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Title: Progetto filosofico di una completa riforma del culto e dell'educazione politico-morale del popolo ebreo, Tomo II (of 2)
Author: Fernando, Aron
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "Progetto filosofico di una completa riforma del culto e dell'educazione politico-morale del popolo ebreo, Tomo II (of 2)" ***


http://dp-test.dm.unipi.it



                 Nota di trascrizione in coda al testo.



                          Progetto Filosofico
                   Di una completa riforma del Culto
                                   E
                    Dell'Educazione Politico-Morale
                           del Popolo Ebreo


                             di A. Fernando

------------------------------------------------------------------------

                              Tomo Secondo



                             Capitolo 1.

    In che propriamente consista la prima Educazione morale, che un
   barbaro Costume fa da lungo tempo conferire a' fanciulli ebrei.


Le orali tradizioni passano regolarmente da' genitori a' figli, e da
questi al lignaggio susseguente colla stessa facilità, e colle
prerogative medesime che si farebbero passare direttamente i beni di
famiglia: ognuno riceve da' propri genitori gli stessi documenti, ad un
tale riguardo, che hanno essi medesimi ricevuto da loro; ma ognuno
altresì gli dilata, gli ristringne, gli modifica, e gli rappresenta a
misura delle passioni che sente intimamente delle idee delle quali è
nutrito, ovvero dell'interesse individuale che lo muove. Il Cervello
dell'uomo, sopra tutto nell'infanzia, è una cera molle, suscettibile di
ricevere qualunque siasi impressione che affiggere gli si voglia;
l'educazione, che giustamente si dice essere una seconda natura per esso
lui, gli somministra quasi tutte le di lui opinioni; e ciò che v'ha di
peggio ancora in un tempo in cui esso è nella massima impotenza di
discernerle, se ottime per adottarle, e trarne de' solidi vantaggi, se
riprovabili per sfuggirne l'incontro, e rigettarle. Noi crediamo
ciecamente di avere ricevuto dalla natura, o di avere portato seco noi
nascendo, le idee vere, o false, che in un età inesperta si è fatto con
violenza entrare nelle nostre teste; a questa fatale persuasione è stata
sempre mai riconosciuta una delle più venefiche sorgenti de'
travviamenti che cospirano l'intera perdita dell'uomo. In darno ci
avvertiscono sensatamente i filosofi che le prime impressioni che si
fanno prendere a' fanciulli sieno tali per esse medesime che non abbiano
duopo di essere in verun modo nè emendate, nè represse, onde non
venghiamo di essere costretti a sostituirne delle nuove, o che giungasi
all'arduo procinto di doverle riformare; è in vano che i nostri
benemeriti maestri antichi ci gridano indefessi che tutto quello che da
noi viene imparato sia di bene, sia di male ne' primi intervalli della
nostra fanciullezza, si è ciò appunto che ad indelebili caratteri più
agevolmente ritenghiamo; ma noi sempre sordi agli avvertimenti salutari
degli uni, ed insensibili ognora alle grida amorevoli degli altri,
fabbrichiamo da noi stessi i tormenti crudeli che ci affliggono, senza
traccia di scampo, nè di conforti, preparando ad un tempo così la nostra
perpetua irreparabile sciagura, e quella insieme de' traditi nostri
figli (1). //Insensibili\\ //tiranni!\\ Sembrami udire questi
rinfacciarmi amaramente un giorno, se da voi riconosciamo la nostra
misera esistenza sulla terra, ci diranno essi lacrimando, da voi soli
ripetere dobbiamo unicamente ancora le affliggenti calamità, delle quali
saremo un giorno le vittime eterne sopra d'essa; l'avarizia l'ignoranza,
e il fanatismo di cui siete fieramente predominati da una parte ci
resero tante macchine automate fra gli enti ragionevoli, di aggravio a
noi stessi, inutili alla società, ed i venefici principi de' quali ci
faceste imbevere dall'altra finirono di abrutirci a questo eccesso.

E che! Tale forse appunto non è l'umiliante linguaggio, che gli
sventurati fanciulli ebrei possono tenere meritamente co' propri loro
parenti, o genitori? Dicasi di grazia quale è mai il solido reale
vantaggio, che questi esseri innocenti possono in verun modo ritrarre
da' medesimi che sia efficace a compensarli de' danni incalcolabili che
gravemente risentono dalla depravata educazione che loro è infelicemente
conferita? Appena un bambino fra noi comincia a sviluppare le sue
facoltà loquaci e auricolari, tosto che desso mettesi a portata di
balbettare qualche tronco accento quali sono mai i primi suoni, quale il
primo linguaggio articolato che percuote le orecchie sue nascenti?
Quello, senza dubbio, il più delle volte, o di genitori superstiziosi,
ed ignoranti, ovvero quello di una torpida servente, o di un domestico
imbecille, che gli si assegna per guida, i quali forse insieme co' loro
errori, comunicano ad esso molto sovente ancora i propri vizj.

Tali sono, per sciagura universale, gl'istruttori odierni della prima
infanzia de' fanciulli ebrei, ed in ispecie di quelli nati nel suolo
dell'Italia, da opulenti famiglie.

Or la mente di un fanciullo, che quale tenera cera, come lo abbiamo
rimarcato non è che un istante, è suscettibile di qualunque impressione
che vi s'introduca, cosa diverrà esso mai, imbevuto dagli ammaestramenti
della più ributtante depravazione, e dalle voci corrotte, deformi, e
male sonanti, quali appunto sono quelle che debbono continuamente uscire
dalle bocche di costoro (2)? Un ammasso stranamente confuso di ogni
orrido assurdo, ed il deposito infetto di tutte le idee le più
stravolte, ed insensate; dopo tutto ciò oseremo lagnarci ancora di
vedere gl'ingannati fanciulli ebrei de' tempi nostri anche adulti, e
fatti uomini per ciò che riguarda il loro fisico soltanto, e d'altronde
conservarsi tutta via sempre fanciulli per tutto quello che concerne la
loro parte razionale? Non ci rechi dunque altrimenti stupore, se
l'infanzia di quasi tutti i nostri bambini dura per l'ordinario,
l'intero periodo della loro vita, e se anche provetti gli accompagna
sovente fino alla tomba (3).

Ma tutto ciò non rapportasi fino ad ora solo che alla prima puerizia de'
fanciulli unicamente, inoltriamoci avanti qualche breve passo, e noi
vedremo, con pena, il caso diventare molto peggiore, se non ancora più
disperato.

Il contegno detestabile che osservammo tenersi generalmente con
quest'illusi fanciulli per lo passato, dovrà senza mistero, farci chiaro
comprendere quale dovrà essere il riprovabile metodo d'istruzione che
loro preparasi nell'avvenire.

Fin quì l'odibile ingerenza di corrompere, o alterare l'opera stupenda
della natura, sembra che solo fosse d'ispezione degli snaturati
genitori, o degl'insensibili mercenarj; ma la loro incombenza ributtante
cessando nel momento istesso in cui l'infante è pervenuto all'età di 5,
o al più 6. Anni, è al termine di questi che la vittima innocente è
rimessa fra le mani spietate di nuovi manigoldi civili, i quali compiono
l'opera spregevole con tanto funesto successo miseramente cominciata
dagli antecedenti. Un nuovo Institutore gli si presenta; il depravato
linguaggio di cui questi si serve è fra essi comune, essendo quello
medesimo appunto che lo sventurato alunno apprese già nel patrio tetto
per sino dal primo istante ch'egli si produsse fra i viventi. Il primo
suo ufficio si è quello d'istruirlo di ciò che gli ebrei chiamano דקדוק
(sottigliezza) (Dichduk.) consistente nella cognizione de' Caratteri
ebraici, de' punti che ne tengono luogo di vocali (di cui quell'idioma è
affatto mancante) delle pause che marcate non sono, di sorte alcuna, in
detta Lingua, e delle note armoniose, e degli accenti, che si rendono
alla medesima essenziali (4); ma tutto ciò si eseguisce materialmente
dal primo stupido maestro senza principj grammaticali di sorta alcuna,
ed ecco frattanto sparito un intero biennio almeno; che tale è lo spazio
di tempo che si fa credere in certo modo presso che indispensabile a
questo primo non meno inutile, che lacerante meccanismo (5).

Divenuto in seguito il fanciullo mediocremente conoscitore della
semplice forma de' Caratteri ebraici (oltrepassare non potendo un tale
circoscritto confine) si fa ripetergli per varie volte le lunghissime
preghiere de' giorni solenni, e quelle ancora de' quotidiani, e feriali,
fino a tanto che le une, e le altre, ammucchiate gli restino
confusamente in testa, in modo che a tempo debito egli possa recitarle
colle solite ripetute cantilene senza mai nulla capire di tutto ciò che
esprime, come veggiamo accadere oggi appunto fra i cristiani alle
femmine, ed alla massima parte degli uomini ancora che recitano tutti
d'accordo con tanta devozione le loro quotidiane preghiere nell'idioma
latino, senza intendere la minima parola di ciò che le medesime
racchiudono.

Gionto ch'è dunque il fanciullo all'età di 9. o 10. anni, si procura di
farlo tosto passare alla lettura del Pentateuco, indi gli si fa scorrere
i Profeti con tutto il resto della _Mikrà_, facendolo ad un tempo
dedicare nella spiegazione, e nelle glose interminabili de'
Commentatori, non meno degli uni, che dell'altro; si ha inoltre la cura
di renderlo quanto è possibile intelligente ne' Divini (di cui abbiamo a
sufficienza ragionato altrove), giacchè gli espressi motivi
dell'osservanza de' precetti, e de' doveri che incumbono l'ebreo sono in
essi tutti onninamente racchiusi in un intero Corpo che ha per titolo
שולחן ערוך (Sciulhan' ngharuh) _mensa preparata_, se poi il fanciullo
manifestasse un declivio espresso alla professione del rabanismo, è
allora che procurasi di renderlo instruito ne' _Medrascim_, o _Rabbot_,
nel _Talmud_, nel _Zoar_, antichissimo Commento della Scrittura che
tutto si diffonde sulle allegorie, su' tratti d'immaginazione e su'
misteri (6); nelle opere sublimi del celebre Maimonide o _Rambam_, il
quale può dirsi con giustizia, il più colto, ed il più illuminato di
tutti i Rabbini dell'Israelismo, ne' dotti Commentarj di _Abarbanel_
sensatissimo critico pur esso, ed in qualche altro più recente ancora,
oltre que' tanti già menzionati, che la sua nuova elezione gl'impone di
conoscere minutamente per detaglio.

Ecco, in una parola, a che mai si riduce la mostruosa educazione, più
teocratica, senza dubbio, che sociale, conferita a' fanciulli ebrei di
nostra età, e se malgrado i pessimi principj co' quali pretendesi
condurli al premeditato disegno, alcuno di essi per fortuita
combinazione vi perviene, ciò non succede che nello spazio di venti anni
almeno, senza che in questo lunghissimo intervallo si pensi a fare
entrare giammai nella sua testa la benchè minima coltura, non dirò già
di scienze astratte, o contemplative, o di amena erudizione, mentre ciò
impossibile rendevasi all'ebreo sotto l'orizzonte dell'Italia
specialmente si funesto per esso lui ne' tempi andati (siccome dovrò,
pur troppo, dimostrarlo in seguito con orrore) ma una semplice pratica
di scrivere, una mediocre perizia della stessa lingua del paese in cui
vive, usata da quel popolo col quale ha esso duopo di contrarre ad ogni
istante stretti legami di Commercio, e di Società, e che per una
sventura inconcepibile non giugne mai l'ebreo che a balbettare
macchinalmente nella guisa che mirasi fare sovente a' perucchetti, o
papagalli, i quali non fanno che ripetere in tronche articolazioni que'
pochi vocaboli medesimi che odono (7). In fatti quanti ve n'ha fra gli
ebrei che nell'età di 12, o 15 anni leggeranno _Onkelos_ (parafrasi
caldea della Bibia) intenderanno _Jarki_, spiegheranno _Ezechiello_,
conosceranno il _Zohar_, e non sanno appena vergare il proprio nome, e
quanti altri parimenti ve n'ha che ci recano insoffribile nausea ad
udirli parlare di cinquanta? Ma almeno è un conforto per questi di
potere dividere la loro sventura con infiniti altri individui non ebrei,
attaccati fatalmente dallo stesso contagioso malore (8).

Barbari uomini che sì indegnamente vi usurpate il preclaro attributo di
padri di famiglia, senza conoscerne giammai nè le leggi rispettabili, nè
gli urgenti doveri! Ecco l'opera vostra, genitori spietati di misera
prole che la vostra detestabile negligenza rende perpetuamente
sventurata, fremete! I complici voi siete di ogni smarrimento che
l'ignoranza (sorgente inesauribile di tutte le sciagure che affliggono
l'umanità) in cui abbandonasti crudelmente i propri figli farà loro
commettere un giorno; ma che dico? No, no, irragionevole sarebbe
l'imputare i medesimi della più leggera colpa in questa parte, quando i
soli rei siete voi, voi siete i colpevoli, e di essi con più debita
ragione riportare voi dovrete la terribile meritata pena; e quale
avversione per la vostra rimembranza non dovrà non recare agli stessi
vostri figli un tempo, allorchè sviluppata dagli anni la ragione de'
medesimi, si vedranno costretti a riconoscere nello stesso autore della
loro propria esistenza la cagione fatale di ogni loro triste
avvenimento? A che vi gioverà di querelarvi allora contro voi medesimi,
detestando la vostra indifferenza brutale per la loro negligentata
Coltura? Se con un rincrescimento intempestivo mitigare forse credete il
vostro fallo enorme, o se immaginate che possa non esservi dagli altri
imputato quello come tale, vi lusingate indarno; ogni rimorso è inutile,
superfluo il pentimento per un male che da voi soli dipende di
allontanare onninamente o d'impedire; ma che per l'ordinario inevitabile
si rende una volta che lo abbiate permesso; in vano finalmente vi
sforzerete di palliarli entrambi, attribuendo la colpa alla supposta
inclinazione avversa dagli stessi figli per illuminare il loro spirito,
e coltivare i loro talenti, allorchè promettendo, forse, per loro intimo
declivio, i più rapidi avanzamenti, se tenuto aveste seco loro
tutt'altro differente sistema, meno barbaro, e più sociale, costituire
gli potevate in tale stato da ricolmare voi di onore, essi medesimi di
gloria, la società di ammirazione (9).

Ma la natura, e la ragione sono sufficientemente vendicate degli
oltraggi proditorj che dalla vostra insensibile fierezza si commettono
in tante guise differenti contro di esse.

(1) Se lo spirito di un fanciullo, si arrendevole per sua natura, si
limitato, è una volta sovvertito dal malefico pedantismo di una
ignorante educazione, invano tenteranno in seguito le scienze di
rischiarare quelle dense tenebre delle quali essa l'ha ingombrato;
indarno lo studio, il più metodico ancora, potrà giugnere a dileguarlo
dall'errore, ad elevarlo fino alla verità; esso in tale deplorabile
stato inutilmente userebbe ogni sforzo d'ingegno e di artifizio di cui
fosse capace per ritrovare lo smarrito sentiere, che diretto lo avrebbe
con sicurezza nel vero acquisto delle utili Cognizioni se tradito non lo
avesse la barbara negligenza di chi più dovea interessarsi per la di lui
morale educazione; ond'è che per infondere nell'animo sovvertito di un
fanciullo un numero adeguato di verità utili, e necessarie, sarebbe
duopo, come lo pensa Elvezio, di svellere dalla sua corrotta fantasia lo
stesso equipollente di quelle assurde illusioni delle quali essa
ritrovasi miseramente colma, e penetrata; quale rimozione si complicata,
e difficile richiederebbe, senza dubbio, un tempo assai lungo; ecco un
nuovo argine al felice progresso degli sventurati fanciulli non meno
pernicioso di tanti altri, che rendono pur troppo la loro infanzia
interminabile, come ce ne convinceremo, con ribrezzo, nel seguito delle
nostre successive osservazioni sopra un tale particolare.

