

LIVIA

Sicchè, se tutto ciò fosse vero, io sarei una di quelle che vi hanno
abbreviata l'esistenza.

IL DUCA

Siete indubbiamente quella che più me l'ha abbreviata, mia buona amica.

LIVIA

_(sempre fredda, sempre indagando)_ E allora dovreste odiarmi.

IL DUCA

Sarebbe una contraddizione. Io ho amato in voi appunto questa potenza
distruggitrice.

LIVIA

Un vampiro!

IL DUCA

No. Ma nella categoria di donne a cui appartenete, siete la più
completa. E io _(sorridendo con una vaga amarezza)_... io premio la
vostra superiorità. Non avete ancora indovinato in che modo?

LIVIA

_(eccedendo nella finzione)_ Io, no.

IL DUCA

Volete provare il godimento dell'annunzio ufficiale? E sia. Il mio
testamento è tutto a favor vostro.

LIVIA

_(non ha neppure un batter di palpebre. Tuttavia, passa sul suo volto
come un'onda luminosa.)_

IL DUCA

Lo vedete: non ve ne siete sorpresa.

LIVIA

Se lo avessi indovinato, avrei finto di sorprendermi.

IL DUCA

E non mi ringraziate?

LIVIA

Mi sembrerebbe disgustevole.

IL DUCA

Neanche un po' di curiosità?

LIVIA

_(stringendosi nelle spalle, fa appena col capo cenno di no.)_

IL DUCA

Vi ammiro. Ma io devo pur comunicarvi ciò che dite di non voler sapere.

LIVIA

_(ascolta acutamente, con la testa arrovesciata sulla breve spalliera
della_ dormeuse, _guardando il soffitto, nell'atteggiamento di chi si
rassegni mal volentieri ad ascoltare.)_

IL DUCA

Non sarete erede, aimè, d'una gran fortuna. Quello che mi resta.
Nondimeno, avrete di che vivere con discreta agiatezza. Non si sa mai!
Potreste..., potreste... anche essere stanca di avventure....

LIVIA

Possibilissimo.

IL DUCA

Sarà in tutto un patrimonio di circa settecentomila lire. Senza pesi.
Senza noie. Ma badate, non vorrei aver l'aria di quel che non sono, cioè
d'un uomo troppo generoso o troppo stravagante. Il fatto è che non ho
parenti. Non ho nessuno. In fondo, io non vi ho preferito che allo
Stato, col quale non ho mai avuto nulla di comune, e agli istituti di
beneficenza, che il più delle volte beneficano i loro amministratori. Nè
più, nè meno.

LIVIA

_(sempre guardando il soffitto)_ Ciò non diminuisce la mia gratitudine.

IL DUCA

In questo momento sono io grato a voi che non vi sia parso anco una
volta disgustevole di dirmi una parola gentile.

LIVIA

Mi accorgo che poco fa non mi avete compresa. _(Stendendogli un
braccio)_ Via, datemi la vostra mano. Sarebbe veramente una cattiva cosa
che proprio questa conversazione creasse qualche equivoco fra noi o
lasciasse qualche pena nell'animo vostro!

IL DUCA

_(andando a lei e stringendole la mano fortemente)_ Sì, Livia, avete
ragione. Io sono in una condizione di spirito... terribile!

LIVIA

Lo vedo.

IL DUCA

_(sovreccitandosi e spasimando)_ Io ho bisogno di dolcezza. Ho
bisogno... _(quasi non vorrebbe pronunziare la parola)_ ho bisogno di
bontà. Ne sono come assetato. Per quanto ciò vi possa parere un fenomeno
maraviglioso, credetemi, credetemi, Livia, ve ne prego!

LIVIA

_(si è alzata e gli si trova di faccia, fissandolo come per penetrarne
il pensiero e per ispirargli fiducia.)_ Vi credo.

  _(Un silenzio.)_

IL DUCA

_(cercando di calmarsi)_ Io, Livia, vi farò delle confidenze. Le farò a
voi.... Siete oramai la persona a me più vicina.... Vi farò delle
confidenze strane. E sarà strano, soprattutto, che a tante ore pazze che
abbiamo passate insieme ne succedano delle altre... così diverse, così
piene di tristezza! _(I suoi sguardi errano nel vuoto. Poi, egli sorride
quasi stupidamente. Poi, si rivolge a lei con timidità)_ Volete
accogliere le mie confidenze?

LIVIA

_(fermamente)_ Sì.

IL DUCA

Per assistere un condannato a morte, sarà pur necessario che cerchiate
nel fondo del vostro cuore qualche cosa che somigli alla tenerezza. E
forse la troverete davvero. La nostra natura ha complicazioni
imprevedibili.... _(Pausa.) (Scrutando sè stesso, tutto assorto,
siede.)_

LIVIA

_(gli resta accanto, dritta in piedi.)_

IL DUCA

Io, per esempio, da quando ho cominciato a sospettare non lontana la mia
fine, ho vagamente, inconsapevolmente, cercato di mettere in pace la mia
coscienza. E quando più tardi ho potuto ascoltare la condanna sicura, ho
avuta immediatamente la consapevolezza di questo mio desiderio di pace
intima. _Io!_ Capite?... Inesplicabile! E ho rivangata tutta la mia
vita. Distinguere bene ciò che era stato biasimevole non sapevo, e non
saprei nemmeno adesso. A lungo andare se ne perde il concetto preciso.
E, inoltre, l'impossibilità assoluta di riparare suggerisce il dubbio
che quello che si chiama _pentimento_ non sia... non sia che una
burletta, molto comoda. E poi!... Pentirsi solamente è un'impotenza! E
questa impotenza è asfissiante, è umiliante!... Un uomo come me,
abituato a non vedere ostacoli dinanzi alla propria volontà, non
dovrebbe potersi soltanto pentire. Pentirsi, va bene; ma anche _fare,
fare, fare_ qualche cosa! _(Pausa.)_ E... per uno solo degli episodi
della mia vita, io ho tentato, ho insistentemente tentato di tradurre in
_fatto_ il pentimento! Ne avevo un ricordo che mi tormentava più di ogni
altro ricordo. Ai suoi tempi, quell'episodio non ebbe nessuna
importanza; ma nel ricordarmene assumeva un aspetto severo, concreto,
implacabile: un aspetto di colpa senza attenuanti.

LIVIA

_(misurando le parole)_ Probabilmente, voi ingrandite l'aspetto di
questa colpa.

IL DUCA

_(reciso)_ No, perchè io ho la sicurezza di avere una figlia!

LIVIA

_(ha un sussulto. Poi si ferma.)_ Dov'è questa figlia?

IL DUCA

Non lo so. L'ho cercata. Ma non avevo nè una traccia, nè un indizio. Sua
madre mi sembrava d'averla riveduta, una sola volta, di sera, allo
sbocco d'un angiporto sinistro della vecchia Napoli, nella penombra. Uno
dei fantasmi della prostituzione più umile. Ne avevo avuto un senso di
fastidio momentaneo. Poi, più nulla. E dimenticai. Ebbene, in questo
periodo di risveglio della mia coscienza, in quell'angiporto sono
tornato io stesso più volte. Ma erano passati altri nove anni! Nessuno
seppe darmi notizie. Quel mondo, laggiù, è un immenso mare che l'occhio
non vede e che pur trasporta di qua e di là, capricciosamente, come nel
buio, creature vive a guisa di corpi morti. Talvolta le ingoia
addirittura, tal'altra le scompone, le ricompone, le trasforma, le
nasconde, le avvolge di mistero impenetrabile. Dove sono? Che fanno? Che
sono diventate?... Impossibile sapere!

LIVIA

_(pallida, sempre più acuendo il pensiero nella sua abituale
concentrazione, si allontana, siede.)_ Devo dirvi lealmente quello che
penso?

IL DUCA

Lo desidero.

LIVIA

Io non so capire come il genere di donna a cui avete accennato possa
darvi la sicurezza che vi tormenta così. Che cos'era, infine, questa
donna?

IL DUCA

Che cos'era?... Niente. Era un misero corpicino umano, insignificante,
inerte. La più completa assenza di volontà. La più completa assenza del
discernimento di qualsiasi diritto. Un istinto di umiltà e di
sottomissione da innocua bestiolina domestica. Un povero cervello
d'idiota smarrita nella folla. Diciotto anni. Due occhi assai belli. E
una verginità scampata, per caso, alla curiosità degli uomini. Ecco
quello che era.

LIVIA

E voi...?

