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Title: Dell'arte dei giardini inglesi
Author: Silva, Ercole
Language: Italian
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                               DELL'ARTE
                                  DEI
                            GIARDINI INGLESI


      _Fortunatus et ille Deos quì novit agrestes,_
      _Panaque, Sylvanumque senem, nymphasque sorores!_

                                       GEORG. L. ii.

                               _Tav. I._



                                MILANO.
            DALLA STAMPERIA E FONDERIA AL GENIO TIPOGRAFICO
         casa Crivelli, presso il ponte di S. Marco, N.º 1997.
                                ANNO IX.



_L'EDITORE A CHI LEGGE._


_La mancanza de' libri che trattino nel nostro idioma dell'arte de'
giardini moderni, e l'eccessivo prezzo e la rarità di quelli altrove
pubblicati, mi hanno indotto a procacciarmi la presente opera. Coloro,
che conoscono quella del C. L. Hirchfeld assai voluminosa, approveranno
tutto ciò ch'è stato tolto da essa, come pure le interessanti aggiunte,
e le non poche variazioni eseguite dall'Italiano Autore. Ho l'onore
di presentarla al colto pubblico tanto più di buon grado, quanto che
un tal gusto è di già penetrato nel nostro paese, facendone prova
i diversi disegni in rame, tratti da alcune ville dei contorni di
Milano. Il paesaggio, antico come natura, e fisso siccome il bello,
decantato mai sempre da' sommi poeti, e seguito da' valenti pittori,
non è stato tuttavìa praticamente adottato in generale a tener luogo
di giardino, che dagl'Inglesi verso la metà dello spirato secolo,
per cui a ragione questo genere serba tale denominazione. Superbe
praterìe, delle quali non furon mai viste nè più vaghe, nè più
magiche, si addossarono nell'alto di lor dolci pendici abitazioni
eleganti, che fecero sfoggio a vicenda dei doni della natura, e del
raffinamento dell'arte. Il torrente ruinoso, ed il fiume inondatore
frenarono la sterminatrice loro rapidità per non fare altra pompa che
dello scorrevole, del vario, del pittoresco, del bello fecondatore.
Il monte, il piano raccolsero i dispersi lor pregj, e li tributarono a
gara al nascente genio, che guidato da amore, ed inspirato dalle muse,
percorse la novella carriera, e invitò le scienze, le facoltà della
mente, e tutt'i piaceri a fissarvisi per pascere lo spirito umano di
voluttà squisitissima. La natura benefica così riprese i suoi diritti,
e restò attonita di vedersi abbellita, e quasi sorpassata dall'arte,
che non consistette più che nel saperla studiare con rispetto, e nel
saperla far comparire con verità, e scelta. Per tal maniera la faccia
della Inghilterra è divenuta più amena e più ridente; la botanica ha
estesi i suoi confini; l'agricoltura ne ha ricavato un nuovo lustro;
e tutte le belle arti, e le scienze, che formano il corredo del
trionfante gusto, hanno penetrato in tutte le classi, e in tutti i
siti. La stessa vita campestre, altronde sempre piacevole, si è resa
per esso anche sentimentale. Quante ragioni da supporre che sempre
più siffatto gusto verrà generalmente abbracciato, ed esclusivamente
coltivato anche tra noi, e si diffonderà quindi sull'Italia intera,
privilegiata culla delle belle arti, e delle scienze, dove troverà una
disposizione d'arte, e di natura almeno eguale a quella del suo paese
natale, onde si diramò! Quante ragioni ancora da presumere, che il
primo trattato, che si produce in questo genere nella nostra favella,
possa essere gentilmente accolto, e compatito. Esso ha il merito almeno
di dare un'idea chiara e distinta della cosa, e potrà giovare per più
titoli in aspettazione di una penna migliore ed originale, che tratti
degnamente, e con maggior estensione questo interessante argomento.
Solo aggiungerò in qualità d'uomo appoggiato all'indole della cosa,
piucchè alle applicazioni parziali ed arbitrarie, che un tal genere non
importa nè tutto quel travaglio, nè quel dispendio che si è immaginato
fra noi. In realtà questa sorta di giardini è quanto di più fino e
di meglio speculato è forse stato trovato finora nell'arte di unire
l'utile al dolce, e di sapere tirar partito, abbellendo, e facendo
valere ogni locale. Può essere egualmente applicato ad un grande
che ad un piccolo spazio; in città, come in campagna, non ricerca
grande movimento di terra, nè profusioni idrauliche, e neppure somme
fabbriche, che non sono positivamente della sua essenza. Riesce oggetto
di leggier dispendio da principio, e quasi di nessuno in appresso.
Nel grembo della pace, e di uno stabil ordine di cose è da lusingarsi
con fondamento che quest'arte, ancor novizia tra noi, vi sarà pure
coltivata con onore, e resa in breve adulta e maestra. Per tal modo
l'Italia verrà a gareggiare colle altre nazioni anche in questa
parte, ed acquisterà forse in essa quella superiorità, che ci viene
attribuita, e che sembra nostro dono di natura nelle arti geniali._



DELL'ARTE DE' GIARDINI INGLESI



ORIGINE DE' GIARDINI INGLESI.


Gl'Inglesi amano con passione il soggiorno della campagna, e
v'impiegano nell'abbellirla quelle somme, che generalmente le altre
nazioni dissipano nelle lor capitali. Non è in Londra, dove debbasi
giudicare della ricchezza, della magnificenza, e del buon gusto di
un Lord, ma bensì alla sua campagna, situata in provincia. Un clima
temperato, un paese generalmente ridente, e fertile, l'abbondanza che
regna ne' campi, una vita libera, ed agiata, la costumanza di reciproci
uffizj di famiglia, e d'amicizia, quella generale di soggiornarvi
nella più gran parte dell'anno, ne formano le principali attrattive.
La situazione fisica dell'Inghilterra è un felice miscuglio di catene
di monti, e di montagne isolate, dolcemente elevate, e comodamente
praticabili, di valli, di fiumi, di cadute d'acqua, di boschi annosi,
e di praterìe d'un'incomparabile verdura. Una vegetazione rigogliosa
senza confronto altrove, le acque le più limpide, ed un non so che di
vario, di aggradevole, di romanzesco, e di superbo, che ad ogni passo
s'incontra, e si succede con tanto garbo, formano di molte provincie
dell'Inghilterra il più seducente quadro, che scuote la mente, e le
inspira idee poetiche, e pittoresche. Non è meraviglia quindi se il
genio Inglese, rapito dalla bella natura campestre, che lo circonda,
immaginò il primiero di staccarne le parti più belle, e comporne un
tutto ideale, analogamente ornato, e reso più vago dai doni dell'arte,
che colle reciproche relazioni acquistasse nuovo pregio, e valore,
e presentasse una successione saggiamente calcolata di quadri, e di
scene, ripiene di voluttà, di comodo, di capriccio, e di grandiosità:
sostituì i tratti di paese campestre abbelliti, e scelti ai disegni
artificiosi degli antichi giardini, e ne introdusse per tal maniera de'
nuovi, e d'un tal genere, che divennero quasi altrettanti poemi, opera
del poeta, del pittore, e del filosofo.

Mentre gli scrittori delle altre nazioni tacevano, oppure magnificavano
l'antico stile, i Bretoni cominciavano a sviluppare a poco a poco ne'
loro scritti l'essenza dell'arte de' giardini. Francesco Bacone, che
sparse una nuova luce sulle scienze, fu il primo, che diffuse sopra i
giardini ancora una luce, tuttavìa offuscata dalle antiche tenebre.
Esigeva per un giardino trenta jugeri di terreno, e lo divideva in
tre parti: uno spazio erboso all'entrata, un altro ripieno di cespuglj
alla sortita, ed il giardino propriamente detto nel mezzo, con viali,
e passeggi dalle due bande. Alla prima parte destinava quattro jugeri,
sei alla seconda, quattro a ciascheduno de' viali laterali, e dodici
al giardino di mezzo. Gli ornamenti, e gli arabeschi a diversi colori,
disegnati in terra sotto le finestre della casa, non sono, che giuochi
puerili, che si trovano pure, com'egli dice, su de' pasticci, e lo
stesso giudizio porta sulle piante acconciate in differenti figure.
Invece d una pianura esatta, vorrebbe che si elevasse nel mezzo del
giardino un monticello aggradevole alla vista, sormontato da un vago
padiglione, al quale si pervenisse per mezzo di due o quattro file
di gradini. Bandisce gli stagni, ed i canali d'acqua dormente, che
vuol che sia sempre in moto. L'invenzione capricciosa di slanciare le
acque in alto, e di farle artificiosamente giuocare, non aumenta a suo
giudizio nè la purità, nè la salubrità dell'aria, nè il piacere del
giardino. Lo spazio occupato dalla boscaglia vorrebbe che assomigliasse
a un sito piacevolmente incolto. In quà in là vi si potrebbero
frammischiare degli arbusti differenti con fiori odorosi; ma il
terreno lo vorrebbe coperto dappertutto di violette, di fragole, e di
primevere, che esalano grato odore, e prosperano all'ombra. I boschi
non dovrebbero offrire un ordine preciso, ma delle picciole eminenze
d'intorno, sparse di fiori varj, e d'arbusti odoriferi. Raccomanda gli
alberi da frutta, e de' sentieri comodi, ed asciutti, che si diramino
in tutti i sensi. Nel fondo del giardino, continua l'autore, si
potrebbero praticare da due lati de' piccioli ridossi, da dove l'occhio
potesse liberamente percorrere le vicine campagne. Nello spazio, da
lui chiamato giardino, i viali saranno larghi, e guarniti d'alberi
fruttiferi, e vi vorrebbe pur collocati de' seminarj di consimili
piante, e dei vaghi gabinetti artificiali di verdura, con sedili.
Ma non bisognerebbe poi tanto, soggiugne egli, accumulare questi
oggetti, dovendo il giardino, propriamente detto, rimaner libero, ed
aperto alla maggior circolazione dell'aria; l'ombra è da cercarsi ne'
viali laterali, non dovendo, a parer suo, servire il giardino che per
le stagioni temperate di primavera, e d'autunno, e per le ore della
sera, e del mattino d'estate. Delle passeggiate prolungate su' colli
sarebbero avvantaggiose, se la natura le fornisse.

Per quanto sieno coerenti le osservazioni, ed opportune le domande di
Bacone, sono tuttavìa frammischiate da alcune, direttamente opposte
al buon gusto in fatto di giardini; tale è la forza della moda,
che soggiogò pure questo grand'uomo. Approva la forma quadrata, le
arcate di legno sormontate da picciole torri, che cattivi ritengano
gli uccelli, ed ornate di figure dorate, e di strette lamine di
vetro colorato; loda le colonne di legno, e le piramidi della stessa
materia, le vasche regolari, ornate di figure, e di vasi. Finalmente
determinando un modello stabile, ne limita lo stile, ciò che non si
accorda punto colla varietà naturale degli spazj, e colla fertilità
del genio creatore. Tuttavìa Bacone non si accontenta di passare per
profeta d'una scienza non ancor nata; ei non solo predice, comincia a
creare.

Questa medesima bellezza campestre, che avrebbe mai sempre dovuto
regnare nei giardini, fu in seguito descritta da Milton nel suo
paradiso, ossia giardino di Eden. «La natura aveva prodigate delle
bellezze innumerevoli sulle montagne, e nelle valli. Le sue ricchezze
erano sparse con profusione nelle campagne, che il sole liberamente
riscalda co' suoi raggi, e nei verdi folti, che una impenetrabil ombra
rende cotanto vaghi nell'ardore del giorno. Questa felice abitazion
campestre era mirabilmente variata pel piacere degli occhj. Là voi
trovavate de' boschi, i cui fronzuti alberi distillavano la mirra,
ed i preziosi balsami: quì ne vedevate degli altri, che coi loro
frutti lucenti, e saporiti incantavano l'occhio, ed il gusto. Tutte
le meraviglie, che la favola attribuisce al giardino delle Esperidi,
s'incontravano realmente in questo giardino di voluttà. Fra gli
alberi sorgevano spazj ridenti, deliziose colline, ripiene d'armenti,
che l'erbe tenere ne pascolavano. Quì una leggiera eminenza coperta
di palme, e il seno fiorito d'una valle, irrigata da ruscelletti,
offrivano mille bellezze, e colà cresceva la rosa senza spine. Le
opache grotte disponevano freschi ricoveri, tappezzati di pampini,
che s'affrettavano di sporgere i porporini grappoli, e che vi si
avviticchiavano con una mirabile fecondità. I ruscelli con grato
mormorìo cadendo al lungo delle colline, ramificavano al piano, ed
andavano formando uno stagno, la cui superficie presentava il suo
specchio cristallino alla verdura delle sponde d'intorno coronate di
mirti. Gli augelli formavano un coro ripieno di melodìa, e gli zeffiri
portando con essi i profumi de' campi, e de' boschi, mormoravano tra
foglia e foglia soavemente agitata».

I poeti di tutte le età, e di tutte le nazioni hanno dovuto tenere un
consimile linguaggio descrivendo de' giardini, giacchè qualsiasi altro,
e quello sovratutto della moda vi si ricusava; ma la voce di questi
araldi del buon gusto non potè per questo dissipare gl'inveterati
pregiudizj del lor secolo.

Comparve Lord Temple. Assicura egli che in nessun altro tempo in
Inghilterra vi fu maggior inclinazione pei giardini che nel suo;
che giammai non vi si sono mantenuti meglio, e che in nessun altro
paese potevano essere altrettanto belli che nella sua patria. Esige
quattro cose per un giardino: frutta, fiori, ombra, ed acque. Vicino
all'abitazione vuole un tappeto d'erba fregiato di fiori, ed in
mancanza di fiori, dei getti d'acqua, de' vasi, delle statue; nello
spazio che segue, la cinta dovrebbe essere tutta scoperta, e senz'altri
alberi, da quelli infuori, che vi si dispongono in ispalliera, ma poco
elevata. Supponendo che questo spazio occupasse due terzi del giardino,
si potrebbe guarnire il resto di piante da frutta, a meno che non si
preferisse, per procacciarsi dell'ombra, piantarvi un boschetto. Fin
quì tutto è bene, o almeno sopportevole, atteso il gusto del secolo. Ma
inoltre vuole il Lord un quadrato perfetto, perchè dice esser quella
la forma più conveniente ad un giardino, ed esige un terreno piano,
o leggiermente inclinato. Cita per modello il giardino di Moore, il
più bello, che dice aver veduto in Inghilterra, ed altrove. Nel mezzo
d'una vasta terrazza, tutta ricoperta di sabbia, e circondata d'allori,
sorgeva un gran palazzo. Tre scalinate spaziose di pietra, l'una nel
mezzo, e due laterali, conducevano ad un ampio spartimento. Le fontane,
le statue, le arcate verdi, e di sasso, i padiglioni, le grotte con
acque spruzzanti non vi mancavano. Ecco come pretende, che andassero
formati i giardini, che se più fossero regolari, più riuscirebbero
belli. Ciò non pertanto una debil luce traspariva attraverso di tanti
pregiudizj. Vi puonno essere de' giardini irregolari, soggiungeva
Temple, che non saranno per questo che più belli, e più aggradevoli; vi
bisogna per tal effetto una vantaggiosa situazione, e quanto basti di
arte, e di travaglio per dare alla loro irregolarità una forma atta a
piacere. Rigettava altresì i muri nudi, de' quali per costumanza antica
si circondavano i giardini; o li voleva rivestiti almeno di verde,
perchè non producessero una dispiacevole sensazione. Fin quì arrivò
Temple.

Addisson gli successe, e per la forza de' suoi maschj giudizj, e del
suo gusto classico si avvicinò maggiormente ad una certa perfezione;
ciò che Pope aveva cercato di ottenere quasi nello stesso tempo pel
mezzo della satira, che sapeva così ben maneggiare.

Nacque in allora il principio della rivoluzione nell'arte de'
giardini. Addisson si mosse a mostrare dove consistono i veri piaceri
dell'immaginazione, e di là dedusse delle accurate osservazioni sulla
cattiva maniera, che dominava tuttora ne' giardini. «Sosteneva che le
opere dell'arte paragonate a quelle della natura non puonno mai avere
quella vasta estensione, e quella immensità, che prestano un così
delizioso trattenimento allo spirito dello spettatore. Può ben essere
un oggetto dell'arte delicato, e pulito al paro d'un altro di natura,
ma non sarà giammai altrettanto augusto, nè magnifico nel disegno.
Ne' tratti grossolani, e negletti di natura vi ha sempre qualche
cosa di più ardito, e che fa sentire di più la mano maestra, che ne'
colpi di pennello più delicati, e negli abbellimenti più squisiti
dell'arte. Le bellezze di giardino, o di palazzo il più superbo si
trovano rinchiuse in un piccolo cerchio; l'immaginazione le percorre
ben presto, e domanda qualche cosa di più per soddisfarsi; ma ne' vasti
campi della natura l'occhio gira liberamente su tutte le parti, e si
pascola d'una infinita varietà d'immagini, senza essere astretto ad un
cert'ordine. Di vero noi non troviamo dilettevoli le opere dell'arte,
che in quanto rassomigliano più a quelle di natura, ed in allora il
piacer nostro è prodotto non solamente da questa rassomiglianza, ma
altresì dal sentire che il modello è perfetto. In generale v'è nella
natura qualche cosa di più grande, e di più augusto, che in tutto ciò,
che si vede fra le curiosità dell'arte; così tutte le volte che noi
la vediamo imitata in qualche modo, ciò ne dà un piacere più nobile,
e più rilevato, che quello che possiamo trarre dalle opere dell'arte
le più fine, ed esatte. Una vasta estensione di terreno coperta da
un aggradevole miscuglio di boschi, di prati, e di cascate d'acqua,
che rappresentino dappertutto un'artificiosa semplicità, c'incanta
assai più che l'eleganza ordinaria del più sontuoso giardino. Perchè
mai non si potrebbe fare di una possessione intera una specie di
giardino, arricchito di frequenti piantagioni, che tornerebbe al
profitto del proprietario, e al suo piacere? Una palude coperta di
salici, o un monte coperto di quercie, formano un oggetto non solamente
più piacevole alla vista, ma più utile all'interesse, che se si
abbandonassero alla loro naturale sterilità. I campi coronati da spighe
formano un vago prospetto, di maniera che se i viottoli, che si vedono
tra un campo e l'altro, fossero un po' più elegantemente mantenuti, se
lo smalto delle praterìe fosse ajutato da qualche leggiera addizione
dell'arte, e se le siepi fossero ornate d'alberi, e di fiori con
maggior cura, un uomo potrebbe fare un bel paesino del suo possesso».

All'appoggio di principj cotanto sani, Addisson compose in appresso un
leggier quadro, ma vago, di un giardino conforme al suo genio, e alla
natura. Eccolo. «All'intorno della mia picciola casa ho varj jugeri
di terreno, che chiamo il mio giardino, e che un abile giardiniere
non saprebbe come chiamare. È desso una confusione, un'intralciata
mescolanza di ortaggio, di frutteto, e di giardino a fiori. I miei
fiori vi crescono in diverse parti colla più lussuriosa abbondanza,
e sono così lontano da preferirne alcuno, che quando ne rincontri
ne' campi, e che mi piacciano, fisso a loro subito un posto nel mio
giardino. Diversi pezzi di terra sono smaltati di mille differenti
colori. Il sol metodo, che seguo, è di radunare nel medesimo sito
il prodotto della medesima stagione, affinchè sbucciando tutti nello
stesso tempo, compongano un quadro più variato, e ricco. Una consimile
irregolarità regna nelle mie piantagioni, che crescono con tutta la
selvaggia libertà della natura. È divertente per me di passeggiare in
un labirinto, che ho piantato, e di non sapere se il primo albero,
che incontrerò, sia un pomo, una quercia, un olmo, od un pero. Il
mio verziere ancora ha il suo posto determinato, e sono di sentimento
che un verziere è più aggradevole alla vista, che una citroniera, o
una serra. Amo vedere ciascheduna cosa nella sua perfezione, e mi
compiaccio di più della vista, e dell'odorato delle mie ajuole di
cavoli, e di legumi, e d'una infinità d'erbe utili, che vengono a tutta
maturità, che di vedere delle piante esotiche, delicate, sforzate da un
calore artificiale, tisiche, e languenti in un clima, e in un terreno,
che non sono il loro. Nell'alto del mio giardino sgorga un fonte, da
cui deriva un ruscelletto, che serve al piacere, ed all'utilità del
sito: l'ho talmente diretto, che serpeggia d'intorno a quasi tutte
le mie piantagioni; scorre, come farebbe in piena campagna, fra rive
coperte di primevere, di amaranti, e di rose, che sembra d'aver egli
fatto nascere. Come il mio giardino attira gli uccelli delle campagne
all'intorno, offrendo loro dell'acqua, dell'ombra, della solitudine,
e de' ricoveri, così non permetto che sieno distrutti i loro nidi,
o discacciati dai siti, che frequentano nel tempo della frutta. Amo
ancor più avere il mio giardino pieno di merli, che di cerase, e dono
volontieri della frutta per sentire il canto. Con questo mezzo godo
sempre della musica la più perfetta della stagione; e son ben contento
di vedere il capinero, ed il tordo saltellare ne' miei sentieri, e
traversar volando i viottoli, ed i siti, ch'io stesso percorro. Tutte
le mie opere sono rustiche, come natura, e non affettano punto la
delicatezza dell'arte...».

Simili rischiarimenti d'un Addisson sulla disposizione de' giardini,
gustati da tanti suoi lettori, eccitare dovevano la nazionale
industria; e cominciossi di fatto a porre in opera simiglianti idee.

Il passo più considerabile, che si fece verso i miglioramenti, che ne
vennero in seguito, fu d'abbattere i muri, che servivano di confine ai
giardini, e di sostituirvi de' fossi vuoti. Questo tentativo sembrò in
allora così sorprendente, che il popolo chiamò questi fossi AH! AH! per
esprimere la sorpresa, che risentiva di vedersi bruscamente arrestato
d'una maniera tanto inaspettata. La coltura, e il terreno d'intorno
al di là del fosso dovette in appresso fondersi, per dir così, nello
stesso quadro del giardino, e questo rimaner libero dall'angustia del
luogo, e dalla soverchia sua regolarità, affine di accordarsi meglio
col paese all'intorno.

A quest'epoca comparve Kent, uomo d'un genio grande, e d'un gusto
delicato, che verso la metà del decorso secolo, poste da banda tutte le
antiche regole, sembrò sorger creatore d'una nuova arte di giardini.
Abbandonò la regolarità ordinaria, che ben conobbe quanto stancava,
ed infastidiva. Osservò che la natura non ama la simmetrìa, che ne'
piccoli corpi, e non già ne' larghi tratti di terreno, e ch'essa
dissemina nelle sue opere più favorite la varietà, ed un bel disordine.
Sentì le impressioni irresistibili, che producono sull'anima gli
oggetti grandi, e magici della natura, quando la loro disposizione è
libera, ed ardita; e sentì che queste impressioni scuotono, ed occupano
assai più, che tutte quelle, che cagionano le picciole costruzioni
eleganti. Scelse la linea curva, come la più diversificata; diede a'
ruscelli, ed alle acque un corso tortuoso; cavò partito delle eminenze
senza spianarle; abbellì i boschi naturali senza distruggerli; antepose
un tappeto di verdura ad un terreno sabbiato; praticò una quantità di
sfondati seducenti; aprì all'occhio una folla di lontananze; nobilitò
i boschetti, collocandovi delle fabbriche; in una parola, Kent trovò
l'arte de' giardini ove la cercava, cioè nella natura. I suoi disegni,
e piani furono adottati dal gusto de' suoi nazionali con entusiasmo;
e l'arte de' giardini progredì in Inghilterra con una rapidità
sorprendente verso la sua perfezione dal momento che fu affidata
colà al buon metodo. I gran principj di Kent furono la prospettiva,
e l'intelligenza del chiaroscuro. Divideva con gruppi d'alberi una
pianura troppo semplice, o di troppo estesa, ed ammorzava la sua
luce troppo viva colle tinte cariche di piante sempre verdi. Mancando
l'orizzonte d'oggetti, onde animarlo, ne ideava degli artefatti, che
formassero perspettiva. Le fabbriche, i siti di riposo, i templi erano
piuttosto l'opere del suo pennello, che del suo compasso. Kent ebbe de'
successori, che trascorsero la strada, ch'egli aveva aperta. Comparvero
successivamente de' trattati giudiziosi, ed estesi, consacrati all'arte
de' giardini. Fra gli autori, che se ne sono occupati, i più distinti
sono Home nella celebre sua opera sopra gli elementi di critica, e
Vhately nelle sue osservazioni sopra l'arte de' giardini. Il primo non
ne parlò, che in forma di digressione, e per fare delle applicazioni
de' principj, che stabilisce. Benchè diverse delle sue proposizioni
sieno nuove, e giudiziose, altre però sono compassate con soverchia
minuzia sopra principj generali in modo che non sembra potersene far
quel conto, che altri hanno preteso. Vhately considerò l'arte de'
giardini sotto un punto di vista più vasto ancora; la risguardò come
l'arte di abbellire de' paesi interi. Nessuno de' suoi compatriotti
prima di lui aveva esaminato questo soggetto con una penetrazione
altrettanto viva, ed in una estensione così ardita. La sua critica
sul bello è profonda; i suoi principj sono dedotti, e sviluppati ad
evidenza: si potrebbe chiamarla la metafisica de' giardini. Ma la
metafisica sola soventi volte nuoce al sentimento, ed effettivamente
sembra che Vhately lo abbia troppo poco calcolato. Abbiamo in questo
genere una folla di scritti, e ne sortono oggigiorno presso le altre
nazioni[1].

Chambers, architetto del Re d'Inghilterra, che riunisce ad una vasta
erudizione un genio, ed una sensibilità squisita, è quegli che ha data
l'ultima mano all'arte de' giardini Inglesi, portandoli, dirò così,
all'ultima perfezione, e spingendoli oltre la sfera dell'immaginabile.
Al suo ritorno dalla China Chambers aveva osservato che nella sua
patria non si osava abbastanza distaccarsi dall'antico stile; che vi
si mancava d'invenzione, ed erano soggetti gl'Inglesi a dare nelle
stravaganze ogniqualvolta tentavano de' nuovi saggi; vedendo che
tutte le belle arti avevano de' maestri, frattanto che quella sola de'
giardini rimaneva orfana, e priva di chi ne facesse valere le doti,
trovò nel suo spirito, e nella brillante sua immaginazione delle idee,
che credeva più convenienti

alla natura, ed alla destinazione de' giardini di quelle, che
d'ordinario si seguivano; in conseguenza giudicò che siffatte idee
ecciterebbero più l'attenzione, e sarebbero state meglio accolte
da' suoi compatriotti, se attribuite ad una nazione lontana, che le
avesse di già messe in pratica; quindi pubblicò la celebre sua opera
intitolata: DISSERTATION ON ORIENTAL GARDENING, dove probabilmente
semina delle idee Inglesi, e forse le sue in un suol Chinese[2],
affine di prestar loro un'apparenza più forte, e di renderle vieppiù
seducenti.



DESCRIZIONE DI CHAMBERS DE' GIARDINI DELLA CHINA[3].


La natura è il modello de' Chinesi, e lo scopo loro è d'imitarla. Prima
di tutto osservano la forma del terreno, se è piano, o pendente; se
vi sono colline, oppure montagne; se egli è esteso, o ristretto; se è
asciutto, o paludoso; se abbonda d'acqua, o se ne è privo. Prestano
una scrupolosa attenzione a tutte queste circostanze, e scelgono le
convenienze, che si confanno meglio alla natura del suolo, che

esigono minori spese, coprono i suoi difetti, e maggiormente fanno
comparire tutt'i suoi vantaggi.

Il terreno è distribuito in varie scene, e per passaggi tortuosi,
aperti nel mezzo de' boschetti, siete condotto ai differenti punti di
vista, ciascheduno de' quali è indicato da un sedile, da un edificio, o
da qualche altro oggetto.

La perfezione de' loro giardini consiste nel numero, nella
bellezza, e nella diversità di queste scene. I giardinieri Chinesi,
come i pittori d'Europa, raccolgono dalla natura gli oggetti più
aggradevoli, e procurano di combinarli in maniera che non solamente
compajano separatamente col maggior lustro, ma altresì che per il
loro accozzamento formino un totale piacevole, e che produca grata
sensazione.

I loro artisti distinguono tre differenti specie di scene, che
le caratterizzano col nome di ridenti, d'orribili, e d'incantate.
Quest'ultima denominazione risponde a ciò che si nomina scene di
romanzo, nelle quali i nostri Chinesi si servono di diversi artifizj
per destare la sorpresa. Talvolta fanno passare sotto terra un fiume,
o un rapido torrente, che col suo rumorìo assorda l'orecchio di chi
passa, incapace a comprendere d'onde provenga tanto fracasso. Altre
volte dispongono le roccie, e le pietre in tal maniera, che il vento
passando attraverso gl'interstizj e meati, che per tal effetto vi son
praticati, forma de' sibili affatto singolari, e strani. Impiegano in
siffatte composizioni le specie più straordinarie d'alberi, di piante,
e di fiori; vi ottengono degli echi artificiosi, e complicati, e
mantengono colà differenti sorta d'uccelli, e d'animali mostruosi.

Le scene d'orrore presentano macigni sospesi, oscure caverne, e
cateratte impetuose, che si precipitano dall'alto delle montagne da
tutte le bande. Gli alberi sono difformi, e sembrano spezzati dalla
violenza del turbine. Quì se ne vedono dei rovesciati, che intercettano
il corso de' torrenti, e sembrano d'essere stati svelti dal furore
dell'acque: là pare che colpiti dal fulmine sieno stati arsi, e
fracassati. Taluno degli edifizj cade in rovina; tal altro è consumato
per metà dal fuoco, e qualche miserabil capanna in quà, e in là
dispersa sulle montagne, sembra egualmente attestare l'esistenza, e la
miseria degli abitanti. A queste scene d'orrore succedono comunemente
delle ridenti. Sanno gli artisti Chinesi con quanta forza l'anima
è colpita dai contrasti, e non mancano giammai di praticare delle
improvvise transizioni, e delle forti opposizioni di forme, di colori,
e d'ombre. Così da viste limitate vi fan eglino passare a prospettive
estese; dagli oggetti d'orrore alle scene aggradevoli; e dai laghi,
e dai fiumi alle pianure, alle collinette, ed ai boschi. Ai colori
oscuri, e tristi oppongono i più brillanti, ed alle semplici forme, le
complicate, compartendo giudiziosamente le diverse masse d'ombra, e di
lumi in tal modo, che la composizione riesca distinta nelle sue parti,
e compita nel suo tutto.

Allorchè il terreno è vasto, e che vi si può far entrare una
moltitudine di scene, ciascheduna è appropriata ad un sol punto di
vista; ma quando lo spazio è ristretto, e non permette d'introdurre
abbastanza di varietà, si cerca di rimediare a questo difetto col
disporre gli oggetti in maniera che producano rappresentanze diverse,
secondo i diversi punti di vista; e sovente l'artificio è spinto
al segno, che queste rappresentazioni non hanno tra loro veruna
rassomiglianza.

Ne' vasti giardini i Chinesi praticano delle scene differenti per il
mattino, per il mezzodì, e per la sera, ed innalzano ai debiti punti
di vista degli edificj proprj ai trattenimenti di ciascheduna parte
del giorno. I piccoli giardini, dove, come noi l'abbiam detto, un solo
accozzamento produce diverse rappresentazioni, dimostrano nella stessa
guisa fabbriche ai diversi punti di vista, che dal loro uso indicano il
tempo del giorno più atto a goder della scena nella sua perfezione.

Stante che il clima della China è eccessivamente caldo, gli abitanti
impiegano molt'acqua ne' loro giardini. Allorquando sono ristretti, e
che la situazione lo permette, tutto il terreno è messo sotto acqua, e
non vi sopravanza che un picciol numero d'isolette, e di scogli. Nei
giardini spaziosi s'introducono laghi, fiumi, e canali. Si imita la
natura diversificando, com'ella fa, le rive de' fiumi, e de' laghi.
Ora queste rive sono aride e sabbiose, ed ora coperte di boschi fino
al dorso dell'acque. Piane in tai siti, ed ornate d'arbusti, e di
fiori, in altri siti si trasformano in macigni scoscesi, che presentano
caverne, dove una parte dell'acqua vi si precipita con altrettanto
strepito, che violenza. Qualche volta voi vedete delle praterìe ricolme
di bestiame, o de' campi di riso, che si avanzano nel lago: altre
volte i boschi sono penetrati in diverse parti da fiumi, e da' canali,
capaci a portar barche; le sponde sono coperte d'alberi, i cui rami si
estendono, s'intralciano, e formano a luogo a luogo delle arcate, sotto
le quali passano i batelli. In questa guisa voi pervenite a qualche
oggetto interessante, ad una superba fabbrica, collocata nella sommità
d'un monte tagliato a terrazze, ad una cascina posta in mezzo del lago,
ad una caduta d'acqua, ad una grotta ripartita in diversi appartamenti,
ad uno scoglio artificiale.

I fiumi seguon di rado la linea dritta; serpeggiano, e vengono
interrotti da irregolarità diverse. Talvolta sono ristretti, rumorosi,
e rapidi; e tal altra sono lenti, larghi, e profondi. Ne' fiumi, e ne'
laghi si vedon le canne, e l'altre piante, ed erbe acquatiche. Spesso i
Chinesi vi construiscono sopra dei molini, e delle macchine idrauliche,
il di cui moto giova ad animar la scena. Hanno ancora una quantità
di batelli, diversi di forma, e di grandezza. I loro laghi sono
zeppi d'isole, le une sterili, e circondate da roccie, e da scogli;
arricchite le altre di tutto ciò che la natura, e l'arte offre di più
perfetto. V'introducono pure degli scogli artefatti, e sorpassano in
questo genere di composizione tutte l'altre nazioni. La pietra, di
cui si servono, viene dalle parti meridionali dell'impero, tira al
turchino, e presenta delle forme irregolari, cagionate dall'azione
dell'acque: i pezzi scelti s'impiegano ne' quadri a commesso, che
adornano gli appartamenti; gli scarti servono per i giardini, e
connessi per mezzo di un cemento dell'egual colore formano de' massi
d'una considerevole grandezza. Allorchè questi massi sono grandi, vi
scavano dentro caverne, e grotte con aperture, a traverso le quali si
scoprono lontananze. In diverse parti, e sulle punte si vedono delle
piante, degli arbusti, e dell'erbe, e sopra le lor cime si collocano
tempj, ed edificj, ai quali si monta per mezzo di gradini tagliati
nella stessa roccia. Eccovi un'idea di consimili scogli.

   [Illustrazione: _Tav. II._ Scoglio Chinese praticabile.]

Quando v'è acqua bastante, e che il terreno è convenevole, i Chinesi
non mancano d'introdurre delle cascate ne' loro giardini. Schivano
qualunque sorta di regolarità, imitando le consimili operazioni della
natura ne' monti. Le acque spruzzano dalle caverne, e dalle sinuosità
degli scogli. Quì romoreggia una grande e violente cateratta; là una
moltitudine di piccole cascate. Qualche volta la vista della caduta
è intercetta dagli alberi, i cui rami e foglie non permettono che per
intervallo di vedere le acque, che cadono al lungo de' fianchi della
montagna. Talora al dissopra della parte più rapida della cascata sono
gettati da un rocchio all'altro de' ponti di legno grossolanamente
fatti, e sovente il corrente delle acque è interrotto da alberi,
e da mucchj di pietre, che la violenza del torrente sembra avervi
trasportate.

Ne' boschetti i Chinesi variano sempre le forme, ed il colore degli
alberi, riunendo quelli che gettano rami a foggia di fiocco con
quelli che crescono piramidalmente, e i verdi cupi con gli allegri;
v'intrecciano piante, che portan fiore, fra le quali ve n'hanno
diverse, che fioriscono nella più gran parte dell'anno. I Chinesi
ancora introducono tronchi d'alberi ora in piedi, ed ora sdrajati, e
spingono lontano assai la delicatezza sopra le loro forme, sul colorito
delle loro corteccie, e perfino sulli muschi, che li rivestono.

Non v'ha niente di più vario che i mezzi, che impiegano per eccitare
la sorpresa. Vi conducono alcune volte a traverso di caverne, e di
viottoli oscuri, alla sortita de' quali vi trovate subitanamente
colpito dalla vista di un delizioso paesetto, arricchito da quanto
la natura fornisce di più bello. Altre volte vi menano per larghi
sentieri, per viali, che diminuiscono, e ne diventano disastrosi a poco
a poco. Non v'è più passaggio; de' cespugli, delle spine, e de' sassi
lo rendono impraticabile; allorquando tutto ad un tratto s'apre agli
occhi vostri una ridente, e vasta prospettiva, che vi piace tanto più,
quanto meno l'aspettavate.

Un altro artificio di questi popoli è quello di nascondere una parte
della composizione col mezzo d'alberi, e d'altri oggetti intermedj.
Ciò eccita la curiosità dello spettatore, che vuol vedere da vicino, ed
approssimandosi, si trova piacevolmente sorpreso da qualche inaspettata
scena, o da qualche rappresentanza, totalmente opposta a quanto
cercava.

Il confine de' laghi è sempre nascosto ad arte per lasciar spaziare
l'immaginazione; e la stessa regola si osserva, per quanto si può, in
tutte le altre composizioni Chinesi.

Quantunque i Chinesi non sieno molto versati nell'ottica, tuttavìa
l'esperienza ha loro insegnato, che la grandezza apparente degli
oggetti diminuisce, e che i loro colori s'indeboliscono a misura che
s'allontanano dagli occhi dello spettatore. Queste osservazioni hanno
dato luogo ad un artificio, che pongono talvolta in opera. Formano
delle vedute in prospettiva, introducendovi fabbriche, vascelli, ed
altri oggetti, diminuiti a proporzione della loro distanza dal punto
di vista; e per rendere più compita l'illusione danno delle tinte
bianchiccie alle parti lontane della composizione, e piantano ne'
fondi degli alberi di un colore meno vivo, e più bassi di quelli del
davanti. In questa maniera, ciò che per se stesso è limitato, e di poca
considerazione, diviene in apparenza grande, ed esteso[4].

I Chinesi schivano d'ordinario la linea retta, ma non la rigettano
però sempre. Formano de' viali diritti, allorchè hanno qualche oggetto
interessante a porre in vista. Quando il terreno è interamente piano,
pare ad essi assurda cosa di praticarvi un sentiero tortuoso; poichè,
dicon essi, è l'arte, oppure

il passaggio costante de' viaggiatori, che l'ha fatto? Ma nell'uno, e
nell'altro caso non è naturale di supporre, che gli uomini volessero
scegliere la linea curva, quando posson andare più facilmente per la
dritta alla loro meta.

Ciò che si nomina in Inglese CLUMP, vale a dire gruppo d'alberi, non
è ignoto ai Chinesi; ma non li mettono tanto in opera, quanto noi.
Non occupano mai tutto il terreno; i giardinieri loro considerano
un giardino, come i nostri pittori considerano un quadro; ed i primi
gruppeggiano i loro alberi nello stesso modo, che gli ultimi uniscono
le loro figure, gli uni, e gli altri avendo le loro masse principali, e
le secondarie.

I Chinesi, continua Chambers, circondano comunemente le loro fabbriche
regolari di artificiose terrazze, di dolci pendìi, e di molte scale, i
cui angoli sono ornati di gruppi di scultura, e di vasi intrecciati con
ogni sorta di macchine idrauliche, che, congiunte con l'architettura,
danno a quelle un'aria interessante, e vi aggiungono splendore, e
strepito.

D'intorno alla principal abitazione, il terreno è quasi regolare ed
aperto, e trattenuto colla maggior cura, e non vi si soffre veruna
pianta, che possa in alcun modo impedire la vista della casa. La
fabbrica è dessa campestre? La decorazione, che la circonda, è
selvaggia. È dessa nobile? La decorazione è grandiosa. Finalmente la
fabbrica è d'un aspetto gajo, e ridente? La decorazione è voluttuosa.
In una parola, i Chinesi sono molto esatti a far regnare un solo e
medesimo carattere nelle diverse parti delle lor composizioni.

Ritirano tutto l'avvantaggio possibile dagli oggetti, che sono fuori
della loro appartenenza. Cercano di formare un apparente legame fra i
loro giardini, e le foreste all'intorno, i campi, e l'acque lontane;
e quando hanno alla loro portata la vista di città, di castelli, di
torri, e d'altri oggetti considerabili, sanno essi servirsene con tanta
economìa, ed industria, che si rimirano sotto tutti gli aspetti, e in
tutte le possibili direzioni. Praticano lo stesso per rapporto ai fiumi
navigabili, ai gran cammini, ai molini, e consimili oggetti semoventi,
che possono animare, e fornire varietà al giardino.

Hanno delle decorazioni per tutte le stagioni dell'anno. Quelle della
primavera consistono nei tigli, nei larici, nelle spine del fior
doppio, nel mandorlo, nel persico, nelle rose, e nella varia famiglia
dei caprifogli. Il suolo, e l'orlature de' boschetti, e de' boschi sono
guarniti di giacinti selvatici, di garofani, di narcisi, di violette,
di tuberose, di zafferano, e di tutt'i fiori, che spuntano in quella
stagione. Introducono nel parco siti destinati per ogni sorta d'uccelli
domestici, e selvatici, e da preda[5]. Altrove vi sono de' nidi, e de'
siti accomodati per farvi covare il volatile; finalmente delle belle
latterìe, e delle fabbriche destinate all'esercizio della lotta, della
scherma, e di altre operazioni ginnastiche conosciute alla China. Ne'
boschi vi praticano ancora dei grandi spazj, atti alla cavallerizza, a
tirar d'arco, ed a far delle corse.

Per la state scelgono i Chinesi le parti più ricche, e meglio mantenute
dei loro giardini. Queste parti sono inondate d'acque, che formano
stagni, fiumi, e macchine idrauliche, con barche di varia costruzione,
adattate ad andare alla vela, ed a remi a divertirsi alla pesca,
alla caccia d'uccelli acquatici, ed al combattimento navale. I boschi
sono composti di quercie, di faggi, di castagni d'India, d'olmi, di
frassini, di platani, e delle diverse specie d'aceri, e di pioppi; i
boschetti d'ogni qualità di bel arbusto, che porta fiori in estate:
il totale offre il più bel verde, e la mescolanza di colori la più
superba, ed armoniosa. Gli edificj sono vasti, brillanti, e numerosi.
Ciascheduna scena ne presenta uno, o varj, de' quali una parte serve
al ballo, ai conviti, al riposo, al bagno, ed alla meditazione.

Fra i gabinetti, e l'altre fabbriche, che adornano la parte del
giardino, consacrata alla state, vi si trova spesso una sala con
volto a foggia d'emisfero, dipinto con molt'arte, e rappresentante il
cielo durante la notte; nella volta viene disposta una moltitudine di
piccioli buchi coperti da vetri colorati, per i quali passando la luce,
rappresenta il chiarore d'una bella notte estiva colle stelle, e la
luna.

Sull'acque formano isolette galleggianti, fornite le une di tavole
per il festino, le altre di seggiole per i musici, ed altre guarnite
d'arbusti, sotto dei quali si trovano letti per il riposo, banchi
erbosi, e tant'altre comodità della vita.

Le piantagioni dell'autunno sono formate da diverse specie di quercie,
di faggi, e d'alberi, le di cui foglie si conservano di più, e che,
seccando, producono un altro colore, come il RHUS CORIARIA, e l'EDERA
QUINQUE FOLIA ec. V'intrecciano qualche albero conifero, e qualcuno di
frutta, e gli arbusti, ed i fiori tardivi; degli alberi morti perfino
con tronchi di una forma pittorica, e ricoperti da muschio, e da edera.

Le fabbriche, che adornano queste scene d'autunno, e d'inverno,
inspirano frequentemente l'idea della decadenza, e della mortalità.
Si vedono degli eremi, e degli ospizj, dove i vecchi e fedeli servi
della casa vi passano in pace il restante de' loro giorni fra le tombe
de' loro padri, e quelle più distinte della famiglia del lor signore.
Rimangono in quà in là delle rovine di palazzi, di castelli, e di
templi. Si veggono degli archi di trionfo consunti, e degli avanzi di
monumenti superbi, dedicati un tempo alla memoria d'antichi eroi, le di
cui iscrizioni sono per metà scancellate. Mettono in opera tutto ciò
che può servire a segnare la caducità, le avversità, e la mortalità
delle cose di questo mondo; e siffatto spettacolo, rinvigorito dal
tristo aspetto, e dall'aria piccante dell'autunno, riempie l'anima di
malinconìa, e la porta a delle gravi riflessioni.

Le differenti scene de' giardini Chinesi si congiungono tra loro pel
mezzo di viali, di gran sentieri, di fiumi, e di laghi, ma con passaggi
felici, ed ingegnosamente calcolati. I gran sentieri tanto diritti, che
tortuosi, sono alcune volte abbastanza lontani gli uni dagli altri,
e separati dai folti boschetti, che la vista non vi può trapassare.
Talvolta si accostano, insensibilmente gli alberi s'allargano, e
divengono men alti; l'orecchio è destato dalla voce di chi percorre
l'opposto sentiere, e l'occhio è rallegrato dall'aspetto incerto
delle persone, che compajono a traverso degli alberi, e dei rami.
D'improvviso le piantagioni ridivengono spesse, e folte, gli oggetti
spariscono, e le voci si perdono in un confuso mormorìo; poi i sentieri
piegano di sbalzo verso gli stessi spazj scoperti, e le diverse
compagnìe sono piacevolmente sorprese d'incontrarsi in uno stesso sito,
dove possono vedersi, e soddisfare senza ostacolo la loro curiosità. I
sentieri sono di sabbia, o di verd'erba, che non si limitano a coprire
il sentiero, ma tratto tratto penetrano nel folto del bosco laterale,
affine d'imitar la natura con maggior verità.

Ne' vasti giardini ciascheduna valle ha il suo ruscello, o il suo
piccolo fiume, che serpeggia ai piedi delle colline, e va a gettarsi
negli stagni, e nei laghi. Sono appassionati i Chinesi per l'acqua,
che sanno così ben dirigere, e colla quale rendono più energica la
tranquillità delle decorazioni quiete, aggiungono tristezza alle
malinconiche, allegrìa alle ridenti, maestà alle nobili, e terrore alle
spaventose».

La sola descrizione di Chambers eccita la fantasìa, e feconda la
mente; e per lo meno lascia il desiderio di attenersi a' progetti più
limitati, ma corrispondenti ai principj della vera e ben ragionata
teorìa, e basta a segnare le traccie per ridurla alla pratica.

Gl'Inglesi, e tra gli altri il celebre Brown, dal quale i più
moderni, ed i più vaghi giardini della Inghilterra riconoscono la loro
esistenza, l'hanno fatto da lungo tempo, preceduti dalle seducenti
descrizioni de' poeti, e dall'osservazione della natura, che hanno
seguito passo a passo; e dalle loro opere pratiche n'è risultata una
teorìa, che assicura, e facilita gli effetti, e i progressi dell'arte.

   [Illustrazione: _Tav. III._ Piano generale di casa, e giardino
   Inglese.]

  A. _Ingresso alla corte. Essa comunica col giardino, isolando il
    palazzo._

  B. _Viali circolari. Alberi da una parte, e dall'altra il tappeto
    verde della corte. Essi mettono alla scala, dov'è la cordonata
    per le carrozze, che salgono al vestibolo._

  C. _Palazzo nella maggior elevazione. Gli appartamenti terreni
    devono dar luogo alle sottoposte cucine, ed altri ufficj. Un
    basamento contorna il palazzo, ed un corpo di gradini mette alla
    corte, ed al giardino._

  D. _Fabbriche laterali ad uso di stalle, di rimesse, ec._

  E. _Verzieri, e frutteti con serbatojo, e serre calde._

  F. _Obelisco, il cui piedestallo è attorniato da quattro colonnette
    con catena, e posa in alto per tre o quattro gradini._

  G. _Sito di riposo coperto._

  H. _Tempio rotondo, circondato da portico._

  I. _Altro tempio quadrilungo di stile Greco, in ruina._

  K. _Sito, da dove esce l'acqua dal giardino._

  L. _Capanna da pescatore, fabbricata con avanzi di barche, coperta
    di gionchi, ed al di fuori corredata da reti._

  M. _Romitaggio._

  N. _Latterìa._

  O. _Seggio circolare di buona architettura._

  P. _Rupe o scoglio, da cui precipitandosi l'acqua dà principio al
    fiume. Quì possono aver luogo avanzi d'antichità._

  Q. _Tre ponti variamente costrutti._

  S. _Casale fuori della cinta, al quale si va anche dal giardino._

  T. _Corso dell'acqua fuori della cinta._

  NB. _Le indicazioni degli oggetti, che concernono la corte, si
    possono osservare meglio nella veduta del palazzo di Scoonemberg,
    tavola N.º 25. Il presente disegno è a presso a poco la pianta di
    quella corte._



OSSERVAZIONI RELATIVE ALL'ARTE DE' GIARDINI DEL MODERNO GUSTO.


Non si devono mai abbandonare consimili opere alla turba degli
architetti volgari, ma domandano un artista giardiniere, fornito
d'erudizione, di discernimento, di sensibilità, e di genio.

Onde meglio vedere quanto l'artista giardiniere s'allontana
dall'architetto, e quanto poco possano seguire gli stessi principj,
basterà osservare che il primo s'occupa dell'abbellimento di una
superficie orizzontale, ed il secondo dell'abbellimento d'una
superficie verticale. Dalla diversità di superficie, che questi
due artisti mettono in opera, risulta di conseguenza una necessaria
diversità di scopo e di piano. L'architetto vuol accontentar l'occhio
tutto ad un tratto, e fargli colpire tutto ad un tratto l'armonica
disposizione dell'opera sua; l'artista giardiniere ama di occupare
con una successione insensibile, e gradata d'oggetti. L'architetto
deve formare un piano il più semplice, perchè si possa abbracciare
senza pena, e senz'imbarazzo; bisogna che dia alle diverse parti delle
forme egualmente regolari, e proporzionate, onde si colga subito il
rapporto delle parti al tutto; l'artista giardiniere in cambio, avendo
tutt'altre viste, deve formare tutt'altro piano; cerca a nascondere le
sue disposizioni, ed a spargervi una tal qual piacevole complicazione;
tollera le ineguaglianze di suolo, e gli oggetti accidentali, ed
irregolari; in una parola, opera di modo a non satollare con un sol
colpo d'occhio lo spettatore, ma cerca d'occuparlo, e di divertirlo
progressivamente, e per lungo tempo. A forza di regolarità, e di
simmetrìa l'architetto produce l'effetto bramato, ed il giardiniere
lo perde. Tendendo a scopi così differenti, devono altresì percorrere
cammini diversi. L'artista giardiniere riuscirà felicemente,
facendo quasi in tutto il diametralmente opposto a quanto deve fare
l'architetto, il quale è inceppato dalla rigida proporzione, angustiato
da regole invariabili dell'austera geometrica esattezza, nemica de'
slanci del genio, che gela sovente tutto ciò, ch'è soggetto al suo
calcolo.

La natura è il solo modello dell'arte de' giardini, ma presa a copiare,
com'ella si offre ne' siti suoi prediletti. La natura dispone in un
paesino tutti gli oggetti con libertà, e senz'affettazione. Essa non
impiega nè uguaglianza simmetrica, nè misure artistamente compassate,
nè uniformità di contorni, creando, e componendo precipizj, monti,
colli, pianure, piante, fiori, boschi, ruscelli, fiumi, e laghi.
Tutto appare sotto un aspetto spontaneo, e vario, e nello stesso tempo
ripieno di quel piacevole abbandono, e di quell'apparente confusione,
mille volte preferibile alla nostra più accurata esattezza. Ecco
il modello, che la natura presenta all'artista giardiniere, che
proponendosi di rallegrare, e di ricrear l'uomo colli medesimi oggetti,
con i quali essa lo ricrea, deve pure com'essa presentarli nello
stess'ordine. Essa è regola, e modello al tempo stesso; e l'artista
non potrà riuscire, che imitandola fedelmente. Egli è un bel giardino
quello, che con discernimento, e gusto è copiato dalla bella natura.

Un altro cattivo effetto della simmetrìa si è l'uniformità, e la
noja, che ne sono inseparabili, e che sono direttamente opposte alla
sensazione, che produr deve un giardino. Oggetti naturali, oggetti
artefatti, tutto si accumula, nessuna varietà, nessuna distrazione
aggradevole; si è veduto, si è colpito tutto alla prima occhiata.
Noi sentiamo le nostre impressioni indebolirsi, e perdere la loro
elasticità: noi vogliamo essere occupati, e non troviamo niente, che
ci tocchi; noi sfuggiamo dalla noja, sortendo dai ristretti limiti di
un giardino per iscorrere quegli spazj, ove regna la libertà, e dove la
natura c'incanta con quella diversità di scene, che rapiscono, e che le
è propria.

Queste osservazioni bastano a far sentire la differenza che passa tra
l'arte del giardiniere, e quella dell'architetto. Ne sarebbe ancora più
facilmente capace il figurista, come quegli ch'è applicato allo studio
della più sublime proporzione; e meglio ancora il paesista, e per anche
il pittor da teatro, che d'ordinario però non conoscono nè planimetrìa,
nè botanica.

L'artista giardiniere deve cominciare dal formarsi un occhio, ed
uno spirito capace a giudicar del bello. Rimirare le bellezze di un
paesetto con piacer sensibile, e considerarle con occhio critico,
sono due cose differenti. L'artista giardiniere, che vuol travagliare
con successo, deve possedere un ammasso d'idee campestri, e non può
acquistarlo che coll'esatta e sostenuta osservazione della natura.
Deve aver una conoscenza estesa, non solamente dei differenti siti,
oggetti, e caratteri del paesaggio, ma delle impressioni ancora, che
producono questi siti, questi oggetti, questi caratteri, tanto isolati,
che combinati, come lo possono essere in una infinità di maniere
differenti. Ecco parte del vero studio della natura; studio, ch'è
l'opera non di pochi giorni, ma di molt'anni, e che non può farsi in
paesi nudi, ed uniformi, ma che domanda dei tratti di paese, arricchito
di varietà, e di contrasti; che esige un occhio perspicace, e delicato,
una viva sensibilità, la calma, l'arte finalmente del vedere, e di
saper colpire il tutto, e tutte le singole sue parti.

Gioverà molto ancora all'artista giardiniere aver la conoscenza delle
opere classiche, che i gran maestri, pittori e poeti hanno fatte
d'appresso natura. Devonsi a queste opere ben studiate de' lumi, che
noi consumeremmo molto tempo ad acquistare, se fossimo obbligati
di cercarli noi stessi, consultandone la natura. Lo studio, che
questi uomini di genio hanno fatto, accorcia tanto più il nostro, ed
approfittandoci delle loro scoperte, noi facciamo economìa di un tempo
prezioso, e ci mettiamo in istato di farne delle nuove. Per ultimo la
compagnìa d'un pittor di paesi, di quelli che non sanno dipingere che
dopo d'aver veduto con emozione, ed osservato con giudizio, riuscirà
d'una grande utilità al giovine artista giardiniere.

Non gli si può abbastanza raccomandare di osservare attentamente
la natura; e diffatti come potrà mai disporre le elevazioni, i
piani, ed i fondi; come ordinare le piante, e i cespugli; come potrà
mai distribuire, e condur l'acque; cavar partito da un deserto,
se non conosce a fondo il valore, e l'effetto di questi oggetti
isolatamente, e combinati? Nei giardini simmetrici dell'antico stil
Francese non vi era bisogno di tutto ciò; ma volendosi dei giardini,
che meritino questo nome, e che offrano la bella natura, l'artista,
avanti di arrischiarvisi, bisogna che abbia osservato molto, e sia in
conseguenza dotato di un'ubertosa immaginazione; altrimenti sarà spesso
imbarazzato, o per lo meno riuscirà sterile; non farà che copiare senza
successo delle imitazioni altrui, e degenererà mai sempre.

Dopo l'osservazione viene la scelta, essenziale per l'artista
giardiniere, come per il paesista. Su di ciò è meglio ancora osservar
nulla, che imitar tutto. Il buon pittore paesista spoglia gli oggetti,
di cui si occupa, di tutto ciò che la natura può avervi lasciato di
triviale, e di superfluo nel suo piano sublime; cava dalla vasta massa
del paese le parti più belle, le più ridenti, le più frizzanti, e
forma un nuovo insieme, che senza cessare d'essere naturale, è però
al dissopra della natura ordinaria; perfeziona le disposizioni, e
gli oggetti senza trasformare il loro carattere, e li combina senza
toglierli di mezzo; stende, e riserra, aggiunge, e ritoglie, senza
intorbidar punto l'armonìa. Compiuta l'opera, una nuova natura si
svela, il tutto è vero, e non ostante l'original non esiste. Così agirà
l'artista giardiniere, quale non renderà la fredda rappresentazione
della natura insignificante, ed inanimata, ma la colpirà parlante
all'anima con una sentimentale azione; ed ecco come il giardiniere
sagace diviene conoscitore del sublime, del bello ideale, d'un bello,
per così dire, di là dall'arte.

Questi ha di comune ancora col paesista la composizione. La natura
permette ad ambidue di valersi della varietà infinita, di cui essa si
serve per allettare, e di seguirla liberamente nelle loro composizioni,
negli allargamenti delle superficie, e ne' fondi, nella mischia, e
nella forma degli alberi, dell'erba, e dell'acque, nelle piantagioni,
e negli abbellimenti, nei siti vasti, o limitati, montuosi, o piani,
ridenti, o deserti. Esige da ambidue un'egual conoscenza delle leggi
della prospettiva, onde sappiano ordinar gli oggetti di maniera a
comparire con giusta proporzione, e a produrre pel mezzo delle loro
forme, e dei lor colori un effetto aggradevole alla vista, una saggia
disposizione, che prevenga la fatica, e la distrazione dell'occhio, e
lo diriga successivamente alle più belle parti del totale. Frattanto
che quì un recinto di colli, di boschi, e d'edifizj gl'impedisce di
smarrirsi su prospettive nude, ed ingrate, o d'essere frastornato da
oggetti non analoghi, o non convenienti, là lo porta a riposare su
fondi felici, ed assortiti. Essa richiede finalmente d'ambidue l'arte
d'accordare tutte le parti in modo che compongano un tutto armonioso,
e ciò con varietà, con bella irregolarità, e con tutti gli accessorj
immaginabili.

La riunione degli oggetti campestri non diletta mai tanto, che quando
è animata dal muovimento. Per ottenere questi effetti, il paesista e
l'artista giardiniere domandano il soccorso della linea curva, quella
che Hogarth chiama il modello della bellezza, e della quale la natura
si serve per disegnare tutt'i suoi contorni; fatta per la mobilità,
come per l'immobilità sembra fatta la linea retta. Il paesista possiede
ancora altri mezzi per comunicare a' suoi quadri l'apparenza del moto,
e della vita, arricchendoli di figure, di fiumi, di cadute d'acqua,
d'edificj, e di rovine; collocandovi tutto ciò che annuncia, o fa
supporre la presenza dell'uomo; esprimendo gli effetti del vento sugli
alberi, e sull'acque, quelli delle nuvole, del sole, della luna, e
d'altre meteore nel cielo; mezzi che sono pure nelle mani dell'artista
giardiniere, colla superiorità, che tutto diventa realtà per esso.

Finalmente la pittura di paese, e l'arte de' giardini s'incontrano
nel colorito; e legge costante della bella natura si è non di assopire
con colori smarriti, e monotoni, ma di risvegliare con tinte vive, e
variate; quindi avverte il paesista, e l'artista giardiniere d'essere
attenti alle sue produzioni, e di saper scegliere quelle tinte, che
più valgono a far sortire l'effetto più favorevole al loro disegno. In
generale devono dominare i colori gaj e chiari; ma le parti isolate,
le grotte e le ruine possono essere rilevate da alberi, e da cespugli
di una tinta più nera. Anche in ciò sono da seguirsi le regole della
pittura: gli oscuri avanti, e gradatamente i chiari indietro, ed
ottenere de' contrapposti, e de' contrasti, come altrove ne parleremo.
Oltre la diversità infinita delle tinte, che si ritrova tra albero ed
albero, ve n'è altresì una grande, che risulta dalla variata direzione
de' rami, dalla picciolezza o grandezza del fogliame, dall'abbondanza,
o dalla scarsità delle foglie.

L'artista giardiniere conoscendo bastantemente la botanica, ma più
ancora in qualità di pittore, e d'uomo di gusto, che per rapporto alla
difficile classificazione, all'arbitraria nomenclatura, e al più o
meno di parti inservienti alla generazione, piantando, e combinando i
diversi vegetabili, potrà produrre un quadro più vero, e più esatto di
quello del paesista stesso. Può benissimo, formando delle ben intese
gradazioni di tinte debili e forti, e di chiaroscuro, e maritando,
e fondendo i colori d'una vaga maniera, offrire alla natura de'
quadri, ch'essa stessa non ha composto, che di rado. Come le tinte dei
vegetabili cambiano a grado delle diverse stagioni, così bisognerà che
vi ponga la maggior attenzione, e che preveda ogni cosa. Bisogna che
conosca eminentemente la simpatìa de' colori, e i differenti tuoni del
medesimo colore.

Dal confronto, che abbiamo fatto di queste due arti, manifestamente
emerge, che quella del giardiniere sorpassa altrettanto quella del
pittore, quanto la natura sorpassa la copia; e diffatti nessun'arte
è più la natura stessa, che quella de' giardini. La presenza degli
oggetti è reale, ed effettiva; l'acqua si presenta col suo aspetto,
e col suo mormorìo; i colori brillano all'occhio con uno splendore,
una vivacità, un calore, che invano si sforzerebbe di colpire lo
stesso pennello magico del Tiziano. Lo sviluppo successivo delle
differenti scene d'un giardino presta un più lungo piacere, e più
instaurante, che il più bel paesino in pittura, che l'occhio ha ben
presto interamente abbracciato. Di più l'artista giardiniere guadagna
in estensione, e non lascia desiderar gran cosa. Molti oggetti belli
in natura perdono nell'essere imitati; molti altri, che il pittore
è costretto di riserrare in piccolo spazio, si perdono facilmente in
un'informe massa, malgrado le leggi della prospettiva. Finalmente la
composizione di un quadro resta sempre la stessa da qualunque parte si
esamini; l'artista, come lo spettatore non vi possono cangiar l'ordine
adottato, e per conseguenza l'effetto suo è invariabile. Ma l'artista
giardiniere è padrone di moltiplicare le sue composizioni, facendole
considerare sotto diversi punti di vista. Può, mediante la disposizione
de' suoi sentieri, marcare diverse visuali allo spettatore, che lo
fermino, e l'obblighino d'esaminare il piano da un altro lato. Può
dunque, pel mezzo della varietà, e successione delle vedute, che dirige
conformemente al suo scopo, produrre un seguito di movimenti, che si
rinforzino reciprocamente colla loro energìa, e che offrano all'anima
un indicibil diletto.