(2) Ecco sembrami ritrovata la soluzione del problema per tante volte
agitato da' curiosi; per che mai il dialetto dell'ebreo si fa per lo più
si notabilmente distinguere da quello degli altri popoli fra i quali
esso vive, sia col mozzamento di parole, sia collo strascico di
reiterati accenti, ovvero colle nojose inflessioni di vocaboli, ed altre
tali deformità le quali sono talmente abituali ad esso, che anche
gl'individui più colti di questa nazione vi si mirano cadere assai di
frequente. E quale meraviglia? essi con ciò altro non fanno che
ripetere, essendo adulti, uomini formati, ed anche decrepiti, le stesse
disgustose modulazioni di voci, che sono state loro comunicate nelle
fascie: ciò che vieppiù contribuisce ad avvalorare la nostra preallegata
opinione che le prime idee succhiate, per così dire, alla mammella
insieme col latte nella prima infanzia, sono quelle appunto che restano
sempre dominanti nell'uomo.

(3) Quanto sarebbero stati più rapidi, e più felici i progressi di
coloro i quali per intima natura forse dotati di una perspicace
inclinazione alla coltura, ed allo sviluppo dello spirito, se il primo
linguaggio che si è fatto eglino imprimere, non fosse stato corrotto nè
vizioso, ma bensì quello di persone instruite, di tersi parlatori, di
coltivati soggetti? Non v'ha, per quanto io penso, dice un saggio
antico, la benchè minima differenza, tra l'affidare ad un rozzo, ed
inesperto manovale la direzione de' primi radicali sotterranei di un
edifizio, e l'abbandonare, sia per incuria, sia per ignoranza, i primi
anni dell'età di un fanciullo alle perniciose cure di un domestico
imbecille, od alla direzione di una persona incolta, o scevra di virtù e
di talenti. Quale grave torto non si fa a' giovinetti, quale immenso
nocumento non ne risente l'inesperta {{fantasia}} de' medesimi
abituandogli all'esecrando linguaggio di costoro, che in seguito
disimparare hanno duopo, ed anche con somma fatica che rarissime volte
//giugne\\ {{giungono}} a superare felicemente? _Natura_ (dice il più
dotto precettore della gioventù) _tenacissimi sumus eorum quae rudibus
annis percepimus ....... non assuescat ergo puer, ne dum infans quidem
est sermoni qui didiscendum sit_

_Quintili. Instit. Lib. 1. C. 1._

(4) Il Pentateuco, tal quale ritrovasi scritto nel viluppo che viene
denominato ספר תורה (Sefer Torah) _Libro della Legge_ di cui fanno gli
ebrei pubblica lettura in certi determinati giorni dell'anno entro la
Sinagoga, è scritto senza _punti vocali_, mentre questi sono stati, dopo
vari secoli dalla promulgazione fattane da Mosè inventati da _masoreti_
o critici ebrei (de' quali fu già da noi parlato nel 1º. vol.) ad
oggetto di fissare, o renderne più agevole l'intelligenza a coloro che
non ne avevano una perizia sufficiente; anche gli accenti, o note che
gli ebrei chiamano טעמים (Tanghamim) _tuono, gusto, armonia di voce_ è
parimenti l'opera di quelli; essi ne hanno inventati di due speci, di
cui l'una serve a distinguere le parti del discorso, nella stessa
maniera che i Greci, ed i latini usarono i primi de' punti, e delle
virgole, affine di separare i differenti periodi de loro variati
ragionamenti; gli altri poi hanno per oggetto d'indicare le pause,
l'elevazione, e l'abbassamento della voce, leggendo, o piuttosto
cantando com'essi fanno, seguitando il costume antico i vocaboli
medesimi e le frasi della Scrittura; vi si è finalmente rimarcato in
essi qualche analogia molto prossima colle note medesime, che noi
impieghiamo usualmente nella musica.

(5) Non è già che gli ebrei manchino di eruditi, ed ingegnosi
grammatici, essi ne hanno da disputare con successo la palma di trionfo
a tutte le altre nazioni civilizzate del mondo. I Rabbini _Jeudah_, e
_Jonah_, si distinsero mirabilmente in questo ramo: R. _David Kimhi_,
così nomato per antonomasia _Radak_, si rese oltremodo classico ancora,
ed _Abenesdra_ più di tutti quelli che lo avevano preceduto; ma _Elia
Levita_ celebre Rabbino Tedesco gli ha tutti sorpassati; questi al dire
de' dotti, è il più perspicace critico che abbia la nazione d'Israel
nell'arte della Grammatica. Non bisogna certamente obbliare fra i
moderni il rinomato _R. Arieh_ conosciuto altrimenti sotto nome di _Leon
di Modena_; e gli eruditi Rabbini _Calimani_, e _Saraval_ veneti
entrambi, i quali tanto nell'arte della grammatica, quanto in quella
della predicazione, oserei dire, che non hanno lasciato successori da
eguagliare; ma a fronte di tutte le utili cognizioni che gli ebrei
potrebbero acquistare in questa parte, nulla di meno quel tanto che i
medesimi posseggono dell'idioma ebraico, non è regolarmente fondato che
sopra un abitudine macchinale che fece loro meramente contrarre un lungo
uso, senza potere giammai in verun modo renderne motivo, nè ragione.
Quindi è che pochi giungono fra essi ad approfondirla, ed a conoscerne
il vero spirito.

(6) Il metodo di cui gli ebrei si sono sempre serviti per spiegare le
Scritture è stato differente secondo i varj tempi, e la diversità de'
luoghi; ma in qualunque siasi maniera è ben di raro ch'essi si siano
applicati a trovarvi il senso puramente letterale. In quasi tutti gli
antichi Commentari sulla bibblia non vi veggiamo altro che allegorie,
giuochi di spirito, istorie immaginate a piacere, e pochissimi concetti
morali. Alcuni, per altro, volendogli giustificare, vanno fino a
sostenere che lo spirito di quegli antichi scrittori è stato condotto
all'invenzione di si fatte stravaganti parabole, o mistiche allegorie,
in preferenza delle spiegazioni letterali, per che quelle erano allora
molto più gustate dal popolo di ciò che lo fossero queste incapaci del
tutto ad eccitare l'attenzione assidua de' loro ascoltatori.

(7) Non si saprebbe cominciare troppo presto una saggia ed istruttiva
educazione. È ben vero, per altro, che la tenera fanciullezza non può
ancora contenere uno spirito giusto, e moderato, ma per rimediare a
questo primo inconveniente è duopo fare prendere alla ragione de'
fanciulli un abito da fanciullo; e questo dovrebbe essere propriamente
l'ispezione de' genitori, e delle genitrici, a dovere tutti esaminare
minutamente da vicino, ed a studiare con assidua precauzione la portata
de' soggetti che quelli possono soffrire; tale è l'espediente il più
efficace per trarli, con successo dal loro ingenito letargo, ad un
simile riguardo, la pena è breve, ed il solido vantaggio che se ne
ritrae è di una interminabile durazione. I pregiudizj, e le passioni si
impossessano ben presto della vita dell'uomo e presto ancora si
corrompono lo spirito, ed il Cuore, quando a' fanciulli troppo tardi si
parla, ed allorchè la ragione viene per collocarsi, lo spazio, per così
dire, che dee contenerla, è già preventivamente occupato.

(8) È un difetto quasi universale in queste parti di mantenere i
fanciulli fino all'età di 8. e forse ancora di 10. anni immersi nella
totale ignoranza di ogni cosa, e scevri affatto eziandio del proprio
natio idioma. Alcuni filosofi opinano che non si debbono fare applicare
i fanciulli agli studj avanti ch'essi abbiano compiuti gli anni sette:
_Quidam Litteris instituendos_, (dice Quintiliano riferendo il
sentimento de' medesimi) _qui minores septem annis essent non putaverunt
quod illa prima ætas, & intellectum disciplinarum capere, & laborem pati
non possit_ (_Instit. Cap. 2. Lib. 1._). Però questi sembra essere di
opposto pensiere, appoggiato, senza dubbio, al sentimento di _Crisippo_
filosofo Stoico, il quale avendo ragionato estesamente sull'educazione
instruttiva de' fanciulli assegna tre soli Anni alle balie, alle quali
raccomanda che persino di allora si applichino a formare i costumi di
essi, ed a reprimere, per quanto elleno è possibile, la veemenza delle
loro passioni che fino a quell'età cominciano a farsi con tutta forza
sentire: or prosegue il medesimo Quintiliano, se questa età può essere
capace di norma per rapporto a' Costumi, per che mai non dee esserlo
egualmente per ciò che almeno riguarda il solo studio delle Lingue? _Cur
autem non pertineat ad Litteras ætas, quæ ad mores jam pertinet_ (Ibid).
Ma che direbb'egli mai quello stesso Quintiliano se spettatore un solo
momento ritrovare ei si potesse fra noi ad osservare il detestabile
contegno che si tiene in queste parti, concernente l'educazione morale
de' fanciulli? Cosa opinerebb'esso mai, vedendo quella professione
stessa che ha egli per lungo Corso di Anni esercitata felicemente con
altrettanto luminoso decoro, quanto avventurati universali successi,
oggi renduta fra noi sì abbjetta, sì comune, sì popolare? Quale giudizio
farebbe degl'insensati genitori, e quale prognostico darebb'egli mai
degli sventurati loro figli? Ci reputerebb'egli reprobi, stravaganti, o
forsennati?

(9) È certamente un assurdo ripugnante, ma d'altronde molto comune il
credere, che ci sieno pochi uomini i quali naschino colla facoltà di
bene acquisire le idee che loro si presentano, e di abbracciare gli
studj ne' quali si fanno i medesimi applicare; siccome pure ingannasi di
gran lunga chi s'immagina che la massima parte de' fanciulli perviene
con grande stento a superare quell'accidia molesta, che mirata, per così
dire, porta seco lo spirito di questi, poichè quasi tutti, al contrario,
sembrano egualmente organizzati ad applicare, a pensare, a ritenere con
la massima facilità e prontezza: _C'est un talent_ (dice _Elvezio_ P. 1.
_de l'Education_) _aussi naturel a l'homme comme le vol aux oiseaux, la
course aux chevaux, et la ferocité aux bêtes farouches. La vie de l'ame
est dans son activité, & son industrie, ce qui lui a fait attribuer un
origine celeste. Les esprits lourds, & inabiles aux sciences, ne sont
pas plus dans l'ordre de la nature, que les monstres & les phénomènes
extraordinaires, ces derniers sont rares._

Dal che mi sembra potere fondatamente conchiudere che agevole cosa si
rende di ritrovare ne' fanciulli delle risorse considerabili, le quali
per sciagura universale o non si conoscono affatto, o si lasciano, pur
troppo, sfuggire coll'età: quindi è che allora non dobbiamo qui
incolpare la natura, o il talento de' giovani, ma la nostra insensata
negligenza per la loro instruttiva educazione unicamente, la quale se
una volta giugneremo ad emendare de' suoi perniciosi errori, resteremo a
sufficienza convinti della pretta verità di ciò che quì fermamente
asseriamo.



                               Cap. II.

   I mostruosi principj de' quali sono i fanciulli ebrei miseramente
imbevuti nella loro età puerile, rendono la loro ignoranza {{pressochè}}
         inemendabile durante il Corso di tutta la loro vita.


L'Uomo, dice _Seneca_ il filosofo, nasce barbaro, nè lo miriamo
allontanarsi dall'abbjetta condizione delle bestie, che per il solo
efficace mezzo dell'educazione morale, de' lumi, e della coltura del suo
spirito; più questo è raffinato dall'istruzione, e vieppiù con
sufficienti ragioni può esso vantare meritamente nella società il rango
eccelso di uomo, cioè, della più ammirabile produzione tratta
dall'eterno Consiglio dell'opifice supremo; appoggiato senza dubbio, a
questo evidente inconcusso principio, uno de' più gran genj
dell'Inghilterra solea ripetere sovente che la scienza, e l'ignoranza
erano i positivi essenziali principi del bene, e del male di cui era
propriamente suscettibile tutta la specie umana (10).

Ma, che dissi, educazione, lumi, Coltura? Eh! quali nomi ignoti, e
scevri di sentimenti a' nostri tempi! I pregiudizj, le sregolate
passioni, gli errori, ecco l'odierna educazione dell'uomo; essi lo
assaliscono senza ritegno, e gradatamente s'impossessano dell'illuso suo
Cuore; la superstizione accorre a perpetuare le di lui calamità, e
quindi ne compie il misero edifizio, e mette il colmo alla fatale
clessidra; quell'orrido mostro persecutore inesorabile del genere umano,
diventa l'unica guida dell'uomo, esso lo fa degenerare dall'esimia sua
specie e di gran lunga più feroce lo rende di selvatica fiera. Smarrito
esso trovasi allora dall'ameno sentiere di quella solida, e perenne
felicità, che una saggia, e metodica educazione gli avrebbe profusamente
preparata, senza ostacolo, e quale forsennato vaneggiante al cupo
baratro delle chimere esso la cerca laddove non vi è, e persuaso egli
resta di ritrovarla laddove appunto non vi può essere (11); questa
informe produzione dell'umano delirio, sedotto che abbia un solo istante
il credulo mortale a' suoi tenebrosi agguati, inutile gli fa supporre
l'educazione per la sua vita, di aggravio la coltura dello spirito, i
lumi perniciosi, e costringendolo ad ignorare i vantaggi
incommensurabili della prima, vietandogli con ogni sforzo di conoscere i
salutari disegni che gli ultimi si prefiggono, esso rinunzia di buon
grado all'una, più gli altri non cura, e ciò è pur troppo allorquando la
più necessaria, e la più sorprendente produzione della natura, la più
inutile diventa la più spregevole[.]

Tale è lo stato deplorabile a cui ridotti io vi miro o sventurati
fanciulli d'Israel! Ma ciò che più di ogni altra cosa mi attrista si è
il vedere la somma difficoltà de' mezzi efficaci a liberarvene, e di
//credere\\{{avere}} presso che inutili riconosciuti da gran tempo fino
ad ora tutti i miei sforzi, onde rischiarare le insite vostre tenebre,
istruirvi, e migliorare la vostra sorte (12); ma con quale fondamento
lusingarcene giammai, dopo l'abominevole preparazione, che testè
riprovato abbiamo, e che il loro spirito ritrova, senza pena fino dalla
culla? Se anche prescindere si volesse da tutti que' panici timori, e
ridicole apprensioni che s'incutono a' fanciulli col vano disegno forse
di contenerli nel loro dovere, ed abituarli per tempo all'obbedienza,
costume generalmente riprovato da' saggi, ma che non lasciasi frattanto
di praticare dalla massima parte (13); come supporre che co' tanto
venefici elementi de' quali gli abbiamo noi veduto imbeversi possano
quelli giugnere una volta a superare quegli argini funesti che
formeranno sempre mai un ostacolo presso che ineluttabile alla sviluppo
delle loro facoltà intellettuali, come sperare che condurre si possano
un giorno fino alla verità, se loro mancano affatto i mezzi opportuni di
conoscerla, se la ignorano i loro primi Institutori, e se i propri loro
parenti si fecero sempre uno scrupolo di sapere ciò ch'ella fosse?
Ingannati eglino stessi grossolanamente fino da' loro primi anni, è ben
naturale che si crederanno in dovere d'ingannare alternativamente i
propri figli, trasmettendo loro quel tessuto informe di errori, e di
Contraddizioni che hanno essi medesimi ricevute come in retaggio da loro
travviati progenitori (14). Indi col soccorso dell'abitudine malefica
che fanno loro sì per tempo contrarre, ed i panici timori che loro
incutono come si disse, fino dalle fascie, essi pervengono a farli
tenacemente persistere nelle assurdità più materiali, nel mentre che
queste sono il più chiaramente significate. In vano tenterebbe la
ragione di fare in simile procinto formalmente valere i suoi diritti; la
ragione nulla può contro l'abitudine, la quale diventa, come suole
dirsi, una seconda natura per lo spirito umano (15).

