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Title: Il piccolo santo - Dramma in cinque atti
Author: Bracco, Roberto
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Il piccolo santo - Dramma in cinque atti" ***


                            ROBERTO BRACCO

                                TEATRO

                             VOLUME OTTAVO


                          =IL PICCOLO SANTO=
                         con nota dell'Autore

                             AD ARMI CORTE



                        REMO SANDRON — Editore
                        Libraio della Real Casa
                         MILANO-PALERMO-NAPOLI



PROPRIETÀ LETTERARIA

_I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i
paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia._

È assolutamente proibito di rappresentare questi lavori senza il
consenso scritto dell'Autore (_Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre
1882_).

_Il piccolo Santo._ — Copyright 1910 by Roberto Bracco in the United
States of America.

_Ad armi corte._ — Copyright 1912 by Roberto Bracco in the United States
of America.

OFF. TIP. Sandron — 145 — I — 240212.



IL PICCOLO SANTO

_Dramma in cinque atti_



NOTA.


Con questo dramma, io tento — ancora — un'arte che sembra troppo vaga a
chi non ha voglia di concedermi una percezione acutamente alacre e a
chi, pur essendo disposto a concedermela, non ha la facoltà di acuire il
suo pensiero nell'esercizio della trasmigrazione verso il pensiero
altrui. Gli elementi essenziali, che compongono, in quadri brevi, la mia
nuova opera scenica, non hanno quasi mai una diretta e consona
espressione, perchè risiedono nel fondo della esistenza di creature le
cui parole e i cui atti non corrispondono alla loro psiche se non molto
oscuramente e ambiguamente o addirittura ne divergono come i rami dal
fusto. Il dissidio continuo, che si determina, or più or meno profondo,
or più or meno inconsciamente, fra la psiche delle creature da me
immaginate e le loro manifestazioni, costituisce l'invisibile filo
conduttore dello sviluppo drammatico ed implica l'impossibilità assoluta
di esporre il doloroso contenuto del dramma nella esteriorità
dell'azione. E appunto questa impossibilità, che sùbito mi si parò
innanzi quando la novella visione cominciava a sorgere, mi ha attratto
cimentandomi e mi ha indotto a non destinare l'abbozzo della mia
fantasia al limbo delle opere che pensai e cautamente non scrissi.
Ahimè!... Il mio povero _Piccolo Santo_ non poteva aspirare a un simile
destino....

    _Però che gente di molto valore_
    _Conobbi che in quel Limbo eran sospesi._

Io ho, dunque, celato in parte l'anima di alcuni personaggi ed ho quasi
tutta celata quella del protagonista (ugualmente si celerebbero esse
nella vita reale) sperando di lasciarle indovinare a traverso parole e
atti che ne tramutano le essenze psicologiche come la luce tramuta certe
combinazioni chimiche preparatesi nel buio.

Mi è stato detto e ridetto che il teatro non consente il proposito di
far comprendere ciò che non sia espresso dalle parole e dagli atti dei
personaggi. Questo proposito — mi hanno ripetuto con assiduità parecchi
dei miei autorevoli giudici, che hanno voluto avere la cortesia di
essere anche i miei... insegnanti — non è presumibile che nel
novellatore e nel romanziere. Costoro, difatti, con opportuna sagacia,
intervengono fra personaggi e lettori spiegando e commentando, ovvero
coloriscono, ricalcano, analizzano. Il commediografo, invece, dispone di
mezzi molto limitati. Se i suoi personaggi non spiegano essi medesimi
ciò che pensano, ciò che sentono, ciò che vogliono, ciò che li agita,
non c'è modo di conoscerli, nè d'intendere che cosa fanno. Questo è, in
sostanza, il monito dei miei cortesi insegnanti e io non saprei negarne
la prudente saggezza. Tuttavia, mi ostino a credere — imprudentemente —
che un complesso sintetico di segni significativi possa bene conferire
alla scena la trasparenza necessaria a rendere comprensibile anche
quello che non è _veramente_ espresso.

Non di rado sento definire _artificio_ la raffigurazione artistica che
io chiamo complesso sintetico di segni significativi. Nulla è più comodo
di questa spiccia definizione che dispensa da troppo sottili
discernimenti i cervelli un po' pigri o un po' frettolosi. Ma, intanto,
un tale «artificio» è il riscontro, perfettamente analogico, della
sintesi d'impressioni che s'incide nell'intelletto di un ipersensibile
osservatore di fatti umani. Come i raggi solari si riflettono e si
riuniscono nel fuoco di uno specchio concavo, le linee apparenti del
vero si riassumono nel centro cerebrale di questo osservatore commosso
con quel tanto di più che la sua intensa sensibilità scorge oltre la
parvenza delle cose, delle persone, degli ambienti. E tutto quanto la
sua sensibilità produce, riproducendo, per così dire, sè stessa, è
precisamente... _un complesso sintetico di segni significativi_ che
racchiude la realtà sostanziale nascosta dietro la realtà della
superficie.

Ecco quel che vorrebb'essere l'arte che — talvolta — io tento.

                                                      ROBERTO BRACCO.



PERSONAGGI:


  DON FIORENZO
  GIULIO
  ANNITA
  BARBARELLO
  SEBASTIANO
  IL DOTTOR FINIZIO
  REGINELLA
  ROSARIA
  LISETTA
  TITINA
  CARMELA
  MARIUCCIA
  ALTRE COMPAGNE LORO
  REMIGIO
  UN CIECO
  I POVERELLI

L'azione si svolge in un villaggio della Montagna dei _Tre Pizzi_, nei
pressi di Napoli.



ATTO PRIMO.

_Una stanzetta tutta bianca. Nessuna tappezzeria. La mobilia è semplice,
quasi rozza, ma pulita. Un tavolino e una poltrona verso il lato destro.
Qua e là, delle sedie impagliate. Uno stipetto basso su cui sono piccoli
oggetti d'uso. Nella parete destra, è il vano d'un balcone, dal quale, a
traverso le invetriate, sorridono, vivacemente, alcune piante di
garofani rossi. Alla parete opposta, una porta. Nel centro della parete
in fondo, la porta comune: più ampia, a doppio battente. Il
pianerottolo, da cui si accede, ha a sinistra l'uscio di un'altra casa,
di fronte una scalinata ascendente, a destra una scalinata discendente.
Poco distante dalla porta comune, a sinistra sopra una mensola, che è
come un alto sgabellone coperto fino al suolo da una stoffa fiorata, si
erge, addossato alla parete, un grosso scarabattolo, nel quale è un
grande Crocifisso di legno scolpito con l'Addolorata ginocchioni e
piangente. Innanzi allo scarabattolo, una lampada di metallo bianco,
accesa. Dall'altro lato della porta comune, un attaccapanni, da cui
pende un mantello da prete che s'allunga e spicca sul bianco del muro._


SCENA I.

_(Nella stanzetta silenziosa, non c'è che BARBARELLO, il quale, disteso
a terra proprio davanti alla porta comune — che è chiusa —,
puntellandosi il cranio con un braccio, dormicchia. — Qualche rumore lo
scuote. Egli si leva. Mette l'orecchio all'uscio, e, alzando le spalle,
se ne allontana. — Giunge fino al tavolino, le mani allacciate a tergo e
la testa bassa stupidamente dondolantesi sul collo un po' torto. — Poi,
si aggira per la stanza sempre con le mani unite a tergo e con lo stesso
dondolìo del capo.)_

_(In quell'atteggiamento appaiono, visibilissimi, i caratteri della
deficienza cerebrale, che sono in compassionevole dissonanza coi suoi
precipui connotati fisici. Il suo sembiante di adolescente, benchè
sparuto cachettico e pronto alla deformazione della smorfia, serba,
tuttora, i segni di una originaria schietta bellezza maschile. Egli ha
le labbra fortemente accentuate, i denti massicci e bianchi, gli occhi
grandi a mandorla, il naso aquilino, i capelli bruni folti e crespi
formanti come un breve berretto sul capo di regolari proporzioni. Anche
il suo corpo, se l'andatura incerta e melensa e le frequenti contorsioni
nervose non lo deturpassero, parrebbe di un giovinetto normale,
abbastanza agile e robusto, in quei panni che appunto ricordano un poco
la robustezza e l'agilità del montanaro. Egli porta i calzoni stretti
intorno alle caviglie e ficcati nei gambali delle grosse scarpe unte di
sego, una camicia che gli si apre alla gola fin quasi allo sterno e una
giacchetta succinta che gli sfugge di su i lombi e lascia scoperta, sul
ventre, la cintola di vecchio cuoio. — Il suo aspetto, in complesso, è
un misto di malinconico, di grottesco e di vagamente pauroso.)_

_(Si picchia alla porta.)_

BARBARELLO

_(finge di non udire.)_

_(Si picchia più forte.)_

_(Si sentono, quindi, di fuori, le voci del DOTTOR FINIZIO e di
SEBASTIANO.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Don Fiorenzo!... Don Fiorenzo!...

BARBARELLO

_(si ferma, ascolta, sorride mostrando di divertirsi, e non si muove.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Don Fiorenzo!... Vi prego!... Sono io, il dottore!...

_(Si picchia di nuovo.)_

BARBARELLO

_(sorride ancora.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Signor Sebastiano!... Don Fiorenzo non apre e non risponde!... Che non
sia in casa?...

SEBASTIANO

Ci dev'essere, ci dev'essere. A quest'ora c'è sempre. E se per caso si
fosse dovuto assentare, mi avrebbe avvertito. _(Si ode la sua voce più
presso.)_ Sbrìgati ad aprire, Fiorenzo! Che stai ponzando? Io e il
dottor Finizio abbiamo bisogno di parlarti. E c'è molt'altra gente ad
aspettare. Sbrìgati! _(Pausa)_ Ma questo è strano, perdiancine!

IL DOTTOR FINIZIO

Perchè strano? Sarà uscito senza avvertirvi.

SEBASTIANO

_(irritandosi)_ No, no e no! Questo non è mai accaduto! Ed è anche
strano che non si veda nemmeno quel bestione di Barbarello.

BARBARELLO

_(ascolta impassibile.)_

SEBASTIANO

_(risoluto)_ Sapete che voglio fare, io? Io voglio forzare la porta. Qui
la cosa non è liscia. Un martello! Un martello!

IL DOTTOR FINIZIO

Ma no! Lasciate stare, Sebastiano!

SEBASTIANO

Lascio stare un corno!

BARBARELLO

_(diventando serio, tende le orecchie e aggrotta le sopracciglia.)_

_(Dopo un istante, si sente un primo colpo sulla serratura.)_

BARBARELLO

_(a guisa di un cane ringhioso che non possa abbaiare, si getta a piè
della porta e mugola sordamente.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Ma questo è il mugolìo di Barbarello!...

SEBASTIANO

Perdiancine! E com'è che non apre lui?!...

_(Giunge un bisbiglio d'allarme contenuto.)_

_(Altri colpi alla serratura.)_

BARBARELLO

_(eccitato, si contorce e mugola più rabbiosamente.)_

_(La porta cede.)_

BARBARELLO

_(si drizza e stringe i pugni, opponendosi alla invasione.)_

SEBASTIANO

_(entra, respingendolo vigorosamente.)_

_(È seguíto dal DOTTOR FINIZIO e da una piccola folla di contadini
poveri, uomini e donne. Sono quasi tutti attempati. Il più vecchio è
REMIGIO, che cammina appoggiandosi a un lungo ramo d'albero sfrondato.
Egli porta gli scarsi capelli un po' a zazzera e una barbetta floscia
che gli si allunga sulla gola breve. Qualcuno è più evidentemente
cencioso. Qualcun altro ha il volto più evidentemente malaticcio. C'è
tra essi un cieco che va a tentoni, munito di un bastoncello. Una donna
piuttosto giovane reca sulle braccia un bambino.)_

_(Entra anche ANNITA, che tra la piccola folla si distingue per i suoi
abiti e per il suo portamento signorili.)_

SEBASTIANO

_(a Barbarello, che non cessa di mugolare e di stringere minacciosamente
i pugni)_ Hai sentito tutto il putiferio che abbiamo fatto e non hai
voluto aprire?!... Dov'è il reverendo? Dov'è? _(Infila la porta a
sinistra, chiamando:)_ Fiorenzo!... Fiorenzo!... Fiorenzo!...

IL CIECO

_(avanzandosi, urta col bastone nelle gambe di Remigio.)_

REMIGIO

Queste sono gambe mie, santa Lucia benedetta!

IL CIECO

Eh, caro amico, se io avessi riavuti i miei occhi come tu hai riavute le
tue gambe!...

SEBASTIANO

_(ritornando più allarmato)_ C'è da perdere la testa! Quando mai è in
giro a quest'ora?!... E poi, senza avvertirmi? È inverosimile! È
inverosimile! _(A Barbarello:)_ Insomma, che è accaduto? È uscito? È
crepato? Si è squagliato? Si è volatilizzato?

BARBARELLO

_(resta nel suo atteggiamento ostile, ma con l'aria di non occuparsi più
di quel che accade.)_

SEBASTIANO

Rispondi, perdiancine!

IL DOTTOR FINIZIO

In fede mia, siete più scemo voi che lui! Pretendete che egli vi
risponda, come se non sapeste che solamente Don Fiorenzo riesce a fargli
pronunziare qualche parola.

SEBASTIANO

_(abbassando la voce)_ Per me, ho sempre sospettato che, se volesse,
potrebbe parlare benissimo anche senza il miracolo del santo. La dà a
bere allo stesso Fiorenzo per campargli addosso e scansare il lavoro.

IL DOTTOR FINIZIO

Ecco una corbelleria!

SEBASTIANO

Ho bell'e capito! Da un certo tempo in qua avete cominciato a crederci
anche voi ai miracoli del nostro amico!

IL DOTTOR FINIZIO

Ma che miracoli e miracoli! Si tratta di un semplice fenomeno che non ha
nulla di comune col soprannaturale e che, oramai, entra perfettamente
nell'orbita della scienza.

SEBASTIANO

Sia quello che sia, io, oggi, provvisoriamente, _(levando un po' il
martello)_ gli romperei il muso a questo ragazzaccio. Il suo mutismo non
mi ha mai irritato come oggi. _(Rivolgendosi ai poverelli)_ Da stamane,
nessuno di voi lo ha visto, il reverendo? Nessuno di voi lo ha
incontrato per il villaggio?

IL CIECO

Io non l'ho visto affatto.

SEBASTIANO

E volevi vederlo proprio tu che sei orbo?! Che imbecille!

LA DONNA COL BIMBO

Nemmeno io l'ho visto.

REMIGIO

Nemmeno io.

ANNITA

.... Io non lo conosco il reverendo; ma, verso le nove, da lontano, ho
scorto un prete sulla strada maestra.... Non so poi se....

SEBASTIANO

Com'era? Grasso? Magro? Lungo? Corto?

ANNITA

Era un prete piuttosto grasso....

SEBASTIANO

_(brusco)_ E allora la ringrazio tanto! Quello era Don Candido, il
parroco. — Don Fiorenzo è magro come un'acciuga. _(Rivolgendosi al
Dottore)_ Io vi confesso che sono preoccupatissimo! Vi confesso che sono
sui carboni ardenti!

IL DOTTOR FINIZIO

Ma sul serio?!... Decisamente, la malattia di vostra moglie vi ha
scombinate le cellule cerebrali. Ho paura che, tra breve, dovrò curare
più voi che lei. Vedete una tragedia in ogni nonnulla, mio caro!

SEBASTIANO

In ogni nonnulla?! Lo chiamate un nonnulla, voi?! Don Fiorenzo,
all'improvviso, mi scomparisce, e io dovrei infischiarmene? È sempre
così buono con me quel tanghero di prete che io gli ho perdonato perfino
di essere prete.

IL DOTTOR FINIZIO

_(canzonandolo un po')_ Avete fatto bene. L'indulgenza non è mai troppa!

SEBASTIANO

E se lo perdo, me lo impastate voi un altro come lui?

IL DOTTOR FINIZIO

Adesso poco ci manca che non lo piangiate addirittura per morto!

SEBASTIANO

Le disgrazie ci sono per tutti.

IL DOTTOR FINIZIO

Ma, santodio, su questa montagnella Don Fiorenzo è adorato come un nume:
vi pare che, se davvero qualche disgrazia gli fosse incolta, il
villaggio non sarebbe già sottosopra? E poi, non vi rassicura il
contegno del ragazzo? Egli è ancora un po' scosso per la violenza che
avete fatta forzando l'uscio, ma si capisce che, in fondo, è tranquillo.
Miracoli mai; ma che questo poveretto sia una specie di barometro o una
specie di apparecchio sismico di maravigliosa sensibilità in rapporto a
tutto ciò che riguarda la persona del suo benefattore, è certissimo. Gli
basterebbe che Don Fiorenzo corresse un pericolo per convellersi e
guaire come un cagnotto ferito.

SEBASTIANO

«Miracoli mai»; ma, intanto, voi non fate che costatare miracoli!

IL DOTTOR FINIZIO

E voi non fate che dire corbellerie! Io non costato miracoli: io cerco e
costato le ragioni scientifiche — suggestione, telepatia e via
discorrendo — di alcuni fatti non comuni che possono passare per
miracoli agli occhi di questi ignoranti.

REMIGIO

Posso dire una parola io?

IL DOTTOR FINIZIO

Parla, parla, papà Remigio. Tu vuoi parlare in difesa degl'ignoranti e
ne hai il diritto, perchè sei fedelmente ignorante da ben settant'anni,
se non erro.

REMIGIO

E in questi settant'anni, per campicchiare, ho praticato una dozzina di
mestieri....

IL DOTTOR FINIZIO

Io ne pratico uno solo, e in ciò riconosco, senza discussione, la mia
inferiorità.

REMIGIO

Dunque, ignorante sì, grullo no.

IL DOTTOR FINIZIO

Lo so che sei un furbacchione. Concludi.

REMIGIO

Vi servo súbito. Io ho due gambe che da quando Dio volle se n'erano
scordate di camminare. Non un passo, anche a darci sopra con l'accetta.
E non le faceste camminare nemmeno voi che ci passaste il telegrafo per
dentro....

IL DOTTOR FINIZIO

_(con serietà comica)_ La corrente elettrica ci passai, non il
telegrafo.

REMIGIO

Come va che Don Fiorenzo le ha fatte camminare? Egli mi comanda di
venire da lui una volta la settimana e le gambe camminano. Il miracolo
c'è o non c'è?

IL DOTTOR FINIZIO

Dimmi un po': tu perchè ci vieni, qui, una volta la settimana?

REMIGIO

Perchè ci vengo?! Io sono il primo pezzente del paese. Ogni settimana
Don Fiorenzo mi dà tre lire.

IL DOTTOR FINIZIO

E allora, senti: il miracolo c'è; ma credo che senza quelle tre lirette
la settimana, Don Fiorenzo avrebbe fatto fiasco come me.

SEBASTIANO

_(che si è avvicinato al balcone per guardare a traverso i vetri, scatta
all'improvviso:)_ Dottore! Venite un momento qua!

IL DOTTOR FINIZIO

Perchè?

SEBASTIANO

_(arrabattandosi per aprire in fretta il balcone, la cui serratura
arrugginita non cede all'urgenza)_ M'è parso di vedere giacente, in un
solco del burrone, una piccola massa nerastra e bislunga!... Accidenti
anche alle serrature!...

IL DOTTOR FINIZIO

Una piccola massa nerastra e bislunga?!

SEBASTIANO

_(riuscendo ad aprire con una forte strappata)_ Eccola lì: è come il
corpo di un morto tutto vestito nero!

IL DOTTOR FINIZIO

_(accorrendo)_ Ma che diavolo dite?!

_(Tutti si agitano con sul volto un'espressione di vivissimo orgasmo.)_

SEBASTIANO

_(animandosi di terrore e affacciandosi, sbraita:)_ Non c'è dubbio!
Quello è il corpo di Fiorenzo!

BARBARELLO

_(si serba impassibile.)_

_(Ma gli altri, unendo le lor voci in un grido solo, simultaneamente,
come trasportati da un'onda, si gettano alle spalle di SEBASTIANO e del
DOTTORE.)_


SCENA II.


DON FIORENZO

_(all'istante, comparisce e si arresta sulla soglia con gioiosa
meraviglia.)_ Cos'è quest'assembramento in casa mia?!

_(TUTTI si voltano con un moto di straordinaria sorpresa. — I POVERELLI
restano a bocca aperta. — IL DOTTOR FINIZIO, guardando SEBASTIANO, che è
lì intontito e irritato, piega le braccia e tentenna il capo. — ANNITA,
discretamente, si ritrae, quasi nascondendosi. — BARBARELLO ride come
uno di quei fantocci meccanici a cui il ventriloquo presta i suoi rumori
fonici.)_

DON FIORENZO

Ebbene?

SEBASTIANO

Che il diavolo ti porti! Mi hai fatto avere una paura...!

IL DOTTOR FINIZIO

Il signor Sebastiano aveva scorto in un solco del burrone nientemeno che
il vostro cadavere.

DON FIORENZO

_(scoppiando in una risata)_ Ah, ah, ah! Questa è graziosa davvero! _(A
Sebastiano)_ Come ti è venuta un'idea così balzana?

IL DOTTOR FINIZIO

_(in tono declamatorio e buffonesco)_ Due maggio, millenovecento e otto,
morte e resurrezione di San Fiorenzo Barsi da Napoli!

SEBASTIANO

Ma, perdiancine!, dove ti eri cacciato?... Da che abiti accanto a me, è
la prima volta che ti sei permesso di uscire senza avvertirmi.

DON FIORENZO

Perchè è la prima volta che ero aspettato da una persona che mi è più
cara di te.

SEBASTIANO

Cioè? Cioè?

DON FIORENZO

_(tornando sulla soglia e parlando verso le scale)_ Qui, qui, al primo
piano! Perchè non sali?

GIULIO

_(di giù)_ Eh! Giungo adesso. Ti vado correndo dietro, ma tu galoppi
come un capriolo per queste balze!

DON FIORENZO

Lascia lì le valige. Provvederemo poi.

SEBASTIANO

_(raccapezzandosi)_ Che sia tuo fratello?!

_(Si scorge GIULIO sul pianerottolo.)_

DON FIORENZO

_(presentandolo con commossa festosità)_ Proprio lui, venuto fresco
fresco da Buenos-Aires! Non lo vedevo dalla bellezza di ventiquattro
anni, perchè, ohè!, non meno di tanti ne son passati da che la
buon'anima di zio Raffaele se lo portò laggiù per allevarselo nella
bambagia. Converrai che non c'è troppo da meravigliarsi se ti ho
trascurato. Iersera, quando ti eri già rinchiuso in casa, mi giunse un
espresso con cui questo galantuomo, _ex abrupto_ mi annunziava da Napoli
la sua visita e mi indicava per stamane l'ora del suo arrivo a
Castellammare. Fu tale la sorpresa e fu tale la gioia che io credetti di
ammattire. Farneticavo come un ubbriaco di _champagne_, e per la
baldoria che faceva il mio cervello... dimenticai perfino le orazioni
della sera! Stanotte, poi, naturalmente, ho dormito con un occhio solo.
Mi sono levato prima dell'alba, ho chiamato Barbarello per affidargli la
pulizia della casa, e via, a rompicollo, per la strada di Pimonte.

SEBASTIANO

A piedi sei sceso?!