Il talento d'un bravo giardiniere è di farsi copiare dal pittore,
e divenire il modellatore del paesista. Qual estensione adunque di
cognizioni, di genio, di avvedutezza!

   [Illustrazione: _Tav. IV._ Pagliajo rotondo, ricavato _du
   détail des nouveaux jardins_.]



DELLA DESTINAZIONE, E DIGNITÀ DE' GIARDINI.


Affin di cercare, e d'ottenere lo scopo prefisso de' giardini Inglesi,
converrà prima formarsi un'idea della destinazione, e della dignità
de' giardini in generale. Un giardino è un luogo destinato a far
gioire tranquillamente l'uomo de' beni della vita campestre, e delle
rinascenti delizie delle stagioni. Tutt'i piaceri, che la natura
riserba per i suoi prediletti amici, ponno trovarsi nel recinto d'un
vasto giardino ben ordinato, e tutti questi vantaggi aumentano di
pregio a misura che il discernimento, ed il buon gusto presiedono alla
disposizione, e coltura di esso. L'uomo, che non è ancora abbastanza
degenerato, prova de' godimenti, che lo confortano nel raccoglimento,
nella quiete della campagna, nella freschezza dell'aere, ne' soavi
odori, ch'esalano le piante, e i fiori, e negli avvantaggi, che
ne risultano per la salute, e per lo spirito; ama trovarsi fra una
sorte d'innocenza, che non ritrova nelle città, e fra una possibilità
minore di delitti; prova delle amene distrazioni; i suoi sensi sono
soddisfatti, e sente quella tacita compiacenza, che inspirano al
cuore le scene campestri della natura, e la dimenticanza felice delle
inquietudini, e delle pretese del mondo; solleva l'anima verso il suo
creatore, e passa dolcemente in revista il bello, il grande, il vario,
la vita, e la morte. La campagna, ed un giardino, ch'è la campagna in
miniatura, ed in bello, diventa così il domicilio del sollievo dopo
le pene, quello del riposo delle passioni, e del ristoro dei travagli,
il teatro delle occupazioni le più graziose, e primitive dell'uomo, il
tempio, ove si adora la suprema saggezza.

La destinazione generale dell'arte de' giardini sarà dunque quella
di destare piacevoli sensazioni, oltre quelle, che naturalmente
risvegliano i siti allegri, i solitarj, e melanconici, i romanzeschi,
e solenni; e l'arte consisterà nello scuotere l'altrui immaginazione,
e sensibilità con un'armoniosa catena di emozioni diverse, prodotte dal
vario, dal nuovo, dal bello, dal selvaggio, e dal patetico.

Gli oggetti, che rinchiude un giardino, sono quelli, che la bella
natura presenta al monte, e al piano. L'artista giardiniere sceglierà,
e raccoglierà fra essi particolarmente quelli, che più agiscono sopra
la facoltà sensitiva, e sopra l'immaginazione, poi li acconcerà, li
combinerà, e li disporrà in guisa, che la loro forza sia accresciuta.
È per questo mezzo che un luogo, cangiando di natura, comincia a
differire da un sito abbandonato, da una campagna soverchiamente
monotona, e fatta per la sola utilità, e comincia a diventar giardino.
Prima legge generale dell'arte dei giardini.

Ma un giardino essendo l'opera dell'applicazione, e del genio, deve
fortemente commuovere l'immaginazione, ed il cuore; e l'artista
rinforzerà in conseguenza l'impressione, che cagioneranno gli oggetti
naturali da lui stati scelti, ed accozzati con criterio, mescolandovi
degli oggetti artificiali, ed analoghi, seguendo i principj dell'unità.
Seconda legge generale di quest'arte.

Ciascuna specie particolare di giardino, che venga immaginato,
presenterà una determinata destinazione, che sarà la sorgente delle
regole da osservarsi nella di lui composizione, fisso stante il
principio di ricreare, e di divertire. Questa destinazione eleva i
giardini alla classe dell'opere più stimabili dell'arte, e li sommette
per conseguenza alle leggi invariabili del bello. Sotto quest'aspetto
l'arte de' giardini diventa la filosofia degli oggetti variati della
natura, del loro potere, e della loro azione sopra l'uomo. Deve
quest'arte prefiggersi di non allettare soltanto i sensi esterni,
ma di diventare una sorgente di contentamento interno per l'anima,
di ricchezze per l'immaginazione, di delicatezza per il sentimento:
dilata così la sfera del buon gusto, e delle arti tutte, applica lo
spirito creatore dell'uomo ad una nuova messe, che non aveva peranche
conosciuta, penetra a fondo, e rende, per così dire, più belle le
opere della natura, ed abbellisce questa terra, nostro soggiorno per un
tempo.

L'arte de' giardini può vantarsi d'avere la superiorità fra tutte
l'altre bell'arti. È un'arte, e non pertanto è amalgamata colla
natura più di qualsiasi altra. Ci fa gioire di tutta la varietà,
di tutt'i piaceri della campagna, di cui la pittura di paesetto non
ce ne offre che una parte; produce d'improvviso delle impressioni,
che la poesìa descrittiva non risveglia che successivamente per un
progresso d'immagini; procaccia un piacere più vivo, e più lungo, che
le statue, i quadri, e gli edificj; poichè l'accrescimento continuo, i
cambiamenti delle stagioni e dell'atmosfera, il movimento delle nuvole
e dell'acque, l'intervenzione degli uccelli e degli insetti, e mille
piccoli accidenti cagionati dall'avanti e dall'indietro, adornano un
giardino con tanta varietà e magìa, che non cessa mai di allettare;
bellezze inoltre alla portata di chiunque, e frammischiate sempre colla
comodità, e coll'utile.

L'arte de' giardini non si limita a copiare la natura, abbellendo il
domicilio dell'uomo; accresce di più il natural suo sentimento verso
la bontà divina, si presta all'allegrìa ed al brio, ed aumenta persino
la benevolenza dell'uomo per i suoi simili. I deserti della Lapponia e
della Siberia non stancano soltanto, ed intimidiscono il viaggiatore;
spengono altresì il sentimento, ed il genio dell'abitatore, inspirando
l'indolenza, il cattivo umore, il malcontento, e l'abbattimento.

Nelle regioni ben coltivate ed ornate di giardini si vedranno gli
uomini accostumarsi per preferenza ai decenti e tranquilli piaceri,
che ivi offre la natura, ed insensibilmente obbliare gl'insulsi
e rozzi trattenimenti. Circondati da oggetti incantatori, il loro
spirito diverrà lieto e sereno, e i loro sentimenti più dolci, ed
umani; sentiranno la loro indole spinta a dispiegare più presto,
e con successo le sue più belle facoltà. Egli è certo che le scene
ridenti della campagna, e de' giardini hanno un potere più importante,
che volgarmente non si conosce, sopra l'immaginazione, e sopra la
sensibilità. Lo scosso ed esteso pensiero non si arresta; da una serie
d'idee novelle si eleva ad un'altra, infino a tanto che, abbandonando i
noti oggetti, d'onde è partito, si slancia in preda de' trasporti, che
cagiona la considerazione del bello, e del grande.



DELLA GRANDEZZA, E DELLA VARIETÀ.


Fra le qualità che rendono gli oggetti naturali proprj ai giardini, e
che dobbiamo determinare con qualche esattezza, domanda la nostra prima
attenzione la grandezza.

L'uomo per una connaturale sua inclinazione odia tutto ciò, ch'è
ristretto, ed ama l'estensione, e la grandezza. L'aspetto di piccioli
oggetti, rinchiusi in picciolo spazio, ci satolla, e ci disgusta
presto, e la vista di tutto un paese, di montagne, di rocchi, d'acque
spaziose, di boschi, ci rianima.

Quanto l'anima si allarga, quanto estende le sue forze, e si affatica
di tutto abbracciare, allorchè le si scopre in prospettiva il mare,
oppure allorquando in una bella sera d'inverno il cielo sembra
svilupparsi senza limite agli occhi nostri, e vi si mostra co' suoi
lucenti pianeti, e colle sue sfavillanti stelle! L'amore dell'uomo per
il grande agisce così fortemente, e così visibilmente, che non si può
dubitare della realtà di questa sua inclinazione, che sembra annunciare
la nobile destinazione della specie umana. Il godimento della grandezza
presta alla immaginazione, e allo spirito un alimento, che lo soddisfa
compiutamente; slanciasi da una stazione ordinaria, e poco elevata
verso una sfera più sublime di sensazioni, e d'immagini; sente che non
è più un uomo volgare, ma un essere, la cui energìa e vocazione sono al
dissopra del centro, che occupa.

Un paesetto piuttosto che un giardino è destinato dalla natura a
fornirci il piacere, che risulta dalla grandezza; ma un giardino pure
proporzionatamente deve tendere a procurarci tal piacere. La grandezza
in fatto di paese comprende in se l'estensione degli oggetti naturali,
e quella del luogo, ov'essi si trovano. Si potrebbe ancora distinguere
il grande dalla grandezza; così appunto un boschetto di quercie annose
avrebbe qualche cosa di grande, cagionato dagli alberi stessi, che lo
formano, frattanto che un esteso bosco di salici riuscirebbe sempre
meschino.

L'estensione delle parti costituisce la grandezza; la loro diversità, e
le loro differenze formano la varietà; ed armoniosamente accoppiandosi
la grandezza colla varietà, ne risulta la perfezione in fatto di
paesetti, e di giardini.

La varietà sembra più indispensabile ai bisogni dello spirito, che
la grandezza. Gli stessi oggetti offerti agli occhi nella medesima
posizione, un'eterna monotonìa, un'uniformità costante di tinte non
solamente stancano, ma cagionano un segreto martirio.

Come le differenti parti diversificate, d'onde risulta la varietà,
possono nello stesso tempo avere una certa estensione, la grandezza,
e la varietà in conseguenza saranno suscettibili d'un'intima unione.
Tuttavìa queste due qualità restano sempre troppo essenzialmente
differenti, perchè si possano confondere. Due quadri delineati da un
gran poeta, da Haller, mettono la cosa in evidenza.



QUADRO DELLA GRANDEZZA.


«Un miscuglio di montagne, di laghi, e di macigni s'offre distintamente
all'occhio, benchè sotto colori, che gradatamente s'indeboliscono. Nel
fondo azzurro della perspettiva delle alture coperte di folti boschi
riflettono gli ultimi raggi. Un'alpe poco distante presenta delle
terrazze dolcemente inclinate, ricoperte d'armenti, che co' muggiti
fanno risuonare le valli d'intorno. Un lago, posto fra le roccie, offre
uno specchio immenso; una fiamma tremante brilla sulle placid'onde. Là
delle verdeggianti valli s'aprono alla vista, formando sinuosità, che
si ristringono allontanandosi».



QUADRO DELLA VARIETÀ.


«La verdura de' boschi su questi ameni colli era tratteggiata dal
biondo colore de' sottoposti campi. L'Aro nel suo tortuoso corso, e
variato rifletteva su le pure onde un folgorante lume. A lui vicino,
la capitale della Nuitonia, soggiorno di pace, e della confidenza,
presenta le sue mura, che alcun nemico non ha giammai sforzate.
L'occhio girando d'intorno vede regnar la pace, e l'abbondanza.
Sotto la sua capanna ricoverta d'umile musco quì il povero gioisce
della libertà, e del frutto de' suoi sudori. Da un lato la terra era
coperta di pecore, che ruminavano con avidità, frattanto che da un
altro de' pesanti bovi, mollemente stesi sull'erba, rianimavano il
loro gusto, ruminando del fiorito trefoglio. Il cavallo, sbarazzato
dal freno, e dal travaglio, saltava sull'erba nascente de' campi,
che sovente lavorato aveva. I boschi non offrivano uno spettacolo
meno lusinghevole; dei faggi, quasi spogliati, fiammeggiavano colà
d'un rossore ardente; altrove dei folti pini gettavano la lor ombra
sull'erba pallida; i raggi del sole spargevano attraverso de' rami
oscuri la tremante lor luce, ed una verd'ombra, variamente graduata,
scherzava col fuoco del giorno. L'amabile silenzio di questi boschi!
E qual incanto ancor più dolce nella voce dell'eco, quando una turba
di felici creature, immerse nel riposo, e nell'abbondanza, riunivano
le loro voci per cantare il piacere! Un vicino ruscello talvolta colà
mormorando colle debil'onde sul verde smalto, e tal altra cambiate in
neve, ed in perle le versa con istrepito nell'abisso de' rocchi».

Del resto la varietà non si limita semplicemente agli oggetti, ma
si estende ancora ai differenti lati, da cui si considerano questi
stessi oggetti, e ai differenti punti di vista, sotto de' quali si
abbracciano. Un solo edificio, un sol gruppo d'alberi, qualche volta
pure un albero solo può essere, per così dire, moltiplicato dalla
maniera di presentarlo.

Secondo le leggi della varietà lo spazio più conveniente per un
giardino sarà dunque quello, in cui colline, ripiani diversi, acque,
e fondi offrono gli oggetti sotto diversi aspetti, e forniscono
variate lontananze. Bisogna che lo scoperto succeda al rinchiuso, il
chiaro all'oscuro, l'attraente al patetico, il tranquillo al sublime,
il selvaggio ed il romanzesco all'elegante: bisogna riempire di
piantagioni gli spazj vuoti, ed animar le colline con cespugli, con
cadute d'acqua, e con fabbriche; e medesimamente diversi oggetti d'una
stessa specie devono comparir differenti pel loro carattere, per la
loro forma, e per la loro situazione.



DELLA BELLEZZA.


La bellezza dà l'ultima mano di possibile perfezione alla grandezza,
ed alla varietà. L'artista giardiniere giugnerà a dare alle distinte
parti e variate del suo totale quella bellezza, della quale saranno
suscettibili. Se, conforme l'opinione d'alcuni critici, la bellezza
consistesse nelle qualità, per le quali gli oggetti cagionano un
piacer sensibile, sarebbe evidente, che una parte di questo attributo
risiederebbe di già nella grandezza, e nella varietà. È più probabile
la tesi, che la bellezza risulta dall'organizzazione delle parti, onde
meglio servire al loro fine, e dalla fusione armonica, e cospirante
delle medesime parti a formare un tutto di maggior coerenza, e durata,
per cui applicandosi questa ragionata teorìa alla bellezza campestre,
ossia a quella de' giardini pittorici, essa risulterà dall'ottener
meglio lo scopo, a cui sono diretti, quello cioè di costantemente
ricreare. Ma la bellezza campestre, considerata per se stessa, pare che
possa ridursi a due principali capi, colore, e movimento.

La proporzione in generale può altresì offrire qualche sorta di
bellezza, ma quella del regno vegetabile non sembra necessariamente
prescritta dalla proporzione. E diffatti quale proporzione troviamo
noi mai tra i fiori delle piante, ed i lor rami, e tronchi; tra
quelli dell'erbe, e de' loro steli? Il debil gambo della rosa si piega
sotto il largo suo bottone, e il picciol fiore del pomo viene su d'un
grand'albero; e tuttavìa l'arbusto, che ci dà la rosa, e l'albero,
che porta i fiori del pomo, hanno, malgrado la loro rispettiva
disproporzione, una guarnitura molto piacevole.

La bellezza campestre risulterà specialmente dalle forme, ma non da
quelle tanto esatte, che la natura impiega ne' suoi capi d'opera
isolati, e che nell'arte del disegno determinano una parte così
essenziale della bellezza. Nella disposizione de' ridenti paesetti,
travagliando sopra grandi masse, poteva la natura abbandonarsi ad un
maggior arbitrio, e non ha scrupolosamente osservata l'esattezza de'
rapporti. Potrebbesi mai sostenere che nel guarnimento d'una roccia,
ricoperta quì d'alti pini, e là d'umili cespugli, e perfino di semplice
corallina, regni un'esatta osservanza delle proporzioni, o che nelle
piante d'una selva, nella maniera che spiegano i rami loro, nel
colorito delle foglie, domini un rapporto tale, che si possa render
ragione, perchè queste situazioni, e queste forme debbano esser così, e
non altrimenti?

Pare senza contraddizione vero, che, componendo paesetti, la natura
non ha preteso in generale di produr la bellezza, compartendo agli
oggetti una determinata forma, perchè degli oggetti della stessa
specie, presentati sotto forme diverse, ed opposte, sembrano egualmente
sempre belli. Noi troviamo bello un bosco, i cui alberi sono alti,
e slanciati, e medesimamente troviamo bello un altro bosco, composto
di bassi tronchi. Che il bosco s'incurvi in volte opache, o che lasci
trapassar la luce del giorno, sempre ci cagionerà sommo diletto; che
un fiume stenda l'ampio suo letto fra una valle, o che dividendo le sue
acque cada dall'alto d'un monte, nell'uno e nell'altro caso potrà aver
diritto alla bellezza.

Se gli oggetti campestri debbono dunque acquistar la bellezza dalle
forme, pare che non possa essere per altro mezzo, che per quello delle
curve. La linea retta non riesce assolutamente priva di bellezza in
un paesino, ma egli è certo, che le curve somministrano un piacer più
sensibile, ed apportano un'impressione più durevole. Una selva, che si
prolunghi su colli, e fra valli, e si allarghi ora quà, ora là, riesce
sicuramente più bella, che un'altra uniforme al lungo d'una pianura. È
più evidente cosa, che il colore, ed il movimento sono parti essenziali
della campestre bellezza.



DEL COLORE.


I colori interessano più generalmente l'uomo, che le forme: basta
d'aprir gli occhi per i primi; e per gustar le seconde, convien
paragonare, e giudicare. Il colorito imprime agli oggetti un poter
grande sopra la sensibilità, ed eccita il sentimento della gioja,
dell'amore, e del riposo. La natura fa pompa d'una varietà maravigliosa
di colori, che colle loro tinte forti, o moderate, col loro fuoco, o
colla loro dolce luce, col loro miscuglio, e colla loro fusione, co'
loro getti, e riflessi offrono il più seducente spettacolo.

Nè soltanto è d'ammirarsi la magnificenza dei colori nel regno
vegetabile, ma precipuamente devesi quella ammirare, che produce
l'aurora, ed il sol cadente, spettacolo, che, rapendo i sommi poeti, e
pittori, inspirò ad essi le più valorose lor opere.

Oltre questa pompa di corta durata, che spiegano i colori ne' fiori, ed
al levare, ed al cadere del giorno, la natura ci presenta ancora nella
generale decorazione de' paesetti una bellezza di colorito meno grande,
ma più stabile. Il verde, che rinfresca, e benefica la vista, è quello,
che signoreggia nelle belle campagne. Qual varietà infinita non offre
questo sol colore, rimbrunendosi, degradandosi, e fondendosi, e non
solamente per gli effetti de' fondi, che per quelli del chiaroscuro?
E quì la natura insegna all'artista giardiniere di allettare colla
medesima varietà, e successione di verdi; ed è ancora in sua balìa di
superarla, procurando di operare dei miscugli, e delle degradazioni più
fine, e delicate.

Le capitali leggi, che osserverà sul colorito, sono le seguenti:

1.º Eviterà l'uniformità, e si ricorderà che opera direttamente contro
i precetti della natura, allorquando non si serve che d'un sol verde.

2.º Non s'immaginerà essere cosa indifferente mischiare a caso i colori
delle sue piantagioni, ma rifletterà che vi vuol pensiere, e scelta,
onde produrre all'occhio un felice effetto in fatto di colori.

3.º Sopratutto avrà cura d'impiegare colori chiari, e vivi, affine
di risvegliare lo spirito. I colori di questa tempera non animeranno
soltanto, e principalmente gli oggetti più vicini, ma formeranno la
massa principale del suo quadro campestre.

4.º Distinguerà le parti del suo spazio totale, le quali o per la
loro situazione, o per la loro natural disposizione, ovvero attesa la
destinazione, ed il carattere che loro s'intende di dare, collocandovi
delle fabbriche, esigono un color differente, analogo alla cosa, che
vi si vuol introdurre. Un sentiere di traverso, che conduce nel bosco,
potrà essere ombreggiato d'una verdura meno gaja: le grotte, e gli
eremi vogliono essere velati d'un fogliame oscuro, e melanconico.

5.º Studierà la simpatìa de' colori, e si applicherà a maritare, ed a
fondere quelli, che sono amici, di maniera che ne risulti una perfetta
armonia. Non farà unicamente attenzione all'effetto, che produce
attualmente, e da vicino l'unione de' colori, ma a quello altresì, che
produrrà da lontano nella successione delle stagioni, e degli anni.

6.º Darà, per quanto sarà possibile, a' suoi oggetti naturali,
ed artefatti uno spazio, ed una posizione propria a rilevarne le
bellezze, rischiarando questi oggetti con una luce diretta, e con raggi
interrotti, a misura che la loro situazione, o la loro destinazione
l'esigono, e lo permettono.

7.º Avrà cura l'esperto giardiniere, che la distribuzione de' suoi
verdi ottenga l'effetto della prospettiva del colore, detta dai pittori
prospettiva aerea. Se avrà un ampio locale, ove tutto abbandonare
all'effetto, e all'interposizione dell'aria l'allontanamento degli
oggetti, allora sarà in minor bisogno di attenersi al rigore di
questa legge: ma se avrà un picciolo spazio, e brami di far sfuggire
rapidamente il suo bosco, il suo viale, i suoi cespugli da un tale
determinato punto di veduta, dovrà esser sollecito di collocare
nell'avanti gli alberi, e le piante, che abbiano il verde più cupo,
le foglie più grandi, e dettagliate, e i tronchi dalla scorza più
rugosa, e nericcia, mettendo al confine del suo orizzonte i verdi più
pallidi, i tronchi più lisci, le foglie biancastre, che tanto brillante
effetto producono dominate dal sole. Così otterrà il maraviglioso
effetto d'ingrandire il luogo per la degradazione de' colori, appunto
colle medesime regole, che la prospettiva ha stabilite per il pittore
paesista.



DEL MOVIMENTO.


Il movimento produce bellezza, perchè accompagnato da varietà, e
cambiamento. Esso è indispensabile negli oggetti campestri, affinchè
possano piacere stabilmente. La veduta de' siti più ameni comincia a
stancarci, allorquando non ci presenta, che oggetti immobili, e nel
riposo, quando non vi compaja cosa, che rompa questa tranquillità
uniforme, ed annunzi un'esistenza animata. Tale osservazione non è
sfuggita a' più abili paesisti, che tuttavìa restano ben al di sotto
dell'artista giardiniere, quando si tratta di produr movimento,
non potendo i primi che semplicemente indicarlo, e non renderlo
sensibile. Cotesti pittori animano i lor paesetti ora con pastori,
ora con viandanti, ora con mandre erranti a caso, ora col volo degli
uccelli: fanno sibilare il vento attraverso le foglie, rappresentano
cadute d'acqua, ed il fumo, che s'innalza al dissopra de' casolari.
Nello stesso modo l'artista giardiniere dovrà procacciarsi movimento
nell'opere sue, e tanto più ch'esso sarà reale, ed ottenuto con maggior
facilità. Per ottenerlo non dovrà dimenticare le seguenti massime:

1.º Sceglierà un sito, ove il vicinato gli presti delle vedute, dirò
così, mobili, o semoventi, come sono i villaggi, e le colline, i
campi, ed i prati; ove pascolano gli armenti, ed ove travagliano i
giornalieri; i laghi, ed i fiumi animati da batelli, e da pescatori, e
le grandi strade ricoperte di gente, che va, e viene.

2.º Vorrà egli procacciarsi del movimento nello stesso giardino?
Impiegherà per ottener questo intento degli oggetti mobili di loro
natura.

3.º Soverchio movimento distrae, e stordisce, motivo, per cui l'artista
giardiniere cercherà di non procacciarsi che un movimento dolce, e
spontaneo.

4.º Esaminerà per qual mezzo potrà produrre movimento, e vita. La
natura ha riserbato a se il movimento dell'aria, e delle nuvole, ma
permette all'artista giardiniere di vivificare il suo sito con altri
mezzi. Può fare scorrere l'acqua ora presto, ora lentamente; può farla
cadere da piano in piano, o farla precipitare dalla cima d'una scoscesa
rupe; può variamente condurla, e distribuirla a suo talento. La sua
piantagione è esposta al vento; una quantità d'uccelli non mancherà
d'annidarvisi, ed i vario-tinti insetti leggiadramente svolazzeranno
intorno.



DELLA VAGHEZZA.


Che la bellezza campestre risulti dal colorito, o dal movimento, sarà
sempre suo effetto costante di risvegliar piacere, tosto che agisca
sopra l'immaginazione; ma negli oggetti, nella loro situazione,
e legame risiedono ancora delle proprietà, che ci apportano
soddisfazione, e che ci prevengono in loro favore, senza però rapirci;
e queste proprietà costituiscono la vaghezza, talmente collegata colla
bellezza, che difficil cosa riesce distinguere i tratti di famiglia,
che la caratterizzano; affare più di sentimento, che di raziocinio, e
particolarmente rimarcabile all'effetto.

La bellezza fa nascere in noi un piacer vivo, grande, e talvolta pure
accompagnato da entusiasmo; e la vaghezza d'un oggetto produce una
dolce emozione dell'anima, una tranquilla inclinazione, una pacifica
e durevole compiacenza a contemplarlo. Le sue impressioni sono più
deboli, ma soavi; non fortifica lo spirito come un alimento sugoso,
ma lo rinfresca, come la rugiada rinfresca la rosa. La bellezza è
imperiosa, la vaghezza è insinuante. La vaghezza dunque si fonderà
sovra una specie di giusta economìa, e di moderazione: moderazione
ne' lumi, e nel colorito, moderazione nelle mosse. La vaghezza nasce
dall'impasto, dallo sfumato, dalle velature, e dalla parsimonia.
L'arco baleno è bello, quando i suoi colori brillano con tutto il loro
splendore; egli è vago, quando insensibilmente si perdono. I raggi
liberi e risplendenti del sol nascente son belli, e divengono vaghi,
allorchè penetrano per il verde fogliame, che gl'intercetti. Una gran
caduta d'acqua è bella; la sorgente, che mormora, è vaga.

In generale, noi vediamo rare volte la natura comporre tutto un quadro
d'oggetti, che non abbiano che la vaghezza, ma piuttosto la vediamo
mischiare questi vaghi oggetti ad altri, che hanno della grandezza,
della varietà, e della bellezza. Non trascura il vago, perchè produce
il suo effetto, ma non l'impiega unicamente; lo associa ad oggetti di
maggior energìa, affine di produrre con questa mischia un'impressione
più variata, e soddisfacente. Colla scorta di tal istruzione l'artista
giardiniere cercherà pure nella natura gli oggetti aggradevoli, e vaghi
per abbellire il suo recinto, ma considererà questi oggetti come parti
parziali, ed aggiunte.



DELLA NOVITÀ, E DELLA SORPRESA.


La novità occasiona un movimento de' più vivi, e tocca quasi più che
il bello, ed il grande. La novità può trovarsi in parte nell'oggetto
stesso, ed in parte nel modo, in cui si presenta. Trattandosi d'oggetti
campestri, sembra che la novità debbasi particolarmente investigare
nella loro situazione, e nella loro connessione. Ma come l'emozione,
che produce la novità, riesce di corta durata, così bisognerà
congiungervi la grandezza, e la beltà. Le impressioni proprie di
queste due qualità riunite rinforzano l'emozione, che porta la novità,
e la prolungano maggiormente. È fuor d'ogni dubbio, che un oggetto
interamente nuovo per noi ci tocca più d'un altro, in cui la novità
non risiede che in alcune parti, o in qualche alterazione; tuttavìa la
novità, anche in parte, produce sempre il suo effetto. Un bosco non è
una rarità, e tuttavìa il verde fogliame, che lo riveste a primavera,
gli dà l'allettamento della novità. Una rosa non è cosa straordinaria;
tuttavìa qual piacere ci apporta il primo bottone, che scorgiamo
sul rosajo? La natura fa giornalmente comparire de' cangiamenti
agli oggetti, che abbiamo sotto gli occhi; e la novità di questi
cangiamenti conserva loro un poter attraente. L'artista giardiniere
cercherà in conseguenza oggetti, ne' quali la natura produce una
continua variazione. Un oggetto può parer nuovo, pel mezzo del punto
di vista, sotto cui si scorge. La natura produce pari novità, per cui
devesi diligentemente investigare questa sorgente di piaceri. Veduto
un oggetto da vicino, o da lontano, ora allo scoperto, ed ora per metà
celato, ora in una tal situazione, e in una tal combinazione, ed ora
in una tal altra, può benissimo, almeno per qualche istante, produrre
illusione, e sembrare un nuovo oggetto. L'arte di render le cose nuove,
dando loro dei differenti aspetti, forma una delle primarie risorse del
giardiniere.

L'inaspettato non è il nuovo, ma gli è collegato da vicino. Negli
oggetti aggradevoli, l'effetto della novità è l'ammirazione, che
diverte, e quello dell'inaspettato è la sorpresa, sentimento assai più
vivo.

È cosa chiara, che, affinchè un oggetto piacevolmente sorprenda,
bisogna che abbia le qualità per ciò richieste, e si converrà
facilmente che questi soli oggetti s'accordano colla destinazione de'
giardini, e non quelli, che sorprendono d'una maniera disaggradevole,
ributtante, e spaventosa.

A forza di rivedere i medesimi oggetti, e di famigliarizzarsi con
essi, anche le cose più belle alla lunga stancano, e a questo difetto
della natura umana deve in parte rimediare l'inaspettato, rianimando il
gusto. E particolarmente ne' giardini Inglesi, che, potendosi fare in
ciaschedun anno una certa spesa, non sarà difficile di perpetuarsi con
de' leggeri cambiamenti l'effetto della sorpresa, senza punto alterare
il carattere del giardino.

Le principali regole per l'artista giardiniere, che risultano da queste
osservazioni, sono:

1.º Non disporrà mai il suo piano in maniera che si possa colpirne il
totale al primo colpo d'occhio. Non lascierà scorgere, nè indovinare
quale scena segua la precedente. Più nasconderà le sue disposizioni,
più la loro subitanea apparizione colpirà[6].

2.º Presterà attenzione agli oggetti, ai siti, alle lontananze ec., pel
cui mezzo si propone di sorprendere. Non basta che sieno aggradevoli;
conviene di più che sieno importanti, scelti, e distinti. Una cosa
comune, per quanto si mostri all'impensata, non cagiona che una debole
impressione. Preparati a una sorpresa, non bisogna poi che succeda il
parto della montagna d'Orazio.

3.º Senza varietà, e cambiamento l'effetto non sarà che poco
considerabile. Allorquando dopo un oggetto, che ci ha sorpresi, il
medesimo oggetto, oppure un altro simile s'offre di nuovo, ha di
già consumata la sua più gran forza sopra di noi, e si rivede con
indifferenza. L'apparizione di molti oggetti, e differenti tra loro
produce un seguito continuo d'emozioni; ma anche su tal proposito fa
di mestieri della più sagace economìa, e vi vogliono riposo, e pause.
Sopratutto sarà proscritto qualunque raffinamento, e giuocarello
al di sotto della dignità d'un giardino, ove deve regnare il sano
discernimento, ed il buon gusto.



DEL CONTRASTO.


Il contrasto, specie di cambiamento, che risulta dal confronto d'un
oggetto con un altro dissimile, riesce un mezzo atto a produrre vive
emozioni. Se ne serve d'esso la natura ne' suoi più superbi paesetti,
e gli abili pittori, ed i sommi poeti l'hanno imitata con successo
ne' loro quadri, e nelle loro descrizioni. Per rapporto ai contrasti,
convien fare attenzione alle seguenti osservazioni:

1.º Propriamente parlandosi, non è che nelle grandi estensioni di
paese, e non in un piccol sito campestre rinchiuso, che la natura
c'incanta pel contrasto degli oggetti. Il giardino, in cui se ne vorran
praticare, sarà esteso assai, e bisognerà di più che la natura l'abbia
di già preparato a tal uopo, o per lo meno che comodamente vi si
possano fare le necessarie disposizioni. Cercare a produr de' contrasti
in un picciol sito, sarebbe sopraccaricarlo, e per conseguenza
imbarazzarlo, e renderlo insignificante.

2.º Non conviene crucciarsi per praticar de' contrasti nel giardino,
nè praticarne dappertutto. Osservando la natura, si scorge ch'ella si
abbandona ad una specie di sentita negligenza, quando mette gli oggetti
in contrasto; e dessa non si tormenta a porre dovunque ineguaglianze,
ed opposizioni marcate; ma piuttosto fa succedere un seguito di
consimili combinazioni.

3.º Il contrasto può aver luogo fra oggetti di natura, e di specie
differenti, oppure fra oggetti della stessa natura, ma solo dissimili
per le loro proprietà. Il primo di questi contrasti produce maggior
effetto, ma bisogna impiegarlo con molta precauzione in un giardino,
perchè l'artista giardiniere può facilmente essere indotto a
presentare oggetti, che non si accordino punto col totale, o ben anche
frastornino, ed intorbidino l'impressione principale. Tal sorta di
contrasto regna particolarmente ne' paesetti, e può trovar luogo ne'
vasti recinti. L'altra sorte di contrasto è più conveniente a' piccioli
giardini, e cagiona un effetto più debole, ma più sicuro. Si cercherà
di riunire abilmente queste due sorti di contrasto, per quanto lo
potran permettere l'estensione, e la destinazione del giardino, che non
devonsi mai perdere di vista.

Per soverchio amore al primo di questi contrasti si è caduto negli
eccessi più stravaganti. Si è voluto imitare taluna di quelle scene
di romanzo, che la natura crea talvolta per suo diporto, e si è dato
nel ridicolo. Non è sorprendente cosa, che ne' giardini Chinesi siansì
sforzati i contrasti colla sfrenata licenza del gusto orientale, ma è
sorprendente, che Chambers approvi tale stravaganza, e che varj Inglesi
l'abbiano seguita.

Sopratutto si sfuggirà qualunque scena di profondo terrore, le quali
scene in realtà non sono fatte che per rilevare col loro contrasto
l'effetto delle piacevoli, e non si accordano punto colla destinazione
de' giardini, sia che si pratichino per semplice fantasìa, sia che ciò
si faccia per l'amore della novità, e del contrasto.

Finalmente in proposito di natura, come di belle arti, che l'imitano,
il contrapposto è una bizzarrìa, e la più gran parte de' sognati
contrasti non riescono, e ripugnano alle leggi della verità, e della
delicatezza, ciò che disturba, e toglie l'unisono, e pieno effetto
dell'azion principale.

Sarà molto esperto quel giardiniere, che riuscirà a produrre felici
contrasti, senzachè si avvegga dell'artificio, che accozza con
apparente accidentalità i contrapposti più forti.



DELLA PARSIMONIA, E SOBRIETÀ.


Sembrami in questo luogo di poter fare parola della sobrietà, e
dell'economìa d'ogni sorta d'abbellimenti, e d'oggetti; giacchè
generalmente può dirsi di tutti gli ornamenti, come de' piaceri, che
val meglio la parsimonia, che la ridondanza.

L'oggetto d'un ornato è di attirare l'occhio dello spettatore a
preferenza d'ogni altra cosa; ma, considerando la natura, noi troviamo
bensì in ogni sua parte de' tratti, che sembrano invitare la nostra
attenzione parzialmente più gli uni degli altri; non mai però essa li
ammassa, e li moltiplica; e si piace di allettare gli sguardi soltanto
per pascerli di delizie, non per istancarli di fatica. Per quanto
immensamente sia ricca, null'ostante essa tutto opera con giudizioso
risparmio; non abusa de' suoi tesori per toglier loro tutta la
preziosità, prodigandoli con troppa lautezza.

Il giardiniere osservatore, ed allievo della natura, imparerà da essa
questa saggia economìa, trovando in lei sempre gli spazj, e i riposi,
che soddisfano alla mente, ed agli occhi.

Siavi grandezza, e sontuosità nell'insieme, e nell'invenzione;
risparmio sagace nell'esecuzione. Nulla v'ha di più bello, che un
disegno maestoso, cui l'eseguirlo non costi immensa spesa, e troppa
opera. Quanto meno hanno costato i monumenti lasciatici da Bramante,
e da Michel-Angelo (proporzionatamente alle lor molli) che quelli
sovracarichi d'ornamenti del Borromino, e de' corrotti seguaci della
sua scuola!

Questa teorìa è molto applicabile ai giardini, giacchè tutto rileva
dalla natura. A forza di variare, e d'introdurre nuovi oggetti, e
diversi ornamenti, non si evita quasi mai di cadere nel trito, nel
meschino, nel piccolo, e si arriva a dispiacere per quel lato medesimo,
per cui si vorrebbe allettare.

Un giardino sopracarico d'ornamenti, d'accidenti, di sorprese,
di fabbriche, di piante, è un enigma per l'occhio, che ne resta
imbarazzato: e sovratutto se un mal consigliato inventore si avvisa
di molto raccogliere in piccolo spazio, togliendo gli oggetti dalla
proporzione naturale. Se avete nel vostro giardino una veduta spaziosa,
un'elevazion maestosa, una quercia, che abbia sfidati cento inverni,
abbiate cura d'assortir tutto l'accessorio con proporzioni, che siino
convenevoli, e ricordatevi che «la nature ne donne jamais les bras du
nain à un grand, ni la tête du colibri à un aigle. (HUBE)».

La ridondanza è confine all'affettazione, al ricercato, a ciò che costa
fatica. La fatica è tomba del piacere, e chi vuole allettare, bisogna
che nasconda con molta sagacità la pena, che gli costa lo svegliare
una sensazion deliziosa. È de' giardini, come de' fiori artefatti:
bellissimi quanto più sembrano negletti, e non s'avvede della mano
dell'industriosa Glicera. Finalmente è de' giardini, come d'ogni arte,
che imita la natura.

   [Illustrazione: _Tav. V._ Veduta di Woobourn di P. Southcote.]



DEI DIFFERENTI CARATTERI DEL PAESINO, E DE' SUOI EFFETTI.


La natura, che fa regnare nelle sue opere una mirabile varietà, la
sparge eziandìo nella superficie della terra. Medianti le diverse
mosse del terreno, essa imprime ai paesetti una sì grande diversità di
situazione, e di configurazione, che trovare due paesetti perfettamente
simili, sarebbe un fenomeno egualmente raro, che trovar due uomini
perfettamente eguali. Sentire le impressioni, che fanno sull'anima
le differenti situazioni del paese, non è cosa alla portata di
tutti: convien essere dotati di una certa finezza, e capaci di somma
attenzione. Ciò richiede penetrazione, ed una felice organizzazione,
una lunga abitudine, o tendenza alla meditazione, per cui si arriva
perfino a rendersi ragione delle sensazioni d'ogni genere, che
producono su noi i diversi oggetti, e a dedurne delle regole, onde
eccitarne delle eguali.

Se facendo un viaggio un po' lungo, durante la bella stagione,
osserviamo noi stessi, e che liberi da distrazioni, siamo disposti ad
abbandonarci alle impressioni, che ci fanno i differenti paesi, che
successivamente ci si offrono, l'interno sentimento ci farà distinguere
le differenti forze degli oggetti, e delle campestri situazioni con
altrettanta certezza, con quanta l'occhio discerne la varietà delle
forme, e de' colori.

L'uomo è adunque in una relazione talmente intima colla natura, che non
può negare l'azione continua di questa sopra la sua macchina. Il bello,
il nuovo, il grande, l'ammirabile, che sparge la natura, cagionano a
lui commovimenti moltiplicati. Vi sono dei siti, che c'invitano ad una
viva gioja, altri ad un piacer più tranquillo: in questo luogo si prova
una dolce melanconìa, ed in quell'altro l'ammirazione, e la venerazione
s'impadroniscono di noi. Ve n'hanno persino di quelli, che c'inspirano
un sentimento importuno della nostra fragilità, e de' nostri bisogni, e
ci riempiono di tristezza, di timore, e di spavento.

L'arista giardiniere dovrà conoscere tutti gli effetti de' siti
parziali del paesaggio, affine di saper scegliere quelli, che
producono emozioni conformi alla destinazione de' giardini, ed
ordinarli, e connetterli, di maniera che queste emozioni si succedano
armoniosamente.

Sebbene il soggetto sia vecchio quanto la creazione, l'arte di
penetrarlo, e di rappresentarlo è però ancora troppo nuova, perchè la
lingua abbia una sufficiente dose di espressioni atte a prestarvisi.

Cercasi di descrivere una pianura, oppure una valle? Allorchè
si tratterà di spiegare la sua lunghezza, o la sua larghezza,
l'elevazione, o il suo abbassamento, la sua guarnitura, o il
vicinato degli oggetti limitrofi, sarà mai possibile di risvegliare
con parole un'idea abbastanza esatta, abbastanza stabile, acciò si
riconosca precisamente quella pianura, e questa valle tale qual è,
senza poter confonderla con un'altra simile, che si è veduta, o con
un'altra, che le sostituisce l'immaginazione? Si vuol descrivere una
collina? I piedi, i fianchi, la cima: ecco le parti principali; ma
quest'anatomia basterà ella forse? Quale varietà non regna mai nelle
sue forme tondeggianti, allungate, restringentisi, appianate, incavate,
compresse, sviluppate di nuovo! Quì la pittura, e la stampa offrono
il loro ufficioso soccorso, soggetto altronde a gravi imperfezioni, e
sempre discosto dall'esattezza.

Tuttavìa per disimbrogliare in parte la cosa, e per renderla meno
insensibile all'osservazione, e alla pratica, ajutiamoci con delle
separazioni, e delle distinzioni. Separando dall'immensa superficie
della terra le grandi parti, che formano per se stesse altrettanti
totali, si hanno de' paesetti; e dividendo questi paesetti in piccole
parti, si ottengono dei cantoni. In conseguenza di questa distinzione
il paesetto consisterà in diversi cantoni, che hanno più o meno
d'estensione, di varietà, e di bellezza, e che sono collegati tra
loro. Ciaschedun cantone, considerato come parte del paesetto, ha
pure le sue parti individuali, che la natura rende suscettibili di un
carattere distinto. Quello di tutto un paesetto è determinato dal più
o meno di perfezione, e d'armonìa, che regna ne' differenti caratteri
de' particolari cantoni. Il paesino deve adunque la sua bellezza,
e l'energìa dell'impressione, che desta, ai differenti cantoni,
o distretti riuniti, che lo formano; e non solamente i caratteri
particolari di ciascheduna scena isolata, ma ancora la connessione, e
concatenazione di queste scene decideranno del suo effetto.



PARTI INDIVIDUALI DEL CANTONE.


Le parti individuali del cantone sono piano, ed elevazione in astratto:
abbellimenti, ed aggiunti sono le rupi, i colli, le montagne, i boschi,
l'acque, le praterìe, le lontananze, gli accidenti.

Il piano, le eminenze, gli sfondi ora limitano la vista degli oggetti,
ora la stendono, ora la moltiplicano, e l'avvalorano.

La pianura non è guari suscettibile di varietà; tuttavìa la natura
l'impiega, e può talvolta formare una delle parti aggradevoli d'un
giardino, ma non mai il tutto. Essa inspira le idee del comodo, e
della facilità, e permette l'esame tranquillo, e prolungato delle
bellezze, che l'ornano. Ma affinchè una pianura possa piacere, fa
d'uopo, che abbia una certa estensione da ogni parte, e che non
presenti una superficie vacua, ed inanimata. Una lingua di terra lunga,
e stretta disgusta, e ben anche un maggior quadrato di pianura, che
senz'interruzione si estenda tanto, che l'occhio non possa colpirne i
confini. Il sentimento della vista vuol essere occupato, e divertito.
Perfino una pianura coperta d'ondeggianti spighe, e priva d'altri
oggetti, non trattiene che per poco. Ma quanto diletto cagionerà
una pianura frammischiata di campi, e d'ortaglie, che spieghino una
varietà di scene, e di colori! Ciò, che anima maggiormente la pianura,
sono le acque, talvolta risplendenti de' raggi del sole, e tal altra
riflettendo l'aspetto del ciel azzurrino, e degli intralciati ammassi
delle vaganti nubi.

La pianura riuscendo per se stessa poco interessante, i suoi confini,
ed il vicinato potranno darle valore. Riesce aggradevole, allorquando
si perde in un bosco, attraverso a' gruppi d'alberi, o quando si rileva
in vaga collina; e ne diviene più amena ancora, quando s'innalzano de'
colli a' suoi fianchi, o che un'alta foresta, un popoloso villaggio, o
qualche altro considerabile oggetto segna i suoi confini.



EMINENZE.


L'eminenza produce maggior allegrìa, e diletto della pianura, riuscendo
per sua natura scoperta, e gioconda. L'eminenza termina de' punti di
vista nello stesso tempo, che ne apre de' nuovi; alletta nel montare
colla moltiplicazione degli aspetti; sorprende allora quando si è
pervenuti alla sommità. L'eminenza comparte dignità, e lustro agli
edificj, che porta sulla sua cima, o ne' suoi fianchi, e presta loro
situazioni brillanti, ed aggradevoli.

La bellezza dell'eminenza sovra tutto dipende dalla sua figura.
Tutto ciò che presenta angoli, ch'è tagliato verticalmente, o che
forma punte, offende l'occhio. Le linee dolcemente ondeggianti,
gl'insensibili pendìi, la varietà ne' contorni de' ripiani, una cima
vagamente rotondata, e che termina in piano, compartono all'eminenza
la forma più grata. Guarnita poi acquista un nuovo pregio. Una fresca
verdura, che copra tutta la sua altezza; un ridente fogliame, e de'
fioriti cespugli irregolarmente dispersi sul pendìo; degli alberi d'una
forma grandiosa, che si slanciano dai fianchi, o che ombreggiano una
parte della cima; un gregge, che vi si arrampichi; una fabbrica di
buona architettura, sono gli ornamenti più belli di una eminenza.

Si cerchi di salire facilmente per una via più che si può circolare
alla stessa eminenza, e praticata in modo, che ad ogni passo sia vario
il punto di veduta.



DEGLI SFONDI.


Lo sfondato è la dimora della solitudine, e del riposo. Agevola
l'orditura, e gli accozzamenti delle scene melanconiche, e primeggiano
in esso con effetto l'ombra, e la chiusura. De' cespugli risuonanti
il canto degli augelli, che s'amino, ed ivi nidifichino in pace;
un'acqua che scorre tacitamente, o con soave mormorìo; il susurro d'un
ruscelletto, che non si scorge; talvolta una rumorosa caduta; viottoli
con alberi piegati ad arco, sembrano gli oggetti più atti a vivificare
graziosamente questo ritiro.

Lo sfondato piace meno nel mezzo d'una pianura, che vicino ad un
bosco, o ai fianchi di un monte, dove natura lo colloca spesso. Le
cavità profonde, e perpendicolari colpiscono, le dolci inclinazioni, ed
insensibili piacciono. Lo sfondato fugge la regolarità, e le compassate
forme.

Per la combinazione de' piani, de' rialzi, e degli sfondi la natura
dissemina ne' paesetti una varietà, che incanta; l'artista giardiniere
seguirà il suo esempio, e non trascurerà veruna di queste capitali
disposizioni

   [Illustrazione: _Tav. VI._ Collinetta nella villa Silva a
   Cinisello.]
del terreno. Era una prova certa, che non si colpiva nel naturale,
allorquando, seguendosi i precetti del Francese LE NÔTRE, tutto si
trasformava in esatta pianura; si spianava ogni rialto, e le sole
elevazioni, che qualche volta si soffrivano, erano delli nudi terrazzi
di sasso.

Nelle pianure, nelle elevazioni, e negli sfondi può regnare molta
differenza, e varietà, cagionata in parte dalla loro estensione, e
grandezza, ed in parte dalle reciproche relazioni, e dalla di loro
tessitura. Determinare le vere proporzioni di questi oggetti, e
convenevolmente legarli, è il colmo dell'arte dei giardini.

Allorchè la natura non ha preparata la disposizione del terreno, ma che
bisogna crearla, è facile cosa cadere nel meschino, e nel ridicolo.
Convien nascondere le linee di separazione, ed osservare la varietà
delle parti. Il giardiniere, occupato a porre in opera un determinato
spazio, rifletta, e paragoni; e ciò gli fornirà istruzioni più utili,
che i generali precetti.



DELLE ROCCIE.


Quando la natura ha poste delle roccie in uno spazio vasto, destinato
a diventar giardino, convien approfittarne. Spandono dignità e
forza, e comunicano al paesello un carattere eroico. Ma d'ordinario,
e soprattutto ne' ricinti limitati non si possono riguardare che
come accessorj, sempre utili però. Gettano interruzione, ed ombra
nel quadro, e se ne può trarre un gran partito ne' siti solitarj,
deserti, e melancolici. Sono il naturale soggiorno delle grotte, de'
ruscelletti, e delle cadute d'acqua, e loro prestano una necessaria
base. I verdi cespugli diminuiranno l'aspetto incolto, e rozzo, che
naturalmente presentano. Una pastoral capanna, o tal altro indizio
d'abitazione umana vi figurerà con vaghezza.

Le artificiali roccie sono difficili a comporsi, e facilmente
tradiscono la mano, e il travaglio dell'uomo. Il lor buon effetto
dipende dalla loro situazione, e dalle loro forme. Più queste forme,
e le congiunzioni delle roccie saranno varie, ardite, confuse, e
singolari, più contrasteranno colle parti vicine, e viemaggiormente
produrranno risalto. Punte, scaglie, ineguaglianze, difformità,
concatenazione ne' massi... In poche parole è questa la sede di
tutto ciò, che si allontana dalla regolarità delle linee, e dalla
disposizione naturale delle forme.

   [Illustrazione: _Tav. VII._ Capanna boschereccia nella villa
   Cusani a Desio.]



BOSCHI.


Senza boschi, e senz'acque le forme più belle del terreno mancherebbero
d'interesse, e di vita. I boschi piacciono in più maniere. L'altezze
loro, la loro estensione, i loro contorni, le loro situazioni, il più
o meno di lor foltezza, le differenti gradazioni de' colori del loro
fogliame, sono abbondanti sorgenti di varietà, e di piacere. Da lontano
pur anche i boschi riescono oggetti lusinghevoli, e somministrano ombre
al paesetto; rallegrano da vicino, rinfrescando, e rianimando le forze;
risvegliano l'idea dei nascondigli, che procurano agli alati abitatori,
che consolano col loro canto; presentano gli effetti del chiaroscuro,
ed esalano soavi odori dalle piante, e dai fiori. Una foresta colla sua
lunghezza, larghezza, ed elevazione può divenire l'oggetto capitale
d'un paesino. Composta di vecchi alberi intatti, e fronzuti veste
il carattere della gravità, e d'una maestà dignitosa, che inspira la
venerazione: un sentimento di riposo ricerca l'anima, e la getta in una
dolce ammirazione, e in un'estasi tranquilla; concorrendovi l'accidente
d'una violente tempesta, vi eccita lo stordimento, e la sorpresa. La
vivacità, la serenità, e l'allegrìa sono proprie del boschetto poco
fronzuto, o di quello, i cui alberi sono d'un getto nobile, e svelto,
poc'alto, ma elegante, la cui verdura è fresca, e ridente, i cui
interstizj sono trasparenti, ed il terreno liscio senza cespugli, e
sterpi. L'agitazione delle foglie cagionata da zeffiri, il giuoco del
chiaroscuro tra le foglie, e sul terreno, il sol levante, e cadente,
che indora il boschetto penetrandolo, l'incerta luce della luna, che
soavemente traspira fra le cime degli alberi, sono gli accidenti più
favorevoli all'abbellimento del bosco.

La natura si serve de' boschi come d'un mezzo efficace a formar scene
di varj caratteri: scene pacifiche, solitarie, deserte, malinconiche,
allegre, aggradevoli, serene a norma della disposizione, e delle
combinazioni diverse de' tronchi, del terreno, e della qualità de'
verdi, e del fogliame.

Gli alberi da cima sono l'ornamento de' boschi; la loro altezza, la
loro grande età, il silenzio, ed una maestosa freschezza, che spandono,
penetrano l'anima, e la commuovono.

Sacre ai felici contrasti, ed al bello nelle scene opache dei boschi
siano conservate intatte quelle annose piante, che portano l'impronta
dei secoli sulla rugosa loro scorza, sui tronchi mezzo squarciati,
sulle estese braccia, che sovrastano la selva; e sovrattutto sacre, e
rispettate dalla scure sieno le piante coperte di ellere parasite, e
di musco, o di tenaci corimbi: l'effetto di queste nelle solitudini è
sicuro, e indicato costantemente dalla natura.



DELL'ACQUE.


Le acque sono nel paesino ciò che sono gli specchi in una sala, ciò
che sono gli occhi nel corpo umano. Senza contare i piaceri della
passeggiata in battello, e della pesca, le acque sono talmente
vivificanti, talmente rinfrescanti, e così copiose in apportare grate
impressioni, che la loro presenza piace dovunque, e la loro privazione
fa pena anche ne' siti più vaghi.

Un volume d'acqua piace ancor da lontano, e non solamente per la sua
fertilità nel produrre effetti varj in ragione della grandezza, della
sua forma, e movimento; ma ancora perchè suscettibile di vantaggiose
combinazioni con altri oggetti.

L'estensione, e la profondità d'una massa d'acqua sono sorgenti d'idee
sublimi. L'impensato aspetto d'un gran corpo d'acqua, del mare per
esempio, produce maraviglia; e scorrendo successivamente cogli occhi
questa scena immensa, il pensiero si perde nell'idea dell'infinito.
Tuttavìa per quanto forte sia la meraviglia che cagiona la vista del
mare, l'ordinaria sua uniformità ne indebolisce l'effetto, a meno
che l'immaginazione non sia rianimata da oggetti mobili. I vasti
corpi d'acqua ci trattengono con maggior piacere, allorchè non si
scorgono tutto ad un tratto, ed in tutta la loro estensione, ma che
insensibilmente vadansi sviluppando a poco a poco, e sotto punti di
vista variati. Delle isolette disperse, e di diversa forma rompono
pure aggradevolmente la monotonìa d'una larga superficie d'acqua. Le
alte rive, le punte di rocco, i promontorj, i capi osservati da varie
parti, e a una certa distanza, formano limiti oltremodo piacevoli. Una
superficie d'acqua considerabile cagiona il più bell'effetto, allorchè
scorre al lungo d'un bosco, o che serpeggia a piedi d'un colle; la
grandezza apparente, che acquista per questo mezzo, per quest'inganno
occupa l'immaginazione anche allora quando l'occhio non iscorge più
nulla.

   [Illustrazione: _Tav. VIII._ Veduta del laghetto nella villa
   di Monza.]

La limpidezza dell'acqua è la primaria sua dote, e sparge la serenità,
e l'allegrìa su tutti gli oggetti vicini. Il riflesso delle nuvole,
come abbiam già detto, degli alberi, de' virgulti, de' colli, degli
edificj forma una delle più ridenti parti del campestre quadro;
l'oscurità al contrario, che giace sugli stagni, inspira melanconìa,
e tristezza. Un'acqua profonda, e tacita, nascosta in parte da'
grandi alberi, velata da spineti, e da sovrapposti cespugli, s'accorda
mirabilmente co' siti destinati agli eremi, alle urne, ed ai monumenti
consacrati dall'amicizia alle spoglie d'anime illustri.

Il movimento dell'acqua è ancor più fertile in apportare impressioni
varie. Stendesi ella placidamente in una vasta ed aperta pianura?
Annuncia una scena dedicata al riposo. Cacciasi dessa dolcemente in
parti ombrose? Acquista un non so che di grave, e di tristo. Un sordo
mormorìo e soffocato è il tuono della melanconìa, e del dolore; un
dolce mormorìo invita alla riflessione, e conviene alla solitudine.
Il susurro d'una chiar'onda, che serpeggia trastullandosi, sparge
allegrìa; un corso rapido, e le saltellanti cascate apportano la
gioja; precipitosi fiotti, che scacciansi l'un l'altro schiumando,
destano l'idea della forza; i torrenti, che mugghiando s'ingolfano in
profondi e tetri abissi, o che cadon dall'alto al lungo delle roccie,
e de' monti, offrono uno spettacolo superbo, che s'accosta al sublime.
La violenza, il fremito, il mugghio feroce de' gran fiumi, e delle
cateratte, le rotolanti bianche e schiumose loro onde, l'aere oscurato
all'intorno, l'eco delle rupi, tutto si riunisce per destar sentimenti,
che talora spaventano.

L'acqua collegata con altri oggetti produce effetti diversi, e
vantaggiosi. Dà un aspetto ridente all'ombre, e cambia un deserto in
deliziosa regione; aumenta l'aria selvaggia delle difformi roccie,
e delle montagne, e sparge altresì la serenità, e il bello su questi
oggetti. Gli stagni d'acqua dormente rendono una foresta più oscura,
e più triste, e i limpidi ruscelli, che serpeggiano in quà, e in là,
soavemente mormorando, l'animano, e la rallegrano. Qual piacevole
quadro non presenta un paesino, ove alle ondeggianti sponde d'un grande
e chiaro ruscello s'alzano piccoli gruppi d'alberi, ora spessi, ed
ora radi, che terminando in tronchi isolati, si ricompongono di nuovo
in boschetto, asilo dell'ombra, e del silenzio! Dove l'acqua brilla
talvolta sotto le verdeggianti volte, o fra i diversi fusti degli
alberi; talvolta riluce in larghe masse rischiarate, e talvolta va
a perdersi dietro un bosco, od un colle, poi ricompare più vistosa
che mai! E qual incanto non acquista una collinetta, che dolcemente
elevandosi vien coronata da cespugli, e da qualch'albero, i cui ben
composti tronchi portano al cielo le nuove ed orgogliose frondi! Ove
una leggiera cascata d'acqua, ora visibile, ed ora nascosta dagli
sterpi, or rumorosa, ed or più tacita slanciasi leggiadramente al lungo
del pendìo; poi formando ruscelli d'inegual corso fra sassi, s'affretta
di scorrere tra' fiori, che smaltano il vicin prato, e brilla colà,
vagheggiata dai raggi del sol cadente!

Considerata l'acqua dall'alto si presenta sotto il migliore aspetto,
allorchè i suoi fiotti argentini serpeggiano in aggradevoli sinuosità
all'intorno d'un colle, d'un boschetto, d'un'isoletta, di casolari,
e di villaggi; che sottratta agli occhi dall'ombra d'un sovrapposto
monte, o dagl'intralciati cesti d'alberi, quivi si striscia in un
oscuro fondo, e là d'improvviso risplendente appare dalle non aspettate
aperture del bosco. Questo spettacolo veduto dall'alto d'un colle in
tutta la sua varietà, ed abbellito di tutti gli scherzi dei riflessi, e
di tutte le bellezze del chiaroscuro, eccita sentimenti inesprimibili.

Non v'ha scena, di cui l'acqua non possa aumentare, o diminuire
l'impressione; non v'ha commovimento, che dessa non possa produrre,
accrescere, od addolcire: tanta è l'energìa di quest'elemento.



DELLE PRATERIE.


Le praterìe, che appartengono in parte alla pianura, non sono
suscettibili d'alcun carattere sublime, quando pur anche fossero
molto estese: sono d'un genere mediocre, e non producono che leggieri
impressioni. Nulladimeno la natura presenta in esse delle decorazioni
amabili, e quiete, il cui carattere è l'apparenza libera, e campestre:
richiamano alla mente le immagini graziose delle pastorali, e sembrano
specialmente consacrate ai sentimenti del riposo, e de' piaceri
tranquilli.

La bellezza delle praterìe dipende principalmente dalle curve dolci,
che segnano la di lor circonferenza. Rimediano queste alla soverchia
uniformità colla varietà, che offrono. Tutto ciò ch'è regolare,
angoloso, acuto, è da escludersi. Da poi la lor bellezza è determinata
dalla vivacità, e dalla freschezza del verde, dalle interruzioni,
e dall'ombre, che producono gli alberi isolati, ed a gruppo, dalla
lor cornice formata da' colli, da' rocchi, e da' boschi, e dalla
loro connessione con tutti questi oggetti. Un ruscello, oppure un
fiumicello, che insensibilmente svolge le sue acque, spande lume, e
freschezza, e cangia la compiacenza tranquilla, che prova l'anima, in
un commovimento più vivo, in quello della gioja.



DELLE LONTANANZE.


Le lontananze fanno gioire l'occhio dei differenti oggetti del paese.
Esse dipendono in parte dalla natura medesima di questi oggetti, ed in
parte dalla loro situazione, e concatenazione, ed in parte ancora dal
punto da dove si considerano. Gli oggetti puonno colla loro importanza,
vaghezza, e novità comunicare ad una lontananza un carattere distinto;
ma ve n'hanno ancora che sono privi d'effetto, e di significazione,
che la natura occupata della maggior perfezione del totale mischia,
e confonde nelle grandi masse, e che l'attento giardiniere non vorrà
separare per metterli in distinta luce. Gli oggetti acquistano quasi
maggior energìa dalla loro situazione, ed attaccamento, che non ne
prendono dalla loro natural configurazione, considerato ciascheduno a
parte. Le situazioni rischiarano, ed oscurano, rinforzano, e modificano
con una varietà sorprendente gli effetti delle forme, e dei colori,
della grandezza, e del movimento. Finalmente gli oggetti non solamente
per se stessi, ma ancora per il loro collocamento, per la loro
situazione, e legame possono comparire sotto aspetti diversificati, a
misura che si sono disposti i punti di vista, dai quali si scorgono.
Quantunque le lontananze sì naturali, che artefatte possano essere
variate all'infinito, tuttavìa si distingue qualcuno de' loro
principali caratteri.

Il primo sarà quello della grandezza, e del sublime, che comprende,
oltre la maestà, e dignità degli oggetti, la distanza, e la moltitudine
delle parti.

Rousseau pretende che il gusto de' punti di vista, e delle lontananze
deriva dall'inclinazione, che hanno la più parte degli uomini a non
piacersi, che ove non si trovano; è da presumersi però, che provenga
da più nobil sorgente; pare, che risulti da ciò, che l'anima nostra
essendo originalmente espansiva, ama di slanciarsi ai più lontani
oggetti, e di unirli, e comprenderli a un tempo stesso nella sua
immaginazione, ciò che forma ed esercizio, e contentamento delle sue
facoltà.