Inoltre quando ancora questi miseri fanciulli arrestati non fossero da
tale funesto impedimento, con quale coraggio si indurrebbero essi mai ad
affrontare le opinioni di quelli che loro fece amare natura, e che
mirano cotanto impegnati ad istruirli? Essi non solo gli credono più
abili di loro, ma debbono supporli anche intimamente convinti di tutto
ciò che da quelli viene loro di proposito comunicato; ed ecco un valido
motivo di più onde rendere maggiore la confidenza di questi esseri
inesperti verso i propri genitori, dalla parte de' quali non sospettano
giammai nè frode, nè menzogna, e quindi fatti adolescenti ancora sentono
aumentare la loro sicurezza per essi, in ragione dell'incremento di età,
memori delle cure che quelli presero per l'infanzia de' medesimi,
allorchè erano impotenti di sostenersi da essi, e senza l'influenza di
straniero soccorso (16).

Ecco in quale maniera si fanno insinuare gli errori più grossolani, e si
perpetuano i pregiudizj i più degradanti nell'animo degl'ingannati
fanciulli dall'Israelismo, senz'altra base fondamentale fuori l'equivoca
parola di coloro a' quali essi debbono l'esistenza; ed ecco finalmente
il solo genuino motivo per cui una gran parte di essi, specialmente in
molte Città dell'Italia, non giugne mai a sviluppare l'intelletto, anche
nelle Cognizioni le più agevoli ad abbracciarsi, e le più triviali:
quindi vedendo riuscire vani tutti i possibili sforzi per arrivarvi,
stancasi per ultimo al segno, che ne abbandona totalmente l'impresa, e
più non si cura di proseguirne i tentativi. Egli è dunque così che
quella stessa ignoranza ch'ebbero come in retaggio dal primo infelice
istante che si produssero al mondo gli accompagna durante la loro vita,
nè gli lascia in alcun tempo fino all'estremo periodo delle loro forze.

Ma non vi sono forse altre cause da potersi fondatamente assegnare,
oltre le testè menzionate all'alienazione decisa che osservasi nelle
8/10 parti de' giovinetti ebrei per l'assidua coltura delle scienze, e
per una solida istruzione? Questo è ciò appunto che noi andiamo ad
investigare con ogni diligenza possibile nel cap. Seguente.

(10) Tale è il sentimento di _Bacon_. In fatti s'è vero, nel modo che in
tante guise fu da' saggi dimostrato, che le sole scienze possono rendere
l'uomo felice (purchè pago egli resti di coltivarle da uomo, cioè da
essere creato, ed efficiente) quanto l'ignoranza farebbe sulla terra
meno progressi funesti a danno degli enti ragionevoli, se questi
cospirando unanimemente d'accordo, la perdita estrema di quell'orrido
mostro, si dedicassero onninamente all'esercizio di quelle, e premurosi
di seguitarne con trasporto i salutari ammaestramenti, essi
perverrebbero allora a sbandire dal loro spirito que' malefici prestigj
che risultano direttamente dall'ignoranza, che formano il tormento
perpetuo dell'uomo, e la sua più avvilente degradazione. E appunto ad un
tale riguardo che la Grecia ebbe diritto di chiamare barbaro tutto il
resto del mondo, mentre non vi ha niente di sì grossolano, e ripugnante
dell'ignoranza, siccome niente avvi di più proficuo per l'uomo, e di più
salutare per la sua specie della coltura dello spirito, e dello sviluppo
della ragione.

(11) Come mai ritrovare felicità in mezzo delle chimere che ci
tormentano senza ritegno, come pervenire a possederla, combattuti
dall'ignoranza, assaliti da' pregiudizj che ci fanno continuamente una
guerra spietata e universale? Essa naturalmente schiva l'incontro
disgustoso di questi mostri detestabili, cotanto familiari pur troppo
alla specie dell'uomo della nostra età; e questa frattanto assurdamente
persuasa di poterla ritrovare nel tumultuoso conflitto delle passioni
criminose che da quelli derivano, prende l'illusione che queste fanno
ciecamente sullo spirito umano come una vera felicità, si pascola di
essa riguardandola per tale, e non si accorge, ch'ella si offrì qualche
volta a suoi sguardi nel suo integro sembiante, ma che i suoi
deplorabili errori allontanare la fecero dal suo cuore, trasformandola
in un labile fantasma che lo inganna, e lo tormenta: _Il est du bonheur
comme de la verité_, dice un illustre antico, _elle s'offre quelque fois
à nos regards, sans que nous la reconnoissons, & c'est alors qu'elle
nous échappe pour toujours._

(12) Questa è una verità con mio intenso rammarico esperimentata da me
in 20. Anni consecrati alla istruzione della gioventù; nè sapea
intendere la cagione per cui io ritrovava i progressi de' fanciulli
ebrei di certi paesi, specialmente dove la lingua è più corrotta, e
l'ignoranza è loro più omogenea, sempre più lenti, e più incerti di ciò
che lo fossero quelli di coloro nati in certi altri climi differenti,
malgrado tutte le mie più assidue cure per farneli riuscire, e ruminando
in mestesso quali potessero essere i veri motivi di sì strano
inconveniente, due principali soltanto io vidi risultarne il primo può
dirsi certamente la superstizione l'ignoranza, e l'avarizia di una gran
parte de' loro genitori i quali dopo di avere tenuto sepolto lo spirito
de' propri figli nel vortice di una brutale stolidezza per 6. e 7. anni
gli affidano in seguito per altrettanti all'abominevole istruzione di un
ignaro pedante, dalle cui mani essi ne sortono molto peggiori di quando
vi sono entrati. E quale di questa ritrovare si può mai cecità più
deplorabile? È ben vero che il grato prezzo rende agevoli e comuni le
cose più rare; ma un Calcolo sì assurdo, e pregiudicevole al progresso
della gioventù, non si fa in simile caso, che dagl'insensati unicamente,
i quali non potendo pervenire a conoscere il grave nocumento che apporta
un tale risparmio ai propri figli, giusta l'opinione di un dotto
Inglese, si abbandonano con essi nel più orrido precipizio: _Some
persons employ such masters, as these to save expences, others for want
of knowing them_; indi conchiud'egli saggiamente. _These are blind
people who suffer themselves to be led by others, that are also blind,
and all of them fall down the precipice together_. Johnson's Works.

Quindi le loro menti abbacinate dell'enorme affluenza di errori
insinuatigli da quegli infelici maestri, più non sono capaci di
sostituire a questi altrettante verità utili, e salutari; e quando ciò
ancora riuscisse, una sifatta rimozione richiederebbe un lungo tempo, ed
ecco un nuovo argine al progresso di questi sventurati fanciulli, niente
meno pernicioso degli altri testè indicati.

Il secondo motivo poi io ritrovai essere il lunghissimo tempo che si fa
loro inutilmente dissipare nello studio della religione, il quale
distraendoli da tutto ciò che rapportasi allo studio delle Scienze,
delle Belle Lettere, alla Società, e all'uomo, gli fa considerare ogni
altra applicazione come profana indegna totalmente di un vero Israelita;
ed opposta alle pratiche bizzarre delle quali sono que' fanciulli
macchinalmente impressionati.

(13) Fra i tanti difetti condannabili all'eccesso che paralizzano
l'educazione morale de' fanciulli, che distruggono al loro nascere i
migliori successi che potrebbero aspettarsene, può certamente
annoverarsi il primo quello che quì noi riproviamo. Qual esecrabile
sistema! Credere che non siavi altro mezzo più pronto, e più efficace
per ridurre i fanciulli all'obbedienza, che mettendo in pratica le
ridicole apparizioni di notturni fantasmi, ed i panici timori che in
varie guise differenti gli s'incutono nello spirito, il quale in simile
foggia abituato a temere, tutte le volte che si vorrà, mentre è
fanciullo, o reprimere le sue passioni, o renderlo più saggio, si sarà
costretti di minacciarlo con si fatte apprensioni, e queste resteranno
talmente inveterate nella sua mente fatta un giorno adulta, che tutta la
sua vita non sarà poscia che una serie successiva di timori, e questi
inseparabili dalle di lui azioni, lo abrutiranno in tale maniera, che
credere, e tremare saranno un giorno per lui la cosa stessa.

(14) Tanto è ciò vero quanto che se noi interroghiamo non dirò già i
fanciulli i quali mancano di discernimento, e di esperienza; ma gli
stessi vecchi, e provetti genitori che che dobbiamo supporre consci, e
inveterati nelle massime della Religione che professano; se noi ci
facciamo, dico, ad interrogarli de' giusti fondamentali motivi per cui
essi le praticano, noi gli udiremo sempre aggiugnere l'uno all'altro
assurdo, senza dare giammai la benchè minima evasione alla nostra
obbiettata ricerca, e tutto al più gli vedremo impegnati a farci
credere, che siccome i loro padri gli hanno costretti di rinunziare alla
teoria del raziocinio, così appunto debbono essi obbligare i propri
figli ad imitarli, non solo, ma a diffidargli ancora della testimonianza
de' sensi, e sottomettersi ciecamente a ciò ch'essi loro annunziano come
positivo, e irrefragabile, con niun altro fondamento, che le stupide
asserzioni de' loro troppo creduli progenitori.

(15) Siccome l'abitudine regolarmente si contrae ripetendo le medesime
azioni, o rinnovando con frequenza la pratica delle medesime Cose;
quindi è che l'anima vi si porta prontamente, e con piacere, di modo che
sembra essere quella trascinata verso l'oggetto che la attrae appena ei
si presenta, o che s'egli è assente essa lo brama con un trasporto
estremo: è per ciò che l'uomo difficilmente perviene a distruggere un
abitudine profondamente inveterata nel suo spirito, massime se questa
tende al vizio; e quando ancora egli fosse capace d'implorare i soccorsi
della ragione per liberarsene, questa si troverebbe nell'impotenza di
prenderne parte, atteso i grandi ostacoli ch'essa v'incontrerebbe dalla
parte dell'uomo predominato da un'abitudine viziosa.

(16) L'inesperienza massima nella quale si ritrovano i fanciulli di
questa età, generalmente parlando, gli trascina molto sovente a credere
quello appunto che in una età più avanzata essi vorrebbero rigettare per
che riconosciuto in ogni parte assurdo, pernicioso, ed opposto
interamente alla verità; ma è troppo tardi, e infatti a che mai
gioverebbe loro il tentarlo, dopo di essere divenuti le vittime eterne
della loro propria imperizia macchinale, e lo scherno fatale della
torpida ignoranza di coloro che gli astringono ad imitarli, facendo loro
adottare ciecamente tutti que' mostruosi delirj de' quali furono eglino
medesimi primi già imbevuti? Quindi è per che questi miseri fanciulli
trattenuti dal riguardo ridicolo di non doversi opporre giammai a ciò
che fu loro fatto credere ne' primi Anni della loro esistenza, e
venerare come fanno da quelli a' quali essi debbono le prime luci
vitali, non possono in verun tempo dipartirsi dal tenebroso loro stato
primievo, e non giungono a misurare le loro azioni, e i loro pensieri
che unicamente sopra un semplice _udito dire_ Quale di questa ritrovare
si può mai condizione più deplorabile!



                              Cap. III.

  L'ignoranza di tutto ciò che tende allo sviluppo della ragione che i
 Rabbini //(concordi in questa sola parte con tutti gli altri preti de'
 Culti che conosciamo)\\ prescrivono come ovvia alla salute dell'anima,
           allontana gli ebrei dallo studio delle scienze.


Si è osservato in ogni tempo, e si è per reiterate volte ripetuto in
varie Lingue che tutta la specie umana è diretta onninamente dalle sole
abitudini. Or lo stato dell'educazione (come lo pensano _Elvezio_, e
_Mirabeau_) altro per se stesso non è che l'arte, o la maniera di fare
prendere agli uomini le abitudini adeguate, che si giudicano loro
necessarie nelle differenti circostanze alle quali si suppone che
possono essere richiamati.

Tanto è ciò vero quanto che veggiamo tutti i legislatori antichi
servirsi della sola educazione pubblica, come di un espediente il più
ovvio, ed il più efficace a sostenere, e a propalare le loro istituzioni
differenti: alcuni di questi, e _Licurgo_ in particolare, hanno sempre
considerata la gioventù, come l'assoluto patrimonio dello stato, non
lasciando a' rispettivi genitori che la mera soddisfazione di avere
procreati degl'individui, utili alla patria che vide nascerli. E appunto
in questa verdeggiante età che vollero essi radicare i primi germi
salutari della messe sociale. Ma alcuni individui troppo interessati per
il loro benessere unicamente in preferenza di quello della patria, e
dell'intera società umana, meditando di annientare le idee già
propalate, come opposte onninamente a quelle che dessi tentavano di
estendere, e perpetuare fra i mortali, hanno delusa l'aspettazione
universale, miseramente rovesciando da colmo a fondo quest'edifizio
salutare già con ammirabile successo preparato da quegli uomini, cotanto
benemeriti della specie umana (17).

Per altro alcuni eruditi critici rimarcarono che gli accennati
Legislatori, presso che tutti in sifatta maniera procedendo tentavano di
fare contrarre agli uomini delle abitudini affatto contraddittorie, e
distruttive di quelle che la natura avea in origine disposte, e
sistemate in vantaggio de' medesimi: ciò potrebbe anche essere da una
parte; ma io veggio frattanto che quella sifatta classe di uomini di cui
parlammo, dall'altra, occupata unicamente di garantire i suoi interessi
particolari da ogni esame, e persuasa che il suo ascendente basato sopra
certe pratiche superstiziose e assurde, il più delle volte, non potea
mai conservarsi, che sugli appoggi medesimi soltanto, che servirono un
giorno a farla cominciare ad esistere, ad introdurla fra i popoli, ha
usato di ogni sforzo per illaqueare l'umana ragione, e paralizzando lo
spirito nascente di quegli esseri deboli e limitati, co' mostruosi
principj de' quali l'ha essa funestamente imbevuto, fece credere
superflua l'abitudine della prima, e quasi come pernicioso lo sviluppo
del secondo (18).

Comunque sia che si riguardino le abitudini che si fanno prendere a'
fanciulli dell'Italia specialmente; sotto qualunque siasi aspetto che ci
rappresentiamo lo stato deplorabile in cui è attualmente ridotta la
gioventù dell'Israelismo di queste nostre contrade, non possiamo
certamente astenerci dal commiserarli tutti d'accordo; acciecati
dall'errore dal primo istante della loro fanciullezza; avvinti co' ceppi
tenaci dell'opinione; vessati da' continui panici timori; marciti nel
vortice immenso dell'ignoranza, come sperare che quegli sventurati
fanciulli, sia che appartenghino ad una, o ad altra credenza
religionaria, possano giugnere a conoscere in alcun tempo le vere cause
legittime delle loro sofferenze laceranti, o che pervenghino giammai a
superarle (19)? Qui odesi da una parte il rabbino altamente gridare che
ogni libro fuori della _Mikrà_, della _Misna_, della _ghemarà_, tutto è
inutile, tutto è pernicioso, tutto è profano sopra la terra; che il vero
Israelita non ha duopo di conoscere che questi; e chiunque si versasse
nelle scienze filosofiche è dannato irremissibilmente (20): colà
intendesi dall'altra i ministri di altro Culto ripetere incessantemente
alle loro gregge che la terra non è già la vera loro patria, che la vita
presente altro non è che un labile tirocinio, e quindi che le Scienze si
rendono affatto inutili per l'uomo in questo mondo; che essi non
ritraggono la loro autorità che dal solo Essere Supremo dal quale
dipendono, e che come suoi organi assoluti, e mediatori, tutti gli
uomini debbono rendere loro unicamente un conto esatto delle loro
operazioni, facendo riguardare come un delitto eccessivamente criminoso
di resistere al loro feroce teocratico dominio (21): altrove finalmente
mirasi il Dervigi avventarsi a braccio armato contro le scienze ed i
scienziati, riguardare come un infamia la coltura dello spirito, e
idolatrare l'ignoranza come il primo requisito necessario per un vero
fautore dell'Alcorano essendo questo uno degli attributi essenziali (nel
modo che osservammo distesamente altrove) che caratterizzavano il
venerato promulgatore di questo codice, e l'indole di presso che tutti i
popoli orientali di que' tempi (22). Ed in tale strana guisa procedendo
si perviene ad iterizzare fra i popoli l'ignoranza la più oltraggiante,
a scoraggirli ed a farli vilmente sacrificare ogni loro più sacro
interesse in favore di questi sedicienti plenipotenziarj dell'Essere
Supremo (23).