DON FIORENZO

A piedi, s'intende. Se no, come avrei possedute le cinque lirette per
tornare in carrozza col fratello americano? Per lo più, quando ho cinque
lire in saccoccia, non ne ho mica dieci. Io non sono un grasso borghese
come te! — Mio caro Giulio, ti presento nel signor Sebastiano Minucci il
mio padrone di casa e anche un formidabile mio avversario, perchè egli è
di professione ateo.

SEBASTIANO

_(burbero)_ E me ne vanto! Non sono merlo, io, per certe panie!

GIULIO

Stringiamoci la mano, signor Minucci. Noi c'intenderemo perfettamente.

DON FIORENZO

E un altro mio avversario te lo presento nel nostro giovane e benemerito
Dottor Finizio, scienziato all'ultima moda.

GIULIO

Sono lieto, Dottore.... _(Stringe la mano anche a lui.)_

DON FIORENZO

_(continuando)_ Ma, in fondo, è un avversario più accomodante, più
remissivo.... La scienza è un fanciullo terribile, che poi, quando si
trova all'oscuro, si mette a piangere e chiede aiuto.

IL DOTTOR FINIZIO

A chi?

DON FIORENZO

_(con scherzosa modestia)_ Io non lo so.

IL DOTTOR FINIZIO

Sì sì: illudetevi, voi!

DON FIORENZO

_(indicando la piccola folla)_ E costoro, fratello mio, sono i miei
creditori... i miei poverelli del sabato.... _(Scorgendo Annita,
s'interrompe)_.... No... Veramente, non tutti. Quella signorina lì non è
certo una poverella.... E la vedo per la prima volta....

ANNITA

_(timidissima)_ Son giunta appena ieri, quassù.... Ci son venuta...
perchè i medici mi hanno consigliata quest'aria....

DON FIORENZO

_(guardandola, ne è stranamente colpito, ma dissimula.)_ Ed io in che
posso servirla, signorina?

ANNITA

_(confondendosi)_ Desideravo... di conoscerla... e anche desideravo di
parlarle. Ma forse ora....

DON FIORENZO

Sì... difatti.... L'arrivo di mio fratello....

ANNITA

Mi permetterà, spero, di ritornare....

DON FIORENZO

La mia porta è sempre aperta.

SEBASTIANO

Eccetto quando si ha da forzarla a colpi di martello, come ho dovuto
fare io pocanzi.

DON FIORENZO

Hai dovuto forzarla a colpi di martello?! E non c'era il giovanotto per
aprire?!

SEBASTIANO

Ma che! Si è atteggiato a cane guardiano, e, vedendoci entrare suo
malgrado, voleva saltarci addosso. E come stringeva i pugni, lui! Come
digrignava i denti!

DON FIORENZO

_(con l'austerità con cui si sgrida un bimbo per impressionarlo)_
Barbarello!... Si fa questo?! Di': si fa questo?!

BARBARELLO

_(è in fondo, col capo appoggiato al muro, imbambolato, quasi estraneo e
indifferente, come se stesse solo. Ma, al rimprovero di Don Fiorenzo, si
smuove súbito e fa un intimo sforzo per parlare:)_.... Tu!... Tu!...

DON FIORENZO

Che c'entro, io? Vuoi gettare la colpa sulle mie spalle?

BARBARELLO

... Tu hai detto....

DON FIORENZO

Io t'ho detto di tener chiusa la porta. Questo è vero. Ma il signor
Sebastiano è il mio migliore amico. Sta in casa mia come in casa sua.
Non lo sai, forse? Non lo sai?

BARBARELLO

_(ha un piccolo scoppio di pianto bambinesco con una smorfia di
mascherone e poche lagrime.)_

DON FIORENZO

_(affettuoso)_ Be', è niente, è niente. Non sciupare lagrime per questa
bazzecola. Il signor Sebastiano ti assolve, e ti assolvo anch'io.

BARBARELLO

_(desiste immediatamente dal piangere.)_

DON FIORENZO

_(a Sebastiano)_ Cosa vuoi!... Lui è più realista del re. Per eccesso di
devozione, esagera bizzarramente ogni mio pensiero. _(Tornando ad Annita
con molta gentilezza e quasi congedandola)_ Dunque, signorina, io sono
dispiacentissimo, ma....

ANNITA

Non si dia pena. Ritornerò un altro giorno....

DON FIORENZO

Ecco.

ANNITA

_(un po' incerta, imbarazzandosi)_ I miei rispetti, reverendo....

DON FIORENZO

I miei rispetti, signorina.

ANNITA

_(molto emozionata, accenna un inchino. Esce.)_

GIULIO

_(la segue con uno sguardo di curiosità e d'ammirazione.)_

SEBASTIANO

_(badandole poco, accende un sigaro.)_

BARBARELLO

_(sguiscia sul pianerottolo, e via.)_

DON FIORENZO

_(a Sebastiano, a Giulio, al Dottore, con ostentata disinvoltura,
nascondendo una non lieve preoccupazione)_ Eh!... Capirete.... Aveva
scelto male il momento, la signorina. _(Poi, rivolgendosi alla piccola
folla, gaiamente)_ E anche voialtri... che pretendete, oggi? Che
aspettate da me? Oggi non pago! Non pago! Chiudo gli sportelli e me ne
impipo. Non do consigli e non faccio carità. Prima _caritas_, e poi
_caritatis_. Questo è un sabato in cui non ho nè tempo nè quattrini per
voi! _(Li scaccia seguendoli sino oltre l'uscio e agitando le braccia a
guisa di due ventaglioni come si fa per avviare verso il pollaio le
galline sparpagliate)_ _Sciò!... Sciò!_... Fuori tutti!... Fuori
tutti!...

_(I pezzenti, imbronciati ma rassegnati, si lasciano scacciare, uscendo
insieme.)_

REMIGIO

_(arrancando in coda e fingendosi per la occasione più cionco che non
sia)_ Ahi, le gambe!

DON FIORENZO

Non ci badare alle gambe, papà Remigio! Un giorno o l'altro, le gambe
saranno arnesi inutili. Non ti è stato detto che oramai gli uomini
imparano a volare come gli uccelli?... _Sciò... Sciò... Sciò...
Sciò...._

_(Adesso, tutti sono usciti.)_


SCENA III.


DON FIORENZO

_(rientrando e animandosi d'un brio bonario)_ Quasi quasi ci hanno
creduto! Ma metto pegno che non si muoveranno di quaggiù finchè non
avranno vista la solita borsetta. _(Indi, cavando una piccola borsa dal
cassetto del tavolino)_ Fammi il piacere, Sebastiano: distribuisci tu le
prebende per conto mio. Tu puoi spicciartela alla svelta perchè non hai
l'obbligo di aggiungere i consigli ai quattrini. Qui sono i fondi....
_(Gli consegna la borsa.)_ Un po' scarsi..., ma al tuo «ben formato
cuore» non proibisco d'impinguarli. A papà Remigio, per amor del cielo,
non un centesimo meno di tre lire! Se no, quel bravuomo mi ridiventa
paralitico prima di domani, e il Dottore mi dà la cucca!

SEBASTIANO

Non pensare: li contenterò tutti.... Ma, intanto, ti avviso che oggi
sarò io più indiscreto di loro. So bene che è una barbarie il
disturbarti in una giornata di festa per te, ma che ho da farci?! Quando
per una maledizione...! _(Lancia in su il pugno stretto.)_

DON FIORENZO

_(mettendogli quasi una mano sulla bocca per non farlo continuare)_ Taci
là! Chi non ammette le benedizioni non può avere il diritto di ammettere
le maledizioni! Che t'è accaduto di nuovo? Sentiamo.

SEBASTIANO

M'è accaduto che mia moglie sta peggio! Hai capito?!

DON FIORENZO

Oh, povera signora Adele!

SEBASTIANO

E, secondo il Dottore, la tua presenza sarebbe utilissima.

DON FIORENZO

Per sollevarle il morale, per darle animo.... Sì, è giusto.... Vengo
sùbito!... Abbi pazienza, Giulio....

GIULIO

Ti pare....

IL DOTTOR FINIZIO

Ma no: non c'è fretta, Don Fiorenzo! Io le ho fatta pocanzi una
iniezione calmante, e lei si è assopita. Preferisco che riposi, per ora.
A me premeva solamente di avvertirvi che avrò bisogno di voi. Penserò
dunque io a chiamarvi nel momento opportuno.

SEBASTIANO

_(desolandosi)_ Da stanotte, non ha potuto ingoiare neppure una goccia
di latte. Questa è la fine, Fiorenzo mio! Questa è la fine!

DON FIORENZO

_(al Dottore)_ Ma che dice?!

IL DOTTOR FINIZIO

Chiama le sventure anche quando quelle non vogliono venire! È la sua
abitudine. _(Mutando, e discettando)_ Sarebbe certamente grave che
l'impossibilità della deglutizione perdurasse. L'eccessiva fiacchezza
dell'organismo non ci darebbe più il tempo di difenderlo. Ma si tratta
di un episodio tutto nervoso, si tratta di un vero nervosismo, che non
si connette all'indole del male predominante e che forse non sarà
difficile vincere.

SEBASTIANO

Il Dottore, in conclusione, sostiene che questo _nervosismo_ potrai
facilmente vincerlo tu.

DON FIORENZO

Io?!

GIULIO

_(seduto in disparte, ascolta con vivissima attenzione.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Spieghiamoci, Don Fiorenzo. Nel caso attuale non nego che la scienza si
trovi all'oscuro, ma per uscirne non fa come il fanciullo al quale
l'avete paragonata. Essa non chiede aiuto che a sè medesima.

DON FIORENZO

E allora, perchè vi rivolgete a questo misero pretonzolo?

IL DOTTOR FINIZIO

Voi siete un egregio sacerdote a cui faccio tanto di cappello e, per la
buona gente di questi luoghi, siete anche, non indegnamente, il _piccolo
santo_; ma per me, oggi, voi non siete che uno strumento della scienza,
cioè un uomo che io ho ragione di ritenere dotato d'una specialissima
energia, la quale, in alcune circostanze, agisce sulle energie altrui.
Può agire, a parer mio, perfino senza che voi lo vogliate.... E, vedete,
mi piace di confessarvi che il materialismo della mia opinione non
m'impedisce di riconoscere che sia un elemento efficace il vostro abito
sacerdotale. — «Perchè vi rivolgete a questo misero pretonzolo?» — avete
detto, e quel certo orgoglio camuffato a modestia non era
ingiustificabile....

DON FIORENZO

_(interrompendolo in tono di calorosa protesta)_ No, Dottore!
V'ingannate a partito! Io non ho avuta nessuna intenzione orgogliosa!

IL DOTTOR FINIZIO

Voi l'avete avuta, e io stesso la trovo legittima. Sissignore! La trovo
legittima giacchè sono persuaso che la figura... del _pretonzolo_
contribuisce a mettere l'animo del credente in uno stato che agevola la
trasmissione di quella tale energia che avete sortita da natura....

DON FIORENZO

_(con vivace umorismo misto di inquietudine)_ Ma, a buon conto, che
_accidempoli_ è?... _Ffffuh!..._ Un soffio? Un fluido? Una qualche cosa
sul genere di quella del telegrafo senza fili?

IL DOTTOR FINIZIO

Probabilmente, non molto diversa.

DON FIORENZO

Sicchè, io sono un uomo straordinario?... Un animale raro?...

IL DOTTOR FINIZIO

Siete un _animale_... — la parola è vostra — non comune. Questo, ve lo
posso garantire.

DON FIORENZO

«E così sia!» Disponete di quell'animale che sono, e che il Signore
v'illumini.

SEBASTIANO

_(quasi lagrimante)_ Io non ne capisco un'acca di ciò che dice il
Dottore, ma debbo pur fidare nella sua scienza... perchè... meglio la
sua scienza che niente!

DON FIORENZO

Coraggio! Coraggio, Sebastiano!

SEBASTIANO

_(con un impeto bruscamente doloroso)_ Se quella disgraziata mi muore,
vedrai quale specie di coraggio avrò!

DON FIORENZO

_(mettendogli una mano sulla nuca)_ Evvia, vecchio fanciullo!... Sono
cose che non si dicono e che, soprattutto, non si devono fare!...
_(Molto commosso anche lui, lo trattiene un istante, stringendoselo al
fianco; indi, lo sospinge.)_ Auff!...

SEBASTIANO

_(con le lagrime negli occhi, esce.)_

DON FIORENZO

Ditemi la verità, Dottore: voi che ne pensate?

IL DOTTOR FINIZIO

Caro Don Fiorenzo, se riuscirete, come spero, a farla nudrire, potrà
resistere ancora.... Altrimenti....

DON FIORENZO

_(getta un sospiro con gli sguardi al cielo.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Siamo d'accordo, eh?... Vi chiamerò io.

DON FIORENZO

Mi chiamerete voi.

IL DOTTOR FINIZIO

_(uscendo, saluta)_ Signor Giulio....

GIULIO

_(rispettosamente)_ Dottore....


SCENA IV.


GIULIO

Me ne spetterà, dico, anche a me un pezzettino di Don Fiorenzo....

DON FIORENZO

_(ravvivandosi e scacciando qualche preoccupazione)_ E sì! Eccoci soli,
eccoci soli, finalmente!

GIULIO

Eccoci soli, ma la tua testa continua ad essere in servizio pei guai
degli altri. Questo l'ho bell'e capito.

DON FIORENZO

No, sai. Ho una mala paura che oggi il demone dell'egoismo pigli il
sopravvento. E, d'altronde, sfido io a non diventare egoisti quando si
gode d'una contentezza come quella di cui tu mi fai godere!...

GIULIO

Caro quel reverendo!

DON FIORENZO

Sarà, forse, una contentezza che durerà poco, perchè chi sa con quante
attrattive ti richiamerà l'America latina, ma, se non altro, ti avrò
veduto, ti avrò... _conosciuto_! Ventiquattro anni addietro eri un
gingillino senza connotati; e, durante questo tempo, potevo io realmente
conoscerti per mezzo di qualche lettera e di qualche fotografia?

GIULIO

No certo!

DON FIORENZO

Dunque, ti conosco adesso. _(Allegro)_ Signor fratello, io sono
enormemente felice di far la sua conoscenza!

GIULIO

Ed io, reverendo, le dedico con tutto il cuore la mia servitù e mi onoro
di prevenirla che ho il fermo proposito... di appiccicarmele addosso!

DON FIORENZO

Che! Che!... Queste son parole al vento! Non ci credo.

GIULIO

Non ci credi?!... Vedrai se non mi ti appiccico come un francobollo!...
Ne ho fino ai capelli delle emozioni metropolitane.... Ho fatto lo
scapestrato... nell'America latina, e ne sono stufo! Adesso, ho sete di
tranquillità, ho sete d'aria pura....

DON FIORENZO

Dove pascola il mio gregge, aria pura _gratis et amore Dei_!

GIULIO

A scanso di equivoci, non vengo a mettermi in concorrenza coi tuoi
poverelli per spillarti il borsellino. Qualche soldo per vivacchiare a
mie spese l'ho messo in salvo.

DON FIORENZO

L'alloggio, per altro, lo accetterai, superbaccio che sei!

GIULIO

Grazie, no! Ho visto che la tua casa è molto frequentata... dal gregge,
il che non mi divertirebbe punto. A me serve un'abitazione libera e
indipendente.

DON FIORENZO

Per fare il comodaccio tuo?

GIULIO

Nè più, nè meno.

DON FIORENZO

Sì, ma, un momento.... Andiamo piano.... Che specie di comodaccio?...
L'aria pura è a tua disposizione.... Ma da queste parti molte altre cose
sono abbastanza pure, e quelle lì.... _(Ha un gesto proibitivo.)_ Mi
sono spiegato?

GIULIO

Se t'ho detto che ho sete di tranquillità....

DON FIORENZO

A trent'anni, è una sete che passa presto. Insomma, garantisci la buona
condotta?

GIULIO

Garantisco la buona condotta.

DON FIORENZO

E allora,... siamo a cavallo! Ho per te precisamente quello che
desideri.

GIULIO

Davvero?!

DON FIORENZO

Il secondo piano di questa palazzina, cioè la casetta soprastante alla
mia _(indica)_, è disponibile. Il buon Sebastiano te l'affitterà per una
manciata di ceci, e tu... mi abiterai sul capo! Bada che è una bella
combinazione! Corpo della fortuna!... Pare che questo quartierino, che
Sebastiano ha recentemente mobiliato, stesse ad aspettare proprio te!

GIULIO

_(rifacendolo)_ Corpo della fortuna, non per nulla sono il fratello del
santo miracoloso!

DON FIORENZO

Ah no, Giulio mio, no! No! No! Per carità, non cominciare anche tu a
ripetere questa scempiaggine!

GIULIO

Ho scherzato sulla leggenda che ti si appioppa, perchè ho sentito che ci
scherzi tu stesso.

DON FIORENZO

Io ci scherzo per mettere almeno l'argine della burletta alle
chiacchiere che si fanno. Ma è una faccenda che mi secca, che
m'infastidisce, che mi tortura, che mi amareggia. Ora il Dottor Finizio,
per mostrare di essere lo scienziato che va ai congressi, ha scoperta in
me... «l'energia»... il «fluido». Non è zuppa, è pan bagnato. E si
finisce sempre col chiedermi quello che non ho, quello che non so di
avere.

GIULIO

Dopo tutto, poi, che ti fa?, che te ne importa?

DON FIORENZO

_(eccitandosi)_ Che me ne importa?!... E la mia coscienza?... E la
continua preoccupazione che mi si procura?... Il dovere mio è di fare il
prete. Il dovere mio è di aiutare il prossimo alla meglio e
d'intercedere per il suo bene presso Dio. Ma quando la gente si aspetta
da me mirabilia, mi sembra di essere un cassiere il quale abbia una
cassaforte piena di monete false, ed io ci soffro, ci soffro!... Ci
soffro molto, Giulio! Te lo giuro!

GIULIO

Lo vedo che ci soffri, povero Fiorenzo! Soltanto a parlarne diventi
pallido come un cencio lavato. Protesta una buona volta, seriamente,
solennemente. È una ingiustizia che tu debba sopportare questa tortura
quotidiana!

DON FIORENZO

Non cavo nulla a protestare. Nessuno qui si persuaderà mai che
Barbarello non sia la prova vivente dei miei poteri misteriosi.

GIULIO

Barbarello è quel giovanotto scemo che non ha voluto aprire la porta al
signor Sebastiano?...

DON FIORENZO

Per l'appunto.

GIULIO

E come c'entra, lui?

DON FIORENZO

Qui tutti quanti credono che egli esista e agisca per opera e virtù mia.
Tutti quanti credono che egli sia il mio miracolo classico.

GIULIO

Perchè?

DON FIORENZO

Perchè?... _(Con modestia sincera)_ Perchè un giorno, quando egli era
ragazzetto, riuscii a fermarlo sul pendìo di una rupe. Sì... fu un caso
piuttosto strano.... Questo è positivo. Hai visto la rupe su cui gira il
viottolo che abbiamo percorso a piedi lasciando la strada carrozzabile?
Be', il fatto accadde proprio lì. Era di domenica. Una frotta di
contadini stava a godersi il panorama chiacchierando con me, e
Barbarello faceva il chiasso insieme co' suoi piccoli amici. Nota che
lui, allora, era tutt'altro che un deficiente. Si distingueva, anzi, fra
i monellacci pari suoi per una intelligenza assolutamente eccezionale. E
com'era audace! E com'era bello nel suo aspetto di minuscolo barbaro
indomabile! E che lampi di geniale ribellione gettava dagli occhi
profondi! Non si ammansiva che vicino a me. Diventava, con me, dolce e
sottomesso, e io gli parlavo tanto, gli parlavo con più serietà che non
si parli a un bimbo, e avevo l'illusione che m'ascoltasse un'anima
adulta in quel selvatico fiore umano appena sbocciato. _(Breve pausa)_
Era orfano, com'eravamo orfani noi due fin dalla prima età, e mi
compiacevo e m'intenerivo nel chiamarlo: figliuolo mio. Noi sacerdoti le
pronunziamo spesso queste due parole, per consuetudine; ma io le
pronunziavo con una tenerezza che mi pareva dovesse molto somigliare
alla vera tenerezza paterna. Che cosa mi legava a quel fanciullo?...
Niente. Eppure, talvolta... non so... io lo consideravo... come una
parte di me stesso. E quando, quel giorno, egli, acceso d'allegria,
roteando nell'aria a guisa d'una piuma, sparì nel vuoto dietro il
parapetto diruto del viottolo, io, più dello spavento, più dell'orrore
che si prova innanzi alla catastrofe d'una persona cara, provai come la
sensazione d'essere vertiginosamente travolto insieme con lui. Sentii,
in quel medesimo istante, balzarmi dall'orlo del precipizio; sentii
tirarmi giù, giù, giù, giù, fra le asprezze della roccia che mi
laceravano i panni e le carni; e sentii inchiodarmi là dove il suo
corpo, impigliato in un vecchio cespuglio di ginestre, mi aspettava.
_(Ha i segni di una malsana concitazione. Nondimeno, padroneggiandosi,
celia un po'.)_ Ho detto che «m'aspettava» perchè..., parlando ad alta
voce, mi lascio sempre trasportare dall'enfasi rettorica, e vien fuori
il predicatore. Ma la verità è che, senza quel cespuglio di ginestre, il
mio saggio di acrobatismo sarebbe stato inutile. _(Facendosi di nuovo
serio)_ E, comunque sia, l'ipotesi del miracolo, oltre ad essere
fantastica, è una contraddizione, è una incoerenza! Se veramente per mio
mezzo si fosse compiuto un miracolo, il ragazzetto — dico io — si
sarebbe salvato tutto, si sarebbe salvato completamente. E invece no!...
no! Egli lasciò in quel cespuglio il tesoro del suo cervello, e non
salvò della sua anima adulta che un cantuccio angusto per riempirlo di
riconoscenza. È forse soprannaturale anche questo? È forse un prodigio
anche la riconoscenza?... Ma, Dio buono, visto che può essere
riconoscente un cane, perchè non dovrebb'essere riconoscente uno che è
nato uomo?... Sono sciocchezze, mio caro Giulio! Credi a me:... sono
sciocchezze!

GIULIO

_(commosso)_ Sì, sono sciocchezze, ma indubitatamente questo insieme di
cose è singolare, è impressionante, com'è impressionante la tua voce,
com'è impressionante il tuo sguardo, com'è impressionante tutto il tuo
piccolo mondo. Io sono uno scettico qualunque, futile e spensierato; e,
ciò non ostante, vedi, innanzi a te, penso, rifletto, mi commovo e ho
una specie di nostalgia del sentimento che guida le tue azioni, che
anima la tua persona e del quale io non ho neppure una vaga idea.
Vorrei... non so... vorrei rivolgerti mille interrogazioni, vorrei
scrutarti.... Anzi, di più: per capire bene come sei fatto, vorrei
addirittura essere, almeno per un'ora, quello che sei tu!

DON FIORENZO

_(in un tono di sorpresa)_ Quello che sono io?! _(Sorridendo con lieve
malinconia)_ Va' là.... Non te lo consiglio.

GIULIO

Non sei contento della tua vita?

DON FIORENZO

... Sì.

GIULIO

È un _sì_ in cui c'è la metà di un _no_. Dopo tutto, che cosa manca alla
tua vita?

DON FIORENZO

Uhm!...