Non v'è cosa, che animi di più, e rallegri una lontananza, che
la mobilità degli oggetti: le imprime un carattere particolare, e
differente di quello della grandezza, e della varietà. Fra tutti gli
oggetti mobili del paesino si distinguono soprattutto le acque coperte
d'ogni sorta di battelli in movimento.

Tuttavìa non bisogna pretendere dappertutto vedute libere, nè dalla
natura, nè dai giardini. Le prospettive aperte all'occhio da ogni parte
distraggono, ed all'ultimo faticano, come un cielo sempre sereno, e che
non è adombrato da veruna nube. L'occhio egualmente, che lo spirito,
domanda dei punti di riposo, degli spazj chiusi, ove possa rianimarsi
sulla verdura, sotto fresch'ombre, o al mormorìo d'un ruscelletto.
Il godimento d'una tenera decorazione, che riposa in seno d'un dolce
crepuscolo, serrata da ogni banda, non è mai più vivificante, che
in seguito alle delizie delle lontananze chiare, ed estese. Varie
sorti d'oggetti, come un romitaggio, un bagno, esigono assolutamente
siti rinchiusi, e bisogna alcune volte nascondere una parte della
prospettiva, affin d'impedire la distrazione, o per far comparire
qualche parte nel suo migliore aspetto. La natura ne' suoi paesetti
limita la vista con eminenze, e con boschi, e l'artista giardiniere
potrà di più servirsi delle fabbriche.

Riguardo ai siti, che non somministrano alcuna lontananza piacevole,
come sono i campi, le pianure aride, e sabbiose, le paludi, ec.,
le quali disgustano col loro vuoto, e colla loro uniformità,
l'occhio vuole, che gli si nascondano. Si potrà ancora rimediare con
avvantaggio ad una lontananza, che presenta un non so che di vago,
e d'incerto, interrompendola con piantagioni diverse. Un paesino, le
cui differenti parti sono distaccate le une dalle altre, e per così
dire disperse, farà peggiore effetto, a misura che sarà più esteso.
Tocca all'ufficiosa mano dell'arte a porvi rimedio. Col soccorso degli
alberi isolati, ed in gruppo l'arte può stabilire maggior connessione
fra le parti, e meglio caratterizzarle ad effetto di comporre un
tutto; il paesino guadagnerà varietà, e le lontananze non solamente si
moltiplicheranno, ma acquisteranno maggior attrattiva, e vezzo.



ACCIDENTI.


La natura è fertile in apparizioni accidentali, colle quali abbellisce
i suoi paesetti nelle differenti stagioni dell'anno, e nelle diverse
ore del giorno. I cambiamenti che offrono il levare ed il cadere
del sole; l'ordine, il movimento, e i diversi quadri delle nuvole,
soprattutto ne' temporali, ed alla sera per l'obbliqua ripercussione
del sol fuggitivo; la repentina vicenda delle improvvise apparizioni
del sole, e dell'ombre, l'incerta luce della luna velata da nube, che
passa; il chiaroscuro delle lontananze, dipendente dallo stato del
cielo, che vi frammischia le sue forme, e il suo chiarore; il vapor
leggiero, e celeste, che nuota d'intorno ai punti di vista; l'effetto
dei colori del baleno; le rugiadose perle mattutine, che risplendono
ne' prati; le figure bizzarre della fluttuante nebbia; l'agitazione
del fogliame, e dell'acque; li piacevoli riflessi, che ci allettano
di più dei raggi della primitiva luce: tutte queste variazioni
della natura, che noi comprendiamo quì sotto il nome d'accidenti,
sembrano formare talvolta delle situazioni novelle, e creare de'
nuovi oggetti. Rianimano l'effetto della luce, e dei colori, cambiando
perpetuamente il chiaroscuro delle decorazioni, e riescono in fatto di
paesetto la più fertile sorgente di varietà, e di vita. Sorprendono
l'occhio attonito con apparizioni, che l'immaginazione non saprebbe
rappresentarsi, nè le più abbaglianti, nè le più magiche, nè le più
rapide a scomparire.

Per imitare, per quanto lo può l'arte debole dell'uomo, gli accidenti,
che sono particolari alla natura, il paesista spia le sue vie più
segrete. Questo mezzo non è dato in tutto all'artista giardiniere: esso
aspetterà con pazienza, che la natura abbellisca il suo distretto.

   [Illustrazione: _Tav. IX._ Veduta del ponte, del tempio di
   Venere, ec. ec. nel giardino del cavaliere F. Dashwood a West
   Wycomb.]



CARATTERISTICO DEI DIVERSI CANTONI.


I cantoni più atti a formar giardino sono specialmente gli aggradevoli,
e gli allegri, e quelli ove regna la serenità, e che si possono
chiamare ridenti, e lusinghevoli. Sono generalmente composti d'una
variata successione di luoghi bassi, e d'eminenze, di sinuosità, e
d'ineguaglianze; e vi hanno luogo praterìe, macchie, boschetti, fiori,
acque, e collinette riunite spontaneamente, e con garbo. Le roccie, le
alte catene de' monti, e le grandi cadute d'acqua ne vengono escluse.

Più le diverse composizioni di questi oggetti sono variate, ed
intralciate tra loro, più esse piacciono. La freschezza, e la vivacità
della verzura, che spandesi dall'erba, e dagli alberi; la limpidezza
dell'acque; il chiaro specchio, che offrono; il susurro, lo strepito,
che produce, zampillando una folla di tortuosi ruscelletti, che
scherzano; i colorati fiori, le amene colline coronate di boschi, e
di fioriti cespugli; l'ombre, che rischiarano piacevolmente; il giuoco
de' riflessi incerti; le lontananze animate determinano il carattere di
cotesti cantoni a seconda dei loro differenti gradi, che si portano dal
puro aggradevole al gajo, al ridente.

La natura crea i cantoni di questo genere con una varietà infinita, e
con copiosa diversità di grandezza, di forme, di colorito, d'ordine, e
di combinazioni. L'impressione, che formano, è moderata. Una placida
compiacenza, un'effervescenza di piacere, che riscalda, un'estasi
piacevole, ecco gli effetti, che producono sui sensi simili distretti.

Quelli, in cui regna un'amabile melanconìa, o il solenne, sono più
rari in natura, ed hanno una maggior energìa. I cantoni aggradevoli
strisciano leggiermente sull'anima, facendovi una debole impressione:
quelli, di cui parliamo, seducono l'anima, l'attraggono, l'incantano,
la commuovono, e l'elevano.

Un cantone, nel quale domini la dolce melanconìa, si produce
coll'esclusione totale delle lontananze; pel mezzo di fondi, e di
abbassamenti; pel mezzo di macchie, e di folti boschi, soventi volte
per l'effetto di semplici gruppi d'alberi grandiosi, e fitti, sulle
cime de' quali si fa intendere un sordo mugghio; pel mezzo d'acque
stagnanti, o che nascoste agli occhi producono un affogato mormorìo;
pel mezzo d'un fogliame oscuro, di tronchi, o foglie cadenti, e
d'un'ombra, che si distende all'intorno; o per la mancanza di tutto
ciò, che annuncia la vita, e l'attività. In questi cantoni vi si
mostrano raramente de' chiari: quì abita il silenzio, e la solitudine.

Un solitario uccello, che svolazza; una tortorella, che geme sopra
una concava cima d'una consunta quercia; uno smarrito usignuolo, che
racconti le sue pene al deserto, bastano a riscaldar la scena. Offre un
consimile cantone il dolce godimento del riposo, e della solitudine,
la lusinghiera immagine dell'idea che l'uomo basta a se stesso, e la
pacifica dimenticanza delle cose, che intorbidano l'interna nostra
quiete. Confidente dell'amore, questo cantone trattiene viva l'occulta
tenerezza del cuore, e medica dolcemente gli affanni. Lo spirito si
abbandona a riflessioni più libere, e più degne di lui; tutte le sue
forze si concentrano, e ne divengono più attive. L'immaginazione si
eleva con istraordinario volo ad una nuova sfera d'idee, fra le quali
va errando con segreto entusiasmo. Chi potrebbe essere così poco
filosofo per non procacciarsi nel suo vasto recinto, ove regna la
serenità, un cantone proprio ad ispirare la dolce melanconìa? A chi mai
queste impressioni potrebbero essere assolutamente straniere? Straniere
al punto di non averle mai osservate nella natura, o di non averle
ammirate, e sentite nei valorosi poeti, che le han cantate?



ROMANZESCO, E MAGICO.


Il romanzesco, o il magico in fatto di paesetti, risulta dallo
straordinario, e dal singolare, che domina nelle forme, nei contrasti,
e nelle connessioni. Particolarmente s'incontra questo carattere nei
cantoni disseminati di montagne, e di roccie, in rinchiusi deserti,
ove non è pervenuta ancora la mano ardita dell'uomo. Oltre le forme, i
forti contrasti, e gli strani e sorprendenti avvicinamenti generano il
romanzesco. Quì l'immaginazione dovendosi occupare d'oggetti vicini,
gli oggetti lontani rimangono intercetti; rare volte si stendono in
avanti, ma più sovente s'innalzano dal basso in alto, o s'internano
dall'alto in basso. Là ove il deserto aspro, ed oscuro s'accoppia
all'ombrosa valle pacifica, smaltata di vaghi fiori, o dove il torrente
precipita le sue acque schiumose dall'alto d'una balza attraverso d'una
vario-colorata macchia, che errano di poi placide, e lucenti fra le
verdi foglie; dove le bianche creste d'una calva roccia aprono la volta
d'una bella foresta... là comincia il carattere romanzesco.

La natura sembra piuttosto gettarlo alla ventura in un momento di
felice capriccio, che terminarlo, e sfumarlo delicatamente. Sono
colpi accessorj, arditi, singolari, che sfuggono dalle sue mani nella
composizione de' quadri campestri.

Il romanzesco apporta sorpresa, ed una piacevole meraviglia, e fa
rientrare in se stesso. La grandezza, e l'oscurità producono i cantoni
solenni, gravi, sublimi, e maestosi. È fuor d'ogni dubbio, che la
prima di queste proprietà riesce indispensabile alla determinazione
di cotesto carattere; quanto alla seconda, essa aggiunge vigore
all'impressione della grandezza, come lo provarono già i Greci, e li
Druidi ne' sacri loro boschi di quercie. Il silenzio, che circonda
un oggetto sublime, ne accresce la maestà. Uno strepito veemente,
quello della tempesta sul mare, o di un furioso vento ne' boschi, o
del fremito delle cateratte risveglia altresì sentimenti distinti, e
concorre egualmente che il silenzio profondo ad esprimere il carattere,
di cui si parla.

Le catene de' monti, le roccie soprattutto, allorchè sono spelate,
ovvero rese oscure, e nere; gli alti boschi, ed i gruppi d'alberi
slanciati; i rapidi torrenti, l'impetuose cadute, le lontananze al
mare, i monti bianchi di neve, i vulcani, gli abissi.... l'oscurità
delle foglie, le ombre forti, le tenebre della notte rischiarate da
scarsa luce di luna, che attraversa un'annosa selva; una calma, una
solitudine profonda all'intorno, che somministra all'anima la facoltà
di porgersi all'impressione di tutti questi oggetti, e di abbandonarsi
all'idee, ed alla meditazione, che cagionano; tutto ciò, più o men bene
combinato, forma un cantone maestoso, e sublime. I suoi effetti sono la
maraviglia, la compunzione, e l'elevazione della mente. Commovimenti di
siffatta tempra, e sopra ogni cosa il sentimento così possente della
grandezza, e dell'onnipotenza del Motore della natura, quanto mai
piacciono ad uno spirito, che non ha peranche scordato di sentire la
propria dignità!

I cantoni di tal carattere sono una rarità anche in natura, e non
s'incontrano che d'intorno a' promontorj lungo le spiagge del mare,
oppure sull'Alpi, ne' Pirenei, e fra le più esaltate sommità de'
monti, infra antiche foreste, e ne' deserti, ove signoreggiano indomiti
torrenti, ed incendiatori vulcani.

Noi vediamo come la natura genera cantoni di differenti caratteri, atti
a produrre differenti impressioni. Cotesti naturali caratteri possono
altresì essere rinforzati per diverse maniere dall'intelligente mano
dell'uomo. È per tal guisa che un ridente cantone, fregiato d'una
pastoral capanna, o d'una casa rustica; un melanconico da un solitario
convento; un romanzesco da gottiche ruine; un maestoso da un tempio;
tutti vi guadagnano prodigiosamente. Allora quando simili edificj, e
monumenti sono congiunti a' cantoni, cui convengono di loro essenza,
le fabbriche, e i cantoni si contraccambiano l'energìa loro; i loro
caratteri ne divengono più marcati, e ne risulta un complesso d'idee,
e d'immagini, che agiscono con forza determinata, e possente sull'animo
nostro.

Il natural carattere d'un distinto cantone può ancora cangiarsi, e
trasformarsi in un altro. Per esempio, un cantone malinconico può
rendersi allegro. Aprite delle lontananze, rischiarate il bosco,
date del pendìo all'acque, e fatele zampillare; diminuite le masse
dell'ombra con molti chiari; intorbidate il silenzio del sito, soltanto
col belamento di greggia, che pascoli nel vicinato... immediatamente la
scena malinconica si trasformerà in un'allegra.

Si può puranche trasformare un cantone, che non significhi gran cosa
in un altro di carattere deciso. Scegliete uno spazio di terreno piano
senza forma, senza bellezze, puranche sterile; cambiatelo in collinetta
erbosa con cespugli, con gruppi di piante, e con piante isolate, e ne
otterrete una parte di cantone allegro. Alcune volte scorgiamo ne'
campi delle quercie rare, e difformi, incurvate dal tempo, e dalla
tempesta, colle cime morte, che sparse in quà, in là presentano un
tristo aspetto: figuriamoci al loro posto de' cesti d'arbuscelli di
bella venuta, e verdeggianti; ed il campo prenderà un ridente aspetto.

A misura che lo spazio totale formerà un mescuglio di varj cantoni,
guadagnerà a poter essere variato. Così un giardino composto di diversi
cantoni d'un distinto carattere, risveglierà impressioni diverse; ma
in tal caso la successione, ed il filo delle impressioni avranno una
particolar influenza.

Primieramente convien esaminare qual effetto produca in particolare
ciaschedun oggetto naturale, la sua situazione, e la sua disposizione.
In seguito va fatta attenzione alle proporzioni, che hanno tra loro gli
effetti degli oggetti isolati, al loro più o meno d'accordo, al limite,
ove principia l'armonìa delle omogenee emozioni, e dove cominciano
a divergere. Là dove nello stesso tempo si osservano oggetti, le
cui forze sono diverse, là pure procede un'emozione composta. Si può
perderla più facilmente, che una semplice; ma allorquando riuscirà, è
immancabile un prodotto maggiore di sentimento.

L'artista giardiniere, che espone quadri di una forza considerabile,
e diversa, deve industriarsi, come gli altri artisti, di rinvigorire
le emozioni. Scegliendo i suoi oggetti, sarà dunque circonspetto a non
impiegare, sia successivamente, sia tutto ad un tratto, che quelli,
le cui impressioni non si distruggono vicendevolmente, e non si
contraddiscono, ma che s'accordano, e felicemente si maritano.

Ciascun oggetto deve essere per se stesso tale, e diretto di maniera,
che, malgrado la presenza, o la varietà degli altri, che si scorgono al
tempo stesso, le impressioni di tutti seguano, per dir così, una linea
non interrotta, e vadansi a riunire in un sol punto, e si avvalorino,
e si rinforzino scambievolmente colle loro combinazioni. Se non si ha
cura di raccogliere le differenti impressioni, e riunirle, e formarne
un centro comune, un giardino non avrà mai la perfezione, che aver
deve come opera di gusto diretta dal raziocinio, vale a dire l'unità,
senza la quale qualsisia varietà stanca, e riesce infruttuosa. Le
impressioni vogliono essere ragionate; vi si ricerca una condotta, ed
un filo, come in un poema, e la più fina conoscenza del cuore umano.
Ancora, di grazia, un'osservazione, che mi pare di conseguenza, onde
meglio distinguere le differenti specie de' giardini, che si possono
construire. Si può comporre un vasto giardino di varj cantoni, ma
egualmente si può benissimo immaginare un bel giardino, che non
consista, che in un sol cantone di un carattere, e di un effetto
semplice, e determinato. Per tal maniera si possono aver giardini, che
non sieno che allegri; altri, in cui regni una piacevole melanconìa;
altri, che non sieno che romanzeschi, e finalmente altri puramente
maestosi, secondo la variata disposizione del cantone, in cui si
trovano, e dalla quale è dinotato il loro carattere.

Questa differenza riesce ancora più considerabile per l'uso, che si
può fare dei giardini stessi. Un casino di campagna, dove si vuol
godere de' primi mesi della bella stagione, richiede un giardino
allegro; un avanzo di convento, un romitaggio, un tempio pare che si
accordino meglio con un cantone dolcemente melanconico; un vecchio
castello chiama un giardino romanzesco. Ciascheduno di questi giardini
aver potrebbe un'estensione considerabile, senza perdere punto della
semplicità del suo carattere; ben inteso però, che il cantone, da cui è
formato, ritenga l'originaria sua indole.

   [Illustrazione: _Tav. X._ Casino in posizione naturale, atta a
   ridursi a villa Inglese.]



DELLO SPAZIO TOTALE.


Lo spazio è come la tela, sulla quale deve dipingere l'artista
giardiniere; e la prima sua ricerca riguarderà la natura di questo dato
spazio.

È cosa inutile di richiamare quì, che non bisogna scegliere per un
giardino un luogo d'aria cattiva, o soggetto all'umido, soverchiamente
vicino alla città, o di troppo lontano da un borgo. Vanno considerati
i pericoli diversi, cui soggiacciono i giardini posti in vicinanza
de' fiumi, e delle grandi strade; e non vanno mai riposti in un fondo
privo di viste libere, o malamente circondato. Ciò che esige la sanità,
il comodo, il piacere, e la possibilità di eseguire quanto si medita,
risalta presto agli occhi di chicchessìa; sovrattutto un suolo fertile,
e dell'acqua.

Per più ragioni fa d'uopo cercare per un giardino uno spazio, che abbia
in se stesso delle naturali bellezze. Ciò accende il genio dell'artista
giardiniere, che travaglia, per dir così, sotto gli occhi della bella
natura, ch'è il suo modello, e che deve sforzarsi di superare; ciò
diminuisce le cure, e le spese della disposizione, dove il terreno,
gli alberi, le foreste, e l'acque forniscono abbondantemente da
se, e suggeriscono l'ordine delle idee; ciò rileva l'effetto della
distribuzione interna colle impressioni, che producono le vedute
all'intorno, le quali non sembrano mai così belle, che allorquando si
possono considerare da un sito piacevole per se stesso. In conseguenza,
per quanto si può, e per quanto lo permettono altre leggi, cercate
di avere nel vicinato del vostro giardino delle prospettive libere,
amene, e variate. Ma non bisogna poi che l'occhio le veda dappertutto
interamente, e le scorga in tutta la loro estensione da ciascheduna
parte del giardino, che in tal caso interromperebbero l'azione
delle differenti sue scene, destinate a produrre ciascheduna il suo
particolar effetto. Le lontananze dovranno essere ora velate, ora
scoperte, ora presentate sotto tal punto di vista, ed ora sotto tal
altro, di modo che per tal mezzo la di loro propria impressione non
solamente sia accresciuta, e moltiplicata, ma che si accordi pur anche
colle altre decorazioni del giardino. Dove regnano la dolce melanconìa,
la meditazione, ed il riposo, dove l'occhio debb'essere occupato
a considerare una sola scena esposta, là una perspettiva ridente
distrarrebbe. Disponendo le scene del giardino, convien fare attenzione
al carattere de' prospetti, che offre il circondario; soprattutto
considerando che riesce più facile di adattare il giardino al paese,
che il paese al giardino, a meno d'intraprendere sugli oggetti del
contorno dei cambiamenti cotanto dispendiosi, come quelli, che sono
stati operati in alcune ville Inglesi. Il bello de' giardini pittorici
dipende molto dall'arte di legare le vedute interne del giardino colle
esteriori del paese, in guisa, che non vi sia contraddizione tra loro,
ma che producano un effetto unico, e rinforzato.

L'estensione dello spazio destinato a diventare giardino contribuisce a
determinare la disposizione totale, e quella delle singole scene. Più
lo spazio è vasto, e più si acquista il diritto d'aspettarsi migliori
effetti dal genio, e dal sapere dell'artista. È da assegnarsi un sito
spazioso alla formazione d'un ragguardevole giardino, affinchè le
decorazioni non vi si trovino ammucchiate, ma perchè si distendano,
e si succedano con ordine, e perchè non intorbidino i movimenti
dell'anima, ma ne facciano nascere un seguito filato, ed armonioso.

Una lista di terreno, che si distenda al lungo davanti la casa, riesce
ben incomoda, e quasi ribelle alla formazione d'un giardino pittoresco;
vi vuole di contro la casa uno spazio di terreno, che si distenda
presso a poco in quadrato, e che abbracci la casa tutta all'intorno.

Gli spazj quadri-lunghi in avanti, che serrano la casa nel mezzo,
quantunque meno adattati, sono tuttavìa suscettibili d'essere ridotti a
formar giardino. La casa certo non vi figurerà di molto, non potendosi
questa isolare, ma si potrà cavar partito del restante. L'oggetto
principale è d'ingrandire lo spazio per ottenere gli effetti, che si
hanno di mira; e perciò alcune volte ne' piani di tal figura converrà
portare la piantagione da un lato solo, e lasciar scoperto l'altro
lato, che goderà di vista. Qualora il terreno sarà soverchiamente
ristretto, basterà ottenere una sola scena, quella della casa.

Dev'essere messo debitamente a contribuzione tutto il vicinato, e per
ciò conseguire, sarà travagliato il terreno del giardino in tutt'i
sensi. Ne' piccioli particolarmente s'impiegherà tutta l'arte. La
mossa del terreno riuscendo uno de' principali mezzi per ingrandire
gli spazj, e per disporli con effetto, e in ciò consistendo gran parte
dell'arte, e dell'opera dei giardini, l'artista giardiniere non si
stancherà mai d'addestrarsi a modellare con terra creta superficie
diverse di terreno, a norma de' casi, che gli si presenteranno, o che
amerà figurarsi, onde pervenire ad acquistare sempre più la teorìa, e
la pratica della sua arte.

Un terreno, che non consiste, che in pianura, è poco proprio per un
giardino, perchè troppo uniforme, e perchè le variazioni artefatte
costerebbero troppo.

Scegliete uno spazio, che non sia totalmente sprovvisto di pianura,
ma che rinchiuda ancora delle alture, de' fondi, e varj cangiamenti.
Un consimile terreno non offre soltanto diversità, concorre altresì
a comunicare varietà, ed effetti alle scene campestri, che vi
s'introducono. È cosa saggia e prudente d'approfittare de' doni della
natura.

Costiere ricolme a dolci pendìi, piacevoli elevazioni isolate,
tondeggianti rincalzamenti, cigli di fiume sicuri, o abbandonati
dall'acque, e circondati da interessanti, e variate vedute alla portata
dell'occhio formano le belle situazioni, ed il locale più atto alla
costruzione di una villa di piacere, che non riporrete agli orli di
un lago, nè alle falde di un monte, nè inchiodata ad un rapido colle,
o confusa ne' villaggi, come generalmente tra noi si veggono, e dove
le belle posizioni per la maggior parte sono occupate unicamente da
rocoli, e da cappuccini. La scelta della situazione vien fatta in
Inghilterra dopo le più grandi indagini, e i più maturi esami.

L'esposizione ancora merita sommi riflessi, e il più delle volte
converrà, che l'abitazione prenda obbliquamente i venti cardinali, e
sia riparata dalle incomode gole, e dai venti settentrionali.

I fiori, gli arbusti, le piante, e l'acque sono mezzi capaci a rompere
la monotonìa del piano; ma un paese montuoso, e disseminato di colli,
dalla natura stessa è stato organizzato per essere più suscettibile
di varietà, e di movimento. Fornisce diversità nelle ineguaglianze,
nelle curvature, e nel declinamento del terreno; maggior grandezza, e
differenza negli aspetti; più libertà, ed ardimento nella situazione
degli alberi; più di vita ne' ruscelli, e nelle cadute d'acqua, che non
si riposano mai.

Un parco, o un vasto ricinto esige un paese ove si trovi una ricca
successione di variati cantoni, di valli, di colline, di fondi, di
montagne, di pendìi dolci, e rapidi: quì le vedute si moltiplicano
da se stesse; ve ne sono sull'alto, ve ne sono al basso; ciaschedun
passo mena verso un sito, verso un nuovo quadro. Le scene spariscono,
e ricompajono; delle nuove nascondon le già vedute; le situazioni
cambiano perpetuamente. Si sale, e l'orizzonte stendesi da ogni parte;
più si monta, e più si vedono i cantoni affondarsi, e perdersi;
la celeste volta si sviluppa all'infinito, ed ai suoi orli la luce
del giorno va ad indebolirsi ne' lontani vapori: l'ammirazione, e
la meraviglia vi riempion l'anima. Succedonsi commozioni più dolci
a misura che si riviene al basso. Fugge il cielo, si nascondono i
lontani oggetti: i pendìi conducono a praterìe, a boschi, a laghi. La
sola natura del suolo fornisce tutte queste diversità, e tutti questi
incanti. Le ineguaglianze del terreno animano in gran parte la natura;
senza di esse l'acqua dormirebbe nei laghi, non vedremmo scherzare i
ruscelletti, non intenderemmo lo strepito della rapida caduta.

La natura è infinita nella maniera, con cui riunisce le differenti
disposizioni del suolo; ed in questa riunione sempre nuova è riposta
una delle incognite sorgenti del suo inesausto allettamento.

L'artista giardiniere non perda mai di mira questa inimitabile maestra,
quando si tratta di distribuire, d'innalzare, o d'abbassare il terreno,
ed allorchè cerca una novella connessione fra le parti. Egli non muova
passo senza averla accuratamente consultata.

Conviene principalmente indagare qual è il carattere naturale del
cantone, che vuolsi cangiar in giardino, onde adattarsi a cotesto
carattere, ed onde saperne cavare il miglior partito.

Non si può mai abbastanza inculcare, che bisogna seguir la natura, e
non guastarla a forza di mal inteso dispendio di testa, e di borsa, nè
stranamente disfigurarla con violenza volendola abbellire. Non bisogna
formar il piano del giardino a norma d'un sol modello isolato, che ci è
piaciuto; ma conviene aver sempre riguardo alla particolar disposizione
del locale. Operando così, si rimarrà fedeli alla natura; vi sarà un
maggior numero di bei giardini, e non si discernerà una sola copia.
L'opera principale de' giardini all'Inglese consiste nella disposizione
del terreno. Se questa disposizione l'ha già fatta la natura, o l'arte
l'ha imitata, ma in modo, che rechi piacere da per se sola, e denoti i
differenti partiti da prendersi, null'altro resterà più, che di vestire
il suolo, e d'ornarlo d'erbe, di piante, d'acqua, e di fabbriche.
Generalmente parlando, e soprattutto trattandosi di piccioli giardini,
la scena della casa sarà la prima a ricavarsi, ed i ritagli risultanti
serviranno per le altre.

Si possono ornare de' siti nudi, si possono disunir delle parti,
per dare ad esse una nuova connessione; si puonno aprire, e chiudere
delle prospettive, introdurre il chiaro, o dar luogo all'oscurità,
chiamar l'allegrìa, o la tristezza in un cantone; si può rinforzarne,
o indebolirne il carattere, renderne gli effetti più determinati, più
delicati, e più vivi: ma con tutte queste risorse, l'arte non deve
mai smarrirsi al segno di tentare con isforzi temerarj di rovesciar
la natura: deve piuttosto impiegarli a pulire, che a rifondere; non
tormentare, nè soverchiamente finire gli oggetti naturali, che a forza
di travaglio cessano d'essere belli. La natura presenta cantoni, che
l'arte non può nè trasformare, nè produrre; tali sono il romanzesco,
ed il solenne. Come mai l'arte creerebbe oggetti così maestosi, e come
ne additerebbe la di lor combinazione? Come quelle catene di monti,
quelle rupi, e quegli scogli, quelle acque, e quelle lontananze? Che
l'arte adunque non prodighi le sue forze in distretti senza importanza,
senza carattere, e d'una disposizione contraria alle leggi del bello:
potrà raggiustarli; ma non potrà, che rare volte metamorfosarli senza
offender la natura, e senza lasciarvi le tracce della violenza, e del
dispendio: evitate li cantoni di un carattere ribelle, ed indomabile;
oppure, allorchè voi nelle vicinanze travagliate su siti più docili,
lasciate questi cantoni tali quali sono, perchè servino d'ombra al
quadro.

Quando si è ben colpito il carattere del paesetto, o d'un cantone,
che n'è una parte, bisogna rivolgersi con tutta la cura, ed ornare
e rinforzare questo suo carattere: piantagioni, distribuzioni,
cangiamenti, scene isolate naturalmente, o ad arte ne vengono in
conseguenza. Sia che si formi un giardino, ove domini la maestà, il
romanzesco, la melanconìa, il piacevole, e l'allegrìa, sia che se ne
formi tal altro per gioire de' piaceri delle differenti stagioni, sia
finalmente che se ne formi per soddisfare ai bisogni, per occupare
una qualsiasi destinazione, sempre si troverà costretto l'artista
di rivenire al carattere proprio del cantone, ove lavora, e di cui
non perderà mai di vista la viva immagine. Il carattere naturale
d'un paesetto può essere semplice, o composto: può egualmente essere
solingo, animato, ridente, melanconico, fertile, deserto, scoperto,
rinchiuso, o consistere in una variata combinazione di tali qualità.
Quando si tratta di giardini di una vasta estensione, e ne' quali
la scena può essere diversificata, il carattere composto avrà la
superiorità sul semplice. Ricercate allora le marcate divisioni di
questo carattere, affine di disporre le vostre decorazioni, e lo spazio
delle vostre differenti scene, di maniera che ciascheduna corrisponda
al carattere particolare del sito, che occupa.

Dipende dall'osservazione di questa capital regola il conveniente
legame de' diversi caratteri isolati, che presenta lo spazio totale del
giardino, e da essa deriva in gran parte la di lui perfezione.

I giardini d'un carattere semplice non domandano che un consimile
canton generale, senza notabili varietà. La natural disposizione
d'un cantone lo rende atto per se stesso ad una determinata specie di
giardino. La stessa forma del terreno, senza far caso sopra il più,
o meno di sua fertilità, sopra le sue piantagioni, e gli oggetti del
circondario, annuncia anticipatamente quale specie di giardino esiga.

È del dovere dell'artista giardiniere di correggere, e di saper velare
i difetti dello spazio, ove deve impiegare il suo genio; difetti, che
la natura, la quale non travaglia, che in grande, poteva benissimo
lasciar sussistere; ma riempiendo questo difficile incarico, cerchi di
evitare un'esattezza penosa, ed esagerata. Volendosi tutto abbellire,
e tutto lisciare, si palesa per il minuzioso una preferenza, dovuta
unicamente a ciò, ch'è importante; si prova che vien dimenticato quanto
le piccole negligenze possono non solamente accordarsi coll'effetto,
che produce la bellezza; ma eziandìo col toglierle, farvi perdere una
parte del bello, che piace mai sempre.

Non si potrà abbastanza inculcare, che convien guardarsi dal
distruggere inutilmente, o mal a proposito gli oggetti naturali, che si
trovano nello spazio totale. Gran numero di giardinieri credono, che
avanti di principiare le loro piantagioni si debba levare tutto ciò,
che la natura ha fatto crescere; e l'esperienza prova, che sarebbero
più presto, e più felicemente pervenuti al loro intento, se avessero
secondato la natura con cambiamenti leggieri, e con moderate addizioni.
Frattanto che le nuove piantagioni languiscono, o non pervengono che
lentamente ad una tal qual perfezione, si stanca del primiero progetto,
o si fanno tanti cangiamenti di tempo in tempo, che riducesi l'opera a
nessun valore.

Quante cose, che al primo colpo d'occhio sembrano superflue, e quasi
nocive, possono, dopo un maturo esame, fondersi felicemente nel piano
generale! Un albero, di cui a formare l'orgogliosa cima vi è voluto un
mezzo secolo, viene spesse volte sradicato per un nulla, non senza una
specie di sacrilegio. Risparmierei perfino una quercia secolare col suo
tronco per metà consunto, e co' suoi rami informi, in parte seccati;
e se il luogo lo permettesse, vorrei collocato sotto la sua poco
folt'ombra un romitaggio, cui invitasse a visitare la considerazione,
che tutto perisce; frattanto che un compassionevole gufo, nascosto in
una concavità dell'albero, facesse sentir dall'alto i rari e lugubri
suoi lamenti.

Non si spinga troppo in là questa osservazione. Tutto ciò, che
notabilmente intercetta un aspetto aggradevole; tutto ciò, che
felicemente non si accorda, o non si piega a verun partito, devesi
levare; e l'artista giardiniere, che eseguisce le sue piantagioni, ha
il diritto di disfarsi di quanto è ribelle, o ripugna alla composizione
del suo piano, lo impedisce, o lo confonde: ma non distrugga mai senza
grave necessità. Non si possono dar precetti fissi circa i confini, che
aver deve lo spazio d'un giardino: sono sommessi a grandi variazioni,
dipendenti dalla natura del distretto, dalla distribuzione, e dalla
destinazione stessa del giardino, punti fondamentali da consultarsi.
Tuttavìa si può quasi stabilire per massima, che non bisogna sforzarlo
a prendere una determinata figura, e che i confini non devono essere
troppo fortemente segnati, nè troppo in vista. Riescono aggradevoli
quando vanno a perdersi insensibilmente nel circondario, e quanto
più si amalgamano meglio con esso. I muri, o le fosse del confine
saranno nascoste col maggior artificio[7]. Un giardino, il cui termine
è occulto all'occhio, sembra più naturale, e più grande. La vista
della fine d'un sito piacevole è importuna, del pari che l'idea, che
pervenuti a un tal punto, bisognerà retrocedere. Gli oggetti lontani,
ed una veduta, che si sviluppa grandemente, soddisfano piacevolmente
ai bisogni della nostra immaginazione. In generale più i passaggi,
le elevazioni, ed i rabbassi fan comparire i prospetti moltiplicati,
e varj, più la vista nelle parti lontane, che da per se sola ricrea,
ed estende l'anima, è ravvivata; quindi noi apprezzeremo maggiormente
l'artista giardiniere, che ci ha saputo procurare tanto piacere, di cui
non possiamo più far senza, accostumati che siamo al bello di natura.

Una foresta, le praterìe, e soprattutto un lago sono i confini
più aggradevoli d'un giardino: poichè non solamente questi oggetti
piacciono sempre

per se medesimi, ma di più l'occhio vi si fissa con compiacenza, perchè
vi trova occupazione, e divertimento.

Qualche volta il carattere particolare, e la destinazione d'un giardino
possono esigere un recinto, ed una privazione assoluta di lontananze;
ed in allora bisognerà far conto sopra de' soli punti di vista interni,
che si creeranno.

Il capo d'opera nella formazione d'un giardino all'Inglese, sarà quello
d'intraprendere nello stesso tempo la costruzione del giardino, e
della casa in uno spazio ben inteso, ed in vicinanza d'un corpo d'acqua
disponibile. Dove il terreno salga, la casa dovrà essere situata nella
parte più alta; e dove vi sia pianura, si praticheranno i sotterranei,
ove altre volte vi sarebbe stato il pian terreno abitabile. Con terre
addossate ai muri, e dolcemente inclinate si coprirà il piede della
fabbrica appartenente ai sotterranei in modo, che abbia luogo l'accesso
della luce ad essi, e si stabilirà un general basamento, dal quale
si discenderà per un dolce pendìo, portandosi al livello dell'acque
del giardino, che vogliono essere vedute radenti terra nel loro corso
di fiume, o di ruscelli. Per tal maniera la casa siederà nell'alto,
e tutta la mossa del terreno fatta colle regole della prospettiva,
riuscirà la più vistosa, e felice, e si presterà ai più belli e variati
effetti. Lo spazio totale allora sarà naturalmente diviso in due parti,
nell'alta, e nella bassa, ove risiederan l'acque.

Un tappeto verde con sentieri regnerà avanti la casa, stendendosi
per lo meno due volte e mezza l'altezza della medesima, e circonderà
inegualmente tutta la facciata, e buona parte de' fianchi. I contorni
di questo spazio verde dovranno essere formati da curve ondeggianti;
riflettendo, che l'aggregato di queste linee si allargherà verso
l'angolo della facciata, dove si presenterà maggior apparenza di
spazio, e si ristringerà all'angolo opposto, dove il terreno sembrerà
mancare. Qualora lo spazio sia vasto da ogni parte, la linea si
restringerà verso la pianura, e si allargherà verso la montagna,
combinandosi ciò col carattere, e l'esigenza della casa.

Questa linea ondeggiante forma la cornice della scena della casa, ed è
composta di massicci diversi di bosco, che s'avvicinano a' suoi fianchi
con gruppi d'alberi, fra' quali vien praticato il sentiero generale,
che dalla casa conduce alle differenti scene del giardino. Parte del
fiume scorre in avanti. È questo il piano generale del giardino, che
si presenta dalla casa, quale contiene l'area della stessa, ed accenna
tutta la piantagione, che abbraccia, e nasconde le scene all'intorno;
piantagione, che non nuoce alla libera veduta all'intorno, per la
maggior parte venendo essa riposta al basso.

Dietro queste traccie è sorto tra noi un superbo palazzo con giardino
all'Inglese, di cui non ve ne ha forse un altro più ben inteso, nè
più grande nel recinto d'alcuna gran capital conosciuta; opera tutta
dell'intelligentissimo proprietario, recentemente estinto, Lodovico
di Belgiojoso, e del valente architetto Leopoldo Pollach, che ne ha
diretta l'esecuzione, ed ideate le fabbriche, che l'adornano, del quale
ne presentiamo la principal veduta.

   [Illustrazione: _Tav. XI._ Veduta del giardino, e di parte del
   palazzo Belgiojoso in strada risara.]



DEGLI ALBERI, ED ARBUSTI.


L'arte de' giardini si allontana nella sua maniera di dividere in
classi gli alberi, e gli arbusti dai caratteri, e dai segni distintivi
della botanica: non giudicando delle famiglie, e delle specie, che
per le varietà esteriori, che colpiscono l'occhio, e per il diverso
uso, che se ne può fare ne' giardini, li colloca in un nuov'ordine
indipendente dalle qualità interne, e dalle differenze essenziali delle
piante.

Gli alberi, e gli arbusti, de' quali tentiamo quì una nuova specie
di distribuzione relativa all'arte de' giardini, sono indigeni in
parte, ed in parte trasportati tra noi da poco tempo da lontani
paesi, e particolarmente dall'America settentrionale. Questi ultimi
sono commendabili, tanto perchè si son fatti al nostro clima, quanto
perchè forniscono alle nostre piantagioni delle belle varietà, ed un
incremento prontissimo. Sarebbe un pregiudizio strano quello, che
ci portasse a preferirli unicamente alli nostri, o a disprezzarli
compiutamente.

Servendoci de' nomi di Linneo, coll'aggiunta de' nomi Francesi, ed
Italiani, ci limiteremo alle famiglie, ed alle specie, che non esigono
le cure, ed il calor della serra, che soffrono i nostri inverni, e non
domandano, che de' siti riparati.



CATALOGO

_D'alberi, d'arbusti, d'erbe a fiori, e d'erbe da prato, atte al
giardino all'Inglese._


ALBERI, ED ARBUSTI.

ACER

_campestre_, Linneo. _Erable_, in Francese. _Acero_, in Italiano.
_Oppio_, in Lombardo.

_negundo_, L. _Erable à feuilles de frêne_, F. _Acero a foglie di
frassino_, I. Bel tronco, come tutti gli aceri, a fogliame abbondante,
e lucido; ama l'umido.

_dissectus_. Bell'albero a foglia stratagliata.

_opalus_, Mil. Superbo pedale ad ampia corona.

_platanoides_, L. _Erable à feuilles de platane_, F. _Acero
platanoide_, I.; a foglie di vite, grandi, e lucide.

_pseudo-platanus_, L. _Sycomore_, F. _Pseudo-platano_, I.; a foglie di
vite, in qualunque terra.

_rubrum_, L. _Erable de Virginie_, F. _Acero rosso_, I.; a fogliame
cangiante, con fiori rossi; ama l'umido.

_sacharinum_, L. _Acero zuccarifero_, I.

_striatum_, L. _Erable à feuilles de plane_, F. _Acero striato_, I.; a
fogliame lucido.

AMYGDALUS

_communis_, L. _Amandier_, F. _Mandorlo_, I.; a rami in aria; ama
terreno soffice, magro, ed anche sassoso.

_nana_, L. _Amandier nain des Indes_, F. _Mandorlo nano_, I.; a fiori
abbondanti, color di rosa, di primavera.

_pumila_, L. _Amandier nain d'Afrique à fleur double_, F.; a fiori
rossi.

_Persica_ fl. pl., Münchh. _Pécher à fleur double_, F. _Persico del
fior doppio_, I.

ÆSCULUS

_hippocastanum_, L. _Marronnier d'Inde_, F. _Castagno d'India_, I.
Bel tronco, a fogliame grande e copioso che forma fiocco; ama terreno
grasso.

_pavia_, L.; a fiori rossi, ed anche a gialli.

AMORPHA

_fruticosa_, L. _Barba di Giove_, I.; a fiori violacei; ama l'aprico,
in terra qualunque.

ARALIA

_arborea_, L.

_spinosa_, L.

  Amano terreno fresco, e soffice.

ARBUTUS

_unedo_, L. _Arbousier_, F. _Corbezzolo_, I.; sempre verde con bei
fiori, e più bei frutti; sta volentieri presso i muri ombrosi, oppure
ben difeso dal settentrione.

_uva ursi_, L. _Vigne ursine_, F. _Vite d'orso_, I.

AZALEA

_viscosa_, L. _Cisto di Virginia_, I. Ama terreno forte, ed umido.

BETULA

_alba_, L. _Bouleau vulgaire_, F. _Betula_, I.; a tronco bianco, rami
cadenti, fogliame raro.

_alnus_, L. _Aune_, F. _Ontano_, I. _Onizza_, Lom.; a foglie di verde
carico; ama l'umido.

_alnus incana_, L. _Aune à feuilles blanchâtres_, F. _Ontano a foglie
screziate di bianco_, I.

_nana_, L. _Bouleau nain_, F.

_dolentarica_; a foglia stratagliata.

BERBERIS

_vulgaris_, L. _Epine-vinette_, F. _Crespino_, I.; a fiori gialli, e
frutti rossi.

BIGNONIA

_catalpa_, L. _Bignone_, F. _Bignonia_, I.; a foglie grandi di
verde-chiaro, a fiori giallo-bianchi, punteggiati di bianco al di
dentro.

_radicans_, L. _Jasmin de Virginie_, F.; a fiori rossi a trombetta.

BUPLERUM

_fruticosum_, L. _Seseli etiopico_, I.; a foglie di salice; vuole il
sole, ed ama terreno fertile.

BUXUS

_sempervirens_, L. _Buis_, F. _Busso, o bosso_, I.

_arborescens_, L.

_suffruticosa_, L.

CALLICARPA

_Americana_, L. Bella pei fiori bianchi, e rosei; frutto roseo, che
dura parte dell'inverno.

CALYCANTHUS

_floridus_, L. _Bulneria à fleurs d'anémone_, F. I fiori sono d'un
color sanguigno-carico; vuole terreno fertile.

CARPINUS

_betulus_, L. _Charme_, F. _Carpino_, I.; a fogliame allegro.

_Virginianus_, L.

CASSIA

_Marylandica_, L. _Cassier de Maryland_, F.; a fiori gialli, d'autunno.

CEANOTHUS

_Americanus_, L. _Thé de la nouvelle Jersey_, F. _Celastro_, I.; a
foglie d'un verde allegro, fiori bianchi a spighe.

CEPHALANTHUS

_occidentalis_, L. _Button-Wood_ degl'Inglesi. _Scabiosa Americana_,
I.; a foglie d'un verde vivo, fiori bianchi odorosi.

CELTIS

_australis_, L. _Micoulier_, F. _Bagolaro, o loto_, I. _Frigé_, Lom. Si
veste ben tardo; fiori da nulla.

_occidentalis_, L.

_orientalis_, L.; a foglia più larga.

CERCIS

_siliquastrum_, L. _Gaînier_, F. _Albero di Giuda_, I.; a foglie grandi
di verde-chiaro, a fiori porporini, precoci, attaccati al tronco.

_Canadensis_, L. _Gaînier du Canada_, F.; a foglie di verde-chiaro al
di sopra, e di verde-pallido al di sotto, a fiori rossi; ama terreno
fertile.

CHÆROPHYLLUM

_arborescens_, L.

CHIONANTHUS

_Virginica_, L. _Amelanchier de Virginie_, F.; a foglie di
verde-chiaro, fiori bianchi a foggia di fiocchi di neve.

_Zeylonica_, L.

CISTUS

L. _Cisto_, I. Diverse specie a fiori rossi, porporini, bianchi, e
giallastri.

CLETHRA

_alnifolia_, L.; a foglie lucide, a fiori bianchi odorosi, disposti in
spighe.

CLEMATIS

_viticella_, L.

_viorna_

_orientalis_

_Virginiana_

_vitalba_

_maritima_

_integrifolia_

  Arrampicanti, fiori bianchi, rossi, cerulei.

CORNUS

_sanguinea_, L. _Sanguin ou bois punais_, F. _Sanguinella_, Lom.; a
fogliame, che si cangia in rosso nell'autunno, e a fiori bianchi.

_florida_, L. _Cornouiller_, F.; a fiori bianchi.

_alba_, L. _Sanguin à fruit blanc_, F. Fiori bianchi.

_mas_, L. _Cornier_, F. _Corniolo_, I. _Cornaro_, Lom.; a fiori gialli,
precoci. Una varietà a foglie brinate d'oro.

CORONILLA

_valentina_, L. _Séné bâtard_, F.; a fiori gialli.

_emerus_, L.; a fiori gialli, di primavera.

COLUTEA

_arborescens_, L. _Baguenaudier_, F. _Colutea erbacea_, I.; a foglie di
verde-chiaro, a fiori gialli, e con vesciche rossiccie.

_orientalis_, L. _Baguenaudier du levant_, F.; a foglie di verde di
mare, fiori giallastri.

_istria_, L.; a fiori gialli.

CORYLUS

_avellana_, L. _Noisetier_, F. _Nocciuolo_, I.; specie diverse.

CRATÆGUS

_torminalis_, L. _Alizier à feuilles découpées_, F. _Spino_, I.

_æria_, L. _Alouche de Bourgogne_, F. _Sorbo dell'alpi_, I.; a fiori
bianchi, odorosi, di primavera.

_crus galli_, L. _Azerolier de Virginie_, F.; a foglie di pero, e a
fiori bianchi.

_oxyacantha_, L. _Azerolier à fleur double_, F. Spino bianco dal fior
doppio.

_coccinea_, L. _Le grand Alizier d'Amérique_, F.

_alpina_, L. _Azerolier des alpes_, F.

_viridis_, L.

_lucida_, L.

CROTON

_sebiferum_, L.; colle foglie del pioppo nero. Non regge all'aria
libera d'inverno, se non quando è alto un uomo. Terreno fertile.

CUPRESSUS

_disticha_, L. _Cyprès de Virginie_, F.

_thyoides_, L. _Cyprès du Canada_, F.

_sempervirens_, L.

CYTISUS

_laburnum_, L. _Ébénier, ou fausse Ébène_, F. _Lamburno_, I.; a foglie
di verde-scuro, a fiori giallo-chiari pendenti a mazzo.

_nigricans_, L.

_sessilifolius_, L.

DAPHNE

_mezercum_, L. _Bois gentil ou garou_, F.; a foglie di lauro, e a fiori
porporini primaticci. Regge presso un muro esposto al settentrione.

_thymalæa_, L. _Thymelée à fleur blanche_, F.; regge all'aria aperta,
ma quando sia discretamente alto, e vecchio.

_laureola_, L. _Garou des bois_, F.; sempre verde, a foglie di
verde-carico, a fiori di verde-giallo, precoci. Sta all'aria libera, ma
presso un muro a settentrione.

_cneorum_, L. _Garou_, F.; a fiori rossi, di primavera.

DIRCA

_palustris_, L. _Bois de plomb_, F.; a fiori bianchi; ama l'umido.

ELÆAGNES

_angustifolia_, L. _Olivier sauvage du levant_, F.; a foglie argentine,
a fiori gialli odorosi.

_latifolia_, L.

EPIGEA

_repens_, L. _Epigée_, F.

ERICA

_arborea_, L.

EVONYMUS

_Europeus_, L. _Fusain_, F. _Fusaggine, Silio_, I.; coperto in autunno
di capsule rosse.

_latifolius_, L.; a fiori rossi, e verdi, e a frutto porporino.

_Americanus_, L. _Fusain de Virginie_, F.; sempre verde, a foglie
spesse, e lucide.

FAGUS

_castanea_, L. _Châtaignier_, F. _Castagno_, I. _Varietas foliis ex
aureo eleganter variegatis._ Si propaga d'innesto.

_pumila_, L. _Petit châtaignier de Virginie_, F.; con belle foglie.

_sylvatica_, L. _Hêtre_, F. _Faggio_, I. Bel tronco, fogliame grande, e
lucido.

_foliis atro-rubentibus_, L. _Sanguin_, F. Faggio purpureo: si propaga
d'innesto.

FRAXINUS

_excelsior_, L. _Frêne_, F. _Frassino_, I.; a fiori bianchi.

_ornus_, L. _Petit frêne_, F. Albero della manna.

_Americana_, L.

GENISTA

_Hispanica_, L. _Gênet, ou gênest du mont Ventou_, F. _Ginestra_, I; a
fiori gialli, odorosi.

_Germanica_, L.

_Virginica_, L.

GLEDITSIA

_triacanthos_, L.

_inermis_, L.

  Le Gleditsie hanno le foglie di mimosa, e si vestono tardi: in
  qualunque terreno.

GLYCINE

_apios_, L. _Riccio di dama_, I.; con fiori di color rosso-scuro a
grappi. D'inverno perde tutto fino alla radice.

GLYCYRRHIZA

_glabra_, L.

GINKO

_biloba_, L. Ha foglie fatte a conio d'un verde cenerino: ama terreno
forte, in qualunque situazione.

GUILANDINA

_divica_, L. Le foglie sono molto grandi, e sottodivise come le mimose.
Vuole poco sole.

_dioica_, L. _Bonduc_, F.; a fiori celesti.

GYNANCHIUM

_erectum_, L.; a foglia argentina.

HAMAMELIS

_Virginiana_, L. _Pistacchio nero della Virginia_, I.

HALESIA

_tetraptera_, L.; a fiori bianchi in forma di campana.

_diptera_, L.

HEDERA

_helix_, L. _Lierre_, F. _Edera_, I.

_quinquefolia_, L. _Vite del Canadà_, I.

HIBISCUS

_Syriacus_, L. _Althea frutex, ou guimaure royal des jardiniers_, F.
_Malvavischio_, I., a fiori bianchi, turchini, rossicci, variegati, ed
anche doppj.

HIPPOPHÆ

_rhamnoides_, L.; a foglie di salice.

_Canadensis_, L.

  Queste due amano terreno umido, e arenoso.

HOPEA

_tinctoria_, L. _Hopea des teinturiers_, F.

HYDRANGENA

_arborescens_, L. Ha foglie d'un verde-chiaro, e sono un po' lucide: i
fiori sono a _cyma_, come il sambuco comune, bianchi, e odorosi.

HYPERICUM

_Kalmianum_, L. _Mille-pertuis de Virginie_, F.; a bei fiori gialli.

JASMINUM

_officinale_, L. _Jasmin vulgaire_, F. _Gelsomino_, I.; a fiori bianchi.

_humile_, L.; sempre verde, a fiori gialli.

_odoratissimum_, L.

_fruticans_, L. _Jasmin jaune des bois_, F.; a fiori gialli.

ILEX

_aquifolium_, L. _Houx_, F. _Smilace, agrifoglio_, I. _Bruscone_, Lom.;
sempre verde, le foglie d'un verde-carico, e lucido; ama poco sole,
e un terreno umido, e forte. Ve ne sono a bache rosse, a bianche, ed
anche a gialle.

ITEA

_Virginiana_, L.; ama un terreno soffice, ombroso, e umidetto.

JUGLANS

_nigra_, L.; noce nera della Virginia.

_alba_, L.; noce bianca della Virginia.

_cinerea_ L.; noce dell'America settentrionale.

JUSTICIA

_adhatoda_, L.; difficilmente regge al freddo.

JUNIPERUS

_communis_, L. _Génévrier_, F. _Ginepro_, I.

_Barbadensis_, L. _Cèdre des Barbades_, F.

_Bermudiana_, L. _Génévrier des Bermudes_, F.

_Lycia_, L.

_oxycedrus_, L. _Le cadet de Provence_, F.

_Phœnicea_, L. _Grand cèdre à feuilles de cyprès_, F.

_sabina_, L. _Sabine_, F. _Sabina_, I.

_Virginiana_, L. _Cèdre rouge de Virginie_, F.

_thurifera_, L. _Cedro di Spagna_, I.

  Tutti i ginepri reggono in aria libera quando sono alti un uomo.
  Sono sempre verdi, bellissimi, d'un verde-scuro. Vogliono terra
  forte.

KALMIA

_latifolia_, L.

_angustifolia_, L.

  Con fiori, che durano quasi tutto l'estate. Reggono d'inverno,
  quando siano ben fortificate, dell'altezza di quasi un uomo. Terreno
  forte.

LAVATERA

_arborea_, L. Nella Cisalpina difficilmente regge in aria aperta.

LAURUS

_benzoin_, L. S'alza all'altezza di quasi due uomini. Le foglie sono
d'un bel verde, grandi, e d'odore d'uva moscatella.

_æstivalis_, L. }
                }
_Borbonia_, L.  } Difficilmente reggono d'inverno nel nostro
                } clima, anche se sono grandi.
_camphora_, L.  }
                }
_sassafras_, L. }

LIQUIDAMBAR

_styraciflua_, L. _Storax d'Amérique, ou coupalme_, F. La foglia è
angolata, grande, d'un verde-chiaro, liscia. Ama terreno arenoso;
cresce molto quando ha l'altezza d'un uomo.

LIRIODENDRON

_tulipifera_, L. _Tulipier_, F., a fogliame abbondante, e magnifico, a
fiori verdo-gialli, che rassomigliano ai tulipani.

_liliifera_, L.; a fiori rassomiglianti ai gigli.

LONICERA

_Tartarica_, L. _Chamæcerasus, ou petit cerisier de Tartarie_, F.; a
foglie di verde-chiaro, a fiori color di carne, a bache rosse.

_cærulea_, L. _Petit cerisier des montagnes_, F.; a fiori bianchi, e
bache celesti.

_caprifolium_, L. _Chevre-feuille d'Italie_, F. _Caprifoglio, o madre
selva_, I.

_sempervirens_, L. _Chevre-feuille de Virginie_, F.

_peryclimenum_, L.

  Queste due sono le più belle pei fiori.

_xylosteum_, L. _Petit cerisier des bois, ou bois de fer_, F.

_alpigena_, L. _Chamæcerasus des alpes_, F.

_symphoricarpos_, L.; a frutti rossi.

_diervilla_, L.

LYCIUM

_Chinense_, L. _Jasmin oïde_, F. _Licio_, I.; a fiori bianchi.

_barbarum_, L. Arbusto a fiori bianco-violetti, i rami divergenti, il
frutto giallo; in qualunque terra.

MAGNOLIA

_grandiflora_, L. _Laurier tulipier_, F.; la più bella per le foglie
grandi di alloro, perenni, lucide, d'un verde-chiaro; fior bianco
grande, odoroso. Regge in aria aperta, quando è allevata all'altezza
d'un uomo. Terra forte.

_glauca_, L. _Magnolia de la Virginie_, F.; a fior bianco. È men bella
delle altre e regge più facilmente della _grandiflora_. Ama l'umido.

_tripetala_, L. Le foglie di castagno ordinario, lunghissime: i
fiori bianchi odorosissimi. Allevata all'altezza di mezzo uomo, regge
benissimo in un terreno umido, e a non molto sole.

_accuminata_, L. Le foglie sono larghissime; ama un terreno forte, e
umido. Albero altissimo; regge nel nostro clima più bene delle altre.

MALUS

_sylvestris_, L. _Pommier des bois_, F. _Pomo_, I.

MELIA

_azedarach_, L. _Fico d'Egitto_, I.; a vago fiore nero, e bianco,
soffre il freddo.

MESPILUS

_pyracantha_, L. _Buisson ardent_, F. _Spina acuta_, I.; a vaghi fiori,
e a bache rosse.

_cotoneaster_, L. _Neflier à feuilles rondes, ou amelanchier velu_, F.;
a foglie crespe, a fiori rossicci, e a frutti rossi.

_arbutifolia_, L. _Alizier de Virginie à feuilles d'arbousier_, F.

_Canadensis_, L. _Neflier, azerolier du Canada_, F.

_orientalis_, L. _Neflier du levant_, F.

_amelanchier_, L. _Amelanchier_, F.

_Germanica_, L.

  Fioriscono tutte in primavera.

MORUS

_nigra_, L. _Mûrier à fruits noirs_, F. _Moro nero_, I.; a fogliame
scuro.

_papirifera_, L. _Moro papirifero_, I.; a fogliame verde-oscuro.

_Indica_, L.

MYRICA

_cerifera_, L. _Tamarisc_, F. _Tamariggio_, I. Bel arbusto grande, con
foglie odorose; vuole terreno grasso.

ONONIS

_fruticosa_, L. _Arréte-bœuf ou bugrande_, F.; a fiori rossi.

PERIPLOCA

_Græca_, L. Le foglie sono d'un verde-scuro, lucide; fiori porporini, e
cenerini, a racemo.

PHILADELPHUS

_coronarius_, L. _Seringa_, F. _Siringa bianca_, I.; a fiori bianchi
odorosi.

PINUS

_sylvestris_, L. _Pin sauvage_, F. _Pino selvatico_, I.

_domestica_, L.

_larix_, L. _Melese_, F. _Larice_, I.; a rami cadenti, a fogliame
leggiero.

_Canadensis_, L. _Epinette blanche du Canada_, F.

_picea_, L. _Pignet_, F. _Peccia_, I. Bel tronco, fogliame raro di
verde-scuro.

_abies_, L. _Sapin femelle_, F. _Abete_, I.

_tæda_, L. _Epineux du Canada_, F.

_balsamea_, L. _Baumier de Gilead_, F. _Pino balsamifero_, I.

_cembro_, L. _Alviez Briançonnais_, F.

_strobus_, L. _Strobo, o di Lord Weymouth_, I.

_cedrus_, L. _Mélèse à gros fruits_, F. C_edro del monte Libano_, I.

  Queste piante sono sempre verdi.

PLATANUS

_occidentalis_, L. _Platano occidentale_, I.; a fogliame grande d'un
verde-chiaro.

_orientalis_, L.; a foglia di vite.

PLUMERIA

_rubra_, L. _Arbre à jasmin_, F.; a fiori color di rosa, grandi, ed
odorosi.

_alba_, L.

  Queste due piante vogliono essere custodite in serra, ma per motivo
  della loro rara bellezza si sono poste quì, alle quali si potrebbero
  aggiungere altre piante esotiche, belle a vedersi, che domandano
  il calor della serra, quali nella bella stagione si possono esporre
  all'aperto entro vasi sepolti in terra.

POPULUS

_nigra_, L. _Peuplier noir_, F. _Pioppo nero_, I.

_alba_, L. _Franc-Picard à grandes feuilles_, F. _Pioppo bianco_, I.
_Tavernela_, Lom.

_tremula_, L. _Tremble_, F. _Albarella_, I.

_balsamea_, L. _Tacamakaca_, F.

_pyramidalis_.

_heterophylla_, L. Il più grande di tutti.

  Tutti i pioppi amano l'umido.

POTENTILLA

_fruticosa_, L. _Potentille, pentaphylloides d'Angleterre_, F.; porta
fiori in estate.

PRUNUS

_padus_, L. _Bois de sainte-Lucie_, F. _Legno sarono_, Lom.; a fiori
bianchi pendenti.

_nana_, L. _Cerisier nain_, F.; a fiori bianchi odorosi, a grappi.

_avium_, L. _Grand cerisier des bois, à fruit doux et noirs, ou
mérisier noir_, F.

_pumila_, L. _Ragouminier, ou néga_, F.; a fiori bianchi.

_mahaleb_, L. _Cerisier des bois_, F.; a foglie lucide, e fiori bianchi.

_lauro-cerasus_, L. _Laurier-cerise_, F.; odoroso.

_padus Virginica_, L.; a fiori bianchi.

_spinosa_, L. _Prunier de buisson_, F.; a fiori bianchi.

_Canadensis_, L.

_fl. pl._ L. _Mérisier à fleur double_, F.

  Fioriscono quasi tutti in primavera.

PTELEA

_trifoliata_, L. _Ptelea a tre foglie_, I.; a foglie liscie,
verdo-chiare, fiori odorosi, giallo-verdi, a grappo.

PUNICA

_granatum_, L. _Grenadier_, F., _Melagrano_, I.; a fiori rossi.

_fl. pl._ L.; dal fior doppio.

PYRUS

_communis_, L. _Poirier_, F. _Pero_, I.

_coronaria_, L. _Pommier des bois du Canada_, F.; a fiori rossi.

_cydonia_, L. _Coignassier_, F.

_pyraster_, L.

_spectabilis_, L.; dal fior rosso.

_sativa fl. pl._, du Hamel. _Le poirier cultivé à fleur double_, F.

QUERCUS

_rubra_, L. _Chêne rouge du Canada_, F. Bel tronco, a fogliame grande
di un verde-chiaro, che si cangia in rosso nell'autunno.

_prinus_, L.

_Canadensis_, L.

_strobus_, L.

_nigra_, L. _Chêne noir de Maryland_, F.; a fogliame oscuro, come
generalmente tutte le quercie.

_alba_, L. _Chêne blanc du Canada_, F.; a foglie lucide.

_robur_, L. _Chêne_, F. _Rovere_, I.

_cerris_, L. _Cerro_, I.

_vulgaris foliis ex albo variegatis_, L.

_ilex_, L. _Licino_, I.; sempre verde, ama il caldo.

_coccinea_, L. _Le petit chêne verd_, F. Porta il kermes.

_sempervirens_, L.

_Virginiana_, L.

_fœmina_, L.

RHAMNUS

_catharticus_, L. _Spin cervino_, I.

_frangula_, L. _Ranno frangola_, I.