Tutto che noi convenghiamo di proposito col primo, come è positivamente
di ragione, che la mikrà, la misna e la Ghemara sieno opere utili a
conoscersi, e la prima di queste in particolare sovra di ogni altra
necessaria ad intendersi, ed oltremodo utile a praticarsi; sebbene
ancora accordiamo al secondo che instantanea, e caduca è la vita
dell'uomo sopra la terra, ciò che è troppo evidente per dubitarsi; ne
risulterà egli però l'esecrabile illazione dell'ultimo che debbasi
proscrivere dal mondo la coltura dello spirito, e che senza l'ignoranza
l'uomo speri in darno di conseguire l'eterna salute dell'Anima?

Insensati! Può egli farsi mai un ingiuria di questa più enorme alla
specie dell'uomo, alla natura allo stesso Opifice Eterno creatore
dell'uno, e fondamento dell'altra, che è la stessa increata sapienza
universale con cui la regge, la governa, le alimenta entrambe? Eccitati
a gran forza da queste massime venefiche, ciecamente guidati da sì
esecrabili principj, oseremo noi sorprenderci ancora per che
l'educazione de' nostri fanciulli ebrei, e quella specialmente che si
pratica in Italia ci fa fremere, per che quella è si opposta all'indole
umana, per che si recalcitrante alle Leggi del Cielo, e della terra? Nè
ci lusinghiamo di pervenire in verun tempo a migliorarla fino a tanto
che il fanatismo si farà risentire ne' nostri Cuori con un trillo più
squillante, e più sonoro di quello che la voce consolante dell'esimia
ragione ci tramanda, e che storditi a tal segno dallo strepito di quello
ci abbandoneremo alle cure proditorie di certi esseri automati che sotto
un illusoria sembianza umana o per insofficenza ci corrompono co' loro
contraddittori, e assurdi principj, o ci abbrutiscono per pravità,
impressionandoci sinistramente contro lo studio delle Scienze,
pregiudizio il più funesto di quanti altri mai abbiano ferocemente
soggiogata la specie umana, e che noi passiamo a distruggere senza
ritardo.

(17) L'interesse particolare di tali pericolosi individui di cui
parliamo non è ad altro scopo fatalmente diretto che a distruggere que'
sani principi che riconoscono contraddittorj a quelli ch'essi tentano
ovunque fare valere scapito de' lumi, della verità, della ragione, che
molto sovente essi pervengono pur troppo a soffocare nello spirito
abbacinato degli uomini, e quegli sventurati che ne restano le vittime,
imbevuti funestamente da tali //funesti\\{{venefici}} principj, più non
sono in istato discernerne il nocumento, ne più si curano di ritrovare
uno scampo sicuro onde sottrarsi al baratro infernale dell'ignoranza, e
de' pregiudizj, che loro si apre sotto il passo, e dove la loro
indolente buona fede dovrà tosto, o tardi miseramente trascinarli.

(18) Non so per quale consuetudine malefica si è fatto in molti luoghi
tenacemente prevalere l'uso pernicioso di affidare ad una certa classe
inutile di fanatici, e devoti l'arduo malagevole assunto di formare il
Cuore, e lo Spirito de' giovani destinati un giorno al governo di
Popoli, o al maneggio d'importanti affari. Ma quali cognizioni, di
grazia, possono avere Istitutori di tal fatta, di quale interesse
possono quelli essere animati? Ferocemente soggiogati essi medesimi da'
pregiudizj i più enormi, è ben naturale ch'essi mostreranno a' loro
alunni la superstizione come la cosa la più urgente all'uomo, e la più
sana per condursi nella vita; l'intolleranza, e lo spirito persecutore,
come i più solidi fondamenti di un regnante, o il corredo essenziale di
un anima devota; essi procureranno di farne un Capo di partito, ed un
tiranno, od un fanatico sleale, e turbolente; essi soffocheranno di buon
ora, {{nell'uno}} la ragione, nell'altro la morale, e //chiuderanno\\, e
chiuderanno l'accesso ne' loro cuori alla verità, e alla giustizia, onde
non possino giammai arrivare a penetrarvi, gli mostreranno come inutile
la coltura dello spirito; i talenti perniciosi, ridicole le scienze, e
l'ignoranza al grado massimo convenevole per l'uomo. In una parola, essi
faranno un devoto imbecille dell'uno, un furibondo entusiasta
dell'altro, che non avrà nè questi la benchè minima cognizione di
morale, nè di virtù, nè quegli alcuna idea di giusto, nè d'ingiusto, nè
di solida gloria; e che saranno entrambi sprovveduti di lumi, e di
criterio necessari alla differente loro destinazione.

Ecco in compendio delineato quale dovrà essere propriamente per se
stesso, il piano detestabile di Educazione che potranno conferire
quegl'insensati maestri a que' fanciulli, che debbono formare un giorno
la felicità permanente, o la sventura inevitabile de' popoli, o la sorte
lacrimevole, o ridente di molte numerose famiglie.

(19) Quintilliano ci avvertisce sensatamente che l'uomo non dee già
ripetere che da se stesso la massima parte delle orride sciagure delle
quali noi lo veggiamo rendersi la vittima sì di frequente: _frustra mala
omnia ad crimen fortunæ relegamus; nemo nisi sua culpa diu dolet_,
dic'egli: _Institut. X._ volendo, senza dubbio inferire all'efficacia
possente dell'educazione morale sull'animo umano.

(20) Non è mancato chi volendo in qualche modo giustificare i Rabbini
per rapporto a questa loro opinione, la quale sembra in vero trascinare
seco le più dannevoli, ed assurde conseguenze, adduce che gli ebrei
antichi non avevano duopo di profondi Studi per formarsi lo spirito il
quale non dovea essere continuamente preoccupato che da quello solo
della religione; (sempre che intendere vogliasi almeno per istudio la
cognizione di molte lingue, o la lettura, e l'applicazione di opere
instruttive differenti, come da noi si considera); addetti nel modo
ch'essi erano alla vita campestre, circoscritti ne' loro bisogni,
isolati nella società, la loro lingua materna era per essi alquanto
sufficiente, e questa era l'ebraica, tale come noi la veggiamo nella
Scrittura. Oltre a ciò pare verosimile che uno de' motivi principali che
rendeva gl'Israeliti affatto alieni dallo studiare i libri stranieri, si
era il timore d'imbeversi delle menzogne e delle favole, che allora
formavano il soggetto primario, ed essenziale della Teologia di tutte le
idolatre nazioni del mondo antico.

Or ammettendo quanto si espone, io aggiungo che tutto ciò potrà essere
stato forse adattabile all'epoca della prima infanzia del Popolo
d'Israel; ma ora che questo più non ha per patria la Giudea; ora che
l'idioma ebraico più non è quello del Commercio di sua vita; ora in fine
che più non ha motivo alcuno di temere le favole, o menzogne de' popoli
fra i quali esso vive, non è egli vituperevole, in ogni senso, il
vedersi accreditare tutta via da gran parte di ebrei, e col massimo
fervore, un opinione sì ributtante, e sì lesiva al carattere onorifico
di ente ragionevole?

(21) //Non v'ha delitto più esecrando in faccia degli amministratori de'
Culti, generalmente parlando, di quello di mettere in dubbio un solo
istante ch'essi ricevono direttamente da Dio solo l'autorità assoluta
che i medesimi pretendono arrogarsi sullo Spirito de' mortali; ed è
questa una verità renduta omai troppo evidente presso qualche popolo
moderno, specialmente poichè un individuo che commette un misfatto
qualunque, per sacrilego che siasi, e quando ancora questo offenda la
Divinità medesima è tosto completamente assoluto da' suoi mistici
rappresentanti col mezzo di poche monete le quali o si convertono in
loro profitto, o si fanno servire per acquistare della cera da ardersi
sopra gli altari in gloria di qualche martire (così distinguendo
quegl'entusiasti che si fanno straziare sopra un patibolo follemente
immaginando di rendere con tale stravaganza più autentica la supposta
verità della credenza per cui soffrono): ma se alcuno osasse dubitare,
per esempio che due dita allungate del Pontefice romano sono sufficienti
a purificare un milione di anime umane in un solo, e medesimo istante,
colui che in tal foggia opinasse, dovrebbe essere, secondo gli statuti
monacali, dannato senza scampo nell'altra vita, e punito religiosamente
in questa come iniquo, e ribelle alla mistica possanza di colui che si
fa credere l'arbitro disponitore di ogni Cuore, di ogni pensiere umano,
e la suprema Divinità della terra, e che come tale qualunque Cattolico
romano, sotto pena di eterodossia e degli orribili flagelli che da
questa derivano è obbligato per se stesso di riflettere, di credere, e
di sostenere che il Papa pensa giustamente nel medesimo tempo ch'ei
s'inganna.\\

//Tale è presso a poco il carattere imponente che da tutti gli altri
popoli conosciuti mirasi fare de' loro Capi o ministri di Altari.\\

(22) Tutti gli Storici Arabi si accordano a descriverci questa nazione
come all'eccesso barbara, ed ignorante; ciò è comprovato dall'esperienza
medesima, se si riflette che quando Maometto intraprese di passare per
Profeta, non vi era, al dire degli storici, che il solo _Varakak_ in
tutta la Mecca, che sapesse leggere, e scrivere, e ciò anche per
accidente, atteso che essendosi fatto ebreo, indi cristiano, esso
apprese dopo il di lui commercio con entrambi i due partiti a scrivere
l'arabo in caratteri ebraici. La poca cosa che questo popolo avea presa
di coltivare le Lettere dette luogo di disegnare sovente gli abitatori
della Mecca col termine di _ignoranti_, nella guisa che si chiamavano,
al contrario gli abitanti di Medina: _Il Popolo del Libro_ a cagione
ch'essi sapevano leggere, e scrivere, e basare i loro discorsi sulle
regole della Lingua.

(ved. _Pocok Speci. p. 157. Al Bochari_.)

(23) //La confidenza illimitata che i ministri delle Religioni,
generalmente parlando, seppero profondamente ispirare nello spirito de'
popoli in loro favore indusse questi da lungo tempo ad abbandonare, di
buon grado, nelle mani di essi l'educazione morale della gioventù,
intimamente persuasi che le loro instruzioni edificanti ne formerebbero
lo spirito, e il Cuore.\\

//Io non nego per altro, che molti ve ne abbia fra questi capaci
superiormente d'intraprendere questo assunto spinoso, e di riuscirci
ancora con avventurosi successi; ma dove ritroveremo noi attualmente un
_Fenelon_; quanti _Bossuet_ possono con giustizia vantare i popoli
odierni; chi mai fra questi può annoverare oggi un _Condillac_, quanti
_Millot_ si conoscono nel mondo, e dove sono attualmente fra gli ebrei
gli _Abenesdra_, i _Calimani_, i _Casses_ e i _Saraval_? Pur troppo al
loro confronto l'esperienza contrappone oggi molti altri che animati da
interessi onninamente differenti da quelli che guidavano quegli egregi
venerabili ministri, contaminano lo Spirito de' fanciulli colle loro
massime superstiziose, e chimeriche, a cui fanno tenere il rango, e le
qualità di sani doveri, e facendo loro un inquietissimo scrupolo di
elevarsi fino alla contemplazione della verità, tentano di soffocarne la
ragione, e molto sovente di allarmarli ancora contro di essa; e come
dunque le Scienze che gli servono di alimento ritrovare potranno giammai
un libero sentiere, onde penetrare senza ostacolo, fino al Centro del
loro Cuore, se questo è già infelicemente preoccupato, dal primo istante
che cominciò a respirare aura di vita, dalla più deplorabile delle
follie, qual'è quella di riguardare le Scienze come nocive alla
Religione, e di considerare l'ignoranza come l'unico efficace mezzo
indispensabile all'eterna salute dell'uomo?\\



                               Cap. IV.

   De' pregiudizj dannevoli su' quali fondano i nemici delle scienze
  l'avversione decisa ch'essi nutrono tenacemente d'accordo contro di
 quelle; vantaggi delle medesime; danni incalcolabili dell'Ignoranza.


Quali giusti, e bene fondati motivi possono avere fatto determinare J.
J. Rousseau a smentire sì altamente se stesso, a rinunziare in un
istante al carattere suo, alle sue vaste Cognizioni, a' suoi perspicaci
talenti, dichiarandosi apertamente L'apologista dell'ignoranza, ed il
deciso difensore del suo partito? Esso non ebbe, per quanto si suppone,
altro disegno che quello di distinguersi nel mondo coll'imponente
soccorso de' numerosi mezzi che gli offriva la sua capacità, sostenendo
arditamente un paradosso filosofico, che i suoi più inesorabili
antagonisti non poterono astenersi di ammirare, e che una delle più
rinomate Accademie della Francia (_Dijon_) ha decorato della sua
approvazione, e del suo premio (24).

Gli odierni panegiristi poi dell'ignoranza i quali non hanno nè la
facondia, nè i talenti, nè le tante risorse morali del filosofo di
Ginevra, si appoggiano ad un punto assai più edificante, palliando col
misterioso velo della religione l'odio inveterato ch'essi nutrono contro
le Scienze, non meno che contro di coloro che le professano.

L'opinione di Rousseau, tutto che riprovata, e combattuta da' più
illuminati fautori delle scienze, e che sempre condannabile sia per se
stessa, è almeno fondata sopra basi filosofiche, sulle quali lo spirito
di questi ha dovuto necessariamente arrestarsi: ma dove mai si regge
l'irragionevole avversione che tanti fanatici settarj dimostrano univoci
contro lo sviluppo della ragione? Essi dunque assurdamente pretendono
che le scienze non solo conducono alla irreligione, ma che si oppongono
altresì a que' fini salutari a' quali tende propriamente il vero Culto,
che la specie umana è in dovere di prestare all'Essere onnipossente; e
tanto è ciò vero, aggiungono essi, quanto che ogni uomo che ragiona
diventa bentosto incredulo, adducendo come per autentica prova gli
esempi di Spinosa, di Hobbes, di Lametrie, di Voltaire, di Mirabeau, di
Bolingbroek, e di tanti altri. Quale deduzione inconseguente! Dunque per
che alcuni uomini scienziati, non saprei per quale sinistro disegno,
hanno fatto un uso pessimo e riprovabile de' loro propri talenti, si
dovrà inferirne quindi l'illazione di dovere considerare la filosofia
come perniciosa, e che debbasi proscrivere dal Consorzio degli uomini
l'applicazione, e lo studio delle scienze? Se nella moltitudine
prodigiosa degli esseri pensanti de' quali è popolato l'universo, alcuni
di questi abusando delle loro facoltà intellettuali e de' loro lumi, si
abbandonano inconsideratamente all'adulterio, all'omicidio, alle
dissolutezze, si dovrà forse dedurre che tutti gli uomini debbono
essere, o sieno in fatti per loro intima natura micidiali adulteri e
dissoluti? Chi è mai che non discerna l'eccelsa destinazione delle
scienze dall'abuso detestabile che se ne ha potuto fare da pochi
individui corrotti dall'orgoglio, e travviati dalla religione?
Sarebb'egli forse ragionevole di mettere in un cratere della bilancia
alcuni epigrammi di Catullo, o di Marziale per contrapporli nell'altro,
co' numerosi volumi filosofici, politici, e morali di Cicerone, ovvero
colli dottissimi poemi di Virgilio, di Pope? E chi mai senza delirio
azzarderebbe di porre in un livello stesso gli smarrimenti ontologici
dello Spinosa, e l'assurda metafisica dell'autore del _sistema della
natura_ col sublime _Intendimento umano_ di Loke coll'ammirabile
_Fedone_ di Mendelshonn? ma finiamo una volta di garrire contro
l'infamia di costoro, e conchiudiamo che ben lontano dall'essere le
scienze opposte all'esimio culto inalterabile che l'uomo dee rendere al
suo eterno Creatore; e tutt'altro ch'essere il filosofo incredulo di
quanto la sana Religione prescrive, non vi ha che quelle che sieno più
omogenee ad essa, siccome a questi appartiene unicamente l'impegno
eccelso di conoscerlo, estollerne le glorie, e propalarle: altrimenti
sarebbe necessario supporre che per sostenersi avrebbe duopo delle
tenebre, della cecità, //degl\\{{dell}}'ignoranza: qual esecrabile
bestemmia (25)!