IL DUCA

Io non ebbi altro scopo che d'impiegare in una qualunque brutalità nuova
dieci minuti d'una giornata noiosa! _(Breve pausa)_ Questa piccola
operaia senza lavoro, che era venuta a chiedermi non so quale
raccomandazione, uscì di casa mia con un po' di denaro, baciandomi le
mani e benedicendomi. Mi promise di non darmi nessuna noia, e mantenne
la promessa per circa un anno. Ma un giorno, la trovai dinanzi alla mia
casa. Lattava una bambina bruna. Mi disse timidamente, tremando: —
Eccellenza, questa bambina è vostra. — Finsi di non credere. Mi
sottrassi a lei con uno sgarbo disdegnoso. Per mezzo d'un servo le
mandai ancora del danaro e l'ordine preciso di non farsi più vedere.
Ella volle che il servo mi riferisse le parole della sua
riconoscenza.... E non la vidi più.

  _(Un silenzio.)_

LIVIA

_(stentando a mostrarsi calma)_ Sicchè, se le ricerche da voi tentate
non fossero riuscite infruttuose, voi avreste raccolta e riconosciuta
come vostra la figlia di quella sciagurata?

IL DUCA

Certamente.

LIVIA

Anche se l'aveste trovata già nella perdizione, già nel fango, già in un
lupanare?

IL DUCA

_(si alza esaltandosi)_ In tal caso l'avrei raccolta con una più grande
gioia, perchè mi sarebbe parso di compendiare nello sforzo della
riparazione tutti i sacrifizi necessari a ripagarmi la tranquillità. E
di questa tranquillità io sento l'urgenza, Livia!

LIVIA

È un'aberrazione!

IL DUCA

È una febbre, è una febbre atroce, che mi possiede e che cresce di
minuto in minuto. Io, vedete, non solo vorrei trovare mia figlia ma
vorrei pure... vorrei pure scorgerla attraverso un ostacolo da superare,
attraverso un pericolo, attraverso le fiamme di un incendio per poter
giungere a lei dopo essermi gettato in quelle fiamme, dopo aver sentito
nella carne viva le scottature più dilanianti, le trafitture delle
piaghe più profonde! _(Cade abbattuto sopra una poltrona.)_

  _(Un breve silenzio.)_

LIVIA

_(col volto contratto dall'interno rodìo)_ Continuate a cercare, e...
chi sa!

IL DUCA

Non ne avrò più il tempo!... Ne sono così persuaso che se mi facessi
saltare le cervella o ingoiassi un veleno, non mi parrebbe di compiere
un suicidio, ma soltanto mi parrebbe di evitare a me stesso il fastidio
dell'agonia.

LIVIA

_(ha un lampo passeggiero negli occhi.)_

IL DUCA

Ci pensate voi all'agonia d'un uomo come me? _(Rabbrividisce.)_ Ci
pensate all'agonia spasmodica di quest'uomo, che ha solamente goduto e
non lascia nessuna traccia di bene e non vede intorno a sè che il
vuoto... il vuoto o le ombre delle vittime fatte dal suo egoismo? Ci
pensate, voi, Livia? Ci pensate a tutto questo?

LIVIA

_(fissandolo negli occhi)_ Ma... voi non commetterete nessuna follia?!

IL DUCA

_(anch'egli in piedi, fissando lei alla sua volta)_ E siete sincera
esortandomi a non commetterla?

LIVIA

_(ha un moto di sdegno e di asprezza felina che tradisce la sfinge.)_


SCENA IV.

_Il servo_ GAETANO, _il_ DUCA, LIVIA, LOLOTTE, GUIDOLFI.


_Il servo_ GAETANO

_(dalla destra)_ Eccellenza, sono venuti la signora Lola Bernardi e il
signor Guidolfi.

LOLOTTE

_(di dentro)_ Ma che cos'è quest'etichetta? Che novità stupide! Io posso
entrare da per tutto. _(Sulla soglia, voltandosi indietro)_ Tu no, tu
non puoi.

_(Il servo esce.)_

GUIDOLFI

_(di dentro)_ Scusa, tu entri da per tutto perchè sei in casa del duca
di Vallenza; ed io entro da per tutto perchè sono in casa di Livia
Blanchardt. _(Entrando e scorgendo Livia)_ Eccola lì, difatti. Ne avevo
sentito l'odore.

IL DUCA

Siete due _blagueurs_!

GUIDOLFI

_(va a stringere la mano a Livia.)_

LOLOTTE

_(è una donnina molto graziosa, dal viso capricciosetto, un po' avariato
e un po' imbellettato. Ha una_ toilette _ricca e gaia. Il suo_ décolleté
_rivela che la sua primavera tramonta.) (Corre verso il Duca.)_ Duchino
mio, come stai? Da quanto tempo non ci vediamo! È un secolo! Hai fatto
bene, sai, a invitarmi. Meriti un bacino e te lo do.

GUIDOLFI

_(a Livia:)_ Ed io lo do a te. _(Sta per darglielo.)_

LIVIA

_(scansandosi)_ No.

GUIDOLFI

Oh, oh! Che aria da duchessa!

LOLOTTE

_(al Duca:)_ Ma come sei sciupato, duchino! Hai una faccia pallidissima,
sai! Dunque non era un _canard_. Me lo avevano detto, sai, che eri stato
tanto male.

IL DUCA

Ho una malattia inguaribile, mia cara Lolotte.

LOLOTTE

Dio mio, quale?

IL DUCA

Invecchio. _(E siede come stanco.)_

LOLOTTE

Che mi dici!! Invecchi?... Livia, tu senti?... E non lo smentisci?...
All'epoca mia, sai, io avrei potuto attestare della sua gioventù.

GUIDOLFI

Aveva dodici anni di meno.

LOLOTTE

Ma tu sei pazzo! Io non l'ho mica conosciuto dodici anni fa. Dodici anni
fa io portavo ancora le vesti corte, sai!

GUIDOLFI

Sfido io: facevi la ballerina!

LOLOTTE

Avevo tredici anni ed ero una ragazzina onesta, capisci!

GUIDOLFI

Onesta sei anche adesso, almeno con me. Non mi costi niente.

LOLOTTE

Dovresti vergognartene.

GUIDOLFI

Io sono superiore a certi pregiudizi. E poi, visto che le donne si
affaticano a diventare uomini, è giusto che gli uomini ne profittino per
fare delle economie.

LIVIA

_(è in disparte, biecamente assorta.)_

LOLOTTE

Duchino, tu non la pensavi così. Sei ancora un galantuomo, tu, con le
donne.

GUIDOLFI

È lui che guasta la piazza!

LOLOTTE

_(al Duca:)_ Se ti ripescassi, duchino?

IL DUCA

_(celiando)_ Tenta.

GUIDOLFI

Per me, accomodatevi pure. Ma bisogna fare i conti con Livia Blanchardt.

LOLOTTE

Che ne dici, Livia?

LIVIA

Niente.

LOLOTTE

_(al Duca:)_ È di cattivo umore?

IL DUCA

_(che sinora è stato con le spalle volte a Livia, torce il collo per
vederla)_ Forse. _(Nota l'atteggiamento pensoso e sinistro di lei.)_

LIVIA

No, tutt'altro! Ascolto volentieri.

LOLOTTE

Sei proprio mutata, sai. Una volta eri più matta di me. Già, intendo.
Oramai, è diverso. Anzi, a proposito, _(al Duca e a Livia:)_ è poi vero
che vi sposate? Dopo tutto, sarebbe una cosa di spirito.

GUIDOLFI

Specialmente per lui!

  _(Un lungo silenzio imbarazzante.)_

GUIDOLFI

A che ora si pranza?

IL DUCA

Alle sette. Prendi un _vermouth_?

GUIDOLFI

No, grazie.

IL DUCA

E tu, Lolotte?

LOLOTTE

Nemmeno io. Prima di pranzo preferisco di fumare, per non avere appetito
a tavola. Se mangio, ingrasso; e allora, come si fa?

IL DUCA

Lassù ci sono delle sigarette.

LOLOTTE

No, no. Ne offro io a te. _(Cava fuori un portasigarette e lo porge al
Duca.)_ Sono deliziose.

IL DUCA

_(ne prende una.)_

  _(Fumano il DUCA e LOLOTTE.)_

GUIDOLFI

Gliele ha regalate a Nizza, Mister Colbin, ex Presidente degli Stati
Uniti.

IL DUCA

Quando è che gli Stati Uniti hanno avuto per Presidente un Colbin?

GUIDOLFI

Mai; ma non importa. Nei viaggi che fa senza di me, Lolotte ha sempre
l'occasione di respingere la corte di un re spodestato o di un ex
presidente di repubblica. Lei me lo racconta e io mi guardo bene dal
contraddirla. In fondo, ciò sodisfa il mio amor proprio.

LOLOTTE

Sei molto banale, sai.

IL DUCA

Vieni qua, Lolotte. Di' a me: come è andata questa faccenda dell'ex
Presidente degli Stati Uniti? _(Le circonda la vita col braccio, e la fa
sedere sul bracciolo della poltrona.)_

LOLOTTE

Mister Colbin era un ex Presidente che mi faceva una corte spietata.
Questa è la pura verità. Aveva una moglie splendida, sai. E quando io
gli facevo osservare che sua moglie era un ostacolo, egli mi rispondeva
di no, e diceva che, essendo io e lei di due generi diversi, l'uno non
escludeva l'altro.