_paliurus_, L. _Paliuro_, I.

_zizyphus_, L. _Jujube_, F. _Giuggiole_, I.

RHUS

_coriaria_, L. _Vinaigrier_, F. _Sommacco_, I.; a foglie oscure, come
generalmente tutti i sommacchi.

_thyphinum_, L.; a fiori rossi, che contengono anche il seme, e che
restano sulla pianta per due anni.

_glabrum_, L.

_copallinum_, L.

_cotinus_, L. _Fustet_, F. _Rubione_, I.; a frutti coperti da ricca
lanugine cangiante.

_succedanea_, L. Si è trovato essere _ailanthus glandulosa_ di
Des-Foutaine. Albero di veloce, e somma cresciuta.

_toxicodendron_, L.

_radicans_, L.

ROBINIA

_caragana_, L. Robinia di Siberia a foglie di verde-chiaro, a fiori
gialli.

_holodendron_, L.; a vaghi fiori.

_inspida_, L. _Faux-acacia d'Amérique_, F.; a foglie, e rami ispidi, a
fiori porporini, che porta più volte l'anno.

_pseudo-acacia_, L. _Faux-acacia_, F. _Pseudo-acacia_, I.; di
straordinaria venuta, a foglie di verde-chiaro, a fiori bianchi
pendenti, e odorosi.

_frutescens_, L. _Rose acacia_, F.; a fiori gialli.

RIBES

_rubrum_, L. _Groseille d'outre mer_, F. _Uveta rossa_, I.

_nigrum_, L.

_uva crispa_, L. _Groseiller_, F. _Uva spina_, I.

_grossularia_, L.

RHODODENDRON

_ferrugineum_, L. _Odano_, I.; ama l'ombra presso i muri.

_maximum_, L. Quando è ben forte all'altezza di un uomo, regge in aria
aperta. Le foglie sono d'un bel verde-scuro. I fiori sono giallognoli.

_hirsutum_, L. Ama di essere presso i muri a settentrione. Le foglie
hanno odore di terebentina.

ROSA

_eglanteria_, L.; a foglie odorose, e fiori gialli.

_rubiginosa_, L.; a fiori color di carne.

_spinosissima_; a fiori bianchi, giallastri al basso.

_canina_; a fiori rossicci.

_villosa_; a fiori di rosso-chiaro, e calice peloso.

_fæcundissima_; a fiori doppj di rosso-chiaro.

_inermis_; a fiori di rosso-chiaro, che porta due volte.

_sempervirens_; a fiore bianco, semplice, odoroso.

_lutea multiplex_; a fiori gialli senza odore.

_Punica_, L. _Rosier d'Afrique_, F.; a fiori gialli per di fuori, e
color di fuoco per di dentro.

_cinnamomea_; a fiori porporini, odor di cannella.

_provincialis_, L. _Rosier pavonné_, F.; a fiori grandi, di
rosso-carico, odorosi.

_holosericea_; a fiori di porpora, odorosi.

_Virginiana_; a fiori rosso-pallidi, senza odore.

_pendulina_, L. _Rosier à fruit long_, F.

_Carolina_, L.; a fiori doppj di rosso-chiaro, odorosi.

_pimpinellifolia_, L.; a fiori abbondanti, semplici, rosso-pallidi, e
ricco fogliame.

_alba_, L.; a fiori bianchi, semplici, e doppj.

_Belgica_; a fiori bianchi, odorosi, biancastri al di fuori, e color di
carne al di dentro.

_moschata_; a fiori di color rosso-pallido, doppj, ed odorosi, foglie
odorose.

_centifolia_, L.; a fiori abbondanti di color rosso-chiaro.

_Damascena_; a fiori doppj, odorosi.

_Gallica_, L.; a fiori metà rossi, e metà bianchi, odorosi.

_alpina_, L.; a fior rosso, semplice.

_versicolor_; a fiore variegato.

_bicolor_; a fior rosso, e giallastro per di sotto.

  Si conoscono da ottanta varietà di rose, delle quali la terza parte
  non dà, che fiori semplici. Si possono considerar le rose sotto
  quattro principali colori: le gialle, le bianche, le incarnate, e
  le rosse. Ve n'hanno poche di gialle, un po' più di bianche, molto
  più d'incarnate, e le rosse formano il maggior numero. In questi
  due ultimi colori v'è un'infinità di gradazioni, da quello di carne
  più tenero all'incarnato più vivo, e dal rosso pallido al porporino
  carico. Regna ancora una grande varietà nella statura de' rosaj,
  nell'odore dei fiori, e nella stagione delle lor venute. Taluni
  sono senza spine, altri sempre verdi; in alcuni le foglie hanno un
  odore aggradevole, in altri sono gentilmente macchiate. Si trovano
  de' rosaj, le cui rose sono vagamente brinate, e screziate di
  varj colori. Alcuni fioriscono due volte, altri in tutto l'anno; i
  fiori d'altri non si aprono, che per metà. Nessun arbusto riunisce
  differenze così singolari, così variate, e così interessanti.

RUBUS

_odoratus_, L. _Framboisier du Canada_, F.; porta fiori lungamente, a
foggia di rose.

RUSCUS

_racemosus_, L. Egli è picciolissimo, d'un bel verde-lucido, quasi
illuminato.

SALIX

_petandra_, L. _Grand saule de montagne_, F. _Salce a foglie di lauro_,
I.

_triandra_, L.

_helix_, L.

_Babilonica_, L.; a rami cadenti.

_caprea_, L.; assai precoce.

SAMBUCUS

_laciniata_, L. _Sureau_, F. _Sambuco laciniato_, I.

SOPHORA

_tetraptera_, Mil.; a fiori gialli. Difficilmente regge in inverno.

SORBUS

_domestica_, L. _Cormier_, F. _Sorbo_, I.

_aucuparia_, L. _Sorbier des oiseleurs_, F.; a fiori bianchi, e bache
rosse.

SPIREA

_salicifolia_, L. _Spirée à feuille de saule_, F.; a fiori color di
carne pendenti.

_tomentosa_, L. _Spirea della Virginia_, I.; a fiori color di carne,
disposti a spighe.

_hypericifolia_, L. _Spirée à feuille de mille-pertuis_, F; a fiori
bianchi a guisa di rose, macchiati di giallo.

_opulifolia_, L. _Spirée à feuille d'obier_, F.; a fiori bianchi.

_chamædrifolia_, L. _Spirée à feuille de germandée_, F.; a fiori
bianchi.

SPARTIUM

_scoparium_, L. _Genêt_, F.; a fiori gialli.

STAPHYLÆA

_pinnata_, L. _Faux pistachier_, F. _Pistacchio_, I.; a foglie
verdo-chiare, a fiori bianchi pendenti.

_trifolia_, L. _Nez coupé de Virginie_, F.; a fiori bianchi.

STERCULEA

_platanifolia_, L. _Firmiana_, I. Regge con difficoltà ne' primi anni,
che si espone nell'inverno all'aperto, cosicchè è d'uopo rischiarla
allorchè è ben grande. Le foglie sono molto analoghe a quelle del fico
comune; ma liscie, come pure il fusto, e sono d'un bel verde. I fiori a
pannocchia, di poco bella veduta.

STEWARTIA

_malacodendron_, L. _L'arbre tendre_, F.; a fiori bianchi.

SYRINGA

_vulgaris_, L. _Lilas_, F.

_flore albo_, L.

_flore saturate purpureo_, L.

_Persica laciniat_a, L.

TAMARIX

_Germanica_, L.

_Gallica_, L.

  Queste piante hanno un bel verde-chiaro, e formano una bella veduta.
  I fiori sono a spighe, bianco-rosei. Amano i luoghi arenosi, ed
  umidi.

TAXUS

_baccata_, L. _If_, F. _Tasso_, I., sempre verde. Foglie d'un
verde-scuro. Frutti rossi.

TILIA

_Europea_, L. _Tilleul_, F. _Tiglia_, I.

_Americana_, L; a foglia stretta.

THUYA

_occidentalis_, L. _Arbre de vie_, F. _Tuya_, I.

_orientalis_, L. _Arbre de vie de la Chine_, F.

  Sempre verdi, a rami staccati.

ULMUS

_campestris_, L. _Orme_, F. _Olmo_, I.

ULEX

_Europeus_, L. _Jonc marin_, F.; a fiori gialli. Fiorisce d'inverno
sino a germile.

VIBURNUM

_lantana_, L. _Viorne ordinaire_, F. _Viburno_, I.; a foglie d'un verde
cenerino, a fiori bianchi.

_opulus_, L. _Opalo_, I.; a fiori bianchi, e bache rosse.

_roseum_, L. _Petote de neige_, F.; a fiore bianco a foggia di fiocco
di neve. Ve ne sono di gialli, ed anche di rossi.

_lanceolatum_, L.; a fiori bianchi.

_nudum_, L.

VITEX

_agnus castus_, L. _Agno casto_, I. Albero con foglie a guisa di
canepa, odore forte non grato, fiori turchino-pallidi. Ama qualunque
terreno.

ZANTHOXYLUM

_clava Herculis_, L. Arbusto, che cresce poco. Foglie d'un bel verde.
Fiori, e frutti di nessuna veduta. Regge dovunque.


_Piante vivaci, ossia erbe a fiori di primavera._

ADONIS

_vernalis_, L. _Fausse Ellébore noire_, F.; annua.

ANEMONE

_hepatica fl. albo_, _rubro_, _rubro pleno_, _cæruleo pleno_.
_Hépatique_, F.; perenni.

_vernalis_ _fl. pl. purpurascente_, _fl. pl. albo_. _Anémone_, F.

ASARUM

_Europæum_, L. _Nard sauvage_, F.; bello pel suo cespite.

BELLIS

_perennis_, L. _Marguerite des jardins_, F.

_hortensis fl. pl., colore vario_.

BULBOCODIUM

_vernum_, L. _Campanette, ou aian_, F.; a fior bianco, campanulato.

CALTHA

_palustris fl. pl._, L. _Souci d'eau_, F.

CONVALLARIA

_majalis fl. rubente_, _fl. pleno_. _Muguet_, F.

CROCUS

_sativus_, L., _vernus_, L. _Saffran_, F.; a fiori variabili.

CYNOGLOSSUM

_omphaloides_, L. _Langue de chien_, F., a fiore turchino.

DIANTHUS

_barbatus_, L.

_carophilus_, L.

DIGITALIS

_purpurea_, L.

_epiglotis_.

ERYTHRONIUM

_dens canis_, L. _Chiendent_, F.; a fior bianco, vuol l'ombra.

FRITILLARIA

_imperialis_, L. _Couronne impériale_, F.

_Persica_, L. _Fritillaire_, F.; a fior racemoso, atropurpureo.

_pyrenaica_, L.; a fior variabile.

_meleagris_, L.; a vaghi fiori di colori variabili.

FUMARIA

_bulbosa_, L.; a fiori precoci, racemosi, di varj colori; ama luoghi
ombrosi, e asciutti.

_lutea_, L.; a fior giallo, ama l'ombra.

GALANTHUS

_nivalis fl. pl._ _Perce-neige_, _violette de février_, F.; a fiori
precoci, candidissimi.

GENTIANA

_acaulis_, L. _Gentiane sans tige_, F.; a fior celeste, campanulato, di
monte.

HYACINTHUS

_non scriptus_, L.; a fior celeste, e bianco.

_serotinus_, L.; giallastro.

_amethystinus_, L.

_orientalis_, L.; a varj colori.

_mascari_, L.; d'un verde-pallido odoroso, a spiga densa.

_monstruosus_, L.; singolare.

_botryoides_, L.; odoroso, di color porpora-carico.

_racemosus_, L.

IBERIS

_carexiana_,

_saxatilis_,

  a fior bianco, corimboso.

_tuberosa_; a fior nero, e verde-pallido.

IRIS

_pumila_ _fl._ _cæruleo_, L; primaticcia.

_purpureo-cæruleo_, L.

_variegata_.

_versicolor_.

_susiana_, L. La più grande, a fiore di fondo bianco, tigrato di scuro.

_Germanica_, L.; a fior violaceo-carico.

_Florentina_, L.; a fior bianco.

_Virginica_, L.; a fior variabile.

_pseudo-acorus_, L.; a fior giallo.

_Persica_, L.; primaticcia, fiore a fondo cenerino, a varj colori.

JUNCUS

_odoratus_, L. _Pâture des chameaux_, F.

_articulatus_.

LEUCOYUM

_vernum_, L. _Perce-neige_, F.;

_æstivum_, L. _Violier d'étè_, F.;

  a fiori bianchi, amano l'ombroso.

NARCISSUS

_poëticus_, L.; a fior bianco, con appendice gialla.

_pseudo-narcissus_, L.; a fior bianco, e giallo.

_bicolor_, L.

_minor_, L.

_tazetta_, L.; a fiore giallo, e bianco.

_odorus_, L.

_jonquilla_, L.; a fior giallo, semplice, e doppio.

ORNITHOGALUM

_nutans_, L. _Ornithogale_, _ou churle_, F.

OROBUS

_vernus_, L. _Pois de pigeon_, F.; bellissimo cespuglio a fiori
variabili.

PÆONIA

_fl. albo pieno_, L., _rubro pleno_, L., _pl. incarnato_. _Pivoine_, F.

PHLOX

_pilosa_, L. _Phox_, F.; a fiori d'un rosso sporco.

_divarigata_, L.; a fior celeste.

_glaberima_, L.; a fior purpureo, e bianco.

_maculata_, L.; a fior purpurascente.

PRIMULA

_veris_, L. _Primevere_, F.; a fiori vaghi, e varj.

_auricula ursi_, L. _Oreille d'ours_, F.

PULMONARIA

_officinalis_, L. _Pulmonaire_, F.; a fior purpureo, ceruleo,
variabile, cangiante.

_angustifolia_, L. _Petit pulmonaire_, F.; al sole.

_Virginica_, L. _De Virginie_, F.; al sole.

RANUNCULUS

_repens_ _fl._ _pl._, L. _Le grenouillet_, _ou pied de courbeau_, F.; a
fior giallo-lucido, doppio, e semplice.

_aconiti-folius_ _fl._ _pl._, L. _Le bouton d'argent d'Angleterre_, F.;
a fior bianco, di monte.

_glacialis_; a fior giallo di lunga fiorita, di montagna.

SAXIFRAGA

_crassifolia_, L., _Rompt-pierre_, F. Bella per le foglie, e pei fiori.

SCILLA

_amœna_, L.; a fiori celesti.

STIPA

_penata_, L. È una gramigna bellissima, passati i fiori.

TROLLIUS

_Europæus_, L.; a fior giallo, vuol l'ombra.

TULIPA

_sylvestris_, L.; a fiore giallo, semplice.

VALLERIANA

_divisa_, L.; a fiori bianchi, ama l'umido.

VIOLA

_odorata_, L.; a fior violaceo, bianco, e rosso-pallido.

_fl._ _cæruleo_, L. _Violette de mars_, F. _albo_.

_montana_, L. _Violette_, F.

_tricolor_, L. _Pensée_, F.


D'Estate.

ACORUS

_calamus_, L. _Jonc_, F.; colla spica gialla.

_vernus_, L.

ALLIUM

_moly_, L. _Le grand moly jaune_, F.

AMARANTUS

_species variæ_. Annuali.

APOCYNUM

_androsemifolium_; a fior bianco, e roseo.

ASTER

_Chinensis_, L. Fiori estivi, e autunnali, variabili. Annuale.

BLITUM

_capitatum_, L. Bienne; frutto bello, vuole poco sole.

BORAGE

_officinarum_, L.; a fiore ceruleo-pallido.

CALLENDULA

_officinalis_ _fl._ _pl._, L.; annua, e biennale, a fiori color
d'arancio.

CENTAUREA

_moscata_, L. _Jacee_, F.; annua, a fior bianco, e giallo.

CHEIRANTHUS

_annuus_, L. Viole, dette quarantine.

CHRYSANTHEMUM

_micones_, L. Annuale, a fiori gialli.

CLEMATIS

_viticella_, L.; a fior semplice, e doppio, ceruleo-purpureo.

_vitalba_; a fior bianco.

_crispa_; a fior purpureo-ceruleo.

_orientalis_; a fior giallastro. L'abito di tutta la pianta di
verde-cinereo.

CONVOLVULUS

_purpureus_, L.

_Nil_; a fiore color d'azurro-carico.

_tricolor_, L.

DELPHINIUM

_consolida_, L. Annuale, a fiori variabili.

_grandiflorum_, L.; a fior doppio, e semplice, d'un azurro-carico.

HEDISARUM

_coronarium_, L.; a fior rosso, ed anche a fior bianco.

HYPERICUM

_Ascyrum_, L. _Mille-pertuis de Constantinople_, F.; a fior giallo.

_calicinum_, L.; a fior giallo, grandissimo.

GLADIOLUS

_communis_, L.; a fior bianco-purpureo. _Sp. variæ._

LATHYRUS

_sativus_, L. _Spec. variæ_. _La gresse_, F.

LOBELIA

_cardinalis_, L.; a fior cocineo.

LUPINUS

_pilosus_, L.; a fior cinereo-ceruleo.

_luteus_, L.

  Annui.

MIRABILIS

_jalapa_, L.; a varj colori.

NIGELLA

_Damascena_, L.; a fiori variabili; annuale.

PAPAVER

_rhaeas_, L.; a fiori doppj; di varj colori.

PHLOX

_paniculata_, L.; a mazzetti purpurascenti.

SALVIA

_Hispanica_, L.; Annuale, a fiori in spiga cerulescenti.

SCABIOSA

_atro-purpurea_, L. Fiorisce tutta l'estate, ed in parte dell'autunno.

SILENE

_armeria_, L. _La belle silene_, F. Dà fiori tutta la state, rossi, e
bianchi.

SPIRÆA

_aruncus_, L. _Barba di Giove_, I.; a fior canino.

_ulmaria_; a fior bianco, semplice, e doppio.

_filipendula_; a fior bianco, semplice, e doppio.

_trifoliata_, L.; a fior bianco.

_lobata_; a fior purpureo.

TAGETES

_patula_, L. Annuale, a fior giallo, velutato.

VINCA

_major_, L. _La grande pervenche_, F.; a fior violaceo.

_erecta_, L.

  Belle pei fiori, e pel verde-carico delle foglie perenni.

XERANTHEMUM

_annuum_, L.; a fiori secchi, bianchi, e rossi; dura molto la loro
fiorita.

ZINNIA

_multiflora_, L. Annuale, fiori a color feniceo.


_D'Autunno._

ACHILLEA

_tomentosa_, L.; a fiori gialli, a mazzo.

_mille-folium_; a fior bianco, ed anche purpureo.

AGERATUM

_altissimum_, L.; a fiore bianco, a grappo.

ALCEA

_rosea_, L.; a fiore vario, e vago, semplice, e doppio.

ANTIRRHINUM

_majus_, L.; a fiore rosso, e bianco-rosso.

  Queste due fioriscono anche in estate.

ASTER

_tripolium_, L. _Œil de Christ maritime_, F.; a fior bianco, e giallo.

_amellus_, L. _Amelle_, F.; a fiore turchino-pallido.

_divaricatus_, L. _Œil de Christ divergent_, F.; a fiore giallo, e
turchino-pallido.

_dumosus_, L. _Des buissons_, F.; a fior bianco, e giallo.

_ericoides_, L. _A feuilles de bruyère_, F.; a fior bianco, e giallo.

_linari-folius_, L. _A feuilles de lin_, F.; a fior bianco, e giallo;
alto.

_concolor_, L. _De la même couleur_, F.; giallastro.

_rigidus_, L. _Roide_, F.; a fior giallo, e purpureo-carico.

_nova Angliæ_, L. _De la nouvelle Angleterre_, F.; a fior
purpureo-ceruleo.

_cordifolius_, L.; a fiore giallo, e bianco.

_puniceus_, L. _A tiges rouges_, F.; a fiore giallo-cinereo.

_mutabilis_, L. _Changeant_, F.; a fior giallo-cerulescente.

_tradescanti_, L. _De Virginie_, F.; a fior giallo-cinereo.

_novi Belgii_, L. _De la Pensilvanie_, F.; a fiore giallo-cerulescente.

_tardifolius_, L.; a fiore di color giallo, e cilestro sporco.

_grandiflorus_, L.; a fiori grandi, giallo-atro-purpurei.

_corimbosus_, L. _En bouquet_, F.

BUPHTHALMUM

_grandiflorum_, L. _Œil de bœuf à grandes fleurs_, F.; a fior giallo.

_helianthoides_, L. _En forme de soleil_, F.; a fior giallo.

CHRYSANTHEMUM

_coronarium_, L.; a fior giallo.

_Indicum_, L.; a fior doppio purpureo-ceruleo; tardissimo.

CLEMATIS

_integrifolia_, L.; a fior cilestro.

COREOPSIS

_verticillata_, L. _Cératocéphale à feuilles verticillées_, F.

_tripteris_, L.; _A feuilles ternées_, F.

_lanceolata_, L.

  A fiori gialli su fondo variabile.

CROCUS

_officinalis_, L.; a fiori di porpora-carica.

ERYNGIUM

_amethystinum_, L. _Panicaut améthyste_, F.

EUPATORIUM

_cannabinum_, L. _Eupatoire commun_, F.; a fiori purpurascenti.

_purpureum_, L.

_maculatum_, L.

_perfoliatum_, L.

_altissimum_, L.; a fiori bianchi.

GERANIUM

_striatum_, L. _Bec de grue strié_, F.; a fiore bianco, e rosso-pallido.

_sanguineum_, L. _Sanguinaire d'Europe_, F.

GNAPHALIUM

_rutilans_, L.; con fiori a mazzetto, color di fuoco.

HELENIUM

_autumnale_, L. _Helène d'automne_, F.; a fior giallo.

HELIANTHUS

_multiflorus_, L. _Soleil à plusieurs fleurs_, F.; a fior doppio d'un
bel giallo.

_giganteus_, L.; a fior giallo.

HIERACIUM

_auranticum_, L. _Chicoracée à fl. couleur d'orange_, F.

_umbellatum_, L; a fiore giallo.

LATHYRUS

_latifolius_, L. _La gesse à larges feuilles_, F.; a fiori purpurei.

POLYGONUM

_bistorta_, L. _Bistorte_, F.; a fiore purpureo, disposto in spica.

RUDBECKIA

_laciniata_, L. _Rudbeck laciniée_, F.; a fiore giallo.

_hirta_, L.; a fiore giallo sopra fondo scuro.

_purpurea_, L.; a fior porporino.

SAPONARIA

_officinalis_ fl. pl., L. _Savonière des boutiques à fl. doub._, F.; a
fior porporino.

SCABIOSA

_arvensis_, L. _Scabieuse des champs_, F.; a fior cerulescente.

SOLIDAGO

_virga aurea_, L. _La verge d'or d'Europe_, F.

_sempervirens_, L.; a fior giallo.

_altissima_, L.; a fiori gialli.

_Canadensis_, L.; a fiori gialli.

_laterifolia_, L.; a fiori gialli.

_Mexicana_, L.; a fiori gialli.


_D'inverno._

Appartengono in qualche modo a questa stagione le piante tardive e le
primaticcie, le sempre verdi, e le esotiche; ed artificiosamente si
possono avere durante l'inverno i fiori di quasi tutte le piante. Il
grande elleboro nero, _helleborus niger major_, L., a fior bianco, che
si cangia in rosso, fiorisce sotto le nevi[8].


_Erbe per li tappeti verdi._

ALOPECURUS

_pratensis_, L. In terreno umido.

_agrestis_, L.

AIRA

_cespitosa_, L.

AVENA

_pratensis_, L. In terreno umido.

_elatior_, L. In terreno secco, e magro.

BUTOMUS

_umbellatus_, L. _Jonc fleuri_, F. Terreno umido.

HEDISARUM

_flore rubente_, L. _Sulla_, F. Terreno secco.

HOTTONIA

_palustris_, L. _Giroflée d'eau_, F.

IRIS

_Siberica_, L. _Flambe de Sibérie_, F.

LOLIUM

_perenne_, L. _Yvraie sauvage, ou ray-grass_, F. In terreno arido.

PLANTAGO

_lanceolata_, L.

POA

_pratensis_, L.

_trivialis_, L.

_annua_, L.

PHALARIS

_Canariensis picta_, L. _Chasse-bosse_, F.

STATICE

_armeria_, L. _Statice_, I.

Il _timothy-grass_, il _bird-grass_, l'_ajonc_, ossia la _ginestra
spinosa_, prosperano in terreno secco, e magro; l'ultimo si conserva
verde anche d'inverno.



DE' CARATTERI DISTINTI DELLE PIANTE.


La bellezza del tronco consiste in un fusto diritto, alto, e snello, ed
anche, per rapporto ad alcuni alberi, nella scorza liscia, ed unita.
Queste qualità invitano la nostra attenzione verso un albero, e ci
risvegliano grate impressioni. Convengono ai siti, ove la bellezza
delle forme, la regolarità, e la maestà campeggiano. Convengono
soprattutto ai viali, ai larghi sentieri, ai boschetti; servono
all'abbellimento di monticelli, e nel circondario di fabbriche di
nobile stile.

Gli alberi a rami staccati, e pendenti fanno un buon effetto ne'
cantoni dedicati alla melanconìa: sembrano dinotare colà una specie di
simpatìa colla tristezza; e l'impressione, che producono, si aumenta
allora quando collocati intorno d'un urna, o d'un monumento, si
frammischiano con altri alberi a foglia trista, ed oscura.

La natura destina gli alberi di ricco fogliame a somministrar ombra; li
destina alle scene estive, ai siti di riposo, ai sedili isolati, ec.
ec. Quelli a foglia rara, e leggiera li disegna per le scene, che non
domandano nè ricovero, nè ombra, e che debbono essere forate d'aperture
trasparenti, ed aeree, penetrate liberamente da' raggi del sole, ed
abitate dall'allegria, e dalla libertà.

Le scene melanconiche, li sentieri, e gli spazj consacrati alla
meditazione, ed alla tristezza, gli eremi, le urne, e gli altri
monumenti di dolore, e d'afflizione vogliono essere decorati, resi
ombrosi, e rinforzati da alberi a foglia scura[9]. Vi sono alberi con
foglie d'una varietà pittoresca di colori, che producono buon effetto
nelle scene autunnali,

ed offrono un aspetto aggradevole, soprattutto quando s'intrecciano ad
arte con altri alberi, che conservino ancora il verde lor particolare.
Questi fogliami variabili convengono alle piantagioni, che vogliono
distinguersi colla lor diversità; dicono bene ne' cantoni romanzeschi,
che ricercano un'apparenza strana, e meravigliosa, e dove si vuol
sorprendere, o produr contrasto. La durata del fogliame, e le piante
sempre verdi sono convenienti ai giardini d'inverno, e servono
mirabilmente per gli scuri in avanti. Per riguardo ai fiori, il merito
degli alberi dipende dalla bellezza de' loro colori, da quella delle
loro forme, e grandezze, e dalla soavità dell'odore, che mandano.
Il tempo della fiorita determina la specie degli alberi proprj ad
una scena di primavera, o di estate. I fiori brillano nelle scene
piacevoli, e ridenti.

Devesi far gran conto degli alberi fruttiferi, e per motivo della
bellezza de' fiori, e per quella de' frutti, ed eziandìo perchè sono
primaticci. I frutti d'un verde di prato, come alcune specie di prugne,
o di colore scuro, o griggio, come alcune pere, e mele, non fanno
bell'effetto sugli alberi; al contrario l'occhio è allettato da quelli
color di carne, gialli, o rossi. Il tempo della loro maturità determina
il sito a proposito, nel quale vanno riposti.

Gli arbusti differiscono principalmente dagli alberi, perchè cacciano
più rami fuor di terra da ogni parte, e perchè sono d'un minor
crescimento. Gli arbusti rendonsi raccomandabili, ora per le loro
foglie, ora pei lor fiori, per motivo del loro grato odore, e per
altre buone qualità. Gli arbusti servono primieramente a variare il
quadro, componendosi de' boschetti, e delle piantagioni basse; servono
a tappezzare i muri, i padiglioni, e i piccioli gabinetti; a dar
dell'ombra, e del buon odore ai siti di riposo; ad ornare i boschetti;
a guarnire, ed orlare i passeggi; a decorare, ed a caratterizzare le
differenti scene.

Cogli alberi la natura compone i gruppi, i boschetti, i boschi, e le
foreste; e cogli arbuscelli i cespugli, e le macchie.


ALBERI, ED ARBUSTI ISOLATI.

Un albero, benchè solo, ed isolato, può essere rimarcabile per il
carattere, che gli è proprio: può attirarsi l'attenzione colla
smisurata grandezza, colla svelta cima, ed anche co' rami, col
fogliame, e co' fiori. Più l'albero è isolato, meno l'occhio è
distratto; vi si riposa sopra a piacere, e gode di contemplarlo.
L'artista giardiniere però non offrirà con tanta facilità un albero
solo, a meno che non meriti un particolar riguardo. La di lui posizione
può rendere un albero isolato altrettanto osservabile, che lo stesso
suo carattere. Un alto tiglio, che copra colla sua ombra una sottoposta
capanna; un'annosa quercia traforata, e minacciante ruina, che stenda
i suoi rami sul tetto di un eremo; un rispettabile loto, che regni
sulla cima più alta d'un monticello; qualunque albero fronzuto, che
contrasta col differente verde d'un'altura, contro d'un'acqua chiara,
coll'azzurro del cielo, contro una nube luminosa, provano la verità di
quest'asserzione.

Un albero solo può servire ancora per approssimare, e legare le parti
separate, per interrompere la linea retta, e per coprire un punto di
vista. Impiegato fra' boschetti, e fra' gruppi vi sparge una piacevole
varietà; collocato in uno spazio di prato, riesce talvolta meglio, che
un cesto d'alberi. Molti alberi isolati circondano con vezzo i siti
rotondi, e figurano ne' viottoli, e d'intorno all'acque. Un arbusto
isolato non potrà far bene, che da vicino, o di fianco ad una grotta, o
ad una capanna: vuol esser quasi sempre unito con altri, o messo al piè
d'un albero. Un albero isolato deve dire al contemplatore: guardatemi,
io sono il più bello della mia specie; e d'ordinario la natura è
prodiga con lui di bellezze, perchè tutto il circostante umore, tutta
l'aria, ed il sole a lui serba.



DEI GRUPPI D'ALBERI.


Pel mezzo de' gruppi la natura comincia le combinazioni degli alberi.
Whately ha fatte diverse osservazioni, e dà regole sensate circa
la formazione dei gruppi, e dei massicci. «I gruppi, dic'egli, sono
isolati, o dipendenti. Allorchè sono isolati, non si esamina la lor
bellezza, che come oggetto particolare; allorchè sono dipendenti, le
bellezze delle loro parti debbono sacrificarsi all'effetto del tutto.
Il più picciol gruppo dev'essere di due alberi per lo meno; ed il
miglior risalto, che possano avere, sarà quello, che le loro teste
unite non sembrino formare, che un solo grosso albero: per tal maniera
due alberi di differente specie, ossia sette, o otto alberi, le di cui
forme non si congiunghino abbastanza bene, formeranno difficilmente un
bel gruppo, sovrattutto se tendono alla forma circolare. Tali massicci
composti di pini sono di rado aggradevoli, perchè non formano mai un
sol tetto, e perchè le lor cime si mischiano confusamente: tuttavolta
si può evitare la confusione, disponendoli per file, e non per gruppi
circolari; un massiccio d'alberi di questo genere riuscendo più
aggradevole, allorchè si estende, più per lunghezza, che per larghezza.
Tre alberi riuniti formano una linea retta, oppure un triangolo. Per
nascondere la regolarità, bisogna variar le distanze. Si otterrà
lo stesso fine, variandosi le forme, e specialmente le grandezze:
allorquando una linea retta è formata da due alberi consimili, e da un
terzo un poco più piccolo, appena si potrà discernere, se si trovano
sulla stessa direzione.

»Se le piante più picciole, collocate all'estremità, possano indicare
la più perfetta irregolarità, se ne dovrà far uso in altre circostanze;
la varietà nella grandezza è quella, che conviene particolarmente
ai gruppi. Quando l'opera dell'arte riesce troppo sensibile negli
oggetti naturali, diviene fastidiosa. Ora i gruppi sono oggetti
talmente marcati, così proprj a far nascere il sospetto, che sono
stati disposti in tal maniera, onde produrre tale effetto; che per
impedire l'attenzione, che potrebbe indovinar l'arte, l'irregolarità
nella composizione è quivi più importante, che in un bosco, o in un
boschetto: altronde un gruppo, essendo meno esteso, non può essere
suscettibile d'altrettanta varietà ne' contorni. Le variate grandezze
sono più rimarcabili in un piccolo spazio, e le numerose gradazioni
possono spesso disegnare le più belle forme.

»La fronte, e la linea esteriore d'un bosco, o d'un boschetto adescano
più l'attenzione, che le estremità; ma ne' gruppi le estremità sono
della maggior importanza: determinano la forma del totale, e tutte due
si scorgono al tempo stesso. Conviene dunque applicarsi a renderle
piacevoli, e diversificarle. La facilità, colla quale si possono
paragonare, non permette, che si rassomiglino; poichè la più leggiera
apparenza d'eguaglianza risveglia l'idea dell'arte. Così un gruppo, la
cui larghezza è eguale alla lunghezza, pare meno l'opera della natura,
che quello, ove la lunghezza prevale.

»V'hanno diverse qualità di situazioni, che permettono, o che domandano
de' massicci isolati. Devonsi impiegare sovente come oggetti belli per
se stessi; e talvolta diventano necessarj per rompere l'estensione
troppo vasta d'un pezzo di prato, o d'una linea troppo uniforme,
sia d'un terreno, sia d'una piantagione. Quantunque le elevazioni
presentino i gruppi, o massicci sotto l'apparenza la più avvenente,
un'eminenza, che sembrerebbe non essere stata creata, che per essere
coronata da un massiccio, diverrebbe fastidiosa se l'arte vi si
manifestasse: allora si disporranno degli alberi ne' fianchi per
cagionar illusione. Lo stesso spediente si può impiegare per riguardo
ai massicci collocati sulle sommità d'un colle, onde diminuirne
l'uniformità: l'effetto sembrerà più naturale ancora, se i gruppi si
stenderanno in parte sul pendìo.

»Malgrado tutti gli avvantaggi dati a tal sorta di piantagione,
conviene spesso escluderla, allorchè si tratta d'un'eminenza dominata
da un'altra. I massicci veduti dall'alto perdono talune delle loro
principali bellezze; e quando son troppo abbondanti, manifestan l'arte.
Non presentano più la superficie d'un bosco, e tutti gli effetti de'
loro rapporti sono perduti.»

Giacchè si possono considerare i massicci sotto differenti aspetti,
e relativamente ai rapporti, che hanno gli uni cogli altri, essi
diventano uno scopo in conseguenza d'una maggior varietà di colpi
d'occhio, più che non è un bosco, od una foresta. La stessa lor
trasparenza serve a moltiplicare i punti di veduta. È bello lo
spettacolo d'un fiume, di cui risplendono le onde argentine tra gli
alberi d'una forma superba, e d'una verdura animata, de' quali alberi
ciaschedun gambo si abbellisce pel contrasto, che forma la mobil luce
dell'acqua con quella del giorno, che penetra le diradazioni della
selva.

Lo stesso piacere del passeggio si aumenta fra gruppi d'alberi.
Ciascheduna brigata offre un vago prospetto all'altra. La folla sembra
ripartita in altrettante coppie amorose; i tortuosi sentieri presentano
i passeggiatori ora da una banda, ora dall'altra: quì gli alberi li
nascondono un istante, là un'impensata apertura li rende alla vista in
un'altra situazione.

   [Illustrazione: _Tav. XII._ Grotta nella villa Silva a
   Cinisello.]



BOSCHETTI.


Il boschetto tiene il di mezzo fra il gruppo, ed il bosco; varj gruppi
giunti insieme compongono il boschetto: il bosco distinguesi per la sua
grandezza, il boschetto per la sua bellezza.

La prima regola in questa specie di piantagione è, che gli alberi non
vadano a perdersi troppo lontano l'uno dall'altro; ciò che formerebbe
una collezione d'alberi isolati, e non un tutto collegato, come deve
essere. Affine di produrre all'occhio impressioni piacevoli, convien,
che vi sia nella posizione degli alberi una varietà, accompagnata da
cert'ordine, ma non da regolarità, nè da una visibile eguaglianza,
e compassata misura degli spazj. Conviene, che gli alberi ora si
rinserrino, ora si diradino, che le loro posizioni, e diramazioni
presentino ora una tal figura, ora una tal altra, e che persino i
tronchi si disegnino variamente. I contorni esteriori siano larghi, ed
estremamente morbidi, e spontanei.

La passeggiata nel boschetto, perchè riesca deliziosa, bisognerà, che
non manchino al terreno le opportune facilità, ma che dappertutto sia
libero il passaggio. Un sentiero erboso converrà meglio quì, che un
viottolo sabbiato. Pel mezzo delle sinuosità del sentiero, si potrà
guidare altrui ora fra spazj vuoti ridenti, fra punti di vista lontani,
ora fra siti ombrosi, ed ora a piacevoli sorprese.

L'ineguaglianza del terreno accresce la bellezza del boschetto.
Quello, che s'innalza dalla rotonda base d'una rupe, o che dolcemente
discende ad un fiume, o ad un lago, oppur che si stende al di sopra
d'una ondeggiante serie di collinette, ne diventa oltremodo delizioso.
Tuttavìa un terreno piano, ed anche un abbassamento totale di terreno
può soventi volte efficacemente concorrere a meglio determinare il
carattere d'un boschetto. Quello, consecrato alla melanconìa, resti
sepolto in una valle, e quello del piacere coroni la cima d'una
vaga costiera. Ripeterò, che il principal mezzo di caratterizzare un
boschetto consiste nella diversità naturale degli alberi, ed in quella
di variamente disporli.

Un boschetto, che annuncia maestà, e decoro, si forma d'alberi annosi a
gran fusto, e a larghi rami, coperti d'abbondante fogliame. Gli spessi
ramuscelli, i rami pendenti, il fogliame oscuro, e folto compongono
un boschetto patetico, ove amor piange a canto ad un'urna. Gli alberi,
che stendonsi arditamente, le foglie leggiere, e lucide, le trasparenti
aperture, un terreno liscio, e sgombrato da spini, formano il carattere
di un boschetto piacevole. Un boschetto romanzesco risulta dalla
singolarità, e dallo straordinario, che regnano nelle forme degli
alberi, nel colorito delle foglie, e de' fiori, e nella mescolanza
delle differenti specie di piante.

La decorazione d'un boschetto di determinato carattere non potrà mai
essere arbitraria, ma dovrà tendere a rinforzare l'indole di questo
suo carattere. Gli arbusti fioriti sparsi in quà, e in là sotto gli
alberi, i fiori, le fabbriche eleganti, e qualsiasi oggetto, che
forma l'ornamento d'un boschetto piacevole, male si accorderà con un
boschetto melanconico, che domanda gli eremi, le solinghe capanne, le
ruine, e le tombe.



BOSCHI.


Oltre la vastità, per la quale noi abbiamo diggià osservato, che il
bosco si distingue dal boschetto, la qualità ancora delle piante fa
distinguere l'uno dall'altro; non richiedendo necessariamente il bosco
piante scelte, e d'una grandiosa forma. Quelle d'un bosco possono
essere neglette, ed incolte, e d'una specie comune, e il terreno
avviluppato dagli sterpi.

L'elevazione, e la grandezza degli alberi, la diversità delle loro
figure, e delle loro distanze, l'alternativa di rarezza, e di spessezza
de' rami, il cambiamento del fogliame, la decorazione degli arbusti,
delle piante, e de' fiori, che abbigliano il terreno, gli spazj vuoti,
chiusi, e scoperti, la diafanità degli intervalli, l'effetto del
chiaroscuro colle diverse loro combinazioni, presentano diverse varietà
nell'interiore d'un bosco.

Le differenti situazioni egualmente concorrono ad accrescere questa
varietà. Sono d'un tal numero le ineguaglianze, le curvature del
terreno, e le posizioni aggradevoli, nobili, ed ardite. Riesce
aggradevole il bosco, allorchè si distende su colline dolci, ed
ondeggianti, o al lungo de' fiumi, e de' prati; nobile, quando
s'innalza sulle montagne; ardito, quando sospendesi in aria minacciosa
sopra scoscese rupi impraticabili. Può riuscire peranche romanzesco, e
solenne: romanzesco, allora quando sembra sortire dal mezzo d'un lago,
o che s'inclina sulle pareti d'una roccia, sotto la quale mugge un
torrente; e solenne, allorchè collocato al lungo d'un alta catena di
monti, vede aggirarsi le nubi a' suoi piedi.

I sentimenti di quiete, e d'elevazione ci penetrano deliziosamente
in un vasto paese tutto circondato da boschi; ed anche un picciol
distretto, rinserrato da boschi, è fecondo di commozioni. Le idee
di tranquillità campestre, e di felicità, che procaccia un pacifico
ritiro, s'impadroniscono di noi, allorchè nella solitudine d'un bosco
incontriamo una capanna, ai cui fianchi vediamo pascere il bestiame sul
prato, frattanto che il vicin pastore sotto l'ombra s'occupa delle sue
faccende, o sta in un dolce ozio, e che non lontano la gallina conduce
chiocciando la sua tenera covata. Le più semplici scene campestri fanno
quì una profonda sensazione.

Una praterìa non alletta mai tanto, che quando è situata ai fianchi,
ed anche meglio nel mezzo di un bosco. I punti di vista, allorchè da
un luogo chiuso, ed oscuro mettono in un paese scoperto, che, sortendo
dal silenzio, e dal riposo de' boschi, vanno a finire a scene ripiene
di movimento, e di attività, al mare, alle città, divengono sommamente
piacevoli.

Attesa la sua grandezza, e il suo circuito, un bosco fornisce una
moltitudine di prospetti, consistendo d'ordinario per sua natura in una
combinazione di cantoni diversi, de' quali ciascheduno si distingue
pel suo particolar carattere. Osservando attentamente questa varietà
naturale, l'artista giardiniere troverà l'occasione di formare scene
interessanti, e che acquisteranno reciproca bellezza dalla loro
varietà, e dal contrasto. Ad ogni tratto incontrerà nel suo cammino
improvvisi passaggi dal chiuso all'aperto, dall'oscuro al chiaro, dal
solingo all'animato, dal melanconico all'allegro, e saprà approfittarne
secondando dolcemente, e rinforzandone gli effetti.

L'esteriore della totalità de' boschi verso la casa deve rappresentare
una circonferenza, variata nella sua figura, e ne' suoi raccorci,
e sporti. La bellezza della sua superficie cagiona miglior effetto,
quando il bosco sale. Un ammasso d'alberi, le cui cime non offrirebbero
che un piano, riuscirebbe poco piacevole, e poco naturale. Gli alberi,
che s'innalzano in quà, e in là al dissopra degli altri, producono una
mescolanza, ed una gradazione di colori piacevolissima, e gioveranno
ancora a raddoppiare gli spazj. La cornice generale de' boschi,
che segna una gran curva davanti la casa, deve formare un totale, e
bisogna, che tutte le sue parti, e i diversi gruppi, e massicci, che la
compongono, sieno felicemente collegati fra loro, e che distintamente
si scorga questo lor legame.

Leggieri eminenze vagamente adorne d'un verde-chiaro abbelliscono
piacevolmente il cominciamento d'un bosco situato sopra un'altura:
produce lo stesso effetto la trasparenza degli alberi isolati, o a
gruppo, che, collocati in avanti a una certa distanza, rompono con
colori più chiari l'oscurità del bosco.

Un bosco ammette nel suo seno qualunque sorta di fabbrica, dal tempio
superbo al romitaggio cadente. Queste fabbriche ben adattate al
distretto, che loro conviene, servono a determinare, e a rinforzare il
rispettivo carattere.

Per riuscire a formare giardini, che possano soddisfare alla
curiosità, e al giudizio de' conoscitori, è indispensabile di portar
tutta l'attenzione ai boschi, e agli effetti, che producono. Non va
risparmiata in ciò nè cura, nè diligenza, giacchè la massa principale
de' giardini di questo genere, e le generali loro cornici bene spesso
non sono che bosco.

   [Illustrazione: _Tav. XIII_ Carbonaja, che forma internamente
   biblioteca, con cammino.]



FORESTA.


Per foresta noi intendiamo un'unione irregolare di boschi composti da
alberi isolati, ed a gruppo, e da cespugli. Si accosta alla macchia, e
si distingue dal bosco in ciò, che quest'ultimo è piuttosto formato di
massicci regolari, e di alberi da cima, e di bell'apparenza; la foresta
presenta tronchi in parte consunti dal tempo, variamente inclinati,
e difformi; un suolo ricoperto da intralciati cespugli; pochi bei
gruppi, e scarsi spazj aperti, e liberi. È il soggiorno prediletto
del salvatico, e degli uccelli amici del ritiro, che diminuiscono il
ribrezzo cagionato dalla solitudine, dalle volte profonde, e rabbassate
dal fogliame, dalla scarsità della luce, e dalla privazione delle
vedute. La foresta è fertile in distretti selvaggi, e romanzeschi,
soprattutto quando contiene abbassamenti rapidi di suolo, ed alture
scoscese. Qualora ve ne siano di tali, si costuma di forarle per
mezzo di sentieri varj, che s'innalzano, e s'abbassano, ed or fanno
un gomito, ed ora l'altro, appunto come vengono prescritti dalla
natura, e dalla necessità, che anticipatamente li disegnano a seconda
delle ineguaglianze del terreno, e della posizione degli alberi. Ciò,
che rende tali sentieri più importanti all'arte, si è la sensazione
viva, e l'effetto delle aperture improvvise, e delle fabbriche, che
appajono all'impensata, e che aumentano l'impressione prodotta dal
singolare, e dal contrasto. Quando vi sia ricchezza di punti di vista,
l'artista avrà cura di non esporli tutti ad un tratto, nè in maniera
che siano preveduti: ma mostrandogli a poco a poco con gradazione, e
dopo intervalli oscuri, duranti i quali l'anima assapora, per dir così,
il piacere avuto, e non ne prevede un nuovo; li farà comparire quì in
tutta la lor bellezza, e là in parte nascosti, abbellendoli di tutto
il corredo della varietà, e rinforzandoli con tutte le risorse della
sorpresa.

Dietro queste osservazioni si accorgerà, che l'operazione di forare
i boschi non è semplice travaglio meccanico, e che perfino l'uomo
di gusto, avanti di procedere a tal esecuzione, deve lungamente
riflettervi, meditare, ed appropriarsi il carattere del sito, e
l'effetto del sentimento, che naturalmente produce.



CESPUGLIO.


Il cespuglio è la prima combinazione degli arboscelli. La di lui
bellezza dipende particolarmente dalla qualità, dalla grandezza,
e dal colore tanto delle foglie, che de' fiori. I cespugli offrono
un guarnimento il più piacevole alle collinette, dove come in rasa
campagna servono a rompere la linea retta, e puonno formare gruppi
pittorici, ben inteso però, che non si gettino senza scelta gli uni
fra gli altri, ma che si dispongano a misura delle loro altezze, e
delle moltiplici gradazioni delle lor foglie, e dei fiori. Sparsi con
garbo, e con economìa ne' prati, ne' boschi, nel confine, che determina
i sentieri, somministrano una vaga decorazione. Il soave odore de'
fiori ne rende qualche specie propria a guarnirne i padiglioni, ed a
circondarne i siti di riposo.

   [Illustrazione: _Tav. XIV._ Antro di Polifemo nella villa di
   Monza.]



LANDA.


La landa presenta un ammasso irregolare di molti cespugli, ed
arbuscelli, frammischiati di quando in quando a qualche pianta, il
tutto senza coltura, ed intieramente abbandonato alla rusticità, ed
al libero disordine. Benchè vi si possino praticar de' sentieri,
tuttavolta le lande non sono destinate al passeggio: servono
principalmente a rompere il quadro, ed a gettarvi contrasto. Succedendo
ad una serie di scene aggradevoli, ripiene di gusto, e di eleganza
producono tutto il loro effetto; ma bisogna, che naschino senza sforzo
dalla disposizione accidentale del cantone, o almeno che sembrino
piuttosto naturalmente prodotte, che formate a disegno. Collocatele
in conseguenza non in siti fertili, e colti, ma in luoghi spartati,
e sterili, fra acque stagnanti, o di un lento corso. Le lande
appartengono al genere romanzesco.

Non bisogna confondere la landa col deserto. Là dove ardono le inospite
arene; dove s'ammucchiano, e s'intralciano quà, e là grandi ammassi
di nudi scogli; dove serpeggia un'acqua stagnante, e pestifera,
ricettacolo di serpi, e di rospi; dove il lupo in agguato dal nascosto
covile adocchia la palpitante preda, e si spaventa a vicenda dei
ruggiti notturni, che mandano i mostri più forti di lui; ove la
selvaggia, e stanca natura sparge lutto, e mestizia all'intorno; ove
giammai la voce dell'uomo non ruppe l'eterno silenzio, che ivi regna...
là è il deserto.

Le osservazioni finora esposte dimostrano di qual folla di
combinazioni, e d'ordinanze sia suscettibile la disposizion naturale
degli alberi, e degli arbusti. La saggia natura ci addita questi
ridenti quadri, e c'indica qual sorgente di piacere, e di dolce
trattenimento somministrar possino i boschi.



DELL'OMBRA, E DELLA DEGRADAZIONE DE' COLORI DELLE FOGLIE.


È cosa inutile di ripetere quanta varietà, e quante mescolanze
sorprendenti la natura ha sparse nella verdura degli alberi, ed
arbusti. La forma, la grandezza, l'abbondanza, la scarsezza de' rami,
la rigidezza, la mobilità, la figura, il colorito delle foglie, ne
moltiplicano le aggradevoli combinazioni.

Mal a proposito si sbandiscono dalle piantagioni gli alberi da frutta,
o per lo meno vengono rilegati in luoghi poco esposti. Se però si
collochino come conviene, e ne' siti anche più frequentati, qual
risalto non danno al giardino co' loro fogliami, e co' fiori, e molto
più col bel prodotto de' vario-pinti, e vario-figurati lor frutti!

Per lungo tempo non si sono riguardati gli alberi, che come mezzi
atti a procacciare dell'ombra, e soddisfatto questo bisogno, bastava
così. In conseguenza il più piccol giardino è in una contraddizione
manifesta, allorchè è privo d'ombra; e ciò non pertanto questa non è
tutto quello, che il buon gusto esige. L'ombra ancora non vi convien
sempre, e n'appartiene la decisione alla natura del luogo, e della
scena: gettata sopra un letto di fiori, vi starebbe malamente, ma è
necessaria intorno le grotte, i romitaggi, ed i bagni. Troppo, o troppo
poco d'ombra può divenir difetto, tanto nelle parti isolate, che nel
totale. L'eccesso offre un aspetto soverchiamente uniforme, e tristo;
ma un'ombra moderata forma l'amenità del luogo, lo rende praticabile,
e somministra copioso diletto. Li differenti gradi d'ombra non
saprebbonsi determinare, che mediante l'esatta conoscenza del carattere
del giardino, e dell'esigenza delle diverse sue parti. Per rapporto
all'ombra, come per rapporto alla piantagione, si ritenga, che l'occhio
non deve soltanto arrestarsi all'apparenza attuale, ma trasportarsi
all'accrescimento futuro; e quindi vogliono essere calcolati gli
effetti, che avranno luogo in seguito.

L'arte di dipingere col fogliame, arte tanto utile a quella de'
giardini, merita maggior vanto, che la cognizione di distribuir
l'ombra. La prima è una emanazione della bellezza, la seconda piuttosto
una legge prescritta dal comodo. Intendo parlare dell'ombra parziale
degli alberi, non dell'intelligenza del chiaroscuro, che forma uno
dei principali saperi, che si richiedono nella formazione de' giardini
pittorici.

Collo spargere diverse specie d'alberi, l'artista giardiniere può
offrire varietà, ma sapendoli unir con gusto, produce un'opera di
maggior rilievo, dovuta in tutto alla sua industria.

Seguendo tal vocazione, dappertutto ove l'artista giardiniere colloca,
e dispone del fogliame, deve, d'accordo col paesista, sorprendere
alla natura gli avvantaggi del chiaroscuro; deve far attenzione, non
unicamente agli oggetti, ed ai punti di vista isolati, ma all'armonìa
di tutte le parti per conseguire il buon successo del totale. Calcolerà
l'effetto de' colori, e delle loro degradazioni, tanto nella vicinanza
delle scene parziali, quanto ne' punti d'aspetto, da dove si scorgono
da lontano, e tutto ad un tratto le intiere masse.

Noi vediamo, che la natura non riveste nè la superficie del suolo, nè i
contorni d'un bosco d'un sol verde, senza variarlo, e romperlo. Ricrea
coll'amalgamare armoniosamente i verdi, e col porli in contrasto.

Le leggi della pittura determinano la collocazione dei verdi, come
ho detto altrove parlando della prospettiva aerea al capitolo del
colore. Null'ostante è d'uopo di molto artificio per assortire,
fondere, e variare, come fa la natura, le diverse gradazioni di verde.
L'arte però in questo può sempre sussidiar la natura, ingrandendo
gli spazj, mediante una studiata distribuzione di tinte. Necessario
diviene egualmente di non contrapporre troppo forte un verde tenero
immediatamente contro dei massi eccessivamente oscuri, quando ciò non
sia fatto con estrema parsimonia. Gli alberi d'un fondo molto oscuro
convengono a determinare il contorno d'una praterìa, ed a sporgere
qualche volta con qualche estremità di bosco sulla sponda d'un lago, e
vicino a qualche monumento. Generalmente gli ammassi di verdura pallida
non sono dalla natura disposti, che in riva a' fiumi, ne' luoghi
molto umidi: altrove saggiamente alterna, e dispone; e in ciò bisogna
studiarla con ogni accuratezza.

«Whately ha osservato, che il verde-giallo, ed il verde-bianco
s'accordano agevolmente, ma che le grandi masse di verde-chiaro,
giallo, o bianco, non si fondono così facilmente con quelle di
verde-scuro; onde a formare una piacevole composizione, il verde-scuro
dev'esser ridotto al semplice orlo, ed un verde-bruno, od un
verde mezzano dev'esservi interposto. Il verde-rossiccio, bruno, e
mezzano s'accordano bene, e ciascheduno di questi colori si mischia
all'altro; ma il verde a tinta rossa soffrirà una maggior quantità
di verde-chiaro, che di verde-scuro, e non si mescerà così bene col
verde-bianco, che con gli altri. Impastando i colori v'è d'uopo d'una
continua attenzione alle figure, conforme i precetti dello stesso
autore. Bisogna, dic'egli, evitar sommamente, ch'esse non formino
delle larghe fascie, l'una dietro l'altra; ma conviene, che sieno
perfettamente fuse insieme, o ciò, ch'è altrettanto aggradevole, che
le grandi, e belle masse delle differenti tinte sieno collocate ai
fianchi le une all'altre in proporzioni diverse. Non bisogna tendere
all'esattezza dei contorni; ma se le grandi linee esteriori sono ben
tirate, le picciole variazioni prodotte dalle ineguaglianze, che si
trovano nell'alto degli alberi, non faran difetto. Ne' massicci poi, e
ne' cespugli deve regnare semplicemente un miscuglio dolce, e piacevole
di pochi colori, che si maritino felicemente, e che si distemperino,
come quelli dell'arco baleno.»

L'esperienza c'insegna, che più gli oggetti s'allontanano, più
divengon confusi. Di due gruppi in conseguenza egualmente distanti,
quello, che sarà d'un verde-chiaro, sembrerà più lontano, che quello,
che sarà d'un verde-scuro. La natura del terreno cagiona un'altra
differenza. Una montagna, e principalmente una serie di massi, che
s'innalzi dietro un bosco, accresce la sua oscurità: al contrario lo
splendore dell'orizzonte la diminuisce. Si possono altresì cacciar
indietro gli oggetti, aumentando gradatamente le loro tinte. Per ultimo
l'intelligenza del chiaro-scuro diventa pure nell'arte dei giardini un
mezzo fecondo di approssimare, di allontanare, e di staccare le parti.

Sopra ogni cosa conviene studiar la natura ne' siti suoi prediletti,
osservarla diligentemente, analizzarla, sottometterla a certe leggi,
risultato del bello.



DEI FIORI.


I fiori rimediano non solamente all'aria d'abbandono, che presentano
gli spazj vuoti, ma incantano ancora d'intorno ad essi per la bellezza,
e varietà delle lor forme, e dei loro coloriti, e per il soave profumo,
che spargono. L'effetto della lor comparsa in lontananza riuscendo
debole, converrà meglio approssimarli all'occhio dello spettatore;
quindi merita lode l'usanza di collocarli intorno l'abitazione,
nei siti più colti del giardino, e dove vi si ferma di preferenza.
Neglettamente sparsi, conforme usa natura, in quà e in là sul verde
smalto, o al lungo de' sentieri, e particolarmente nelle curvature,
che determinano le piante, producono sommo risalto, e vaghezza.
Convengono in particolare nelle parti aggradevoli, e serene, e nelle
scene di primavera, e d'estate. La più bella figura, che fanno i fiori,
principalmente quelli, che si distinguono per la chiarezza, e vivacità
delle loro tinte, e per l'altezza del gambo, si è qualora sorgendo
sul terreno erboso, e fra erbe selvatiche adornano la sponda d'un
ruscelletto, d'un fiume, o d'un lago. Le immagini riflesse dall'onda, e
l'effetto del lor movimento, che le raddoppia, formano un quadro ameno,
e seducente. Frattanto che noi scorriamo pian piano lungo le rive
d'un vago ruscello, quanto riesce amena cosa lo scorgere gl'iridi, i
gigli, la corona imperiale, le digitali, i narcissi, i giacinti mirarsi
leggiadramente nell'acque! Se si può fare qualche spesa in fiori, ella
è certamente ben impiegata a procurarci tanto piacere, che ci soddisfa
assai più, che il miserabil possesso di qualche rara pianta malaticcia,
conservata a gran cura in una calda serra[10].

Si potranno ancora impiegare i fiori in tappezzare le collinette,
e le eminenze, che d'ordinario non soffrono verun altro ornato. In
generale riflettasi di collocarli particolarmente verso levante: nulla
rileva più lo splendore, e la pompa de' lor coloriti, che l'aurora del
mattino. Li teneri raggi del sole, che non istancano gli occhi dello
spettatore, il calore dolcemente vivificante, e che anima ogni cosa,
l'effetto

dell'obbliqua luce, le ruggiadose perle, la farfalla, che s'aggira
d'intorno, e mille altri graziosi accidenti si riuniscono per
abbellir questa scena; ed ivi colle mischie diverse de' fiori si
può fare un quadro, ch'esser non potrebbe, che l'opera d'un artista
giardiniere intelligente. I cambiamenti continui, che sopraggiungono
ai fiori, esigono un'attenzion diligente, ed una perpetua riflessione.
Il giardiniere si occupi in maniera speciale delle piante, che
fioriscono nello stesso tempo; ed allorchè ne mischia di tardive, e
di primaticcie, rifletta anticipatamente all'effetto, che produrrà
la differenza dello stelo, delle foglie, de' botoni, e de' fiori, che
cominciano a spuntare, o a svanire, o che sono nella lor perfezione.

Le tinte più delicate, e più dolci debbono essere collocate vicino
all'occhio; le forti, e le brillanti più lontano. Si passi dal bianco
al pagliarino, dal color di carne a quel di rosa, dal violetto al
celeste carico, dal giallo dorato al purpureo. Le tinte grigie, e
brune, i differenti verdi delle foglie, la loro forma, e distribuzione,
non meno che quella de' fiori, tutto vuol essere considerato.

La continuata successione de' fiori è un tacito avvertimento della
natura, di non lasciare mai vuoti i siti destinati agli ornamenti di
questo genere.

   [Illustrazione: _Tav. XV._ Veduta del palazzo, e di una parte
   del giardino del Cav. Fr. Dashwood a West Wycomb.]



DELL'ERBA.


Gli spazj liberi, e scoperti riescono indispensabili in un giardino,
non tanto per la salubrità, e per il comodo, che per gli effetti
diversi, a cui dan luogo. Allorchè vi si perviene dalla sortita d'un
folto sentiero, ricreano coll'orizzonte che presentano, e con l'aria
pura che porgono; vi si rinfresca duranti l'ore meno calde della sera,
e del mattino, e dopo una pioggia d'estate; frattanto che le nuvole
poggiano sulle nostre teste, ed abbozzano, variano, e scancellano
i vaghi lor quadri. Sviluppano gli spazj vuoti tutto ad un tratto
inaspettate prospettive, ed acconsentono nel loro seno mille scene, che
ne avvalorano il pregio. Producono l'effetto de' prati, dei quali non
sono punto dissimili.

La prima legge di natura, parlando degli spazj erbosi, si è, che
non sieno quadrati, nè quadrilunghi, nè d'alcuna figura affettata.
Le forme regolari, angolose, acute, sono repugnanti in natura. Le
linee terminanti debbono essere diligentemente nascoste, e nulla di
tutto quello deve apparire, che tradir potrebbe la mano artificiosa
dell'uomo. Un tappeto verde piantato a bella posta non è interessante,
che in quanto sembra prodotto dalla natura stessa.

Un tratto di terreno ricoperto d'erba, perfettamente piano, annoja
presto, e specialmente quando è spogliato d'ogni altro oggetto. Le
ineguaglianze del suolo accrescono le bellezze degli spazj erbosi,
rompendo l'uniformità della linea retta, e cagionando vaghe gradazioni.
Ne' giardini Inglesi ben di spesso i tratti di terreno erboso si
stendono da un lato sovra collinette arborate, s'inviluppano dall'altro
fra' gruppi d'alberi, e fra' boschetti; quì si perdono nell'ombra
d'un'oscura foresta, e là ricompajono in siti scoperti, e giocondi.

Un verde allegro è singolarmente proprio al terreno erboso, ma in
quello di una scena melanconica converrà scegliere di preferenza
un'erba a tinta oscura.

La disposizione degli spazj erbosi facciasi con semplicità, e
senz'arte. La lor grandezza sarà proporzionata all'altre parti del
giardino, ed in particolare a quelle, che li ravvicinano. La troppo
vasta estensione d'un verde tappeto ne diminuisce il buon effetto,
che si avvalora, procacciandogli delle interruzioni. Queste gli
danno un'apparenza più bella, che quando lo spazio vuoto dispiega
all'occhio tutta la sua estensione. Per romperlo, si metteranno in
opera artificiali oggetti, fabbriche, piramidi, colonne; ed anche in
alcuni siti s'otterrà lo stesso intento col semplice impiego d'alberi
gruppeggiati.