GIULIO

Per esempio,... per esempio... manca l'amore, non è vero?

DON FIORENZO

Io amo tante persone e tante persone mi amano.

GIULIO

Non fare lo gnorri! Io parlo dell'amore con l'_A_ maiuscola, che è
alquanto più specializzato e più individuale.

DON FIORENZO

_(scherzosamente sorvolando)_ Ma sì che manca quello lì. Bisogna per
forza che manchi. Altrimenti, che razza di prete sarei?

GIULIO

Sicchè?...

DON FIORENZO

Mi fai il favore di lasciarmi in pace? Ficcanaso!

GIULIO

_(proseguendo)_ Sicchè nessuna donna ha mai attraversato il tuo cuore?

DON FIORENZO

_(sorvolando ancora con comicità)_ Mai mai mai mai!... Ma, scusa, che
discorsi son questi? _(Levandosi)_ Pensiamo ad altro! E finiamola, veh,
con gli argomenti troppo importanti!... Mi costringi a parlare di me e
ad essere inospitale. Non ti ho neppure offerto un ristoro....

GIULIO

Ci siamo rifocillati alla stazione. Non desidero più nulla, per ora.

DON FIORENZO

Ma un bicchiere di vinello locale devi beverlo. È digestivo.

GIULIO

No, Fiorenzo. Lo beverò poi a tavola.

DON FIORENZO

_(cavando dallo stipo una bottiglia, due bicchieri e un coltellino)_
Devi beverlo sùbito, perchè qui un bicchiere di vino bevuto è segno di
ospitalità accettata.

GIULIO

Se è così, beverò finchè vuoi!

DON FIORENZO

Benissimo!... _(Mette i due bicchieri sul tavolino.)_

GIULIO

La bottiglia promette un vino di lusso!

DON FIORENZO

_(tagliando i fili che mantengono il turacciolo)_ Creazione enologica
del nostro Sebastiano!... Me lo dà affinchè io lo conservi per le grandi
occasioni... purchè, intendiamoci, non sia una festa religiosa! È
spumante, sai. Spumantissimo! Guarda! _(Facendo saltare il turacciolo)_
Piiim!... _(Poi, versando)_ Viva il vino!... Io sono astemio, ma oggi
voglio spropositare..., voglio uscire di carreggiata.... _(Alza il
bicchiere)_ Alla tua salute!

GIULIO

Alla tua bontà, Fiorenzo! _(Beve.)_

DON FIORENZO

_(dopo aver bevuto un sorso con una certa timidità)_ Quello che mi
sembra buono sul serio è questo spumante. _(Beve più abbondantemente.
Indi, gustando, osserva:)_ Si è astemii, si è astemii, e poi... quando
si trova quel tale succo d'uva che garba al palato.... _(Un fresco
risolino gli tronca la frase)_ Eh! eh! eh! eh!

GIULIO

Stai attento, Fiorenzaccio!

DON FIORENZO

A che?!

GIULIO

L'analogia fra il vino e la donna è vecchia quanto la storia di Noè!

DON FIORENZO

E dàgli, tu! Batti sempre lì, donnaiuolo! _(Sorbisce un altro sorso.)_

GIULIO

Donnaiuolo dimissionario, beninteso. Ho rassegnate le mie dimissioni,
io. Mi sono piaciute tutte le donne, e forse per questo non me ne piace
più nessuna. Il caso tuo, al contrario....

DON FIORENZO

_(animandosi quasi fosse già leggermente ebbro)_ Il caso mio!... Il caso
mio!... Non te ne occupare del caso mio.

GIULIO

Si è astemii, ma poi, quando si trova quel tale succo....

DON FIORENZO

Quel tale succo io l'ho trovato ai bei tempi in cui avevo il diritto di
non essere astemio, briccone di un fratello!... Non portavo il nicchio,
allora, ma il berretto birichino dello studente universitario, e
declamavo al chiaro di luna: «Donne, ch'avete intelletto d'amore....»

GIULIO

E avesti il coraggio di rinunziare alle amorose rime del Poeta per le
aride malinconie del breviario?!...

DON FIORENZO

Non fu un coraggio, fu una necessità dell'anima mia!

GIULIO

Amavi una stupida che ti respinse?

DON FIORENZO

Non fu una stupida e non mi respinse lei!

GIULIO

Perbacco, ci sono arrivato! Era una moglie, e ti respinse suo marito!

DON FIORENZO

_(lasciandosi prendere dall'ebbrietà, che mescola in lui la gaiezza e la
tristezza)_ Ma no! Ma no! Ma no! Era una moglie, e mi respinse la sua
onestà.

GIULIO

E non potevi consolarti con le altre innumerevoli donne che ingombrano
la superficie terrestre?

DON FIORENZO

Non potevo, Giulio!... Non potevo! A te sono piaciute tutte; a me ne è
piaciuta... una sola. _(Ride un po', mentre una lagrima vagola sulle sue
pupille.)_ Il Signore te lo perdoni! Che mi fai dire?! Dove mi fai
andare col pensiero?! _(Brillano i suoi occhi lagrimosi pieni di
visioni.)_ Oh!... Quante cose lontane!... Quante cose lontane!...

GIULIO

_(lo contempla con rispetto ed ammirazione.)_

IL DOTTOR FINIZIO

_(sul pianerottolo, in tono discreto, ma premurante)_ Ci siamo, Don
Fiorenzo!... Se volete compiacervi....

DON FIORENZO

_(udendo la voce del Dottore, vede come dileguare bruscamente le sue
visioni. Ha un attimo d'imbarazzo, quasi di mortificazione. Indi, si
volge a lui:)_ Sono ai vostri ordini, Dottore.

IL DOTTOR FINIZIO

Vi aspetto. _(Sparisce.)_

DON FIORENZO

_(a Giulio)_ Questa fiducia è terribile, per me!... _(Si drizza in tutto
il corpo. Una forte emozione gli sale al cervello.)_ Mi si chiede
nientemeno che di prolungare la vita di una moribonda....
_(Dolorosamente)_ È terribile!... È terribile!...

GIULIO

_(con gentilezza accorata)_ Ma non metterti così in orgasmo! Farai
quello che potrai... con la tua buona assistenza, col tuo affetto....

DON FIORENZO

_(umilmente)_ ... Farò... quello che potrò.... _(Poi, assorto,
pallidissimo, si avvia.)_

(SIPARIO.)



ATTO SECONDO.

_La medesima camera._


SCENA I.


SEBASTIANO

_(sta solo — vestito a lutto — a cavalcioni di una sedia. Lentamente,
cerca e trova un sigaro in una saccoccia del panciotto. Lo accende. Fuma
e muove le labbra agitando il sigaro messo nell'angolo della bocca.
Rabbuiato, accigliato, parla e bestemmia fra sè e sè.)_

GIULIO

_(di fuori, gaiamente)_ Ah, tu scappi ancora, piccolo Cagliostro?!...
Scappi ancora? Ti piglia la tremarella quando t'inseguo?

_(Si ode ridere BARBARELLO di un riso nervoso, misto di ululati e di
guaiti. Egli, non veduto da SEBASTIANO, entra velocemente carponi e si
caccia sotto il sostegno tappezzato dello scarabattolo.)_

GIULIO

_(arrivando di corsa)_ Ma se una di queste volte ti raggiungo, guai a
te! _(È vestito di bianco, con una eleganza il cui carattere
cittadinesco è attenuato da un voluto disordine campagnuolo. Ha
all'occhiello un bel garofano color di rosa screziato. La paglia
all'indietro e il bastoncino portato a guisa di frusta gli dànno un'aria
graziosamente smargiassa. Si ferma un istante nel centro della stanza.)_
Dov'è?... _(Si avvia vivacemente verso la porta a sinistra.)_ Ma io ti
scovo, sai!

SEBASTIANO

No, no, signor Giulio. Non andate a disturbare Fiorenzo. Quando si mette
a star solo in camera sua non vuole essere disturbato.

GIULIO

Ma ci è già Barbarello a disturbarlo!

SEBASTIANO

Barbarello non c'è.

GIULIO

Come non c'è? Qui si è infilato!

SEBASTIANO

_(molto burbero)_ Bravo! Ora assoderemo che Barbarello può perfino
diventare invisibile. Quest'altra fandonia ci vorrebbe per finirci di
scombussolare la testa.

GIULIO

A me è parso di vederlo entrare qui, carponi come una scimmia.

SEBASTIANO

Avrà fatto finta per burlarsi di voi, e se la sarà svignata correndo più
su.

GIULIO

Ed è uno scemo costui?

SEBASTIANO

Chi lo capisce quello che è? _(Masticando il sigaro)_ Io lo manderei
all'inferno spesso e volentieri. Me ne astengo soltanto per non dar
dispiacere a Fiorenzo. E voi fate male a mostrare antipatia per quel
giovanotto.

GIULIO

È piuttosto lui che mostra antipatia per me.

SEBASTIANO

Lo inseguivate chiamandolo piccolo cagliostro!...

GIULIO

Lui scappava come la volpe davanti al cane, ed io lo inseguivo per
chiasso. È, su per giù, l'episodietto comico che si ripete, oramai,
quasi quotidianamente. Io lo sorprendo spesso ad aggirarsi intorno a
quella signorina misteriosa che voleva parlare a Fiorenzo lo stesso
giorno del mio arrivo, e che, non si sa per qual ragione, si è
affrettata... a non tornarci. Quando lo scorgo, mi nascondo e quindi gli
càpito di botto alle spalle, facendogli: _buuuh!_ Allora, lui piglia la
rincorsa, io minaccio di acchiapparlo, e così ci esercitiamo lui a
funzionare da volpe, io da cane. Correndo, egli non fa che ridere;
sicchè non è già che abbia paura di me: ma, in fondo in fondo, si secca
che io lo sorprenda. E il più curioso poi è questo: che la signorina
subisce pazientemente la presenza dello scemo e non c'è caso che tolleri
la mia. Ma una volta... una volta l'ho ben costretta a non evitarmi!...
Sapete in quale occasione? Ai funerali della vostra povera moglie.

SEBASTIANO

_(con un moto comico di stupore rabbioso)_ Ah, sì?!

GIULIO

La signorina misteriosa, più misteriosa del solito nel suo compunto
raccoglimento, seguiva il feretro con le donne del paese, ed io lì,
ostinato, a camminarle vicino, finchè non si giunse al cimitero.
Capirete che non c'era scampo per lei. Visto che ribellandosi avrebbe
attirato sul fatto l'attenzione della gente, fu obbligata a rassegnarsi,
la scontrosetta! Che gusto mi cavai!

SEBASTIANO

_(masticando il sigaro)_ Vi divertiste ai funerali di mia moglie!...

GIULIO

_(sconcertato)_ Mi divertii?!... Voi fraintendete. La vicinanza del
visino malinconico d'una gentile prefica volontaria aumentava la
commozione, che....

SEBASTIANO

Non state a distillare parole difficili per giustificarvi. Se vi
divertiste, _prosit_! _(Alzandosi con falsa pacatezza)_ Volete darvi
pensiero di questo vedovo imbecille che è rimasto a vivere per rompersi
le scatole lui e per romperle agli altri?...

GIULIO

Che dite mai, signor Sebastiano! Voi siete una così cara persona....

SEBASTIANO

Io sono semplicemente un seccatore incommensurabile. E se vi sto sullo
stomaco come un quintale, dovete chiederne conto al vostro
reverendissimo signor fratello. Imbecille anche lui con la sua
prosopopea di rigeneratore delle anime! Volevo andarmene alla malora una
volta per sempre.... Nossignore! Me l'ha proibito e si è impegnato di
fabbricarmi un cervello nuovo. Sicuro! Si è impegnato di farmi credere
in tutte le bellissime fanfaluche in omaggio alle quali è assolutamente
vietato di crepare quando se ne ha voglia e si deve portare la soma
della vita senza tirar calci. Io ci scommetterei che mentre noi
cianciamo qui, egli, chiuso in quella camera, ginocchioni, provvede già
a fabbricarmelo il cervello nuovo. Dice che per servirmi a puntino gli
basta di pregare per me. Preghi! Preghi! Io ho promesso di aspettare...
finchè potrò. Ma, nel frattempo, caro signor Giulio, aspettando
d'imparare a essere il ciuco che non tira calci, ne tirerò a chiunque ci
capita. E, a tirarne a voi, — sono franco — ci proverò un diletto
particolare!

GIULIO

I miei anticipati ringraziamenti!

SEBASTIANO

Eh!... C'entra un po' l'invidia. Voi vi cucinavate la «signorina
misteriosa» facendo la stessa strada che facevo io per andare a
seppellire mia moglie: è naturale che un tantino d'invidia m'inasprisca
il sangue. — E poi, non vedete? Io, tutto vestito nero, sembro un
mostruoso bacherozzolo: voi, tutto vestito bianco, preannunziando i
prossimi calori estivi, sembrate... il battistrada del sole! Per voi ci
sono i bei visini malinconici che aspettano d'essere avvivati dai raggi
cocenti che promettete; per me... un freddo cadavere di donna che gli
acidi della mia ipocondria non riescono nemmeno a imbalsamare! Posso
volervi bene, io? Posso fare a meno d'invidiarvi? E no! E no! Sarebbe
un'anomalia. Non pare anche a voi che sarebbe un'anomalia?

GIULIO

_(senza rispondere, siede con paziente noncuranza, cavando di tasca un
elegante portasigarette e cominciando a zufolare un motivetto della_
Geisha.)

SEBASTIANO

Al più al più, io posso farvi la concessione di non desiderare il vostro
male. _(Ha in mano un cerino perchè il sigaro gli si è spento.)_ Per un
invidioso, è già una bella generosità.

GIULIO

_(togliendo da una sigaretta un po' di tabacco per afflosciarla,
continua a zufolare.)_

SEBASTIANO

_(offrendo)_ Volete un cerino?

GIULIO

_(con durezza)_ No. _(Tira fuori la sua scatola di cerini.)_

_(Contemporaneamente, tutti e due accendono i cerini e dan fuoco l'uno
al sigaro, l'altro alla sigaretta, riempendo l'aria di fumo.)_

SEBASTIANO

Siete in collera con me?

GIULIO

_(seccamente)_ Sì.

SEBASTIANO

Per la qual cosa, io vi saluto. _(Andando via lemme lemme, col sigaro in
bocca.)_ Ma avete torto, perdiancine! L'invidia porta fortuna!... Voi
siete nato vestito, caro signor Giulio!

GIULIO

_(una gamba sull'altra, la sigaretta fra le labbra, modula ora con la
voce il suo motivetto favorito, dondolando un piede su quel ritmo.)_

BARBARELLO

_(non visto nemmeno ora da SEBASTIANO che sta per uscire, sporge la
testa di sotto la tappezzeria che covre il sostegno dello scarabattolo,
e guarda alle spalle Giulio con ostilità timorosa. — I denti stretti e
la bocca aperta dànno alla fisonomia di lui un carattere beffardo.)_

SEBASTIANO

_(sulla soglia)_ E,... se la ragazza vi piace,... in un modo o
nell'altro, vi vedremo felici.... Augurii!... Augurii!... _(Esce.)_

GIULIO

_(getta un sospiro di sollievo. Si alza, va fino alla porta in fondo con
un comico slancio d'ira e ha un gesto che sembra un ceffone assestato
all'aria.)_ Per quanto è vero che esisto, questo vedovo addolorato è
peggio di un gufo!

BARBARELLO

_(ha ritratta in tempo la testa.)_

GIULIO

Voglio fare uno scongiuro contro il malocchio!


SCENA II.


DON FIORENZO

_(entra dall'uscio di destra affrettatamente, ma con passo malfermo,
guardando dietro di sè quasi fosse incalzato da un'ombra.)_

GIULIO

_(voltandosi di botto)_ Fiorenzo!?...

DON FIORENZO

_(fermandosi)_ ... Che c'è?...

GIULIO

Lo domando io a te. Mi sembri uno spiritato!

DON FIORENZO

_(confusamente)_ Uno spiritato?... Che esagerazione!... Avrò forse un
po' l'aria stranita....

GIULIO

Altro che stranita!... Hai avuta qualche brutta notizia?... Hai avuta
qualche cattiva sorpresa?...

DON FIORENZO

Ma no.... Gli è soltanto che mi sono or ora liberato da una specie
d'incubo, da una specie di sogno....

GIULIO

T'eri addormentato?!

DON FIORENZO

_(con simulazione)_ Appunto.... Credo di essermi assopito.... Il
raccoglimento... la stanchezza.... Mi levo troppo per tempo la mattina,
e poi... nelle ore calde....

GIULIO

_(ridendo)_ Il bello è che quell'ottimo Sebastiano era sicuro che tu
stessi a pregare per lui.

DON FIORENZO

È stato qui Sebastiano?

GIULIO

Sì, è stato qui.

DON FIORENZO

E se n'è andato?

GIULIO

Per fortuna!

DON FIORENZO

Era di umor nero?

GIULIO

D'umore nerissimo, con sintomi allarmanti di alienazione mentale!

DON FIORENZO

È degno di tanta compassione, poveraccio!... Bisogna proprio ch'io vada
a fargli un po' di compagnia. Dammi licenza. _(Sta per andare.)_

GIULIO

Ma bada che ce l'ha anche con te.

DON FIORENZO

_(sostando)_ Con me?!

GIULIO

Sì, perchè non gli hai voluto dare il permesso di suicidarsi. Abbi
pazienza: com'è che ti è saltato in mente di non darglielo?

DON FIORENZO

_(stringendosi nelle spalle con malinconica mitezza)_ Non sono permessi
che posso dare io.

GIULIO

Del resto, quello è un ometto da fartela in barba! Una delle sue
fissazioni è di sbarazzarsi di sè stesso, e, giacchè si vanta, più che
mai, di essere ateo, quando meno te lo aspetti egli si accopperà come se
niente fosse.

DON FIORENZO

No, Giulio! Non dirlo nemmeno per celia!

GIULIO

_(con severità buffonesca)_ E tu, intanto, invece di pregare per la sua
conversione, ti metti a fare dei sogni... che chi sa poi quali sogni
sono!

DON FIORENZO

Eh, mio caro, il tuo ammonimento mi tocca assai più che non possa
parere. Da un certo tempo in qua, sono distratto,... sono distolto dalle
mie cure....

GIULIO

_Vade retro, Satana!_

DON FIORENZO

Lascia stare Satana. Lui non mi dà nessun fastidio.

GIULIO

Fiorenzaccio, io pretendo di sapere i particolari del tuo così detto
incubo!

DON FIORENZO

Ricominci con gl'interrogatorii?!

GIULIO

T'impongo di rivelarmi quello che sognavi!

DON FIORENZO

_(diventando di scatto quasi tragico)_ Ma che sognare! Ma che sognare!
Non sognavo, no! _Vedevo!_ E non era la prima volta che _vedevo_!... Dal
giorno in cui tu m'inducesti ad accennarti la mia follia di studente
romantico, la stessa immagine che quel giorno rievocai mi riappare
dinanzi sempre che cerco di concentrarmi nella preghiera. E mi riappare
così evidente, così vera, così viva, così vitale che io mi sento
ricacciare, anima e corpo, nel passato di venti anni fa. L'illusione che
i miei occhi compongono ha la consistenza precisa di un fatto reale. In
quei momenti, io ho la certezza profonda che quella donna sia lì, lì,
dinanzi a me, come per invocare soccorso contro l'infamia dell'uomo
nefasto a cui la conobbi doverosamente fedele. Ed io ritorno, in quei
momenti, alla mia giovinezza, io ritorno alla mia libertà, io ritorno
alla mia follia primaverile, e per di più, nella singolare illusione,
concepisco speranze che venti anni addietro non osavo concepire!... Ma
ecco che, all'improvviso, una chiaroveggenza nascosta dà a tutto ciò la
fisonomia della tentazione e dell'insidia. Io mi spavento. Chiudo gli
occhi. Continuo a vedere. Mi agito, mi dibatto, m'insulto, mi percuoto,
e continuo a vedere, continuo a vedere, continuo a vedere... finchè non
riesco a fuggire distaccandomi da lei con uno sforzo disperato, e
allora, finalmente, rientro in me stesso e mi metto in salvo! _(Breve
pausa)_ Ora, per esempio, sono al sicuro. Dov'è la mia giovinezza?...
Dov'è la mia libertà?... Dov'è la follia primaverile?... Più nulla!...
Un piccolo sfogo col fratello compiacente, un po' di pazienza in
saccoccia per gli eventi della giornata... e una visitina al vedovo
infelice per ottenere che egli perdoni al prete inetto di non averlo
ancora saputo conquistare a Dio.

GIULIO

_(togliendosi la paglia e sedendo serio, quasi pensoso)_ Sì, mio buon
Fiorenzo, vai, vai a fare la tua pietosa visitina. Ma non trattenerti a
lungo, ti raccomando. Io t'aspetto qui.

DON FIORENZO

Perchè?

GIULIO

Per niente. Ho piacere di stare con te. Ogni volta che mi parli, mi fai
del bene. Quando non ti vedo, quando non ti ascolto, io ricasco nella
mia frivolezza, e poi me ne dolgo, me ne irrito!

DON FIORENZO

Ma tu, al contrario, mi farai il favore di ricascarci, perbacco! O che?
Per causa mia ti vuoi mummificare?! Non ci mancherebbe altro!... Lascia
che dentro l'anima ti frulli! Ridi, salta, canta, fatti sempre bello
come oggi, porta in giro, nella luce meridiana, i tuoi trent'anni,... e,
se fioriranno gl'idillii villerecci sul tuo cammino, non prendere troppo
sul serio... la buona condotta che mi feci promettere. Tanto, anche
senza il permesso di Don Fiorenzo, il mondo seguiterà ad andare com'è
andato sempre. _(Animandosi)_ Stavi per uscire. Non esci più?

GIULIO

No, non stavo per uscire. Ho già passeggiato lungamente stamane.

DON FIORENZO

E passeggia ancora! Passeggia! _(Gli rimette la paglia in testa e lo
costringe ad alzarsi)_ Su! Su!... È cominciato un giugno che serba tutti
i dolci profumi del mese di maggio. Vatteli a godere! E ti voglio dare
un garofano più sfacciato, più audace. _(Corre svelto al balcone e ne
coglie uno rosso fiammante.)_ Audace come il fuoco!... Audace come la
fiamma! _(Indi, sostituendolo a quello che Giulio porta all'occhiello)_
Guarda che bellezza!... Rosso su bianco!... La fiamma fra le nevi!... Ti
va a meraviglia!... Sei magnifico!

GIULIO

_(con un compiacimento un po' malinconico)_ Ma sta' zitto!

DON FIORENZO

_(arricciandogli un po' i baffi e calcandogli la paglia da un lato)_ E
poi... baffetti rubacuori... cappello a sghimbescio... e passo di
bersagliere! Avanti!... _March!_... Alla conquista dell'universo! _(Ride
forte per mostrare un'allegria che cerca invano di sentire.)_

GIULIO

_(ridendo anche lui con poca voglia di ridere)_ E sentirai che squilli
di vittoria!

DON FIORENZO

_(sospingendolo fino alla porta)_ Ohè!... Fate largo! Fate largo!...
Fate largo!... Passa l'Amore!

GIULIO

Sì, fate largo, perchè l'amore è una bestia pericolosa!...