GUIDOLFI

Ecco gli Stati Uniti!

LOLOTTE

_(al Duca:)_ Ma io ritirai i ponti....

GUIDOLFI

_(rifacendola)_... sai!

IL DUCA

Lasciala parlare. _(A Lolotte:)_ Perchè ritirasti i ponti?

LOLOTTE

Perchè di questa vitaccia ne ho abbastanza. A lungo andare, ci si
stanca. Non è così, Livia?

LIVIA

È proprio così.

IL DUCA

_(torcendo il collo, nota di nuovo il contegno di Livia e un chiodo gli
si mette nel cervello.)_

GUIDOLFI

Lolotte vuole maritarsi.

LOLOTTE

_(con festevolezza)_ E avere dei bambini!

IL DUCA

Una bella idea!

LOLOTTE

Perchè no? Io sarei una madre eccellente.

IL DUCA

Non ne dubito. Ma, a trovarlo un marito!

LOLOTTE

Ti garantisco che lo trovo. Ho la mia dote, sai. E me la son fatta da
me.

GUIDOLFI

Questo è innegabile.

IL DUCA

_(a Guidolfi:)_ Io poi dico: sposala tu, giacchè il matrimonio sembra
anche a te una cosa spiritosa.

LOLOTTE

Ah! Lui sì che vorrebbe.

IL DUCA

Ebbene?

LOLOTTE

Sono io che non voglio. Sposarlo addirittura, sarebbe troppo!

GUIDOLFI

Mi piacerebbe di sapere chi è che vuoi per marito.

LOLOTTE

Un uomo per bene.

GUIDOLFI

Ma gli uomini per bene non sposano più neanche le fanciulle!

LOLOTTE

La mia amica Zizì d'Arnau non sposò forse un conte vero?

GUIDOLFI

Che c'entra! Quello lì era un imbecille.

LOLOTTE

Ma un imbecille per bene, sai.

GUIDOLFI

Il marito imbecille non fa a' casi tuoi. E la ragione è semplice. Tu hai
questa particolarità: se l'uomo che ti sta accanto non si accorge delle
infedeltà che gli commetti, tu sei profondamente infelice. Con me sei
felicissima. Ma perchè? Perchè io me ne accorgo.

LOLOTTE

_(alzandosi)_ Non sempre, sai!

IL DUCA

_(ride ostentatamente)_ Parola d'onore, siete più divertenti del solito.

LIVIA

_(va alla finestra.)_

GUIDOLFI

Il che non impedisce alla duchessa... Livia di essere lugubre come non
l'ho vista mai.

IL DUCA

Non tormentarla. _(Con finta credulità)_ In fondo, è preoccupata per la
mia salute.

GUIDOLFI

Preoccupata per la tua salute? Che gentile pensiero!

LIVIA

_(in un falso tono di gaiezza)_ Vengono in comitiva tutti gli altri. Una
vera carovana! Io vado, Paolo.

IL DUCA

Sì, fate gli onori di casa intanto che io metto il frac _(Si leva.)_ Vi
raggiungo subito. E... compiacetevi, Livia, di ordinare che il pranzo
sia servito alle sette precise. Guidolfi ha fame. _(La segue con lo
sguardo.)_

LIVIA

_(senza affrettarsi, esce dalla destra.)_

LOLOTTE

_(andando allegramente alla finestra)_ Vediamo chi altro hai invitato,
duchino. _(Guardando attraverso le invetriate, con uno scatto di
entusiasmo)_ C'è anche Riccardo Dalgas! _(In fretta, abbracciando il
Duca)_ Duchino, tu sei un angelo! _(Esce correndo dalla destra.)_

IL DUCA

_(a Guidolfi:)_ E tu non vai? _(È agitatissimo, impaziente,
angosciosamente cogitabondo.)_

GUIDOLFI

_(osservando dalla finestra gl'invitati che giungono, risponde al
Duca.)_ Preferisco di arrivare dopo l'incontro di Dalgas e Lolotte. Che
vuoi! Dalgas è il più timido dei miei rivali, ed io ho per lui una
speciale considerazione.

IL DUCA

_(senza averlo ascoltato, ansimando)_ Fammi un favore, Guidolfi. Prega
Livia di venire qui immediatamente.

GUIDOLFI

Che hai?

IL DUCA

Nulla, nulla. Non è altro che una curiosità... una semplice curiosità.

GUIDOLFI

_(esce.)_


SCENA V.

_Il_ DUCA, _poi_ LIVIA. _E poi le voci di_ GUIDOLFI, _di_ LOLOTTE _ed
altre_.

_(Nelle stanze attigue, un po' di cicaleccio.)_


IL DUCA

_(Come per difendersi dall'indiscrezione, chiude l'uscio di fondo con la
chiave. Cerca di concretare il suo pensiero. Cerca di riflettere, e
conclude fermamente:)_ Voglio sapere quello che nasconde nel suo
silenzio!

LIVIA

Vi sentite male, Paolo?

IL DUCA

_(padroneggiandosi, scrutandola acutamente)_ Sì, appunto, mi era parso
di non sentirmi bene!

LIVIA

Volete un medico?

IL DUCA

No, grazie. Sto già meglio. E, in verità, non per questo vi ho fatto
chiamare.

LIVIA

Avete da dirmi qualche cosa?

IL DUCA

Precisamente!

LIVIA

Parlate, dunque! Ma presto, perchè di là ci aspettano, e....

IL DUCA

Livia, io esigo che voi, guardandomi in faccia, rispondiate alla domanda
che vi ho rivolta pocanzi!

LIVIA

_(in tono dissimulatore)_ A quale domanda?

IL DUCA

Quando qui, qui, dieci minuti fa, io vi ho parlato della tentazione di
risparmiare a me stesso il martirio di un'agonia tremenda, mi avete voi
esortato sinceramente a non affrettare la mia fine?

LIVIA

Sospettate in me un'impazienza infame!

IL DUCA

Ebbene, disgraziatamente la sospetto! Siete voi che dovete liberarmi da
questo incubo!

LIVIA

_(furibonda)_ Non c'è nessun mezzo. Dalla vostra accusa brutale, io non
debbo difendermi.

IL DUCA

_(incalzando)_ E potreste giurare in questo momento che voi mi augurate
di vivere?!

LIVIA

_(con uno scatto di fierezza crudele)_ Non è il mio augurio che può
guarire il vostro spirito più malato del vostro corpo. Forse guarirete o
crederete di guarire riprendendo quello che voi avete voluto darmi!
Fatelo. Io non vi impedisco di cercare ancora vostra figlia. Ma non
aspetterò che l'abbiate trovata. Me ne vado adesso! _(Prendendo il suo
mantello con gesto risoluto e violento)_ Addio!

IL DUCA

_(stranamente concitato, afferrandola per un braccio)_ Ah, no! Non mi
lasciare! Io della tua malvagità raffinata non dubito più.... Ne ho il
convincimento, e ne gioisco! Tu hai avuto or ora l'audacia di giuocare
tutto per tutto! Ed hai vinto. No, non cercherò più, non cercherò più
mia figlia! Io scorgo in te lo strumento perfezionato della fatalità di
cui sono stato il giocattolo e mi riprometto un piacere nuovo ed enorme:
quello che inconsciamente ho invocato ed ho aspettato, quello che sarà
l'ultimo gradino della mia abiezione: stringerti fra le braccia
sentendomi dilaniare dal rimorso! _(Traendola a sè e avvinghiandosi a
lei in uno spasimo di ebbrezza morbosa)_ E quanto più ti comprendo,
quanto più ti disprezzo, quanto più mi fai soffrire, quanto più mi fai
paura, tanto più ti desidero e ti chiedo aiuto! Sii perfida! Sii
mostruosa! Mi piaci così, e ti merito così! _(Stringendola forte)_ Non
mi lasciare!...

LIVIA

Sei mio, di', sei mio?!

IL DUCA

Come un dannato!!

  _(Restano avvinti.)_

_(Giungono delle voci graziosamente allegre e scherzose, appena
distinguibili, attraverso l'uscio di fondo.)_

UNA VOCE

È finito, sì o no, quest'idillio?

UN'ALTRA VOCE

Ma si può vedere finalmente a occhio nudo questo Duca felice?

_La voce di_ LOLOTTE

Duchino, io muoio d'invidia, sai!

_La voce di_ GUIDOLFI

Ed io muoio di fame!

IL DUCA

_(a Livia, staccandosi da lei:)_ Va!

LIVIA

_(esce a destra.)_

_(Dopo un istante, si ode lieve, velata, come un'esclamazione corale)_
Oooh!

  _(Silenzio profondo.)_

_La voce di_ GUIDOLFI

_(lontanissima)_ A tavola, a tavola!