Per tal mezzo vien diminuita la nojosa uniformità, e si diffonde
movimento. Noi vediamo, che le praterìe, e i tratti erbosi di
terreno non sono mai tanto aggradevoli, che qualora si presentano
all'improvviso in un bosco, e van serpeggiando dappoi con mille
sinuosità fra' massicci di piante, le quali colle loro teste
intralciate formando fitte sommità, aprono all'occhio de' passaggi
liberi fra i lor tronchi: il verde musco quivi s'adorna d'una
più ridente tinta per lo splendore del sole, che l'irradia; e là
cacciandosi fra un incerto bujo, raggiugne i siti avviluppati in una
oscurità confortante. L'amenità delle verdi zolle potrà esser messa
in contrasto col vario-tinto fogliame de' sovrapposti alberi, e coi
colori de' loro fiori, e frutti. Si potrà ravvivare il tappeto erboso
con arbusti, e con piante vivaci a fiori brillanti. Intorno ai bagni,
alle grotte s'impieghi lo spigo, il rosmarino, la menta, la salvia, la
persa, il timo, la melissa, il sermolino, l'isopo.

Seguendosi i precetti della natura, si dovrà guarnire dappertutto
d'erba, e di piante la vacua superficie della terra, e darle
quell'apparenza sana, e ridente, che quella offre all'occhio ne' più
fertili distretti.

Gl'Inglesi moderni, favoriti dall'umidità del loro clima, hanno
perfezionata nei loro parchi l'arte dei GAZZONI. Per ottenerne fra noi
de' passabili, l'espediente migliore è quello di trasportarvi le zolle,
e ben aggiustate bagnarle, e batterle grandemente, affine di unirle,
ed assodarle. Si cercherà in appresso di strappare le differenti
specie d'erbe, e singolarmente le nocive, e di ridurle ad una sola,
non lasciandovi mai mancare nè cilindro, nè falce. Seminando le terre
riescono tra noi meno bene, ma ciò apporta minor dispendio, e tuttavìa
usando di gran diligenza col metodo accennato, si potranno ridurre
bastantemente a dovere, massime coll'impiego di minuti concimi, e con
la disposizione dell'acque.



DELLE ACQUE.


Noi abbiamo diggià data un'idea generale delle bellezze, e degli
effetti vantaggiosi dell'acque nei paesetti.

La natura ce le mostra sotto differenti forme, e con differenti
caratteri, tanto per rapporto alla vastità, che per rapporto al riposo,
o al movimento. Ci offre le acque ora dormenti, ora in corso, ed ora
cascanti. Il primo di questi caratteri comprende il mare, i laghi, gli
stagni, i recipienti; il secondo abbraccia i torrenti, i fiumi, ed i
ruscelli; il terzo comprende le filtrature, le cascate, e le cateratte.

Il mare è da considerarsi come punto di vista, e fa mestieri di
travagliar, e coltivare il lido, e di moltiplicare, e variare le
prospettive. Esso è una sorgente di elevate emozioni, ed inspira tutt'i
sentimenti, che derivano dalle idee di profondità, d'estensione,
e d'immensità. L'accidente d'una tempesta gli fa rappresentare una
scena egualmente superba, che maestosa, che colpisce la fantasìa,
e la trasporta; e la vista di que' castelli fluttuanti, che sembran
talvolta sospesi all'orizzonte, richiamano sempre all'uomo l'audacia, e
l'energìa dello spirito, che lo anima.

Le alture, e i promontorj, che circondano il mare, offrono alle case
di campagna situazioni superbe, che si distinguono per il loro ardire,
e singolarità. In un giardino bagnato dall'acqua del mare, si possono
praticare attraverso i boschi, gli scogli, e le montagne, de' punti
di veduta, e delle aperture, che stendendosi al mare colpiscano, ed
interessino estremamente; si potrà pur anche dar campo a sorprese di
sommo effetto. Egualmente un lago serve ad un giardino per punto di
vista, e per confine. Un picciol lago però pare indispensabile che
faccia parte di un giardino di una vasta estensione; anima tutte le
scene all'intorno; la sua limpid'acqua, e pacifica riflette, abbellendo
i colori cangianti del cielo, e le decorazioni, che ne adornano le
sponde: il suo circuito; la configurazione delle curvature, e de' suoi
sporti; la forma, e guarnimento delle rive; le ineguaglianze del loro
alto, e basso; la connessione con colli, foreste, e villaggi; tutto ciò
è suscettibile di copiosa varietà.

Il carattere del lago è il riposo: gli manca il movimento per se
stesso. Rare volte agitato riuscirà abbastanza forte onde produrre
qualche rilevata sensazione, ma più sovente rimarrà in uno stato, che
non intorbiderà punto l'effetto suo ordinario di calma, e di dolce
piacere. Un lago di vasta estensione lusingherà di più la vista,
allorchè sarà rotto da isolette, e che anderà a perdersi dietro le
foreste, e le collinette. Il lago vuole curvature, che servono a
dargli varietà; puonno esser le sue rive deliziosamente abbellite, ora
d'elevazioni, ora d'abbassamenti, ora di cespugli, ed ora di grandi
alberi inclinati. Quì un picciol promontorio, o una catena di colli,
li cui pendìi sono ricoperti di pecore, che vi si arrampicano, si
cacciano ben dentro il lago; là un boschetto sembra nuotare nel mezzo
de' flutti; da questa parte una stretta lingua di terra erbosa priva
d'alberi, e di cespugli s'avanza serpeggiando tra l'acque; una mandra,
che sembra sortir dal lago, pascola in questo sito, e ne contempla
stordita le riflettute immagini. Da quest'altra parte l'umido elemento
scompare nell'apertura, che gli presenta un folto bosco di quercie, e
l'immaginazione penetra là, ove l'occhio è arrestato.

Allorchè si crea un lago artificiale, bisogna diligentemente nascondere
tutto ciò, che potesse svelar l'arte, ed è soprattutto per riguardo
alle rive, che conviene essere attento, affine di non mancare almeno
di quell'apparenza, che ha un lago naturale. L'estensione dell'acqua
sia in giusta proporzione col circondario, poichè come un ruscelletto
svanisce in una vasta pianura, e resta senza effetto, similmente una
troppo grande superficie d'acqua può diminuir l'impressione degli altri
oggetti del paesino. Rialzando l'opposta riva, formando piantagioni
d'alberi da cima, costruendo fabbriche intonacate di color vivo, si può
riserrare i limiti, e rapprossimare l'indietro; come per lo contrario
l'abbassamento delle ripe, e la privazione d'altri oggetti, ingannano
lo sguardo per un'illusoria ampiezza. Bisognerà dunque, che la vista
trovi nelle adjacenze d'un lago oggetti, che l'attirino, e l'occupino.
Le curvature non debbono essere numerose, nè sta bene che la loro
figura sia regolare.

   [Illustrazione: _Tav. XVI._ Veduta del laghetto nella villa
   Cusani a Desio.]

Le isole servono in un lago tanto a rompere la nuda superficie
dell'acque, che ad arricchirne la scena. Se ne può far senza, e si
può introdurvene diverse, non più però di due, o tre, perchè occupano
troppo spazio, e tolgono l'effetto dell'acqua. S'avverta però, che
devonsi distinguere per la differenza delle loro forme, e de' lor
guarnimenti. Un'isola spelata farebbe cattivo effetto in confronto
delle altre bellezze della scena. Le decorazioni proprie di un'isola
sono i monumenti, e le fabbriche d'un genere grandioso; le elevazioni,
ed i ribassi del terreno; l'alternativa dei siti ingombrati, e degli
scoperti; qualche gruppo composto da bei alberi; alcune strade,
che attraversino la variata superficie del terreno, quà e là sparso
di cespugli, donde si scorgano non attese prospettive. Vi siano in
disparte siti di riposo, o si traveda un romitaggio circondato da
grandi piante, che stendano variamente i loro rami, ed alternino
lo stridore delle loro fronzute cime agitate dal vento coll'umile
bisbiglio delle scosse, ed oscillanti canne. Se l'ampiezza del lago lo
permetta, sianvi da lontano capanne da pescatore, e qualche disperso
battello, con cui possa aversi il piacere della pesca, d'una scorsa
sull'acque, e della caccia delle anitre.



STAGNI.


Rare volte vedonsi degli stagni nei giardini Inglesi, che in realtà
sono piuttosto da bandirsi, che da tollerarsi, attese le malsane
esalazioni, e la folla d'insetti, che generano; altresì l'acque
stagnanti non sono mai abbastanza belle da formar delizia.

Quando poi si credano indispensabili, ed assortiti ad un tale, o
tal altro distretto del giardino, non li scavate nel piano, perchè
non conservino l'impronto dell'arte, ma bensì in una valle, o in un
basso fondo, ove l'acqua si raduna da se stessa. Abbiate cura di dar
luogo allo scolo, ed alla pulitezza. Formate colla terra scavata una
collinetta, che dia un'aria di verità alla cavità adjacente. Ai bordi
non soffrite, che vi sieno elevazioni argillose, sabbiose, ed aduste,
ma rivestitele d'erba, d'arbusti, e di piante, che stendansi fino ad
una certa distanza. Immediatamente al dissopra dell'acqua sospendete
dei cespugli incolti. Questi stagni sembrano convenire maggiormente in
siti foschi, ed appartati, ed eccitano tristezza, e melanconìa.

Formati gli stagni da' sorgenti, o da' ruscelli, riusciranno meglio;
possono presentare scene piacevolissime, praticati che sieno a
diversi ripiani d'acqua, poco, e variamente discosti l'uno dall'altro,
producendo una superficie in parte d'acqua, ed in parte di terra, che
non ha un legame apparente, nè una continuazione prolungata, e che sia
d'un carattere trito, e sminuzzato.



DEI TORRENTI.


Il carattere proprio del torrente è la vastità, e l'impetuosità del
suo corso. Le di lui enormi masse si ravvolgono, e si precipitano
con forza, ed ardimento; distruggono quanto loro si oppone; e quando
l'ostacolo è insormontabile, si fanno strada da un'altra parte, e
mugghiano ne' nuovi rigiri con indegnazione, e furore. Le acque del
torrente sono in perpetua agitazione, affrettandosi, stringendosi l'un
l'altra, zeppe di fremiti, e di calda schiuma. Le sue sponde attestano
la sua violenza, spogliate di piante, aride, ineguali, squarciate;
o con alberi quasi sospesi in aria, le cui nude radici, sortendo di
terra, minaccian ruina ad ogni momento; lacere foglie, e piante svelte
al nativo suolo, resti di capanne, e di villerecci tugurj nuotan
dispersi sull'onde turbinose. Il suo letto mostra dovunque i segni
della violenza del tiranno, che non sa riposare nel suo seno, che cerca
nuove mete al suo furore, e che strascina, e raduna sabbie, macigni,
e rottami, per ripercuoterli co' suoi flutti. L'orrido suo muggito
fa tremar da lontano la solinga spiaggia; il selvatico abitator n'è
fuggito, e lo smarrito viandante, che si caccia attraverso i labirinti,
che formano gl'intricati cespugli, non vi si accosta, che con ribrezzo.

Simili invenzioni appartenenti al genere grandioso riescono d'una
costosa e malagevole esecuzione; altronde praticandosi d'ordinario i
torrenti, affine di rimediare colla finzione all'effettiva mancanza,
o scarsezza d'acqua, non potran mai avere in conseguenza il pieno loro
effetto.

Esistono però de' torrenti più placidi, e quasi continuamente privi
d'acqua, la cui imitazione supplirà in parte al desiderio di essa,
presentandone almeno il simulacro, e la nativa culla; e si potrà
accrescerne l'illusione colla costruzione di ponti, e coll'accennare
il corso di qualche rigagnolo, che di tanto in tanto li percorra.
Producono buon effetto coll'alto, e basso delle ripe, e servono
mirabilmente a dividere le masse del terreno. L'entrata, e la sortita
de' torrenti, ed anche di qualsivoglia sorta di fiumi, vuol essere
nascosta con ogni arte.



FIUME.


Il fiume si distingue dal torrente per la continuità delle sue acque,
per la sua progressione in lunghezza, e per la lentezza, e regolarità
del suo corso. È suscettibile tuttavìa di rigiri diversi, che formano
una delle principali sue bellezze; le altre consistono nella limpidezza
dell'acque, e nella vaghezza, e varietà delle sponde, ec.

Benchè in conformità del suo carattere il fiume s'avanzi in lunghezza,
e che sia precisamente questa lunghezza, che ne forma il suo capital
pregio, tuttavolta non può sempre essere in linea retta, stanti le
ineguaglianze naturali del terreno, il che altronde gli darebbe un
aspetto uniforme, ed approssimantesi a quello d'un artefatto canale.
Al contrario un fiume naturalmente fa raggiri, che l'abbelliscono de'
pregi della varietà; ma queste sinuosità devonsi rotondare dolcemente,
e non piegare bruscamente, nulla offendendo di più la vista, che un
subitaneo passaggio dalla linea retta alla curva. Questi rigiri nè
manco debbon essere soverchiamente moltiplicati, perchè allora tolgono
l'idea del movimento progressivo. Le sinuosità diverse d'un fiume, che
scorre fra terreni erbosi, ed umili cespugli, fra capanne isolate, e
fra gruppi d'alberi, vedute tutto ad un tratto dall'alto, offrono il
più seducente spettacolo di lumi, e di mosse.

Le rive d'un fiume sono capaci di grande varietà, tanto di forme,
che di ornati. Ora son alte, ora son basse, ora in dolce pendenza,
o a scarpa ondeggiante, ora piane, ed ora sono scabre, e rotte. Il
loro natural guarnimento consiste in erba, in fiori, in cespugli, ed
in alberi. Quì gli alberi si radunano in dense masse, o s'incurvano
sull'onde, gettandovi una mezzana luce; là si dispergono isolati, o
s'allontanano dalla riva, dove succedono arbusti, e piante, fra le
quali ricompare la chiarezza de' siti scoperti. L'alternativa d'un
fiume, che si presenta ignudo, e sgombro in tai luoghi, ed in tali
altri intercetto da alberi, e da bronchi, che lo lasciano trasparire,
cagiona il miglior effetto.

Gli oggetti artefatti possono opportunamente servire alla comparsa
d'un fiume. Quasi tutte le diverse sorti d'edificj vi si confanno;
poichè l'idea, che un fiume serpeggia d'intorno alle fertili abitazioni
dell'uomo, e vi favorisce la pesca, e la navigazione, le rende
verosimili, e convenienti. Padiglioni, molini, e pescareccie capanne
contribuiran sommamente a rianimare le bellezze del luogo. Un bel fiume
ancora può servire d'abbellimento alle vicinanze, tirandone da esso de'
ruscelli, degli stagni, le cui acque si rinnovino a procreare cadute
d'acqua: si può finalmente allargarlo, e praticarvi nel seno delle
isolette.

La varietà del suo corso, e le tante combinazioni con altri oggetti,
delle quali è suscettibile, gli danno un posto distinto nei cantoni
solenni, e particolarmente nei romanzeschi. Ferve egli sopra scogli
in un fondo, o al piede d'un alto monte verticale, reso bruno da
boschi di pini; o si caccia nelle risuonanti voragini, per ricomparire
bentosto tutto spumante? In tal situazione, e connessione d'effetti
forma parte del cantone solenne. Rigiri strani, e singolari, una
straordinaria successione di velocità, e di lentezza nel suo corso, la
sua combinazione con rocchi, al lungo delle cui pareti perpendicolari
striscia sotto alberi sospesi, e nelle cui crepature si spinge con un
sordo muggito, lo rivestono del carattere romanzesco.

Gli effetti d'un fiume superano di gran lunga quelli d'uno stagno, ed
anche quelli d'un lago, motivo per cui gl'Inglesi li preferiscono a
qualunque altro genere d'acqua; e a tutto costo hanno voluto introdurne
ne' lor giardini, formando de' fiumi artefatti, sovente più larghi del
Ticino, e dell'Adda, con ponti superbi, di taluni de' quali vedonsi i
progettati disegni nell'opere del Palladio, in nessun altro paese stati
eseguiti. In alcuni de' loro giardini si sono perfino sforzati di far
derivare un lontano fiume naturale.

Volendo formare un fiume, collocatelo al piede d'una collinetta, ove
le acque vi si radunano naturalmente, ed in abbondanza; nascondete,
come dissi, il principio, e la fine con alberi, e con cespugli, o
dietro eminenze: fate comparir l'acqua per uno spazio bastante; al
sito ove termina, o si disperde, mascherate la vista con folti verdi,
con fabbriche; comunicate alle acque una libera corrente, sia per le
ineguaglianze del suo letto, sia pel mezzo di ripiani diversi nascosti,
ossia per l'effetto d'un molino; infoltite d'arbusti, e di piante
comuni, o di piantagioni più rilevate i siti gelosi, che potrebbero
manifestare l'opera dell'arte, e compartite alle sponde un contorno
facile, e spontaneo.



RUSCELLI.


L'umile ruscello fa infiniti rigiri, perchè è docile, e non si fa
strada, che difficilmente; cede compiacente all'ostinazione del
suolo: troppo debole per tirar seco un ostacolo un po' forte, l'evita;
quindi nascono li ripetuti errori del suo corso, e le moltiplici sue
sinuosità.

La vivacità forma il carattere proprio del ruscello; conviene in
conseguenza a' cantoni aggradevoli, vaghi, e ridenti, de' quali n'è
il principal ornamento. Abbonda ne' siti disseminati di colli, e di
montagne, e nelle valli fornite di sorgenti. È in balìa dell'artista
giardiniere il guidarlo, e variamente conformarlo. Serve al bagno, alla
pesca; forma cadute, ammette ponti, e li più piacevoli abbellimenti
della rustica scena.

In un vasto tratto di paese il ruscello si perde tra la folla, e la
grandezza degli altri oggetti; per far la sua comparsa ama i piccioli
distretti, dove l'occhio possa colpire le sue bellezze, e il mormorìo
arrivare all'orecchio. Li suoi pregi brillano in siti riserrati, dove
nulla distrae, e dove non appajono oggetti smisurati. Vicino al rio
collocate un bagno fra l'odorosa boscaglia, oppure un seggio d'erba
contornato d'alberi piegati. Il garrire d'un ruscello diventa un mezzo
considerabilissimo ad animare un picciol distretto, capace, com'egli è,
di variazioni ne' suoi tuoni chiari, soffocati, acuti, e dolci.

L'artista giardiniere può accrescere, diminuire, e fissare, come gli
piace, il movimento, ed il suo gorgoglio pel mezzo delle inclinazioni,
delle cavità, e delle alture del terreno; può praticarvi cadute, e
disporvi variamente il sottoposto terreno; può mettere, o togliere a
piacere gli ostacoli. Ai fianchi d'una grotta, le acque del ruscello
siano nascoste, e fervido il suo movimento. In un boschetto delizioso
il suo corso formi mille rigiri, si mostri, e si nasconda con piacevoli
susurri. All'intorno d'un seggio, o d'uno smalto di fiori, nella sua
corsa piacevolmente affrettata zampilli con rumore su' massi a varj
strati, e spruzzi vagamente la limpid'acqua contro il suol selcioso.

La vivacità a' differenti gradi forma il carattere generale delle
acque cadenti. Dappertutto annunziano la loro presenza all'orecchio,
allora pure che l'occhio non le scorge, cominciando dal più leggiero
susurro allo spaventevole mugghio. Animano il paese non solamente alla
vista, ma ancora all'udito, e le raddoppiate impressioni, che destano,
penetran l'anima.

La prima idea, che inspira un'acqua cadente, è quella di venire da
un'eminenza, da' colli, e da' monti, che gli servano di culla. Le
differenti disposizioni, tali che il più o il meno della loro altezza,
le loro declività distribuite in ripiani inclinati, o perpendicolari,
i guarnimenti loro d'alberi, d'arbusti, di cespugli, e d'erba, o
la totale lor nudità, cagioneranno dunque notabili cambiamenti ad
un'acqua di tal natura. Lo stesso terreno, sopra cui si versa, è
capace di varietà: può ricever l'acqua, e tranquillizzarla nel suo seno
erboso, piano, sabbiato, o irritarla colle sue selci, contro le quali
rimbalza, e si ravvolge. Un solo spruzzo d'acqua è di poco effetto,
ma l'unione di molti è di grandissimo. Cagionano essi schiudendosi un
incerto mormorìo? Tengono l'immaginazione sospesa. Cadono regolarmente?
Invitano alla lettura, alla riflessione, ed al sonno. I fili d'acqua
convengono ai siti gaj, ed allegri.

Attorno alle grotte, ed ai sedili ombreggiati possono uscir da uno
scoglio, e scherzare frammezzo alla boscaglia. Vicino ad un bagno, o
ad un gabinetto consacrato alla lettura, sia la lor caduta regolare.
Aumentano il piacere, se nascosti, perchè l'immaginazione se ne
occupa; e soprattutto quando sono scarsi, la necessità stessa esige,
che s'involino allo sguardo. Componendosi per ottenere simili effetti,
convien guardarsi dallo svelare la mano dell'arte. Riuscirà tuttavìa
più facile praticar de' fili, che una caduta un po' grande. I primi
possono essere velati, o almeno l'occhio non è rigido in giudicarli;
ma una caduta d'acqua perde a non esser vista: deve poter mostrarsi
arditamente, e non lo può, se non quando è ricolma di bellezze.

   [Illustrazione: _Tav. XVII._ Caduta d'acqua nella villa di
   Monza.]



CASCATA.


La bellezza della cascata è principalmente costituita dall'altezza, da
cui cade, e dall'abbondanza, e limpidezza delle sue onde.

Cadute d'acque accanto ai fiumi, o alla sortita d'un lago possono
piacere all'orecchio pel loro strepito; non alletteranno che debolmente
l'occhio. Ma allorchè si precipitano da un monte, da una balza
scoscesa, o da uno scoglio elevato, vi acquistan ben altro effetto,
soprattutto con masse d'acque chiare, e trasparenti. L'altezza della
caduta può portar la sensazione fino alla meraviglia, e allo spavento.
«Lo straniero, dice Haller parlando d'alcune cadute nelle alpi, vede
con sorpresa scorrere de' fiumi per l'aria, sortir dalle nubi, e
trasformarsi in nubi a vicenda.»

Procurate alle artificiali cascate gli effetti bizzarri della luce;
non le offrite nude, e scoperte, ma guarnite d'erba, d'edere, e
d'arbuscelli. Alberi e cespugli, che vi si incurvino sopra, senza
nasconderle intieramente, vi faranno bene: talvolta celate i piani
superiori, e fate sì, che l'acqua sembri sortire dal seno d'un folto
virgulto, e si veda precipitare attraverso alle cime degli alberi,
che in parte la coprono. Le acque cadenti sieno in proporzione con
quelle contenute nei recipienti, che formano, e sieno distribuite, e
moltiplicate naturalmente. Producono buon effetto vedute dal basso
in alto, ed anche migliore dall'alto in basso. La natura ci offre
le cascate nei monti, o nei colli: quando il terreno non abbia un
considerabil pendìo, la cascata è contro natura. Le grandi appartengono
ai siti eccelsi; le picciole convengono ai melanconici, ed anche agli
ameni. Proponendosi di produrre vive sensazioni, un sol getto sarà
preferibile a varj. Del resto si conformerà ai bisogni della scena,
ed allo scopo, che si ha di mira. Con macigni, e con massi si dà alla
cascata un tristo aspetto; con verdi piantagioni, un aggradevole.



DELLE CATERATTE.


La cateratta è distinta dalla cascata per un carattere di maggior
rapidità, e veemenza. Un movimento, che trae tutto seco, turbolento,
impetuoso, una sovrabbondanza d'acqua torbida, e sempre agitata,
le bianche masse di schiuma, il ruggito feroce, e la violenza, che
ributta, e distrugge tutti gli ostacoli, una nebbia all'intorno,
l'eco ripetuto dalle rupi, sono altrettante qualità, e circostanze,
che definiscono la cateratta. La sua dimora è nei monti, o fra rocche
elevate; fra ristretti spazj nelle lande, ove scatenansi soventi
le tempeste, e i rovesci d'acqua, le inondazioni, ed i vulcani. Il
suo letto mostra i segni della collera, e del furore; è ineguale,
stracciato, pieno di concavità, imbarazzato da sassi e da pezzi di
roccie. Boscaglie all'intorno con nude radici, alberi sospesi in aria,
presentano uno squallido aspetto.

Le cateratte, come parte caratteristica dei cantoni romanzeschi, e
solenni, possonsi ammettere in un vasto ricinto, dove combinino colla
natura, e con li grandiosi oggetti, che le circondino; ma è difficile
nell'imitazione ottenere anche una parte soltanto degli accidenti
sublimi, che le accompagnano; ben di rado vi si riuscirà, anche a forza
d'opera, e di spese. Pare, che la natura abbia riservata la formazione
delle cateratte unicamente al suo poter creatore.



OSSERVAZIONI SOPRA LE ACQUE.


L'acqua è uno de' più superbi oggetti della creazione, ed è l'anima
del paesetto. Non vi ha scena sì piccola, cui non convenga sotto una
qualunque forma; non ve n'ha per grande, e per brillante che sia, a cui
non aggiunga vivacità, e forza.

L'acqua compare avvantaggiosamente sotto differenti forme, e con
differenti caratteri nei cantoni d'ogni specie, nel piacevole, nel
sereno, nell'animato, nel solitario, nel melanconico, nel romanzesco,
e solenne. Fatta pur anche astrazione de' suoi differenti effetti
interessanti, essa piace dappertutto, rallegra nel vederla, dato però
che sia libera, e pura: la vita, e la freschezza colano con essa.

Per indomabile che sia in certe masse, e sotto certi rapporti, in altri
stati ordinarj obbedisce però al poter dell'uomo, che può guidarla, e
configurarla come gli piace. Può metterla in movimento, od in riposo,
stenderla, o riserrarla, variare, abbellir le sue rive, lasciarla
scoperta, od ombreggiarla, e darle tutti i tuoni. Può per la di lei
distribuzione, e combinazione con altri oggetti rendere il suo effetto
più sicuro, e più interessante; col suo soccorso può cangiar tutte le
scene, ed eccitare tutti i sentimenti.

L'uomo ciò non pertanto non ha saputo accontentarsi de' caratteri
varj, sotto cui la natura presenta le acque. Non pago di vederle
ora in riposo, ed ora in moto, accompagnate da tanta diversità di
forme, di movimento, di strepito, e d'accidenti, ha voluto pur anche
sforzarle loro malgrado a slanciarsi in aria. La sazietà, l'amor del
maraviglioso, il raffinamento de' piaceri manierati hanno prodotto
la singolar invenzione di cacciar nelle vasche di giardino tigri,
cigni, lupi, coccodrilli, delfini, e tutte le divinità dell'olimpo,
obbligandole isolatamente, o in gruppo, nelle più ridicole attitudini,
a versar acque, e lanciarle per ogni dove, e da ogni parte[11]. Questo
strano miscuglio di ciò, che appartiene al mare, al cielo, e alla
terra, tanta mostruosità sia costantemente tenuta lontana dai giardini.

Le acque salenti possono convenire in luoghi romanzeschi, e decorare
graziosamente piccioli spazj guarniti di fiori. Sono a suo posto nelle
città avanti un palazzo, e nelle grandi piazze; convengono ancora,
formando ornato inerente ad un edificio nobile, nell'interno delle
sale, dei gabinetti, ec. ec.

   [Illustrazione: _Tav. XVIII._ Tenda Greca nel giardino
   Belgiojoso.]



DEI CAMMINI, E SENTIERI.


Nei trattati dell'arte dei giardini trovansi delle sufficienti
istruzioni sopra la costruzione, la solidità, ed il comodo dei
cammini, e sentieri necessarj in un giardino: su questa materia devesi
principalmente far attenzione alla qualità de' climi, e del diverso
suolo.

Noi non parleremo quì della maniera di distribuire i sentieri, se non
in quanto essa è sottomessa alle leggi del buon gusto.

Sentieri superflui, come in una pianura aperta, ove nessun ostacolo
arresta il passo, riescono disgustosi, ed è dispiacevole cosa di
non trovarli ove necessitano. Nuocesi all'effetto delle rustiche
scene tanto praticandosene in troppo numero, che formandone pochi, o
distribuendoli in modo, che non se ne incontrino là precisamente ove
bisognano.

La principal destinazione de' sentieri è di condurre a tutte le scene,
senza obbligare a ritornare indietro. Ma a questa destinazione se ne
aggiunge un'altra, cioè che siano praticati di maniera a variare, ed a
moltiplicare non solamente gli aspetti, ma a presentare ancora nella
più bella comparsa le varie lontananze, ora tutte ad un tratto, ora
successivamente, frattanto che ogni altra vista dispiacevole resta
nascosta.

La distribuzione dei cammini esige dunque una attenzion vigilante
ai punti di veduta. Secondo la situazione, e la natura del terreno,
e delle campestri scene, i sentieri ora scorreranno ne' fondi, ora
si eleveranno coll'eminenze, talvolta si stenderanno in linea retta,
e talvolta si ripiegheranno; di quando in quando si ristringeranno,
e si allargheranno. Proponendosi costantemente di far gioire delle
prospettive, e degli effetti più aggradevoli delle decorazioni,
non sarà difficile d'ordinar felicemente i sentieri. Sarà dunque
contradditoria cosa principiare la formazione d'un giardino per
li sentieri, che non possonsi determinare con convenevolezza, e
distribuirsi bene, che allorquando tutte le parti, e le scene del
giardino saranno intieramente abbozzate, e decise.

Sarà sempre mal a proposito di distribuirli talmente, che molti di
essi, invece d'essere in quà in là nascosti, s'incontrino tutti in una
volta, imitando in qualche modo le strade della città; altronde non
devesi mai formarne di questi uno spettacolo.

Allorchè cominciò a diffondersi il nuovo gusto introdotto da' Bretoni,
si rigettò intieramente la linea retta, e si abbracciò l'ondeggiante.
Ma la linea, che serpeggia regolarmente, è quasi del paro uniforme,
che la retta. La linea, che s'incurva con libertà, e senza esattezza,
e si ripiega in modo a produr varietà, merita senza contraddizione
la preferenza. Noi la chiameremo la linea naturale, perchè ella si
offre agli occhj nostri ne' modelli, che ci presenta natura, e perchè
là pure, ov'è disegnata da man dell'uomo, si regola in conformità
della disposizione del suolo, e della situazione de' diversi naturali
oggetti.

La linea retta non è contro natura, e non merita d'essere del tutto
rigettata. Conviene ai grandi passeggi pubblici, ed ai larghi viali
guarniti dalle due bande d'alberi elevati. Là ove debbono aprirsi
delle prospettive lontane; ove si cerca l'allettamento, che fornisce
l'estensione, e la grandezza; ove l'occhio debb'esser fissamente
attaccato ad un oggetto importante, collocato in avanti, e destinato
a fermarlo, i cammini in dirittura sono i migliori. Inoltre la linea
retta diventa talora necessaria pel contrasto, e per l'interruzione.
L'ingegnoso miscuglio delle due linee diventa indispensabile in una
grande estensione di terreno, e ne riesce pur anche piacevole per la
diversità, che vi sparge.

Mal a proposito il nostro autore M. Hirchfeld appoggia anche di più
l'impiego della linea retta, non riflettendo, che con ciò distrugge in
gran parte la teorìa, e l'artificio de' giardini Inglesi, che non son
altro, siccome la natura intera, che un composto di curve; ed anche i
sentieri derivando da' colli, da' monti, dalle valli, da' fiumi, e da'
boschi, che li prescrivano, non sono che una parte della stessa natura,
un aggregato di curve, che si dispiegano in tutti i sensi, atteso che
l'uomo, e la necessità non fanno che secondar la natura; e non sarà che
per effetto non naturale, che diventeranno stabilmente retti.

Il sentiero sinuoso conviene alle scene, ed alle piantagioni, che
devonsi percorrere passeggiando tranquillamente, e con riflessione,
e dove la vista dev'esser gradatamente guidata da un oggetto, da
un aspetto all'altro. Compiacesi d'errare per sentieri tortuosi
fra boschetti, e fra cespi al lungo delle acque, e si diletta di
scorrere per angusti viottoli ne' bassi-fondi ombrosi, ed alla volta
degli oscuri romitorj; riescono piacevoli montando su' colli, dove
moltiplicano, e diversificano i prospetti. Servono per ultimo ad
ingrandire lo spazio.

Mediante la linea curva-ondeggiante dei sentieri, nulla si perde dello
spazio; tutto viene abbellito, e leggiadramente contornato.

Costruendo de' cammini tortuosi, evitate tutto ciò, che può
manifestar l'arte: sinuosità naturali dovunque. Non si scorgerà alcuna
progressione, alcun in-dentro, o in-fuori, che non sembri nato, che
dalla stessa natura del suolo, e che non si accordi colla disposizione
degli oggetti. Li rigiri del cammino non devonsi rompere tutto ad un
tratto, che in caso di sorpresa.

Il cammino guadagna altresì in varietà, allargandosi, e ristringendosi,
e contenendo ora nel mezzo, ora ne' fianchi spazj erbosi con gruppi
d'alberi, ed al lungo ora alberi diritti, ed ora piegati ad arco.

Che un sentiere angusto volti ad una capanna, o all'eremo, ed un largo
viale, ed anche retto conduca ad un tempio; un racchiuso viottolo
coperto di una volta di fitto fogliame discenda serpeggiando verso
la scena melanconica, che giace nell'ascosa valle. Il più o meno di
coltura dei sentieri vien regolato in proporzione delle decorazioni,
fra le quali si stendono.

L'erba, ed i fiori comuni contorneranno il cammino, che attraversa
un distretto semplice, e campestre, ed i cammini destinati ad un
delizioso passeggio, saranno ornati di arbusti odorosi, e di piante
balsamiche. Quelli, che menano a scene grandiose, avranno dalle due
parti de' grandi alberi, e de' fiori superbi, e brillanti. La varietà
de' verdi, e la vivacità de' colori arrestano lo spettatore anche là,
ove non cercava che un semplice passaggio. I sentieri siano comodi,
e bastantemente proprj. Nelle ville d'Inghilterra sono di soverchio
lusso, e sembrano terrazzi, favorendo a conservarli l'ordinaria
temperatura del clima. Al piano basterà che siano di sabbia; al colle
esigono un cemento consistente. Per ottenere il debito scolo alle acque
vogliono essere fatti a schiena di mulo.

Si distinguono i sentieri in un generale più largo, ed in altri
secondarj di minore, e varia larghezza. I sentieri in genere siano
tenuti spaziosi; vengono ristretti continuamente dal crescimento delle
piante laterali; e si prevenga il caso di doverle scioccamente tosare,
e ridurre a formare un muro verde. La vegetazione inoltre ne' siti
soffocati riesce languida, ed infelice.

Dove il giardino ha per confine la campagna, o il bosco, la
continuazione de' sentieri, e l'insensibile loro smarrire
prolungheranno l'idea dell'estensione, e produrranno buon effetto, ed
una felice illusione.

Non sarà cosa indifferente la determinazione del passeggio in un
giardino all'Inglese, dove dato luogo ad uno sviluppo d'idee, e di
sensazioni filate, se ne dovrà seguire la traccia atta a trattenere
più aggradevolmente l'animo nostro: quest'ordine sarà tanto più
preciso a tenersi in un picciol giardino, sommesso necessariamente a
maggior artificio. In un grande si ritrarrà talvolta maggior diletto,
passeggiandolo solo; poichè l'animo nostro, sempre inteso a contemplare
le rarità, che gli si presentano, e la fantasìa, che non è prevenuta,
gustano più voluttuosamente le produzioni della natura, e dell'arte,
intanto che ci lusinghiamo passand'oltre di pascolarci sempre più
lautamente.



DEI VIALI.


I grandi viali rettilinei sono proscritti dal genio pittorico. Da
lontano ristringono, e tagliano malamente la casa, e veduti dalla
casa, nascondono, e tolgono di mezzo gli andamenti, gli effetti,
e le bellezze del paese d'intorno, che vogliono esser raccolte, ed
amalgamate col giardino, ad ottenere il cui intento deve esser rivolta
tutta la cura, ove il contorno le presta; e dove no, il giardino deve
rappresentarle nel suo seno, ciò, che costituisce giardino all'Inglese.

Un breve viale retto potrà aver luogo, rare volte però, come si è
detto di sopra, ma giammai un lungo, e a più forte ragione una maggior
quantità di grandi viali simmetrici, per motivo della nojosa uniformità
che generano, perchè limitano la vista da ogni banda, e perchè la
linea retta, dividendo il terreno in due parti, guasta così il più
bel sito. Le rette, e fitte piantagioni ancora si oppongono alla
libera circolazione dell'aria, e ne' bassi-fondi possono contribuire
all'insalubrità della situazione. Lo scarso piacere poi, che procura
all'occhio l'infilatura, osservato il viale dal corrispondente interno
del palazzo, non compensa tante mal opere.

Si consideri ancora quante cure, è quanto tempo vi vuole per avere
gli alberi alla debita altezza onde produr buon effetto, e quanto
sia difficile riaverne de' nuovi della stessa specie nei siti fissi,
ove ne son morti; ciò, che forma uno degli avvantaggi incomparabili
dello stile moderno, dove i posti difficilmente sono invariabili, e
molto meno le specie. Si preferisce sempre in Inghilterra un cammino
obbliquo, e in linea ondeggiante, guarnito di gruppi d'alberi, e
d'altri oggetti sparsi. In una avvenuta sinuosa tutto ciò, ch'è
interposto, sembra metter la casa in movimento, e farla marciare
col viaggiatore; nascono mille effetti piccanti, e varj, offrendosi
perpetuamente il palazzo sotto diversi punti di vista, e prendendo a
ciaschedun passo una nuova forma.

   [Illustrazione: _Tav. XIX._ Veduta di Wilton di Lord
   Pembroke.]



DEI TEMPJ.


Fra le nazioni moderne gl'Inglesi i primi hanno introdotte nei loro
giardini fabbriche a foggia di tempj antichi. Allorchè il nuovo gusto
principiò ad estendersi, si pensò a nuove invenzioni proprie a dare
ai siti naturali un aspetto più nobile, e compiuto, che rilevasse le
bellezze di natura, si prestasse al pascolo della mente, e servisse
altresì al comodo. In conseguenza di tal ricerca non si poteva non
pensare agli antichi tempj, atteso ancora che contemporaneamente i
dotti, che viaggiavano nella Grecia, e nell'oriente, cominciavano a
spandere sulle ruine dell'antichità una luce più serena, e più chiare
nozioni[12].

La posizione de' tempj antichi contribuiva a rilevare la loro bella
architettura. Erano isolati, e circondati da belle piazze ornate di
statue. Comunemente

posavano sopra un'eminenza, o su d'un poggio; ed avevano talvolta da
ogni parte, e talvolta alla sola entrata principale, una superba scala
di marmo.

Secondo i precetti di Vitruvio, si dovevano determinare le differenti
situazioni de' tempj dai diversi caratteri delle stesse divinità, cui
erano consacrati. Giove, Giunone, e Minerva in qualità di principali
protettori dell'uomo li avevano nei luoghi più alti; Mercurio, Iside,
Serapide nei mercati; Apollo, e Bacco in vicinanza dei teatri; Cerere
alla campagna; e Nettuno alle spiagge del mare. Quelli di Marte,
di Bellona, di Vulcano, e di Venere erano situati fuor di città: si
riguardavano queste divinità come turbolenti, e dannose[13].

Vitruvio dà istruzioni sopra la scelta, che bisogna fare dell'ordine
d'architettura, secondo le differenti divinità. Ai templi di Minerva,
di Marte, e di Ercole destina l'ordine dorico come riputato per il più

grave, e solido; a quelli di Venere, di Flora, di Proserpina, e
delle Ninfe il corintio, come il più elegante, e delicato; a quelli
di Giunone, di Diana, e di Bacco assegna l'ordine jonico, che tiene
il dimezzo fra la semplicità del dorico, e la pompa del corintio. Il
medesimo autore prescrive le qualità diverse de' marmi, che convengono
alle diverse divinità; assegnando il bigio, ed il rossiccio ai tempj
di Giove, di Marte, e d'Ercole; il bianco, ed il brillante a quelli di
Flora, e delle Grazie.

Gli ornati esterni, ed interni del tempio avranno un rapporto
convenevole alla natura, agli attributi, ed alle azioni del nume.

Il famoso tempio di Apollo, innalzato da Augusto sul Palatino, era
decorato così: nel vestibolo spiccavano le simboliche statue, che
indicavano i benefici suoi effetti; nel timpano v'era l'aureo cocchio
del sole; le porte eran d'avorio; ed i muri di marmo bianco contenevano
de' bassi rilievi relativi ad Apollo. La sua statua campeggiava
nell'interiore del tempio: due biblioteche separate sui fianchi, l'una
composta d'opere Greche, e l'altra d'opere Romane, attestavano la
divina sua influenza[14].

La prima legge, che devesi scrupolosamente osservare nelle imitazioni
de' tempj antichi, è quella di conservar fedelmente le loro forme, le
loro proporzioni, ed il lor carattere; ed in conseguenza di cotesto
loro carattere, li cui principali elementi sono la bellezza, ed il
maestoso, i tempj non converranno che in siti convenienti, e scelti.
Debbonsi essi riservare per situazioni ricche, e dignitose, ove
possano armoniosamente produr buon effetto. Si vedono con piacere sopra
eminenze, d'onde si scopra una superba vista, ne' siti, che inspirano
maestà, e venerazione, e dove le impressioni, che forma lo spettacolo
della natura, vogliono essere sublimate.

Nei vasti ricinti, che abbracciano moltiplici scene, vi può essere un
maggior numero di tempj; variandosi tuttavìa la grandezza, le forme, la
situazione, e la lor destinazione.

I templi rotondi sembrano i più conformi ad un giardino. La di lor
forma riunisce alla dignità una cert'aria di leggierezza, e di vezzo,
che li rende soprattutto raccomandabili ne' luoghi, ove natura spiega
le sue dovizie. I quadrilunghi, o quadrati ricevono tanto dalla loro
forma, che dalla loro più vasta estensione, e dal maggior numero di
colonne, un aria più solenne, e rispettabile.

Riesce inconcepibile come la maggior parte dei tempietti, che finora si
vedono ne' nostri giardini, non sieno composti che di sole colonne, di
cui vi hanno rarissimi esempj nella bella antichità; poichè realmente
non sono capaci d'alcuna destinazione, fuorchè di quella troppo
limitata, di formare un semplice punto di veduta.

I templi di giardino non sono più per noi edificj destinati al divin
servizio; quindi l'interno loro non esige la distribuzione, che a
quelli davano gli antichi[15]. Possono perciò esser disposti secondo
l'usanza

della vita socievole del giorno, e formare interiormente delle sale, e
de' gabinetti. Per rapporto al bisogno di luce, questa si procaccierà
preferibilmente dall'alto.

I tempj convenevoli ad un giardino sono quelli del Sole, di Diana, di
Cerere, di Flora, di Pomona, d'Apollo, delle Muse, e delle Grazie; e
lo sono perchè più suscettibili d'allegorico significato, richiamando
le forze, gli effetti, e le proprietà della natura; ma vogliono essere
distribuiti con economìa, e sempre nel mezzo di scene corrispondenti al
carattere, che dispiegano.

Volendo rinunciare ai soggetti, che somministra la mitologìa,
si potranno sostituire con guadagno quelli, che emergono dalle
circostanze, e dai sentimenti, che accompagnano la vita campestre;
quindi i templi consacrati alla serenità, al riposo, al ritiro, ed alla
contemplazione, riusciranno convenevolissimi ad un giardino.

Le differenti stagioni dell'anno, e le diverse parti del giorno possono
altresì avere i loro tempj, onde rinvigorire l'impressione delle scene,
che preferibilmente loro son dedicate, ed onde moltiplicare la varietà
de' piaceri particolari a ciascheduna di esse. Edificj di simile
invenzione contribuiscono grandemente ad accrescere la vaghezza, ed a
caratterizzare i siti, ed offrono al genio dell'artista nuovi impulsi.

Il tempio della primavera s'innalzi in sito fresco, e giocondo; questo
tempio sia d'uno stile lusinghevole, circondato d'immagini ridenti, che
annunzino il risvegliamento della natura, ed inondato di fiori, tra'
quali gli zeffiri di ritorno ricominciano i loro scherzi.

Quello del mattino sormonti la molle pendice d'un poggio, ove domini
del paro l'amenità, e l'allegrìa; la sua architettura sia leggiera, ed
aerea; l'esposizione verso lo splendore della nascente aurora; e sia
circondato d'acque, e di vicini boschetti, i quali moltiplichino lo
spettacolo superbo, che offre l'errante luce.

Il tempio della state ricco, e superbo compaja con pompa in mezzo
a fiori, e a piante rigogliose, che crescano con profusione fra'
boschetti d'alberi fruttiferi, i cui doni maturandosi, stendano di ramo
in ramo una mescolanza, che rapisca, di forme, e di colori.

Sopra un pendìo al coperto de' cocenti raggi del sole il tempio del
mezzodì si nasconda entro il fogliame, e la selva de' rami d'un augusto
albero, ed annoso; e meglio sarà se vi sgorgassero d'intorno de'
ruscelletti, procurando i piaceri della freschezza, e facendo nascere
quelli del riposo.

Il tempio dell'autunno, accompagnato dal dolce sereno del giorno, si
mostrerà fra boschi atti alla cacciagione, o sopra un colle coronato da
pampini, da sorbe, e da altre piante a bacche.

Quello della sera, negletto e solingo, riposerà fra gruppi leggieri di
piante odorifere sull'occidental pendice d'un monticello, cui lambe una
sfuggevole onda.

Lo scopo di siffatte osservazioni non è altro, che quello di accennare
all'artista giardiniere una nuova messe, e delle strade, che puonno
condurre a incalcolabili invenzioni.

Gli emblemi espressivi, e che tolgano ogni sorta d'incertezza, quì
si adattano meglio, che le iscrizioni; altronde le decorazioni hanno
un maggior merito, allorchè riescono nel medesimo tempo immagini
allegoriche. Questi ornati convengono a diverse parti dell'edificio, e
soprattutto nella facciata, e nel fregio. Debbono riunire la semplicità
alla chiarezza, e non esser composti che d'un picciol numero di simboli
poco complicati, ma aventi un intimo rapporto colla cosa che si vuol
denotare. Si ponno altresì rappresentare in bassi rilievi.

Sull'esempio de' Greci, e de' Romani ci sarà permesso ancora
d'impiegare i tempj, come monumenti, consacrandoli nei nostri giardini
a uomini d'un merito eminente. Nessuna sorta di fabbrica pare più
conforme di questa a tal uso, che le dà una destinazione più precisa,
che quadra col carattere de' tempj, e rende loro una parte della
dignità, che avevano fra gli antichi, ov'erano in primo luogo dedicati
agli dei, ed in appresso agli eroi, ed ai sapienti.

I tempj offrono delle memorie più ragguardevoli, e più degne, che le
urne, e gli altri sepolcrali monumenti.

La costruzione di questi tempietti non è grave neppure a quelli, che
hanno una modesta fortuna, i quali per tal mezzo possono elevare
il loro giardino al rango di que' siti sacri, dove si rende culto
al merito, siti tanto conosciuti dai Greci, ed ignoti tra noi. I
tempj dell'amicizia, e dell'avita virtù, e quello dei grandi uomini
dell'Inghilterra, che si veggono a Stowe, appartengono a questa classe,
di cui ne fornirono i primi esempj.

Del resto noi ricercheremmo nei giardini sovrattutto i monumenti
consacrati a quella specie di merito, che ha un certo legame col sito;
noi vi desidereremmo dei tempj consacrati alla memoria di quei genj,
che sparsero nuovi lumi sopra i differenti rami dell'agricoltura, sopra
l'arte di coltivare i giardini, e generalmente sovra gli augusti, e
reconditi arcani della natura; che ora co' loro canti entusiastici,
ora coi loro quadri d'imitazione avvezzarono gli uomini a sentire
le bellezze della creazione. Il carattere particolare, proprio
a ciascheduno di questi chiari ingegni, fornisce l'occasione di
presentare una situazione, ed un adornamento convenevole a consimili
fabbriche. Gli emblemi prestano altresì in questo caso i loro utili
soccorsi; ma le iscrizioni offrono degl'indizj più intelligibili, e
brievi. Basterà il nome solo collocato nel fregio.

Non intendo di affermare, che quando si voglia innalzare un tempio,
sia necessario di costruirlo di maniera precisamente greca; un tempio
gottico talvolta in alcune posizioni può produrre maggior effetto
ancora; ma egli è vero altronde, che l'architettura greca è in possesso
da secoli d'essere sola apprezzata. Le sue bellezze sono fuori d'ogni
dubbio, e compajono tali a tutte le nazioni, alloraquando il sentimento
del nobile, e del grande si sviluppa in esse; e non addivenne che
per rozzezza di costumi, privati di gusto, e per effetto di pretta
barbarie, che si riuscì a soffocare, durante uno spazio di tempo,
la sensibilità ingenita, che ciascheduno sente naturalmente per la
sua placida semplicità. Le proporzioni, le forme, la distribuzione,
l'ornato, tutto ciò, che appartiene alla buona architettura, i Greci
lo mostrarono eminentemente ne' preziosi modelli, de' quali tuttavìa
ne ammiriamo gli avanzi sublimi. Ne' migliori secoli moderni si sono
imitati i Greci nell'arte del fabbricare, come nella scultura, e nella
poesìa. Tutte le nazioni, che hanno qualche pretesa al buon gusto,
risguardano l'architettura di questo popolo, come il lor patrimonio.
Quindi a noi stessi sembra questo popolo men discosto da noi, perchè
la gioventù si forma all'ombra de' suoi monumenti, perchè le nostre
arti, e le nostre scienze riaccendono spesso al suo fuoco l'estinta lor
fiaccola, e perchè viviamo in una specie d'intimo commercio col suo
genio, e la sua virtù. Si converrà però facilmente, che l'imitazione
non deve degenerare in copia servile; e non si dovrà ammettere,
che ciò, che è adattato al nostro clima, al nostro genere di vita,
differente da quello de' Greci, ed ai nostri differenti bisogni.

Ne' parchi Inglesi si vedono alcune volte delle chiese gottiche, il
cui aspetto risveglia la venerazione, collocate in cantoni segregati,
e taciti, fra' monti, e rocchi, e circondate d'alberi venerandi. Il
carattere di consimili chiese, e cappelle è riposto nella semplicità
dignitosa. Qualunque sorta di magnificenza, e di lusso n'è sbandita.



DELLE GROTTE.


Si nominano così le concavità, ossia gli spazj vuoti, e panciuti,
dirò così, che s'incontrano nel seno della terra, e segnatamente
nell'interiore delle montagne. Si attribuisce la formazione delle
grotte a diversi rovesciamenti parziali, che hanno potuto cagionare i
fuochi sotterranei, o le acque, che penetrando a traverso le montagne,
e le roccie, hanno staccate, e strascinate con se le terre, e la
sabbia, che presentavano loro minor resistenza, lasciandovi sussistere
le parti più solide, che non hanno potuto smuovere; e per tal modo
hanno dato luogo alla formazione delle grotte, e delle caverne[16].

Le grotte, che attualmente nei nostri giardini sono l'opera dell'arte,
erano ne' primi tempi la dimora d'uomini, come lo sono ancora
oggigiorno presso de' popoli barbari. Questi nascondigli nelle
montagne, e fra i rocchi perdettero la rusticità loro, dacchè i Greci
cominciarono a dedicarli alle Ninfe.

Era opinione, che le ninfe amassero le fonti; ed una umidità
condensata, che stillava dall'alto, e dai lati, imprimeva sovente alle
grotte la lor figura. Spesse volte ancora la sorgente era impregnata di
particole petrose, che deponeva, e che segnavano il di lei corso d'una
specie d'intonaco. L'immaginazione dava vita, e significato alle figure
prodotte da questi accidenti. Il cacciatore, il paesano, ed il pastore
si portavano in queste grotte a porgere alle ninfe le offerte relative
alla loro natura, ed agli oggetti, sopra cui era fama, che vegliassero.
Le sacrificavano ora un agnello, od un capretto; ora de' frutti, ora
del latte, dell'olio, e del mele. La buona loro semplicità credeva, che
queste tutelari divinità vi erano presenti, benchè invisibili, e che si
conciliava il lor favore con questi doni. Si circondavano di ghirlande
le loro statue, e si consacravano loro degli orticelli.

Pane, e Bacco, che insegnavano le canzoni alle ninfe, erano riputati
essere l'ordinaria loro compagnìa, e vedevansi spesso le loro statue
innalzate nelle grotte. Sul mezzodì la pastoral zampogna taceva per
non interrompere i sonni di Pane, che costumava in quell'ora di dormir
nelle grotte.

Questa pittura delle grotte consacrate alle ninfe porge quell'amenità,
che sapevano i Greci spargere con tanto sale su d'ogni cosa. Eran
luoghi santi, esenti d'ogni timore. Non formavano ancora parte de'
giardini, che presso quella nazione non sortirono dai limiti della
primiera rusticità, ma formavano oggetti staccati, che ricevevano
dalla loro situazione al lungo de' laghi, e de' fiumi, ne' monti, e
ne' boschi un carattere perfettamente campestre. La conoscenza del
primitivo loro destino può condurre l'artista giardiniere ad invenzioni
piacevoli, che portino l'impronto dell'antica loro rispettabile
semplicità.

La storia delle grotte ne' secoli posteriori non è così serena, che al
tempo delle ninfe de' Greci. Nei tempi di guerra, e de' suoi flagelli,
questi ritiri si trasmutavano a vicenda in ispelonche d'assassini,
e nell'asilo dell'infelice. Talvolta diventavano il soggiorno d'un
eroe, e perfino delle fortezze d'importanza. Allorquando poi l'amore
della vita solitaria si diffuse fra' cristiani, le grotte divennero
l'abitazione de' santi, che, allontanati dall'aspetto del mondo, vi si
consacravano alla contemplazione. Vi scavavano nel sasso gli altari,
le cucine, i dormitorj, e le altre comodità essenziali alla vita. Era
il tutto la semplicità stessa: la povertà solo, e la devozione erano
le inseparabili compagne dell'uom religioso. La di lui vita austera, e
sobria gli attirava sovente l'attenzion del vicinato; e la sua grotta
era un luogo sacro, a cui non vi si accostava, che con venerazione.

Non v'ha cosa più necessaria all'arte, acciò formi delle grotte
imitanti le naturali, quanto il ritornare col pensiero sulla primiera
costruzione fatta dalla natura stessa, giacchè le opere dell'arte
in questi oggetti si sono tanto scostate dal vero modello[17]. Noi
vediamo che le grotte sono native de' paesi montuosi, e che abbondano
di tufi, o di roccie. Non converranno adunque, che ne' cantoni
composti di monti, e di rupi, che ammettono cavità, e screpolature, sia
accidentali, sia formate dalla mano dell'uomo.

L'impiego dei macigni nella formazion artificiale delle grotte è
giustificato dalla maggior facilità, dalla solidità, dalla diminuzione
che cagionano dell'idea di deserto, offrendo l'immagine di una certa
tal quale abitazione. La presenza dell'uomo giustifica un po' più di
ricercatezza, che non esigerebbe l'aspra natura delle grotte, quale
riuscirebbe per altra parte

effetto assai difficile ad ottenersi. Possono esser ricoperte di
musco, e di piante serpeggianti; in tal canto può crescervi un
cespuglio d'un verde piacevole, e nel circondario ponno slanciare gli
alberi l'orgogliose lor cime. Queste circostanze non distruggono il
carattere proprio di una roccia; l'addolciscono soltanto, correggendone
l'uniformità, diminuendo la secchezza delle forme, e tuttavìa
s'accordano coll'aspetto naturale d'una grotta. Ponendovi all'intorno
delle piante a fogliame oscuro, e tristo, l'artista può accrescere
l'impressione, che desta l'aspetto ignudo, e canuto della rupe. Può
darle vivacità, compartendo l'acqua in ruscelletti, e rinforzarne
l'apparenza selvaggia, adunandola in impetuoso torrente. Può praticare
nell'interno varie aperture, farvi de' sedili, e delle comode
abitazioni.

Una grotta artificiale deve soprattutto avere una tal situazione,
quale noi siamo avvezzi a vederla in natura; dev'essere appoggiata a
collina, a rupe, o collocata fra' scoscesi massi, e fra' ruscelletti,
in siti bassi, ed oscuri. Non v'è niente di men naturale, che grotte
fattizie alla pianura, o ne' luoghi scoperti, ove immediatamente
attirin l'occhio. Debbono avere una situazione allontanata, e mesta, e
che non si scopra con facilità. Non saran annunziate nè da introduzion
elegante, nè da uno spazio in avanti riccamente adorno. Non sarà per
questo essenziale, che il sito sia affatto chiuso, e privo d'ogni sorta
di vista; vi posson essere praticati de' fori diversi, che presentino
ridenti prospettive, particolarmente all'acqua. Nella formazion delle
grotte deve regnare una composizione semplice, negletta, e rustica.
L'interna decorazione è riposta nella configurazione stessa de' sassi,
e negli effetti accidentali dell'acque, che vi trapelano, o che le
percorrono. Qualunque sorta di distribuzione, e di ornato, che non vi
si potrebbe trovar naturalmente, non vi ha luogo. Sia semplicissima
la sua forma esteriore: un mucchio irregolare di pietre; una parete
di screpolato sasso; una rupe composta di masse isolate, che sembrino
d'essersi separate per l'effetto del tempo, o dell'acque, in quà
in là imbrattate di musco, e di sterpi, o tappezzate d'edera, e di
vite selvatica, che serpeggino fra le fessure, in alto ricoperte di
terra, ove spuntino a stento degli umili arbusti, li cui languidi rami
cadano sopra l'entrata; de' ruscelletti, che scorrino nei fianchi fra
cespugli.

Quantunque le grotte de' giardini non sieno che imitazioni delle
naturali, tuttavìa si penserà a disporle in modo, che riescano pulite
come conviene, e che non sieno mai pericolose. Non saranno umide, nè
impenetrabili all'aria purificante, nè manco debbono esser basse, e
strette. Non sono refrigeranti, e d'uso, che allora che son composte
d'elevati macigni secchi, con vaste volte foracchiate d'aperture, che
diano luce, e vista.

Si può dare ad esse un carattere determinato, che si rapporti agli
usi, ai quali altre volte servivano. Si può consacrarle ad una ninfa,
ad un antico eroe, ad un santo; e farvi campeggiare gli oggetti,
e le particolarità, che ci rammemora la storia. Sarà però meglio
prescindere da qualsivoglia oggetto mobile, ed accessorio; cosa
che d'ordinario degenera in puerilità, e che non appartiene alla di
lor natura; cosa senza verità, di breve illusione, e che toglie il
possibile miglior uso del sito. Tutto al più sarà permessa una concisa
inscrizione; e per riguardo all'ornato, ed al movimento vivente,
glielo comunicheranno, come in tutte le altre parti del giardino, le
persone stesse, che l'anderan visitando, che debbonsi considerare per
le vere e sole macchiette del quadro; e quando pur predominasse l'amor
del maraviglioso, suggerirei piuttosto delle mascherate conformi alle
diverse scene, che presenta il giardino.

Le grotte per se stesse riuscendo oggetti straordinarj in natura, ed i
giardini presentando di rado de' siti convenevoli ad esse, sarà meglio
risparmiarle. Un bel giardino può esserne privo senza difetto.

Qualora, pel bisogno di smaltir terre, si determini d'innalzare in una
parte del giardino un'artificial collinetta, anche pel risparmio delle
stesse terre, si potrà disegnare il piano d'un'intralciata grotta,
da elevarsi a foggia di cantine, ricoperta da grandiose volte, o da
macigni. Per la maggior chiarezza della cosa, ne presento quì uno
schizzo, che basterà a suggerire altre idee più convenevoli, e più
belle.

   [Illustrazione: _Tav. XX._ Grotta sforata, d'invenzione di M.
   Schuricht.]



DEI ROMITAGGI.


I romitaggi, che si collocano nei giardini, opere dell'imitazione, sono
destinati meno ad essere abitati, che a far gioire per qualche istante
del riposo, e della solitudine, ed a rinforzare le impressioni, che
destano i cantoni pacifici, e melancolici.

L'eremo domanda una situazione nascosta, ama le montagne, e le rupi.
Talvolta una grotta può essere situata colla maggior naturalezza agli
orli d'un'acqua, ma l'eremo sembra unicamente fatto per le foreste, e
per i deserti.

Il romitaggio è una capanna, una semplice casuccia fabbricata per man
dell'uomo; o allorchè è praticato nel sasso, e che si accosta alla
natura delle grotte, è travagliato a foggia di stanza, che s'approssimi
alla regolarità.

Devesi rappresentare come abitato da un solo. La riunione di molti
romitaggi ai fianchi l'uno dell'altro, diminuirebbe coll'idea di
società la forte sensazione, che è propria al romitaggio. Appartiene ai
siti solitarj, ove regna una dolce malinconìa.

Il romitorio ci rammemora que' tempi, in cui la pia innocenza
abbandonava il mondo per trovare il paradiso ne' deserti. Quì la vita
de' primi monaci era santa, ed utile; coltivavano le terre, e rendevano
sani, e fertili una quantità di siti incolti. I deserti non risuonavano
solo delle loro preghiere, ma del fracasso ancora dell'ascia, che
dirigeva le lor mani; l'agricoltore del vicinato andava a domandar
loro non solamente delle benedizioni, ma delle istruzioni ancora
sopra i suoi travagli. Un genere di vita, privo di tutt'i piaceri
mondani, e di tutte le comodità della società, ed impiegato, e diviso
fra il travaglio, la penitenza, e la meditazione, non era veduto
che dal cielo, che doveva ricompensarlo un giorno. Li brevi giorni
della lor carriera scorrevano in seno di una felice uniformità, senza
bisogni, e senza passioni. I raggi del sole cadente, rischiarando la
fronte del romito, lo trovavano così sereno, che quelli dell'aurora,
che lo svegliavano. Il solitario aveva fatto cambio di tutte le sue
pretensioni su questa vita, per le speranze della futura, verso la
quale il suo spirito indefessamente si avanzava colla tranquillità, che
inspira la confidenza. Quando s'approssimava l'ora del suo passaggio,
pien di fiducia, porgeva l'orecchio alla voce degli angioli, che lo
chiamavano a loro; col crocifisso in mano abbandonava questo mondo con
una maestosa gioja, e lasciava la sua cella, e la memoria della sua
pietà ad un fratello, le cui preci l'accompagnavano in cielo. Simili
rimembranze si risvegliano all'aspetto d'un romitaggio, che hanno una
tenera energìa, e che destano sentimenti dolci, ed affettuosi.