Ovunque si rivolga il nostro sguardo scorgere dovrà indizj evidenti
degl'immensi vantaggi che ci apportano le scienze; non avvi oggetto
nell'ordine della natura, che quasi rimproverando l'indolenza umana per
la coltura delle medesime col più dotto degli uomini non esclami _melior
est enim sapientia cunctis pretiosissimis, & omne desiderabile, ei non
potest comparari_ (A). Tutto finalmente ci manifesta l'uopo urgente che
abbiamo delle scienze, tutto ci addita il grave nocumento che all'uomo
apporta il trascurarle, per che senza di esse la ragione vien meno,
stupida si rende qualunque religiosa adorazione, inutile diventa ogni
talento ancora più elevato; ma affine di restare viemaggiormente
convinti di questa verità troppo evidente, e ad oggetto di potere
assegnare alla medesima un giudizio più ragionevole, più sensato, più
inconcusso ed imporre così un perpetuo silenzio vergognoso a'
calunniatori delle scienze, analizziamone brevemente lo scopo essenziale
che le medesime si prefiggono, ed i solidi vantaggi perenni che ricavare
incessantemente possiamo quando almeno intendere vogliasi per scienza,
ciò che ne capiscono i filosofi, vale a dire, la vera cognizione di Dio,
quella dell'uomo, e della Natura (26).

La _Logica_ (la prima delle scienze che si fa conoscere all'uomo) forma
l'Intelletto umano, lo sviluppa, lo abilita a pensare con esattezza, e
precisione; gli addita un metodo infallibile onde acquisire le idee
distinte colle quali potere discernere sicuramente il vero dalla
menzogna, l'erroneo soffisma che ci nuoce, e che rigettare dobbiamo, dal
sano argomento che ci è necessario, e che ci giova; in una parola,
condurre l'uomo a conoscere al grado massimo, e ad apprezzare gli
eccelsi requisiti della Ragione.

La _Metafisica_, e tutte le altre scienze astratte che vi sono
racchiuse, ci porta col pensiere (già renduto precedentemente sistemato
dall'arte ragionatrice) alla investigazione delle verità ostensibili al
discernimento umano, e necessarie alla sua specie, e col mezzo del
raziocinio ci fornisce le più sublimi cognizioni, nel vero progresso
delle quali è riposta essenzialmente la più cospicua magnificenza
dell'uomo, ci eleva fino alla contemplazione dello stesso Dio Creatore
dell'universo.

L'_Etica_ (in certo modo, più di ogni altra scienza necessaria per la
vita dell'uomo) c'instruisce de' mezzi co' quali possiamo agevolmente
conseguire una felicità permanente sopra la terra, ci rende sobrj,
morigerati, e frugali, ci somministra la vera cognizione di noi
medesimi, ci emenda i Costumi, ci corregge i difetti, e mostrandoci le
funeste conseguenze che seco portano i vizj, ce ne insinua la
ripugnanza, e l'abominio, e ci allontana da' medesimi; essa dirige
infine al sentiere del vero bene la condotta nostra, e le nostre
passioni, origine molto sovente malefica, e vantaggiosa delle tante
calamitose sciagure che fanno gemere l'umanità.

La _Fisica_ scortata, per così dire, dalle _Matematiche_, si aggira a
guidarci alle più positive cognizioni alle quali pervenire mai si possa
da noi, e assoggettando l'intelletto umano alle regole infallibili, ci
offre le idee generali di tutti gli esseri della natura, che l'increata
Sapienza dell'artefice Divino trasse mirabilmente dal Caos, li quali
servono al filosofo come di altrettanti esemplari delle sue innumerabili
perfezioni, siccome per la loro assoluta contingenza quelli formano la
prova irrefragabile della di lui necessità.

La _Geometria_ oltre il rendere perfetto l'intellettuale dell'uomo
concorre a giovarlo anche nel fisico, insegnandogli un metodo con cui
potere facilmente costruire abitazioni comode, e bene distribuite nelle
Case per uso della propria sua vita; macchine di ogni specie, che
rendono agevole il progresso delle arti, ripari che lo difendono dalle
aggressioni de' nemici, e de' perturbatori della sua tranquillità, e che
formano la sua sicurezza.

La _Nautica_ non è dessa il risultato delle _matematiche_, e
dell'_Astronomia_ sostenute dall'_Algebra_? Senza le infinite risorse
che la medesima ci porge profusamente, e nel Commercio, e nelle scoperte
più interessanti, come sussistere giammai potrebbe una gran parte del
mondo un solo istante, cosa mai diverebbe allora l'intera società degli
uomini?

La _Medicina_ (quantunque molto lontana dalla infallibilità) la
_notomia_, la _chirurgia_ (più di quella sicure, e più evidenti) fanno
sovente prevedere in noi de' mali, che formerebbero, senza dubbio, la
distruzione della specie nostra, se per mezzo di quelle immantinente, o
in tutto, ovvero in parte non se ne troncassero i funesti progressi.

La _Botanica_, la _Chimica_, oltre le numerose utili esperienze che ci
mostrano, esse ci apprestano ancora gli antidoti efficaci i quali molte
volte ci liberano dalle più gravi malattie, ci sottrano sovente dalle
spietate braccia medesime della morte.

La _Giurisprudenza_, in ultimo mette al sicuro la proprietà de' beni, il
decoro dell'uomo, la riputazione dell'illibato Cittadino; ci addita i
pubblici doveri che convengono all'ente ragionevole, non meno verso i
suoi simili, che relativamente alle Leggi sotto le quali esso vive, ed
al sovrano da cui esso è governato, e tutte in somma le scienze unite,
non meno che ciascuna di esse in particolare non forma dell'uomo una
creatura degna del Creatore, un individuo utile a se stesso, e
necessario al Consorzio de' suoi simili (27)?

O demenza commiserabile de' Censori delle scienze! O stupenda confusione
delle loro strane id[ee!] Quale forsennato pensiere può mai trasportare
l'uomo ad inveire si accanitamente contro di ciò che più di ogni altro
oggetto ei dovrebbe apprezzare nella sua vita che in darno
spererebb'esso di {{rendere felice, o}} conservare senza di quelle. Ma
non è già nel solo uomo, nell'individuo isolato che si limita il bene
che recano le scienze; //a\\ qualunque siasi popolo proclive a
coltivarle, ne risente ad ognora gli effetti salutari. Infatti dove mai
si supporrebbe che la gloria durabile di uno stato essenzialmente
consista? Forse nell'affluenza delle dovizie che possiede?
Nell'estensione del territorio che occupa? Nel numero esuberante de'
suoi medesimi abitatori? No; essa non è riposta solo che nelle
scienziate cognizioni delle quali è ornato, e ne' lumi che può
meritamente vantare; la stessa carta geografica io ne attesto per
comprovarlo. Vi si lanci uno sguardo, facciasi ciascuno a misurarvi
l'immenso territorio del dominio musulmano, quello della Persia, e la
massima parte della Russia ancora (Avanti che il czar Pietro avesse
cominciato //ad in...tenirla ...d\\ a scuotere quella ubertosa
popolazione dal suo natio torpore, barbaro, ferino), e quelle ci
//mostrarono\\{{mostreranno}} insieme, che nel globo terracqueo esistono
delle numerose popolazioni eccessivamente opulenti, le quali sanno
possedere un incommensurabile paese inutilmente. Per poca erudizione che
si abbia, chiunque dovrebbe ampliamente conoscere a quale grandezza
inalzarono le scienze l'Africa un tempo, e il rinomato Egitto, in cui
ebbero Culla un giorno le arti liberali, le scienze le più sublimi e le
più utili cognizioni; ed in quale abbiezione all'opposto si videro
entrambe quelle monarchie miseramente cadere da quando fu negletta da
que' popoli l'educazione morale, e che la coltura dello spirito fu da
essi posta in abbandono; ed a quale apice di gloria non fecero i lumi, e
le scienziate cognizioni ascendere il territorio degli ateniesi,
quantunque ristretto di estensione, e fausto di dovizie, e di tenuissima
popolazione? Ma che pensare si dovrà di quella metropoli stupenda, della
magnifica Roma? A chi dovette mai la Capitale dell'Italia quel grado
eccelso a cui pervenne se non alla coltura dello spirito, alle
instruttive Cognizioni, ed all'inerenza costante che i suoi stessi
abitatori nutrivano per le scienze? Fu certamente in qualità di uomini
scienziati che i romani soggiogarono quasi tutte le monarchie della
terra, formarono l'ammirazione de' loro stessi nemici, e giunsero non
solo a contendere la gloria alle più cospicue, e formidabili nazioni,
allora conosciute nella circonferenza del globo, ma di gran lunga a
superarlo ancora, e dall'infelice momento in cui questa gran mole
reggente ogni loro antico fasto, cominciò gradatamente a indebolirsi, e
a deperire, fu in tale epoca lacrimevole che vinti da tutte le parti, i
terribili vincitori del mondo, sobirono in qualità d'ignoranti lo stesso
giogo fatale de' popoli del Nord (28).

In seguito di tutto ciò può egli supporsi giammai nella natura uno stato
più deplorabile di quello dell'ignoranza per le infelici nazioni che ne
sono predominate? _Toute nation sans lumières_, dice _Elvezio_,
_lorsqu'elle cesse d'être sauvage, & feroce, est une nation avilie, &
tôt ou tard subjuguée. Ce fut moins la valeur, que la science militaire
des Romains qui triompha des gaules._ Si consultino le Istorie di ogni
età dell'universo, si esaminino i monumenti di tutti i popoli che
conosciamo, e noi resteremo a colpo d'occhio convinti che i secoli
d'ignoranza sono stati in ogni epoca i più funesti per l'umanità; il
regime di quello che comanda non è allora che il dominio della crudeltà,
e della frode; al buon ordine che rimunera la virtù, e punisce il vizio,
succede una scossa continua di una turba di malvaggi contro il tenue
numero di giusti, è allora quando i poteri rivali si fomentano da ogni
parte al prezzo detestabile di sangue umano, che trucemente si fa
scorrere a impetuosi torrenti; è allora che le
//infelici\\{{sventurate}} nazioni contaminate dall'alito pestilenziale
di questo mostro, si abbandonano in preda a ogni delitto, più non
conoscono i fondamenti delle Leggi nè i doveri sociali, nè i rapporti
dell'uomo col suo simile, nè i sacri diritti di natura; ma tutto infine
si converte in abuso tirannide, ingiustizia; è, per ultimo, in tale
situazione deplorabile, quando l'impostore profittando scaltramente
della credula ignoranza delle abbacinate nazioni sparge ovunque il suo
recondito veleno, fomenta la dissenzione fra i popoli, agguzza il
cruento pugnale, e quale nuovo Coribante di un Dio sanguinario che
vittime domanda, ei lo porge fra le mani dell'uomo, il quale dimentico
de' vincoli religiosi di società, calpestando gli altri doveri che il
vero Culto rispettabile prescrive, è costretto a divenire il carnefice
tiranno del suo simile (29).

Ecco l'orribile quadro dell'ignoranza; ecco gl'infaustissimi effetti che
necessariamente risultare ne debbono; or dopo un prospetto sì
disgustoso, e sì lacrimevole, si oserà insistere ancora nel delirio
condannabile di sostenere l'ignoranza come utile all'anima ragionevole,
e come ovvia alla Religione?

(24) _Elvezio_ rapporta di avere egli stesso veduto {{esultare}} alcuni
fautori dell'ignoranza inebriati dalla radicata fiducia dell'eminente
conversione positiva di J. J. Rousseau, in conseguenza della ripugnanza
costante che desso manifestava asseverantemente contro le Scienze:
Perchè mai, ripetevano essi continuamente disperare di sua salute? Gian
Giacomo protegge l'ignoranza con tutta quella fermezza di cui l'uomo è
capace; odia i filosofi, si allarma contro i loro sistemi, e gli
combatte; sdegna qualunque ottimo, e sottile ragionatore; se lo
scrittore di Ginevra fosse un santo, cosa potrebb'egli sperare più a
proposito? (Ved. _Elv. T. III. Sect. V. Nº 28._)

(25) Chi ha mai opinato, senza delirio, che le tenebre producessero la
luce, e che l'ignoranza fosse il risultato della Ragione? È all'opposto
assai bene riconosciuto che le prime non convengono che a que'
miserabili etiopi, che nemici della luce si ritiravano entro i latiboli
i più neri, onde schivarne l'incontro, e che l'altra non fu in alcun
tempo utile che a' nemici della ragione, ed a' promulgatori dell'errore,
della menzogna. D'altronde, l'ignorante assomigliato da un pensatore
Inglese ad un frale ragnatelo che ritiratosi in un angolo tenebroso si
avviluppa nella sua tenuissima tela, ed è insensibile alle innumerabili
bellezze che lo circondano: _The ignorant_ (dice _Bacon_) _is a spider
which into some dark corner, and wraps itself in its own dusly cobweb,
insensible of the innumerable beauties which sorround it_.

Ben contraria, per altro, la destinazione dell'uomo colto questi
conoscendo esattamente quanto v'ha di ammirabile nella natura, sa trarre
profitto della sua propria Intellezione, in gloria del di lei autore
supremo, ed in solido vantaggio de' suoi simili.

Da tutto ciò si può ragionevolmente conchiudere che l'ignoranza disonora
la Religione, avvilisce i suoi pregj, e che la scienza la rende più
venerabile, più sublime, e che per conseguenza la credulità
dell'ignorante non ha per base che la cecità la più insana, e la più
brutale, e che quella dell'uomo scienziato è sostenuta dalla verità la
più integra, e nutrita dalla ragione.

(A) _Sal. Proverb. Cap. 8. v. 2._

(26) _Seneca_ il filosofo c'insegna, e ci consiglia non solo a non
dovere mai trascurare le scienze, ma a studiarci ben anche di trarne
tutto quell'ameno giovamento che se ne dee aspettare; quindi è che noi
considerare la dobbiamo non già come nostro fine speciale, ma come mezzi
soltanto che possono condurci con sicurezza; e se quelle non hanno per
oggetto immediato la virtù, preparano ad essa, ed agevole ne rendono
l'acquisto: elleno sono (per servirmi della frase medesima del citato
filosofo) rispetto a questa, ciò che i primi elementi della Grammatica
sono verso le Belle Lettere; _non quia Virtutem dare possunt, sed quia
animum ad accipiendam virtutem preparant. Quemadmodum prima illa, ut
antiqui vocabant Litteratura per quam pueris elementa traduntur &c._ Ep.
88. E _Cicerone_ con sensi meglio espressi avea già detto avanti Seneca
che lo studio delle scienze è l'alimento della gioventù, ed il sollievo
della vecchiezza; nella prosperità esse ci servono di ornamento, e di
asilo nelle disgrazie; ci diletta in casa non c'impedisce fuori, e in
viaggio, e nella solitudine, in ogni tempo, in qualunque siasi luogo
forma la più grata delizia della nostra vita: _Studia adolescentiam
aliusto senectutem oblectant secundas res ornant adversis perfugiunt
præbent delectant domi, non impediunt foris, pernoctant nobiscum,
peregrinantur, rusticantur_: Cicer. _Tuscul. Qæst._

(27) Io quì altro non faccio che passare celermente sopra tutte queste
Scienze, attenendomi soltanto alle principali, le più generalmente
conosciute, e praticate dagli uomini, tacendo le tante altre che già
accessoriamente o direttamente possono tutte essere comprese nella
Categoria di quelle medesime da noi già menzionate, siccome coloro che
sono sufficientemente versati nelle medesime possono rilevarlo
agevolmente in tutta l'estensione. Ho stimato, per altro, quì
prescindere dall'Eloquenza, la quale sebbene utile sia per se stessa,
qualche volta necessaria, e sempre amena, ed istruttiva, non tanto essa
non fu mai riconosciuta da' dotti come scienza, ma solo semplicemente
come arte.