IL DUCA

_(barcollando, si toglie la giacca, prende il frac, va innanzi allo
specchio. Appena infilato l'abito, porta la mano al cuore.)_ O Dio....
Che cos'è questo?!... Io soffoco... soffoco... _(Gli manca il respiro.
Gli manca la voce.) (Si sorregge a una sedia. Fa uno sforzo per
gridare.)_ Aiuto... _(La parola gli si spegne nella gola stretta.) (Ha
come un lampo di chiaroveggenza. Balbetta:)_ Il testamento!... A lei,
no... no... no... _(Cerca di trascinarsi fino alla scrivania. Ma, come
le sue braccia si stendono e le sue mani si aggrappano al cassetto, egli
è vinto dalla paralisi e cade pesantemente — morto.)_

_(Un po' di vocìo festoso giunge di nuovo a traverso l'uscio.)_


  _(Sipario.)_



ATTO TERZO.

_L'abitazione di Nunzio e Paolina: una stamberga. È un pianterreno che
potrebbe servire da stalla. Non una finestra, non uno spiraglio. L'aria
entra soltanto dalla grande porta che si apre nel mezzo della parete in
fondo. Il livello del pavimento è inferiore a quello della strada,
sicchè dalla strada si accede scendendo un gradino. I muri sono
screpolati e grommati di muffa. Il soffitto basso mostra le travi
scoperte. Accosto alla parete destra, un letto per due persone, con le
scranne di ferro senza spalliera. Verso il lato sinistro della
stamberga, una tavolaccia, due o tre seggiole, una panchetta. A sinistra
della porta, un cassettone con su una statuina di Madonna, dinanzi alla
quale arde una bella lampada di ottone. Dalla stessa parte, nell'angolo,
un focolaretto, con pochi utensili da cucina, in creta. L'altro angolo,
a destra, è tutto nascosto da una gran cortina fatta di pannolini di
diversi colori, qua e là rattoppati, la quale pende da una cordicella
stesa in alto, di traverso, tra i due muri. Alla parete sinistra sono
conficcati dei chiodi in modo che vi si possa appendere qualche cosa. La
porta è tutta aperta. Si scorgono le finestre e i balconcini d'un
vicoletto angusto e bieco, illuminato dalla poca luce che penetra tra i
muri altissimi delle vecchie casupule accavalcate le une alle altre. Si
vede, molto di rado, passare per il vicoletto qualche femminuccia del
volgo affaccendata, qualche popolano, qualche figura indefinibile._


SCENA I.

PAOLINA _e_ NUNZIO, _poi_ DONNA COSTANZA.

_(PAOLINA veste un abito succinto, povero, scuro: scarpacce grosse e
sporche: capelli ravviati con semplicità. È seduta sopra il letto, con
le gambe penzoloni. — NUNZIO le sta accanto, in piedi, col violino sotto
il braccio, l'archetto in una mano, occupato ad insegnarle la canzone
del «Passero sperduto».)_


NUNZIO

Le parole, prima di tutto. Le ricordi bene?

PAOLINA

Sì. _(Ripete monotonamente le parole della canzone senza intenderne
abbastanza il significato e pur dando ad esse, involontariamente, una
vaga tinta di mestizia.)_

    Un passero sperduto e abbandonato
    su d'una casa bianca si posò.
    Lì c'era un bambinello appena nato
    che urlava tanto!... E il passero tremò.
      E, vinto dal timore, il poverino
      fuggì da quella casa e dal bambino.

    Andò a posarsi in mezzo a una foresta
    tutta frescura e tutt'erba odorosa.
    Lì vide un uomo, e poi... vide una vesta,
    e il passero comprese qualche cosa.
      Gli disse l'uom: _Questa foresta è mia._
      Il passero gettò due penne, e via!

NUNZIO

_(fa il gesto analogo.)_

PAOLINA

    Più tardi si posò su di una chiesa
    piena di fiori e piena di lacchè,
    Un principe sposava una marchesa...
    Piangevan tutti e due — chi sa perchè!
        Il passero pensò: «Oh, che allegria!»...

NUNZIO _e_ PAOLINA

_(terminando insieme la strofa.)_

    E andò a cercare un'altra compagnia.

PAOLINA

_(non ricorda più, e tace.)_

NUNZIO

_(dandole lo spunto.)_

    Allora si fermò...

PAOLINA

    Allora si fermò quand'ebbe scorta
    una capanna sopra una montagna.
    C'era lì dentro una vecchietta morta.
    Ei mormorò: «_Questa è la mia compagna._»
        Entrò, si mise accanto alla dormente,
        e vi rimase in pace, finalmente!

NUNZIO

_(facendo l'eco)_ «Finalmente.» Benissimo! Adesso vediamo se ricordi la
musica.

PAOLINA

La musica unita con le parole?

NUNZIO

S'intende.

PAOLINA

Ma falla tu pure col violino.

NUNZIO

La faccio pure io. _(Si mette in posizione per suonare.)_

PAOLINA

_(discende dal letto, e, in un atteggiamento di riflessione, gli occhi
rivolti in su, le mani unite sulla schiena, canta con la sua vocetta un
po' tremula ma intonata e toccante, quasi macchinalmente, la prima
strofa della canzone.)_

NUNZIO

_(l'accompagna, all'unisono, col violino, portando la battuta col
piede.)_

_(È un canto semplice e gentile: è una musica piana che semplicemente
racconta.)_[1]

PAOLINA

_(cantando:)_

    Un passero sperduto e abbandonato
    su d'una casa bianca si posò.
    Lì c'era un bambinello appena nato
    che urlava tanto!... e il passero tremò.
      E, vinto dal timore, il poverino
      fuggì da quella casa e dal bambino[3].

  [3] _Musica_ a pag. 369: Numero I.

NUNZIO

Lo vedi che va bene?

PAOLINA

E come fa il ritornello?

NUNZIO

Non c'è ritornello. Invece, a ogni strofetta, c'è la risposta del
violino, che è dolce assai: dolce come se fosse una voce di consolazione
per il povero passero vagabondo. Senti se ti piace. _(Suona. La sua
inesperienza non impedisce che le note della breve e lenta melodia si
effondano teneramente soavi.)_[4]

  [4] _Musica_ a pag. 369: Numero II.

PAOLINA

_(quando si è perduta l'ultima nota, resta assorta, tacendo, quasi
udisse ancora, nell'aria, la melodia.)_

NUNZIO

_(animandosi)_ Come ti pare?

PAOLINA

È bella.

NUNZIO

_(posando sul letto l'archetto ed il violino)_ E quando ti accompagnerai
tu stessa con la chitarra, e quando io suonerò meglio di così, sentirai
che effetto! _(Con giocondità)_ La gente ce ne dovrà dare dei soldi!

PAOLINA

Ma è difficile accompagnarsi con la chitarra.

NUNZIO

A poco a poco, imparerai. Anche per me è ancora difficile suonare il
violino. Ma per questo dobbiamo studiare. _(Gaiamente)_ I maestri non
mancano, perchè il maestro tuo sono io, e il maestro mio è l'orecchio.
_(Ridendo un po')_ E dànno lezione gratis tutt'e due.

PAOLINA

La chitarra, intanto, ce l'ha mastro Giuseppe.

NUNZIO

Ce l'ha per accomodarla. Era già così vecchia quando la comperammo!

PAOLINA

Sì, ma dico: se l'è presa sin da stamattina. Aveva promesso di
riportarcela in giornata.

NUNZIO

Non avrà avuto ancora il tempo di venire. Andrò io da lui. Meglio che
non venga.

PAOLINA

Perchè?

NUNZIO

No, per niente. Dammi, dammi il cappello e il bastone. Ci vado sùbito,
anzi.

PAOLINA

E solo vuoi andarci?

NUNZIO

Che novità! Cammino rasentando il muro a destra, e piano piano ci
arrivo. Oramai, sono pratico. E, d'altronde, è bene che mi abitui a
camminar solo. _(Come un'ombra gli passa sul volto.)_ Non si sa mai....

PAOLINA

_(va a prendere il bastone, che è in un angolo, e il cappello, che è
appeso al muro.)_

DONNA COSTANZA

_(attraversa la strada. Indugia un po' dinanzi alla porta e guarda
dentro, tossendo lievemente.)_

PAOLINA

_(le fa un gesto sgarbato, come per dirle: «vattene, non mi seccare».)_

DONNA COSTANZA

_(si allontana.)_

NUNZIO

Chi è che tossiva presso la porta?

PAOLINA

Non ho visto. _(Gli si avvicina e posa sulla tavola il cappello e il
bastone.)_

NUNZIO

Pensavo: quanti progressi abbiamo fatti da che fuggimmo insieme! Sette
anni fa, io non potevo dare un passo nella strada senza che qualcuno mi
conducesse. E tu! Che cosa eri allora? Eri cieca anche tu. Più cieca di
me. E come eravamo perseguitati, maltrattati, battuti!