Stantechè ne' giardini non si hanno considerabili porzioni di monti,
e difficilmente una scoscesa rupe, ed agreste, dietro cui si possano
nascondere gli eremi, non si saprebbe collocarli meglio, che in alcuni
ritagli di terreno imbrattati d'arbusti, e di sterpi, o in luoghi
rabbassati, ed ombrosi, ove più facilmente possono acquistare il
carattere, che esigono. Un romitaggio è felicemente situato quando
s'appoggia ad un colle, ed a rocche; e qualche volta troverà il suo
posto fuori del ricinto del giardino nelle adjacenze d'una vicina
landa.

Il cantone, ossia la scena, che circonda immediatamente un romitaggio,
dev'essere priva di fasto, d'attrattive, e d'ornati; ma presentare
un'aria d'abbandono, di modestia, di pacifica semplicità, senza brio, e
senza bellezze, che faccian colpo.

Una placid'acqua, o una chiara sorgente è conforme quanto mai al suo
carattere. Si potrà rinforzare l'idea della solitudine col mezzo di
piantagioni d'alberi a rami pendenti, ed a foglie oscure, e con spessi
cespugli.

L'edifizio può essere egualmente di sasso, che di legno, purchè la sua
struttura sia della più rigida semplicità, e della maggior negligenza.
Nessun'arte, nessun lusso; la stessa ignoranza delle proporzioni
dell'architettura risulta quì per un merito. L'aspetto del totale non
deve annunziare, che sobrietà, indigenza, dimenticanza di se stesso.
Un tetto di stoppia, o d'ardesia, informi pilastri, che lo sostengano,
una parete di cretoso fango, ne' cui fianchi si vedan i danni del
tempo, e delle stagioni, riunita in parte, ed in parte ricoperta da
musco; un'inelegantissima porta fra un rozzo steccato, che rinchiuda
lo spazio; delle finestrelle con stamigne, o con vetri consunti, o
colorati, formano l'esterior corredo d'un romitaggio.

L'interior distribuzione deve limitarsi alla decenza, ed alle comodità
indispensabili: della semplicità dappertutto, della modestia, e
della gravità; una panca, un letto per il riposo in un angolo; una
cappelletta in un altro; una specie di nicchia colla semplice immagine
del santo titolare; nei muri qualche sentenza, che c'insegni la
saggezza in questa vita con semplicissime parole; al dissopra della
porta un campanello per annunziar l'ora della preghiera, compongono la
decorazione più conveniente ad un eremo, oggetto ricavato dalla vita
monastica.

Ne' romitaggi deve trovarsi una certa oscurità, cagionata dal picciol
numero delle aperture, e dalla fosca piantagione all'intorno. Le tinte
predominanti saranno brune, o griggio-cariche.

Risguardando talvolta un romitaggio come oggetto, che non deve
produr impressione, che colla sola apparenza, si pensa di aver tutto
fatto, quando l'esterior solo porta l'impronto della solitudine, e si
crede che l'interno si possa adornare con tutte le bellezze di una
fastosa sala. Ma lasciando da parte, che questa disposizione mette
in contraddizione l'esterno coll'interno della costruzione, essa
interrompe l'impressione ognivoltachè si entra, e si sorte, e fa sì,
che il circondario stesso perde il suo effetto. Nessuna necessità
giustifica questa pratica, e la leggier sorpresa, che si prova al primo
aspetto, è troppo fugace, e debole, onde compensare le impressioni che
toglie.

Avanti di costruire un romitaggio fa di mestieri indagare il carattere,
e la destinazione delle parti, che compongono il giardino, e consultare
la di lui ampiezza. Non vi ha luogo sempre[18].



RUINE.


Gli effetti, che producono le ruine, non solamente ne giustificano
l'imitazione, ma le rendono ancora sommamente pregiabili nei moderni
giardini. Rammentano i tempi passati, ed eccitano un sentimento
compassionevole, misto a malinconìa. Queste impressioni possono
essere modificate in più maniere dal carattere particolare, e dalla
destinazione anteriore, dall'età, dall'ordine, e dalla forma sovente
distinta, e soventi volte incerta, dalle iscrizioni in quà, e in là per
metà scancellate di un edificio in decadenza, dal suo posto, e da altre
particolarità, che richiamano gli eventi, ed i costumi antichi. È per
tal maniera, che gli avanzi d'un castello posto sulla montagna, d'un
convento, d'una vecchia casa signorile, cagionano sensazioni variate a
norma de' tempi, e d'altre circostanze, che questi aspetti richiamano
allo spirito, e che puonno essere di una grande diversità intrinseca.
Ci ritroviamo fra secoli, che non esistono più. Si rivive per qualche
istante nell'età della barbarie, e della guerra, ma della forza, e del
valore; in quella della superstizione, ma della pietà modesta; nell'età
della ferocia, e della passione per la caccia, ma dell'ospitalità, e
dell'eroismo.

Tutte le rovine portano lo spirito a far il paragone tra lo stato loro
anteriore, ed il presente; ci richiamano gli eventi, ed i passati
costumi; e l'immaginazione trova nei monumenti, che le si offrono,
l'occasione di penetrare in là della portata degli occhj, e di perdersi
fra le immagini, sorgenti secrete, ma copiose di piacere, e di dolce
malinconìa.

Tali sono gli effetti delle vere ruine; ed allorchè le fattizie sono
ideate di maniera a produrre una felice illusione, possono fare quasi
la stessa sensazione.

Il colmo dell'arte sta nel togliere ad esse qualunque sorta d'apparenza
artefatta, e dare un'ordinanza, una precisione, una legatura, o una
discontinuazione, che le faccia sembrar antiche, e l'opera verosimile
dei guasti del tempo, e dell'influenza delle stagioni. Per ottenere
ciò è necessaria cosa, ch'esse sieno composte di grandi masse, e
che per quanto disgiunto, e smembrato il tutto appaja, si possa ciò
non pertanto riconoscere confusamente una certa proporzione fra le
parti. L'unione delle parti può essere cessata, poichè la disunione
è l'effetto naturale del tempo; ma devono queste essere collocate
di maniera a conservare ancora una tal qual connessione, e non
essere sparpagliate così da lontano, che l'occhio sia obbligato di
raccoglierle penosamente, o peggio ancora, che manifestino l'operazione
della mano dell'uomo, che le ha così disperse; dispersione altronde
niente indispensabile, come ce lo attestano tutt'i bei resti antichi.
Li frammenti intieri di muro potranno restar completi, e riuniti,
e far vedere di qual uso eran da prima. Qualche volta pure lo scopo
che si prefigge, di produrre cioè una determinata sensazione, rende
questa precauzione essenziale. In tal caso bisogna che rimanga qualche
vestigio della primiera destinazione dell'edifizio. In conseguenza non
vi siano mucchj informi di pietre, che significan nulla, ma delle parti
conservate, e di tratto in tratto riunite, che dinotino la forma, e la
precedente disposizione dell'intiera fabbrica.

Le ruine, ed il locale non devono manco essere in contraddizione: per
quanto incolto, per quanto rozzo sia il luogo, non deve ciò non ostante
esserlo al punto da rendere inverosimile, che la fabbrica, li cui
avanzi vi si trovano, abbia giammai potuto esservi eseguita realmente
in tutta la sua estensione, e servire all'uso, cui era destinata.

Perchè non manchi l'effetto delle fattizie ruine, convien accelerarne
la concezione, e non dar luogo a riflettere, e a ricercare se quanto si
vede sia realtà, od artificio. La riflessione è soprattutto ritenuta
da ruine d'un significato non equivoco, e determinato, e che fanno
tosto riconoscere la destinazione, e l'ordinanza della fabbrica, di
cui ne sono gli avanzi. Ad ottenere quest'effetto bastano talvolta un
basso rilievo per metà corroso, una statua spezzata, un frammento di
capitello, o di cornice, un'iscrizione appena leggibile.

Affine di dare alle ruine un'apparenza di verità, si può qualche volta
aver ricorso ad un intonaco sporco, e tristo. Dipenderà questo dal
carattere delle ruine. In generale però sono le masse di sasso, che
convien impiegare, e che vanno esposte logore, spezzate, e screpolate.

Acquistano le ruine maggior naturalezza, quando sono frammischiate ad
erbe, ed a boscaglia. La natura sembra riprendere con una specie di
trionfo il possesso dei siti, che l'architettura le ha rapito. Niente
prova maggiormente la vetustà, che un luogo, che, altre volte ornato
da una fabbrica, è oggidì ricoperto d'erba, e di sterpi. Una quantità
d'edera, che sorte dall'interno d'una conquassata torre; un ciriegio,
che solingo ed incurvato fiorisce fra ruinate mura; dei rovi sbucciati
dalle crepolature; un ruscelletto, che mormora attraverso i gradini
d'una scala appena riconoscibile, sono le circostanze varie, e soventi
volte compagne delle vere ruine, che annunziano vivamente la forza de'
tempi.

Altri accidentali oggetti potranno ancora stabilire un contrasto più
parlante fra le ruine dell'edifizio, e la trascorsa sua magnificenza.
Qual sentimento di tenerezza, di malinconìa, e di tristezza non
s'impadronisce mai dell'animo dei dotti viaggiatori, allorchè visitando
le contrade un tempo coperte da greche fabbriche magnifiche, trovano al
fianco degli informi frammenti un rozzo casolare, un miserabil tugurio
per il viandante, e nascondigli di belve feroci fra gli avanzi sublimi
d'antichi tempj! Un gufo, che abita una rovinata torre, una famiglia di
cornacchie, che si è stabilita in vecchj muri, un picciolo steccato pei
montoni, non sono cose rare presso le ruine, e rinforzano l'idea, che
si forma d'un sito deserto, da lungo tempo abbandonato dagli uomini, e
da uomini famosi.

In Inghilterra, ove non esiste un sol pezzo d'antichità greca, e
romana, con sommo criterio piuttosto si coltivano, e si rappresentano
le antichità gottiche; la qual buona usanza è di più appoggiata
dall'opinione di Home, che pretende, che nelle gottiche ruine si vede
il trionfo del tempo sopra la solidità, immagine malinconica, ma non
dispiacevole; e che le greche piuttosto ci ricordano il trionfo della
barbarie sul buon gusto, immagine trista, e che ci sconforta.

Supposto adunque, che le ruine non contraddicano l'architettura altre
volte impiegata nel paese, bisogna, che abbiano una situazione analoga
al lor carattere, e nella quale possano figurare senza estranei
soccorsi. Sembrano collocate naturalmente in ribassi sterili, e contro
eminenze aride, e sassose; non mai in riva d'un acqua chiara, fra
ridenti boschetti, o di mezzo a fiori. Sieno lontane da siti vaghi, ed
ameni: possono succedere a quelli per gettar del contrasto nel quadro,
ma non mai farne parte. Sono la proprietà dei cantoni, ove regna la
solitudine, la dolce malinconìa, la gravità, il solenne.

Le ruine non possono servire a viste opposte alla loro natura, e alle
sensazioni, che destano; in conseguenza non vogliono essere decorate
internamente a foggia di sala per mangiare, o di sala per la musica.
La gioja, ed il piacere non albergano là, dove non si mostrano, che la
caducità, e la distruzione.

L'ingresso alle medesime non sarà disposto con arte, nè abbellito. Le
ruine non devono presentarsi all'occhio; vogliono essere ritrovate,
nascoste ed inviluppate, come sono, nell'oscurità, e nella mestizia.
Scorte d'improvviso in parte solitaria fra sassosi ammassi, e fra
sterpi, e dopochè si son percorsi inospiti sentieri, ecciteranno, e
occuperanno sensibilmente l'immaginazione.

Le ruine possono spesso, per la loro situazione, e connessione con
boscaglie, comporre un quadro più pittoresco, che le stesse fabbriche
nuove, o ben conservate. Ammettono una maggior varietà nelle forme; la
mescolanza co' verdi arbusti moltiplica i loro aspetti; la loro tinta
è più dolce, e si amalgama meglio cogli oggetti all'intorno; il lor
difetto di simmetrìa facilita quest'unione, ed hanno accidenti più
varj.

L'accidental dono, ma difficile di trovare nel suo distretto delle
vere ruine di qualsiasi genere, riuscirà di tutt'altro valore, che
l'imitazione la più felice. Non si tratterà in allora, che di saperne
trarre partito, e d'accordarle felicemente col restante[19].

Si pretende, che in alcuni parchi Inglesi si siano fabbricate delle
rappresentazioni compite di pezzi d'antichità, e che dopo si siano
fatte saltar in aria col mezzo delle mine, perchè vi restassero gli
avanzi col maggior effetto di verità; procedere, che dinota piuttosto
una mal intesa prodigalità, che una ricerca di raffinamento.

Si travagliano in Roma de' modelletti, delle copie in piccolo dei
pezzi più belli dell'antichità, formate in gran parte di sughero, ed in
parte di terra cotta, con una indicibile precisione, e verità, le quali
studiandosi di passabilmente bene imitare, non si saprebbe desiderar
nulla di meglio.



SITI DI RIPOSO.


Si ha bisogno di siti di riposo per rifarsi della fatica del passeggio.
Saranno dunque essi a qualche distanza l'uno dall'altro, e sparsi nè
in troppo grande, nè in troppo piccola quantità; il loro numero sarà
regolato a seconda della maggiore, o minore estensione dello spazio
totale del giardino.

La comodità vuole, che si ripongano dei seggi in luoghi freschi,
ed ombrosi, sotto volte di fogliame, accanto colline; non in siti
intieramente scoperti, sabbiosi, ed esposti ai raggi del sole, ove
nessuno è tentato di sedersi.

Il riposo, e la comodità non formano tutto ciò, che si ricerca;
devono altresì i seggi occuparvi graziosamente con punti di vista,
con prospetti piacevoli, de' quali si gode maggiormente seduto, che in
piedi.

Alcune scene sono di tal natura, che esigono, che lo spettatore ne sia
vicino per gustarle in tutta la loro sfera; tali sono degli spartimenti
di fiori, dei gruppetti di piante rare, de' ruscelletti che scherzano.

Un agiato sedile inviterà a saporire queste leggieri delizie, che
sfuggono all'occhio passeggiando, soprattutto quando nello stesso
tempo vien provocato da altri quadri più grandi, e d'una composizione
magnifica. La situazione de' banchi dev'essere calcolata sotto diversi
rapporti.

Un picciol banco d'erba, o una elevazione di terra, che la natura
ha rivestito di muschio, è l'ordinario sedile de' paesani, e meritan
d'essere imitati nei siti d'un carattere semplice, qualora gl'insetti,
e l'umido non li rendano incomodi.

I seggi di pietra sono durabili, ma le panche, e le sedie di legno
meritano la preferenza, prive d'inconvenienti, più facili a farsi, ed
a trasportarsi, e perchè ricevono una forma, ed una vernice analoga ai
siti diversi. Più la forma sarà semplice, e leggiera, più riuscirà; la
vernice grigia, o bianca, produrrà maggior contrasto.

Per maggior comodo si potrà talvolta cangiare le panche, e le sedie
ordinarie in siti di riposo coperti. Le loro pareti difendono dal
vento, ed il lor tetto dalla pioggia. Il semi-circolo sembra la figura
la più adattata. L'architettura deve esserne semplice, leggiera, e
piacevole, e avere niente di massiccio, nè di magnifico. Si possono
ornar tali seggi d'un'iscrizione, o d'una sentenza corrispondente al
carattere della scena, o della prospettiva, della quale si gode, che
risvegli la riflessione, frattanto che il corpo riposa.

   [Illustrazione: _Tav. XXI._ Seggio coperto, d'invenzione di
   Schuricht.]



DEI PONTI.


I ponti vogliono essere collocati, ove un bisogno visibile li domanda.
I ponti sono inutili agli stagni, ai laghi, ed alle curvature, che
fanno le acque dormenti, perchè costeggiando le ripe, si può pervenire
all'opposta sponda; ed in simili posizioni producono cattivo effetto.

Il carattere della scena, alla quale conduce il ponte, o fra la quale
si trova, deciderà del più o meno d'ornato, o di semplicità, che
richiede. Un ponte di sasso architettato condurrà al tempio; uno di
pietre rotte alle ruine.

Nei giardini d'Inghilterra, come ho detto altrove, veggonsi de' ponti
superbi, stati ricavati taluni dal Palladio, che appena osò di porli in
carta, come ideale progetto.

I ponti di muro hanno un aspetto pesante, e troppo comune; vogliono
esser di sasso, oppure di legno. Soventi volte l'andata ad una grotta,
o ad un eremo non domanda altra sorta di ponte, che alcune selci
ordinarie, comodamente, e con sicurezza riposte.

Quelli di legno hanno un'apparenza più leggiera, e ridente; sono nello
stesso tempo più suscettibili di una maggior varietà di forme, e danno
più facilmente luogo ad una capricciosa costruzione.

Quando in un giardino necessitano più ponti, fa di mestieri prevenire
l'uniformità dei loro aspetti, evitando di collocarli in linea retta,
ed alla fila, e variandone la costruzione, e l'ornato. Per tal maniera
i ponti, oggetti necessarj, ponno divenire mezzi d'abbellimento,
e d'apparato. Accrescono la varietà, e concorrono a produrre belle
perspettive. Esposti allo scoperto spargono intorno una certa vivacità;
e cagionano miglior effetto quando appajano per metà nascosti ai
fianchi d'un bosco; o quando in siti più alti, hanno per fondo la
costa di un colle, o un oscuro bosco; o quando ancora si presentano
attraverso tronchi d'alberi, che vi formino sopra de' fiocchi, e de'
cesti. In vaghi distretti vi si collocheranno sopra delle stabili
seggiole.



PORTE.


Quando debbansi praticar delle porte, e dei portoni in un giardino,
l'ordine toscano ne sarà il più conveniente, e vi si osserverà la più
grande semplicità. Riescono di miglior effetto alla vista, allorchè
sono, da una parte almeno, coperti ne' fianchi da cespugli, e da
alberi. Alle sortite del giardino difficilmente faran bene mostrandosi
sfacciatamente; converrà il più delle volte nasconderli in parte, ed
anche intieramente.



STATUE.


La profusione delle statue nei giardini presso gli antichi Romani era
in parte scusata dalla loro mitologìa, ed in parte dalle loro usanze;
non così presso i Romani moderni, che hanno trasformati i loro giardini
in altrettante gallerìe; e peggio che peggio parlandosi de' Francesi,
i quali, finora almeno, non avevano diritto di far mostra nei loro
giardini, che di cattive copie, o di mediocri originali.

Tutto ciò che orna un edificio, non adorna egualmente un giardino, e
di tal numero sono le statue; tanto più se si tratta di giardini, che
devono imitare varj tratti della bella natura. Tuttavìa volendosene
pur impiegare, non saranno fuor di sito una Flora tramezzo ai fiori,
un Bacco sotto una pergola, una Diana in un bosco, Pomona nell'orto,
e Venere, e le Ninfe al fonte. L'impressione, che desteranno però, non
sarà mai gran fatto piacevole, attesa l'usanza resa di troppo comune; e
considerate come divinità tutelari del sito, il lor interesse è svanito
per noi. Produrranno forse miglior effetto le statue allegoriche
della pace, della vittoria, dell'abbondanza, e quelle ancora d'uomini
illustri, in siti a loro consacrati. Si potranno situare delle
statue simmetricamente intorno l'abitazione, a motivo delle opere
d'architettura, alle quali appartengono in qualità di produzioni
d'un'arte collega; ma in un giardino sarà meglio disperderle quà e là.

D'ordinario nel gran pezzo di tappeto verde, che circonda la casa,
campeggia con buon effetto la statua colossale della divinità,
cui sembra dedicato il giardino, usanza probabilmente ricavata
dall'antichità più nascosta, quando nell'orto si costumava di riporre
la statua di Priapo.

Le statue esposte allo scoperto nei modernissimi giardini Inglesi
sono totalmente proscritte; e diffatti la perpetua loro immobilità
annoja, tolgono l'illusione, la verità, e l'effetto dei siti naturali,
e quasi sempre non vi son collocate così che per pompa; su di che è da
riflettersi, che le statue non ammettendo mediocrità, se son belle,
vogliono essere meglio apprezzate, e riparate, e se cattive, non van
mostrate del tutto[20].

Le statue propriamente non sembrano fatte che per l'ornato degli
edifizj, e particolarmente per quello dell'interno. Nei giardini
ciascheduna richiede il suo tempio, o la sua sede, ove figurare da
sola, o con analogo corteggio. Convengono così, nè mai sfacciatamente
nei siti, ove natura domanda a dispiegare le sue bellezze; ove quando
pur s'incontrano, sembrano d'essersi scostate a caso dalle loro
stazioni, d'essersi perse in cammino, e smarrite nei luoghi, ove certo
non si aspettava di trovarle.

   [Illustrazione: _Tav. XXII._ Piramide con sua cella, spaccato,
   e pianta, d'invenzione del cittadino la Gardette.]



MONUMENTI.


Se all'esempio degli antichi noi imparassimo a pregiar maggiormente
l'energìa dei monumenti, noi potremmo, godendo nello stesso tempo
dei piaceri campestri, risvegliare pure in alcune parti de' nostri
giardini la memoria di un merito eminente, o di un'azione grande, ed
utile, e nutrirvi per tal maniera de' sentimenti morali. Nei giardini
si possono consacrar dei monumenti ai filosofi, ai poeti, ai grandi
artisti, ai cittadini utili, ed agli amici tanto morti, che vivi.
Questi contrassegni di memoria possono essere egualmente dedicati al
piacere, ed al dolore, ed esigono sempre una scena analoga al carattere
di queste emozioni. Il monumento d'un avventura, d'un sentimento,
d'una ricordanza piacevole attragga l'occhio sulla bella collina,
che sormonta: un monumento di duolo, o di malinconìa si nasconda
modestamente in un fondo appartato, nel mezzo di folti virgulti, o
sotto alle roccie.

Gli effetti dei monumenti posson essere molto variati, a seconda
della diversità delle persone, o dei soggetti, de' quali rinfrescano
la memoria. Risvegliano dei ricordi, e dei sentimenti interessanti
di venerazione, d'amicizia, d'amore; delle emozioni, che apportano un
grato piacere, o una dolce malinconìa. Allorchè le bellezze di natura
hanno saziato i nostri occhj, noi amiamo di fermarci presso quei
monumenti, ove il cuore vi trova pascolo novello.

Li monumenti, tanto comuni in Inghilterra, il cui soggetto è preso
nella stessa famiglia del proprietario, o nel ristretto cerchio de'
suoi amici, sono i più energici per lui, ma non così per tutti gli
altri.

Fra le differenti sorta di monumenti, appartengono taluni
all'architettura, e tali altri alla scultura. I tempj, le piramidi,
gli archi trionfali, le colonne, gli obelischi, ec. appartengono alla
prima; alla seconda le statue, le urne, i tumuli, ec. Qualche monumento
riunisce le due arti. Gli uni sono semplici, come un'urna, una colonna;
gli altri composti come un mausoleo ornato di figure, un'urna, contro
la quale s'appoggia una statua in attitudine dolente, ec.

Frammezzo questi monumenti se ne trovano alcuni, che per cagione del
loro carattere di magnificenza, e di grandezza non convengono troppo ad
un giardino. Di questo numero sono gli archi di trionfo, e le statue
equestri. Questi monumenti annunziano una pompa, che non si accorda
guari colla semplicità de' giardini. Le urne, e i cenotafj, le colonne
civiche, navali, ec. sono oggetti assortiti a' cantoni melanconici
di un giardino, risvegliando idee, e sentimenti, che tali cantoni non
saprebbero produrre da per se soli. Basterà nei depositi il solo nome
di chi vi giace.

Il famoso quadro di Poussin, chiamato comunemente l'Arcadia, è espresso
così: nel mezzo d'un sito ridente quanto mai si vede il deposito d'una
giovine morta sul fior degli anni colla seguente iscrizione: ET IN
ARCADIA EGO. Ma questa iscrizione così laconica fa fare le più serie
riflessioni a due giovani, ed a due donzelle inghirlandati di fiori, e
che sembrano d'aver incontrato questo monumento sì tristo in siti ove
pareva, che non cercassero un oggetto d'afflizione. Uno fra essi fa
rimarcare agli altri questa iscrizione, mostrandola a dito; e non si
vede più su' loro volti, attraverso l'afflizione che principia, che i
segni d'una gioja che spira. S'immagina d'intendere le riflessioni di
questa gioventù sulla morte, che non risparmia nè età, nè bellezza, e
contro cui non hanno riparo li più fortunati climi...

Costruendo un monumento qualsiasi, l'artista ha la scelta fra una
moltitudine di forme, purchè siano in se stesse di buon gusto,
e s'accordino col carattere dell'opera. L'invenzione di tutte le
parti della costruzione, la sua esecuzione, ed egualmente l'ornato
devono decidersi, e misurarsi esattamente secondo le regole della
convenienza, e dal più o meno d'importanza dell'oggetto, e della sua
destinazione. L'esterior forma deve invitare l'occhio d'una maniera
piacevole, ed avere un carattere chiaramente espresso, che non lasci
lo spettatore un momento in dubbio sulla di lui significazione; e
questo carattere dev'essere tale, che si possa colpirlo avanti che
la lettura dell'iscrizione termini di spiegarlo. Un deposito, un
sarcofago, un'urna sepolcrale sono oggetti facili a comprendersi, non
così una semplice colonna, che esige qualche accessorio, che rischiari
la cosa, come un emblema, o un'iscrizione. Una semplice ghirlanda di
fiori basterà per indicare, che la colonna, sulla quale è riposta,
è consacrata ad una piacevole rimembranza. In nessun'altr'opera si
dev'evitare più la superfluità d'ornato, che ne' monumenti; essa nuoce
alla tranquilla maestà, ed alla semplicità grave, che formano l'essenza
de' loro caratteri. Più il monumento è semplice, meno distrae la vista,
e più la sua impressione sarà sicura, e pronta. Bisogna che l'occhio
possa tutto ad un tratto abbracciarlo intieramente, e che non vi sia
nulla da cercare. Due iscrizioni offendono già la semplicità; ed una
colonna sormontata da vaso, o da altro qualsiasi ornato, porge una
complicazione, ed uno stile ignoto ne' bei tempi.

Tutte le fabbriche e i monumenti del giardino vogliono essere fatti
sulla scala geometrica della casa, perchè s'ottenga una giusta
proporzione rispettivamente tra essi, e la casa. Dovrà altresì regnare
una giusta proporzione tra gli spazj di ciascheduna scena, e l'oggetto
particolare, che vi primeggia; e tra questi spazj parziali ancora, e la
totale estensione del giardino.

La prima precauzione da osservarsi impiegandoli si è quella di non
renderli giammai parte capitale del quadro, ma di subordinarli sempre
alle scene naturali; di non ammucchiarli indistintamente, e di non
presentare giammai un'opera dell'arte, che attiri a se sola tutti gli
accessorj. Ciascheduna fabbrica abbia la sua base di terreno in ragione
dell'apparente suo piede di fabbricato, e questo terreno sia in gran
parte scoperto, e sgombro, ed in dolce salita. S'avverta per ultimo,
che l'oggetto primario di ciascheduna scena vuol essere collocato, per
quanto si può, in alto, e deve piramidare con quanto lo circonda.

I nomi delle primarie ville Inglesi sono dedotti da quelli de' siti
nel mondo stati illustrati per memorande imprese dagli antenati de'
rispettivi proprietarj. Si veggono sparsi nel parco con dignità i
monumenti di gloria nazionale, e quelli delle private famiglie; e
riposte in quà, e là le urne, e i cippi degl'individui, che si son
segnalati, o cui ha distinto qualche singolar avvenimento. In alcuni
parchi la riunione di questi funebri oggetti compone un ragguardevole
elisseo. Tale tributo reso al vero merito, onora quello, cui è dato,
e chi lo discerne; ritiene viva ne' petti cittadini la memoria dei
fasti, e de' progressi nazionali; e lascia impressa nella mente di chi
ha visitato questi monumenti, consacrati ad uomini illustri, un'alta
confidenza, ed opinione verso le fortunate famiglie, che li hanno
prodotti.

   [Illustrazione: _Tav. XXIII._ Colombario, ossia cinerario
   della famiglia degli Acii nel parco di Belgiojoso, con suo
   spaccato, e pianta.]



ISCRIZIONI.


Le iscrizioni sono addizioni che si fanno agli edifizj, e ai monumenti
per ispiegarne l'origine, o la destinazione. Servono adunque a togliere
qualunque sorta d'incertezza sulla significazione di queste fabbriche,
ed a soddisfare nel punto stesso la curiosità di chi vi si accosta.

Le proprietà essenziali delle iscrizioni sono d'essere concise, e
chiare, d'un buono stile, convenevoli all'oggetto, e di sembrar nate
senza stento dalla natura stessa, e dalla destinazione della cosa.

Un edifizio, o un monumento non soffre che una sola iscrizione. La
fabbrica non è là in favore della iscrizione, ma l'iscrizione in favore
della fabbrica.

Si possono altresì spargere in un giardino delle iscrizioni sopra
siti di riposo, su panche, su porte, ec. Allora cessano d'essere
rischiarimenti necessarj, e s'allontanano dalla primiera loro
istituzione. In questi casi, non servendo più d'indizj, potranno essere
più lunghe, e più circostanziate. Potranno riportarsi alle bellezze
della scena, richiamare alla mente qualche util precetto, esprimere un
sentimento coerente al carattere del luogo. Quando sono morali, devono
esprimere un pensiero importante, o un sentimento vero, ed elevato;
quando si riportano al carattere della scena, saranno energiche, e
vibrate. Riescono quasi sempre importanti nei giardini, perchè danno
luogo ad un seguito d'idee, e di sentimenti, a cui l'anima forse non vi
si sarebbe così facilmente abbandonata senza tale incitamento.

La lettura dei classici nelle rispettive lingue metterà in istato
facilmente il proprietario del giardino di scegliere ciò, che più
conviene al suo caso, e farà contribuire gli autori più accreditati
alle bellezze del luogo, disseminandone i precetti, le riflessioni
con saviezza, e collocazione giudiziosa. I poeti patetici, georgici,
didascalici, buccolici sono piucchè mai ridondanti di sentimenti
analoghi alla coltivazione, al riposo, alla solitudine, all'amor
delicato, alla campestre tranquillità.

Per ottenere un buon effetto dalle iscrizioni, convien usarne con
sobrietà; troppo frequenti annojano, e manifestano una cert'aria di
pedanterìa: altronde varj oggetti chiaramente espressi non ammettono
iscrizioni.

Nelle iscrizioni vuol essere impiegata quella lingua, ch'è più facile a
comprendersi, cioè la lingua del paese. È un peccato, che le iscrizioni
in buona prosa italiana formino quasi tuttora un tentativo da
farsi[21]. Non conviene far pompa di molte lingue, e di lingue morte;
convien imprimere dei sentimenti, e dare nozioni chiare, e distinte.

   [Illustrazione: _Tav. XXIV._ Pagoda Chinese, suo spaccato, e
   pianta, d'invenzione de la Gardette.]

_Spiegazione del piano generale_

  A. _Basamento composto di roccia_
  B. _Scala d'erba_
  C. _Terrazza in piano_
  D. _Quattro gran vasi_

_Spiegazione del piano particolare_

  A. _Porte d'ingresso_
  B. _Porte finte per spechi_
  C. _Colonnette dorate_
  D. _Scala di vivo_



DELLE FABBRICHE NEI GIARDINI[22].


La comodità fu la cagion primiera delle piccole fabbriche, che si
praticarono nei giardini. Si cercava

un sito, ove porsi al coperto dalle pioggie, dal vento, dal freddo,
e dal caldo; si voleva un grato ricovero, in cui godere in pace dei
piaceri della società, e di quelli della solitudine.

Il gusto in appresso avendole considerate come mezzi di abbellimento,
si cominciò a precisarne le forme, l'eleganza, il carattere, la
situazione.

Avanti di farne la scelta convien usare la più diligente attenzione
alla situazione, all'indole, ed alla disposizione del giardino, e
soprattutto distribuirle con discernimento, e sobrietà.

Gli edifizj devono produrre il loro effetto nei giardini egualmente,
che nei paesetti, e non comparirvi come semplici oggetti, ma come
oggetti di una significazione determinata. Devono esser proprj,
non solo ad indicare più chiaramente il carattere del cantone, cui
appartengono, ma ancora a comunicargli una nuova energìa, che si
diffonda sul totale. Devono rinvigorire l'amenità, l'allegrìa, la
gravità, la malinconìa delle scene, delle quali fanno parte, e rendere
ciascheduno di questi caratteri vieppiù sensibile. Un rottame rinforza
l'aspetto solenne, un eremo il malinconico, un tempio il nobile, una
capanna il campestre.

Sarà dunque essenziale che la fabbrica si accordi col carattere del
luogo, in cui è riposta; ed anzi il carattere di ciascheduna scena
determinerà la qualità dell'edifizio, che le conviene.

Inoltre la grandezza, e l'ornato esteriore dell'edifizio devono
misurarsi sull'indole particolare del distretto. Soverchia estensione
e ricchezza spegne soventi l'impressione, che produr deve la scena
naturale; e se è troppo poca, non la fa spiccare abbastanza: poichè
si avrà presente, che non bisogna considerare la fabbrica, e il
sito, in cui risiede, come parti tra loro isolate, ed indipendenti,
ma che devono formare un totale, sostenersi amichevolmente colle
reciproche loro relazioni, ed accrescere le mutue loro impressioni con
combinazione armoniosa.



DELLE CASE.


Non è del nostro instituto di parlare delle case di campagna, ma per
farne un cenno, diremo in generale, ch'esse devono comporre un insieme
ben ordinato, e saggiamente inteso, e non essere un confuso ammasso
d'edificj mal congiunti, ove l'occhio sia distratto dalla moltitudine
delle parti, ed offeso dal di loro disordine.

Presenteranno un totale d'apparenza nobile, e semplice, ed atto a
produrre sull'occhio del conoscitore un'aggradevole impressione col suo
ordine, colla sua simmetrìa, colla bellezza delle forme, e colla verità
del carattere.

Le case saranno distinte in magnifiche, in nobili, e in eleganti.
Convenendo a tutte una bella situazione; la distribuzione, e l'ornato
sarà relativamente analogo a ciascheduna.

Convenientemente poste sopra una dolce eminenza, il luogo adjacente
diventa parte inerente del terreno occupato dall'edificio, e la
regolarità potrà stendervisi sopra. Perciò nell'immediata adjacenza il
difetto di totale regolarità sarebbe strana cosa; essendo una fabbrica
oggetto d'abbastanza grande importanza, onde si debba distendere
l'influenza della simmetrìa fino sulle parti, che le appartengono,
e le quali non sono ancora sotto l'impero dell'arte dei giardini.
Gl'intervalli, che legano la casa col giardino, e coll'introduzione,
debbono essere meno sensibili pel mezzo di gradazioni reciproche.
Riesce più conforme alla serie delle nostre idee lo smarrirci poco a
poco nell'aggradevole disordine, che ci offre la natura, a cui l'arte
cede successivamente il suo posto, e i suoi diritti.

Il carattere della casa dovrà accordarsi con quello del paese, che la
circonda.

La massa totale d'una fabbrica, particolarmente dalla parte del
giardino, presenterà una figura unica, e non divisa, o complicata. Le
forme più vantaggiose sono la rettangolare, e la circolare: una troppo
estesa lunghezza distrugge l'aria di grandiosità dell'edificio.

Un sol quadrato basterà per una casa di campagna del genere
elegante, e vago. Riguardo poi a quelle, che domandano maggiore
spazio, e grandezza, si potranno aggiungere delle ali diverse al
corpo principale, lasciando libera l'entrata, oppure chiudendola con
cancelli. Si potranno ancora praticare con buon effetto all'ingresso
de' corpi avanzati isolati. Alle case, riposte sulle alture, bastano
due piani.

Gli ornati tanto interni, che esterni, e gli addobbi debbono respirare
un'aria campestre, e richiamare la libertà, il piacere, e l'allegrìa,
che regnano alla campagna, e ne' giardini.



ABBELLIMENTI DI PARTI ISOLATE DI CASA DI CAMPAGNA.


Qualunque casa di campagna, a proporzione della sua importanza, esige
un ingresso, che l'annunzi favorevolmente, ed anche una specie di
piazza, che ne abbracci tutta la facciata, chiamata dagli oltremontani
avanti-corte. Essa è comoda a più usi, e particolarmente serve a far
brillare la casa, e procurarle uno spazio intorno pieno di luce, e di
vista.

Le corti in Inghilterra sono chiuse da cancelli, e il più delle
volte aperte; la cinta generale, che rinchiude i giardini, gira anche
intorno alla casa, ed alla sua introduzione, e rinchiude il tutto senza
avvedersene.

È inutile richiamare, che una casa qualunque, perchè abbia buon
effetto, non può essere situata altrimenti, che tra corte, e giardino.

L'avanti-corte delle case Inglesi ordinariamente è preceduta da viali
pittorici non sempre dritti, con gruppi d'alberi dalle due parti, e con
masse più o meno grandi di bosco sui fianchi. Ben di spesso essa ha
nel mezzo un vasto recipiente d'acqua, per cui la strada piega dalle
due parti verso la casa, fiancheggiata da gruppi d'alberi sempre più
belli, la quale introduce alla corte, ch'è tutta ricoperta d'erba,
alla riserva della doppia strada, comunemente circolare, per la quale
si perviene alla grande scala, che mette al vestibolo del palazzo. Il
verde tappeto della corte, solitamente di figura circolare, contiene
nel mezzo arbusti, e fiori.

Agli angoli, ed ai fianchi della casa gl'inglesi appoggiano volontieri
de' superbi gruppi d'alberi irregolarmente, che contrastano con
vaghezza contro le masse bianche, o cenericcie della fabbrica.

Il basamento della casa, e specialmente verso il giardino è ricolmo
di vasi di fiori, e così pure le finestre con parapetto a colonnette.
Girando intorno un alto basamento, gli uffizj sono praticati in parte
delle cantine.

L'intonaco prediletto degl'Inglesi nelle case di minor importanza si
è quello, che finge mattoni, di un bel rosso con rigature bianche. In
allora tutti gli sporti sono bianchi, ed in quà, e là si vedono de'
bassi rilievi di figura incassati nel muro a proposito.

Le stalle, le abitazioni, e i ricoveri atti al servizio sono distaccati
dal palazzo, e formano ali, o corpi isolati, per cui la corte comunica
col giardino.

Per discendere al coperto le carrozze in alcuni palazzi salgono nel
vestibolo, coronato da timpano, pel mezzo d'una circolar cordonata.

Presentiamo il prospetto del palazzo di Scoonenberg presso Brusselles,
stato edificato dal duca Alberto di Sassonia Techen, che accenna parte
di quanto si è detto.

Lo stile, che generalmente hanno abbracciato gli Inglesi, è quello
del Palladio, e d'Inico Jones, suo celebre competitore. Nelle grandi
fabbriche fanno uso della pietra di Portland, ch'è più bella ancora
della pietra di Parigi, volgarmente detta da taglio. Diversi palazzi
nelle ville Inglesi sono oggetti di tutta magnificenza.

   [Illustrazione: _Tav. XXV._ Prospetto del palazzo di
   Scoonenbergh presso Brusselles, altrimenti chiamato la villa
   del Lake.]

Era nostra intenzione di presentare i piani generali di alcune
ville Inglesi più scelte, e con successivi rami, e le corrispondenti
descrizioni proseguire a parte a parte l'esposizione, e l'ordine di
tutte le scene, che le compongono, metodo che infallantemente conduceva
meglio d'ogni altro ad ottenere l'intento dell'opera; ma la difficoltà
grave di procurarci simili piani, e le singole parti che abbracciano,
senza le quali le sole descrizioni languiscono, e riescono spesso
d'un senso oscuro, ed equivoco; inoltre l'amore di offerire qualche
saggio di cose patrie in questo genere; e per non moltiplicare pur
anche all'eccesso l'incisione, pervenuta diggià in quest'opera ad
una piucchè discreta dose di tavole; essendosi voluto ancora trattar
l'argomento con una maggior estensione; tutto ciò ci ha limitati ad
attenerci ai pochi prospetti generali di ville inglesi, che abbiamo
sparsi nell'opera, presi di fianco all'abitazione principale. Queste
ville non sono delle più grandiose, ma sono belle, e presentando
la scena del palazzo, ch'è la prima, la più importante, e la più
difficile a ricavarsi, dinotano abbastanza la situazione generale, ed
i diversi partiti, a cui questa dà luogo. Ciò potrà in qualche modo
supplire al resto, variabile all'infinito, ed ineguale, come lo sono i
locali diversi, le immaginazioni, e i differenti stati di finanze de'
proprietarj.

Secondo il vecchio stile francese, egualmente che secondo il moderno
inglese, le delizie d'una villa debbono esser divise in tre parti
principali, e distinte; nell'introduzione cioè al palazzo, in quella
detta propriamente giardino, e nel bosco, ossia in quella chiamata
parco.

Il giardino, che rinchiude la scena del palazzo, e che l'accosta da
ogni parte, dovrà comporsi d'una natura più gentile, e più scelta,
ed egualmente le scene, nelle quali sarà suddiviso. Similmente sarà
più artefatta la parte dell'introduzione al palazzo, come altresì più
studiato, ed ingentilito il principio del parco, che lega col giardino.

Quest'ultima parte, il parco, a misura che si estenderà, e si
allontanerà di più dall'abitazione principale, diverrà vieppiù
negletto, e si amalgamerà viemmeglio colla natura del paese, che lo
circonda.

L'interne scene del parco possono essere indicibili, e può abbracciare
il parco nel suo seno possessioni intere a varie colture, con
villaggi, e casali, con porzioni di monti, di valli, e di fiumi; oppure
semplicemente servirsi di questi oggetti, come d'altrettanti punti di
prospettiva.

L'esistenza d'un casale nello stesso parco, o nelle sue vicinanze,
saggiamente divisato, e fornito di tutti gli amenicoli, che risguardano
il bestiame, e la manifattura delle sue produzioni; che contiene il
ricinto degli animali domestici, e quello delle pecore; il sito proprio
per le api, e quello per ogni sorta di pollame; con i diversi magazzini
de' generi, e l'abitazione dell'intendente, e de' contadini tramezzo
al verde, e all'acque correnti, riuscirà sempre oggetto di somma
importanza, e d'una piacevole, e varia occupazione.

Un recinto particolarmente destinato alle bestie salvatiche può formare
una porzione considerabile, e interessante d'un esteso parco, e col suo
aspetto agreste ed oscuro, e colla forte combinazione de' suoi alberi
servire di contrapposto al restante dei quadri, e rinforzare il senso
di serenità sparso nelle scene, ove questa predomina.

Un parco di bestie salvaggie esige primieramente la disposizione
essenziale alla sua destinazione; vale a dire, la chiusura del suo
confine, de' sicuri ricoveri, il nutrimento, e l'acqua necessaria al
salvatico. Sarà dunque composto da una folta foresta, che rinchiuda
ciò non pertanto un suolo abbondante d'erba, che leggiadramente
si dispieghi negli spazj vacui. Questi liberi spazj permettono la
circolazione dell'aria attraverso i boschi, vengono visitati dal
sole, e dai salvatici, che vi si radunano piacevolmente alla portata
dell'occhio; ma altresì sono essenziali al ben essere degli abitanti
de' siti folti quà, e là dispersi, e composti di virgulti, e di sterpi.

Le piante, che convengono maggiormente a simili piantagioni, sono le
quercie, i castagni comuni, e quelli d'India; le ginestre, i viburni,
l'olivetta, il crespino, e gli spini vi convengono più fra gli arbusti.

I ruscelli d'acqua viva sono preferibili agli stagni; ma nel ricinto
de' cervi vi si troverà un laghetto. Un picciol lago, che si veda
sorgere d'improvviso tramezzo una foresta, riesce oggetto, che fa
sorpresa, e piacere; soprattutto allorchè è disposto naturalmente,
e reso ombroso in parte da qualche pezzo di adjacente foresta, o da
qualche folto massiccio, collocato sulle sue rive; oppure che un casino
di caccia vagamente si specchi nelle sue acque.

   [Illustrazione: _Tav. XXVI._ Casino di caccia, d'invenzione di
   J. Canter.]

Il rigore della fredda stagione addomanda delle cure pel nutrimento
del salvatico, e per la costruzione degli stabili ricoveri atti a
custodirlo, che vogliono essere congegnati quanto mai semplici, e
selvaggi, e collocati dimodochè accreschino l'aspetto pittorico del
sito.

Un ricinto d'animali salvaggi, il cui terreno sia ineguale, e
disseminato d'alture, e di fondi, è preferibile ad una monotona
pianura. I muri della cinta saranno diligentemente nascosti; tutta
la piantagione si accorderà col carattere naturale alle foreste, e
mostrerà un'aria di abbandono, e di piacevole disordine.

Fra le macchie, i boschetti, e i cespugli serpeggieranno talora de'
sentieri, e talora de' cammini atti all'uso de' cavalli, e de' cocchj.

Per rapporto agli edificj, ve n'han luogo diversi. Qualunque sorta di
ruine, un tempio a Diana sull'alto, una grotta al basso consacrata ad
Endimione, una negletta capanna di scorza d'alberi in riva allo stagno,
riescono oggetti oltremodo corrispondenti alla natura agreste, e
solitaria, che forma il carattere proprio di cotesta maniera di parchi.

Pompose foreste, e maestose masse d'alberi gruppeggiati; larghe
aperture, ed ampj spazj vuoti, rallegrati dal verde smalto, e da sovra
imposte fabbriche; laghi estesi, e limpidi a vaghe rive, coronate
di vario verde; rapidi fiumi; considerabili cascate; lontananze,
che presentino ricchi paesaggi; tempj di nobile stile, collocati
sull'eminenze; importanti monumenti, distribuiti con sapere, e
grandiosità, rispondono all'effetto, che si attende dai parchi reali,
e del prim'ordine. I parchi del second'ordine abbraccieranno parte
degli stessi oggetti in un grado meno eminente; e così discendendo
in proporzione degli stati diversi de' proprietarj, e degli spazj,
che gli son destinati, i giardini non saran composti che della
parte propriamente detta giardino; e talvolta perfino circondato il
campestre casino da semplici spazj liberi, messi a diverse colture,
ma saggiamente disposti, e combinati con esso; non cercandovisi che
l'utile, ne risulterà tuttavìa un complesso di effetti sommamente
interessanti, ed aggradevoli.



DEI VILLAGGI.


L'arte di abbellire il paese si diffonde pur anche sui villaggi, e sui
casali, considerati come parti inerenti talvolta della villa inglese,
o come parti contigue, e mediate, o semplicemente come formanti punto
di vista; e siccome nelle grandiose ville dei signori al di là de'
monti, anche i villaggi, e le terre appartenenti erano sacrificate
un tempo all'ostentazione, e alla simmetrìa, giusta i capricci della
predominante moda; così nelle moderne, conforme lo stile inglese, sono
subordinate alle leggi del bello, e del conveniente.

Non v'ha aspetto più aggradevole, e che più ristori l'animo di quello
d'un villaggio, ove regni il comodo, e la serenità, e che attesti
il buon essere de' suoi abitanti; e tali lo sono in Inghilterra, in
Olanda, ed anche in parte della Svizzera, dove altresì si presentano
sotto forme veramente pittoriche, ma generalmente non succede lo stesso
tra noi, i nostri villaggi parodiando perpetuamente la città, privi
d'acque correnti, e di verde.

In luogo d'una lunga fila di case, che significa nulla, riuscirà cosa
più comoda, più utile, e dilettevole il distenderle isolatamente,
riempiendosi gl'intervalli tra l'una casa, e l'altra di gruppi
d'alberi, o di siepi fiorite, che difendino i rispettivi orticelli.

L'ammucchiamento delle case rustiche aumenta i pericoli in caso
d'incendio, o di malattìe contagiose; apporta maggior distrazione, ed
ozio nelle famiglie, e strascina minor pulitezza, soprattutto dove si
trova bestiame.

L'architettura delle case deve regolarsi sopra gli usi, e i bisogni del
contadino. Dappertutto una libera ventilazione, un'abbondanza di luce,
e la maggior solidità. Anche quì tutto vuol essere ragionato, e ben
concepito.

Un'acqua sana, e pura è oggetto di prima necessità, e devesi rivolgere
ogni cura a procurarla tale, e singolarmente a tirar partito delle
naturali sorgenti, ove il sito le dona.

Un villaggio ancora può essere ornato da recipienti diversi d'acqua,
onde servire all'abbeveramento del bestiame, e per la lavatura de'
carri, e della biancherìa.

Le piazze de' villaggi non devono assomigliare a quelle delle città,
e il loro principal ornamento debbono esserne gli alberi. Quegli che
preservato avesse il villaggio da un grande incendio, o salvata la vita
al suo vicino; quegli che avesse fatta a sue spese un'utile fondazione,
o a cui qualche ramo di rustica economìa dovesse una nuova scoperta,
ed una riconosciuta utilità generale, troverebbe quì un posto adattato
all'erezione d'un umile monumento in suo onore.

La chiesa ancora, allorchè è situata sopra una leggier eminenza,
e convenientemente decorata, può fornire un punto di prospettiva
oltremodo interessante.

I siti più belli per la costruzione de' villaggi, e casolari sono sulle
colline mediocri, e sopra dolci declività riposte fra eminenze, che si
succedono alternando; alla riva sicura d'un fiume, o d'un limpido lago,
che presenta alle sovra imposte fabbriche l'amabile suo specchio, e che
le vicine piantagioni coronano d'una degradata verdura.

   [Illustrazione: _Tav. XXVII._ Tempietto a pergolato.]



DEI VERZIERI.


Gli orti per gli erbaggi, e i frutteti contigui alla abitazione,
vogliono essere posti, come si è detto, sui lati, in siti appartati,
dove vi siano le serre per le piante esotiche, e i serbatoj per i
vasi di cedro; ed egualmente i lettorini, e le campane di vetro per
la verdura, e per le frutte d'inverno. Quì regna soltanto l'utile, e
la distribuzione di consimili giardini riesce talmente metodica, e il
loro aspetto talmente uniforme, che qualunque sorta di bello ne pare
escluso.

Tuttavìa si possono combinare gli orti in modo che campeggino con
vezzo, e con effetto, senza punto privarli della loro utilità.

Non è necessario in primo luogo, che le ajuole siano distribuite
simmetricamente; e per riguardo alle altre parti dell'orto si prestano
senza ripugnanza ad una varietà di forme, che loro comparte un aspetto
men artificioso, e duro.

Sono particolarmente da proscriversi i murelli, ordinaria chiusura
degli orti, che spargono sopra d'essi un'aria dispiacevole,
rinchiudendoli dentro uno spazio isolato, e rompendo in conseguenza
il naturale loro legame cogli oggetti, e le viste all'intorno; ed
è precisamente questa concatenazione di scene campestri, che per
l'incanto de' suoi effetti, ora contrastando, ora rinforzandosi,
ed accrescendosi di valore armoniosamente, ora compensandosi, e
reciprocamente correggendosi, agisce con tanto potere sull'animo
dell'osservatore sensibile. La connessione d'una scena aggradevole,
oppure dispiacevole cogli oggetti vicini, decide principalmente
del suo vantaggio, o disavvantaggio, egualmente che un immagine, un
pensiero ne rende chiaro, od oscuro un altro. E perchè non lasciamo noi
sussistere pel nostro piacere questo legame dell'orto colle altre utili
piantagioni, e colle attrattive de' campi? Perchè continuamente questo
nojoso quadrato, nel quale si crede di doverlo sempre rinchiudere?
E perchè non si pone maggior attenzione alla qualità del terreno,
ed al sito, che alla sua regolarità? Perchè questi muri rialzati,
cotanto dispendiosi a fabbricarsi, e a mantenersi, e d'un aspetto
tanto ingrato? Il picciol numero di piante a frutta, che si coltivano
in ispalliera al lungo di questi muri, potranno forse compensarne le
spese? Un fosso secco, o una doppia siepe non proteggono abbastanza
l'orto? E qualche altura, oppure un bosco a disegno piantato a
tramontana non potranno ricoverar le parti esposte ai venti nocivi?

I ripari intorno di muro, oggetto tristo, che richiamano alla mente la
presenza de' ladri ne' siti consacrati al piacere, e che tolgono gli
effetti del bello, e del grande, isolando aspramente un picciolo spazio
dal resto del circondario, riescono altronde facilissimi a scavalcarsi,
tanto più dove da una parte vi si appoggiano spalliere. Questi muri
vogliono essere allontanati, e nascosti; e piuttosto si rivolgerà il
pensiero a trovarne una più economa costruzione, che compensi la di
loro maggior estensione. Si potranno fare a pilastri, impiegandovi
sassi, o in altro modo. In Inghilterra cingono così una parte della
possessione, nella quale si trova compresa la delizia del signore,
ossia la villa.

Medianti questi cambiamenti, gli orti, ordinario teatro d'una diligente
coltura, e di assiduo travaglio, si spoglierebbero della dispiacevole
loro monotonìa, e di quanto in essi dispiace all'occhio, e l'offende;
si congiungerebbero bene colle piantagioni d'intorno, e presterebbero
nuove attrattive. Provansi queste grate impressioni negli orti
d'Olanda, ed in alcuni della Germania, ed anche rare volte tra noi,
dove i legumi son coltivati in rasa campagna.

Alla regolarità, all'ordine, alle debite precauzioni, che devono
regnare in un orto, onde comodamente potersi accostare a ciascheduna
pianta, osservarla, e curarla; alla proprietà, che vi si esige,
si può accoppiare una tal qual sorta di bello, che faccia sì, che
l'osservatore si arresti con piacere, tenuto lontano, o in disparte
quanto vi può essere di disgustoso.

Arbusti fruttiferi ora contorneranno il sentiero, ora nasconderanno un
angolo acuto, ora romperanno una linea troppo lunga, ed or comporranno
un ben ordinato gruppo. Le ortaglie combinate colle piante di frutta, e
colle serre forniscono abbondante messe alla ricreazione dell'animo, e
a quella degli occhj.

Le opere a pergolato, quantunque non siano adottate dal gusto inglese,
tuttavìa, attesa la loro somma leggierezza, possono convenire agli
ortaggi; e la precedente vignetta ne presenta un disegno.

   [Illustrazione: _Tav. XXVIII._ Prospetto della citroniera, e
   di parte del castello di Belgiojoso.]



DELLE CITRONIERE.


Le citroniere sono quasi sconosciute nei giardini d'Inghilterra, e
le poche che vi si trovano, rassomigliano a piccioli ospitali, ove
languono prive di fiori, e di frutti, queste specie di piante, onor
primiero del giardino. Ma nel loro paese nativo, ed anche tra noi,
ove prosperano, mediante poca cura, che loro si accordi, la coltura di
queste piante non è da trascurarsi, e possono infinitamente contribuire
all'abbellimento delle parti architettoniche del giardino, ed anche
delle naturali. In conseguenza la citroniera dev'esser parte inerente
alla casa, oppure contigua; come la è nel primo caso quella assai
vaga del Clerici in Balsamo, e nel secondo la magnifica nella superba
villa di Belgiojoso, della quale la precedente vignetta ne offre il
prospetto.

Tali citroniere possono essere abbellite internamente in più maniere,
con pergolati, con getti d'acqua, con statue, e vasi, e rallegrate da
uccelli peregrini, che vi svolazzino in libertà.

Le piante degli agrumi possono esser riposte entro vasi, e produrranno
ancora effetto migliore se in cassette sepolte in terra.

Qualora l'aranciera non sia inerente, nè contigua all'abitazion
principale, formerà una scena distinta nel giardino d'inverno, o nel
verziere.

Le citroniere poi in ispalliera colle piante stabilmente in terra,
ponno essere magnifiche per se stesse, e fornire un grato passeggio
durante l'inverno, ed imbalsamar l'aria nella bella stagione;
ma riuscirà cosa difficile il tirare un buon partito da queste,
volendosi un giardino pittorico. Lasciando da parte la grave spesa,
che continuamente esigono, disdicono all'occhio in più maniere, ed
è particolarmente alla ricerca, ed alla ricreazione dell'occhio,
che tutto vuol essere diretto ne' giardini all'Inglese. Se in luogo
di spalliere rettilinee mai più finite, si rivolgesse il pensiero
a formare piccioli quadrati, forse con non maggior dispendio si
perverrebbe ad ottenere boschetti naturali d'agrumi d'un effetto
voluttuoso, ed incomparabile.

I vecchj giardini inglesi, e forse i più belli tra gli attuali, ne'
quali non rimane più vestigio di regolarità, erano regolari un tempo,
ed assoggettati ai principj del predominante in allora stile francese.
Forniti però d'abbondanti acque bellissime, e di una prodigiosa copia
d'alberi superbi, contenendo nel loro seno una mirabile varietà di
piani, che l'arte non aveva saputo abbastanza vincere, nè sfigurare,
e circondati dal paese il più vago, e ridente; all'appoggio di così
preziosi materiali il genio Britannico applicandovi i principj della
pittura, e del bello, mediante qualche sacrificio, e qualche leggiera
addizione, è pervenuto a saperne approfittar tanto, ed ottenere i
giardini che formano da gran tempo l'universal ammirazione.

Abbattute le cinte di muro, e le arcate verdi, si sono estesi, e
nascosti i confini; non hanno più esistito i gran viali, e tutte le
emanazioni della linea retta sono scomparse; le masse d'acqua, e dei
boschi sono state contornate naturalmente, e praticate grandi aperture,
che presentassero sfondi, e perspettive, correlative alle distanze, ed
al significato del davanti: le fitte masse de' boschi disseminate di
spazj vuoti variamente configurati, ed adorni, e percorse da fiumi, e
da gorgoglianti ruscelli.

Le stesse case in tai siti soggiacquero a considerabili variazioni;
s'interrì il primo piano, che si convertì in cantine atte al servizio,
e sostituendo ad esso nuovi piani, si portò in alto la casa, e si
ripose sopra un'artificiale collinetta.

Allorchè ebbero principio in Inghilterra i giardini del nuovo gusto, si
videro sorgere quadri di paesaggio d'uno stile vario, e ragionato, che
spiegarono un complesso di bellezze ricavate dall'arte, e dalla natura.
Tutto lo studio consiste nel saper scegliere le parti, che possono
entrare nella composizione di siffatti giardini, e di saperle legare
in modo, come abbiamo detto tante volte, perchè formino un determinato
totale, e quest'arte dipende molto da quella, che c'insegna a levare
dal quadro tutto ciò, che non gli conviene, a riunire gl'interni
disegni colle scene esteriori, a ben disporre i limiti, ed approfittare
delle lontananze[23].

La configurazione, le mosse, e gli effetti del terreno vogliono essere
diligentemente studiati, come

ognun sa, alla montagna, o nelle adjacenze de' fiumi, nei siti, in cui
le acque hanno stazionato altre volte, e il cui terreno hanno percorso,
e travagliato. Perfettamente edotti, e penetrati delle bellezze di
questi effetti, si tratta di saperne trarre il buon partito, ove queste
circostanze si presentano, soprattutto accompagnate da quella della
sicurezza, e dell'inviolabilità del sito; oppure di saperle saggiamente
trasportare in una sede sicura, che vi aggiunga le proprie qualità; e
col mezzo della formazione de' fiumi, de' laghi, dell'alto e del basso,
ottenere una egual varietà, e bellezza di quadri. Le ville inglesi sono
di questi due generi.

Lo sguardo generale presentandosi in giardino deve scorrere fra
massicci diversi di verdura, fra boschi, e fra alberi isolati, fra
spazj erbosi, e fra strati di fiori; dal chiaro passando all'ombroso,
e dall'ombroso al chiaro; dai siti scoperti ai siti rinchiusi, dal
ridente al tristo, e da una degradazione d'un verde all'altro.

Gli aspetti interni saranno numerosi, e variati; a ciaschedun passo, a
ciascheduna fermata, ad ogni voltata si scorgerà un nuovo quadro.

I gruppi d'alberi siano differenti per le lor forme, per le loro
grandezze, per la loro composizione, e per le loro distanze.

   [Illustrazione: _Tav. XXIX._ Casa rustica nella villa Silva a
   Cinisello.]



RIPRESA, ED OSSERVAZIONI SU VARJ ARTICOLI, PARTICOLARMENTE RELATIVI
ALLA PIANTAGIONE.


La distribuzione delle piante, degli arbusti, e dell'erbe domanda una
grande conoscenza dei vegetabili, molta osservazione, molta cura, e
molte prove. In fatto di piantagione, da disporsi pittorescamente, è
a guardarsi da un botanico, perchè uno precisamente botanico va del
pari d'un altro precisamente architetto. A tal uopo richiedesi una
sufficiente cognizione botanica, corroborata però da un occhio, che le
leggi della prospettiva hanno reso intelligente, e le bellezze della
natura delicato.

La composizion pittoresca de' differenti colori atta a produrre un
quadro, che possa piacere, esige la conoscenza delle diverse tinte,
e delle affinità dei colori. Il bianco fa lega con tutt'i colori;
il color giallo s'accorda meglio col bianco, che col rosso, o col
turchino; il color rosso s'unisce meglio col giallo, che col celeste; i
colori intermedj faciliteranno le mischie[24]. Gli schizzi dolci, ed un
amabile impasto sembrano preferibili in tal genere di pittura.

L'arte, o la maniera di ordinare una piantagione è dipendente dalla
qualità dei siti. Una landa è disseminata senz'alcun ordine; una
scena malinconica debb'essere folta, e come ammucchiata, e lasciare
pochi interstizj alla luce; un cantone allegro domanda molta vista
dell'orizzonte; e un cantone romanzesco consiste nei contrasti
singolari tra le forme degli alberi, e tra i colori delle lor foglie.

I boschetti ridenti figurano meglio sulle colline dolcemente gonfie, e
rivestite d'un verde animato, che alla pianura. Il modo, col quale le
cime si alzano le une sopra le altre, oppure le une dietro alle

altre; le forme ineguali delle loro elevazioni; le varie cadute de'
loro pendìi; la maniera, in cui talune sembrano ritirarsi, frattanto
che tal altre s'avanzano con risalto; tutte queste varietà di volume,
di sito, e d'aspetto formano la bellezza del quadro. Egualmente
bisogna comporre le piantagioni seguendo un tal carattere, e talvolta
diradare i gruppi, e tal altra inspessirli; ora spargerli lontani,
e distaccati, ed ora rinserrarli in masse solide, e fitte; quì
collocare un bell'albero isolato, e là gettar i cespugli, o ben anche
una successione interrotta di piante della stessa specie, che si va
perdendo insino che un'altra specie diversa a poco a poco vi predomini,
per lasciar poi lo spazio successivo ad un altra.