_(Ridono, ancora, tutt'e due separandosi sul pianerottolo.)_

DON FIORENZO

_(entra nella casa di Sebastiano.)_

GIULIO

_(discende le scale.)_

BARBARELLO

_(sbucando dal suo nascondiglio, contento di essersi saputo nascondere,
ride alla sua volta. — La sua risata debole e lenta sembra un'eco in
ritardo del riso dei due fratelli. — Indi, tace a un tratto, tendendo
l'orecchio verso la porta. E aspetta.)_


SCENA III.


ANNITA

_(comparisce, titubante, sul pianerottolo.)_

BARBARELLO

_(nel vederla, retrocede, curvandosi un poco in atto di rispetto e
cercando di articolare qualche parola, che resta indistinguibile nelle
modulazioni stentate della sua voce.)_

ANNITA

_(come incoraggiata dalla presenza di Barbarello)_ È permesso?

_La voce di_ GIULIO

_(dal cortile)_ Sì, signorina, è permesso.

BARBARELLO

_(ha in tutto il corpo una contrazione rabbiosa, e, in silenzio, con una
velocità e una leggerezza di gatto, fugge nella stanza attigua.)_

ANNITA

_(si è voltata verso le scale con un lieve sussulto.)_ Ma io non so,
signore, se Don Fiorenzo sia in casa.

GIULIO

Favorisca, la prego. _(La raggiunge, le passa davanti ed entra
togliendosi il cappello.)_ Favorisca.... Io l'ho raggiunta apposta per
non farla andar via. È vero che lei, viceversa, si è decisa a venir su
precisamente perchè ha visto uscire me...; ma spero che non mi vorrà
mortificare evitandomi anche nel domicilio di mio fratello. Non merito
tanta diffidenza.

ANNITA

_(si avanza cauta ed impassibile sotto quel suo velo di mestizia,
cercando vagamente con lo sguardo Barbarello.)_ Non ho nessuna ragione
per evitarla. Ma... se suo fratello non c'è....

GIULIO

Fiorenzo è qui accanto, dal suo amico Sebastiano. Non potrà tardare
molto.

ANNITA

Allora, mi farebbe il favore di avvertirlo?

GIULIO

Avvertirlo immediatamente sarebbe inutile. So che si tratterrebbe lo
stesso. Lo avvertirò fra qualche minuto. Si accomodi, intanto. Se me lo
ha detto con sincerità di non avere nessuna ragione per evitarmi,
cominceremo, finalmente,... a conoscerci, o, meglio, a rendere più
socievole una conoscenza che finora è stata troppo simile alle ombre di
questi piccoli boschi e alle asprezze di queste rocce. _(Offrendole una
sedia)_ Non vuole accomodarsi?

ANNITA

Ma sì.... Grazie. _(Siede.)_

GIULIO

_(sedendo, dopo di lei, a rispettosa distanza)_ Veda, è da stamane che
io ho pensato: «oggi parlerò con la signorina misteriosa».... L'ho
chiamata sempre così.... Non se ne dispiace?

ANNITA

Non me ne dispiaccio.

GIULIO

_(celiando)_ C'era forse la voce del destino nel mio pensiero? Chi sa!
Un mese di soggiorno in questi luoghi, dove tutto è piuttosto fantastico
e suggestivo, mi fa già credere alla probabilità che ci sia un
destino... con la relativa voce. Il certo è che, tornando dalla mia
passeggiata mattinale, ho incontrata lei qui presso in uno scorcio
angusto che non le consentiva la necessaria disinvoltura per mettersi in
fuga come di solito. Non le nascondo che avrei avuta l'impertinenza di
rivolgerle la parola se non avessi veduto accoccolato, poco lontano,
quel ragazzaccio mezzo ebete e mezzo furbo, che, non saprei dirle
perchè, mi paralizza, mi dà soggezione. Ma, anche dopo, «la voce del
destino» ha insistito. E, in realtà, ecco che io le parlo e, quel che
più importa, lei mi ascolta. _(Poi, quasi con umorismo)_ Cioè.... Mi
ascolta o non mi ascolta?

ANNITA

Sì, l'ascolto.

GIULIO

Come può ascoltare la «signorina misteriosa»!

ANNITA

_(sorride appena.)_

GIULIO

_(vivamente)_ Ha sorriso?!

ANNITA

No.

GIULIO

Io le assicuro che lei ha sorriso. Ha sorriso poco poco poco, ma ha
sorriso. Ho visto, in un attimo, come passare un lumicino dietro i vetri
chiusi di una piccola finestra oscura. Un lumicino che passa! Le pare
nulla? Deve pur esserci la mano che lo ha acceso. E dunque non è
addirittura insperabile che la stessa mano conceda d'illuminare la
finestretta di una luce meno scarsa e meno fugace. Che non sia facile
ottenere questa concessione, è perfettamente giusto; ma sono qua io per
fare del mio meglio. «L'importuno vince l'avaro». Lei non lo immagina
nemmeno come io sappia essere importuno!... E forse io non immagino...
come lei sappia essere avara. _(Mutando)_ Avara, del resto, di che?...
Rifiuterebbe, per esempio, di dirmi, intanto,... il suo nome?... Non
altro che il suo nome... di battesimo?

ANNITA

Sì.

GIULIO

E perchè?

ANNITA

_(severa, ma involontariamente graziosa)_ Perchè, certo, lei lo sa già.

GIULIO

_(con affettata energia)_ Nego assolutamente! E poi... in che modo avrei
potuto saperlo? Chiedendolo — mettiamo — al postino che le reca la non
abbondante corrispondenza?

ANNITA

Forse.

GIULIO

Il postino mi ha calunniato! E, difatti, se lei mi dicesse un nome
falso, ci crederei e mi lascerei ingannare.

ANNITA

_(con semplicità, come per troncare cortesemente)_ Io mi chiamo...
Annita.

GIULIO

_(di scatto)_ Ma questo è il nome vero! _(Tappandosi immediatamente la
bocca con le dita)_ Uh!... che bestia!

ANNITA

_(sorride di nuovo.)_

GIULIO

Ha sorriso un'altra volta?!... Ha sorriso un'altra volta?!... Dio, che
contentezza!... _(Alzandosi)_ Mi affretto a chiudere il mio primo
conticino di importuno perchè non voglio rischiare di guastarmi il
successo. In meno di cinque minuti, due sorrisi e il nome: è un successo
inaspettato, è un successo enorme! Sì, il nome lo avevo già carpito al
postino: questo è naturale; ma non so che cosa avrei dato per udirlo
pronunziare da lei. Non ho dato che una minuscola bugia, e l'ho udito.
Ora sì che posso dire di conoscerlo! Il nome di una donna non è
veramente il _suo_ nome che come essa medesima lo pronunzia. E lei,
signorina, lo ha pronunziato deliziosamente. «Annita»!... Ha prolungato
un po' quell'i, lasciando poi cadere l'ultima sillaba. A me è parso...
l'espressione melodica di una lontana stella cadente. _(Con genuina
delicatezza — impacciandosi alquanto — muta ancora.)_ E adesso lei
potrebbe sorridere per la terza volta, ma io,... a dirgliela
schietta,... no, non ne sarei troppo sodisfatto. Anzi..., veda,... ne
avrei un senso di sconforto. Non sorride?... Glie ne sono molto
grato.... Vado ad avvertire mio fratello.... A rivederla, signorina.

ANNITA

_(celando un moto intimo di sollievo, contraccambia freddamente il
saluto:)_ A rivederla.

GIULIO

_(oltrepassa la soglia in fondo, e, sogguardando Annita, si avvicina
all'uscio accanto. Sta per entrare nella casa di Sebastiano, ma si
ferma. Preferisce di non entrarci. E resta sul pianerottolo,
chiamando:)_ Fiorenzo!... Fiorenzo!... _(Pausa)_ C'è qui... la signorina
che voleva parlarti quel giorno.... L'ho vista entrare e sono tornato
indietro per riceverla. Ti attende. _(Poi, per avere il pretesto di
soffermarsi ancora, sempre sogguardando Annita, che non lo vede, si
dispone ad accendere una sigaretta.)_

ANNITA

_(al lieve stridore del fiammifero stropicciato sulla scatola, ha come
un leggero urto e, senza volere, si volta — per un istante solo.)_

GIULIO

Mio fratello viene sùbito, signorina.

ANNITA

_(non ha nemmeno un gesto di ringraziamento.)_

GIULIO

_(dopo avere accesa la sigaretta, accoratamente rassegnato, discende le
scale.)_

_(Qualche nota del suo consueto motivetto zufolato si allontana con
lui.)_


SCENA IV.


DON FIORENZO

_(contenendo, nell'entrare, la vivissima velocità del passo)_ Eccomi a
lei, signorina....

ANNITA

_(si alza, inchinandosi umilmente.)_

DON FIORENZO

No.... Resti comoda, resti comoda.... Sederò anch'io.... _(Mette una
mano sulla spalliera di una sedia. La presenza di Annita gli ha
rinnovata, molto più profondamente, l'impressione che provò quando la
vide fra la piccola folla dei suoi poverelli. Insiste ancora perchè ella
risegga.)_ Mi faccia il favore.... _(Appena Annita acconsente, egli si
lascia cadere sulla sedia a cui si è appoggiato.)_ Questa visita,
signorina, se non mi sbaglio, è una visita procrastinata di circa un
mese.

ANNITA

Sì, reverendo. Quel giorno, il suo congedo mi scoraggiò.

DON FIORENZO

_(osservandola e scrutandola con intensità)_ Era un congedo
momentaneo....

ANNITA

A me parve addirittura... d'essere scacciata. E non so davvero come oggi
io sia riuscita a vincere il mio scoraggiamento.

DON FIORENZO

Fui frainteso. Lei capitò in una giornata eccezionale. Non potetti darle
udienza, ma le dissi — ricordo bene —: «la mia porta è sempre aperta».
E, guardi: _(indicando la porta)_ non era una frase. Un sacerdote,
specie in un villaggio, deve, nei limiti del possibile, togliere di
mezzo tutti quegli ostacoli che possono... far ritardare coloro che
sentono la necessità di rivolgersi a lui. Una porta chiusa non cessa di
essere un ostacolo nemmeno quando ci sia una mano pronta ad aprirla,
giacchè, in ogni caso, è un divieto che bisogna mutare in consenso. Il
divieto di entrare nella mia casa non c'è... _per nessuno_.

ANNITA

_(ascolta, compunta e raccolta.)_

DON FIORENZO

Deploro, comunque, di aver contribuito, benchè senza volerlo,
all'equivoco che l'ha trattenuta finora.

ANNITA

Il torto è mio. Non avrei dovuto ritardare.

DON FIORENZO

Voglio credere... che il ritardo non le abbia troppo nociuto.

ANNITA

Nociuto, no; ma... in questo lungo mese....

DON FIORENZO

Parli.... Parli liberamente, signorina!

ANNITA

... è stato anche più triste, è stato anche più pauroso del solito il
mio vagabondaggio.

DON FIORENZO

_(intento a udire ogni più intima vibrazione della voce di lei)_ Più
_pauroso_ del solito?!... Evidentemente, il suo vagabondaggio non è che
una agitazione, una inquietudine del suo spirito smarrito....

ANNITA

Sì.

DON FIORENZO

Una inquietudine che arriva fino alla paura?!

ANNITA

Sì.

DON FIORENZO

Ma... perchè?... Perchè?... Si spieghi....

ANNITA

Se si cammina nel buio... senza nessuna guida....

DON FIORENZO

_(cercando d'indovinarla, di definirla)_ Lei teme... ciò che non
vede....

ANNITA

Sì.

DON FIORENZO

Teme l'ignoto....

ANNITA

Sì.

DON FIORENZO

Il che significa che lei non è sorretta dalla fede religiosa. Non
sarebbe forse questa, signorina, la causa vera del suo pánico?

ANNITA

Non credo.

DON FIORENZO

Soltanto chi manca di fede religiosa può aver paura dell'ignoto, che è
poi, in altri termini, quello che minacciosamente si nasconde nella
realtà della morte.

ANNITA

_(con una improvvisa animazione)_ Ma di quello che si nasconde nella
realtà della morte io non ho paura! Io ho paura di quello che si
nasconde nella realtà della vita.

DON FIORENZO

_(sorpreso, la guarda, acuendo sempre più la sua osservazione.)_ Lei,
signorina, distingue due cose che, per noi cristiani, ne costituiscono
_una sola_ nell'unica aspirazione della salvezza dello spirito. Dai
pericoli della vita che passa, noi siamo preservati e difesi appunto
dalla stessa luce divina che rischiara l'eterna vita futura. Il suo
istinto, del resto, glie lo ha già detto, visto che lei si reca a
chiedere il consiglio di un sacerdote.

ANNITA

Io chiedo a lei... più che il suo consiglio. Io chiedo... la sua
protezione.

DON FIORENZO

La chiede a me, suppongo, come la chiederebbe a chiunque porta, non
indegnamente, questo abito.

ANNITA

No.

DON FIORENZO

.... Non capisco....

ANNITA

.... Quando lei mi scòrse, inaspettata, fra i suoi poverelli, io,
naturalmente,... non le potetti dire la verità.

DON FIORENZO

Mi accennò di essere venuta quassù per una ordinazione dei suoi
medici....

ANNITA

I medici avevano creduto opportuno di consigliarmi un'aria piuttosto
elevata e un soggiorno tranquillo, ma la scelta del luogo l'avevo fatta
io.

DON FIORENZO

_(si sorveglia con ferma volontà per non lasciar trapelare la sua
crescente emozione.)_

ANNITA

Ero ben certa di trovare quassù chi avrebbe saputo proteggermi.

DON FIORENZO

Non avrà avuta la ingenuità — mi scusi l'espressione un po' aspra — di
lasciarsi attrarre dalle stolte fantasticaggini popolari.

ANNITA

Che pensa?!

DON FIORENZO

E allora, qual'è l'origine di una così strana certezza?

ANNITA

A me è stata messa nell'anima... da mia madre.

DON FIORENZO

_(in un trasalimento che lo irradia e lo trasforma)_ Voi, dunque, siete
Annita?!... Ma sì!... Voi siete Annita! Siete Annita!... Siete la bimba
di cui ho carezzata la testolina d'angelo sulla spalla della mamma
tenerissima!... Io mi ostinavo a dubitarne, mi ostinavo a non crederci,
ma pure l'avevo udito... l'avevo veduto... perchè della mamma voi avete
la voce, voi avete la fisonomia: tutta la sua fisonomia avete, appena
mutata... come l'avrebbe potuta mutare un pittore interpretandola a modo
suo.... _(Frenandosi, padroneggiandosi)_ Oh, io l'ho conosciuta la
mamma!... L'ho conosciuta... molto tempo fa. Poi... non ci siamo più
incontrati; ma... me ne ricordo bene. Come potrei non ricordarmene?
Fummo, per più di un anno, buoni amici. E comprendo che anche ella possa
talvolta essersi ricordata di me. Ciò che non mi spiego ancora è che vi
abbia designata la mia povera persona come una specie di rifugio; ciò
che non mi spiego ancora è la vostra ansia di cercarmi,... la vostra
ansiosa richiesta di protezione.... _(assalito da cento timori diversi)_
.... poichè la circostanza che vi tiene lontana dai vostri genitori è
senza dubbio temporanea, è senza dubbio passeggera....

ANNITA

Mio padre abbandonò la casa quando io ero adolescente per andare non so
dove... non so con chi,... e mi ha dimenticata. La mamma... è morta.
_(Si copre con le palme delle mani gli occhi, che aspettavano di poter
piangere.)_

DON FIORENZO

_(sente il colpo nel centro del cuore: — sente dissolversi. Ma
gradatamente si costringe a un contegno insospettabile. Pare che
s'impietrisca: e il pianto che gli è vietato traspare come un'onda
interiore di lagrime dal volto diafano e immoto.)_

_(Un lungo silenzio.)_

ANNITA

Proferì il nome vostro, che io non avevo udito mai nè da lei nè da
altri, qualche momento prima di morire. Mi raccomandò di non rivolgermi
che a voi se un giorno io mi fossi sentita troppo sola e avessi avuto
bisogno di un appoggio.... Era il delirio dell'agonia, ma le poche
parole con cui mi fece questa raccomandazione uscirono limpidamente
dalla sua bocca che quasi sorrideva.... «È un santo uomo» — mi disse
ella in ultimo —: «vedrai che non si rifiuterà di aiutarti.» E, dicendo
così, aveva lei il viso d'una santa. Com'era bella! _(Piange ancora.
Poi, un poco più serena:)_ Per circa tre anni ho aspettato inutilmente
che la necessità m'insegnasse il modo di bastare a me stessa. Non mi
mancavano i mezzi di sussistenza perchè la mamma ci aveva, alla meglio,
provveduto; ma dentro di me non ho trovato nulla di ciò che serve per
essere libera, per essere forte. Ero vissuta del suo respiro.... E da
quando il suo respiro mi fu tolto, io non sono stata che una cosa
inerte, un fragile oggetto qualunque gettato sul lastrico di una strada
per la quale tanta gente, tanta gente passava! Se uno di quei passanti
avesse abbassata la mano in atto di raccogliermi, io non avrei saputo
prevedere nè avrei saputo domandargli che ne volesse fare di me,... e,
forse,... mi sarei anche lasciata prendere.

DON FIORENZO

_(cercando le parole e misurandole in una pavida tensione di pensiero)_
La povera moribonda non poteva avere nessuna ragione per chiamare me in
vostro soccorso; ma... nel vaneggiamento delle agonie... parla spesso
una volontà superiore a tutte le ragioni umane. A questa volontà io
obbedisco. — Eravate vissuta del respiro di vostra madre, che fu... una
donna sublime...: possa io riescire a serbarvi sempre degna di vivere
della sua memoria. _(S'accorge di non resistere più. Tace, temendo di
tradirsi.)_

_(Si ode giungere dalle scale lo zufolìo di GIULIO: sempre lo stesso
motivo, ritmato questa volta con dolcezza triste. — Lo zufolìo si
avvicina. — Egli attraversa, con andatura pigra, il pianerottolo,
gettando lo sguardo nella camera, e continua a salire, zufolando.)_

DON FIORENZO

_(ripigliando lena, si alza, affinchè il colloquio non si prolunghi)_
.... E, per oggi, abbiamo detto abbastanza.... Non è già che anche oggi
io mi permetta di congedarvi, ma vi chiedo bensì licenza di
ritirarmi.... Ho una specie di stanchezza qui, _(si tocca l'occipite)_
che esige un po' di riposo....

ANNITA

_(alzandosi con mite premura)_ Ve ne prego....

DON FIORENZO

Da domani, voi potrete contare sulla mia affettuosa assistenza....
Preferiremo il raccoglimento della chiesa, dove... l'ausilio della
sicura serenità... mi rende meno perplesso nel compiere i miei doveri.

ANNITA

Come vorrete.

DON FIORENZO

E siate tranquilla, ora.

ANNITA

Sono tranquilla.

DON FIORENZO

A domani, Annita.

ANNITA

A domani. _(Resta lì, incapace di allontanarsi, invasa da una convinta
devozione come innanzi a un altare.)_

DON FIORENZO

_(ancora raffrenandosi, ma con l'urgenza di nascondersi, va alla porta
della stanza accanto, l'apre sùbito pur cercando di moderare la fretta,
e, poichè sta già per essere preso da un capogiro, si precipita dentro e
richiude.)_

ANNITA

_(lo ha seguíto con gli occhi devotamente pietosi, e, adesso, in un
atteggiamento di mestizia calma e soave, si avvia, lenta, verso il
fondo. — Sulla soglia, si ferma, quasi non volesse uscire. — Sporge il
capo. — Guarda giù per le scale. — Non vede nessuno. — Prosegue.)_

_(Appena ella è uscita, torna a risuonare, fiocamente, l'invariato
zufolìo di GIULIO. — Quelle note insistono, insistono, fioche e
monotone, nel silenzio che incombe.)_

(SIPARIO.)



ATTO TERZO.

_La medesima camera._


SCENA I.


_(Qualche istante di vuoto e di silenzio.)_

BARBARELLO

_(entra dalla porta a sinistra con rapidità precipitosa andando verso le
scale. Nella foga del correre, sulla soglia della porta in fondo, che è
aperta come di consueto, scivola e casca rumorosamente.)_

DON FIORENZO

_(venendo sùbito dopo di lui dalla stessa porta a sinistra e vedendolo a
terra, lo sgrida_:) Eh!... Per forza devi cadere!... Corri così
all'impazzata!...

BARBARELLO

_(raccogliendo una lettera che gli è scappata di mano e rialzandosi
indolenzito)_.... Tu... tu hai detto....

DON FIORENZO

E sempre con quel «_tu hai detto_...»! Che t'ho detto io?!... T'ho detto
di affrettare il passo, non già di precipitarti in cotesto modo
selvaggio!... Il solito eccesso di zelo!... E adesso è inutile che tu mi
stia a contemplare!... Va, ragazzo mio.... Va.... In fretta, sì, ma, ti
prego, senza romperti la nuca, perchè quest'altro guaio sarebbe proprio
fuori programma!

BARBARELLO

_(via, correndo, un po' meno rapidamente.)_


SCENA II.


DON FIORENZO

_(si mette ad andar su e giù per la stanza facendo dei piccoli gesti
nervosi. Indi si ferma presso il tavolino. Riflette senza più
gesticolare. — Con risolutezza dà un pugno sul tavolino e conclude:)_ Ne
ho il dovere! _(Esce sul balcone, e, alzando il capo, chiama
vivamente:)_ Giulio!... Giulio!...

_La voce di_ GIULIO

Che vuoi, Fiorenzo?

DON FIORENZO

Scendi giù. Dobbiamo discorrere. _(Passeggia ancora, finchè non arriva
Giulio.)_

GIULIO

_(entrando)_ Che hai? Sei arrabbiato con me?

DON FIORENZO

Com'è che supponi che io sia arrabbiato con te?

GIULIO

Non è mica difficile di capirlo. La voce con cui mi hai chiamato... la
tua fisonomia.... E poi, è già da qualche giorno che vedo maturare la
tua arrabbiatura....

DON FIORENZO

Non è un'arrabbiatura, caro Giulio!

GIULIO

No?... E che cos'è?...

DON FIORENZO

_(dopo una breve esitazione inquieta)_ È che debbo muoverti un
rimprovero, molto seriamente!

GIULIO

Perbacco! Mi metterai anche in punizione?... In ginocchio sui chicchi di
gran turco?...

DON FIORENZO

Non fare dello spirito. Vedrai che non è il caso.

GIULIO

Non avrò commesso un qualche delitto, spero.

DON FIORENZO

Il ricorrere all'artifizio raffinato di un falso innamoramento per
circuire una fanciulla onesta e inesperta è per lo meno... una viltà.

GIULIO

_(ha un immediato moto di sdegno; ma si padroneggia e piglia un'aria
fittizia di noncuranza.)_ Parli della signorina Annita?