PAOLINA

_(ha un brivido per tutto il corpo.)_

NUNZIO

Che ne sarà stato di coloro che ci maltrattavano tanto? _(Si stringe
nelle spalle.)_

PAOLINA

_(presa da un timor panico)_ Ci voglio venire anch'io da mastro
Giuseppe.

NUNZIO

No, Paolina, no.... Quel vecchio è diventato non so come.... E nella sua
bottega, poi, si riuniscono sempre dei giovinastri impertinenti, che,
quando mi vedono con te, mi punzecchiano, si divertono; e questo mi dà
fastidio.

PAOLINA

La sera andiamo per i caffè e per le osterie. Non è lo stesso?

NUNZIO

Non è lo stesso. Se si burlano di me nei caffè e nelle osterie, non me
lo fanno capire, perchè, in certo modo, ci devono rispettare. Eppure, da
un certo tempo in qua, accade qualche cosa che non mi fa piacere.

PAOLINA

Che accade?

NUNZIO

Non so... ma, quando tu vai attorno col piattino per raccogliere i soldi
dagli avventori, io mi mortifico.... E in quel momento vorrei poter
suonare cento chitarre e cento violini insieme per farmene rintronare il
suono nelle orecchie.

PAOLINA

_(abbassa gli occhi, e sente come se le si piegassero le ginocchia.)_

NUNZIO

Sì, Paolina,... quella notte, sette anni fa, prima che noi ci
decidessimo a fuggire, tu mi dicesti una bugia.

PAOLINA

_(sinceramente)_ Che bugia ti dissi?

NUNZIO

Io ti domandai: «Come sei tu, Paolina? Come sei?» E tu mi rispondesti:
«Io sono brutta.» _(Breve pausa.)_ Non era vero. _(La cerca con le
mani.)_

PAOLINA

_(gli si avvicina per farsi trovare.)_

NUNZIO

_(le tocca la fronte, gli occhi, i capelli, le guance, le labbra. Indi,
con dolcezza:)_ Non era vero. Io me ne sono accorto da un pezzo. E se
pure non me ne fossi accorto io stesso? La sera, appunto come ti dicevo,
quando vai attorno, io capisco, capisco tutto, e afferro ora un
mormorìo, ora un complimento, ora una celia.... E poi, già, è inutile:
io lo sento nell'aria, ecco, lo sento nell'aria!...

PAOLINA

_(con le lacrime agli occhi e il pianto nella gola)_ Che colpa ne ho io
se non sono tanto brutta come credevo di essere?

NUNZIO

Che colpa? Non si tratta di colpa. Anzi. E se potessi togliermi dagli
occhi questa cortina nera almeno per un momento, almeno per vederti una
volta sola, io sarei felice di trovarti diversa da come mi avevi detto e
te ne ringrazierei anche, perchè di quel solo momento io riempirei tutto
il ricordo degli anni in cui non sei stata che mia!

PAOLINA

E dunque?

NUNZIO

Ma io ho parlato d'un miracolo che non posso fare; e, se tu sei bella,
Paolina,... questo bene non sarà mai per me. _(Pausa.) (Egli prende di
su la tavola il cappello ed il bastone.)_

PAOLINA

_(interdetta, confusa, vorrebbe protestare e non ne ha il coraggio, nè
la chiaroveggenza. Con gli occhi bassi, gli sguardi erranti, le mani
aggrappate tra loro, si torce le dita cercando qualche parola e qualche
idea.)_

NUNZIO

_(continuando)_ Purtroppo, se tu sei bella, un giorno o l'altro, te ne
andrai. Te ne andrai per la tua via. Io sono il tuo destino..., e io
stesso te l'avrò preparata. Ma non la conosco. Non la vedo. Te ne
andrai, e sarà giusto. Tanto, adesso, sono in condizioni di poter tirare
avanti la vita da me. Questo, te l'assicuro. Ma — giacchè siamo a tale
discorso — io ti chiedo un favore. Quando starai per andartene, non me
lo dire. No, perchè, naturalmente, anche non volendo, io riuscirei a
trattenerti, e ti farei forse del male, o crederei di fartene, e ne
avrei uno scrupolo di coscienza sino alla morte. No, non me lo dire,
Paolina. Soltanto, affinchè io non ti aspetti tante ore, tante ore,
inutilmente, con una vana speranza nel cuore, sai in che modo devi
avvertirmi?... Come il vento smorzò la candela — ti ricordi? — nella
notte in cui fuggimmo insieme, così tu, prima d'andartene, smorzerai
quella lampada dinanzi alla Madonna.... Sempre che tu non sei in casa,
io ho l'abitudine di accostarmi molte volte a lei, e sento sulla faccia
il calore della lampada accesa. Ebbene, quando non sentirò più quel
calore, io penserò: «Se n'è andata!» _(Le lacrime gli rigano il volto.
Si mette il cappello e, facendo precedere ai piedi la punta del bastone,
lentamente esce.)_


SCENA II.

PAOLINA, DONNA COSTANZA, BARBACANE.


PAOLINA

_(resta stranamente impressionata, immobile. A vederla, sembrerebbe
pensosa, ma il suo cervello non sa veramente pensare. Esso è soltanto
attraversato da impressioni, le quali non sono soccorse dal
discernimento. In quel cervello, le idee spuntano, in uno stato quasi
formale, per la concatenazione dei ricordi recenti e non per una vera
cogitazione di essere pensante. Ora, nel succedersi dei ricordi recenti,
quello della canzone del passero, testè imparata, ha un qualche rilievo.
Ed ella, sempre immobile, ne ripete, senza le parole, con la bocca
chiusa, lieve lieve, la cantilena.)_

_(Compariscono, in fondo, nel vicoletto, DONNA COSTANZA e CIRO
BARBACANE, confabulando.)_

DONNA COSTANZA

_(sottovoce, a Barbacane:)_ No, non vi fate vedere, voi. Se capisce che
sono spalleggiata, crederà che voglio farle del male.

BARBACANE

_(sottovoce anche lui)_ Ma, a ogni buon fine, io resto di guardia qui
dietro.

DONNA COSTANZA

Va bene.

BARBACANE

_(sparisce.)_

DONNA COSTANZA

_(è una vecchia popolana, brutta, dall'aspetto bieco; ma nella voce ha
qualche cosa d'insinuante che rivela come ella agisca in piena buona
fede. — Porta sul braccio un involto. Si accosta a Paolina senza
fargliene accorgere e le sussurra alle spalle:)_ L'uccello che sta in
gabbia non canta per amore, canta per rabbia.

PAOLINA

_(voltandosi spaurita)_ Un'altra volta venite a seccarmi?

DONNA COSTANZA

Stupida!

PAOLINA

Lasciatemi in pace.

DONNA COSTANZA

Stupida! Stupida! Vuoi morire qua dentro come sta morendo poco lontana
di qua la figlia di Filomena Carrese?

PAOLINA

La figlia di Filomena Carrese sta morendo?! _(Con un atto di
desolazione)_ Oh!

DONNA COSTANZA

È agli estremi. Adesso ci andava anche il Viatico. Passando, ho voluto
vederla. Che pietà!

PAOLINA

Ma poi, come c'entra? Assunta ha presa la mala salute nella tintoria.

DONNA COSTANZA

E tu la piglierai dormendo con questo cieco malaticcio, in questo angolo
di vicolo oscuro e solitario, in questa scatola umida, dove, se non si
sta con la porta spalancata, si crepa per mancanza d'aria e di luce, e
dove, per non farti guardare, quando ti spogli e ti vesti, da qualche
straccione vizioso che viene apposta a passare davanti alla tua porta,
hai dovuto appendere queste belle drapperie _(indicando la cortina
composta di luridi brandelli)_, che farebbero rivoltare lo stomaco
perfino a un cenciaiuolo. Se due anni fa la figlia di Filomena Carrese
avesse sentito i consigli miei, a quest'ora sarebbe bella e fresca come
una rosa di maggio. Ma volle fare la scrupolosa, ed ecco che se ne muore
sopra un materasso di paglia. Ha presa la mala salute nella tintoria? Sì
sì! È la miseria! È la miseria!

PAOLINA

Per me, la miseria non è niente. Ci sono nata dentro.

DONNA COSTANZA

Bella ragione! Ma intanto il veleno cammina per il corpo e te lo
infracida. È un peccato mortale! La Provvidenza ti ha dati questi tesori
che hai sulla faccia, e tu, ingrata, ti metti a vivere con un uomo che
non può guardarti nemmeno!

PAOLINA

Questo è vero, ma che ne sapevo, io?

DONNA COSTANZA

Di gente che ti può guardare ce n'è quanta ne vuoi!

PAOLINA

Donna Costanza, voi siete peggio del diavolo tentatore.