(28) Qualunque male da cui sono gli uomini tormentati, e oppressi non
trae, per l'ordinario, sorgente che dalla sola ignoranza; essa forma il
terribile supplizio de' suoi fautori medesimi e quale mortifero Contagio
infetta, e distrugge tutto ciò che ne comunica; quindi se un tale
venefico malore noi possiamo giugnere ad aumentare dal Consorzio degli
uomini, possiamo inoltre essere presso che garantiti di avere dissipato
ancora ogni germe funesto del male morale; in certa guisa niente di meno
del fisico pericoloso per il genere umano. L'ignoranza, come
giudiziosamente lo rimarca il Sidney, non solo trascina le intere azioni
entro il baratro de' vizj più degni di abominio, ma estingue del tutto
in esse parimenti per sino qualunque sentimento di equità, di umanità,
di onore: cosa è quello mai che l'ignorante desidera coll'avidità la più
irrequieta? Che l'uomo diventando inferiore di se medesimo sia
superstizioso, e assurdo: cosa è mai ciò che il più esso teme? Si è che
l'uomo sviluppi il suo spirito, e illumini la propria sua ragione; di
qui è che i più ignoranti sono, senza contraddizione i più brutali ed i
più spietati: chi si mostrò nelle guerre decorse il più tiranno, ed il
più sanguinario di tutti i popoli? L'ignorante e il barbaro Portoghese;
esso recideva trucemente il naso, e le orecchie egli sventurati
prigionieri che aveano l'infortunio di cadere fra le loro mani; e quanti
altri autentici esempi di medesimo valore non concorrerebbero a
confermare queste verità, se arrestare io non sentissi la mia penna
dall'orrore nel riportarli!

(29) Chi potrebbe calcolare, se non al certo, almeno al verosimile, il
giusto numero di secoli consecutivi, durante i quali noi ci siamo
straziati mostruosamente per contendere alla natura il suo
incontestabile potere, ovvero per sostenere delle mistiche favole, e
delle sacre chimere, che gl'insensati apologisti dell'ignoranza
mettevano in campo ad ogni istante adombrate dall'orpello seducente di
simulata religione? Questa pratica brutale non è ancora interamente
distrutta; essa è soltanto indebolita; le traccie malefiche, pur troppo,
rimangono tutta via intatte fra gli esseri umani, ed è la sola truce
maniera di eseguirla che ritrovasi unicamente cambiata.

Dopo che per uno spazio incommensurabile di tempo si vide scorrere
ovunque a lunghi, e perenni ruscelli il sangue umano apparentemente in
onore, in gloria, e per la difesa della verità, si fosse almeno
pervenuti a crederla, o a distinguerne il sembiante in tutta la sua
integra purità! Ma ciò era in fatti per viemaggiormente consolidare, e
propalare l'errore, per cimentare l'ignoranza, e il fanatismo, ed affine
di procurare loro il punto d'indestruttibilità a cui desse anelevano
d'accordo colla più tormentosa impazienza; ciò che riuscì eglino infine,
molto agevole di conseguire, mentre, siccome pensa giustamente _Pascal_:
_jamais_, dic'egli, _on ne fait le mal si pleinment, & si gaiement, que
quant ou le fait par un faux principe de coscience_. Pens. 38.

Ma l'illusione finalmente cessa, e si svanisce quando più non ha la
menzogna per suo Centrale punto di appoggio, nè la criminosa ignoranza
per servirgli di rilievo; ed è allora che l'esimia verità sbalza, per
così dire, agli occhi nostri in tutto il suo più fulgido splendore:
potessimo almeno rimirare questo prodigio edificante a' nostri giorni!



                               Cap. V.

   La Riforma dell'educazione è talmente relativa, ed accessoria alla
  Rigenerazione del Culto che proclamata quest'ultima con successo noi
               vedremo quella immediatamente risultarne


Se il felice sentiere della verità fosse stato quello persino
dall'origine del mondo unicamente praticato, e battuto, e che di una in
altra generazione gli esseri umani vi avessero fatti de' solidi, e
durevoli progressi, ma senza divagarsi però nelle tortuose regioni delle
chimere, il sacro codice della Religione non meno che l'Istoria delle
scienze sarebbero entrambe oggi per noi gl'infallibili monumenti della
ragione; essi tramanderebbero insieme la luce la più nitida, e la più
sfavillante, e nell'una, e nell'altra vi ritroverebbero gli uomini con
sicurezza la scorta indefettibile della condotta loro della loro vita,
tanto nella speculazione, quanto nella pratica, e attualmente si sarebbe
ormai raggiunto il positivo disegno commendevole a cui esse tendono,
d'accordo, per la felicità universale del genere umano; cioè, di avere
sopra ogni specie di soggetto quella precisa certezza della quale
possono, e le une, e le altre essere suscettibili: _comme le bon usage
des sciences_, riflette un pensatore moderno, _affermit en nous le
penchant qui non porte au bien, de même notre amour pour la verité
augmente aussi les lumières dont nous avons besoin pour la
defendre_ (30).

Riguardandole sotto un simile punto visuale, niente al certo è più
eccelso, più ammirabile, nè più adeguato a costituire la solida gloria,
e la delizia dell'uomo quanto lo è la religione alla chiara purità da
noi fin quì ridotta, quanto lo sono le scienze, quelle meramente utili,
e necessarie alla condizione degli enti ragionevoli (31); ma da quanto
questa progenie cominciò ad abbandonarsi ciecamente a' prestigi del
fanatismo, dal momento fatale in cui si lasciò essa ferocemente
predominare dall'ambizione, dall'errore; gli smarrimenti tennero le veci
dell'una, le passioni degradanti formarono lo scopo essenziale
dell'altro. Quale soggetto di sensibile stupore non avrà dovuto mai
recare ad una mente illuminata di vedere le innumerabili pratiche
informi, palliate sotto il nome illusorio di Religione, che dal troppo
credulo Popolo d'Israel professavasi fino ad ora, e la mostruosa
educazione che conferivasi, dopo tanti secoli, agli sventurati rampolli
di questa Nazione? Quanto era essa mai opposta a quella che riceveva già
questo medesimo popolo ne' tempi andati (32)! Quale orrore di osservare
le turbe immense de' fautori dell'una sostenere a gran forza i loro
mistici travviamenti e lo sciame spregevole de' partigiani dell'altra
quali forsennati garrire contro chiunque opporre si volesse
all'ignoranza loro a' corrotti ammaestramenti? Non è appunto così che
l'età decrepita del mondo non differisce dall'infanzia di esso
relativamente all'ebreo nato in certi climi, che per mezzo della
superstizione, dell'ignoranza? Incongruenze sì enormi non sembrerebbero
fatte espressamente per confondere gli spiriti, renderli alieni
dall'edificante Religione, dalla proficua coltura delle scienze,
piuttosto che ad alimentare ne' medesimi una vera tendenza verso di
quella, ed una decisa propensione per questa (33)?

O uomini! o illusa progenie d'Israel! o miei fratelli! Scuotiamoci una
volta per sempre da sì torpido letargo; quando mai c'indurremo
finalmente ad abjurare quegli errori umilianti imbevuti nella prima
educazione che tanto ci degrada? Quando arriveremo a distruggere ancora
que' venefici elementi che l'ignoranza, e il fanatismo c'insinuarono un
giorno, e che formeranno eternamente l'ostacolo funesto insuperabile a'
felici progressi della nostra abbacinata ragione? Proclamiamo, per tanto
la riforma universale de' Costumi con quel successo medesimo avventuroso
con cui già quella opportunamente proclamammo della stravagante credenza
de' tempi andati; usciamo dall'abisso dell'ignoranza di ciò che più
dovremmo interessarci di conoscere, in cui gli ammalianti prestigj di
una supposta Religione ci aveano immersi, e sgravati allora da que'
Ceppi crudeli che ci tenevano avvinti, noi potremo fissare con successo
un nuovo metodo di educazione morale, capace a distruggere quegli
automati, che l'antico fatalmente produsse, ed ovvio, nel tempo stesso a
rigenerare de' Cittadini illuminati degni del sovrano eccelso che gli
governa, utili alla patria che vide nascerli, e ne' quali essa ripone
onninamente la più solida sua felicità (34).

Per altro, dissimulare non posso in alcun modo che le indagini che io mi
sono proposto esigono, senza dubbio, una discussione analitica, e
profonda, ed in faccia alla generalità degli uomini ogni esame di tale
natura mirasi riuscire per l'ordinario annojante oltremodo, e
disgustoso: ma è egli mai possibile di spargere degli ornati che
dilettino sopra de' soggetti cotanto gravi, ed importanti? Comunque sia,
io non iscrivo già per gli uomini di genio, pe' filosofi abituati al
raziocinio, ed alle fatiche della mente; da questi non esigo (come ho
altra volta fermamente protestato) che il loro Compatimento; io mi
prefiggo soltanto d'illuminare l'idiota, l'uomo ignorante che incapace
di profonda riflessione, si disgusta facilmente di ogni soggetto che la
richiede, e pago esso resta unicamente di ciò che intende dagli altri,
abituati al pari di esso a confondere la menzogna colla verità, e ad
ammettere alla rinfusa tutto ciò che si ebbe un interesse di fare con
violenza entrare nelle loro teste (35); e l'esperienza, che rare volte
inganna, mi ha, pur troppo, infinite volte convinto ch'egli è sopra
tutto nel grembo dell'Israelismo che queste macchine umane sono il più
agevolmente reperibili, più di ogni altro luogo partitamente in Italia.

Ma ciò nulla di meno poco importa, l'assunto non è sì arduo ad
intraprendere quale immaginare si potrebbe, nè la pena tanto
eccessivamente malagevole a soffrirsi: ma prima di ogni altra cosa
diffinire ci è duopo, cosa intendere mai dobbiamo per religione. Altro
questa certamente non è che l'esatta pratica di doveri che vincolano
l'uomo al suo Creatore, ed il pubblico esercizio di quelli che in
complesso denominasi _culto_ si riduce alla Cognizione, ed
all'adorazione di quest'Essere Supremo, che è lo stesso che dire, avere
delle idee nette della sua Divina onnipotenza, e de' di lui ineffabili
attributi, amarlo, confidarvisi, temerlo, e modellare, infine, sulla sua
eterna volontà tutte le nostre morali, e religiose azioni: or, come mai
l'uomo potrebbe compiere tutto ciò esattamente, senza l'immediato
soccorso della propria sua Ragione (36)?

Proseguiamo ancora: a che mai si ridurrebbe il Culto che prestato fosse
all'onnipossente da una ragione imbevuta di que' tanti venefici principj
che per reiterate volte riprovammo, allora quando ci emerse di parlare
di coltura, di talenti, e di religione? A quali massime perniciose non
abbiamo veduto noi soggiogato l'ebreo più di una volta, nelle pratiche
stravaganti del suo Culto antico; quali venefici elementi noi lo vedemmo
imbeversi ancora nella sua depravata educazione morale? Dal che può
illativamente dedursi quale prossima analogia esista fra l'esercizio del
vero Culto, e lo sviluppo della Ragione, di maniera che si comprende ad
evidenza, come la riforma dell'una sia in ragione diretta della riforma
dell'altro, ed ad un tempo ci fa con eguale chiarezza conoscere, che se
la prima è necessaria, urgentissima è la seconda; e restiamo pure
convinti senza difficoltà che non v'ha solo che l'uomo saggiamente
educato il quale possa conoscere a perfezione l'esimio prezzo di una
tersa, e consolante religione, siccome è incontrovertibile ancora che
questa senza l'educazione diventa una follia, ed una mostruosa infermità
dell'intelletto; per maggiormente comprovarlo anche una volta, io ne
attesto la Religione che veggiamo praticare specialmente all'ebreo
Italiano, al Polacco, all'orientale, può essere quella giammai più
opposta al vero Culto che rendere dobbiamo al sommo autore dell'Esser
nostro, più avversa allo spirito integro che dee essergli di guida? È
essa da mettersi a livello coll'eccelsa Religione professata da'
Maimonidi, dagli Abravanel, da' Menasse Ben Israel, da' Mendelshon, e da
molti altri, che formeranno l'ammirazione de' secoli avvenire, come lo
furono dell'età in cui vissero e che tanto poco si curano i recenti
Israeliti d'imitare. Frema pure ogni anima profana nel mirare il solo
filosofo depositario del puro inalterabile Culto che gli enti
ragionevoli debbono prestare all'eterno creatore della ragione; io
frattanto non cesserò di ripetere mille volte ancora che al solo
filosofo appartiene superiormente di conoscere le divine perfezioni, e
com'egli è il solo a sentire la necessità, ed il dovere di apprezzarle,
di venerarle, così è che ad esso, e non ad altri spetta l'alta
benemerita ingerenza d'instruirne anche la specie, malgrado che da
questa vedasi lanciare sovente per guiderdone delle fraterne sue Cure il
dardo micidiale della reproba superstizione contro di esso (quale pur
troppo è regolarmente l'unica mercede che l'esimia filosofia ottiene
dall'uomo ingrato). Il sano filosofo, per che dell'esistenza indelebile
di un Dio intimamente convinto, e persuaso dell'urgente necessità di
dovergli rendere un culto semplice, veridico, e perfetto, invariabile
nel suo credere, circospetta nell'osservare, e nell'ammettere sempre
riserbato, e costante (37); lungi dal fomentare la superstizione la
detesta, ne misura l'abominio alla società de' suoi simili dimostrandola
come ingiuriosa oltremodo alla Divinità che adora, ed abbandonato a
contemplare negli esseri creati la feconda inesauribile mano
dell'onnipossente vivo conserva in se medesima ed inspira nell'animo
degli altri l'amore, il rispetto, e la riconoscenza verso di esso, dove
in massima consiste l'ingenuo e il vero Culto che gli si compete: è
desso quello che dall'ordine incommutabile con cui osserva dirigersi
l'universo con tutti gli esseri che lo compongono, riconosce una sovrana
Provvidenza che gli regola, egli sostiene siccome dall'armonia stupenda
inalterabile degli astri, dall'ordine costante della reciproca loro
ligagione dalla periodica rivoluzione de' giorni, delle notti, delle
stagioni, degli anni; dalla mutua concatenazione delle cause cogli
effetti, e di queste con quelle, dalla vegetazione delle piante,
dall'organizzazione degli animali di ogni specie, dall'uniforme varietà
de' differenti fenomeni della natura, che ad ogni istante ci si offrono
allo sguardo, non può esso di tutto ciò non riconoscere l'opifice sommo,
il Conservatore, l'arbitro padrone. Ripieno il filosofo a tali
edificanti riflessi[oni] di stupore, e di ammirazione, rapito il fautore
delle Scienze da un estasi quasi divina, dopo di avere in darno
ricercato ovunque, fra tutti gli oggetti che lo circondano quella solida
felicità presso la quale esso anela, e niente ritrovando in questo
profugo domicilio che possa rendere quanto è duopo soddisfatte le sue
brame, esso consacrasi onninamente all'adorazione di questo Opifice
immenso che tutto regge, e dispone con imperscrutabile Consiglio, e
formandosi esso, in fine, un sistema sacro, e infallibile di tutte
queste incommutabili verità eterne, lo stabilisce come per base
inconcussa di quel Culto Divino che si prefigge di rendere con verità,
con sentimento, e con candore al Creatore supremo de' Cieli, e della
terra (38).