DON FIORENZO

_(con austerità)_ Di lei parlo, s'intende. Di chi potrei parlare se non
di lei?... _(Siede, e cerca, anche lui, di moderarsi.)_ Tu non ignori,
Giulio, le ragioni supreme che mi hanno indotto ad aver cura della sua
esistenza. Quando cominciai ad accorgermi che tu ritornavi alle tue
antiche abitudini per tentare la conquista di quella buona creatura, mi
affrettai a confidarti _chi fu_ sua madre e come precisamente da _sua
madre_ mi fosse stata inviata affinchè io la proteggessi e le volessi un
po' di bene. Credetti che tu, possedendo già la chiave del vecchio
nascondiglio dei miei ricordi, avresti sentita l'imponenza di ciò che ti
confidavo; credetti che la tua rinascente galanteria d'uomo frivolo e
pervertito ne sarebbe rimasta interdetta, ne sarebbe rimasta
disarmata.... Ma, purtroppo, non fu così! Con me, da allora, hai
ostentata abilmente una completa indifferenza per Annita, e, nel
medesimo tempo, alla chetichella, hai cercato di attirartela, assumendo
degli opportuni atteggiamenti d'innamorato mite e rispettoso. Dopo
quanto ti avevo detto, non mi sarei mai potuto aspettare che tu avresti
agito così. Io ne ho avuto maraviglia e rammarico, Giulio, e, se ancora
te lo tacessi, come te l'ho taciuto fino a oggi per un ritegno che
deploro, mancherei al mio còmpito, e mi parrebbe, per giunta, d'essere
il tuo complice!

GIULIO

_(mettendosi a cavalcioni d'una sedia — con pacatezza dispettosa)_ Ti
faccio notare che per non venir meno al tuo còmpito, tu incorri in una
grave scorrettezza, per così dire, _professionale_.

DON FIORENZO

Io?!

GIULIO

Proprio tu. Da chi l'hai saputo che io abbia cercato di... conquistare
la signorina Annita? Visto che con te ho dissimulato abilmente le mie
intenzioni, non l'hai saputo che da lei stessa. Sicchè, movendomi un
rimprovero in base a ciò che la tua penitente ti ha _confessato_, tu,
sia pure per un ottimo fine, sfrutti il segreto della confessione.

DON FIORENZO

_(sorpreso)_ Sfrutto il segreto della confessione?!

GIULIO

Sicuro! Lo sfrutti, lo tradisci....

DON FIORENZO

_(scattando con orgoglioso furore)_ Ma che osi dirmi, tu?! Io non ti
permetto di ammonire in me il sacerdote! _(Poi, pentendosi del suo
scatto)_... Della signorina Annita io non sono solamente il confessore:
ne sono altresì l'unica guida, l'unico appoggio. La mia coscienza è
costretta a distinguere l'ufficio del confessore dalla missione di colui
al quale la volontà di una moribonda affidò sua figlia. E credo che il
tuo buon senso debba riconoscere che questa distinzione è
indispensabile.

GIULIO

_(remissivo)_ Ti ho detto una stupida malignità; ma non mi sarei neppure
sognato di dirtela se tu non avessi usato con me un tono così ostile,
così tagliente. Mi sei stato antipatico, ecco! Mi hai stizzito!...
_(Dopo un istante di pausa, con una certa riluttanza e con un certo
pudore, si sforza di dare delle spiegazioni.)_ Che io abbia voluto
tentare di vincere la ritrosia della signorina Annita, quella sua
freddezza estatica, quella sua impassibilità di sfinge silenziosa, è
vero, ma non è vero affatto che il mio rispetto e la mia timidezza siano
un raffinato artifizio. Sul principio, parlando con lei, io sapevo
essere disinvolto, vivace, gentile, forse anche ardito. Ma da un pezzo,
quando riesco ad avvicinarla, faccio la figura dell'adolescente al
cospetto della donna per la quale ha perduto il sonno e l'appetito. Le
dico delle parole monche, senza nesso, senza sugo. Non so parlarle di
nulla. Non so nemmeno sospirare. E se, per caso, camminandole accanto,
urto col mio gomito nel suo, non solo ne arrossisco, ma mi affretto a
chiederle scusa tanta è la paura di lasciarle supporre che io l'abbia
fatto apposta. Tutto questo, malauguratamente, è sincerissimo! Non ho
che farci, io, se la sincerità non è sempre documentabile.

DON FIORENZO

La sincerità non è sempre documentabile, ma l'indole e il passato di un
uomo valgono più di qualunque documento quando si tratta d'interpretare
le azioni di lui in un modo piuttosto che in un altro. La tua indole è
quella di un gaudente che non è suscettibile se non di modificazioni
precarie e di pentimenti effimeri, e il tuo passato è quello di un
cinico ed astuto cacciatore di donne!

GIULIO

Senti, Fiorenzo. Tu, oggi, ti ostini a trattarmi con una severità
esagerata... che io non sono disposto a sopportare. Facciamo così:...
parleremo un altro giorno di questa faccenda. _(Levandosi)_ Oggi non sei
sereno, non sei calmo.... E giacchè non sono abbastanza calmo nemmeno
io, è meglio troncare.... Ti saluto. _(Si avvia per uscire.)_

DON FIORENZO

_(levandosi, alla sua volta, vivacemente, per trattenerlo)_ Io ti prego,
Giulio, io ti prego di non amareggiarmi di più! Io ti prego di non
sfuggirmi!

GIULIO

_(fermandosi)_ E io ti prego di lasciarmi andare. Se restassi ad
ascoltarti, non ti potrei garantire la mia pazienza.

DON FIORENZO

_(nervoso, ma con un accento supplichevole)_ Tu non mi farai il torto di
non ascoltarmi.... E mi ascolterai senza ribellarti... per non mettere a
repentaglio il nostro affetto ... al quale tutti e due dobbiamo tenere
come a un tesoro ritrovato.

GIULIO

_(tentenna il capo, si passa una mano sulla fronte. Indi, lentamente,
torna a sedere con sforzata rassegnazione.)_ E allora, continua.

DON FIORENZO

Io lo so che non sono calmo, ma come si fa a essere calmi nella mia
situazione? Debbo a qualunque costo difendere una creatura che mi è
sacra, da un uomo che è mio fratello. E questa situazione è tanto più
ardua in quanto che io non capisco chiaramente il giuoco di lui, non
capisco a quali pericoli sia ella veramente esposta....

GIULIO

A nessun pericolo, Dio buono! Annita è come un corpo di marmo... al
quale abbia prestato la sua anima una donna lontana. E quel marmo
resterebbe invulnerabile anche se io fossi davvero il sapientissimo
seduttore che tu credi.

DON FIORENZO

_(accalorandosi subitamente e assalendolo con gli sguardi sfavillanti di
allarme)_ Ma il giorno in cui si mostrasse proclive ad amarti, tu non le
risparmieresti le insidie che potrebbero farla pericolare, e non avresti
pietà nè del suo cuore nè del suo onore....

GIULIO

Chi te lo dice?! Per la frenesia che ti ha preso di umiliarmi, mi
scaraventi addosso le più fantastiche ipotesi. Cerca di guardarmi dentro
prima di formulare giudizi sulla mia condotta presente e futura. Non
cominci a capire che io mi trovo in uno stato d'animo che esclude
assolutamente i mali propositi che vorresti sorprendere in me? Non
cominci a capire che io mi torturo per Annita come non avevo mai creduto
di potermi torturare per una donna?

DON FIORENZO

_(aspramente)_ È la prima che ti resiste, ed è perciò che ti torturi.
Quello che tu senti per lei non ha nulla di comune con l'amore!

GIULIO

_(alzando la voce)_ Ma, insomma, quale prova ne hai per affermarlo con
questa convinta sicurezza?! Un uomo della tua serietà dovrebbe ben
guardarsi dal correre dietro la sua fantasia come un bambino esaltato!

DON FIORENZO

_(prorompendo)_ Io ti ripeto che tutta la tua vita ti denunzia! Quello
che tu senti per lei non è, non può essere amore! È bensì la curiosità
suscitata in te dalla sua virtù adamantina! È la irritazione per la sua
resistenza! È la smania di trionfare in una impresa difficile! Ed è,
disgraziatamente, anche qualche cosa di peggio. Non ne dubito, io! Sì, è
anche qualche cosa di peggio! È il capriccio insoddisfatto, è il
puntiglio accanito dei tuoi sensi!

GIULIO

_(insorgendo con impeto iracondo)_ Ah, no, basta, adesso! Basta! Basta!
Non pare possibile che tu, giudicando tuo fratello, affoghi la tua bontà
in calunnie così grette, così malvage e così nauseanti!

DON FIORENZO

_(col gesto di chi riceve all'improvviso un urto formidabile)_ Giulio!

GIULIO

Te l'avevo avvertito di non contare troppo sulla mia pazienza!... Perchè
dovrei tollerare più a lungo la tua arbitraria requisitoria? Quello che
sento per Annita è degno di lei, e lo proclamo con tutte le forze del
mio essere, respingendo fieramente i tuoi sospetti inconsulti. Una
volta, no, non sarei stato capace di un simile amore, ed io per il primo
lo dichiaro; ma siete stati tu e lei che mi avete in poco tempo
ricostruito, siete stati tu e lei che mi avete rinnovato esercitando su
me una specie di malìa irresistibile, ed è davvero esasperante
l'ingiustizia con cui, ora che mi avete fatto diventare un vostro affine
e che per tale dovreste ritenermi, tu mi vilipendi ed ella mi disprezza!
Certo, non sono un asceta. Non so amare immergendomi nelle astrazioni
cerebrali. I miei sensi gemono, i miei sensi anelano, i miei sensi
chiedono! Essi attribuiscono alla persona di quella fanciulla una
bellezza eccezionale, una bellezza affascinante, che ella,
probabilmente, non ha. Io ho perduta la facoltà di esaminarla, di
analizzarla, di valutarla, e, malgrado questo, o appunto per questo,
nessun'altra donna, oramai, potrebbe sembrarmi bella come lei, ed io la
desidero, sì, la desidero, la desidero, come nessun'altra donna potrò
mai più desiderare!...

DON FIORENZO

_(ascolta, attonito, sillaba per sillaba, in una crescente tensione. Ha
le sopracciglia tirate in su, la fronte aggrinzita, le labbra tremule.)_

GIULIO

Ma è ben diverso, caro Fiorenzo, questo mio desiderio dalla cupidigia di
cui tu mi accusi e che, senza dubbio, io stesso ho tante volte provata!
Questo mio desiderio si muterebbe in ribrezzo, si muterebbe perfino in
odio se, per uno strano fenomeno mostruoso, Annita mi si offrisse così,
come tutte le donne che per me tradirono un amante o un marito o
gettarono alla ventura la loro verginità. E dunque? E dunque? Dov'è il
mio capriccio? Dov'è l'accanito puntiglio dei miei sensi? Dov'è?
Dimmelo! Dimmelo! Dimmelo, perdio!

DON FIORENZO

_(umiliandosi, annichilendosi)_ No, Giulio!... No! Riconosco che sono
stato orribilmente ingiusto con te.... Riconosco di averti
calunniato.... Che devo fare?!... Che devo dirti?!... Me ne pento.... Te
ne chiedo perdono....

_(Breve pausa.)_

GIULIO

Mi hai costretto a parlare di cose, che volevo tenere per me, chiuse nel
mio cuore. La voce e le parole le guastano... le rendono perfino
ridicole.... Se ti preme ch'io non ti serbi rancore d'avermele strappate
di bocca, fingi di scordarle e non costringermi a parlarne mai più.

DON FIORENZO

E pretenderesti che io restassi a contemplare inerte il compassionevole
caso che minaccia di atrofizzare la tua giovinezza? Pretenderesti che io
mi rassegnassi a non venire in tuo aiuto?

GIULIO

Tu non puoi mutar nulla!

DON FIORENZO

_(levandosi con uno slancio inconsapevolmente altero)_ Ah, lo vedremo se
non posso mutar nulla! Io voglio vederti felice, Giulio! Io voglio che
ella intenda ed apprezzi profondamente questa adorazione che sinora le
hai fatto ignorare! Io voglio che ella sia, in un giorno non lontano, la
tua fedele compagna..., la tua sposa devota....

GIULIO

Ma bada che diventi matto!

DON FIORENZO

_(infervorandosi sempre più del suo forte convincimento)_ No che non
divento matto!... Stai pur tranquillo! Non divento matto! Un nuovo
dovere, diametralmente opposto a quello indicatomi dal mio pessimismo, e
più urgente e più bello, mi è ordinato dalla tua rivelazione, e io ti
garantisco che lo adempirò! Spetta a me di ottenere che lei ti ami come
tu meriti. Spetta a me di ravvivare quel marmo e di farlo vibrare se le
sue fibre non sono già, nascostamente, vive e vibranti.

GIULIO

Tu stesso non credi alla possibilità di quello che ti riprometti!

DON FIORENZO

_(congestionandosi in un impeto volitivo)_ Io ci credo, ti dico, come
credo alle cose tangibili che stanno davanti ai miei occhi!... Non vedi
come sono agitato?!... Non vedi come mi squassano i battiti del
cuore?...

GIULIO

Ma sì, lo vedo....

DON FIORENZO

E sai tu che è questo? Lo sai? Lo sai? Lo sai?... È l'esultanza, è
l'esultanza febbrile che provo quando mi sento _sicuro_ di essere
realmente un po' utile col semplice soccorso della mia logica e della
mia volontà, senza le energie affibbiatemi dal Dottor Finizio e senza
mettere a soqquadro le sfere celesti!... Per fortuna, potrò anche
procedere speditamente, perchè lei è preparata ad avere proprio oggi,
qui, non in chiesa, un colloquio decisivo con me....

GIULIO

_(saltando in piedi)_ Un colloquio decisivo?!

DON FIORENZO

Le ho mandato pocanzi un biglietto per mezzo di Barbarello... che, se
non mi sbaglio, _(tendendo le orecchie)_ è già di ritorno. La pregavo di
recarsi in casa mia e l'avvertivo che prima di parlarle ti avrei
interrogato per scrutare il tuo animo. Ah!... ora che io lo conosco a
fondo, saprò farlo conoscere a lei come tu non sapresti mai!

GIULIO

Non secondare la tua illusione, Fiorenzo, te ne supplico! Non procurarmi
il dolore e la mortificazione di un rifiuto reciso!

DON FIORENZO

_(con un involontario scatto di durezza)_ Io so quello che faccio, e non
mi lascerò trattenere dalla tua pusillanimità! _(Continuando ad agitarsi
in una malsana vivacità esuberante)_ E Barbarello perchè non sale?...
Perchè non sale?... _(Va sul pianerottolo e chiama:)_ Barbarello!...
Barbarello!... Che aspetti lì?... Svelto!... Svelto!.. Svelto!


SCENA III.


BARBARELLO

_(giunge affaccendato, zelante, e un po' sorridente. Nel vedere Giulio,
si muta. Ha una espressione di diffidenza e di riluttanza e lo guarda in
cagnesco.)_

DON FIORENZO

Hai trovata la signorina Annita?

BARBARELLO

_(pronunziando con minore stento del solito)_ Sì... ho trovata.

DON FIORENZO

E il mio biglietto?... La mia lettera?...

BARBARELLO

Sì.

DON FIORENZO

L'ha letta?

BARBARELLO

_(con un superfluo gesto esplicativo)_ L'ha letta.

DON FIORENZO

E non ti ha assicurato che sarebbe venuta sùbito?

BARBARELLO

_(avvivandosi in tutta la persona, trincia l'aria dall'alto in basso con
l'indice della mano destra teso verso il pavimento)_.... Signorina è
venuta, e sta giù.

DON FIORENZO

Bravo Barbarello! Ti si comincia a sciogliere lo scilinguagnolo!
Progredisci che è una meraviglia! Falla salire, adesso, la signorina
Annita! Falla salire!

BARBARELLO

_(con immediata obbedienza, esce frettolosamente.)_

DON FIORENZO

_(a Giulio)_ Dunque, il tuo diavolo non è poi tanto brutto come tu lo
dipingi.

GIULIO

Perchè?

DON FIORENZO

Lei non ha perduto tempo a venir qui.

GIULIO

_(con ironia)_ Gran cosa!

DON FIORENZO

Non sarà _gran cosa_, ma è certo un piccolo indizio promettente.

GIULIO

Oh!... Molto piccolo!

DON FIORENZO

Sono spesso appena percettibili gl'indizii che preannunziano i fatti più
importanti della nostra vita!...

GIULIO

_(troncando)_ Il che, per altro, non m'impedisce di andarmene. _(Fa per
allontanarsi.)_

DON FIORENZO

_(afferrandolo per il braccio)_ Un momento almeno per salutarla. Non c'è
scopo di essere un maleducato....

GIULIO

Io preferisco di non incontrarmi con lei!... Non m'imporre questo
incontro insopportabile!


SCENA IV.


ANNITA

_(entrando, ode le parole di Giulio, e sta per ritrarsi.)_

DON FIORENZO

_(scorgendola con la coda dell'occhio e voltandosi d'urgenza)_ Entrate,
Annita!... Ve ne prego.... Può egli preferire di evitarvi, ma sono io
che vi ho chiamata.

ANNITA

_(si avanza.)_

_(Un silenzio.)_

GIULIO

_(rammaricato, imbarazzato)_ Spero, signorina, che non abbiate
attribuito alcun valore alle mie parole. Vi son potute parere sgarbate
ed aspre, ma... non le dicevo che a me stesso... per la molestia che ho
temuto di darvi incontrandomi con voi....

DON FIORENZO

_(in un tono di gaiezza ostentata)_ E siccome la signorina Annita si
guarda bene dal protestare, a te non resta che sospenderle l'incomodo...
della tua presenza.

GIULIO

Indubitatamente. _(Si avvia difilato verso il fondo.)_

DON FIORENZO

_(tra lo scherzoso e il serio)_ Ah, no! Dove vai, ora?! È necessario che
tu mi stia a portata di mano. Avrai la compiacenza di non prendere il
largo e di trattenerti nelle stanze del _reverendo_, che ti autorizza
anche a profumarle con le tue sigarette....

GIULIO

Ma io mi annoio di rimaner sequestrato in quelle topaie!...

DON FIORENZO

_(accompagnandolo, fino all'uscio, con un braccio sulla spalla)_ Ti
metterai a passeggiare sul terrazzino e guarderai le rondini che
s'inseguono. Non ti pare abbastanza divertente nemmeno questo?

GIULIO

_(uscendo triste e svogliato)_ Sì, divertentissimo.... Te ne
ringrazio!...


SCENA V.


DON FIORENZO

_(chiude. Indi, si fa grave, preoccupato, e appare anche alquanto a
disagio e disorientato. — Ma a un tratto intensifica il suo pensiero e
il suo proposito. Si rianima, si rieccita, e comincia vivamente:)_ Ciò
che sto per dirvi, figliuola mia, ha un'importanza che forse non saprò
esprimere. Io vi esorto a intenderla, a sentirla, escludendo dalla
vostra mente il dubbio che il mio affetto fraterno e la mia esaltazione
ingrandiscano il vero. C'è un fatto della cui autenticità _io_ mi rendo
garante verso di voi. Giulio v'idolatra! Certo, nè io nè voi lo avremmo
creduto suscettivo di questa idolatria, di questo meraviglioso amore che
tanto si eleva dal basso livello di tutte le sensazioni e di tutti i
sentimenti che la consueta mediocrità umana suole agguagliare all'amore.
E io vi rivelo, oggi, l'uomo eletto che si è rivelato a me pocanzi, e
davanti al quale, con devota ammirazione, io avrei voluto
inginocchiarmi. Pensate, Annita! Pensate. È per voi che egli è uscito da
quella mediocrità in cui era sempre vissuto, è a voi che egli deve di
essersi nobilitato, è a voi che egli deve d'aver sollevato il suo
istinto a una magnifica aspirazione!...

ANNITA

_(impressionata, ombrosa, quasi impaurita)_ Ma io... non ho fatto nulla
perchè ciò accadesse.

DON FIORENZO

E chi ne dubita? Il potere che una donna esercita sopra un uomo non
emana dalle azioni di lei e nemmeno dalla sua volontà. È qualche cosa di
ineluttabile che non ha nè cause, nè misura, nè freno, e che si compie
con la stessa ineluttabilità con cui si compiono tutte le altre forze
che governano il creato. Voi, così timida, così solinga, così
involontaria, così immota nell'atmosfera dell'umanità, siete stata
l'unica donna che lo abbia fortemente e nobilmente innamorato. Il
caso..., credete a me,... non è eccezionale. _(Gli manca per un istante
la lena. — Poi continua:)_ Ma, intanto, è così bello che non può
lasciare indifferente una donna come voi. Nulla avete fatto, voi, perchè
accadesse ciò che è accaduto, e appunto questa è la ragione — se anche
altre non ce ne fossero — per la quale ciò che è accaduto... deve
conquistarvi.

ANNITA

_(in un tono pauroso)_ Conquistarmi?!... Conquistarmi, no.

DON FIORENZO

La vostra stessa bontà, la vostra stessa purezza, tutte le vostre virtù,
vi trarranno verso l'uomo che le ha sapute rintracciare nei vostri
silenzii, che le ha sapute circondare di un sogno tenero e ardente....

ANNITA

_(temendo e difendendosi)_ No, Don Fiorenzo!... Io sono molto grata al
signor Giulio; ma, oltre della mia gratitudine, che può sperare egli?...
che può sperare da me?... Diteglielo voi che si dia pace e che non me ne
tolga.... Diteglielo voi che si allontani... che si allontani... che se
ne vada!...

DON FIORENZO

_(come incalzato da un acuto tormento indeterminabile)_ Voi lo
scacciate?!... Lo scacciate come se egli volesse recarvi offesa?... come
se egli volesse contaminarvi?...

ANNITA

Io non lo scaccio.... So bene che avrei torto di scacciarlo. _(Smaniando
e stentando a precisare le sue idee)_ Ma mi sembra... che dovrebbe
allontanarsi per la sua tranquillità... se è vero che egli è tanto preso
di me... come voi mi assicurate....

DON FIORENZO

Io non lo farò muovere di qui, Annita, e voi dovete accoglierlo
fiduciosamente, dovete accoglierlo con tutta la dolcezza di cui il
vostro animo è capace....

ANNITA

Cercherò d'indurlo a rassegnarsi....

DON FIORENZO

Ma no! Non è questo che io voglio.

ANNITA

Gli sarò amica affettuosa....

DON FIORENZO

Non è questo ch'io voglio!...

ANNITA

L'amicizia è pur sempre una cosa gentile, è pur sempre una
consolazione....

DON FIORENZO

La vostra amicizia non sarebbe che una irrisione per lui, che palpita,
soffre, s'inebbria sotto il dominio della vostra persona inconsapevole.
L'amicizia, no! no! no! Non è questo che io voglio!

ANNITA

E allora?!...

DON FIORENZO

_(diventando, immediatamente, solenne nella persona e pur quasi umile
nella voce)_ Annita, mio fratello, per mezzo mio, vi supplica... di
essere la sua sposa.

ANNITA

La sua sposa? _(Sostenendosi al tavolino ha appena il fiato per
articolare qualche parola, a cui cerca di dare un accento di volontà
ferma e decisiva)_.... No.... Questo non è possibile!... Non sarà
possibile... mai!

DON FIORENZO

_(la osserva con una fissità in cui convergono il suo pensiero, il suo
udito e la sua vista. Indi le chiede lentamente:)_ E desiderate che io
gli riferisca sùbito la vostra risposta?

ANNITA

_(abbandonandosi, esausta, sopra una sedia)_ Sì.

DON FIORENZO

Sta bene. _(Dopo averla, ancora, osservata lungamente, prende una sedia,
le siede vicino — e ricomincia a parlarle pacato, insinuante, con
paterna intimità.)_ E se io vi dicessi, Annita, di non esser convinto
che voi non possiate, più tardi, pentirvi del vostro rifiuto?