DONNA COSTANZA

Non ci pensare più. Vieni con me. Che aspetti? Di farti vecchia?

PAOLINA

Voi mi tentate, e io lo so che farei bene a venire con voi; ma Nunzio
come potrei lasciarlo? Mi ci sono affezionata, oramai. Io e lui siamo
una sola persona. Io campo perchè c'è lui; ed egli campa perchè ci sono
io.

DONNA COSTANZA

Senza di te, camperà ugualmente. E se combina una società con altri
suonatori ambulanti, il professore mette tavola sera e mattina. Che
ragione hai di sacrificarti tanto, cuore mio?

PAOLINA

Mi ha insegnate tante cose.

DONNA COSTANZA

Per utile suo.

PAOLINA

Mi ha preso dalla strada ch'ero una pezzente, senza madre nè padre....

DONNA COSTANZA

Gli faceva comodo di avere la cantante, che chiama danaro, e la femmina
in casa.

PAOLINA

Ma il pane non mi manca.

DONNA COSTANZA

_(incalzando)_ E vorresti che ti lasciasse anche morire di fame? _(Con
affettuosità lusingatrice)_ Tu non l'hai capito ancora quello che
meriti.

PAOLINA

_(provando una sensazione nuova di vanità sciocca)_ E che merito, io?

DONNA COSTANZA

Quando lo vedrai, ne riparleremo.

PAOLINA

Ma ditemi più o meno.

DONNA COSTANZA

Per esempio, una casa come ce l'hanno i signori: una casa con gli
specchi, con i divani, con i tappeti....

PAOLINA

La mamma mi diceva d'averne vista una ch'era la più bella di tutte!

DONNA COSTANZA

E poi,... il pranzo cucinato ogni giorno,... la pettinatrice per questa
gioia di capelli che paiono velluto,... abiti di costo come quelli che
porta in carrozza la moglie di don Gennaro Streglia quando va alla festa
di Montevergine....

PAOLINA

_(ascoltando, ha negli occhi dei barbagli di desiderio incosciente.)_

DONNA COSTANZA

_(aprendo l'involto sulla tavola)_ Guarda.... Per oggi ho già qualche
cosa per non farti sembrare una malata che puzzi ancora di ospedale.
Sarebbe una rovina! Se ti vedessero per la strada così vestita insieme
con me, lo scorno sarebbe mio. E cattive figure io non sono abituata a
farne. Prendi. Questa è una bella sottana di seta a righe. Questa è la
gonnella....

PAOLINA

_(animandosi)_ Tutta celeste!

DONNA COSTANZA

Già. Questa è la camicetta....

PAOLINA

_(animandosi sempre di più)_ Color di rosa! Mi piace! Che stoffa è?

DONNA COSTANZA

Non so come la chiamano, ma è di prima qualità. Questo è un pajo di
calze tutte di filo; e questo poi è un paio di scarpini di pelle fina,
così aggraziati che, quando te li metti, tu vedi i piedi di una pupa,
tal'e quale.

PAOLINA

_(prendendoli con cura e guardandoli attentamente)_ Come sono lucenti!

DONNA COSTANZA

Spìcciati dunque, chè quel cieco della malora sa anche camminare in
fretta, quando vuole.

PAOLINA

_(d'un sùbito, si rabbuia. Alla luminosità dei suoi occhi che irradiava
tutta la fisonomia, succede un'espressione di pena invincibile. Lascia
cadere sulla tavola gli scarpini. Indi, le sue labbra hanno il lieve
tremito che prelude il pianto infantile)_ No... no! Con voi non ci
vengo.

DONNA COSTANZA

Ma vuoi farmi impazzire?!

PAOLINA

_(convulsa, vibrante, quasi con l'urgenza di liberarsi da una
tentazione)_ Prendetevi questa roba.... Prendetevela....
Prendetevela.... E andatevene sùbito, donna Costanza!... Non vi voglio
più vedere!...

DONNA COSTANZA

_(inviperita)_ E mi scacci anche, adesso?

PAOLINA

_(angosciosamente, come un'allucinata, sospingendola un po' verso la
porta)_ Vi scaccio, sì, vi scaccio... vi scaccio....

DONNA COSTANZA

Non mettermi le mani addosso, chè te la faccio scontare!

PAOLINA

Non vi voglio più vedere!... Non vi voglio più vedere!... _(Continua a
sospingerla, quando a un tratto entra CIRO BARBACANE, e, alla vista di
quell'uomo, ella, perdendo quel po' di energia fittizia onde si è
ribellata alla vecchia, indietreggia con le mani sul capo, assalita dal
terrore come dinanzi ad una belva.)_ Madonna mia cara, proteggetemi voi!

BARBACANE

_(È un uomo piuttosto vecchio e piccolo, ma forte e tarchiato. Ha la
testa grossa, il collo corto, le spalle quadrate, i capelli crespi e
grigi, gli occhietti scintillanti, il naso rincagnato da_ bull-dog. _Non
porta nè barba nè mustacchi, ma ha sul viso l'ombra bluastra che
lasciano i folti ed ispidi peli rasati di fresco. Sulla fronte bassa,
una cicatrice. Veste sudicissimamente; ma gli pende dal panciotto una
grossa catenella d'oro. Ha alle mani e sui calzoni qualche macchia
rossigna.) (Calmo, freddo, semplice, sincero, addirittura bonario nel
gesto e nell'accento.) (A Paolina, dopo un silenzio.)_ E non parli più?
Non fai più la prepotente? _(Pausa.)_ Mi conosci?

PAOLINA

_(balbetta appena)_ No, non vi conosco.

BARBACANE

E, senza conoscermi, tu hai fatto come se avessi visto il diavolo?

PAOLINA

Ho avuto paura.

BARBACANE

Mi dispiace. E mi maraviglio, poi, che volevi accoppare una vecchia. Non
sta bene. Tu sei una buona ragazza. E perchè sono qua, io? Per non farti
avere seccature. Io ti voglio trattare come una figlia. Ma tu devi
ragionare. Fammi capire com'è che ti sei incaponita così.

DONNA COSTANZA

_(sorvegliando alla porta)_ Dice che non vuole lasciarlo, il cieco.
Quello è la spina.

BARBACANE

_(a Paolina:)_ E se quello è la spina, noi te la toglieremo sùbito,
perchè con lui non si faranno cerimonie.

PAOLINA

_(assalita di nuovo dal terrore, spalanca gli occhi.)_

BARBACANE

Se fosse per me, non gli torcerei un capello, e gli direi: «Tieniti la
ragazza, chè io non so che farmene.» Non è per disprezzare, no. Avessi
tu le bellezze del sole, per me, sarebbe lo stesso. Che me ne importa
delle femmine? Io ho bottega di macelleria, e ho bisogno di altro
bestiame. Ma c'è alle mie spalle chi mi comanda e ha il diritto di
comandarmi, e io sono nè più e nè meno che come il soldato che va alla
guerra. Se proprio non vuoi venire, il cieco, poveretto,... è
condannato. E, per quanto è vero che mi chiamo Ciro Barbacane, ne avrei
una pena che non ti so dire a pigliarmela con quel disgraziato che non
ha neppure gli occhi per vedere come sono fatto.

PAOLINA

_(oscillando in tutto il corpo come per freddo, scoppia a piangere
disperatamente, e, senza gridare, ripete ancora:)_ Madonna mia cara,
proteggetemi voi!

BARBACANE

Ma le tue lagrime non acconciano niente, oggi, e non faranno risuscitare
il morto, domani. Desideri veramente di salvargli la pelle? A te sta.
Pensa bene a quello che fai, e concludiamo.

PAOLINA

Madonna mia cara, proteggetemi voi!

BARBACANE

_(con le braccia incrociate, tranquillamente, aspetta.)_

_(Giunge dalla strada il suono cadenzato d'un campanello: due tocchi ed
una pausa, due tocchi ed una pausa. Indi, insieme col suono ritmico, un
salmodiare sommesso che si ode appena come un fioco mormorìo monotono.)_

DONNA COSTANZA

_(che è presso la porta, s'inginocchia con la faccia volta alla strada,
sospirando:)_ Ah, povera giovane!

BARBACANE

Che è?

DONNA COSTANZA

È il Viatico per Assunta la tintora. Ci è andato passando per i gradini
del Rosariello, e ora se ne torna per il vicolo della Tofa.

BARBACANE

_(si accosta a Donna Costanza, si toglie il berretto, si inginocchia
come lei con la faccia volta alla strada, col capo chino come sotto un
peso invisibile.)_

DONNA COSTANZA

_(vedendo con la coda dell'occhio che Paolina è in piedi, le si rivolge
severamente:)_ E inginòcchiati anche tu, scomunicata!