Or se tali principj solidi, e inoppugnabili sono ad esuberanza efficaci
per formare la pura edificante religione del filosofo, per che non
potrebbero essi del pari essere idonei a costituire quella dell'intero
popolo d'Israel? E quali più sani, più eccelsi, e più invariabili motivi
di religione può alcuno idearsi mai, che debba credersi di questa più
favorita, e più accetta dal Dio di verità, utile a coloro che la
professano con animo integro, ed oltremodo vantaggiosa alla società
degli esseri umani? Ma d'altronde, con quale fondamento presumere di
potere giugnere ad imprimere, con successo, una pratica di Culto sì
Divino, e sì ammirevole, senza le debite preparazioni che possono
direttamente condurvici, vale a dire, senza un profondo accurato studio
della morale, e della scienza importantissima dell'educazione (39)?

E a chi mai affideremo noi con qualche lusinghiera speranza, un
intrapresa sì ardua, e sì delicata, se non è a quegl'individui, che
arbitri del Cuore, della volontà, e delle azioni de' popoli seppero
acquistare un ascendente tale sopra de' medesimi da farli risolvere,
pensare, e forse ancora gestire a loro talento (40)? O ministri de'
culti! O Rabbini dell'Israelismo! Dunque a voi soli, si unicamente a voi
un ministero sì eccelso, e più di ogni altro importante dal popolo
d'Israel restavi affidato; ma cominciare frattanto vi è duopo dal
rinunziare perpetuamente voi stessi i primi alle vostre chimere, alle
vostre insulse querele; relegate per sempre nelle tenebrose regioni
dell'obblio quelle mistiche allegorie, quelle bizzarre cerimonie, che se
di qualche validità sarebbero forse nella primitiva infanzia
dell'ebraismo, oggi che questo è ormai fatto adulto, convenire più non
gli possono in verun modo; studiatevi di meritare debitamente il tuono,
i diritti, e il grado che pretendete arrogarvi in faccia di esso,
predicandogli le virtù realmente utili, e sociali, distruggendo gli
abusi di questo Popolo, e riformando ad un tempo medesimo la sua
educazione morale, e i suoi Costumi ed in vece di empiergli lo spirito
di futili controversie, che ad altro non tendono che a vieppiù farlo
smarrire dall'ameno sentiere della verità (41), rendet[evi] gli
apologisti del buon senso, ed i zelanti difensori della ragione; in tale
commendevole foggia procedendo, voi sarete l'onore del vostro popolo,
come lo furono già ne' tempi andati coloro che Rabbini essendo, e
filosofi insieme, sapevano essere gli uni colle mire, lo spirito, ed i
talenti degli altri, meritando ad un tempo i riguardi, e la
considerazione di tutti i civilizzati popoli dell'universo.

(30) I filosofi sono tutti concordi nell'asserire, che l'uomo ritrova
sempre in se medesimo i mezzi pronti, ed efficaci per conoscere la
verità; ciò potrebbe essere anche vero, mentre quanto sarebbe mai
deplorabile lo stato di un ente ragionevole, s'egli non avesse
assolutamente qualche sicuro mezzo con cui separare la menzogna dalle
verità le più utili, e le più evidenti? I bruti sarebbero di esso molto
più felici, poichè quelli almeno ritrovano nel loro naturale istinto
delle risorse, che la stessa ragione non ha giammai fino ad ora
somministrata agli uomini: ma quando questi mezzi sono paralizzati da
noi, o che carpiti ci vengono dagli altri, come sperare di riuscirci in
così ardua impresa? In vano potremo noi sperarlo, con fondamento fino a
tanto che gli uomini suscettibili di pensiero, e capaci di ragione,
invece di cercare di nuocersi mutuamente, a distruggersi l'un l'altro
per difendere, o sostenere delle follie, non delibereranno d'accordo di
riunire i loro sforzi per combattere l'errore, e per cercare la verità,
e sopra tutto, per annientare dalla terra i pregiudizj di cui tutti gli
esseri umani soffrono il egual grado, e gli stessi accaniti fautori de'
medesimi finiscono o tosto, o tardi, coll'essere le vittime, senza
scampo.

(31) Siccome la Religione che ha per base la purità nelle sue massime,
la semplicità ne' suoi dogmi, e la chiarezza nelle sue induzioni, esente
da quelle cerimonie abusive che ne adombrano i veri pregj, quale
l'abbiamo noi radicalmente sistemata, forma il più solido conforto di
coloro che la professano, così le scienze coltivate con metodo, e
saggezza, sono di un pronto efficace soccorso all'anima umana per
liberarla dalle truci catene de' suoi inveterati pregiudizj, e per
sanarla da que' ridicoli micidiali terrori, che questi pregiudizj
medesimi gl'inspirano a danno irreparabile della propria sua ragione.

(32) L'educazione de' fanciulli presso gli ebrei antichi sembra esser
stata presso che uniforme a quella praticata generalmente dagli Egizj, e
da' Greci dell'antichità (ved. _Plat. De Repub. 2. & 3._). Essi
formavano il loro Corpo colla fatica, e con gli esercizj, e lo spirito
con la musica. La fortezza, e l'agilità del Corpo erano da questi popoli
considerati come gli oggetti i più fondamentali dell'educazione de' loro
propri figli; ed i Greci in particolare le ridussero entrambe in arte
che denominarono _Ginnastica_, per che si esercitavano ignudi; e
_Ginnasii_ chiamarono i luoghi ne' quali questi esercizj si facevano.

(33) Se non meno in Religione che in coltura di talenti, tutto è pur
troppo contraddittorio a' nostri tempi, quale meraviglia, se cotanto
frequente mirasi fra noi prendere le pratiche le più ridicole, e le più
assurde cerimonie per altrettanti dogmi sacri di religione, e se
l'educazione della nostra gioventù, sì depravata, e stravagante, non è
ad altro capace che a farne degli esseri torpidi, e macchinali, senza
speranza d'instruirli, e d'illuminarli sopra ciò che più importa loro di
conoscere, di acquistare? Tale sarà mai sempre il destino infausto di
quella, e l'esito infelice di questa, intanto che non faremo servire
l'una di appoggio infallibile all'altra, ed entrambe promiscuamente
regolate sopra un sistema del tutto differente da quello praticato da
noi fino al presente.

(34) In tanto che le nazioni (come lo riflette sensatamente _Hume_) non
giugneranno a perfezionare la ragione umana, in darno si lusingheranno
di rendere perfetti i loro sistemi religiosi, di megliorare le loro
Leggi, e di ristabilire la loro politica. Infatti in un paese dove
scarseggiano gli uomini distinti nelle scienze, e nelle Lettere, non vi
può essere certamente nè gran politici, nè periti Capitani. D'altronde
come persuadersi che un popolo il quale non sa l'arte di scrivere, nè
quella di ragionare possa giammai stabilirsi ottime Leggi, e liberarsi,
ad un tempo, dal giogo crudele di quella detestabile superstizione, che
forma l'eterna ignominia de' secoli? L'esempio memorabile di tanti
Legislatori filosofi, provano a sufficienza quanto i progressi della
ragione possono contribuire alla felicità pubblica delle nazioni.

(35) _C'est le propre de l'abitude de changer la face des choses_, dice
_Boulanger_ (_Pens. diver. T. 8. C. 24_) _les hommes se familiarisent
peu à peu avec ce qui les revoltait d'abord; le tems parvient à
confondre la mensonge & la veritè; les faussetés les plus demontrées
finissent par devenir des faits indubitables pour les ignorants & les
paresseux qui font par tout le plus grand nombre._ Infatti quando
l'errore, o l'impostura ha durato per lungo tempo sopra la terra,
acquista una solidità che niuna causa può rimuovere; ciò che molte
persone hanno fermamente creduto per vari secoli, pare avere de'
fondamenti reali, e tutto l'aspetto di probabilità. Allorchè una volta
le traccie dell'impostura sono state cancellate dal tempo riesce più
difficile di rinvenirle; ed è così che quasi tutti gli uomini ritrovano
più agevole di appigliarsene all'opinione ricevuta che di ricercare
penosamente ciò ch'essi dovrebbero pensare.

Ecco le vere genuine cagioni dell'indolenza che gli uomini dimostrano
generalmente tutte le volte che trattasi di rendere conto a se stessi
de' motivi delle loro opinioni, specialmente tradizionali, essi restano
paghi di seguitare il torrente comune. D'altronde, quando il pregiudizio
è sostenuto dalla forza, (come lo pensa un politico filosofo) e diventa
necessario agl'interessi di un Corpo potente, si rende assai pericoloso
di combattere e pochi individui hanno il coraggio di reclamare contro le
menzogne che tutto il mondo approva, e che l'autorità sostiene con
impegno. Inoltre l'errore quando è abitualmente inveterato passa per
verità, e diventa, in mente di coloro che ci si abbandonano, tanto
dilettevole com'essa. Noi tenghiamo a' nostri vizi, ed a' nostri
pregiudizj; le virtù, e le opinioni che loro sono opposte, ci
appariscono ridicole, o dispiacevoli: sono queste disposizioni inerenti
alla specie umana, [e le] quali fanno che le nazioni s'identificano a
poco a poco colle opinioni le più stravaganti, colle fa[vo]le le più
ridicole, e co' più assurdi sistemi.

(36) Eh! che? È egli mai possibile, esclama _Bolingbroek_ che il Dio
dell'universo non possa mai essere da' popoli adorato che pel gran Lama,
per Mosè, //pel Pontefice Romano\\, per Maometto, senza che alcuno vi
sia, nell'immensa folla di questi adoratori, capace di conoscerlo,
amarlo, adorarlo in forza della propria sua ragione? Una sì strana
procedura, aggiugn'egli, a cui la massima parte degli uomini lasciasi
trascinare sull'assunto primario, e il più importante per la felicità di
questa Specie, non parrebbe concorrere a dimostrare essere la medesima
composta di macchine animate, l'istinto limitato delle quali non
oltrepassa i momenti presenti?

Tale era l'inconseguente pensiere di Bolingbrock ma quest'Inglese era
deista, ed il di lui sistema non potea dettargli de' principi
differenti: noi però che abbiamo la sorte di appartenere ad una credenza
vera, infallibile, e divina facciamo servire la ragione di appoggio alla
rivelazione, col mezzo della quale reputiamo un dovere di conoscere,
obbedire, e adorare l'infinito autore della natura.

(37) Alcuni si fecero bizzarramente ad opinare che tutto ciò che era al
di sopra dell'umana percezione riuscendo di sua natura propriamente
inintelligibile, dovea essere per tanto riguardato come inutile, o
assurdo, e che per conseguenza l'ignoranza, o il disprezzo delle scienze
che illuminano, sosterrebbe le veci del sapere. Quale insania!

Se la credulità cieca, dice _Charron_ (_Trait. de la Sagesse, T. III._)
è una debolezza che degrada la ragione, la prevenzione precipitata che
condanna è un ingiustizia che la sana filosofia abomina, e disprezza; il
saggio non crede, e non giudica di veruna cosa temerariamente senza
esame; esso cerca d'illuminarsi e su' pensieri, e sulle cose, e s'egli
si risolve di svelare l'orrido bandello che l'autorità, e l'educazione
avevano tenacemente attaccato sopra i suoi occhi per sino dalla sua più
tenera infanzia, ciò non dee essere veramente, che per meglio scorgere
da vicino le insidie proditorie della menzogna, e liberarsene con felice
successo; ed affine di potere camminare più sicuramente all'eterno
lucore della verità, del buon senso, della ragione.

(38) Non è già come lo pensano assurdamente alcuni che l'uomo diventi
incredulo appena comincia esso a contrarre l'abitudine del raziocinio;
egli tale non diventa che unicamente delle orride follie che il
fanatismo aggiugne sovente alla sana Religione, che la rende contraria a
tutti i principj del buon senso, e che porta un colorito di menzogna in
fronte di tutte le nozioni che la teologia ci trasmette come sacre, ed
essenziali. Quindi l'uomo illuminato rigetta soltanto quella credenza
ributtante fabbricata dall'ignoranza, sostenuta dall'illusione, e
propalata dalle chimere, per che riconosce sensibilmente che questa
lungi dal rendere gli uomini più saggi, e più felici è la sorgente
inesauribile de' più gran disordini, e delle calamità permanenti di cui
l'umana specie è afflitta; ed esso prende solo ad impugnare la difesa di
quella Religione che ha per sua base la nuda verità, per suo scopo la
ragione, per sua guida la tolleranza; vi si attacca, e dichiarasene
fautore, bene convinto intimamente essere questa l'unica edificante
Religione accetta all'Essere Supremo, e capace di rendere al grado Sommo
felice gli osservanti che vi si consacrano con un Cuore integro, con un
animo scevro da pregiudizj, e con uno spirito suscettibile di lumi, di
Coltura, e disinganno.

(39) Ogni uomo di cui lo spirito si abbandona interamente alla
riflessione, dice un pensatore anonimo, non può a meno di conoscere i
suoi propri doveri di scoprire i rapporti esistenti fra Dio, e lui, e
quelli che vincolano esso co' suoi simili, di meditare la sua natura,
d'investigare i suoi bisogni, e d'istruirsi di tutto ciò ch'esso dee
agli esseri contribuenti alla di lui felicità. Si fatte riflessioni
conducono direttamente alla vera cognizione della morale cotanto urgente
per gl'individui che vivono in società, ed una scienza tale non si
acquista che mediante il solo studio dell'uomo, e de' rapporti suoi:
_celui qui ne réflechit point parlui même_ (aggiugne l'anonimo citato)
_ne connoit point la vraie morale & marche d'un par peu sûr dans le
chemin de la vertu._

In fatti è col chiarore dell'evidenza troppo ben riconosciuto, che gli
uomini tanto ragionano meno, tanto più il loro Culto è imperfetto, e più
sono incapaci di virtuose azioni; gl'individui de' quali si compone la
classe infima del popolo sono, per l'ordinario, i più stupidi
religionarj non solo, ma sovente riuscire si mirano ancora i più
perversi degli uomini, per che sono quelli che ragionano il meno.

(40) La cieca sommissione che ovunque hanno mostrato presso che tutti i
popoli della terra per i respettivi Ministri de' loro Culti, fu sempre
mai il patrimonio di questo Ceto, il quale non lasciò in verun tempo
sfuggire l'opportunità di profittarne, onde acquistare sull'animo di
quelli un ascendente assoluto fino a persuaderli non esistere per essi
altra regola di Condotta, che quella che piaceva a' medesimi d'indicare
loro. Certamente se questo loro ascendente avesse avuto per disegno di
megliorare la condizione di coloro su' quali avevano essi diramato il
loro aggravante dominio, il giogo che da quelli era imposto, sarebbe
loro riuscito alquanto più soffribile; ma sotto pretesti d'instruire, e
d'illuminare gli uomini, esso non si è mai aggirato che a ritenerli
propriamente nell'ignoranza, a togliere loro il desiderio di conoscere
gli oggetti che gl'interessano il più, ad insinuare loro un avversione
fin anche per la verità, da quando essa non si accorda colle opinioni
che questo ceto pretende di avvalorare fra i mortali. E pur troppo così
che tutto concorre a rendere i popoli devoti, ma tutto si oppone altresì
a ciò che essi sieno umani, ragionevoli, e virtuosi. Non si potrà egli
mai fare accordare la religione co' lumi dello spirito, colla virtù, e
col buon senso? Da voi soli o ministri di altari l'umana specie attende
con la più avida impazienza questo bene.