Bisogna che l'aperto succeda al chiuso, il chiaro all'oscuro, il vuoto
al pieno, il piano al rilevato, l'elegante all'agreste.

Componendosi boschi o boschetti, o raccomodandosi naturali foreste,
una delle principali avvertenze sarà di risparmiare i punti di vista.
Convien che lo sguardo sia, per così dire, incatenato ai soli oggetti,
che lo interessano; e che gli altri oggetti, che non apporterebbero
che distrazione, sieno nascosti, o velati infino a tanto che
l'immaginazione, e il sentimento siano compiutamente soddisfatti da ciò
che li aveva singolarmente invitati. Con colline, con curve sporgenti
di piantagione si nasconde quanto si vuole.

L'artista giardiniere sarà guidato dalle leggi del bello, e da quelle
della prospettiva, disponendo i suoi punti di veduta: esaminerà
quando dovrà raccorciarli, o stenderli, e quando li dovrà nascondere
per far gioire della solitudine, e per procurare riposo all'occhio;
limitarli per far provare tutto l'effetto della scena, ed aprirli per
far gustare i piaceri dell'estensione, e dell'aperto. Col soccorso
dei punti di veduta ci appropriamo in qualche modo di tutto il paese
intorno, aumentiamo i piaceri d'un piccolo spazio, e ci procacciamo
un nuovo possesso, che ci rallegra, senza esserci a carico e senza
toglier nulla al suo vero proprietario. Ma quanto ciaschedun punto di
vista è differente ne' suoi effetti! Va egli a cadere sopra un lago?
Cagiona un sentimento di gioja, e di serenità. Si avanza fra una valle?
Desta sentimenti di pace campestre, e di riposo. Va errando per vaste
campagne, e ben coltivate? Produce uno squisito senso di contentezza.
Un'altura, che si elevi nel vicinato, accorcia la veduta, e risveglia
l'idea del ritiro; una serie di montagne fa nascere un sentimento di
grandezza, e d'elevazione: i vecchi castelli, e le rovine richiamano
la malinconica memoria de' tempi andati: le tristi foreste eccitano
la gravità, e le riflessioni serie: i boschetti percorsi da acque
correnti risvegliano l'allegrìa: una catena di monti, che s'ammucchiano
gli uni sugli altri sopra un fondo celeste, e che svaniscono
coll'orizzonte, rapiscono l'immaginazione colla rappresentazione
sublime dell'immensità. Conviene non solamente saper scegliere tutti
questi aspetti sotto i loro punti di vista più favorevoli, ma saper
fare ancora dei loro differenti effetti un uso convenevole al carattere
del quadro; non prendere nè più, nè meno che la composizione di questo
esige, e farli succedere di maniera che i sentimenti, che risvegliano,
si leghino, e si rinforzino reciprocamente, si fondino in un seguito
d'emozioni piacevoli, e colpiscano pel contrasto dei loro subitanei
passaggi. Perchè non manchino d'effetto queste vedute del paese,
devono accordarsi colle sensazioni, che fan nascere le scene interne
del giardino. Gli aspetti rinchiusi nei limiti della piantagione del
giardino sono altresì suscettibili di varietà. La diversità degli
alberi, e degli arbusti; le grandezze diverse, e la posizione dei
gruppi; la direzione dell'occhio tantosto verso un albero sommamente
bello, o raro, tantosto verso tal altro oggetto di rimarco; la variata
successione degli ornati, dei siti di riposo, delle fabbriche,
degli spazj erbosi, e dei sentieri; la freschezza, che spandono i
ruscelletti, che co' loro ponti leggieri animano tanto il paesino, sono
altrettante risorse della varietà.

I boschi attraversati da passeggi sinuosi non ponno esser altro che
masse più o meno grandi di gruppi di piante. Quelle che copriranno i
murelli del confine, saranno abbastanza fitte, e larghe per nasconderli
interamente. La distribuzione piramidale delle piante è quella che
d'ordinario conviene maggiormente in tal caso, vale a dire, gli arbusti
in avanti, poi le piante, e per ultimo gli alberi accosto al muro.
Qualche albero de' più rari sarà posto solo, o gruppato con altri nei
gomiti della piantagione con cespi fioriti ai piedi; e nelle stesse
posizioni irregolarmente a vicenda qualche arbusto distinto pel suo
fusto, pel suo fogliame, o pe' suoi fiori. È in grazia di queste
piante sporgenti, che il sentiero piega, e vuol essere giustificata la
prevalsa loro resistenza: il tutto sarà fatto senz'alcuna affettazione.
Dove la massa presenta due fronti, onde ottenere la disposizione
piramidale, gli alberi saranno collocati al lungo nel mezzo.

La disposizione piramidale conviene in qualche situazione, e per
qualche tratto, ma la più naturale, e di maggior buon effetto riesce
immancabilmente quella di formar varj gruppi di diverso numero di
piante; ora della stessa specie, ed ora di specie analoga, e qualche
volta affatto opposta, per ottenere contrasto tra le foglie, e tra le
cime, situate agli sporti della piantagione, e nell'indentro delle
sue curve, ed in quà, e là gettate nel folto del bosco, in modo che
rappresentino successive piramidi diverse agli occhi di chi passa. La
ben calcolata disposizione, e l'economìa delle piante otterran meglio
l'intento, che la profusione. Fra i diversi gruppi di piante saranno
collocati gli arbusti, egualmente gruppeggiati; avvertendo d'introdurre
nel mezzo dei folti massicci, ove questi avran luogo, frequenti spazj
vacui, essenziali non solo alla riuscita delle piante, e de' cespugli,
ma essenziali ancora al magico effetto del chiaroscuro.

Dove il sentiero sarà sabbiato, di quando in quando varie striscie di
sabbia penetreranno, perdendosi nella piantagion laterale, riposta su
d'un fondo erboso, e dove i sentieri saranno erbosi, penetrerà l'erba
nel fondo sabbioso della piantagione, affine di rompere la disgustosa
monotonìa, e la poco naturalezza delle verdi orlature. Di tratto
in tratto nei grandi sentieri usciranno fuori con vaghezza gruppi
d'alberi, e d'arbusti.

I fiori vogliono essere sparsi in quà, e in là, specialmente nei gomiti
delle piantagioni. È a calcolarsi la continua successione di questi, ed
il buon effetto delle varie loro tinte.

Le masse saranno proporzionate alla vastità del totale, e delle singole
parti. Le larghe ammettono più facilmente i necessarj spazj liberi,
senza de' quali i cespugli non le renderebbero impraticabili nè allo
sguardo, nè al piede. Da taluni di questi spazj vuoti si potrà trarre
diverso partito pel mezzo degli stretti sentieri sinuosi, e nascosti,
che v'introducono. In consimili piantagioni si avverta di frammescolare
le piante, che attirano il loro nutrimento dal fondo della terra, con
quelle che lo attirano dalla superficie.

Si comporranno masse rischiarate con alberi isolati, o a gruppo, della
stessa famiglia; e se ne formeranno così anche di piante, e d'arbusti
di specie diversa.

Allorchè i sentieri serpeggiano fra colline, si può produrre un nuovo
buon effetto, prolungando sul pendìo le piantagioni, e facendole
variamente percorrere le diverse sommità, lasciandone sgombri alcuni
spazj, per i quali godere delle circostanti vedute.

Nel sito, ove un ruscello, oppure un fiume forma un gomito piacevole,
per vieppiù marcarlo, sarà ben fatto piantarvi un albero maestoso, o un
gruppo d'alberi superbi.

Sulla fronte del boschetto, e della foresta collocate alberi di bella
venuta, e di abbondante fogliame, che facciano contrasto con quelli
del di dentro. Nel prato disseminate alberi gruppeggiati a grandiosa
cima, che si pieghino, che s'incrocicchino tra loro a giuste distanze.
Formano prospettiva, apportano l'effetto del chiaroscuro, aprono, e
nascondono gli spazj, e gli oggetti a piacere, ed arricchiscono il
quadro.

Le piantagioni sui fianchi dell'abitazione non consisteranno che in
gruppi leggieri, ed avvenenti.

Le masse d'alberi folte, ed oscure compongono il miglior fondo, che si
può dare alle praterìe. L'occhio si compiace a riposarvici sopra, dopo
d'avere errato fra gruppi d'alberi grandiosi, e di fioriti arbusti. Il
totale della piantagione ora anderà salendo, ed ora successivamente
mancando, in modo che ingrandisca lo spazio, ed apra un esteso
orizzonte. Essa deve contrapporre cogli spazj erbosi. A fondi oscuri
fate succedere boschetti ridenti. Che la varietà, e il contrasto
regnino mai sempre nella grandezza, nelle forme, nelle distanze,
e nelle foglie de' gruppi. L'allegro fogliame conviene sul davanti
d'un'oscura foresta; il bruno sull'erba ridente; ne' fondi il verde
cupo del tasso, e della tuja.

In generale non bisogna sopraccaricare di piante gli spazj erbosi;
devono presentare vaste superficie verdi, nelle quali le piantagioni
non sono che abbellimenti, e qualche volta una necessità prescritta
dalla disposizione dei punti di veduta.

Alcune volte conviene di lasciare sgombre le naturali convessità del
terreno. Si legano allora l'una coll'altra d'una maniera più dolce.
Una leggiera eminenza potrà ornarsi con fiori, con arbusti, o con
piante nane; un albero non vi converrebbe, poichè l'elevazione poco
considerabile del terreno contrasterebbe troppo colla sua altezza; a
meno che questi piccoli rialzi non finghino l'effetto della terra, che
naturalmente vien sollevata dalle radici dell'albero sovrapposto. Agli
angoli delle curve rientranti collocate piccole piante, e collocatene
delle grandi agli angoli delle curve sporgenti.

Gli alberi destinati a presentarsi isolatamente devono essere distinti
per il lor tronco, per la loro corona, o attrarre l'occhio, che vi
si fissa, per qualche altra eminente qualità. La loro bellezza si
distingue meno in una foresta, o in un bosco fra gli altri alberi, che
allorchè si presentano soli, o in piccoli gruppi, e più liberamente
allo sguardo. Il castagno d'India, per quanto comune sia, riesce
sempre pregievole per questa parte, considerata la sua bella cima
tonda, il suo fogliame che presenta belle macchie, ed i suoi grandi
mazzi di fiori. Il tiglio d'America, e d'Europa, il pioppo d'Italia,
e della Carolina, l'albero tulipifero, gli aceri, e soprattutto
quello che si chiama ACER OPALUS Mill., la cui ampia corona ricca di
superbe foglie accresce il valor del tronco; e nelle scene autunnali
il sorbo aucupario, ed anche il lazzeruolo sono da preferirsi a
giusta ragione[25]. Il pino, il larice, quello detto STROBUS, ed in
generale tutte le piante sempre verdi vengono collocate nella guisa più
avvantaggiosa, allorchè sono poste isolatamente: prestano un grande
abbellimento ai vasti tratti di terreno erboso, ove arrestano
piacevolmente lo sguardo.

Componendosi gruppi, bisogna soprattutto essere attenti ad unire gli
alberi, che si convengono tra loro. Quelli a foglia si convengono
più co' loro simili, e così gli alberi coniferi con piante analoghe,
le quali propriamente non hanno foglie, ma una specie di linguette.
Tuttavìa gli alberi riescono bene se sono in opposizione colle loro
foglie, p. e., il salice di Babilonia, la betola bianca, e il larice
si associano felicemente; l'albero tulipifero, gli aceri, il platano,
la quercia si accordano per la forma delle loro foglie; il tiglio, il
pioppo nero, e gli aceri mettono cime egualmente diritte. Ove si vorrà
introdur contrasto, il pioppo bianco si unirà col faggio purpureo, ed
anche meglio questo secondo col rubione. L'arte del gruppeggiare le
piante devesi imparare dalla stessa natura, ove questa è intatta, o
almeno più conservata che tra noi.

Il luogo suggerisce sul fatto un'infinità di partiti, che sarebbe cosa
stucchevole, ed imperfetta il precisarli; come altresì molto in fatto
di piantagione è da lasciarsi alla natura, che vi mette poi l'ultima, e
più valente sua mano.

Le piante giovani col tempo prosperano meglio, le vecchie sono più
presto godibili, ma il di loro traspiantamento esige gran diligenza, e
domandano anch'esse qualche anno per rimettersi, e talune periscono.
Sarà bene mescolarne dell'una, e dell'altra sorta. Le varie maniere
di riunire gli alberi in gruppi possono essere incognite a qualche
dilettante, per cui non gli spiacerà di trovare quì un leggier saggio a
questo riguardo.

   [Illustrazione: _Tav. XXX._ Modello di piantagione per
   gruppeggiare le piante.]



CONCEZIONE DI UN GIARDINO.


Allorchè l'artista giardiniere sarà incaricato dell'esecuzione, e
della piantagione d'un giardino, comincierà dallo studiare la natura
del terreno, che dovrà abbellire. Osserverà a vicenda i contorni del
sito, ed il paesaggio, che lo circonda, e che può fornirgli bei punti
di vista. Esaminerà le acque correnti, e le stagnanti, le roccie, le
colline, i rincalzamenti, i boschi da taglio, e quelli d'alberi da
cima; considererà quali piante prosperino meglio nel terreno, sul quale
dovrà travagliare; lo percorrerà spesso per tutt'i sensi, e a tutte le
ore del giorno, affine di bene impossessarsi della natura del sito, e
di marcare le naturali separazioni, che presenta, e per approfittare
degli effetti del mattino, del mezzodì, e della sera.

Dietro queste meditazioni calcola, ed abbozza il suo piano generale;
si forma nella sua testa la distribuzione delle grandi masse, e la
prospettiva gli indica il posto, che occupar devono per non nuocersi
mutuamente, sia nascondendosi le une dietro le altre, sia non
gruppeggiandosi convenevolmente tra loro, onde formare quelle vedute
pittoriche, che difficil cosa riesce d'incontrarne delle somiglianti in
natura.

Abbastanza versato in botanica, conosce l'indole degli alberi, delle
piante, e degli arbusti; sa quale qualità di terra, e quale quantità
d'acqua addomandino. Instrutto del naturale loro crescimento, delle
forme, e colorito delle loro foglie, e de' loro fiori, e frutti,
sa se prosperino più al sole, o all'ombra. Fatte queste conoscenze,
stabilisce le sue grandi masse; e dopo d'avere disposto il terreno,
riflette alla distribuzione delle parti, e fa le sue piantagioni in
modo che le differenti specie di piante, in ragione delle loro forme, e
colori, produchino l'effetto, che brama.

Volendo ornare il suo giardino d'opere d'architettura, e non conoscendo
abbastanza quest'arte, si rivolge ad un architetto intelligente, e
di gusto: spiega a lui il suo piano, lo conduce sul sito, e cerca
d'immedesimarlo nelle proprie idee, perchè la fabbrica, di qualunque
carattere ella sia, abbia una reciproca convenienza, e proporzione; con
anticipata previdenza calcolando il maggior incremento, che potranno
acquistar le piantagioni, che la circondano[26].

Operando così è quasi impossibile di non far bene, e di non accostarsi
ai movimenti semplici, e fecondi della natura. Il possessore risparmia,
e l'artista acquista riputazione; le persone di gusto sono soddisfatte,
e ciascheduno vi trova il suo conto.

Proprietarj! nuovi ricchi del giorno! sappiate approfittare di quanto
possedete, e non vi affannate a crear quello, che vi manca. Impiegate
il vostro denaro ad ingrandire la vostra possessione, piuttostochè
rinchiuderla in un piccolo spazio per aggravare il vostro terreno di
vani oggetti discordi, e ridicoli.

Se si trovano nel vostro fondo naturali elevazioni, boscaglie, e
dirupi, cercate di pervenire comodamente a questi oggetti; diramate gli
alberi, atterratene alcuni per iscoprire le parti troppo nascoste, fate
piantagioni per guarnire le parti vacue; colmate le concavità inutili,
e dispiacevoli all'occhio; introducete comode stazioni nelle posizioni
pittoriche, dove la veduta dei contorni interessa l'attenzione, e dove
la fatica fa desiderar un ricovero. Disegnate il vostro sentiero nei
boschi, abbattendo le piante, che impediscono il passaggio; ma abbiate
cura di conservarne le più belle, facendo deviar la strada ora da
un canto, ed ora dall'altro. In questa guisa si troveranno i cammini
formati naturalmente, e a poca spesa. La costruzione di una capanna,
che servirà d'asilo contro il sole, e la pioggia, o d'un villereccio
ponte congegnato d'alberi, fatti dal più zotico villano, riescono cento
volte più pittorici, e più analoghi al luogo, che se fossero questi
oggetti l'opera del più abile ingegnere.

Se al contrario il vostro terreno giace in un fondo, e che siate
abbastanza felice d'avervi dell'acqua, e di trovarvi a poca profondità
una sorgente, scavate, ingrandite il suo recipiente, cercate il suo
declivo, e fate scorrere questa limpid'acqua in tutt'i siti, ove potrà
portarsi. Imitate fedelmente le rive de' ruscelli, lasciandovi crescere
l'erba, le canne, e le piante palustri; collocate con discernimento
il salice piangente, il pioppo, ed il faggio; ed aggiungete i
più convenienti arbusti, procacciandovi effetti, e punti di vista
interessanti. Di luogo in luogo arrestate il corso delle acque con
sassi, che sormontandoli, le acque produrranno cadute. Se le rive sono
abbastanza separate, perchè il volume dell'acqua formi grandiosi nappi,
collocate sulle sponde qualche pezzo d'architettura. La sua riflessione
nell'acque, e la quiete del luogo apporteranno la calma nell'animo, e
l'inviteranno ad una dolce meditazione.

Le tombe, gli obelischi, i templi, le grotte saranno artistamente
riposte, e con infinito giudizio. Dalla loro disposizione si
riconoscerà il sapere, ed il gusto dell'artista, se ha saputo
approfittar del terreno, e se è pervenuto ad ingrandirlo.

Vi è un mezzo di alzare il terreno collo scavarlo all'intorno, e
portare le terre all'orlo. Questa fattura comunica movimento al piano,
e diventa più profittevole qualora si trovi nel fondo una sorgente.
Infoltendo di piantagioni l'argine, si ottiene un ricovero delizioso
nei calori della state.

Si perverrà a tutti questi siti senza punto accorgersene, sia per vie
diritte, o tortuose, sia per cammini scavati, o coperti. Si darà luogo
a piacevoli sorprese, e non si mostrerà ogni cosa tutto ad un tratto: è
questo il mezzo infallibile di cagionare sensazioni piacevoli, e di non
stancare l'immaginazione.

Quanto è soddisfacente di comunicare un aspetto più bello ad un
tratto di paese! Riempirlo della varietà delle scene magnifiche, è
approssimarsi in qualche modo alla creazione! L'uomo virtuoso, ed
industre, che passa la sua vita fra le sue piantagioni, e che coltiva
con cura il suo orto, è l'amico del genere umano, che soddisfa a
un debito di natura. Le piantagioni non procurano soltanto piaceri
innocenti, ma durevoli, che rinascono in ciaschedun anno. Quanto
diletto si prova alla vista di un paesino, che si è formato, a quella
di ameni passeggi, e all'ombra degli alberi, che si sono piantati
colle proprie mani! Non imbarazzate, non opprimete dappertutto gli
ammirabili siti della bella natura; non tagliate mai i rami delle
vostre piante in figure matematiche: poichè il vedere le piante, che
s'innalzano in forma di cono, di palla, di piramide, o di ventaglio,
oppure in altre forme, che annunciano i segni della violente forbice,
tutto ciò rovescia le idee di natura, e non compensa i piaceri, ch'essa
ci somministra. Imprimetevi bene in testa, che non si crea la natura,
e che tutta l'arte immaginabile non può servire, che a farla valere.
Qualunque tu sia, guardati dal produr indifferenza coll'opera tua.
Sarebbe questa la prova più certa, che hai mancato al tuo scopo, e che
non hai sentito tu stesso le emozioni, che ti proponevi di risvegliare
in altrui.

   [Illustrazione: _Tav. XXXI._ Veduta della casa, e di una parte
   del giardino, ricavata dal piano generale, tav. III, pag. 34.]



CONDOTTA, E FILO D'UN GIARDINO.


A dare in qualche maniera la condotta, ed il filo di un giardino
Inglese, offriremo uno squarcio ricavato dall'opera DE LA COMPOSITION
DES PAYSAGES DI M. DI GERARDIN. «Noi dobbiamo trovare sui fianchi della
casa un sentiero ombroso, e battuto, che ci condurrà facilmente ne'
siti più interessanti..... Ora ci troviamo in un bosco, ove i raggi del
sole scherzano attraverso le ombre; il cristallo di una fonte riflette
le forme della rosa, che germoglia sulle sue rive; il mormorìo delle
limpide acque, gli amorosi accenti degli augelli, il grato profumo de'
fiori vi allettano al tempo stesso tutt'i sensi.

Più innanzi un bosco quasi impenetrabile offre il santuario al pensante
silenzio, e alla confidente amicizia. All'estremità di questo bosco il
susurro d'un ruscello, inteso da lontano, invita al dolce riposo sotto
l'ombra. In una solitaria, e trista valle scorre fra scogli ricoperti
da coralline il ruscello, di cui s'intende lo strepito. Quasi subito la
valle si richiude da ogni parte, e lascia a stento un sol passaggio per
un sentiero tortuoso, e difficile. Quale spettacolo si presenta tutto
ad un colpo! Attraverso le cavità oscure dei lontani massi si slanciano
da ogni banda acque brillanti, e rapide; i sassi, le radici, i rami, e
i tronchi d'alberi frammescolati nella precipitosa corrente dell'acque
variano gli ostacoli, lo strepito, e le forme delle loro cadute in
cento guise diverse. Lo spazio è circondato d'alberi annosi, che
l'avviluppano, e l'abbondante fogliame s'incurva, e s'intralcia sopra
l'onde spumose: i gruppi d'alberi, disposti nella più felice maniera,
procacciano un sorprendente effetto di chiaroscuro, e di prospettiva
a questa scena incantata; le rive sono adorne di piante odorose, e di
cespugli fioriti; qualche scarso raggio di luce, riflettuta dal lucido
della cascata, rischiara questo misterioso ricovero, ove regna quel
dolce chiarore, che si confà tanto alla bellezza. È là appunto, che la
bella Ismene si bagnava un giorno; il caso vi condusse il giovinetto
Ila: attraverso le foglie scorge l'amante, che da lungo tempo il suo
cuore adora in segreto. Che addivenne alla vista di tante attrattive!
Arso da desiderj, combattuto da delicatezza, prende il partito
d'involarsi con una precipitosa fuga al delirio de' sensi; ma fuggendo
lascia cader un viglietto. La bella Ismene sorpresa dal rumore, che ha
inteso, getta lo sguardo intorno, scorge il viglietto, e il suo cuore
è commosso da tanta delicatezza, e da tanto amore. Ila fu amato, Ila fu
felice; e la memoria di questi avventurosi amanti è ancora incisa sopra
una vicina quercia.

Quì in un terreno profondo, e ritirato un'acqua placida, e pura forma
un laghetto; la luna, avanti d'abbandonar l'orizzonte, si compiace
a mirarvisi lungamente. Le rive sono circondate da' pioppi: fra i
nascondigli delle loro tacite ombre si scorge in lontananza un umile
monumento filosofico, consacrato alla memoria d'un uomo di genio,
perseguitato quaggiù, perchè volle colla sua indipendenza porsi al
dissopra della vana grandezza. La tranquillità, e il silenzio regnano
in questo grato ritiro.

Fra poco un bosco d'antiche quercie, sotto le quali si travede un
tempio, involto nella più profonda oscurità, offre alla meditazione un
sicuro asilo. Quì il poeta in preda all'entusiasmo non è distratto, e
quì ritrova le sublimi idee, che esprime ne' suoi versi.

Là si presenta una valle ristretta, e solinga; un ruscelletto scorre
tranquillamente sull'erboso letto; i pendìi delle montagne sono
ricoperti di felce, ed i boschi racchiudono questa solitudine: un
romitaggio si trova in queste parti, che servì di pacifico rifugio ad
un sapiente.

Sulle rive d'un vasto lago vicino s'innalzano aridi scogli, e massi
informi, le cui cime sono coperte da pini, da larici, e da tortuosi
ginepri. L'incolto terreno richiama alla mente dappertutto l'immagine
d'uno squallido deserto. Questo sito è separato dal restante della
natura per una lunga catena di rupi, e di monti. Il pittore viene
a cercarvi de' quadri della gran maniera; e l'amante infelice, o
quegli, che ha perduto l'oggetto del suo amore, vengono a cercarvi la
dimenticanza delle loro pene; ma non vi ha sito così selvaggio, ove
amore non li perseguiti: si veggono scolpiti sul sasso i nomi delle
belle, e la rappresentazione de' pegni de' loro antichi amori.

Attraverso un bosco di cedri per una dolce salita si perviene alla
sommità d'un erto monte, ai cui piedi serpeggia un fiume tra fertili
praterìe: da là l'occhio abbraccia un ampio orizzonte, coronato in
lontananza da un anfiteatro di monti.

Diggià il sol levandosi dispiega con maestà il suo radioso disco.
Le vaporose nuvolette si dissipano al suo aspetto; lunghe ombre
spandono in avanti gli alberi, le case, e le dorate coste sopra il
verde tappeto, risplendente ancora di rugiadose perle; mille e mille
accidenti diversi di luce arricchiscono questo quadro solenne, ove
l'orgoglioso filosofo, dopo di avere vanamente esauriti tutt'i sistemi,
è forzato di riconoscere l'essere degli esseri, e il dispensator delle
cose.

Ma quanto prima l'attrattiva dell'ombre, e l'amabil verde de' prati
ci chiamano nella valle per dare riposo agli occhi abbagliati da
tanto spettacolo. Ai piedi del monte havvi un bosco, ove i lupoli,
e i caprifogli, attortigliandosi agli alberi, formano festoni, ed
intrecciate ghirlande. Gli strati di musco, e d'erba verdeggiante
sono rinfrescati da spruzzi di piccole sorgenti, intorno alle quali
ne' cespugli di rose salvatiche, e di spine fiorite l'usignuolo
amorosamente gorgheggia.

Letti di verdura ci arrestano ad ascoltarlo con tanto più di piacere,
che all'odor della rosa, e del bianco spino si frammischia quello del
giacinto salvatico, delle semplici violette, e del giglio delle valli,
che crescono con profusione in tutti i luoghi di questo ameno bosco,
che sono visitati dal sole.

Sortendo di là uno spazio vasto di praterìe, si stende insino al fiume,
e serve di pastura a numerosa greggia, che non paventa il cane del
pastore, nè la sua verga. Gruppeggiati gli agnelli in cento maniere
diverse, gli uni pascolano pacificamente, gli altri sono sdrajati;
e sembrano ancora più ingrassati dalla dolcezza della pace, e della
libertà, che pel sapore dell'erba fresca, e fiorita; mentre dall'alto
delle roccie mal accessibili la capra divora il citiso amaro, e fa una
pompa maestosa delle ondeggianti sue lane.

Massicci di salici, d'ontani, e di pioppi ci porgono la loro ombra per
condurci ad un ponte, dove si traversano i due bracci del fiume, che
formano un'amena isoletta.

In un bosco di mirti, e di allori si osserva tuttavìa un antico
altare. Il profumo del fiorito bosco, nel quale è piantato, e le
vicine rovine d'un tempietto antico dimostrano abbastanza, che fu altre
volte consacrato all'amore; ma di presente non forma che un semplice
passaggio, ed una rustica abitazione è appoggiata alle rovine, quasi
non più riconoscibili, del tempio.

Dall'altra parte del fiume si trovano i ricinti d'una cascina, della
quale si scopre il fabbricato sulla vicina costiera. Un sentiero
percorre i differenti campi fra siepi di ribes, di piante del lampone,
e d'arbusti fruttiferi. La terra non vi riposa mai. Il bue ivi rumina
in pace, il montone, e la capra saltellano in libertà, ed il puledro
esulta, scuotendo la sua crinita cervice, divorando i sentieri, e gli
spazj immensi del prato colle rapide corse, senza invidiare la libertà
dei campi dell'Iri, o del Galeso.

Un po' più in là, in altri campi l'agricoltore mena l'aratro cantando,
e i suoi più teneri figli giuocano d'intorno a lui; frattanto che
quelli, che sono capaci al lavoro, strappano la cattiv'erba ne' solchi
seminati. Il travaglio risparmia alla gioventù il disordine delle
passioni, risparmia i mali, sostiene la salute, prolunga i giorni della
vecchiaja; e questa buona gente alla fine della giornata, per lo meno
si è sottratta alla noja, ch'è ben di spesso il tormento del ricco, e
della grandezza.

Ma è tempo di finire il nostro passeggio. Un frutteto ci riconduce a
casa.

«Ho voluto soltanto darvi un leggier saggio delle bellezze, e delle
varietà, che si possono rincontrare nella natura; intraprenderei
invano di rappresentarvi tutte quelle, di cui essa n'è suscettibile. La
differenza delle colture, le ineguaglianze del terreno, la diversità
degli stessi oggetti, osservati da differenti punti, e sotto diversi
aspetti; finalmente tutta la fecondità dello spettacolo dell'universo
non può non offrirvi in una maniera, o nell'altra dettagliati oggetti
in tale abbondanza, che non sarete imbarazzato che della scelta. Ma
nelle parti, come nel tutto non contrariate mai la natura»[27].



DEI GIARDINI PUBBLICI.


Non è da lasciarsi dimenticato in proposito di giardini qualunque
abbellimento conveniente ai luoghi pubblici, siano piazze, passeggi,
mercati, monumenti, licej, nosocomj, ec., i quali possono essere
abbelliti di piante, di ombre, di acque, di edifizj analoghi a tutto
quello, di cui si è fatto parola, parlando dei giardini Inglesi.

Oltre le grandi piazze, che una città considerabile deve rinchiudere,
ornate da statue, da monumenti, da fontane, ed anche da alberi, e
circondate da fabbriche eleganti; deve altresì avere entro le sue mura,
o in vicinanza delle sue porte alcuni luoghi destinati al pubblico
passeggio. Questi luoghi sono consacrati all'esercizio, alla libera
respirazione, al ristoro, e alla conversazione; quindi l'ordinanza,
e la maniera, giusta la quale saranno ideati, risponderà alla loro
destinazione. I giardini pubblici vengono riguardati oggigiorno
come un bisogno importante per gli abitanti di una città, poichè non
solamente temperano i travagli della giornata, risvegliando sentimenti
aggradevoli, ma insensibilmente ancora rimuovono il cittadino dai
divertimenti ignobili, e pericolosi, e lo avvezzano a trattenimenti
migliori, all'uso d'una sociabilità più dolce, e più compiacevole. Le
diverse condizioni guadagnano a rapprossimarsi in tai luoghi: gli uni
adottano un contegno più decente, un sembiante modesto meno affettato;
gli altri un'affabilità più prevenente, ed una più facile urbanità. Nel
giardino pubblico bisogna che vi sia tutto per tutti; in esso le madri
conducono i teneri figli a godere dell'aria aperta, e a sviluppare
con semplici giuochi l'agilità delle loro membra; in essi l'artista
concorre a sollevarsi nei giorni di riposo dalle fatiche ordinarie;
la gioventù robusta vuol rinvenirvi i facili modi onde esercitare
la ginnastica forza; il pensatore vi cerca i passeggi solitarj, ed i
monumenti instruttivi; il grave magistrato vi rintraccia le piacevoli
distrazioni; e le molli donzelle vi gustano la dolce frescura, il
delicato olezzo, e la voluttà del riposo.

Un giardino pubblico deve trovarsi, per quanto è possibile, in sito
aperto, e circondato da ridenti lontananze; dovrà avere alcune parti
ombrose a ciascun'ora del giorno, ed altre felicemente esposte durante
l'inverno. La piantagione sarà composta d'alberi, le cui larghe
foglie spandino molt'ombra, e formino grandiose volte. I viali saranno
larghi, comodi, moltiplicati, e preferibilmente in linea retta. Ciò
non pertanto un pubblico giardino d'una vasta estensione, oltre i
viali rettilinei, potrà contenere larghi sentieri tortuosi, praticati
nel folto de' boschi, e ne' separati boschetti. Ciò sparge varietà
nel totale. La comodità, e la sicurezza della gente a piedi esige che
ne' sentieri, che gli sono assegnati, non vi passino nè carrozze, nè
cavalli.

Non solamente si collocheranno sedili, e si destineranno seggi coperti,
e piacevoli ricoveri nelle parti più scelte; ma se ne proporzionerà
ancora il numero al bisogno della folla de' passeggiatori, e si
distribuiranno ad opportune distanze. Queste piccole fabbriche siano
varie per la forma, eleganti e leggiere per la loro costruzione.

Qualora un fiume, o un canale ne percorra il recinto, agili barchette
v'invitino alla gita sull'acque, ed al piacer della pesca. Devono in
recondita parte i bagni prestare il loro refrigerio, e le ampie vasche
addestrare i nuotatori. Vi siano spazj destinati, ed acconci per ogni
sorta di giuochi ginnastici, e di corse. Gli edificj pubblici, eretti
dall'eleganza, e dal gusto, accoglieranno nelle ampie sale le danze, i
giuochi, i festini, le refezioni: nessuno de' piaceri della vita sarà
trascurato; a tutto sarà previsto.

Le pubbliche feste potranno celebrarsi con tutta la pompa; e sarà di
modo disposto, che i viali regolari offrano il comodo di illuminazioni
brillanti, onde tramutare con artificio l'oscurità della notte nella
chiarezza del giorno; i boschetti si rischiareranno con faci meno
ardenti ad imitare il pallore della luna; e le mete, i prospetti
saranno innondati da scintillanti fuochi artificiali.

La frequenza del concorso esclude tutto ciò, ch'è raffinato,
delicato, e facilmente struggibile. Ma si possono d'altra parte più
utilmente ornare i pubblici passeggi, presentando al cittadino quà,
e là frammezzo a' suoi stessi divertimenti delle saggie lezioni, e
delle interessanti reminiscenze, col mezzo di quadri, di statue, di
monumenti. Si rammentino al popolo le sue virtù nazionali, la fortuna
de' pubblici avvenimenti, le azioni de' migliori suoi concittadini. Una
delle pubbliche passeggiate d'Atene consisteva in alcuni portici ornati
da quadri, che rappresentavano le belle azioni fatte da' benemeriti
cittadini[28]. Si è poco pensato ancora a' giorni nostri a decorare
consimili siti dedicati ai pubblici diporti, d'opere dell'arte,
che onorino l'utile merito, imitando in ciò gli antichi, che non
trascuravano mai ne' pubblici luoghi d'animare i cittadini alle virtù
colle immagini delle virtù civili. Quanto sarebbe facile a ciascheduna
città d'innalzare ne' pubblici suoi passeggi un monumento consacrato
all'uomo più meritevole, nato nel suo seno! Ne' grandi giardini
pubblici delle capitali si potrebbe dedicare ad alcun illustre
poeta, artista, o filosofo, o guerriero celebre, qualche particolare
boschetto, e decorarlo coi loro mausolei, collocati in iscene disposte
a disegno, tratte dal carattere del genio, cui sarebbero consacrate.

Sarà piacevole che vi s'incontrino serragli di fiere, ricinti
d'augelli peregrini, parchi di cervi, e di damme; che le acque siino
popolate di cigni; che insomma tutto spiri il movimento, e la vita.
Nulla di piccolo, nulla di meschino è perdonabile in questi pubblici
luoghi. I mezzi delle nazioni sorpassano quelli de' privati; e tutto
ciò ch'è pubblico, deve portare l'impronta della grandezza, e della
magnificenza[29].



GIARDINI D'UNIVERSITÀ, E D'ACCADEMIE.


Amano le muse ridenti eminenze coperte, ed adorne di ruscelletti, e di
fiori. L'Elicona, antica sede delle nove suore, era uno de' monti più
fertili, e più arborati della Grecia.

Le operazioni dello spirito ottengono successi più pronti, e più
felici, allorchè siamo circondati d'oggetti, che per loro natura ci
apportano grate impressioni. La bellezza, e la serenità del luogo,
allettando i sensi esterni, ravvivano l'immaginazione, e raddoppiano
l'attività dello spirito. Noi lo sappiamo per prova a qual punto la
nostra lena è rianimata, allorchè ritorniamo al travaglio dopo aver
fatto graziosamente dell'esercizio in un giardino. L'amenità dello
spirito, eccitata dal godimento della bella natura, fa dovunque la
nostra contentezza, e contribuisce possentemente allo sviluppo delle
disposizioni, per le quali si formano l'oratore, il poeta, e l'artista.

La città altera, e deprava il gusto della gioventù; la campagna, e i
giardini lo rimenano al suo naturale istinto, e prestano preziose,
e facili attrattive alla sua coltura. Le circostanze, fra le quali
comincia la prima educazione dell'uomo, sono importanti. Il tuono, sul
quale si monta la nostra sensibilità, e che ci accompagna per tutta
la vita, è dipendente in gran parte dalle prime impressioni, che ci
han colpite. De' giovanetti cuori, a cui di buon'ora si è inspirato il
gusto della mondezza, dell'ordine, e dell'amenità, non lo perderanno
così facilmente, e passeranno queste qualità ne' loro giudizj, e
nelle loro azioni. La ristrettezza, il disordine, il tristo aspetto,
che presenta una cattiva scuola, o una casa d'educazione, inceppa,
ed intorpidisce le anime della gioventù, che vi si trova rinchiusa,
e basta a renderle insensibili alle delicate impressioni del bello,
che spiegano le grandi opere della natura, e dell'arte. Tutto ciò che
trasmette idee, e sentimenti d'ordine, di convenevolezza, di beltà;
gli edificj, e i giardini, che contribuiscono grandemente a ciò,
non saranno meno essenziali, che i buoni maestri agli stabilimenti
destinati all'educazione. Diversi collegi delle università di Oxford,
e di Cambridge hanno vaghi giardini. L'università di Dublino ha un
parco ripieno di campestri attrattive. Alcune università di Germania
rinchiudono vasti passeggi; ma siamo ancora ben lontani d'avere de'
giardini accademici, quali converrebbero.

Un'accademia, dove si addestra la miglior gioventù dello stato alle
scienze, alle arti, e al servigio della patria, esige un sito sano,
aggradevole, e tranquillo. Le mediocri città, e i grossi borghi sono
preferibili a tal uopo alle rumorose città, e commercianti. L'aspetto
dell'edificio, distribuito con sapere, ed ornato da buona architettura,
sia bello, ed attraente. Vi avrà un giardino annesso, le cui
piantagioni formeranno vaghi boschetti sacri ad Apollo, alle Muse, ad
Ebe, disegnati d'una maniera caratteristica, e decorati dalle statue,
e dai busti di queste divinità. Una campestre biblioteca, e parziali
collezioni di storia naturale potranno essere sparse a proposito nel
giardino, e potranno esservi case consacrate ai più illustri filosofi,
e ai più chiari ingegni, ove i loro scritti si trovino accanto alle
loro immagini. L'ordinanza del totale riuscirà facile, naturale,
progettata con nobile semplicità, ed eseguita con gusto, e con
discernimento.

Vi sia un orto botanico; e soprattutto s'insegni in tai luoghi l'arte
benefica della coltura de' campi, e delle utili piante. Essa fornisce
alla gioventù trattenimenti ripieni di allettamento, e d'interesse.
Nelle parti appartate vi siano vasche per i bagni, e per la nuotazione,
cavallerizza, e spazj destinati a diversi giuochi, ed esercizj di
corpo.

La particolar destinazione di ciascheduna casa di educazione farà
nascere facilmente nuove idee, relative alla disposizione del totale, e
delle parti.



GIARDINO D'OSPITALE.


L'interesse degl'infermi, e quello de' sani domanda, che gli ospitali
siano stabiliti fuori del ricinto delle città, in siti salubri, bene
esposti, e secchi. In tali situazioni potranno tanto più facilmente
avere un conveniente giardino, che circondi tutto all'intorno
l'edifizio.

Un giardino d'ospitale deve offrire all'occhio dell'ammalato una
vista ridente, e fiorita; alla sua orecchia una placida tranquillità:
al convalescente un agiato passeggio, il benefizio dei tepidi raggi
solari, e una ristorante freschezza, cagionata dall'aria libera, e
dalle salutari esalazioni delle piante, e dei fiori. Le piantagioni
si stenderanno lungo i sentieri asciutti, e ben sabbiati, guarniti
d'abbondanti sedili, e varj. Viali troppo fitti renderebbero l'aria
umida, stagnante, malsana; sono preferibili i gruppi di piante a
fogliame rado, e leggiero fra cespugli, e piante odorose. Gli alberi
coniferi, e resinosi ne siano proscritti. In un giardino d'ospitale
tutto inviterà al godimento de' piaceri benefici della natura,
all'obblìo delle infermità, e degli affanni della vita, e a far sperare
un avvenire, e de' giorni più prosperi: quì deve tutto respirare
quiete, e placida serena gioja, che nessuna scena malinconica, nè
alcun vestigio della nostra fragilità intorbidi. Li frequenti spazj
vuoti saranno animati da erbosi tappeti, e da ridenti piantagioni di
fiori. De' ruscelli, il cui mormorìo sia sensibile, ivi scherzeranno
piacevolmente. Si potranno disporre spaziosi massicci di piante a odori
forti e balsamici, ed attirarvi una folla di canori uccelletti, che co'
loro canti facciano risonare la gioja in cuori oppressi. Vi si potrà
annettere un giardino di semplici per uso non meno che per diletto.



DE' GIARDINI DI CONVENTO.


Questi giardini, allorchè non sono consacrati all'utile, esigono un
particolare carattere, dipendente dalla destinazione dell'edificio, dal
genere di vita de' suoi abitanti.

In Inghilterra v'ha più d'un esempio di case di campagna fabbricate
a foggia di monastero. Strawberryhill, campestre dimora del
celebre Orazio Walpole, è un modello in questo genere. Lo stile
dell'architettura, i mobili, le vetrate dipinte delle finestre, e tutti
gli ornati sembrano del decimoterzo secolo. Non è desiderabile però che
venghino alla moda le case di campagna in forma di chiostro (a meno che
ciò non nasca per ripiego), che non presentano, che un leggierissimo
vantaggio, quello di potervi cioè applicare a proposito l'architettura
gotica.

   [Illustrazione: _Tav. XXXII._ Campo santo, d'invenzione de la
   Gardette.]



GIARDINI ANNESSI AI CIMITERJ.


I cimiterj sono que' luoghi, che per loro stessi, ricordando
all'uomo il più luttuoso di tutt'i momenti, abbisogna che nel loro
aspetto diminuiscano il ribrezzo, che viene causato dall'idea della
dissoluzione, ornandoli con maestosa semplicità di tutti quegli
oggetti, che possono sussidiare l'immaginazione colle idee del riposo,
e della riproduzione.

Le piante, che hanno il verde perenne, come i pini, i cipressi, i
tassi, ed i lauri, sembrano essere esclusivamente volute per ornare
questi ricinti, sia per l'idea funerea, che la consuetudine vi ha
applicata, sia perchè mostrando queste piante di avere una vitalità
permanente, che non riceve insulto dal verno, consolano l'umana
ambizione, che tanto spesso ama di pascersi di felici illusioni.

Presso gli antichi Romani il cipresso era consacrato alle tombe, ed era
l'emblema della morte, come la rosa quello del piacere. Questi alberi
circondavano i loro tumuli, che non nascondevano in angoli remoti,
ed oscuri, ma che collocavano in siti scoperti, e vistosi, e lungo le
pubbliche vie.

Gli alberi piantati ne' cimiterj non solamente servono ad indicare
i siti, ove giacciono amate spoglie, ma ancora a purificare l'aria;
poichè le piante diminuiscono le cattive esalazioni, o almeno le
rendono men perniciose. Gli alberi servono ancora ad arrestare lo
stanco passeggiero là dove tanti monumenti atti a commuoverlo gli
richiamano in mente interessanti rimembranze, e gli destano utili
riflessioni.

Vi sono de' grossi borghi, e delle piccole città in Inghilterra, dove
precisamente i campi santi offrono il solo passeggio pubblico alla
popolazione; ma per quanti ornamenti, e quanta delizia vi sia sparsa,
non è mai possibile di allontanare totalmente da quelli l'idea della
tristezza, e del dolore.

Devono i cimiterj accogliere ne' loro ricinti senza ributtare per un
aspetto eccessivamente tetro, non devono invitare con troppo lusso di
ornati, e di amenità.

Li frequenta ora il pensatore malinconico, ora le madri piangenti,
ora la vedova sposa, e l'orfano figlio, e sentono mitigare per la
semplicità degli abbellimenti di quel ricinto il dolore, che vengono ad
esalare sulle tombe de' congiunti, e degli amici.

Lodevole è quella legislazione, la quale avendo in cura gli oggetti
sovraccennati, ha tenuto di mira di allontanare questi luoghi
dall'abitato per procurare la maggiore salubrità dell'aria, e non
serbare sott'occhio con troppa frequenza gli oggetti di commiserazione,
e di dolore agli abitanti[30]. Più lodevole ancora sarebbe se si
adottasse la pia e più salubre costumanza di serbare soltanto colla
memoria e il nome degli estinti le ceneri, in luogo di custodirne le
ossa. Più semplici in questo modo, e meno dispendiosi riescirebbero
i monumenti di tutti coloro, che hanno un dritto affidato alla
riconoscenza dei posteri, e all'amor della patria. Fede ne facciano
i colombari Romani, che ne' vasi cinerarj ci hanno serbate le memorie
di tanti illustri cittadini colle ceneri unite alle sepolcrali
inscrizioni in piccoli spazj appunto, o nicchie, come i colombi
sogliono praticare per riporre i loro nidi. Almeno tal costumanza
potrebbe aver luogo fra i cittadini agiati, li di cui cinerarei
sarebbero riposti ne' rispettivi poderi, come si costumava presso
la più grande nazione del mondo. Frequenti e necessarie distinzioni
convenendo alla diversità delle persone, d'uopo è, che introducasi
nel ricinto una simmetrìa, che offra la collocazione dei tumuli più
o meno eminente secondo i rispettivi ranghi. La più esatta eguaglianza
morale, e politica diviene ineguaglianza di fatto; e per conseguenza
il sarcofago, che eterna la memoria del liberatore della patria, e
del sommo legislatore, sarà più eminente, e più ornato dell'urna
d'un cittadino privato. I padri additeranno ai figli la storia delle
gesta degli avi, e lodevole invidia, e grata rimembranza faranno
emulare la celebrità dei predecessori.

Abbiano i cimiterj un sito esposto ai venti, che purificano l'aria;
il paese all'intorno sia solitario, serio, e tranquillo. Felice chi
potendo edificare questi ricinti in luogo, ove scorrano acque, saprà
trarne il convenevole partito, e introdurrà dei ruscelli lustrali, che
lambendo l'erba, e il piede delle piante possano contribuire col grato
loro rumore ad interrompere il silenzio del luogo. I giardini annessi
ai cimiterj devono considerarsi fra la classe di quelli, in cui regna
una dolce malinconìa.

Il locale non sarà chiuso, ma protetto da una bassa muraglia, o da un
fosso. Al di dentro una lista di pioppi piramidali, o di cipressi ne
circonscriveranno simmetricamente lo spazio. Frammezzo queste piante
vi siano spiazzi, che rinchiudino edificj funebri, cappelle mortuarie,
cenotafj, e mausolej distinti con saggie inscrizioni, e vere. L'area
sia vacua, e serva alle sepolture comuni, nel cui centro sorga un
tempietto d'eccellente stile. Il lato aperto in avanti sarà chiuso da
cancellata[31].

Il totale deve rappresentare un quadro tristamente grande, e maestoso,
che non avendo in se niente di ributtante, nè di terribile, smuova
ciò non pertanto l'immaginazione, e porti nello stesso tempo nel cuore
un'emozione piena di pietà, di tenerezza, e di dolce malinconìa.

Tutte le popolazioni hanno molto contribuito alla memoria dei loro. I
monumenti, che ci rimangono, ne fanno fede; e le memorie, che ci sono
state tramandate dei riti sacri dell'antichità, ci attestano quanto
rispetto s'avesse pei funerali, e pei sepolcri. Questo degenerò in
superstizione esagerata, poi fatalmente è passato in moltissimi luoghi
a una noncuranza colpevole. Possa risalire colla decorosa semplicità
dei monumenti a conservarci le illustri memorie de' cittadini
arricchiti delle virtù più eminenti, e nello stesso tempo non si vegga
più profanato il municipio da' tristi oggetti di lutto.

   [Illustrazione: _Tav. XXXIII._ Uccelliera del cittadino P. A.
   Zappa a Sesto.]



GIARDINI RELATIVI ALLE STAGIONI.


Ciaschedun cantone non è egualmente aggradevole duranti tutt'i mesi
dell'anno; l'esposizione, e il suo carattere rendono dispiacevole in
una stagione un soggiorno, che faceva piacere nell'altra. La natura
ha dato ad ogni parte dell'anno il suo carattere proprio, come le
particolari sue piante. Inoltre ciascheduna stagione è accompagnata
da una quantità di circostanze, e d'accidenti, che non appartengono
che ad essa sola. La natura stessa c'indica adunque che formando
un giardino, bisogna fare attenzione alle distinte influenze delle
stagioni. Le successive loro variazioni mantengono, e rianimano il
gusto, che si prende agli allettamenti proprj di ciascheduna. Il gusto
personale, i bisogni, o la disposizione d'un sito, che abita un amico
de' giardini, possono altresì condurre a progetti di tale specie; ed è
per tal maniera, che noi avremo de' giardini di primavera, dei giardini
d'estate, d'autunno, e d'inverno.

Tutto il sapere dell'artista giardiniere consiste nel presentare sotto
l'aspetto più favorevole ciò che la stagione ha di particolare, e
tutto ciò, che il suo carattere ha di bello, e di piacevole; riunendo
le circostanze avvantaggiose, ed accidentali, che l'accompagnano,
rinforzandone gli effetti, per quanto è dato all'arte, ed escludendo
tutto ciò, che non si accorda col piano di questa particolar
disposizione. Cosicchè tutto quello, che la natura dispiega di
caratteristico in ciascuna stagione nei differenti climi, sembri quì
riunito, e reso più bello.



GIARDINO DI PRIMAVERA.


I fiori, il sereno, e la gioja coronano la gioventù dell'anno. La
natura risvegliandosi dal suo sopore celebra i giorni ridenti della
nuova sua nascita. Tutto è ripieno di movimento, e di vita. Le valli,
e i prati s'adornano di fresca verdura, e degli smaltati doni di Flora.
I boschi mettono foglie, e fiori; e l'esalazioni balsamiche ondeggiano
per l'aria divenuta più calmata. Le ingrandite ombre campeggiano,
e maestrevolmente contornano, e fanno risaltare gli oggetti. Il
cielo sgombro dalle nubi, brilla d'un celeste chiarore, che rianima,
e ristora, e riluce sui ruscelli, e sui fiumi, che susurrano, e
mormorano, scorrendo con piena libertà.

Nei campi tappezzati d'erba le tenere agnella seguono belando la madre,
mentre sulle alture un più robusto bestiame sorbe a lunghi sorsi
i torrenti del nuovo aere, e fa rimbombare i suoi lieti muggiti di
colle in colle. I boschi risuonano d'innumerevoli accenti d'uccelli,
che cantando si chiamano, che fabbricano cantando i novelli ricoveri
d'amore, e che s'addormentano, e si risvegliano cantando. Frattanto
i sensi dell'uomo sono destati: un sentimento, che lo riscalda, lo
penetra, e si sente rianimato, ed acceso d'entusiasmo; dimentica
le città, e le loro occupazioni, e brighe, e respirando con maggior
libertà, corre incontro alle voluttà, alle quali l'invita la natura
campestre.

Questa è la festa di Flora. Gli alberi, i cespugli, e le piante, che
in questa stagione fanno mostra dei loro fiori in tutta la vaghezza
della vario-colorata loro pompa, devono decorare col loro smalto,
e colle loro vacillanti ombre il verde tenero degli spazj erbosi.
Perciò tantosto si disperdino isolate sul verde tappeto; tantosto si
radunino in gruppi, e compongano folte masse a vaghe mischie, ed a
soavi odori, o s'innalzino in forme piramidali, dominati dalle fiorite
cime, al tempo stesso, che all'intorno pendano mazzi diversi d'arbusti
men alti; e si riuniscano in leggiadri boschetti, consacrati alla
primavera. L'artista giardiniere sceglierà le famiglie, e le specie,
che forniscono una successione di fiori, e li radunerà in modo di non
lasciarne mai priva la scena. Porrà attenzione a scegliere i gambi
d'una forma più bella, perchè anche dopo la fiorita non offendano
l'occhio; e sarà diligente in levare tutto ciò, che diggià è passato.
Le piante a frutta non sono mai abbastanza raccomandate per le scene
di primavera, per motivo della loro bella fiorita, ed anche i fiori
a cipolla, de' quali si puonno comporre vaghi strati pittorescamente
dispersi in quà, e là sulla fresca erba.

L'esposizione del giardino di primavera sarà al mezzogiorno. Una serie
di collinette illuminate dal sole, e leggiadramente gonfiate, che
spieghino ondeggiando le loro dolci pendenze senza rabbassi profondi,
sembrano offrire il sito più analogo a questo carattere. Questo sito
acquista maggior pregio ancora, quando si possa nelle piccole valli
trammezzo a' lucidi sassi far gorgogliare qualche rigagnolo, di cui
le acque sieno trasparenti, e chiare, il corso animato, moderato il
mormorìo, e le rive coronate di fiori, che pendano, e che si mirino
nel liquido elemento. Le acque, e i cespugli attirano la melodìa dei
colorati augelli, la cui compagnìa non è giammai più aggradevole, che
nel corso di questi giorni festosi, sacri all'amore, e alle canzoni.
Che la serenità, e la gioja regnino in ogni parte del giardin di
primavera. Tutte le decorazioni, tutte le opere dell'arte devono
annunciare l'indole della stagione, la gioventù, e l'allegrìa.

Appartengono a questo cantone i seggi scoperti, gli alberi piegati ad
arco, i tempietti ridenti, collocati in faccia di belle prospettive,
circondati al di fuori di piante fiorite, ed ornati al di dentro
d'immagini, che non respirino che il piacere. Le fabbriche saran
leggieri, e d'uno stile gajo. Iscrizioni collocate sulle fabbriche, e
nei siti di riposo possono altresì contribuire a renderci più attenti
alle scene di primavera, e invitare a godere de' piaceri, ch'ella ci
offre.

Quì fra ciocche di rose, e di gelsomini, e fra i gruppi di mandorli,
e d'arbusti fioriti, frammezzo alle esalazioni balsamiche del giglio
convalio, della madre selva, del giacinto, e dei narcisi, vicino ai
boschetti, ove il cantor d'amore invita co' suoi accenti, al lungo de'
ruscelletti, su le cui rive crescono la violetta, la precoce pivonia, e
l'iride odorosa, quì le grazie, e l'amore amano avervi e sede, e culto.

   [Illustrazione: _Tav. XXXIV._ Latterìa di Hohenheim.]



GIARDINO ESTIVO.


La state ha le sue parti caratteristiche, e le sue particolari delizie.
Le piante crescono nella pienezza della loro vegetazione, e i frutti
de' campi, e degli alberi si colorano all'accostarsi della loro
maturità. Mille fiori sbucciati di fresco presentano tutte le loro
attrattive. Dappertutto il fogliame interamente sviluppato si comparte
in folte volte, galleggia nell'aria, e diffonde la benefica sua
ombra, rivestito il verde di tutta la forza del suo colorito. I boschi
ondeggiano fieri per la bellezza delle loro frasche. I prati, e i campi
esalano abbondantemente i loro balsami, e sono animati dall'allegro
spettacolo, che presenta la segatura, che fra le occupazioni de'
mietitori risonano di riso campestre, e di liete canzoni, e del grido
monotono della nascosta quaglia. A queste scene succedono quelle delle
diverse raccolte dei grani. Le mandre attestano co' loro muggiti la
gioja, che loro inspirano le pingui pasture, e la secchia ridonda di
latte. I temporali abbozzano sulle nubi i più superbi quadri. Col caldo
s'aumenta l'ombra, e colla lunghezza del dì s'accresce la profonda
oscurità de' boschi. La state dà a ciascheduna parte del giorno un
carattere, e degli allettamenti distinti; al mattino una freschezza,
che ristora; al mezzogiorno una chiarezza accompagnata da ardore, e
da un silenzio solenne delle cose; alla sera una salutare diminuzione
di calore, ed una placida calma. Le notti senza tenebre scorrono
piacevolmente nel seno di un amabile crepuscolo; la loro freschezza,
gli odori soavi, che esalano allora, l'universal quiete ravvivano la
natura, che dorme, e lo stellato cielo le sorride.

Il giardino d'estate è specialmente destinato a procurare un pieno
godimento de' piaceri di questa stagione, e a difendere dalle sue
incomodità.

Si cerca in questa stagione un'ombra benefica; un folto bosco di
faggi, o di quercie, sarà dunque un gran presente di natura. Tuttavìa
l'industria deve prestarsi al suo soccorso nel giardino estivo. Devesi
particolarmente far caso degli alberi a foglie grandi, e contare
sul tiglio, sul castagno d'India, sull'acero, sul platano, e sulla
catalpa. Il passeggio riesce fresco, e piacevole sotto queste piante,
che forniscono a' siti di riposo un rifugio pieno d'amenità. Ma oltre
l'ombra dobbiam contare sui fiori, e sui frutti della stagione.

Perspettive, che diano su praterìe coperte d'armenti, e su' campi
coronati di spighe, sono valutabili quanto mai nella specie di
giardini, di cui parliamo.

Nulla combina più col carattere della state, che la freschezza
dell'acque. Un sito abbondante di ruscelli, e di cascate, che i giorni
più adusti non impediscono di mormorare, riesce de' più felici,
come de' più rari. Il lago presenta un godimento più sicuro, e più
indipendente dai capricci del caso. Il solo aspetto dell'acqua rianima,
ed il suo specchio rallegra col quadro, che presenta delle colline,
degli alberi, e del cielo. I passeggi, ed i comodi ritiri in nessun
altra parte riescono più aggradevoli, che quì. Le fabbriche diventano
un vero bisogno per questi giardini. Primieramente devono prestare un
ricovero contro il caldo, e una dimora fatta per il riposo. Attesa
l'abbondanza del fogliame, che appartiene alla state, le fabbriche
ponno divenire oggetti oltremodo pittorici, soprattutto per la loro
situazione, pel colorito, e per la combinazione cogli alberi, e
l'acque. Possono essere ancora di varj caratteri. In parte ricca,
e fertile sorga il tempio di Cerere; in un sito selvoso, e folto si
presenti una capanna, formata da scorze d'alberi, ed a canto del prato
una vaga latterìa, che abbellendo ne qualifichi la scena.

I bagni sono più che un semplice oggetto di piacere in un giardino
della state.

In un giardino d'estate hanno luogo ancora i passeggi sotterranei,
idea niente nuova, e felicemente praticata in Inghilterra, ed anche in
Francia; e tra gli altri giardini in quello, che apparteneva un tempo a
madame Brunois in Parigi ai campi elisi.



GIARDINO D'AUTUNNO.


In questa stagione la natura non è più occupata che a dare
l'ultima raccolta de' suoi frutti più abbondanti, ed a prepararsi
insensibilmente al riposo. Le foglie cominciano a seccarsi, e a cadere;
la forza vegetativa, e vivificante s'indebolisce; tutto, compreso pure
il giorno, tende a decrescere. Tuttavolta l'autunno non manca de' suoi
piaceri, indipendentemente ancora dalle feste della vendemmia.

Il temperato ardor del sole non apporta più che un dolce calore.
Un'imponente calma posa sui campi, e sulle foreste. Le nebbie del
mattino, che distruggono lentamente le foglie degli alberi, ravvivano
la verdura de' prati. E quale spettacolo pittorico, allorchè la
fiaccola del giorno si dispiega dissipandole, e che una nuova creazione
si eleva con una risuscitata bellezza! Un sentimento pacifico di
voluttà, e di riconoscenza, che inspirano gli ultimi beneficj della
natura, una dolce malinconìa all'aspetto di queste scene, che non
lasciano più sperar nulla, tristi scene di fragilità, sono i due
sentimenti predominanti, che imprime autunno.

In questa stagione le piante, e i boschi porgono ai nostri occhi un
nuovo spettacolo in fatto di colori. Nella state tutto era rivestito di
verde, in adesso da un tuono d'un colore si passa a un altro; dal verde
pallido al gialliccio, al bruno, e al rosso, con una varietà infinita
di degradazioni, e di mischie.

I diversi frutti non contribuiscono meno ad abbellire le scene
autunnali. La vite principalmente riclama il suo posto, la quale si
potrà impiegare ora a coronare gli alberi, ora a serpeggiarvi intorno,
ed ora a formar pergole. Grato al sole nascente è il vedere tra folti
ammassi di tralci i pesanti grappoli d'uve tinte del colore di rubino,
o fiammeggianti di quello dell'ambra, insidiati dall'ingordigia del
merlo, e di tutta l'alata famiglia. Flora ancora abbellisce gli ultimi
giorni dell'autunno, e quasi tutt'i fiori, di cui s'adorna questa
stagione, conservano più a lungo la loro bellezza, che i prodotti
teneri, e fugaci di primavera.

L'artista giardiniere deve costantemente occuparsi a scoprire tutti
gli accidenti piacevoli, che accompagnano l'autunno. Impastando le
tinte diverse degli alberi, e degli arbusti, formerà coll'unione, e
colla disunione quadri incogniti alle altre stagioni. Non v'ha sito
più opportuno per far mostra di questa pittura, che un colle a dolce
pendìo. Sarà bello vedere una piantagione, che comincia da un ridente
prato disseminato di fiori d'un colorito vivo, e monta presentando
arbusti a bache gialle, e rosse, va continuando con alberi, e con
boschi, le cui foglie sono vario-tinte, e alternate da colori gialli,
rossicci, pallidi, verdastri, e termina con gruppi serrati d'alberi
coniferi, che rivestiti di verde cupo, sono abbracciati dalla celeste
volta.

Casini di caccia, e capanne d'uccellatore sono convenevoli quanto mai
al carattere dell'autunno; e ne' suoi giorni estremi campeggieranno con
verità, e con effetto tutte le sorti di rovine.



GIARDINO D'INVERNO.