PAOLINA

_(cade ginocchioni, piegandosi nella vita, stendendo le braccia a terra,
toccando la terra con la bocca.)_

_(Si odono ora solamente i singhiozzi di PAOLINA, il suono del
campanello e il mormorìo fiochissimo.)_

_(Nella strada, alcune femminucce sgusciate dai loro tuguri e qualche
viandante col capo scoperto fanno gruppo, genuflessi e raccolti: si
direbbero quasi accasciati. Il tintinnìo cadenzato e le salmodie si
allontanano, si allontanano, e si perdono nel silenzio. BARBACANE e
DONNA COSTANZA si levano. Il gruppo della strada dilegua. PAOLINA resta
a terra, con le braccia distese, lagrimando.)_

BARBACANE

_(andandole vicino)_ Dunque?

PAOLINA

_(sollevando la testa, parlando angosciosamente nel pianto dirotto ed
infrenabile)_ Va bene, va bene.... Farò quello che volete voi.... Ci
verrò... ci verrò....

BARBACANE

E non piangere più, chè ti consumi gli occhi e diventi brutta come un
accidente!

DONNA COSTANZA

_(che è sempre all'uscio)_ Eccolo, eccolo!

BARBACANE

Il cieco?

DONNA COSTANZA

Sì. Ma s'è fermato davanti alla porta di Filomena Carrese.

BARBACANE

_(tranquillamente)_ Be', io me ne vado. _(A Paolina:)_ A rivederci,
amica. _(Esce.)_

PAOLINA

_(con uno sforzo istantaneo, trattiene le lagrime restando ancora
ginocchioni, abbattuta, annientata.)_

DONNA COSTANZA

_(corre a lei, come per dirle: «andiamo».)_

PAOLINA

Fatemi la carità.... Datemi almeno una mezz'ora di tempo. Fra mezz'ora,
mi troverete nella Piazza del Carmine....

DONNA COSTANZA

Non ti credo. Tornerò io stessa a cercarti con un buon pretesto.
Intanto, vèstiti come meglio puoi.... Il professore non se ne accorgerà.

PAOLINA

A casa vostra mi vestirò.

DONNA COSTANZA

E poi ritarderemo troppo. Ho data la mia parola. _(Duramente)_
Obbedisci, e zitta!

PAOLINA

Non dico più niente.

DONNA COSTANZA

Attenta chè egli è qua. _(Sgattaiolando, esce.)_

PAOLINA

_(si drizza in piedi come se temesse d'essere proprio veduta da Nunzio
in quello stato. Va difilata alla porta, poi torna, raduna la roba di su
la tavola, e, vedendo entrare Nunzio, imbarazzata, quasi che egli
potesse sorprenderla, getta tutto in un cantuccio.)_


SCENA III.

NUNZIO _e_ PAOLINA, _la voce di_ FILOMENA CARRESE.


NUNZIO

_(entra con in mano la chitarra)_ Paolina!

PAOLINA

Sono qua, Nunzio. _(Ma non osa avvicinarsi a lui.)_

NUNZIO

Dove?

PAOLINA

_(gli si accosta timidamente)_ Qua. Eccomi.

NUNZIO

Hai sentito?

PAOLINA

Che cosa?

NUNZIO

La povera Assunta... è morta.

PAOLINA

Già morta?!

NUNZIO

Or ora.

PAOLINA

Sapevo che era agli estremi.

NUNZIO

Che tristezza! _(Pausa.)_ Era una ragazza che non faceva male a nessuno.
Onesta.... Amava il lavoro....

PAOLINA

È vero.

_(Un lungo silenzio.)_

NUNZIO

_(posa la chitarra sulla tavola, si toglie il cappello e siede. Cambia
discorso, cercando di recuperare un po' di gaiezza.)_ Mastro Giuseppe
voleva vendermi una chitarra nuova. Mi diceva: «Siamo in estate, e
l'estate è la stagione dei canti e dei suoni: i suonatori ambulanti
guadagnano bene; sicchè, questa spesa potete farla allegramente. Se non
avete il danaro — aggiungeva lui — pagherete quando potrete pagare.» Ma
io non ho voluto. I debiti non mi fanno dormire. Per ora, dico io,
potremo cavarcela con quest'osso vecchio. Chè, poi, nell'estate
dell'anno venturo, _(sorridendo bonariamente)_ se il ministro delle
finanze ce lo permetterà, compreremo anche la chitarra nuova.

PAOLINA

_(comincia a sbottonarsi il corpetto.)_

NUNZIO

Non ti pare giusto?

PAOLINA

_(con gli occhi rossi, sogguardando con una espressione di paura la roba
gettata in un cantuccio)_ Mi pare giusto.

NUNZIO

Che hai?

PAOLINA

Niente ho.

NUNZIO

Niente?... Ci sono le lagrime nella tua voce.

PAOLINA

No. _(Si cava una manica.)_

_(Un viandante losco indugia con curiosità presso l'uscio. Ella se ne
avvede, raccoglie subito la roba, e si nasconde dietro la cortina.) (Il
viandante continua per la sua via.)_

NUNZIO

Non negare. Io ho capito che la notizia di Assunta ti ha impressionata.
E non hai da vergognartene. Al contrario. Questo mi consola. Tu, una
volta, non eri così. Eri una piccola selvaggia: un animaluccio
insensibile. Ma, vivendo accanto a me, ti sei mutata. Ogni giorno che
passa, tu mi somigli un poco di più. E poi forse anche tu... forse anche
tu non eri selvaggia proprio per istinto. Mi ascolti, Paolina?

PAOLINA

_(di dietro la cortina, alzando alquanto la voce per fargli credere
d'essere più vicina)_ Sì, ti ascolto.

NUNZIO

Già, hai ragione. Io ti parlo sempre troppo... _difficile_. Per te
dev'essere una fatica l'ascoltarmi. Tuttavia, verrà il tempo in cui tu
intenderai tutto e mi ascolterai volentieri. _(Una nube gli passa sul
volto)_ Che vuoi! Io t'ho detto mezz'ora fa: «Tu te ne andrai,
Paolina....» Ma la verità è che qualche volta io lo credo veramente e mi
pare che per te sarebbe una fortuna, e qualche altra volta, invece, non
lo credo affatto e mi pare che se tu te ne andassi sarebbe una sventura
per te come per me. E sai quando mi pare che sarebbe una sventura?
Quando vedo intorno a me peccati e sofferenze d'ogni sorta. Allora penso
che noi due siamo più forti e migliori degli altri solamente perchè
siamo uniti; e penso che, continuando a vivere insieme, possiamo andare
sempre un poco più su, sempre un poco più su, come abbiamo fatto finora.
_(Con vivace gaiezza umoristica mista di malinconia)_ Che ci sarebbe di
meraviglioso, in sostanza, se un giorno diventassimo tu una cantante sul
serio e io un violinista coi fiocchi? Della stessa creta sono fatti i
pupazzi più diversi!... E dunque, che ne sappiamo noi di quel che
potremo essere un giorno? _(Pausa.)_ Tu non mi ascolti, Paolina?

PAOLINA

Sì, Nunzio, t'ascolto.

NUNZIO

Che fai lì dietro?

PAOLINA

_(infilando la camicetta viene fuori sùbito come per rassicurarlo. Ha
tuttora gli occhi gonfi di lagrime, il volto terreo, i capelli
scarmigliati, il passo mal fermo, il petto ansimante, tutto il corpicino
corso dai brividi.)_ Io... metto un po' d'ordine.

NUNZIO

_(con un sorriso d'ironia mite)_ Eh! Ne vale la pena!

PAOLINA

_(ha già indossata la breve sottana a righe, che lascia scoperti i
garetti, e già i suoi piedini paiono trasformati nelle calze ben tirate
e negli scarpini di pelle nera lucidissima.) (Smuove qualche seggiola
per fare un po' di rumore.)_

NUNZIO

_(si alza.)_

PAOLINA

_(nel vederlo alzare ha un sussulto violento)_ Vuoi qualche cosa?

NUNZIO

_(celiando)_ No... metto un po' d'ordine anch'io.

NUNZIO

_(appende al muro il cappello e la chitarra.)_

PAOLINA

_(si abbottona la camicetta, e va a tirare la gonnella fuori della
cortina.)_

NUNZIO

Il violino dov'è?

PAOLINA

Eccolo qua. _(S'affretta e gli porge il violino e l'archetto con la mano
tremante, mentre nell'altra mano ha la gonna.)_ Era sul letto.

NUNZIO

_(prendendo)_ Ih, che tremarella! Temevi di romperlo? Una bestia così
delicata non è.

PAOLINA

_(infila adesso la gonna, davanti a Nunzio, seguendo ogni movimento di
lui con gli sguardi imploranti.)_

NUNZIO

_(accostandosi alla tavola)_ Piuttosto, è traditore. Questo sì! _(Quasi
ridendo)_ E quando, poggiato sulla spalla, pare che stia per baciarti,
all'impensata, ti tradisce, e mette fuori una nota che è un castigo di
Dio! Vuoi sentire? _(Si dispone a suonare.)_

_La voce di_ FILOMENA CARRESE

_(dalla strada, in lontananza, in un tono di disperazione pazza)_ Ho
perduta la figlia mia! Ho perduta la figlia mia!