ANNITA

Crederei di trovarmi, oggi, innanzi a una persona che non mi conosce,
non dinanzi al mio confessore, che legge ogni giorno nella mia
coscienza.

DON FIORENZO

Alla vostra coscienza sfugge assai di frequente quello che si chiude
nell'enigma del vostro spirito. Limitandomi a leggere in essa, ignorerei
di voi tutto quello che voi medesima ignorate. Io vi ho scorti, dianzi,
sul viso, i segni di una intima lotta, che appunto sfuggiva alla vostra
coscienza. Era una lotta inconsciente e confusa, ma tale che tutte le
vostre fibre ne risentivano, torcendosi come fili d'erba sopra un suolo
arroventato. E, quando vi ho chiesto categoricamente se dovessi riferire
a mio fratello il vostro diniego assoluto, voi avete fatto cadere dal
labbro un triste monosillabo, abbattendovi come se, insieme, fosse
irreparabilmente caduta tutta la vostra vita.

ANNITA

Perdonatemi, ma voi... date un'interpretazione erronea a una mia
sofferenza passeggera. Siete stato voi che mi avete messa al supplizio.
Io ho dovuto lottare contro il vostro fervore, contro la vostra
insistenza.... Perciò soffrivo tanto!

DON FIORENZO

Ma avreste ugualmente sofferto per negare la vostra mano a un altro
uomo,... a un altro innamorato, del quale io fossi stato l'interprete
con la stessa insistenza, con lo stesso fervore?

ANNITA

No.... Avrei sofferto meno.... _(Correggendosi)_ Mi sarebbe stato meno
penoso.

DON FIORENZO

E questo non basta a farvi sospettare che amate mio fratello?!

ANNITA

Ma io non so amare, non posso amare.

DON FIORENZO

Voi, oramai, lo amate, Annita, e, secondo me, cominciaste ad esserne
conquistata fin da quando lo conosceste. Io ricordo che, raccontandomi,
talvolta, nella confessione, i colloqui a cui egli vi induceva con
pretesti meditati, mentre le vostre parole volevano dinotare una
costante serenità, voi eravate molto commossa. Parlavate così fiocamente
che si sarebbe potuto credere che temeste d'essere ascoltata dall'aria.
Eppure, quel susurrio sommesso non dissimulava al mio orecchio, come
forse al vostro, la singolare commozione della vostra voce.

ANNITA

Se di quei colloqui io mi fossi compiaciuta, ve l'avrei detto.

DON FIORENZO

Sentivate, per altro, il bisogno di confessarvene!

ANNITA

Mi pareva che sarebbe stato meglio evitarli. E siccome non avevo questa
energia, me ne confessavo... sperando da voi una proibizione per la
quale li avrei immancabilmente evitati.

DON FIORENZO

Speravate una proibizione da me?!...

ANNITA

Sì. L'aspettavo, anzi.

DON FIORENZO

_(con un forte sobbalzo di maraviglia)_ E perchè?!... Io non mi son mai
proposto d'impedire nè che vi si amasse, nè che voi v'innamoraste!

ANNITA

Ma da quando venni a pregarvi di aiutare la mia povera anima che andava
a tentoni in una oscura solitudine, voi l'aiutaste avvicinandomi a Dio,
come voi, insieme con voi. La vostra fede incrollabile creò in me la
persuasione profonda che non c'è salvezza fuori di Lui. Il vostro
pensiero distaccò il mio da ogni miseria della terra, lo innalzò, lo
purificò. Io provai ben presto una letizia senza paura, senza dubbi,
senza restrizioni,... e nessun sentimento terreno avrebbe potuto mai più
trionfare di me!

DON FIORENZO

_(invaso a poco a poco dal terrore della verità)_ Ma, dunque?!... Il
responsabile del rifiuto che avete opposto a mio fratello sono io!?

ANNITA

_(con inconscienza)_ No....

DON FIORENZO

Ma sì! Questo è evidente! Questo è evidente!

ANNITA

E se anche fosse?... Il signor Giulio si persuaderà che tante donne sono
più di me meritevoli del suo immenso amore, e guarirà, mi dimenticherà.
Di che vi rammaricate?

DON FIORENZO

_(scoppiando di angoscia)_ Io mi rammarico di essere il suo nemico, mi
rammarico di essere il vostro oppressore!

ANNITA

Il mio oppressore voi, che mi avete assicurato un bene infinito?!

DON FIORENZO

Il più funesto degli oppressori! È una REALTÀ terribile che non avevo
mai veduta, e me la fanno vedere adesso le parole semplici con cui avete
finalmente giustificata la vostra resistenza! _(Disperandosi)_ Me la
fanno vedere flagrante! Me la fanno vedere incontestabile!...

ANNITA

Ma che vi hanno detto le mie parole?! Vi hanno detto che io sono felice.

DON FIORENZO

_(con un accento feroce e lacerante)_ Voi mi odierete il giorno in cui i
vostri istinti scuoteranno il giogo del fanatismo religioso.

ANNITA

_(sorpresa, spaventata)_ Don Fiorenzo!

DON FIORENZO

E avrete ragione di odiarmi! Sì! Avrete ragione di esecrarmi! Chi sa
quale abisso avrà aperto allora il tempo fra voi e mio fratello! Chi sa
quali circostanze vi avranno messi su due cammini divergenti. Egli avrà
già dispersi in un pantano i fiori superstiti del suo giardino
devastato, e voi sarete lontana da lui, e comprenderete inutilmente di
averlo amato sempre e vi struggerete, vi struggerete udendo la voce di
questo amore sepolto vivo!...

ANNITA

Voi non fate che prevedere il peggio per aver motivo di martirizzarvi,
per aver motivo di accusarvi....

DON FIORENZO

_(con una veemenza frenetica)_ E non mi accusa, forse, anche più
severamente, lo spirito di vostra madre, dalla quale mi foste affidata e
di cui siete voi stessa... l'ombra perenne?!... Io vi ho condotta con
una benda sugli occhi fuori del mondo, io vi ho sottratta al fascino di
mio fratello col fascino del misticismo, io ho separate l'una dall'altra
due esistenze il cui destino era probabilmente di fondersi e di
completarsi a vicenda nella benefica comunione della famiglia!
_(Deprecando, nella disperazione estrema, con gli sguardi al cielo e le
mani sul capo arrovesciato)_ Dio onniveggente, punitemi voi! Non abbiate
indulgenza per me!

ANNITA

_(perduta nello sbigottimento)_ Ciò che voi mi dite non arriva al mio
povero cervello, e intanto mi sconvolge, mi sgomenta, mi getta in una
nuova desolazione.... È come se, all'improvviso, in una notte nera, una
mano invisibile mi trascinasse via da una casa ospitale, da un asilo
tranquillo, da un asilo sicuro....

DON FIORENZO

Lasciatevi trascinar via! Lasciatevi trascinar via! Liberatevi dalla mia
suggestione.... Siete ancora in tempo per riafferrare la vostra libertà
e la vostra sincerità. La gioia del sacrifizio non è in voi che un
equivoco, non è in voi che un deviamento. Nelle estasi ascetiche, si
tramuta e prorompe la vostra sensibilità, che è tutta femminile. In
quelle estasi i battiti del cuore vi spezzano il petto, la febbre vi
infiamma le vene, gli occhi velati di spasimo pérdono la percezione
delle cose che vi sono estranee....

ANNITA

È vero!

DON FIORENZO

La mente vi si offusca....

ANNITA

È vero!

DON FIORENZO

Voi non ragionate più, non pensate più....

ANNITA

È vero!

DON FIORENZO

Tutto il vostro essere si abbandona a un delirio di cui vorreste morire
perchè vi sembra di vivere, in quei momenti, la vostra vita più
bella....

ANNITA

_(commovendosi, inebbriandosi)_ È vero! È vero!

DON FIORENZO

_(con un grido soffocato)_ Ebbene, questo è l'amore, Annita! Datelo a
chi vi ama sulla terra, voi che lo potete! _(Poi spalanca le pupille
come atterrito dalle sue parole, e rettifica, spiega, ansimando,
smarrendosi)_.... Io vi parlo così... perchè Dio non vuole l'adorazione
delle anime deliranti in una ibrida follia, che gli mentisce, che lo
insulta, che lo profana.... È necessario, dunque, che da questa follia
profanatrice, alla quale oramai so di avervi sospinta,... io stesso vi
salvi.

ANNITA

_(con la voce fioca che le si rompe nel pianto)_ Ditemi quello che devo
fare.... Ditemelo voi.... Io non desidero che di obbedirvi....

DON FIORENZO

E sia! Accetto ancora la vostra obbedienza, perchè credo fermamente che,
questa volta, accettandola, io non vi farò obbedire che al vostro cuore.
Voi sposerete mio fratello,... al più presto possibile. La sua
giovinezza ridarà alla vostra il bel sorriso scomparso. Nella sua casa
troverete una sicurtà e una pace molto più vere di quelle che vi pareva
di aver trovate nella tristezza di un confessionale. E tutto ciò avrà
risparmiata una menzogna alla religione di Cristo,... un rimorso a me.
_(Stanco; trafelato, col respiro affannoso)_ Avete inteso, Annita?...
Avete inteso?...

ANNITA

_(con sottomissione, frenando il pianto)_ Sì.... Ho inteso.

DON FIORENZO

_(respirando come si respira in una tregua dell'asma)_ Grazie! _(Dopo un
breve indugio, risolutamente affretta il passo, va fino alla porta a
sinistra, l'apre, e, sulla soglia, con la voce abbastanza chiara,
grida:)_ Giulio!... Vieni.


SCENA VI.


GIULIO

_(comparisce.)_

DON FIORENZO

_(se lo stringe al petto fortemente. Poi, se ne distacca, e, avviandolo
con dolce atto verso lei, dolcemente lo esorta:)_ Va.... Parlale tu,
ora.

ANNITA

_(sospesa nell'orgasmo strano, non piange più.)_

GIULIO

_(attonito, dubbioso)_ Ma che vuol dire questo?!...

DON FIORENZO

... Vuol dire... che ella... sarà tua moglie.

GIULIO

_(ha un fremito di stupefazione esultante, ma sùbito ridiventa dubbioso.
Le si accosta a poco a poco. Con estrema timidità le siede accanto, e
vorrebbe interrogarla:)_.... Annita....

DON FIORENZO

_(rimane indietro, lontano, rimpicciolendosi, contemplandoli.)_

ANNITA

_(trema e china il capo. — Di nuovo alcune lagrime le rigano il viso.)_

GIULIO

_(le guarda, e pare che le conti. — Non può, non osa continuare.)_

DON FIORENZO

_(si sottrae d'un tratto alla contemplazione. Ma ha tuttora gli occhi
fissi, come gli occhi aperti di un cieco. — E, quasi come un cieco, dopo
aver preso il cappello dall'attaccapanni, più lieve di un'ombra,
inavvertito, per la porta in fondo, dilegua.)_

(SIPARIO.)



ATTO QUARTO.

_La medesima camera._

_La porta in fondo è socchiusa. — Il balcone è spalancato._


SCENA I.


_(Nella camera, nessuno. Ma dalle scale penetra un cinguettio femminile,
gaio e pettegolo. Qualche urletto, qualche risatina quasi fanciullesca
sembrano il linguaggio festoso dei frizzanti raggi di luce meridiana che
inondano quel vuoto.)_

_La voce di LISETTA_

Ma che fai? Dove vai?

ROSARIA

_(apre un po' più i battenti e fa capolino. — Poi, ritraendo la testa,
chiama con zelo giocoso:)_ Vieni qua, Lisetta! Vieni! Vieni!

_La voce di LISETTA_

Che si vede?

ROSARIA

La casa di Don Fiorenzo!

_La voce di LISETTA_

Veramente?! _(Chiamando alla sua volta:)_ Mariuccia! Carmela!...
Titina!... Reginella!... La casa di Don Fiorenzo!... E chiamate le
altre.... Chiamate le altre....

LISETTA, MARIUCCIA, TITINA, CARMELA _e_ REGINELLA

_(asserragliandosi alle spalle di Rosaria)_

La casa di Don Fiorenzo!... La casa di Don Fiorenzo!...

ROSARIA

Tutte sulle mie spalle vi siete messe?

MARIUCCIA

Ne sei tu sicura, Rosaria, che è questa la casa del santo?

ROSARIA

_(con la testolina fra i battenti)_ Primo piano, porta a sinistra.... Me
lo ha detto la mia nonna che abita qui, a Roverano.

_(Si affaticano a parlare sottovoce, puerilmente, guardinghe e
misteriose.)_

MARIUCCIA

_(allungando il collo per veder bene)_ Ma pare una casa qualunque.

LISETTA

_(spiegando)_ Lui poi non è proprio un santo vero.

MARIUCCIA

Perchè?

LISETTA

I santi veri non campano mai.

ROSARIA

Tutte sulle mie spalle come tanti sacchi!...

LISETTA

Se entrassimo un poco?...

ROSARIA

Aspettate.... Debbo entrare prima io.

LE COMPAGNE

Entra! Entra!

ROSARIA

_(si avanza sulle punte dei piedi, guardando attorno.)_

LE COMPAGNE

_(liete e curiose, imitandola, la seguono a distanza.)_

_(Son tutte contadinotte non povere e piuttosto incivilite. Hanno i
vestiti della festa, freschi e luminosi. Reca ognuna un piccolo fascio
di fiori ottobrini. — La più giovane è REGINELLA. Potrà avere quindici
anni appena, ed è fine, signorile, timida, bionda.)_

REGINELLA

_(perde l'equilibrio e si appoggia improvvisamente a Mariuccia.)_

MARIUCCIA

_(alzando la voce senza volerlo)_ Ohè, Reginella! Che ti piglia? Mi cadi
addosso!...

REGINELLA

Non ci so camminare sulle punte dei piedi.

ROSARIA

E zitte! Non fate chiasso!

MARIUCCIA

Ma, per sapere: chi è che ci sente? Certo, Don Fiorenzo è in chiesa con
gli sposi a quest'ora.

CARMELA

Io li ho visti passare per la piazza gli sposi, ma Don Fiorenzo non li
accompagnava.

MARIUCCIA

Non li accompagnava? Avrà anticipato.

ROSARIA

_(chinandosi presso l'uscio della camera accanto per spiare dal buco
della serratura)_ E se non c'è lui qua dentro, può esserci lo scemo.

LISETTA

_(le sta dietro con la speranza di spiare anche lei.)_

REGINELLA

_(voltandosi e vedendo lo scarabattolo)_ Uh!... Quanto è bello!...

TITINA, MARIUCCIA _e_ CARMELA.

_(s'affrettano ad ammirare.)_

MARIUCCIA

Questa sì che è roba da santo!

TITINA.

Gesù in croce!...

CARMELA

Con la Madonna che piange!

MARIUCCIA

Sembrano vivi tutti e due!

LISETTA

_(a Rosaria che spia)_ Vedi nessuno?

ROSARIA

Nessuno.

TITINA

La Madonna ha i capelli tuoi, Reginella!

REGINELLA

_(dolce e modesta)_ Eh!... Volesse Iddio!

ROSARIA

_(spaventata)_ Dal vano d'una finestra esce una mano che muove una
sedia!

_(Tutte si allarmano gioiosamente.)_

CARMELA

Per carità! Se è lo scemo, stiamoci attente! Dicono che è tanto cattivo!

TITINA

Cattivo lo scemo?!... Al contrario!... Io lo conosco. Fossero buoni
tutti i cristiani come quel poveretto!

REGINELLA

Buono dev'essere perchè il santo gli comanda l'anima e il corpo.

CARMELA

Sì, e come fu che uccise con una mazza di ferro il cane di Mastro
Michele?

TITINA

Lo uccise per causa che quel cane abbaiava sempre a Don Fiorenzo.

LISETTA

_(con accento accusatore)_ L'ho visto io, lo scemo, strangolare una
gallina per due soldi avuti dalla mia nonna, che, alla vigilia di
Natale, non ebbe cuore di strangolarla lei stessa. E abbaiava forse a
Don Fiorenzo quella gallina?

TITINA

Ma che vuol dire questo? Una gallina non si strangola mai per farle
male.

ROSARIA

_(che s'è rimessa chinata presso l'uscio a spiare, dà di nuovo
l'allarme)_ Anche un piede!

REGINELLA

_(vedendo ora il cappello del reverendo sopra una sedia e prendendolo e
mostrandolo sùbito, in grande orgasmo, alle compagne)_ Non è uscito il
reverendo perchè questo è il cappello suo!...

ROSARIA

_(balzando)_ È lui! È lui! Andiamo via! Scappiamo!

_Tutte_

Scappiamo! Scappiamo!

_(In iscompiglio, si dànno alla fuga; ma DON FIORENZO comparisce in
tempo.)_


SCENA II.


DON FIORENZO

_(infastidito e severo)_ Che c'è, qui?!

_(LE RAGAZZE che stavano per uscire si fermano e si voltano, mortificate
e confuse.)_

DON FIORENZO

Io non vi conosco nemmeno. Che volete? Che facevate?

REGINELLA

_(gli si trova più presso delle altre, e, poichè, nello scompiglio,
stava per portare seco il cappello, ora, tutta tremante, nascondendoselo
sul dorso, indietreggia un poco e cerca le mani di qualche compagna.)_
Niente facevamo, Padre Fiorenzo!... Siamo venute per....

ROSARIA

_(intervenendo)_ Per lo sposalizio della signorina Annita siamo venute.
Da noi, sempre che c'è uno sposalizio in un villaggio, tutti i villaggi
vicini, lo sapete, mandano una ragazza per dare alla sposa i fiori del
mese.... È l'usanza.

LISETTA

_(intervenendo)_ E poi, è tanto cara la signorina Annita!... Quando
compariva per le campagne, pareva la santa Vergine della Saletta....

TITINA

_(intervenendo)_ Reginella, che è devota come lei, la incontrava anche
al santuario dei Cappuccini. Erano diventate amiche....

MARIUCCIA

_(intervenendo)_ Ed è Reginella che dirà alla sposa gli augurî del rito.
_(Rivolgendosi con grazia a Reginella)_ Fagli sentire, a Padre Fiorenzo,
come sai dirli bene. _(Incoraggiandola)_ «Sposa bella, — non catene e
dolci anella».... Fagli sentire!...

REGINELLA

_(occupata a consegnare, finalmente, il cappello nelle mani di Carmela,
che apposta le è rimasta alle spalle, non può, non sa aprir bocca.)_

ROSARIA

Si vergogna.... Ma se la signorina Annita fosse qui, piglierebbe
coraggio, e che voce getterebbe all'aria!

DON FIORENZO

_(nervoso)_ Ma insomma!... Insomma!... Che ho di comune, io, con tutta
codesta faccenda?

ROSARIA

_(imbarazzata)_ L'usanza è che le ragazze aspettino davanti alla casa
degli sposi.... Credevamo che....

DON FIORENZO

La casa degli sposi è più su!


SCENA III.


SEBASTIANO

_(è entrato dal fondo, tutto immerso nella sua tetraggine, e,
irritandosi nel vedere il piccolo sciame di fanciulle, sbraita:)_ È più
su! È più su! Altri venti scalini, se non vi rompete la nuca prima di
arrivarci. Questa è la casa di un prete. Via di qua! Via di qua,
seccatrici!... Via di qua!

LE RAGAZZE

_(si affrettano a uscire, stringendosi l'una all'altra e guatando
Sebastiano con la coda dell'occhio.)_

SEBASTIANO

_(chiudendo la porta con violenza)_ Sfrontatelle pettegole
maleducate!... Col pretesto dell'usanza, corrono ad annusare i fumi
della cucina non potendosi ancora sedere a tavola!...

DON FIORENZO

Be', nulla di grave.

SEBASTIANO

Ppuh!... _(Poi, borbottando parole che non si distinguono, siede sopra
una sedia e vi si rannicchia, accendendo un sigaro.)_

DON FIORENZO

_(curvo, stremenzito, accasciato, ma irrequieto, passeggia a brevi
tratti come un malinconico orso in gabbia, e si ferma di tanto in tanto,
appoggiandosi a qualche mobile.)_

_(Un lungo silenzio.)_

SEBASTIANO

Ti disturbo?

DON FIORENZO

Ma no. Anzi....

_(Ancora silenzio.)_

SEBASTIANO

Come va che ti sei astenuto dal presenziare la cerimonia nuziale in
chiesa? Mi sono molto meravigliato vedendoti poco fa alla finestra della
tua stanza da letto.

DON FIORENZO

_(assorto, non gli dà ascolto.)_

SEBASTIANO

_(alzando la voce rudemente)_ Parlo con te, perdiancine! Non si può
sapere perchè non ci sei andato allo sposalizio?

DON FIORENZO

Scusa.... non avevo udito.... Per un noioso contrattempo non ho potuto
andarci. Quando stavo per uscire con Giulio, sono stato preso da un
freddo terribile e da un mal di capo così forte che pareva mi scoppiasse
il cranio....

SEBASTIANO

Ci ho gusto che non ci sei andato! Queste nozze mi dànno ai nervi!... E
poi!... Non un invito, non un rinfresco, non un confetto!... Io
compatisco quei cinque galantuomini che si sono scomodati in cilindro e
stiffelius per far da compare e da testimoni. Appena finita la
cerimonia, licenziati in fretta come si smorzano le candele dell'altare
dopo la messa! Roba dell'altro mondo! E perchè? Perchè la preziosissima
signorina Annita è _mistica_! _(Ride con acredine)_ Ah ah ah!... «Il
Misticismo»!... Buffoni e impostori tutti quelli che lo professano. A
cominciare da te!

DON FIORENZO

_(badandogli poco, senza ribellarsi)_ Ma che dici, Sebastiano?

SEBASTIANO

Mi piace d'offenderti. Ecco.

DON FIORENZO

E allora, offendimi. _(Continua a passeggiare.)_

SEBASTIANO

Matrimonio sbilenco... e futura prole rachitica!... Io, già, tuo
fratello non l'ho mai potuto digerire, e quella falsa bigotta, peggio!
Ma oggi li odio addirittura!... _(Poi, mutando bisbeticamente)_ Lo sai
che se non fosse morta mia moglie, non sarebbero sposati?

DON FIORENZO

_(voltandosi con meraviglia)_ Come c'entra la fine della tua povera
signora?

SEBASTIANO

C'entra benissimo. Ai funerali di quella disgraziata cominciarono ad
amarsi!

DON FIORENZO

_(vivamente)_ Chi te l'ha detto?

SEBASTIANO

Lo so!

DON FIORENZO

_(si stringe nelle spalle.)_

SEBASTIANO

È un vecchio conticino che io ho col signor Giulio. _(Ride di nuovo con
crudeltà)_ Ah ah ah!... Egli suole beffeggiarmi per la mia verbosa manìa
di suicida che non s'uccide mai. Va ripetendo che io sono come quei
coristi che cantano: «partiam, partiam, partiamo», e restano sempre al
medesimo posto. Stava per saltarmi il ticchio di fargli una graziosa
sorpresa. Sicuro! M'era venuta l'idea di sbrigarmi proprio oggi. Così,
tornando a casa con la sposina, egli, che ne intraprese la conquista
accompagnando un morto, avrebbe trovato... un altro morto. Non sarebbe
stato un bel regalo di nozze?

DON FIORENZO

Ma cos'hai? Ma cosa ti passa per il capo?... Mescoli i tuoi tormenti di
vedovo inconsolabile con un odio ingiustificato! In sostanza, che ti
hanno fatto di male quei due?...