Anche in mezzo alle nevi, e fra' ghiacci, gli accidentali fenomeni
cagionati dal sole, e dalla luna al lor levarsi, ed al lor coricarsi,
presentano sotto un aspetto più dolce, e più vago l'universal biancura,
per cui il nostr'occhio è abbagliato, e la cui monotonìa lo stanca.
E qual prodigio non è mai la formazione del ghiaccio? Ove l'acqua
profonda ondeggiava, là giuoca imperterrita la gioventù del villaggio,
ed il corsiero marcia fieramente su' fiotti incatenati. La caduta
del fiume si sforza invano di sprigionarsi; le gocciole riunendosi
cercano di pur colare, ma s'induriscono. La notturna brina infiora i
vetri dell'abitazione, e vi abbozza paesetti, che contornano con tanto
vezzo i raggi della nascente aurora. E qual sentimento di salute, e di
robustezza rianima tutta la natura umana? È questo il tempo non solo
delle faccende domestiche, ma dei gran travagli ancora alla campagna,
ed al giardino, il tempo opportuno per operar movimenti, e trasporti di
terra, ed è quello in gran parte della piantagione.

Abitando noi un paese, ove questa stagione ben a lungo, e ben di
spesso vi esercita tutto il suo rigore, dobbiamo tanto più cercare a
preservarci dai suoi incomodi, ed approfittare de' suoi piaceri. Noi
siamo chiamati a crearci de' giardini d'inverno a dispetto pur anche
de' capricci della natura. In un comodo e ben inteso giardino vernale
si può gustare pur anche una parte de' piaceri delle belle stagioni
ne' dì temperati, e sereni, che s'incontrano sovente ne' mesi più
rigidi. Il verde allora porge agli occhi un incanto inesprimibile, ed
i piacevoli momenti, che ci accorda il sole, riescono tanto più grati,
quanto sono più brevi. Uno stormo d'uccelli, che svolazzino fra gli
alberi sempre verdi, e che divertano col loro garrito, non apporta
un'immagine perfetta di primavera; ma ciò sparge una certa giocondità
sull'asprezza della stagione.

La destinazione d'un giardin vernereccio è limitata. Non vi si può
cercare in là d'un piacevole ricovero contro l'inclemenza del tempo, e
le necessarie comodità per respirare un po' d'aria, e per passeggiare.
In tale sorta di giardino la necessità è imperiosa, e la regolarità
stessa, da che riesce comoda, ha il diritto di reclamare la sua
presenza. Il giardino d'inverno sarà vicino alla casa, e riparato dai
venti rigorosi, soprattutto dai settentrionali. Si distenda verso il
mezzodì, e s'apra al sole, e alle benefiche sue influenze. Il sito
sia secco, ed aprico. I sentieri di sabbia saranno dappertutto al
coperto del vento. Se lo spazio, e l'estensione del luogo permettono
strade comode per l'equitazione, sarà ben fatto di praticarle,
separate però dai sentieri. Il piacere del giardino d'inverno consiste
particolarmente nelle diverse specie, e famiglie d'arbusti, e di
piante, che si conservano sempre verdi, o che lo sono più a lungo delle
altre; ed in ciò la natura ce ne fornisce un'ampia suppellettile. Di
queste piante ed arbusti si potranno comporre gruppi, e boschetti
vernali ammirabili, e produrre miscugli, e quadri di verdura del
maggiore effetto. Non con gran cura si può conservar verde il tappeto
erboso, e nel passeggio incontrare de' fiori, che la natura ha
riserbati a questa stagione.

Un orto vicino, ove la coltura vien continuata duranti quasi tutt'i
mesi, può altresì apportare divertimento. Sovra ogni cosa sembra
convenire ad un giardino vernale una serra ben costrutta, nella quale
si coltivino con cura le piante esotiche, che d'ordinario fioriscono
in questa stagione, ed imbalsamano l'aria. Situata nel mezzo della
piantagione, diventerà oggetto di sommo interesse per l'occhio; e
allorchè sarà aperta a cert'ore, cagionerà molto piacere, e molta
illusione. Vi si annetterà un'uccelliera per accrescere la delizia del
luogo.

I portici, i vestiboli chiusi con invetriate, ponno cangiarsi in
oggetti d'amenità. Anche in città sono opportune le serre diverse,
variamente congegnate; ed anche pensili a norma de' siti, e
dell'esposizione, con fiori, con piante, con uccelli, e con acque.
Altrove si conoscono già da molto tempo.

Del resto il giardino d'inverno può essere collocato, e disposto in
guisa, che rimanga aggradevole nei mesi più belli, e formi una parte
convenevole del totale.

Credo di non poter meglio terminare questi suggerimenti toccanti il
giardino d'inverno, che riportando alcune osservazioni, egualmente
delicate, che giudiziose, scritte a lord Kaims da un suo amico. «Noi
non contiamo d'ordinario nella vita che sul bene, e raramente sul male.
Noi portiamo questa inclinazione perfino ne' nostri giardini, dove
non coltiviamo che i doni della bella stagione, e dove non prendiamo
gusto che per le piante, che fioriscono col favore della rugiada, e de'
cocenti raggi del sole. Noi sbandiamo dalla nostra idea il terribile
inverno, durante il quale noi ci attristiamo doppiamente, per la
mancanza delle influenze benefiche di quest'astro, e perchè hanno dato
luogo al penetrante vento del nord, ed al freddo. In senso metaforico,
ed in senso letterale si può chiamare saggio il giardiniere, che
ci provvede d'un favorevole tetto contro le piaghe dell'inverno, e
che coltiva le piante suscettibili d'animare, e d'abbellire questa
lugubre stagione. Quegli che non sa ritirarsi sotto il portico degli
stoici, allorchè il giardino d'Epicuro ha cessato di fiorire, non è
filosofo; quegli che vuol bandire i fiori, e i profumi della state per
costantemente sedersi all'ombra de' cipressi, lo è di troppo.»



GIARDINI, O SCENE RELATIVE ALLE PARTI DEL GIORNO.


Le differenti parti del giorno nella bella stagione s'annunziano
con differenti caratteri. La vivacità, ed il sereno accompagnano il
mattino. La forza del sole nella state, ed il caldo pesano sul mezzodì;
il riposo e qualche cosa di quieto, e di temperato rinfrescano la
sera. La natura aggiunge a ciascheduna parte del giorno un seguito di
fenomeni, che le son proprj; e gli oggetti de' campi, diversamente
illuminati, presentano ad ogni istante nuove forme. Si potrà in
conseguenza compor scene, nelle quali non solamente le qualità proprie
a ciascuna parte del giorno s'offrano all'osservazione, ma dove ancora
sciolte queste qualità da quanto hanno d'incomodo, abbandonino al
godimento attrattive più dolci.

Ora seguendo il proprio gusto, ora la posizione del sito, che si abita,
ora i bisogni del suo genere di vita, e delle sue occupazioni, si può
fare del suo giardino un di mattina, del mezzogiorno, e della sera.
In un vasto ricinto si potrà pure combinare armoniosamente col totale
queste specie diverse di piantagioni, e di locali, riguardandoli come
altrettante scene distinte.

Il giardin del mattino vuol essere esposto al sol levante, in sito
aprico, con libere vedute dell'orizzonte, e dominato da cime di
colli, e da punte di roccie, ed anche da fabbriche, contro cui
scherzino piacevolmente i nascenti raggi. Ama il leggiero fogliame,
ed una feconda irrigazione. Una vaga pescareccia capanna alle rive
del lago, che inviti ai piaceri della pesca, in altra parte più
colta un tempio ad Apollo, l'amico delle ore del mattino, riescono
oggetti convenevolissimi a tal parte di giardino. Contemplate questo
tempietto dorico in rovina. Collocato sopra una leggiera eminenza,
ha da un fianco il folto del bosco, dall'altro vede montare il sole
sull'orizzonte. Il vestibolo è chiuso da ramata, e serve d'uccelliera.
La parte intatta del tempio contiene internamente un gabinetto con
porta, che v'introduce, e con un'altra che mette al vestibolo. Lo
spazio sotto al tetto, che rimane, è destinato per la nidificazione
degli uccelli, ed a servire ad essi di ricovero nella cattiva stagione.
Nel mezzo zampilla una fontana; quattro piccoli gruppi di piante la
circondano.

   [Illustrazione: _Tav. XXXV._ Tempietto antico in rovina,
   consacrato al mattino.]

Al mezzogiorno ricerchiamo l'ombra, e la freschezza; e tutta
l'attenzione dell'artista giardiniere debb'essere rivolta a ritrovare i
mezzi atti a pervenire a quest'intento. Acque placide, e zampillanti,
vaghi boschetti non abbastanza folti da impedire la corrente
dell'aria, e fabbriche avviluppate, almeno in parte, nell'ombra, la cui
destinazione risponda ai bisogni dell'ora. Vi sieno bagni, gabinetti
per il riposo, e tempj sacri a Bacco, ed a Como.

Allorchè la freschezza al tramontar del sole (rimarca un osservatore
delicato, il signor Gerardin) viene a distendere quella tinta dolce, e
piacevole, che annuncia le ore del diletto, e del riposo, regna allora
in tutta la natura un'armonìa sublime di colori. Egli è in questi
istanti, che il Lorenese ha colpito l'affettuoso colorito de' suoi
quadri pacifici, a cui l'anima si attacca insieme cogli occhi; egli
è in allora che la vista si compiace di passeggiare liberamente su
di un gran tratto di paese. I massicci d'alberi penetrati dalla luce,
sotto i quali l'occhio travede un ameno passeggio; vaste superficie di
prati, il cui verde è raddolcito dall'ombre trasparenti della sera; il
puro cristallo d'una placid'acqua, nella quale riflettono gli oggetti
vicini; i fondi leggieri d'una bella forma, e d'un vaporoso colorito:
tali sono gli oggetti, che convengono all'esposizione della sera.
Sembra che in tal momento il sole vicino ad abbandonare l'orizzonte
prenda piacere avanti di partire a maritare la terra col cielo; in
conseguenza appartiene al cielo la più gran parte dei quadri della
sera; poichè allora l'uomo sensibile ama a contemplare l'infinita
varietà di mescolanze, e di degradazioni dolci, e toccanti, delle quali
si abbelliscono il cielo, ed il fondo de' paesi, in questo delizioso
momento di tranquillità, e di raccoglimento.

La notte, che la providenza destinò al riposo degli esseri, sembra
dover rimanere priva del privilegio d'avere un giardino, che le sia
consacrato. Con qual piacere tuttavolta noi occupiamo una parte di essa
per gioire de' suoi piaceri nella state! E con quanta ragione il saggio
non occupa egli, durante questo religioso riposo della natura, il suo
spirito a riflettere sui mondi, che risplendono al dissopra della sua
testa!

Allorquando la luna si mostra pomposamente sull'orizzonte, il cielo,
sgombro da' vapori, offre uno spettacolo, che comunica alla terra un
nuovo incanto. Tutti gli oggetti vi guadagnano per l'effetto de' suoi
lumi smorzati, e teneri. Una tacita, e larga superficie d'acqua, oppure
un lago, sopra il quale si stende l'amica luce della celeste fiaccola;
i mormoranti ruscelli, e le cadute, i gruppi d'alberi, ed i boschi, fra
cui si caccia l'argentea luce, e si disperde soavemente; una pacifica
valle, che esala i profumi delle rinfrescate piante, o del trifoglio
recentemente tagliato; piantagioni composte di fiori, e di cespugli
odorosi: tutti questi oggetti appartengono al voluttuoso godimento
d'una bella notte estiva.

Un osservatore degli astri, nemico del sonno, ama trovare in un
consimile soggiorno, collocata su d'un poggio, una specula destinata
all'astronomìa. Il quì appresso esposto disegno rappresenta una torre
ottangolare atta all'osservazione dei venti, secondo i precetti di
Vitruvio. Il tritone, che poggia in alto, mostra colla sua conchiglia
le differenti direzioni del vento. Sul fregio sono disegnati gli otto
venti primarj, che sono suddivisi in ventiquattro minori, marcati dalle
testine introdotte nella cornice. Il ripiano superiore contiene una
sala adattata alle osservazioni astronomiche, che ha grandi aperture da
ogni lato, ed una maggiore in alto, levandosi il tritone.

   [Illustrazione: _Tav. XXXVI._ Torre astronomica, d'invenzione
   di Weinling.]

Da quanto si è accennato nel corso di quest'opera si concluderà che
un giardino del moderno gusto si presta a qualunque estensione di
terreno, dalla più piccola alla più vasta, formando un solo quadro
semplicissimo, oppure una serie diversa di quadri. Può farsi egualmente
in città, che alla campagna, con fabbriche, e senza fabbriche, senza
il soccorso dell'acqua, e tanto meglio con essa. Può essere oggetto di
pochissimo tempo, e di pochissima spesa, e diventare oggetto di sommo
dispendio, e d'una lunga cura.

A parti eguali d'un giardino magnifico dell'antico stile, costerà
sempre meno un moderno di gusto fisso. Non si dovranno mai appianar
monti, nè valli, nè fare l'immensa spesa per mettere a livello tutto
il circonvicino terreno. Il buon gusto non riconosce più le mostruose
macchine idrauliche, e le diramazioni immense di canne di piombo, che
penetravano nelle viscere della terra a foggia d'altrettante vene,
ed arterie. Si risparmia la spesa, ch'era cagionata dall'abbondanza
disgustosa delle cattive statue, e de' pessimi vasi. È cessato il
furore per i fiori a cipolla, delle quali cipolle taluna si è pagata
oltre la somma di mille fiorini. Si risparmia la spesa della perpetua
tosatura dei muri verdi, dei pilastri, delle colonne, degli architravi,
delle volte verdi; e la maggiore, ch'era necessaria, de' legnami,
de' ferri, e delle vernici. Si evita la lunga cura, e l'instancabile
educazione, che addomandava la formazione de' mostri di tasso, e di
sabina. Gli alberi, e le verdi masse, che pianta il nuovo gusto, si
conservano quasi da per se sole.

Lo spazio in vero degli antichi giardini era ordinariamente più
piccolo, che quello, che esigono le piantagioni moderne, ma quegli
spazj rendevano nulla, e solo apportavano spesa; frattanto che gli
spazj verdi, e coltivati di questi divengono nello stesso tempo
proficui. Gli alberi, e gli arbuscelli forniscono legna con i rami
superflui, e danno una quantità di rampolli da piantarsi altrove, o da
vendersi. I verdi tappeti danno fieno. Havvi un maggior risparmio di
viali, e di spazj sabbiati. Ne' vasti ricinti non si guastano campi,
nè praterìe. I boschi non vi perdono nulla della loro utilità, benchè
un sano discernimento li cambia in luoghi di delizia; vi guadagnano in
cambio, attesa una cura maggiore, che loro si accorda.

Ma ci si dirà, quanto non costano mai tante costruzioni nei giardini
moderni? Qualche domanda, fatta a vicenda da noi, servirà di risposta
a questa obbiezione. Che non costavano mai le vostre grotte colle loro
conchiglie, e gli altri loro ornamenti? Che non costavano le vostre
prospettive, e le vostre fontane, i canali, i cancelli di ferro, ed i
vostri belvedere? Si richiederà forse, che un ricinto rinchiuda tutte
le specie di fabbriche, di cui devesi parlare nell'esposizione della
teorìa dell'arte?[32] Ove si raccomanda più l'economìa in fatto d'opere
d'architettura, che nel nuovo stile? Una semplice casuccia coverta di
paglia, una capanna da pescatore non bastano sovente per risvegliare
l'idea del conveniente, e del bello? E chi peccava più dalla parte
della prodigalità di quella insulsa maniera, che collocava sempre un
padiglione, una grotta in faccia l'una dell'altra, per soddisfare la
falsa idea d'imitare l'uniformità regolare dell'architettura civile?

Finalmente la violenza, che s'impiegava per isfigurare la natura, era
nello stesso tempo una profusione inutile. Quante colline e montagne
non si sono spianate a tutto costo per cambiare in pianura lo spazio
totale del giardino! E dopo aver trasformato il tutto in pianura,
quante pene, e spese non vi bisognavano per dare all'acque, divenute
stagnanti, un corso forzato! Qualunque tentativo fatto per opporre a se
stessa la natura, di cui si può imitare i modelli con tanta facilità, e
vantaggio, è una stravaganza, che punisce ben presto la spesa gettata,
l'infelice successo, e il pentimento.

Se si volesse spingere avanti il paralello fra i due stili seguiti
dalle due grandi nazioni, dir si potrebbe, che il Francese soffoca
la natura colla industriosa attività, colla quale vuol abbellirla;
l'Inglese la rende talvolta soverchiamente negletta, e quasi
deforme, volendola copiare troppo scrupolosamente, e senza scelta. In
Inghilterra si travaglia per se; in Francia per la propria vanità.
L'Inglese cerca alla campagna i piaceri campestri; la città segue
il Francese nei campi. L'Inglese è nelle sue terre giardiniere, ed
economo; il Francese non vi è il più delle volte altra cosa che
decoratore. Il Francese vuol gettarvi nell'ammirazione, e nella
sorpresa; l'Inglese vuole occuparvi con un seguito d'idee, e di
sentimenti filati. Il Francese conta sulle proporzioni; l'Inglese sulle
scene, e sui quadri. Questi cerca la varietà, che presenta la natura;
quegli le invenzioni dell'arte. L'Inglese si sforza di mostrare il
paesaggio, ed il Francese di mostrare il proprietario.

Inoltre l'Inghilterra presenta una maggior quantità di cantoni agresti,
romanzeschi, e fortemente caratterizzati, coperti da boschi, e da
rocchi, e con una quantità di sorgenti, e di fiumi superbi, che portano
le loro acque a fior di terra, e che non vi traboccano mai, non esclusa
pur anche la regale Tamigi. La Francia al contrario ha meno di paese
pittorico, e molto più di piano, che non permette una ricca varietà
di scene, nè tocca la fantasìa, e che ha dato nascimento ai monotoni,
e meschini giardini della pianura, che tali altronde convengono al
Francese, cui bisognano de' giardini, dei quali possa colpirne al primo
sguardo il totale; de' giardini vezzosi, che blandamente sorridano ai
suoi occhi, e lo solletichino mollemente, e prestino alla vivace, e
ristretta sua immaginazione un proporzionato campo.

È cosa inutile arrestarsi di più sulla profusione, e sul non senso dei
giardini della vecchia maniera, i quali non erano, che copie servili
l'uno dell'altro, sorgenti di noja, ed il frutto dei pregiudizj, della
mancanza di gusto, e della pigrizia più crassa. Fortunatamente in
questi ultimi tempi si è principiato a riconoscere, che anche in fatto
di giardini, come di musica, e di pittura, non vi può essere che un
solo genere, il bello.

La rivoluzione nell'arte dei giardini ha resa più ricca, più ridente,
più pittoresca la faccia dell'Inghilterra, spogliando il paese del suo
aspetto agreste, e monotono, non per rifonderlo, ma per abbellirlo.
Ha propagata la conoscenza, e la ricerca delle piante indigene, e
forastiere, coll'avvantaggio, che ne hanno saputo tirare in seguito le
arti, ed i mestieri; ha esteso i progressi dell'agricoltura, e della
scienza dell'acque, rendendovi più attenta, ed invogliandone la classe
de' più facoltosi possessori; ha propagato, e diffuso in tutti l'amore,
ed i beni della vita campestre, allargando la sfera degl'innocenti
piaceri, delle utili occupazioni, e dell'osservazione sagace, e
comunicando lo studio, e l'intelligenza delle belle arti.

Per distruggere poi l'idea, non si sa come tra noi prevalsa di
soverchio dispendio, e di perdita di terreno, aggiungerò, che taluni
dei parchi Inglesi non son altro che una possessione di lusso, e tale
la chiamano spesso gli stessi loro autori, e proprietarj.

Alcuni ricinti Inglesi sono quanto di più fino, e di più speculato è
forse stato trovato finora nell'arte di unire l'utile al dolce, e di
saper trarre profitto da tutte le circostanze, e da tutti gli oggetti;
e fra tutte le possessioni sono forse quelle, che rendono più colà
al suo proprietario, come quelle sotto l'occhio perpetuo del padrone,
delle quali n'è riservata a se la cura, e l'amministrazione, e ne ha
formato un simultaneo oggetto di profitto, e di delizia.

Per capacitarsene, convien rimontare alla necessaria Cognizione
degl'immensi terreni incolti, sparsi su tutta l'isola, e perfino negli
stessi contorni di Londra, dove attesa l'opportunità degl'ingrassi, la
facilità de' trasporti, e l'approvigionamento della capitale, questi
terreni dovrebbero sembrare i più preziosi; e sono in tale stato
per mancanza di braccia, occupate nella marina, e alle manifatture,
ed altresì per l'interesse maggiore, che ne risulta ai particolari
nell'impiego diverso dei loro capitali. Alcuni di questi tratti incolti
appartengono a comunità, ed il loro acquisto diventa imbarazzante,
ma non impossibile in un paese, dove le conversioni all'utile, e le
proficue speculazioni sono famigliari a chicchessìa, e ben presto
abbracciate. I terreni ancora sono l'oggetto il meno caricato, e
la loro tassa non equivalente a quelle degli altri articoli, perchè
regolata su' vecchj catastri, che non si rinnovano, perchè interessanti
la parte legislativa, cui spetta l'imposizione delle tasse. Risulta
adunque che il costo delle terre è moderato, e nulla in Inghilterra
è meno aggravato dalle imposte. Quindi un tratto di terreno incolto,
ridotto colà a parco, effettivamente guadagna. Edotti dell'importante,
non si persuaderà essere oggetto di somma spesa il cingere questo
tratto di terreno con meschino murello, o con barriera di legno, ove
invece di legna si abbruccia il carbon fossile, ed anche per maggior
risparmio coll'economico cartello, che avvisa esservi trappole, ed
inciampi nascosti. Ciò fatto, a norma delle qualità, e delle differenti
situazioni del fondo, questo è posto a colture analoghe, ed opportune.
Un tratto di costiera al mezzodì sarà messo a viti, pianta esotica,
e che dando puranche un vino pestifero, sarà sempre prezioso per il
padrone di casa, ricavato da un suolo ribelle, e sotto i suoi occhi;
un pezzo di terreno sarà paludoso, e vi si tenterà la coltivazione
del riso. Ma siffatte cose consideransi pure per semplici capricci,
e per vani tentativi di nessun lucro. Tutto il restante del parco,
vale a dire la massima parte del terreno, forma altrettante praterìe
effettive, e variate, abbellite da gruppi d'alberi diversi, ed irrigate
da copiose acque bellissime, di cui qualcheduna ha la sua sorgente
sul sito. Numerose mandre vi pascolano, talune in tratti separati,
affittati, e tal altre in altri spazj riserbati al padrone. Sopra
alture meno fruttifere vedonsi arrampicare montoni, e nei boschi,
che danno legna d'opera, si vedono correre daini, e qualche cervo,
ricercatissimi, e di sommo costo. Le case rustiche in quà, e in là
disperse, o che formano casale, sono abitate da' contadini, e guarnite
d'ogni genere di pollame, e d'animali. Subordinato il tutto al maggior
comodo, all'economìa, ed all'ordine più preciso, tuttavìa un genio
pittorico ha preordinate le situazioni, e la costruzione d'ogni cosa.
Perfino la cappelletta del luogo, situata sopra un poggio, sembra
appartenere al recinto, e fa quadro. Le acque abbondano di pesci, ed in
alcuni tratti di prato pascolano i cavalli. Gli ortaggi, i frutteti,
e le serre sono in parti nascoste, vicine alla casa, e formano scene
separate.

Il nostro terreno prezioso, e generalmente coltivato non acquisterebbe
certo come in Inghilterra ad essere ridotto a parco; ma tuttavìa una
possessione ridotta un po' pittorescamente, e mantenuta con lusso, non
può che migliorare e per l'effetto degli occhi, e per quello della
borsa[33]. Obbliga altresì alla riunione de' fondi, e a piantarvi
la casa nel mezzo, giusta i precetti de' buoni agricoltori. Con
poca spesa, ma con assidua cura si ritrarrebbero sommi utili, che
crescerebbero in ragione della superiorità del nostro clima, e della
varietà, e bellezza de' nostri prodotti.

La supposizione poi che il nostro paese sia diggià un giardino,
sarebbe la stessa di quella, che la nostra popolazione sia formata
da altrettante Veneri, ed Apolli, come ce li descrivono i poeti, e
come ce li mostrano l'opere dei migliori scultori; e si avverta, che
come appunto l'Apollo di Belvedere rappresenta un bello ideale per la
bellezza delle singole parti, che lo compongono, e la squisitezza del
suo totale, composizione ricavata dalla natura umana, ma che realmente
in essa non esiste, così dovranno essere i giardini pittorici. Ricavati
da' siti naturali li singoli pezzi superiormente belli, formeranno
un totale, che diventerà bello ideale (come si è detto a suo sito);
e come appunto i mostri d'ogni genere hanno precedute le belle statue
Greche, e Romane, così gli altri giardini hanno preceduto i giardini
pittorici, stati singolarmente adottati dagl'Inglesi, e ridotti a
somma perfezione; punto fisso, siccome il bello, da cui non si saprebbe
deviare, che per effetto di prevalsa barbarie, o di luttuosa catastrofe
di calamità.

Un'altra conseguenza, che risulta dall'osservazione di quest'opera, si
è, che i giardini regolari dell'antico stile non potranno altrimenti
amalgamarsi, o formar parte de' giardini naturali del moderno gusto. Il
volerne da principio far saggio, e la mancanza di coraggio d'abbattere,
e di conformare così il restante, hanno potuto suggerire da principio
questo mezzo termine, che non quadra punto col risultato, e cogli
effetti, che attendere si devono dal totale; ed anzi questa parte
isolata, e perduta fa mal opera a se, ed al resto.

Si è detto, che la natura dei giardini moderni, accostandosi alla casa,
ne diventa più colta, e più gentile, e vi ammette puranche qualche
ornato dell'arte; ma non potrà per questo fondersi, ed accoppiarsi
con una natura, che non è natura, e che non appartiene ad alcun'arte.
Grandemente parlandosi, e con precisione, non vi è che un solo stile in
fatto di giardini; e i giardini promiscui sono mostri.

La formazione dei giardini Inglesi, come tutte le opere, che
abbracciano totalità, non potrà essere ideata, e diretta, che da
una sola persona. Si sono abbastanza dettagliate le qualità, che
costituiscono l'artista giardiniere, al quale potrebbe con onore
supplire anche un amatore, di nessun mestiere, e che avesse una giusta
conoscenza di molti, dotato d'un colpo d'occhio sicuro, e di sano
discernimento, avvezzo all'osservazione, e all'esame. Richiedesi in
lui molta immaginazione, o piuttosto una facile ritentiva di quanto
ha veduto, e che abbia veduto assai; e per ultimo l'arte, ossia la
conoscenza, il giudizio, l'industria di saperlo variamente applicare a
proposito, e conformare con buon effetto. Non basterà, come si è detto,
di porre in carta il disegno, e quello del circondario; gioverà ancora
farne il modello, e sovrattutto disegnar ogni cosa al naturale sul
sito. Walpol rimarca, che il proprietario, per poco che abbia di gusto,
è il migliore ordinatore del suo giardino.

L'arte dei giardini deve travagliare non solamente per l'occhio, e per
l'immaginazione, ma ancora per il sentimento. «Laddove è introdotta
una miglior maniera, dice Chambers, ove i giardini sono naturali senza
rassomigliare alla natura ordinaria, nuovi senza essere affettati,
e straordinarj senza essere stravaganti; ove l'attenzione dello
spettatore è continuamente tenuta in sospeso, punta la sua curiosità,
ed il suo spirito occupato da una grande diversità di sensazioni; là
bisogna, che i giardinieri siano gente di genio, d'esperienza, e di
criterio; bisogna, che dessi siano pronti a sentire, ricchi di mezzi,
fertili in invenzioni, e che conoscano a fondo tutt'i movimenti del
cuore umano.»

Per quanto sorprendenti siano i progressi fatti in Inghilterra
nell'arte dei giardini pittorici, tuttavìa sarebbe uno strano
pregiudizio quello di riguardare quest'arte come pervenuta colà
alla sua perfezione. Per forza di carattere, e per sovrabbondanza
di mezzi molto hanno fatto gl'inglesi anche in quest'arte, ma molto
resta loro da farsi ancora; ed un esame imparziale ci mostrerà
gli errori, ne' quali incorrono sovente. Uno de' principali loro
difetti è d'essere ancora troppo limitati. Fino al presente si sono
generalmente ristretti al solo genere aggradevole, e non si sono
abbastanza estesi su tutte le altre specie sì variate di giardini, che
si ponno disporre a norma della differenza dei siti, e dei caratteri
proprj a ciaschedun cantone. Questa sterilità si mostra ancora non
solamente nella continua ripetizione di torri Chinesi, di kioschi,
d'obelischi, di colonne, di tempj, e di cose, e di avanzi gotici, ma
puranche nella stessa maniera del piantare. A Kent si rimproverava che
le sue masse erano soverchiamente piccole, e non proporzionate agli
spazj, e che si attaccava di troppo agli effetti immediati, e che non
piantava per l'avvenire. Non mi è riuscito di vedere in Inghilterra
de' giardini relativi alle stagioni, e alle parti del giorno. Il
miscuglio intelligente delle diverse qualità di verdi, ed il contrasto
delle loro forme è appena conosciuto ne' modernissimi giardini. È cosa
ordinaria al lungo de' tratti erbosi, de' ruscelli, e de' fiumi la
continuazione di gruppi, composti esattamente del medesimo numero, e
della medesima specie d'alberi, e di vedere nel restante una continua
schiera piramidale di piante, cominciando dalle più basse alle più
alte. Gl'Inglesi hanno altresì accumulata una quantità di cose gotiche,
d'archi trionfali, di statue equestri, di piramidi, e di circhi, che
non sembrano gli oggetti fatti per un giardino.

Il gusto de' giardini Inglesi si è diffuso ben presto in tutta
l'Europa, ed è stato avidamente abbracciato dalle nazioni più colte.
La Francia si vanta d'avere dato il giorno a Watelet, artista, e poeta
d'un rango distinto, che fu il primo scrittor Francese, che sommise i
giardini all'invariabilità del bello. Penetrato delle massime, e degli
effetti della pittura, fece, per quanto si poteva, l'applicazione delle
regole di quest'arte a quella de' giardini; e quest'applicazione fu più
felice di quella degli architetti quando trasportarono ne' giardini la
simmetrìa dei loro edifizj.

Il signor di Girardin ha composta un'opera preziosa sulla composizione
del paesaggio, e sui mezzi d'abbellire la natura intorno le abitazioni,
accoppiando l'utile all'aggradevole; e non contento di avere esposta la
teorìa, ha presentato il celebre suo giardino di Ermanonville.

In Francia è comparso il poema di Delille, che merita la palma fra
tutt'i poemi didascalici sopra i giardini; l'immaginazione del
cui autore è ricca, e fiorita, il suo gusto delicato, e formato
dall'osservazione della natura, e dallo studio de' migliori modelli.

Anche la Germania in fatto di giardini moderni presenta de' capi
d'opera, che possono gareggiare coll'opere più belle delle emule
nazioni. La Germania possiede Hirchfeld. Ghesner sollevò alquanto
la benda, e Sulzer fu il primo in Germania a collocare l'arte del
giardinaggio fra le belle arti.

Dall'ingegno Italiano è fuor di dubbio, che colla scorta de' materiali,
col favore della limpidezza del nostro cielo, e bontà di clima[34],
questo ramo novello di delizia, e d'utile potrà col tempo essere
portato ad un eminente grado di bello nel paese natìo dell'arti
geniali; ma era necessario frattanto di avere tra noi in qualche modo
una guida, onde conoscere questi giardini, e giudicarne; e sino a
che i veri principj dell'arte non erano stati sviluppati a dovere, e
resi generalmente cogniti, non prendendosi la buona strada, si andava
soggetti a traviare spesso. Scarsi d'immaginazione, e di principj
analoghi, privi d'idee chiare, e senza una giusta cognizione della
cosa, si vacilla mai sempre, e non si sa che copiare a stento, e con
cattivo successo de' pezzi già veduti in altri giardini; ed in questo
genere non si tratta mai di copiare, ma d'inventar sempre.

Ora il cammino, che si deve percorrere, seguendo la riflessione, e lo
studio della natura, è almeno in gran parte indicato; e si ritenga
per massima fondamentale, che il più bel giardino è quello, che è
precisamente tutto ciò, che può essere a seconda dell'indole, e qualità
del sito, e de' suoi contorni.



_INDICE DELLE MATERIE._


  _Origine dei giardini Inglesi_                            Pag.   1
  _Descrizione di Chambers dei giardini della China_         »    18
  _Osservazioni relative all'arte dei giardini del
    moderno gusto_                                           »    36
  _Della destinazione, e dignità dei giardini_               »    47
  _Della grandezza, e della varietà_                         »    52
  _Quadro della grandezza_                                   »    54
  _Quadro della varietà_                                     »   id.
  _Della bellezza_                                           »    56
  _Del colore_                                               »    59
  _Del movimento_                                            »    63
  _Della vaghezza_                                           »    65
  _Della novità, e della sorpresa_                           »    67
  _Del contrasto_                                            »    70
  _Della parsimonia, e sobrietà_                             »    73
  _Dei differenti caratteri del paesino, e de' suoi
    effetti_                                                 »    76
  _Parti individuali del cantone_                            »    79
  _Eminenze_                                                 »    81
  _Degli sfondi_                                             »    82
  _Delle roccie_                                             »    83
  _Boschi_                                                   »    85
  _Dell'acque_                                               »    87
  _Delle praterìe_                                           »    92
  _Delle lontananze_                                         »    93
  _Accidenti_                                                »    96
  _Caratteristico dei diversi cantoni_                       »    98
  _Romanzesco, e magico_                                     »   101
  _Dello spazio totale_                                      »   108
  _Degli alberi, ed arbusti_                                 »   125
  _Catalogo d'alberi, d'arbusti, d'erbe a fiori, e d'erbe
    da prato atte al giardino all'Inglese_                   »   126
  _De' caratteri distinti delle piante_                      »   154
  _Dei gruppi d'alberi_                                      »   159
  _Boschetti_                                                »   163
  _Boschi_                                                   »   166
  _Foresta_                                                  »   170
  _Cespuglio_                                                »   172
  _Landa_                                                    »   173
  _Dell'ombra, e della degradazione de' colori delle foglie_ »   175
  _Dei fiori_                                                »   180
  _Dell'erba_                                                »   183
  _Delle acque_                                              »   187
  _Del lago_                                                 »   188
  _Stagni_                                                   »   191
  _Dei torrenti_                                             »   192
  _Fiume_                                                    »   194
  _Ruscelli_                                                 »   197
  _Cascata_                                                  »   201
  _Delle cateratte_                                          »   203
  _Osservazioni sopra le acque_                              »   204
  _Dei cammini, e sentieri_                                  »   206
  _Dei viali_                                                »   213
  _Dei tempj_                                                »   215
  _Delle grotte_                                             »   226
  _Dei romitaggi_                                            »   234
  _Ruine_                                                    »   239
  _Siti di riposo_                                           »   247
  _Dei ponti_                                                »   250
  _Porte_                                                    »   251
  _Statue_                                                   »   252
  _Monumenti_                                                »   255
  _Iscrizioni_                                               »   262
  _Delle fabbriche nei giardini_                             »   265
  _Delle case_                                               »   268
  _Abbellimenti di parti isolate di casa di campagna_        »   270
  _Dei villaggi_                                             »   278
  _Dei verzieri_                                             »   281
  _Delle citroniere_                                         »   285
  _Ripresa, ed osservazioni su varj articoli,
    particolarmente relativi alla piantagione_               »   290
  _Concezione d'un giardino_                                 »   303
  _Condotta, e filo d'un giardino_                           »   309
  _Dei giardini pubblici_                                    »   316
  _Giardini d'università, e d'accademie_                     »   321
  _Giardino d'ospitale_                                      »   324
  _Dei giardini di convento_                                 »   325
  _Giardini annessi a' cimiterj_                             »   326
  _Giardini relativi alle stagioni_                          »   332
  _Giardino di primavera_                                    »   333
  _Giardino estivo_                                          »   337
  _Giardino d'autunno_                                       »   340
  _Giardino d'inverno_                                       »   343
  _Giardini, o scene relative alle parti del giorno_         »   347
  _Conclusione_                                              »   353



SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.


  Tav. I.     Pag.   3  Frontispizio esprimente un baccanaletto.
   »   II.     »    24  Scoglio Chinese praticabile.
   »   III.    »    34  Piano generale di casa, e giardino Inglese.
   »   IV.     »    46  Pagliajo rotondo, ricavato _du détail des
                          nouveaux jardins_.
   »   V.      »    75  Veduta di Woobourn di P. Southcote.
   »   VI.     »    82  Collinetta nella villa Silva a Cinisello.
   »   VII.    »    85  Capanna boschereccia nella villa Cusani a
                          Desio.
   »   VIII.   »    88  Veduta del laghetto nella villa di Monza.
   »   IX.     »    98  Veduta del ponte, del tempio di Venere, ec.
                          ec. nel giardino del Cav. F. Dashwood a
                          West Wycomb.
   »   X.      »   108  Casino in posizione naturale, atta a ridursi
                          a villa Inglese.
   »   XI.     »   124  Veduta del giardino, e di parte del palazzo
                          Belgiojoso in strada risara.
   »   XII.    »   163  Grotta nella villa Silva a Cinisello.
   »   XIII.   »   170  Carbonaja, che forma internamente biblioteca,
                          con cammino.
   »   XIV.    »   173  Antro di Polifemo nella villa di Monza.
   »   XV.     »   183  Veduta del palazzo, e di una parte del
                          giardino del Cav. Fr. Dashwood a West
                          Wycomb.
   »   XVI.    »   190  Veduta del laghetto nella villa Cusani a
                          Desio.
   »   XVII.   »   201  Caduta d'acqua nella villa di Monza.
   »   XVIII.  »   206  Tenda Greca nel giardino Belgiojoso.
   »   XIX.    »   214  Veduta di Wilton di Lord Pembroke.
   »   XX.     »   233  Grotta sforata, d'invenzione di M. Schuricht.
   »   XXI.    »   249  Seggio coperto, d'invenzione di Schuricht.
   »   XXII.   »   255  Piramide con sua cella, spaccato, e pianta,
                          d'invenzione del cittadino la Gardette.
   »   XXIII.  »   261  Colombario, ossia cinerario della famiglia
                          degli Acii nel parco di Belgiojoso, con suo
                          spaccato, e pianta.
   »   XXIV.   »   265  Pagoda Chinese, suo spaccato, e pianta,
                          d'invenzione de la Gardette.
   »   XXV.    »   272  Prospetto del palazzo di Scoonenbergh presso
                          Brusselles, altrimenti chiamato la villa del
                          Lake.
   »   XXVI.   »   276  Casino di caccia, d'invenzione di J. Canter.
   »   XXVII.  »   281  Tempietto a pergolato.
   »   XXVIII. »   285  Prospetto della citroniera, e di parte del
                          castello di Belgiojoso.
   »   XXIX.   »   290  Casa rustica nella villa Silva a Cinisello.
   »   XXX.    »   302  Modello di piantagione per gruppeggiare le
                          piante.
   »   XXXI.   »   308  Veduta della casa, e di una parte del
                          giardino, ricavata dal piano generale, tav.
                          III, p. 34.
   »   XXXII.  »   326  Campo santo, d'invenzione de la Gardette.
   »   XXXIII. »   332  Uccelliera del cittadino P. A. Zappa a Sesto.
   »   XXXIV.  »   337  Latterìa di Hohenheim.
   »   XXXV.   »   349  Tempietto antico in rovina, consacrato al
                          mattino.
   »   XXXVI.  »   353  Torre astronomica, d'invenzione di Weinling.

_NB._ Le vedute ricavate da alcune ville de' contorni di Milano non
hanno descrizione; si sono sparse nell'opera quasi alla ventura, e non
si danno che per semplici saggi patrii.



NOTE:


[1] _Fra le opere inglesi meritano d'essere specialmente consultate
le seguenti: The rise, and progress of the present taste in
planting-parks, pleasure-grounds, gardens etc. in a poetic epistle. 4.º
1767._

_Essay on design in gardening. 8.º 1768._

_An essay on the different natural situations of gardens. 4.º London
1774._

_Letters on the beauties of Hagley, Envill, and the Leasowes: with
critical remarks and observations on the modern taste in gardening, by
Joseph Heely. 8.º 2 vol. 1777._

_The English garden. London, 4.º 1772._

[2] _Taluni si sono compiaciuti chiamar questi giardini Anglo-Chinesi,
e farli derivare dall'imitazione di quelli della China, ma per
capacitarsi, che ciò non può essere esattamente vero, basterà
persuadersi che una nazione, qual è la Chinese, che non conosce le
leggi della prospettiva, e quelle del chiaroscuro, non è possibile
che si vanti d'avere giardini pittorici, in nessuna relazione altronde
colle estere, e grandi nazioni, dalle quali poter copiare il lor bello,
che ha una solida base, e che fa continui progressi. La fantasìa
di Chambers ha dato luogo a questa precipitata credenza, stata di
poi avvalorata dalla nazionale rivalità Francese. Ciò è applicabile
alle altre nazioni dell'antichità, e singolarmente ai Romani, la cui
parsimonia, e ferocia ne' tempi della repubblica non li hanno permessi,
ed il soverchio lusso sotto gli Imperatori non li ha sofferti. La villa
d'Adriano presso Tivoli, il più gran avanzo dell'antichità in questo
genere, presenta una situazione infelice, ed accenna un ammasso di
terme, di teatri, di naumachie, di canopi, e di circhi._

[3] _Si può riguardare questa descrizione come la sorgente comune,
dalla quale si sono ricavate tutte le altre, che si son fatte de'
giardini Chinesi, comparse successivamente con più o meno d'addizioni,
e di cambiamenti. Chambers ne parlò per la prima volta nella grandiosa
sua opera degli edificj, mobili, abiti, macchine, e stoviglie, ec. ec.
de' Chinesi, ove, occupandosi di simili oggetti, non si diffuse gran
fatto sopra de' loro giardini. L'applauso, che riportò quest'opera,
fu senza dubbio uno stimolo di più per impegnare l'autore a pubblicare
un nuovo trattato, la sua dissertazione sui giardini Orientali, nella
quale estese, e sviluppò il ristretto primiero suo piano, chiamando
in suo soccorso il genio, ed il buon gusto, onde propagare un quadro
attraente del paro per la sua bellezza, che per la sua variazione, e
novità._

_In opposizione a questa descrizione si vedano le seguenti opere:_

_Recherches philosophiques sur les Egyptiens et les Chinois, par M. P.
Berlin 1773 8.º_

_Nouveaux mémoires sur l'état présent de la Chine. Paris._

_Voyage d'Osbek à la Chine._

[4] _In pittura fanno paesaggi, ne' quali non v'ha nè punto di vista,
nè lontananze. Le linee fuggenti sono loro egualmente incognite, che
i punti, ove bisogna ch'esse si riuniscano. Non hanno veruna nozione
delle regole, cui sono invariabilmente sommessi gli effetti della luce,
ed ignorano la pratica de' riposi, e delle grandi masse d'ombra, che si
pongono sul davanti. Non sanno rompere, nè degradare i colori._

[5] _Quale estensione di parco ciò suppone! Pure Chambers confessa
nella sua prima relazione di non aver veduto alla China che de'
piccolissimi giardini._

[6] _Le leggi del dramma sono pur tanto analoghe a queste: guai se al
primo atto l'uditore s'accorge della sviluppo della catastrofe! Anche i
giardini hanno il loro intreccio, il loro principio, il loro mezzo, il
loro fine, e a gradi a gradi è d'uopo pervenirci con molta sagacità._

[7] _In Inghilterra segnano il confine di diversi parchi alcuni rari
pali con cartello, sopra cui sta scritto di non inoltrarsi, perchè vi
son nascoste delle disposte insidie._

[8] Quelli, che per curiosità, o per amore per la botanica vorranno
formarsi una bella biblioteca in genere di fiori, dovranno conoscere, o
procurarsi i seguenti libri.

Arena (Filippo), _la natura, e coltura dei fiori_; Cosmopoli, 1771.

Boym (Michele), gesuita, _Flora Sinensis_; Viennæ Austriæ, 1656, in fol.

Bry (Gio. Teod.), _Anthologia magna_; Francof., 1626, e 1641, tom. 4.

Besleri (Basilii), _Hortus Eystettensis_; Norimbergæ, 1613, 2 vol., in
fol.

Dillenii (Joan. Jac.), H_ortus Elthamensis_; Lond., 1732, fol. mag.

Ferrarius, _de Florum cultura_; Amst., 1664, in 4º, con figure.

_Hortus Malabaricus_; Amstel., 12 tom., in fol., con figure.

Laurembergius (Petrus) _de Plantis Bulbosis, et Tuberosis_; Francof.,
1654, in 4.º.

Liger, _le Jardinier Fleuriste_; Paris 1705.

Linnæ (Caroli), _Hortus Cliffortianus_; Amstelodami, 1737, in fol.

Miller, _Dictionnaire du jardinage_.

Munting (Abrah.), _Phytographia curiosa_; Amst., 1711, in fol.

Passæus (Crisp.) _Hortus floridus_; Arnhemii, 1614, e a Utrecht, sotto
il titolo di _Jardin de fleurs par Crespin de la Passe_.

Parkinson (Joan.), _a choice garden of all sorts of rarest flowers_;
Lond., 1656.

Pontederæ (Julii), _Anthologia_; Patavii, 1720, in 4.º cum fig.

_Recueil de plantes orientales, occidentales et autres_, incise da
Roberto Châtillon, e da Bosse.

Rossi (Gio. Dom.), _nuova raccolta di fiori cavati dal naturale_; Roma,
1645.

Sloane (Hen.), _suo viaggio alla Giamaica_, in Inglese; Lon., 1725 in
fol.

Swertius (Eman.), _Florilegium_; Amstel., 1647.

_Theatrum Floræ_, ec.; Parigi, 1622, in fol.

_Traité de la culture des fleurs_; Paris, 1658, in-12.

[9] _Menzione quì può farsi degli alberi annosi mal convenienti nella
scena ridente, e tanto raccomandati dalla natura nel luogo solitario,
ove presieda il sacro orrore del bosco: quegli alberi di scorza rugosa,
di tronco irregolare, ramosi fino talvolta alla radice, ricoperti di
piante parasite, che rendono tanto bella e pittoresca la natura del
tronco medesimo. Essi sono variati sulla superficie delle loro scorze
nericcie dai licheni, che dall'aria, e dalle acque ricevono colori
molto diversi, o rossicci, o biancastri, e più comunemente di un giallo
dorato, che produce un caldo di tinte meraviglioso. Sono talvolta
consimili monumenti venerandi della madre degli esseri coperti di
folto musco, e non meno vago è il risultato di questa pianta su vecchi
tronchi, come quello sempre commendabile, pittoresco, e leggiadro della
tenace tortuosa famiglia delle edere multiformi. Rispettato in luoghi
umidi sia ancora il fungo, che veste talvolta il piede di alcuni alberi
nell'autunno, e produce vicino all'erba un ottimo effetto, sia per il
contrapposto delle sue tinte gialle, o biancastre, sia per il liscio
lucente della sua superficie vicino alle scabre rughe della pianta
matrigna._

[10] _I fiori, e le piante più rare si fanno venire dall'Olanda, o
dall'Inghilterra. Dall'Olanda arrivano più sicure; dall'Inghilterra
soggiacciono a maggiori pericoli: ma nel secondo paese ve n'ha una
copia maggiore, e sono a minor prezzo. Colà si potrà dipendere dai
mercanti botanici Gordon, Dermer, e Thomson, stabiliti presso Londra,
de' quali è noto il lussurioso catalogo._

[11] _La fontana di Brusselles del Mannekepisse è assai più
ragionevole._

[12] _Gli alberi furono i primi altari, ed i campi i primi tempj.
Quelli di pietra, e di marmo nacquero col progresso dell'architettura.
Per conservare l'antico rito si costumava piantarvi intorno de' boschi,
e questi boschi erano riputati sacri. Ebbe principio in Egitto la
costruzione dei tempj; di là fu portata presso gli Assirj, i Fenicj, ed
i Sirj; passò quindi nella Grecia colle colonie, e dalla Grecia a Roma.
Tale fu la marcia costante della religione, delle scienze, e delle
belle arti._

[13] _L'arte architettonica de' tempj era presso i Greci, e i Romani
altrettanto diversificata, quanto resa al maggior grado di perfezione.
Li dinotavano con i seguenti principali termini: tempio tetrastilo con
quattro colonne di fronte; prostilo con colonne avanti; amfitrostilo
con colonne avanti, e indietro; periptero a semplice galleria intorno;
diptero a doppia; monoptero rotondo con cupola portata da colonne;
hipetro colla parte interiore scoperta._

[14] _Il rispetto, che si aveva pei tempj, corrispondeva alla loro
bellezza. Erano sicuro asilo al debitore, e al colpevole; in essi non
era lecito di tampoco sputare; e nelle pubbliche calamità le donne più
gentili prosternate nel santuario vedeansi bagnare il suolo di lagrime,
e scoparlo co' proprj capelli. Raramente il conquistatore osava di
rapirne le ricchezze; poichè la politica, e la religione del pari
contribuivano a rendere questi monumenti sacri, ed inviolabili._

[15] _L'interiore di questi tempj era di una mirabile semplicità; tutto
il lusso dell'architettura veniva impiegato al di fuori. Erano per la
maggior parte circondati da colonnati, e preceduti da un vestibolo a
diverse file di colonne, coronato da frontone, nel cui timpano erano
espressi in basso rilievo de' combattimenti, e de' sacrificj. Le
colonne posavano alla stessa altezza; non si collocavano giammai le une
sopra le altre. I tempj de' riformati s'accostano più de' nostri alla
purità, e allo stile de' Greci, e de' Romani. In Londra non esiste un
sol tempio moderno immaginato come i nostri, che generalmente non sono
che ossature gottiche con ornamenti romani._

[16] _Le caverne sono grandi cavità ripiene di squallore, e
di precipizj nelle viscere della terra. Esse si formano per lo
divallamento delle roccie, o come si formano gli abissi, e le
voragini, per lo scoppio de' vulcani, per l'azione dell'acque, de'
vapori sotterranei, e de' terremoti. Queste non sono da introdursi ne'
giardini._

[17] _In nessun'altr'opera, quanto in quella delle grotte, il
vecchio stile manierato ha fatta una maggior profusione di denaro, di
spirito, e di non senso. Ridondavano di simmetrìa, di scale superbe,
di colonnati, di statue, e di quadri. I cristalli, le conchiglie, i
coralli erano sparsi dovunque; e dove la magnificenza era portata al
suo colmo, si vedeva comparire il vero Nettuno composto di mille lucidi
sassolini fra getti insidiosi d'acqua, che slanciavano il gambero
maliziosetto, e la disinvolta tartaruga, e fra i portentosi suoni
d'organi, e di pifferi, che formavano le acque._

[18] _Per variar gli oggetti, invece degli ordinarj romitaggi, si
possono introdurre altre specie d'edificj, e di dimore, dedicate alla
malinconìa, e alla contemplazione. Possonsi consacrar queste fabbriche
non soltanto ai romiti famosi, ma alla memoria ancora d'antichi
filosofi, celebri coltivatori della solitudine. Nessuno più di
Pitagora, tra i saggi dell'antichità, sembra aver meglio apprezzato i
doni della vita campestre, e quella che consigliava a' suoi discepoli,
era venerabile, e piena d'allettamento._

[19] _Young nel suo giro nelle parti orientali d'Inghilterra ci
riporta la descrizione dell'antica abbazìa di Roche, che si cerca di
connettere col vicino parco di Sandbec. Con questa mira si travaglia
a formare nel detto parco una nuova scena, il cui spazio consiste in
una stretta valle tortuosa, e arborata, quale percorre serpeggiando
un ruscello, che bisbiglia attraverso li massi distaccati da rocchi
scoscesi, che circondano i fianchi della cavità. Nel mezzo della valle
sorgono le rovine dell'abbazìa con grandiosi frammenti di muro, e
con archi spaziosi, compiuti in parte, ed in parte spezzati. Tra gli
avanzi de' muri, umili arbuscelli spiegano i rami fra le rovesciate
colonne; le pareti son tapezzate d'ellere, che vi pendono in tai siti
a guisa di festoni. Le tombe de' monaci, i monumenti de' benefattori
posti in obblìo da lungo tempo, e le basi delle distrutte colonne
sopravanzano l'erba. Infranti quà, e in là si veggono de' gottici
capitelli, delle parti di membrature travagliate con molt'arte, e
delle statue fracassate. Altri avanzi crepacciati, e in apparenza di
crollare, occupano tuttavìa l'antico lor posto. Una rovinata scala,
che conduceva sopra una torre, che il tempo ha distrutta, è rimasta in
piedi ad una grande altezza, inaccessibile, e scoperta. Nulla v'ha di
ben conservato, ma vi restan le traccie di tutto; e queste rovine non
lasciano verun dubbio sulle proporzioni, e l'inservienza dell'antico
edificio; e radunano in folla nel nostro spirito tutte le idee,
che possono nascere all'aspetto d'un luogo antico, consacrato alla
religione, e che non presenta oggigiorno che desolazione, e squallore._

[20] _I Greci costumavano di fare le loro statue nude, per meglio
rappresentare la natura. I Romani distinguevano le loro statue dagli
abigliamenti, chiamando _paludate_ quelle degl'imperatori, dal lungo
manto guerriero, che le coprivano; _thorocate_ quelle de' capitani, e
cavalieri, dal loro sorcotto; _loricate_ quelle de' semplici soldati.
Le statue de' senatori, e degli auguri erano dette _trabeate_; _togate_
quelle de' magistrati; _tunicate_ quelle del popolo; _stolate_ quelle
delle femmine. Le statue si possono distinguere in edestri, equestri,
ed assise. La grandezza delle statue si divideva in tre classi:
grandi, mezzane, e picciole. Le grandi si suddividevano in altre
tre classi; chiamandosi auguste le più grandi dell'altezza naturale,
eroiche quelle, che avevano due volte la dett'altezza, e colossali
quelle, che si distendevano fino a tre altezze, e più. Le piccole
statue pure si dividevano in tripedanee dell'altezza di tre piedi, in
cubitali, e palmari. Quanto alla materia, di cui originalmente furono
esse composte, v'è apparenza, che la creta, come la più maneggevole,
e la più atta a ricevere qualunque forma, fu impiegata per la prima.
In seguito fu impiegato il legno; ed i Romani non ebbero per lungo
spazio che degli Dei di legno, anche dopo che la scultura assoggettò
la pietra, ed il marmo. Vedi Pausania, Plinio, e la dissertazione di
Frigelino: _de statuis_ ec. ec._

_Trattandosi dell'arte de' giardini ragionati, che ammettono tempj, ed
edificj ornati da statue, le più minute particolarità, e circostanze
relative alle stesse non sono da ignorarsi._

[21] _La semplicità maestosa del Greco, e del Latino non sostiene
egualmente le altre lingue, e sovratutto la Francese, che langue pei
suoi incomodi gerundj, e per lo impiego de' verbi ausiliarj, ai quali è
indispensabilmente soggetta, e che sono sempre gli stessi. Nel parco di
Leasowes sopra un'urna, consacrata alla memoria d'una giovine parente,
si legge questa toccante iscrizione:_

                    PERAMABILI · SVAE · CONSOBRINAE
                                 M · D
                               AH · MARIA
                       PVELLARVM · ELEGANTISSIMA
                    A · FLORE · VENVSTATIS · ABREPTA
                                 VALE!
                       HEV · QVANTO · MINVS · EST
                        CVM · RELIQVIS · VERSARI
                               QVAM · TVI
                               MEMINISSE

[22] _Si è quì posto un pezzo d'architettura chinese, che per verità è
molto bizzarra, ed inverosimile, mancante di belle forme, ed oppressa
da superflui ornamenti meschini, e ridicoli. Felicemente per noi questo
gusto è passato di moda, che indipendentemente dalla grave spesa, a
cui c'impegnava, era in una singolar contraddizione col paese, che
abitiamo, e col nostro clima. Lo stravagante lusso del secolo non
si accontentò delle sole scipidezze chinesi; progredì oltre e furon
messe a contribuzione le opere egizie, le moresche, e le turche. Si
riunivano in un piccolo spazio gli edifizj, e i prodotti di regioni
così differenti, che il quadro, che ne risultava, era affatto buffone,
e l'immaginazione la più disordinata non era in grado di sostituirne un
altro più confuso._

[23] _L'arte delle congiunzioni, e quella dei passaggi riescono la
parte più difficile per l'artista giardiniere, come lo sono per il
compositore di musica, e per il pittore._

[24] _I raggi di luce rifranti dal prisma determinano meglio d'ogni
altra legge le affinità dei colori._

[25] _Meritano distinta menzione le seguenti varietà, che si sono
ommesse nel catalogo. Acer pseudo-platanus fol. variegatis. Aesculus
hippocastanum fl. luteo varieg., fl. albo varieg. Arbutus unedo fl.
rubro, fl. pleno, fol. crisp. Betula laciniata, incana, glutinosa.
Carpinus quercifol. Celtis fol. varieg. Chionanthus latifol. Clethra
nana. Crataegus fl. pl. Cytisus fol. varieg. Daphne fl. rubro praec.,
fl. albo praec. Fagus foliis varieg. Gleditsia caul. virid. Hedera
fol. varieg. Ilex aquifolium fol. varieg., aur. varieg., argent.
varieg., angustifol. Itea minor. Iasminum fol. argent., fol. aureo
varieg., angustifol. Juniperus fol. varieg. Ledum fol. varieg. Magnolia
ferruginea, glauca fl. pleno. Myrica sempervirens. Phyllyrea latifol.
non serrat. Phlomis angustifol. Pinus larix nigra, repens, rubra.
Populus balsamifera fol. varieg. Prunus laurocerasus fol. argent.,
fol. varieg. Pyrus fol. varieg., fl. pleno. Quercus robur fol. varieg.
Rhamnus alaternus fol. argent., varieg. Robinia pigmaea. Rosmarinus
fol. argent., fol. aur. varieg. Rubus fructu albo. Salix caprea fol.
variegatis, purpurea. Sambucus fol. varieg. argent., varieg. aureo.
Stewartia Marylandica. Tilia viminibus rubris. Ulmus fol. varieg.
Vaccinium minor. Viburnum fol. varieg., fol. hirsut. Vinca fol.
aureis._

[26] _Proponendosi di costruire un giardino, converrà da principio
formare sulla carta il piano generale, portando le viste in là al
possibile, e procedere in appresso lentamente coll'esecuzione; oppure
tutto ad un tratto formare l'intera piantagione, e d'anno in anno
aggiungervi le fabbriche, e gli oggetti dell'arte, che ricerca._

_Adottate idee, che si possino eseguire, e che corrispondino ai vostri
mezzi permanenti. L'abbracciare progetti giganteschi tanto nelle
private, quanto nelle pubbliche opere, è fissare l'imperfezione,
e stabilire un perpetuo imbarazzo. Si sbilancia se stesso, e i
successori; e si priva se, e gli altri del possibile godimento. L'opera
difficilmente vien progredita sulli disposti disegni; resta ineseguita,
o grandemente alterata; non risulta quanto poteva, o doveva essere._

[27] _Le descrizioni di Blenheim, di Stowe, di Hagley, di Painshill, e
di tant'altre famose ville Inglesi, che si avrebbero volute quì porre,
si potranno leggere nella voluminosa opera d'Hirchfeld, in quella
intitolata: «L'art de former les jardins modernes» in 8.º, ed altrove._

[28] _Il prato della valle in Padova presenta le statue d'uomini
illustri, benemeriti di quella città; ed un Signor Milanese a proprie
spese ha fatto colà erigere la statua d'un insigne giurisconsulto suo
parente, che ha illustrato quella università._

[29] _Fra i passeggi pubblici più belli, come si trovano oggigiorno,
forse ne porta il primo vanto in Europa quello chiamato il Prater
presso Vienna, situato in una grand'isola, che forma il Danubio. Ma le
sue fabbriche sono meschine, le rive del fiume disordinate, e sconcie,
i suoi ponti miserabili, e nelle escrescenze è messo tutto sott'acqua._

[30] _Questo costume sempre adottato da tutte le nazioni veniva
riguardato come sacro, e sanzionato da leggi a ciò apposite, come ne
fanno menzione tutti gli storici, gli oratori, ed i critici. Antonino
Pio «intra urbem sepeliri mortuos vetuit.» Diocleziano, e Massimiano
«mortuorum reliquias ne sanctum Municipiorum jus polluatur intra
civitatem condi jampridem vetitum est» e la stessa legge delle 12
tavole «nefas erat intra mœnia mortuum sepelire.»_

_Nè agevole era punto l'ottenere la distinzione d'essere sepolto nelle
città, perchè Servio Sulpizio scrivendo a Cicerone attesta, parlando di
Marcello morto in Atene: «Ab Atheniensibus locum sepulturae ut darent
intra urbem impetrari non potui, quod religione se impediri dicerent,
neque tamen ante id cuiquam concesserant.» Isidoro poi confermando
quanto sia ciò pregiudicievole alla salubrità, accenna come il costume
di seppellire fuor delle mura si adottasse posteriormente. «Prius autem
quisquis in domo sua sepelibatur: postea vetitum est legibus, ne fœtore
ipsa corpora viventium contacta inficerentur.» Cicerone, Plutarco,
Strabone, Pausania portano mille autorità su questo proposito, parlando
anche dei popoli di Smirne, di Sicione, di Delo, di Siracusa, di
Corinto, ec._

[31] _Vedi la vignetta posta in testa del presente articolo_.

[32] _Veggasi l'opera intitolata: «Recueil d'idées nouvelles pour
la décoration des jardins, et des parcs dans le gout Anglais etc.»
Leipzick 1796._

[33] _Vhately, Vatelet, de Lille ci danno descrizioni oltremodo
seducenti di possessioni d'un corrispondente lusso, e delizia, quali
valgono meglio di molti giardini._

[34] _Non è però da dissimularsi che la freschezza, la temperatura,
la limpidezza delle acque, la mossa del terreno dell'Inghilterra,
l'umidità, e l'ostinazione Inglese, se non sono qualità esclusive,
volute da questo genere, almeno lo rendono colà più praticabile, e più
delizioso, che altrove._



ERRATA.


  _Frontispizio_           _sylvanumque_  leggi  _Sylvanumque_

  _Pag._ 33,  _lin._ 24     basta segnare        basta a segnare
       40,       18         il piano             i piani
       65,        2         leggermente          leggiadramente
       73,    _ultima_      lentezza             lautezza
      172,        2         rissorse             risorse
      282,    _prima_       puuto                punto
      312,       21         fiilosofo            filosofo



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici. Le correzioni indicate a
pag. 375 (Errata) sono state riportate nel testo.





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