NUNZIO

_(rabbrividendo, abbandona sulla tavola il violino.)_

_La voce di_ FILOMENA CARRESE

_(sempre più lontana)_ Meglio se avesse gittato il suo onore in mezzo
alla strada!

NUNZIO

_(mormora:)_ Che tristezza! Che tristezza! _(Siede, avvilito.)_


SCENA ULTIMA.

DONNA COSTANZA, PAOLINA, NUNZIO.


DONNA COSTANZA

_(dal fondo)_ È permesso?

PAOLINA

_(si sente mancare il respiro.)_

NUNZIO

Chi è?

DONNA COSTANZA

Sono io, donna Costanza.

NUNZIO

Oh, donna Costanza? Da quanto tempo?... Favorite.

DONNA COSTANZA

_(restando sotto l'arco della porta)_ No, grazie, non serve. Volevo
pregare Paolina....

NUNZIO

Dite pure....

DONNA COSTANZA

.... Là, in casa della Carrese, c'è bisogno di qualcheduno. Quella
povera mamma si dispera e si strappa i capelli, e farà così per tre
giorni e per tre notti. Ma, intanto, si ha da pensare alla morta.... Io
sola non posso, e....

NUNZIO

Capisco. Va, va, Paolina. Non si può dire di no. È carità cristiana....

_La voce di_ FILOMENA CARRESE

_(lontanissima)_ Gente correte! Gente non mi abbandonate!...

DONNA COSTANZA

_(dà un sospiro.)_

PAOLINA

_(scoppia di nuovo a piangere.)_

NUNZIO

_(che ode quei singhiozzi mal repressi, si commuove anche lui.)_ Tu
piangi, Paolina?... È vero, sì, è uno strazio!... E se proprio non hai
il coraggio.... _(Ha le lagrime agli occhi.)_

DONNA COSTANZA

_(fissa su Paolina gli sguardi terribili.)_

PAOLINA

_(cercando, invano, di soffocare il pianto, esce precipitosamente.)_

DONNA COSTANZA

_(senza profferir parola, segue con cupidigia la sua preda.)_

_(Una breve pausa.)_

NUNZIO

Donna Costanza? _(Aspetta. Indi fa un lieve gesto come per dire: non c'è
più. Ripensa al caso di Assunta. Con profonda commozione, scrolla il
capo, assai compassionevolmente, e conclude:)_ Così è; e può essere
anche peggio di così!... _(Tentando di sottrarsi ai pensieri lugubri, si
alza e ripiglia il violino.)_ Dunque, dicevamo.... _(Accenna appena con
la voce, tra i denti, lo spunto della risposta melodica alle strofe del
«Passero sperduto». Poi la esegue tutta intera col violino, cercando di
perfezionare la cavata e di raddolcire il suono. Ora le note fluiscono,
difatti, più sicure, più flebili, più carezzose.)_[5]

  [5] _Musica_ a pagina 369: Numero II.

PAOLINA

_(comparisce nella strada, come uno spettro. Si ferma, diritta, un
istante, in mezzo al vano della porta. Si leva gli scarpini. Li lascia
sulla soglia. E, mentre Nunzio è assorto nella melodia, ella entra
camminando sulla punta dei piedi, smorza la lampada dinanzi alla
Madonna, e fugge.)_

NUNZIO

_(torna da capo, e continua a suonare.)_


  _(Sipario.)_


  FINE DEL DRAMMA.



Numero I.

  [Illustrazione: Musica.

    Un passero sperduto e abbandonato
    Su d'una casa bianca si posò.
    Lì c'era un bambinello allora nato
    che urlava tanto e il passero tremò.
    E vinto dal timore il poverino
    fuggì da quella casa e dal bambino.]


Numero II.[6]

  [Illustrazione: Musica per violino.]

  [6] _All'ultima scena del 3º atto, quando cioè PAOLINA smorza la
  lampada e fugge; NUNZIO suona questa frase due o tre volte e non
  cessa se non quando il sipario è calato._

  (La musica della canzone del _Passero sperduto_ è del maestro
  Enrico de Leva.)



OPERE DI ROBERTO BRACCO

PUBBLICATE DALLA CASA EDITRICE REMO SANDRON

TEATRO

_(Raccolta completa di tutta la produzione teatrale)_


VOLUME I.

  NON FARE AD ALTRI. — Commedia in un atto.
  LUI, LEI, LUI. — Commedia in un atto.
  DOPO IL VEGLIONE, O VICEVERSA. — Scenette.
  UN'AVVENTURA DI VIAGGIO. — Commedia in un atto.
  LE DISILLUSE. — Fiaba in un atto.
  UNA DONNA. — Dramma in quattro atti.

in-16, pagg. VIII-348 — L. 3,50.

VOLUME II.

  MASCHERE. — Dramma in un atto.
  INFEDELE. — Commedia in tre atti.
  IL TRIONFO. — Dramma in quattro atti.

_2ª edizione riveduta._

Un volume in-16, pagg. 364 — L. 4.

VOLUME III.

  DON PIETRO CARUSO. — Dramma in un atto.
  LA FINE DELL'AMORE. — Satira in quattro atti.
  FIORI D'ARANCIO. — Idillio in un atto.
  TRAGEDIE DELL'ANIMA. — Dramma in tre atti.

_2ª edizione riveduta._

Un volume in-16, pagg. 382 — L. 4.

VOLUME IV.

  IL DIRITTO DI VIVERE. — Dramma in tre atti.
  UNO DEGLI ONESTI. — Commedia in un atto.
  SPERDUTI NEL BUIO. — Dramma in tre atti.

_3ª edizione riveduta._

Un volume in-16, pagg. 370 — L. 4.

VOLUME V.

  MATERNITÀ. — Dramma in quattro atti.
  IL FRUTTO ACERBO. — Commedia in tre atti.

_2ª edizione riveduta._

Un volume in-16, pagg. 336 — L. 3.

VOLUME VI.

  LA PICCOLA FONTE. — Dramma in quattro atti.
  FOTOGRAFIA SENZA.... — Scherzetto.
  NOTTE DI NEVE. — Dramma in un atto.
  LA CHIACCHIERINA. — Monologo.

Un volume in-16, pagg. 282 — L. 4.

VOLUME VII.

  I FANTASMI. — Dramma in quattro atti.
  NELLINA. — Dramma in tre atti.

Un volume in-16, pagg. 308 — L. 4.


IL PICCOLO SANTO

DRAMMA IN CINQUE ATTI

_Un vol. in-16, pagg. 304, in edizione speciale_ — L. 3,50.


SMORFIE GAIE

(Seconda Edizione)

  FALSA PARTENZA
  SUL MARCIAPIEDE
  UN COLPO DI RIVOLTELLA
  IL PRIMO CONVEGNO
  AMORE BENDATO
  CONFESSORE IN IMBARAZZO
  POLITICA INTERNA
  UN «MODUS VIVENDI»
  UN PESSIMO AFFARE
  TELEFONO NAPOLI-ROMA
  INTERMEZZO: IL GIGANTE
  STASERA: UGONOTTI
  IL SUCCESSORE
  L'IDEALE DELLE FANCIULLE
  UNA TAZZA DI TÈ
  TUTTE E DUE
  CINQUE MINUTI DI FERMATA
  L'ORLO DEL BICCHIERE
  IN FUMO
  UN BACIO AL BUIO
  UNA MANO LAVA L'ALTRA
  LA PRINCIPESSA

_2ª edizione riveduta._

Un elegante volume in-16, di pagg. 304

L. 3,50.


SMORFIE TRISTI

(Seconda Edizione)

  LA CANZONETTA DELL'ALBA
  UN MURO
  LA PICCOLA LADRA
  LA SARTA DELLA SIGNORA «ZULIA»
  IL SORTEGGIO
  IL NEONATO
  NELLA NEBBIA
  LA RIVALE
  NELL'OMBRA
  LA PRIMA FINZIONE
  IL FIDANZATO
  PICKMANN
  IL NOTTAMBULO
  LEIT-MOTIV
  «IN MANUS TUAS»
  IL TESTIMONE
  TRAMONTO
  L'ARTICOLO OTTAVO
  IL MOSTRO
  L'ULTIMA LEZIONE
  LA LOTTA

_2ª edizione riveduta._

Un elegante volume in-16, di pagg. 328

L. 3,50.


SCRITTI VARII — VOL. I.

VECCHI VERSETTI

CON PREFAZIONE DELL'AUTORE NOTE DELL'EDITORE E GLOSSARIO

_Un volume in-16, di pagg. 180_ — L. 3.



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, così come le
grafie alternative (Fallo/Fàllo, subito/sùbito e simili), correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





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