SEBASTIANO

_(scattando in piedi)_ A me?... A me niente. Ma hanno fatto del male a
te, perdiancine!, e io non lo sopporto.

DON FIORENZO

_(protestando con severità e calore eccessivi)_ Tu pigli una cantonata,
Sebastiano! In che consiste questo male? In che consiste?

SEBASTIANO

Io non lo so, perchè non mi ci sono mai raccapezzato; ma è indiscutibile
che essi te ne hanno fatto e molto!

DON FIORENZO

_(adombrandosi ed accendendosi sempre più)_ Non è vero! Non è vero!

SEBASTIANO

_(inviperito)_ Da quando si sono introdotti in questa casa, tu ti sei
trasformato.

DON FIORENZO

Non è vero!

SEBASTIANO

Hai perduto il tuo buon umore, hai perduta la tua serenità, hai perduto
l'entusiasmo con cui facevi tanto bene a tanta gente....

DON FIORENZO

_(convulso)_ Non è vero!

SEBASTIANO

_(gridando)_ Sei diventato un cencio per causa di quei due bricconi!

DON FIORENZO

Tu non capisci quello che dici!

SEBASTIANO

Io non capisco quello che dico, ma, giacchè tuo fratello giura che sono
un uccellaccio di malaugurio, voglio gettar loro addosso tale una
bestemmia che....

DON FIORENZO

_(in uno scroscio d'ira, coi pugni stretti)_ Sebastiano!... _(Indi,
moderandosi, si scosta da lui e va a sedere sulla sua poltrona. —
Pausa.)_ Sei disgustevole quando fai così.

SEBASTIANO

_(mortificato, commosso, con qualche lagrima negli occhi)_ Oggi, faccio
così... per cose che riguardano te. Noi dobbiamo essere solidali...
perchè siamo due infelici.

DON FIORENZO

_(si alza, gli si avvicina, gli si stringe affettuosamente, tenendogli
un braccio sopra le spalle, e, con tenera intimità, gli dice:)_ Ma non è
giusto, non è ragionevole far pesare sugli altri la infelicità nostra.

SEBASTIANO

Tu sai ragionare. Io, no. Ragiona, dunque, tu... anche per conto mio, e
lascia che io mandi bestemmie... anche per conto tuo.

DON FIORENZO

... Del resto, le bestemmie di una persona buona, fortunatamente, non
colpiscono mai.


SCENA IV.


_(Risuona, a un tratto, il vocìo delle ragazze in agitazione gioconda.)_

DON FIORENZO

_(ergendo la testa come per una impellente energia)_ Credo che giungano!

_(LE RAGAZZE si chiamano fra loro con brio affaccendato:)_

— Eccoli! Eccoli!

— Rosaria!

— Mariuccia!

— Titina!

— E Reginella, dov'è?

— Dov'è, dov'è Reginella?

SEBASTIANO

Ora ti tocca di andare a riceverli?

DON FIORENZO

No,... non è necessario.... Giulio ha visto che non mi sentivo bene e
lui stesso m'ha raccomandato di avermi cura. Crederà che mi sia messo a
letto.

_(Il vocìo femminile aumenta.)_

_(Si distinguono, festevoli, le parole dell'augurio paesano.)_

REGINELLA

_(le lancia con una vocetta limpida, vibrante e carezzosa:)_

    Sposa bella,
    non catene, e dolci anella!

    Non catene!
    Non inganni, ed ogni bene!

SEBASTIANO

_(sbuffando rabbiosamente)_ Le solite vecchie corbellerie!

REGINELLA

_(continua:)_

    Non malanni,
    Sposa bella, per cent'anni!

TUTTE

Per cent'anni!... Viva gli sposi!...

_La voce di GIULIO_

_(in un grido spaventevole)_ Annita!

_(Il vocìo cessa bruscamente.)_

DON FIORENZO

_(trasalendo)_ Sebastiano?!

_(Ora si leva un mormorio cupo.)_

_La voce di GIULIO_

_(urgentissima)_ Apri, apri, Fiorenzo! Apri sùbito!

DON FIORENZO

_(come paralizzato, incapace di muoversi)_ Apri tu, Sebastiano.

SEBASTIANO

_(apre e retrocede sbigottito.)_

_(Un po' oltre la soglia, appare ANNITA, distesa a terra, come esanime,
nel candore della veste nuziale, tra le pieghe del velo che quasi tutta
l'avvolge.)_

_(LE RAGAZZE — quelle che sono entrate dianzi e le altre — ingombrano il
pianerottolo e le scale dirimpetto, tacendo.)_

GIULIO

_(curvo sul corpo di lei, in una concitata desolazione, la soccorre)_
Annita mia!... Annita mia!...

DON FIORENZO

_(con un moto d'immenso spavento)_ Madonna santa, che è accaduto?!

GIULIO

_(sollevando il corpo intirizzito e trascinandolo cautamente verso la
poltrona)_ È orrendo quel che è accaduto!... È orrendo!... Me la sono
vista stramazzare accanto come fulminata!

DON FIORENZO

Come fulminata?!...

GIULIO

Sì, proprio là, sul pianerottolo, quando io mi scostavo dal suo braccio
per bussare alla tua porta e per farti un saluto. Tutta d'un pezzo è
andata giù.... Con l'istantaneità d'un masso di piombo lasciato a sè
stesso.... _(L'adagia sulla poltrona, le riversa la testa sulla
spalliera, le prende le mani che penzolano e gliele raccoglie in
grembo.)_ Che sciagura, Fiorenzo mio! E che infamia!... Che infamia del
destino!...

SEBASTIANO

_(con riservata e timida affettuosità)_ Permettetemi di dirvi, signor
Giulio, se la mia parola non v'infastidisce, che il vostro allarme
disperato per un semplice svenimento è una vera allucinazione, è una
vera follia....

GIULIO

Non può essere uno svenimento! No! Si tratta senza dubbio di un fatto
molto più grave! Si tratta senza dubbio di un colpo mortale! _(Nella
concitazione crescente)_ Non vedete?... Non vedete?... La sua faccia è
diventata di cera, i suoi occhi sono fissi come due occhi di vetro, le
sue membra sono già quasi irrigidite.... In questo corpo non c'è più
nulla di vivo!...

LE RAGAZZE

_(hanno pian piano oltrepassata la soglia e si sono fermate a una certa
distanza, intente, col fiato mozzo. — Soltanto REGINELLA si è fermata
più avanti, non sapendo vietarsi di vedere il volto di Annita.)_

BARBARELLO

_(è entrato dopo le ragazze, ed è rimasto, guatando, tutto contratto,
attaccato allo stipite della porta.)_

DON FIORENZO

_(con gli sguardi intensamente diritti sulla sposa immota, con le vene
agghiacciate, non osa, non può profferir parola; non osa, non può
avvicinarsi a lei.)_

SEBASTIANO

Ma la signorina Annita, benchè un po' fragile e nervosa, non aveva
nessuna malattia. La gravità che voi temete non è presumibile. Mentre,
invece, è naturalissimo che sia svenuta. La cerimonia in chiesa,
l'emozione, la festosità di queste benedette ragazze così discordante
con la sua indole... l'hanno snervata, l'hanno esaurita. Via,
tranquillatevi! E, se non disdegnate la mia offerta, vado a prendere io
quello che ci vuole. Ho ancora in casa tutta una farmacia....

GIULIO

Vi sono grato signor Sebastiano, ma piuttosto fatemi la grazia di
chiamare un medico.... Voglio un medico! Voglio un medico!... A
qualunque costo, un medico, signor Sebastiano!

SEBASTIANO

Cercherò di rintracciare il Dottor Finizio....

GIULIO

Ma presto, ve ne supplico! Non perdiamo più tempo!

SEBASTIANO

Non ne perderemo! Prendo il cappello e volo. _(Entra immediatamente
nella sua casa, ne riesce all'istante col cappello in testa, e si
precipita per le scale.)_

GIULIO

_(agitandosi disperatamente, a Don Fiorenzo)_ E tu?... Stai lì, muto,
impietrito.... Non hai nemmeno il coraggio di dirmi una parola di
conforto?... Che pensi, tu?... Che credi?

DON FIORENZO

Io credo... che l'opinione di Sebastiano sia logica... sia esatta....

GIULIO

_(andando verso Annita)_ Ma quando mai l'aspetto di una donna svenuta è
così terrificante? Quando mai è così lugubre? _(Le posa una mano sulla
fronte.)_ Questa fronte è gelata! È gelata come la fronte di un
cadavere! _(Indi scuote e riscuote quel corpo algido e rigido con la
frenesia di rianimarlo)_ Annita!... Annita!... Annita!... Annita!...
_(Rinunziando)_ È inutile!... Nulla più di vivo qui dentro! Nulla!
Nulla!

DON FIORENZO

... Ma tu... non le hai ancora osservato il polso.

GIULIO

No, Fiorenzo.... Non voglio.... Ho paura di questa prova decisiva.

DON FIORENZO

Vedrai invece che sarà rassicurante. Fatti animo!

GIULIO

_(in preda alla più intensa trepidazione, le si inginocchia accanto, le
prende un braccio, le tasta il polso attentissimamente.)_

DON FIORENZO

Lo senti battere?

GIULIO

Aspetta....

_(Un silenzio.)_

DON FIORENZO

Lo senti battere, sì o no?

GIULIO

No!... No!...

LE RAGAZZE

_(hanno un fremito. — Si ode una raffrenata esclamazione di strazio.)_

DON FIORENZO

... Le pulsazioni sono forse deboli, sono forse capillari, ma non è
possibile che siano cessate.... È un inganno del tuo eccitamento....

GIULIO

_(levandosi)_ Intanto, tu sei atterrito come me, più di me! Il tuo
contegno è di chi si trova innanzi a una catastrofe irreparabile!
Vorresti che io sperassi, ma tu stesso non speri più. E, difatti, perchè
non preghi?... perchè non fai per tuo fratello ciò che faresti per
qualunque sventurato che tu sinceramente esortassi alla speranza?

DON FIORENZO

Tu dimentichi che io so di non meritare la insensata fiducia che si
ripone in me.

GIULIO

Ma se tu non fossi convinto che tutto è finito, ti parrebbe di non dover
compiere nessun prodigio. Crederesti di potermi soccorrere con la
semplice preghiera del sacerdote.

DON FIORENZO

Io sento di essere sempre più indegno della mia missione.... Mi sembra
che non possa più giungere al Signore la mia preghiera!... Mi sembra
finanche di non saper più pregare!... Tuttavia... tenterò... sì...
tenterò.... _(Ha sulla faccia la impronta di un complicato tormento
atroce. Poi, tutta la sua persona si drizza, e si fa più alta. La sua
fisonomia rivela lo sforzo del suo pensiero, lo sdoppiamento faticoso
del suo spirito. A poco a poco, si volge al Cristo dello scarabattolo.
Ancora trepido, vi si accosta, cade genuflesso, piega la testa fino a
toccare con la fronte il margine della tavola su cui si erge lo
scarabattolo, — e prega.)_

_(LE RAGAZZE, estatiche, tacite, rivolte a lui, e in lui assorte,
s'inginocchiano anch'esse; e anche BARBARELLO, fissandolo con perplessa
venerazione, stretto allo stipite, s'inginocchia.)_

GIULIO

_(dopo di aver seguìto con lo sguardo Don Fiorenzo in tutti i suoi
movimenti, dopo di averlo visto cadere ginocchioni, torna ad Annita. —
Resta alle spalle di lei, e, un po' chino, vigila, sfiorandole con la
bocca i capelli. — Nella solennità silente dell'attesa mistica,
l'angoscia lo incalza. Come in un delirio spasmodico, egli le parla col
pensiero. Indi, il suo pensiero diventa parola, sommessa e
affannosa)_.... Era questo... era questo il tuo voto costante, non è
vero?... Tu hai sempre desiderato di fuggirmi!... Sempre!... Sempre!...
Anche dopo che avevi accondisceso a sposarmi, io ti vedevo tremare
vicino a me. E m'illudevo. M'illudevo. Pensavo che fosse il principio di
una sensibilità nuova.... Pensavo che fossero le prime ansie di una
nuova vita.... E certamente doveva essere, invece, una profonda
repulsione invincibile di cui nemmeno tu ti rendevi conto.... Non mi hai
voluto mai! Ecco... ecco tutta la verità! E quando, in chiesa, sei stata
costretta a pronunziare il tuo sì, questa parola buona, che avevo tanto
aspettata e che avevo tanto meritata, s'è perduta... s'è perduta in una
lagrima! _(Piange.)_ Io me ne sono accorto, in quel momento, che qualche
cosa di straordinario... stava per distaccarti da me!


SCENA V.


_(compaiono sul pianerottolo il DOTTOR FINIZIO e SEBASTIANO. — Questi
sta per entrare. Il medico lo trattiene. Tutti e due restano lì, nel
vano della porta, togliendosi il cappello.)_

_(Un silenzio.)_

REGINELLA

_(con un sussulto)_ Signor Giulio!... Si muove!

GIULIO

_(animandosi)_ Che!?...

ANNITA

_(ha una lieve oscillazione del capo appena percettibile.)_

REGINELLA

Si muove! Si muove!

GIULIO

Ma io non vedo!

REGINELLA

È certo che si muove!

DON FIORENZO

_(si leva, spettrale, ansimando, frenandosi il petto con le mani.)_

_(Tutte LE RAGAZZE si levano contemporaneamente e circondano ANNITA e
GIULIO.)_

BARBARELLO

_(si leva anche lui, senza lasciare il suo posto.)_

SEBASTIANO

_(resta in fondo, parlando tra sè, facendo dei gesti sgarbati per suo
conto.)_

IL DOTTOR FINIZIO

_(si avanza insinuandosi fra le ragazze per osservare.)_

MARIUCCIA

Apre la bocca, adesso!

LISETTA

Sembra che sorrida!

ROSARIA

Vuole parlare!...

REGINELLA

Parlano già i suoi occhi! Sono così pieni di luce!...

MARIUCCIA

E come le si colora la faccia!...

REGINELLA

Le si colora tutta di rosa!... Diventa più bella di prima!...

GIULIO

_(grida come un pazzo:)_ Vedo anch'io! Vedo anch'io! Ella rivive! Ella
mi ritorna!... Fiorenzo! Fiorenzo!... Fiorenzo!...

LE RAGAZZE

_(si voltano tutte verso Don Fiorenzo coi visi irradiati di ammirazione
e di devozione.)_

DON FIORENZO

_(che è rimasto in disparte)_ Non chiamarmi, Giulio. Sei tu che hai
saputo pregare.

REGINELLA

Mi riconoscete, Annita? Sono Reginella. Mi riconoscete?

IL DOTTOR FINIZIO

_(con bontà)_ No, non la interrogate, Reginella! È bene che per ora si
rinunzii a farla parlare. Tanto, non può rispondere, e molto le
nuocerebbe lo sforzo di tentarlo. _(A Giulio, spiegando)_ È stato,
evidentemente, un caso di catalessia transitoria, dovuto a una
condizione speciale del suo sistema nervoso.

GIULIO

E nessun rimedio c'è, Dottore? Nessun rimedio?

IL DOTTOR FINIZIO

Visto che va ricuperando i sensi, quale scopo avremmo di molestarla?

GIULIO

Ma potrebbe verificarsi di nuovo quest'orribile fenomeno, e allora?...

IL DOTTOR FINIZIO

Non vi preoccupate. Il rimedio dell'avvenire sarà... la felicità
coniugale; il rimedio di oggi sarà... un po' di riposo. E anche per
questo, il medico l'affida al marito! Conducetela su con voi, ora.
Tenetela nel silenzio, tenetela nella tranquillità, e vedrete che dopo
il riposo ella non serberà più nemmeno una traccia del breve sonno che
ha dormito.

GIULIO

Ma è ancora così inerte.... Sarà difficile condurla....

IL DOTTOR FINIZIO

Sarà facilissimo... se la vostra _volontà_ può agire su lei. È una buona
occasione per sperimentare _(sorridendo)_... l'obbedienza di vostra
moglie. _(Rivolgendosi a Don Fiorenzo quasi per chiamarlo in aiuto
dell'esperimento)_ Dico bene, Don Fiorenzo?

DON FIORENZO

Come sempre, Dottore.

IL DOTTOR FINIZIO

In altri termini, faremo come... un piccolo tentativo di suggestione
ipnotica. _(A voce alta e alquanto solenne, con lo sguardo obliquo
rivolto a Don Fiorenzo)_ Volete, signor Giulio, fermamente, che vostra
moglie si lasci... condurre da voi?

GIULIO

Sì.

DON FIORENZO

_(in una spontanea e impaziente concentrazione risolutiva)_ Deve
volerlo!

IL DOTTORE

Ebbene, vediamo. _(Solleva lievemente un gomito di Annita come per
invitarla ad alzarsi.)_

_(Il corpo di lei non oppone nessuna resistenza. ELLA si alza a guisa di
un automa. Ha, tuttavia, l'aspetto della ritornante vitalità
interiore.)_

GIULIO

_(la contempla trasognato.)_

_(La contemplano, attonite, LE RAGAZZE.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Animo, signor Giulio! Offrite il braccio alla vostra sposa. E voi,
ragazze, datele questi bei fiori; spargetene anche, se vi piace, il suo
cammino...; e fate passare... fate passare....

GIULIO

_(le porge il braccio.)_

ANNITA

_(vi appoggia il suo.)_

ALCUNE RAGAZZE

_(le riempiono le mani di fiori.)_

ALTRE

_(facendo largo, ne spargono per terra, verso la soglia.)_

REGINELLA

_(le bacia devotamente il velo.)_

_(LA COPPIA si avvia. — Si allontana. — LE RAGAZZE la seguono.)_

IL DOTTOR FINIZIO

Caro Don Fiorenzo, io ne sono dolentissimo, ma il mio intervento ha in
certo modo sminuito il miracolo. Nondimeno, per la leggenda ce ne resta
abbastanza.

DON FIORENZO

_(con umiltà dolorosa)_ Non mi spetta il vostro sarcasmo, Dottore! Voi
lo sapete che io sono il vostro migliore alleato nello sfatare la
leggenda da cui sono oppresso.

IL DOTTOR FINIZIO

Ma sì. Ho scherzato. È una vecchia celia, e oggi ve ne avete a male?

DON FIORENZO

Perdonatemi....

IL DOTTOR FINIZIO

Perdonarvi io?! Siete voi che dovete perdonare me, se ho scherzato in un
cattivo momento.

DON FIORENZO

_(stringendogli affettuosamente la mano)_ A rivederci, Dottore.

IL DOTTOR FINIZIO

A rivederci, mio buon amico. _(Uscendo)_ Servo vostro, signor
Sebastiano.

SEBASTIANO

Padrone mio.


SCENA VI.


DON FIORENZO

_(si abbandona come stanco sulla sua poltrona.)_

SEBASTIANO

_(gironzola continuando a parlare sgarbatamente con sè stesso.)_

BARBARELLO

_(tuttora attaccato allo stipite, torcendo il collo, guarda fuori, in
alto. Indi getta un'occhiata a Don Fiorenzo, e, cercando di non far
rumore, chiude.)_

SEBASTIANO

_(a Barbarello)_ È la prima volta che fai una cosa buona. Non è più
l'epoca di tenere l'uscio aperto.

BARBARELLO

_(si accuccia a terra, come un cane, sopra i fiori sparsi innanzi alla
porta chiusa.)_

DON FIORENZO

Senti, Sebastiano mio....

SEBASTIANO

_(andando a lui)_ Di'.

DON FIORENZO

Dammi la tua mano.

SEBASTIANO

Sùbito. _(Gliela porge.)_

DON FIORENZO

_(tenendogliela fra le sue)_ Tu non vorrai essere un egoista. Tu non
vorrai lasciarmi solo sulla terra!... Se tu sparissi, chi mi resterebbe
vicino? Sì, questo sventurato _(indica Barbarello)_ mi sarà fedele
finchè campo, ma la fedeltà sua a che può giovarmi? È una fedeltà
accecata e pazzesca che, anzi, va addensando giorno per giorno una bieca
oscurità sulla bolgia della mia coscienza!... E quanto a mio fratello e
a mia cognata — capirai —, essi saranno assorbiti dalla loro felicità...
poi dai loro figliuoli, e... naturalmente... finiranno con
l'allontanarsi. Tu, Sebastiano, mi sarai indispensabile. Non sono più
l'uomo forte che ero un tempo.... L'hai detto tu stesso.... E dovrai
aiutarmi tu a sostenere il peso della vita. Almeno, da te potrò avere il
sollievo del compatimento.... Potrò almeno sfogarmi, con te, senza
essere costretto a dissimulare la mia debolezza.... Con te, potrò
perfino piangere _(il pianto gli sale alla gola)_... senza
vergognarmene... perchè ho visto che anche tu piangi, qualche volta.
_(Silenziosamente, singhiozza.)_

SEBASTIANO

Ma, dunque, sarà sempre più tenace, sarà sempre più maligno questo
dolore che di nascosto ti attanaglia il cuore e che neppure dalla mia
affezione si lascia veramente scoprire?!

DON FIORENZO

Non è un dolore! Non è un dolore! È peggio! Chi soffre un dolore, ne
conosce la causa, come tu conosci la causa del dolore tuo, e ciò gli
serve, se non altro, a veder chiaro nel proprio essere e a misurare le
proprie forze...; ma questa sofferenza mia è un mistero: — è un mistero
che, negandomi ogni barlume di consapevolezza, mi avvolge, mi stringe,
mi soffoca, mi fa desiderare la morte più di quanto la desideri tu e,
disgraziatamente, non mi fa morire!

SEBASTIANO

_(si gratta in capo, e con una profonda malinconia che ha una lieve
espressione d'involontaria comicità, borbotta:)_... Sta benissimo! Visto
che a tutti e due farebbe comodo di andarcene all'altro mondo, per
dispetto di noi stessi ci metteremo insieme a vivere ostinatamente,
facendo la scommessa a chi vive di più. È detto!... Ti accontenterò.
_(Riflettendo, si gratta ancora in capo.)_ Ma, per evitare le
tentazioni,... non sarà inopportuno che io mi sbarazzi di un certo
ingrediente.... _(Fa per allontanarsi.)_

_Don Fiorenzo_

_(levandosi e trattenendolo pel braccio)_ Quale ingrediente?

SEBASTIANO

_(cavando dalla tasca una boccettina)_ Questa fialetta.
_(Mostrandogliela)_ È graziosa, non è vero?

DON FIORENZO

_(repentinamente gliela strappa.)_

SEBASTIANO

_(con un grido)_ Fiorenzo!

DON FIORENZO

E no!... Che temi?... Voglio soltanto vedere.

SEBASTIANO

_(gli sta vicinissimo, vigile e pronto, con una mano un po' levata e
aperta.)_

DON FIORENZO

_(spalanca gli occhi, fissando la fiala. La fissa lungamente. Stira la
fronte. E dalla fronte alla gola diventa itterico. — Poi, a un tratto:)_
Getta via! Getta via!... Getta via!...

SEBASTIANO

Ma sì che getto via! Per noialtri uomini... superiori, sono misture
inutili! _(Con un gesto largo e vibrante lancia dal balcone la fiala.)_
Ecco fatto!

DON FIORENZO

_(ricade sulla poltrona e resta silenzioso, isolandosi. Ha le pupille
spaventosamente dilatate. Ha la faccia spaventosamente gialla nel raggio
di sole che tutta la illumina. Ha le spalle incurvate. Ha la testa
protesa in avanti e immota. — Ed è immota tutta la sua persona, in un
atteggiamento di ebete tragico.)_

SEBASTIANO

_(siede a molta distanza da lui; mette una gamba sull'altra; da un
taschino del panciotto tira fuori un sigaro, e lo accende. — Manda in
alto una grossa boccata di fumo. Indi, con imbronciata rassegnazione,
conclude:)_... E divertiamoci!

(SIPARIO.)



ATTO QUINTO.

_La medesima camera._


SCENA I.


_È il tramonto di un torvo giorno di dicembre. Qualche lampo illumina di
tanto in tanto l'ambiente cupo. Qualche tuono, or lontanissimo, ora un
po' più vicino, segue a ciascun lampo, sordamente. La fiammella della
lampada innanzi allo scarabattolo diventa, nell'ombra, più vivida, e
proietta sul pallore di tutto il corpo del Cristo una luce rossastra._

_La porta in fondo è chiusa._

DON FIORENZO

_(solo, rannicchiato sulla poltrona, presso il tavolino, vi poggia le
braccia incrociate, e sulle braccia piega il capo appesantito,
nascondendo il volto, nascondendosi tutto nella sua solitudine. — A un
lampo più luminoso, egli sussulta. — Solleva il capo. Si alza, e mal si
regge in piedi. Si accosta allo stipetto, su cui è un lume di ottone. —
Mentre è intento ad accenderlo, un rumore gli giunge dall'alto. Ristà.
Guarda il soffitto mormorando:)_ Che fanno quassù?!... _(Poi, con la
mano tremula, accende il lume. Guarda di nuovo il soffitto, lungamente,
e ripete:)_ Che fanno?!..: _(Ma ecco un altro rumore, diverso. Si
picchia alla porta. — Egli va per aprire. Si trattiene.)_ Chi è? Chi
è?... Sei tu, Sebastiano?...

_La voce di BARBARELLO_

_(un po' ansante e lamentosa)_ Io! Io!

DON FIORENZO

_(fra sè)_ È Barbarello. _(Apre.)_ Credevo che saresti rimasto a dormire
da tuo zio....

BARBARELLO

_(entrando, si contorce e piagnucola.)_

DON FIORENZO

_(richiudendo la porta)_ Che ti piglia? Che t'è successo?

_(Un lampo. — Un tuono.)_

BARBARELLO

_(non risponde e continua a piagnucolare.)_

DON FIORENZO

Hai paura del temporale che si avvicina? Sarebbe la prima volta. I lampi
e i tuoni non ti hanno mai dato fastidio. Fammi capire. Hai avuto
qualche dispiacere? Ti è stata detta qualche brutta cosa?... Rispondi!
Come va che stasera non sai rispondere?... Da un pezzo in qua, parlavi
così bene.... Sapevi così bene rispondermi.... Perchè sei nervoso come
una volta, stasera?

_(Un rumore dall'alto. — Si direbbe il rumore di un mobile trascinato
per terra.)_

BARBARELLO

_(animandosi e mugolando, volge lo sguardo al soffitto e lo indica col
gesto.)_

DON FIORENZO

Ah?... Senti anche tu venire dei rumori insoliti dalla casa del signor
Giulio e della signora Annita?

BARBARELLO

_(urgentemente)_ Sì! Sì!

DON FIORENZO

E perchè te ne occupi tanto?... _(Torna a guardare in su, e riflette. —
Pausa.)_ Mio fratello ti ha forse maltrattato come ieri l'altro?...

BARBARELLO

No.

DON FIORENZO

Ti ha maltrattato la signora Annita?

BARBARELLO

_(smania più dolorosamente, più angosciosamente.)_

DON FIORENZO

È per questo che ti affliggi? Di'!

BARBARELLO

No!... Signora Annita non ha maltrattato....

DON FIORENZO

Ma è certo che si tratta di lei. Io lo vedo! Cerca, cerca di esprimerti.
Hai ricominciato a parlare. Se tu lo vuoi, potrai dirmi tutto.

BARBARELLO

Signora Annita e signor Giulio....

DON FIORENZO

Parla, dunque!... Parla!...

BARBARELLO

_(in una vibrazione impetuosa)_ ... Se ne vanno!... Se ne vanno!...

DON FIORENZO

_(con un tremendo soprassalto)_ Se ne vanno?!... Chi te l'ha detto?...
Te l'ha detto lei stessa o te l'ha detto il signor Giulio?

BARBARELLO

Zio Biagio.

DON FIORENZO

... È stata ordinata a tuo zio la carrozza per la partenza?!

BARBARELLO

_(confermando vivamente)_ Sì! Carrozza! Partenza!

DON FIORENZO

_(con una subitanea irruenza brutale)_ Tu menti! _(Corre con le gambe
malferme, riapre la porta e, sul pianerottolo, si mette a gridare:)_
Sebastiano! Sebastiano! Dove sei, Sebastiano?!... Dove sei?... Dove
sei?...

_La voce di SEBASTIANO_

Vengo, Fiorenzo! Vengo!

DON FIORENZO

_(rientrando — a Barbarello)_ Sei un bugiardo! Sei un vero bugiardo!...


SCENA II.


SEBASTIANO

_(giungendo)_ Ero su. Stavo parlando con tuo fratello e con la sua
signora....

DON FIORENZO

Stavi parlando... di che?... Della partenza?!

SEBASTIANO

_(sorpreso)_ Te ne ha informato Barbarello?! Me ne compiaccio con lui.
Mediante i suoi balbettamenti è riuscito a dirti una cosa per la quale è
da stamane che studio senza trovare le parole adatte.

DON FIORENZO

E fino a stamane tu lo ignoravi?

SEBASTIANO

_(col solito sigaro acceso agitantesi all'angolo della bocca)_ Ignoravo
soltanto che la partenza sarebbe avvenuta in questa giornata.

DON FIORENZO

E mi avevi nascosta la loro decisione?!

SEBASTIANO

Essi mi avevano raccomandato di nascondertela, ed io te l'ho nascosta.

DON FIORENZO

Sei loro amico, adesso?

SEBASTIANO

Sì, perdiancine! Sono loro amico da che ho saputo che se ne vanno!...
D'altronde,... _(serio e anche un po' imbarazzato)_ sapevo che questa
notizia sarebbe stata per te un colpo al cuore. A che scopo
anticipartela? Aggiungi poi che ho sempre sperato che la decisione della
partenza svanisse: ho sempre sperato che si riconciliassero con te. In
fin dei conti, che era accaduto di nuovo tra voi?!... Ma tu ti sei
rinchiuso ermeticamente in casa,... non hai voluto più saperne di
loro..., e non è improbabile che ciò abbia contribuito a convincerli
dell'opportunità d'andare a vivere altrove. Avranno potuto magari
credere... che tu stesso lo desiderassi....

_(Breve pausa.)_

DON FIORENZO

_(si è riseduto sulla sua poltrona, raggomitolandosi, diventando un
mucchio.)_ Già.

SEBASTIANO

Intanto, per lo meno l'avevi preveduto. Non volesti, forse, apposta, che
io... restassi a farti compagnia?...

DON FIORENZO

Sì... io l'avevo preveduto..., ma non ti nego che stasera ne ho
l'impressione di un fatto inaspettato e crudele. Da circa due mesi, io
non li vedevo più. Ero convinto d'essermene distaccato... ed è evidente
che m'ingannavo. Mi giungevano un po' le loro voci quando essi passavano
per le scale o si affacciavano alla finestra.... Ne distinguevo qualche
parola quando nessun altro rumore ingombrava il silenzio della
campagna.... Udivo i loro passi quassù, attraverso il soffitto....
Questo essi mi davano: niente altro.... E stasera mi accorgo che di
questo io vivevo.

BARBARELLO

_(piange dirottamente, come una persona sana.)_

_(Un silenzio.)_

SEBASTIANO

Tuo fratello e tua cognata desiderano di salutarti. Da stamane, come ti
ho accennato, io avrei dovuto prevenirti. Pocanzi appunto, mentre mi
occupavo con Biagio del loro baule e delle loro valige — che ho voluto
far portare fino alla strada maestra prima che l'aria fosse troppo buia
— essi mi rimproveravano giustamente l'indugio. Erano in palpiti e non
sapevano come regolarsi. Io ti consiglio di vincere la commozione e di
riceverli... perchè il tempo stringe.

DON FIORENZO

Ma è proprio stasera che devono partire? A quest'ora e con questa
minaccia di temporale?

SEBASTIANO

Il temporale pare che dia tregua.... E, del resto, la partenza è
improrogabile. Giulio vuole prendere il treno delle venti da
Castellammare per poi prendere comodamente quello delle ventitre da
Napoli. Giungerà domani sera a Genova dove è aspettato da qualcuno che
vi si reca per confermare non so quali accordi presi, e sùbito
s'imbarcherà con sua moglie sul «Regina Margherita», che salpa per
l'America del Sud.

DON FIORENZO

_(con un nuovo soprassalto)_ Torna a Buenos-Aires?!...

SEBASTIANO

Credo che abbia avuto laggiù una occupazione molto remunerativa. Con uno
scambio di telegrammi ha definito ogni cosa in quest'ultima settimana.

DON FIORENZO

Benissimo! _(Quasi afono)_ Quando si è separati per mezzo del mare, non
ci si incontra facilmente. È giusto che vogliano salutarmi. Falli
venire.

SEBASTIANO

_(esce.)_


SCENA III.


BARBARELLO

_(piange più forte.)_

DON FIORENZO

_(scattando in piedi con un impeto spasmodico)_ E piangi, e piangi, e
piangi!... Rimedii tu a niente piangendo? Mi fai forse del bene con le
tue lagrime?... No! Non sai farmene, tu, del bene! Non sai farmene!
_(Sempre più convulso e più violento)_ Il tuo pianto non mi serve, e la
tua inutile devozione mi esaspera!

BARBARELLO

_(a un tratto cessa di piangere, i suoi occhi hanno sùbito una
espressione di trasalimento.)_

DON FIORENZO

Ah?... Ti maravigli ch'io ti parli in questo modo?... Sono cattivo,
oggi, non è vero? Sono un malvagio? Sono un perfido?...

BARBARELLO

No... No... No....

DON FIORENZO

_(soffocando un ruggito)_ «_Sì_» devi dire, visto che difatti la
perfidia mi pullula, oramai, nel sangue come i microbi d'un morbo
micidiale! Perchè, perchè serbi tu ancora la bontà che dà lagrime agli
occhi? È un rimprovero feroce per me questa tua bontà! È un rimprovero
schiacciante! Ti proibisco di mostrarmela! Te lo proibisco! Hai capito?

BARBARELLO

_(appare sofferentissimo in un dibattito incomprensibile.)_

DON FIORENZO

E che hai, adesso?! _(Gli si accosta, gli prende le braccia, lo fissa
acutamente, ne avverte il respiro.)_ Il tuo volto diventa livido.... Le
tue labbra si contraggono.... Le tue pupille hanno una luce sinistra....
Il tuo alito ha un'acredine di fiele.... Mi sembri un mostro.... _(Dando
un grido)_ Mi fai paura! _(Respingendolo impulsivamente)_ Non ti voglio
vicino a me! Vattene! Vattene!...

BARBARELLO

_(si ritrae in un atteggiamento di concentrazione bieca.)_

_(Si vede SEBASTIANO scendere dal piano superiore e andar giù,
affaccendato.)_


SCENA IV.


GIULIO

_(sulla soglia in fondo, con affettuosità contenuta)_ Fiorenzo!...

DON FIORENZO

_(oscillando in tutto il corpo, si padroneggia)_ Avvicìnati, Giulio....
Hai fretta, lo so; ma qualche minuto me lo potrai dare. È appena
l'avemaria.... Alla stazione di Castellammare, in carrozza, ci si arriva
bene in due ore e mezzo....

GIULIO

C'è qui Annita che non osa entrare....

BARBARELLO

_(rasentando il muro, scivolando sullo stipite, esce.)_

GIULIO

_(al passaggio di lui, con un moto di ribrezzo, se ne è scostato.)_

DON FIORENZO

Annita non osa entrare?!... Perchè?... Le do soggezione?...

GIULIO

_(volgendosi indietro)_ Animo, Annita! Vieni! _(Avanzandosi e parlando
con garbata riservatezza)_ Tu non dài soggezione a lei, Fiorenzo, come
non ne dài a me. Ma tutti e due ricordiamo, nè tu hai potuto
dimenticare, che ci avevi proibito di oltrepassare quella soglia.

ANNITA

_(è entrata, senza troppo avanzarsi. — Porta un breve paltò
semplicissimo, ma quasi elegante, e un piccolo cappello da viaggio. La
veletta che le copre il viso le nasconde un po' l'espressione di estrema
stanchezza e le conferisce un aspetto anche più enigmatico del solito.
Il suo corpo fragile, in quell'abito stringato, appare d'una flessuosità
più spiccatamente muliebre.)_

DON FIORENZO

_(a Giulio)_ Proibito, no. Ve ne rivolsi preghiera. Tu diventavi così
astioso con me, così maligno....

GIULIO

Non mi pare, Fiorenzo. Eri tu che ti adombravi per fatti i quali, in fin
dei conti, non riguardavano che me ed Annita. Io vedevo, finalmente, con
esattezza, la causa unica delle sue aspre riluttanze d'un tempo verso di
me e di quei suoi spasimi contraddittorii, che, disgraziatamente, col
matrimonio non sono cessati. A te, in fondo, dispiaceva che io vedessi
la verità. Ma come avrei potuto non vederla? Essa mi balzava intera
davanti agli occhi. Annita si dibatteva ogni giorno — come, purtroppo,
ancora si dibatte — tra l'ardore crescente dell'affetto coniugale e il
fantasma dell'ascetismo che tu le aggrappasti allo spirito e al corpo.
_(Volgendosi un po' ad Annita)_ Lei stessa, oramai, — se non mi sbaglio
— ne conviene.

ANNITA

_(con un timoroso sforzo di lealtà)_ Certamente.

DON FIORENZO

_(a Giulio)_ E neghi che proprio io fossi colpito dal tuo rammarico e
dal tuo rancore?!

GIULIO

Non ti detti mai alcun segno di rancore.

DON FIORENZO

E forse a te sembra di non darmene neppure adesso! Ma, intanto, vieni a
ricordarmi l'errore che ho inconsciamente commesso e che ho scontato col
coraggio di confessarmene proprio a lei, dilaniando la mia fede e la mia
anima! Vieni a mortificarmi, vieni ad avvilirmi dopo di aver visto che
per liberarla da quel fantasma io ho cercato di eliminare la mia
persona, e mi sono sottratto, mi sono nascosto, mi sono ridotto qui
dentro come in un carcere!...Che dovevo fare di più?!

GIULIO

_(risoluto)_ Nulla!... Ma tutto quello che hai fatto non è bastato. Io
sono costretto a dirtelo, non per mortificarti, bensì per giustificare
questa nostra partenza che, a prima giunta, ti sarà parsa una cattiva
azione. Annita e io siamo di accordo nel ritenere necessario di mutare
ambiente. Non è vero, Annita, che noi siamo perfettamente di accordo?

ANNITA

_(con trepido ritegno, a Don Fiorenzo)_ Sì,...egli mi ha persuasa... mi
ha convinta....

GIULIO

Non lesinare le parole, Annita! Hai sempre taciuto troppo, sinora! Ma
oggi il tuo dovere è di parlare con chiarezza e con tutta la sincerità
della tua coscienza!

ANNITA

Tu conosci bene il mio pensiero. Diglielo tu a Don Fiorenzo.

GIULIO

Ah, no! È indispensabile ch'egli l'oda nelle parole tue e nella tua
voce. T'impongo di parlare!

ANNITA

_(a Don Fiorenzo)_ Io penso... che, lontana di qui, potrò essere... come
egli desidera... e come _io_ desidero di essere. _(Il suo accento è
sincero, ma timido, fievole, profondamente commosso.)_ Questo credo... e
questo spero. Non voglio soltanto volergli bene.... Voglio pure che egli
mi sappia e mi senta a lui legata per sempre,... da lui inseparabile....
Qui, ha ragione di dubitarne.

GIULIO

_(confermando e un po' accalorandosi)_ Insomma, ella deve rinnovarsi,
ella deve rinascere in un'altra atmosfera! Fra i muri di questa casa,
consacrati dalle virtù del piccolo santo, fra questi erti sentieri
solitarii che salgono verso il cielo, fra queste rocce che hanno colori
umani e che guardano e si muovono nelle ombre della notte e parlano le
parole misteriose degli echi, ella ancora si raccoglie nei suoi ascetici
sogni morbosi. Il mio amore riesce a scuoterla, sì, riesce a strapparla
a quei sogni; ma precisamente allora la vista di un Crocifisso in un
cantuccio di via, la vista della chiesetta dov'ella ascoltava i tuoi
consigli e anche la vista di questa tua porta, chiusa al suo passaggio
come per una punizione che le sia stata inflitta, la immergono in una
torbida ambascia, straziante per lei, povera Annita, e spietatamente
disastrosa per me!

DON FIORENZO

_(prorompendo in una violenta esaltazione di dolore ribelle)_ E dunque,
via! Fuggite! Fuggite da quest'uomo esiziale che fa malefica l'aria
dovunque egli passi! Non importa che egli abbia tentato, come meglio
poteva, di rendervi felici! Non importa che egli avrebbe voluto
realmente possedere le forze occulte che gli si attribuiscono per
stringere i vostri due cuori in una felicità privilegiata, più grande di
ogni altra felicità terrena e, come nessun'altra, indistruggibile! Non
importa che questo prodigio egli avrebbe voluto compiere anche se,
compiendolo, avesse dovuto morirne, atrocemente, come in una fornace in
fiamme!... Voi dovete fuggire! Sì, voi dovete fuggire, perchè un'ora
sola delle gioie che proverete lontano da lui varrà cento volte più di
tutta quanta la sua miserabile esistenza! _(Cade sopra una sedia come
cosa morta.)_

GIULIO

_(trasalisce vivamente. — Il suo volto assume una impronta di stupore e
di tragica chiaroveggenza. — Dopo una lunga pausa, dice penosamente:)_
Noi, difatti, fuggiremo, Fiorenzo. Tu sei un grande sventurato. Lo vedo.
La tua sventura è un baratro da cui stiamo per essere ingoiati tutti e
tre. E soltanto questa fuga potrà, forse, salvarci.


SCENA V.


SEBASTIANO

_(entrando con mitezza prudente)_ Signor Giulio, la carrozza aspetta. Ho
potuto farla avvicinare fino allo sbocco della scorciatoia. Non avrete
da camminare a piedi che per pochi minuti.

GIULIO

Grazie, signor Sebastiano.

SEBASTIANO

Non vi accompagno, perchè... credo più opportuno... di restare qui.

GIULIO

Lo credo anch'io.

DON FIORENZO

_(levandosi in piedi come uno spettro eretto e pronto a sollevarsi da
terra)_ Ed ora, più niente! Ciascuno di noi tre chiude, in questo
momento, nella sua persona, qualche cosa che dentro ci è stata fatta
nascere dalla stessa natura umana e che, nondimeno, siamo costretti a
tacere, a mascherare, a soffocare. Una sola verità possiamo dire ad alta
voce nel separarci, ed è... che noi ci separiamo per non rivederci mai
più! — Addio! _(Gli si sciolgono le ginocchia, ma egli, con uno sforzo
supremo, come per non mostrarsi debole, si regge tuttora diritto. Volge
loro le spalle, si stringe le braccia incrociate sotto la gola e vi
poggia il mento, quasi che un gran peso gli piegasse la testa. — Dopo
qualche istante, in una specie di rigido stordimento che pare abbia
soppressi tutti i suoi sensi, sottovoce chiama:)_ Sebastiano!...

SEBASTIANO

_(va a lui.)_

DON FIORENZO

Se ne sono andati?

SEBASTIANO

_(con un lieve gesto, raccomanda a Giulio e ad Annita di non farsi
sentire, e risponde a Don Fiorenzo in un orecchio:)_ Sì. _(Poi, un po'
più indietro, con un altro gesto, li esorta a uscire sùbito.)_

ANNITA

_(non distoglie i suoi sguardi dalla immota figura di Don Fiorenzo.)_

GIULIO

_(la prende per un braccio, la trae a poco a poco verso la porta. —
Quando l'ha tirata fino alla soglia, risolutamente la trascina via.)_

_(Spariscono.)_

DON FIORENZO

_(ha una scossa)_ Ora se ne sono veramente andati. _(Barcolla.)_

SEBASTIANO

_(quasi lo sorregge.)_


SCENA VI.


DON FIORENZO

_(siede, e, pervaso dalla intensa volontà di seguire con l'udito il loro
cammino, coi nervi contratti, col capo proteso, si sforza di acuire la
sua sensibilità auditiva. — Ha l'atteggiamento d'uno che colga nell'aria
rumori impercettibili che niun altro possa cogliere.)_

SEBASTIANO

_(lo sorveglia affettuosamente)_ Su, su, Fiorenzo!

DON FIORENZO

Zitto!

SEBASTIANO

Ma che pretendi di udire? Ti procuri uno spasimo inutile!

DON FIORENZO

Zitto, ti dico!

_(Il silenzio è profondo.)_

DON FIORENZO

_(a un tratto)_ Sebastiano!... Qualcuno viene frettolosamente come se
fosse inseguito!...

SEBASTIANO

Ma che inseguito! Chi è che potrebbe essere inseguito?! E da chi?!...

DON FIORENZO

_(levandosi con un crescendo di eccitazione frenetica)_ Io non
m'inganno! Io non m'inganno!... Entra nel cortile!... S'arrampica per le
scale!... È Barbarello! È Barbarello!

BARBARELLO

_(irrompe come una saetta. Ha un ghigno spaventoso, i capelli irti, la
schiena inarcata, e, sbattendo a una parete, rimbalza e si aggrappa al
tavolino a guisa di un rettile aizzato e impaurito.)_

DON FIORENZO

_(investendolo con un furore ansioso)_ Che hai fatto? Che hai fatto?

_La voce di ANNITA_

_(da lontano)_ Aiuto! Aiuto! Giulio è precipitato nel burrone!

SEBASTIANO

_(esce di corsa.)_

DON FIORENZO

_(in atto di gettarsi addosso a Barbarello, urla terribilmente:)_
Assassino!

BARBARELLO

Per te.... Per te....

DON FIORENZO

_(arrestandosi in una fulminea soffocazione di sorpresa e di
raccapriccio)_ Per me?!... _(Poi, tosto, come travolto da un turbine,
indietreggia, indietreggia, con le braccia tese e aperte, con le orbite
biancheggianti, con la faccia cadaverica, con la gola gorgogliante, e
stramazza pesantemente, arrovesciato.)_

BARBARELLO

_(abbatte il torace sul tavolino e, col capo che penzola dal margine, le
ganasce e gli occhi spalancati, fisando di sbieco il corpo di DON
FIORENZO disteso a terra diritto e supino, emette come un gemito di
bestia ferita.)_

DON FIORENZO

_(balbetta ancora:)_ Per me.... Per me....

  (SIPARIO.)

  FINE DEL DRAMMA.

  Terminato di scrivere nell'aprile del 1909.



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





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