(41) Noi abbiamo già dimostrato altrove che gli ebrei non mancano di
eruditi autori, e di ottimi instruttive produzioni dove potrebbero essi
attignere, con successo, le più chiare nozioni di virtù, di coltura, e
di buon senso; ma l'uso riprovabile sembra che abbia oggi fatalmente
prevaluto a fare loro preferire le opere nelle quali le //insulse\\
{{inutili}} questioni, le prolisse controversie occupano la più estesa
parte, ed è da queste che follemente pretendesi attignere que' sani
principj di cui hanno essi tanto urgente bisogno; in vano ci
lusingheremo noi di vedere consolidarsi una riforma durabile
nell'educazione, e ne' Costumi del Popolo Ebreo, fino a tanto che coloro
destinati a conferire l'una, e dimostrare la necessità degli altri,
adotteranno de' metodi tutt'affatto contrarj per pervenirvi.



                               Cap. VI.

 Metodo indispensabile per sistemare solidamente le teorie sulle quali
     erigere si potrebbe un nuovo piano interessante di scientifica
                        educazione universale.


Le indagini accurate da noi fatte fino al presente, relativamente
all'educazione, non ebbero altro scopo che dimostrarci in chiari sensi,
che di tutti i metodi di educazione morale praticati fino ad ora, il più
inutile per l'uomo, e sovente ancora il più pericoloso per i fanciulli
ebrei in particolare, dovette, senza dubbio essere quello che adottavasi
nel conferirla in Italia dopo alcuni secoli. Noi rimarcammo, inoltre,
come tutti i flagello dello spirito, sia dalla parte della religiosa
superstizione di cui essi erano imbevuti, sia da quella di una depravata
educazione ch'era loro insinuata, assalivano quegli sventurati innocenti
fino dalla culla, per quindi riprodursi nelle scuole un giorno, e
soggiogare la gioventù dopo di avere dannevolmente ingannata l'infanzia.
È ben tardi per fare gustare all'uomo i melliflui frutti dello spirito,
da quando gli errori, e le debolezze, con cui si tenta di corromperlo,
ne hanno già profondamente radicati vizj letali, e fattone pullulare i
germogli funesti. L'uomo saggio, il viaggiatore istruito sdegnati da si
detestabile abuso, rappresentandolo come un assassinio civile, fremevano
entrambi di orrore al solo considerarne i malefici effetti; attualmente
più essi non vi pensano senza deridersene, vedendo oggi gli assurdi
passare in abituale consuetudine, ed io me ne dileggio con essi, benchè
non senza qualche interno rincrescimento; io che nato nel seno di quella
stessa religione, educato, e vissuto sempre fra i suoi abitatori, ebbi
adito sovente di verificare, con positiva certezza i dati esposti, e di
esperimentarne, in un tempo medesimo, in ogni parte i perniciosi
effetti.

Ma io inerisco a giudicare niente di meno che l'antidoto a questo gran
male non opererà facilmente e lascerà per lungo tempo le traccie della
sua venefica infezione. I mali dello spirito saranno mai sempre i più
lenti e i più difficili a guarire, specialmente se dessi trassero
sorgente dagli usi e dalle massime palliate con viluppo seducente della
Religione, e profondamente inveterate (42).

Una gran parte delle nostre vaghe, ed opime contrade fornisce
attualmente uno spettacolo penetrante e pare che somministri delle
speranze fondate; ma vi è motivo sufficiente ancora da temere
l'influenza fatale delle pessime abitudini, e la debole attività delle
conferite Istruzioni. Se l'Italiano specialmente non lasciasi guidare
per se stesso dalla convinzione felice di cui esso ha estremo bisogno;
s'egli non tenta di ogni mezzo possibile per procurarsela, egli
ondeggerà ben tosto in un pelagio d'incertezze, che dovrà un giorno
esporlo, senza scampo, a tutti i disordini immaginabili, e la minima
sventura che gli potrà soppraggiugnere sarà quella di risentire i
timori, i rincrescimenti, e le debolezze di un essere sfuggito
piuttosto, per qualche breve istante al baratro infernale della
superstizione, dell'ignoranza, che nato per la coltura dello spirito, e
per gustare le soavi delizie delle scienze: _C'est l'éducation_ (dice
_G. G. Rousseau_//)\\ {{nel}} suo _Emilio_) _qui doit donner aux ames la
forme qui leur convient dans les société, & diriger tellement leur
opinions, qui elles soient sages par inclination, par passion, par
necessité._

Questa è una verità che noi dobbiamo fare intendere sensibilmente agli
ebrei italiani in particolare, i quali sebbene appariscano cotanto
proclivi agli smarrimenti della ragione, per altro, confessare dobbiamo
ch'essi non mancano di quella dose d'acume necessaria per distinguere i
pregj, ed i vantaggi; noi dobbiamo ispirargliela ancora, per che i
medesimi sono divenuti fino ad un certo punto amanti della novità. Ma
l'esecrabile pregiudizio, l'abitudine imperiosa, e intollerante, la
cieca macchinale venerazione che si ha regolarmente da' medesimi per le
opinioni ricevute: questi sono gli alberi funesti che l'Italiano in
generale giugne difficilmente a sradicare e intanto che i germi
pestilenziali di questi alberi non saranno a gran forza diffinitivamente
svelti, i rampolli venefici ripulluleranno, e si mischieranno agli
arboscelli che loro si farà con tante sostituiti (43).

Ecco dunque, in breve, quale dovrà essere lo scopo primario, ed
essenziale che ora tento prefiggermi; ecco il solo punto centrale dove
tutti i miei fraterni disegni hanno concorso lusingato dal buon esito
degli altri omai fin quì tentati; sebbene io non ignori quanto ogni
proposizione di riforma tanto nel Culto quanto relativamente a' Costumi
sia stata sempre mai riguardata dall'ebraismo generalmente in uno de'
suoi medesimi individui come una temerità punibile ad ogni
riguardo (44); io però, senza bilanciare sull'intrinseco valore di
simile contegno, non vi oppongo frattanto che una semplice osservazione
morale, ed è questa precisamente quella che allontanando dal suo spirito
qualunque renitenza in contrario, mi ci fece risolutamente determinare;
or se l'uomo (tali furono i miei ponderati riflessi) dee la verità
unicamente alle sottili ricerche dell'uomo, che può esporla senza timore
al chiaro giorno (45); se la fondata cognizione di quella è sempre utile
al mondo; se chiunque interessato ad illuminare gli esseri che riconosce
appartenere alla sua specie, ha diritto di proporre ciò ch'esso reputa
potere essere di qualche utilità per i medesimi ogni Cittadino dunque,
amico de' suoi simili, ed illibato, per gli stessi imponenti motivi ha
esso un diritto inappellabile di progettare alla medesima sua nazione
della quale fa parte, tutto ciò ch'egli riconosce idoneo a potere
contribuire alla di lei felicità permanente, e universale (46).

Ma senza digredire di soverchio in altre prove, o argomenti, il nuovo
metodo interessante d'Istruzione morale che noi passiamo a stabilire,
senza ritardo, farà più sensibilmente conoscere l'integrità delle
filantropiche intenzioni, e la ferma solidità de' miei principj ad un
tempo medesimo, prevenendo però non avere io rivolti i miei disegni alla
parte di una coltura universale, o di una enciclopedica letteratura, nè
credasi già che con tale metodo io aspiri a formare degl'individui
Israeliti, o di tutti coloro, che al pari di essi ne hanno duopo estreme
un consorzio di filosofi, o di genj versati in qualunque ramo di
Letteratura; a me basta soltanto di potere somministrare con esso il
mezzo più agevole onde accrescere il numero degli uomini saggi, utili
alla patria, e illuminati, facendo loro conoscere ancora quanto le
sublimi cognizioni riescano vantaggiose, e necessarie a tutta la specie
umana a cui non mancano certamente abbondanti risorse in questa
parte (47).

Entrando dunque nello sviluppo analitico del metodo in proposito, noi ne
ridurremo la vera pratica alle ristrette classificazioni seguenti.

Prima; gionto sia il fanciullo all'età di 4. anni si cominci ad
iniziarlo nella cognizione de' caratteri epistolari, e delle cifre
arabe, e de' numeri, facendosi compitare gli uni, e calcolare le altre,
e nel tempo medesimo gli si farà contrarre l'abitudine di servirsi non
meno quelli di queste; notando però che da questa età potrebbe
cominciare a farsi luogo ancora lo studio della Religione, il quale si
dovrebbe fare consistere da principio per i fanciulli ebrei nella
spiegazione, e compitazione de' Caratteri ebraici punteggiati indi a
quella di alcuni brevi preci quotidiane, affinch'esso possa mettersi a
portata un giorno d'intenderne il valore, e di usarvi così maggiore
cautela, ed attenzione quando le recita.

Da queste prime macchinali operazioni due solidi vantaggi risultare noi
vedremo; l'uno sarà quello di fare applicare i fanciulli per varie ore
consecutive del giorno accostumandogli, come per gradi, a sfuggire
l'ozio, ed a conoscere, per isperienza, ciò che sia per se stesso
metodo, assiduità e disciplina; l'altro sarà poi quello di farci
scuoprire per tempo le loro inclinazioni naturali nello sviluppo
successivi delle idee che di una in altra lezione vederemo succedere in
essi, onde poterli un giorno destinare a quel genere di vita a cui essi
inclinano maggiormente.

Tutte queste elementari lezioni dovranno compirsi tutto al più nello
spazio di un solo biennio.

Seconda; renduto che avremo il fanciullo, col mezzo di si fatte
preparazioni, a sufficienza pratico di una nitida calligrafia, di un
esatta aritmetica, ed intelligente di una parte dell'idioma ebraico, e
del volgare gli si farà distribuire il suo tempo ora nella Spiegazione
del Pentateuco, ed ora nell'esatta Cognizione della sua lingua patria,
che dovrà essergli insegnata per principj; è allora che bisogna fare a
poco, a poco esercitare la sua memoria, in particolare sugli elementi
della morale, i quali ridotti ad altrettanti precetti si avrà cura di
farglieli ripetere sì di frequente, che infine gli restino indelebili
nella memoria; lavoro che per felicemente riuscirci esiga per lo meno il
completo intervallo di altri due anni.

Terza; qui avrà luogo la topografia del proprio paese che si dee
supporre noto già per pratica agli alunni, e quella farà introduzione
alla Geografia parziale, e generale; indi la medesima darà accesso
facile alle istruzioni della sfera, nel modo che questa incamminerà agli
elementi della Geometria, la quale al parere di Loke, dee essere
meccanica, e ridotta alle dimostrazioni solide, e materiali, e non già
nè di soverchio astratte nè troppo poco contemplative; è anche oltremodo
necessario d'instruirlo nell'Istoria, cominciando da quella del proprio
suo paese, poscia de' limitrofi, in seguito de' più lontani, e
discendere finalmente alla storia universale del mondo conosciuto.

Per altro, il tempo più opportuno sembrami questo di fare apprendere a'
giovani anche le lingue viventi le più comuni quali sarebbero la
francese, l'Inglese, la tedesca, e la spagnuola col soccorso dell'idioma
Italiano, di cui dobbiamo a quest'ora crederli mediocremente
intelligenti; e questo utile esercizio dunque appiana loro il difficile
sentiere alla vasta cognizione delle così dette Lingue morte, ovvero di
quelle che ora più non si parlano nel Commercio della vita.
Contemporaneamente all'applicazione di questi ameni studj non debbono i
fanciulli ebrei porre in abbandono, o trascurare quello importante della
Religione, la Lettura, e la spiegazione de' Profeti, degli scritti che
ci restano di Salomone (48), de' salmi di David, del patetico, ma
energico, e sublime poema di Job, e di tutto ciò che resta dell'intera
_Mikrà_; cimentandoli a fare delle ponderate osservazioni sullo stile,
ed i pensieri di ognuno di questi sacri scrittori, e metterli a portata
di trarne le conseguenze le più esatte, e le più giuste, e le metodiche
induzioni. Tutto questo Corso, sia di uno, sia di altro ramo inserito da
noi nella terza classe potrebbe, senza dubbio effettuarsi entro lo
spazio di sei anni, termine in cui l'età del giovine conterebbe anni
quattordici (49).

Quarta; il destino de' talenti comincia quì a decidersi, e l'accorto
Institutore si può accignere con qualche sicurezza a calcolarvi, e a
pronunziarlo; ma qui fa duopo essenzialmente di una rigorosa
circospezione, affine di non ingannarsi nelle tendenze naturali de'
giovani (50); quì entra l'adolescenza, età nella quale succede l'intero
sviluppo della ragione dei fanciulli; è ora che indagare ci è duopo la
loro intima inerenza, e conforme il sentiere dove questa gli conduce,
dirigere così le nostre mire, e i loro passi; ad un semplice negoziante,
per esempio, è sufficiente quanto fu indicato nelle tre prime Classi,
nel sacro non meno che nel profano; ma per coloro che fossero chiamati
dal proprio genio a qualche professione più elevata, questo è il tempo
il più opportuno di fare loro apprendere l'idioma {{greco, ed il}}
latino co' precetti più semplici, e più brevi; indi si faccia loro un
corso ragionato di eloquenza, di poesia, e di Mitologia per abituarli a
conoscere, a leggere con profitti, ed a gustare i poeti antichi; quindi
la Logica, e la metafisica succederanno alle accennate didascaliche
applicazioni, e volendo procurare a' giovani alunni, che manifestassero
un denso trasporto per lo studio, qualche piacevole distrazione, ora è
quando si potrebbe renderli edotti de' capi d'opera di scoltura, di
pittura e di disegno, siccome ancora di architettura, dove lo spirito
de' medesimi troverebbe insieme utilità, e sollievo; non tacendo essere
questi parimenti il tempo in cui i fanciulli ebrei che inclinano alla
professione rabbinica, possono accoppiare a tutti quegli studj letterarj
le lezioni misniche, e talmudiche, così pure che la cognizione de' più
insigni Commentatori della scrittura _Kimhi_, _Jarki_, _Maimonide_,
_Abenesdra_, _Abravanel_, e alcuni altri. Per compiere questo Corso di
una, o di altra erudizione, noi assegneremo loro il periodo di Anni
otto; ciò che farebbe due terze parti dell'adolescenza di tali
fanciulli.

Quinta: l'ultima sarà questa delle classificazioni, sotto le quali
abbiamo ridotta la pratica del nostro nuovo metodo di educazione
{{universale}}. Ora già più non si tratta di elementari principj, nè di
superficiali rudimenti; lo studente pervenuto agli anni venti due di sua
età, corredato di tutte quelle amene, utili, ed interessanti cognizioni,
apprese nelle tante varie Lezioni gradatamente decorse, gli uni sdegna
come inutili, rigetta come spregevoli gli altri, e niente adatte ad
occuparlo; aprirsi ei mira sotto il di lui passo il teatro
incommensurabile dell'umana sapienza; ardito esso innoltravi allora lo
sguardo indagatore, ed ampliamente ritrova di che inalzarsi sopra se
stesso, e pascolare con profusione lo spirito, e il Cuore; le
matematiche, l'astronomia, la fisica, la chimica; la storia naturale,
l'etica razionale, purchè metodicamente coltivate, faranno dello
studente uno scienziato egregio, un filosofo distinto, ed aggiugnendo a
queste scienze le Instituzioni mediche, la notomia, la botanica, queste
lo renderanno successivamente un perito medico teorico, ed un clinico
perfetto; gli esercizi pratici, e regolari di una parte di queste
scienze coll'ostetricia unite, ne faranno un abile chirurgo; inclinando
esso poi alla Giurisprudenza, gli s'insegnerà il diritto Civile, e
canonico, le pandette, l'arte notarile, ed una breve teorica, e pratica
criminale, il tutto sul piede, e sulla formula del Codice, e delle Leggi
patrie. La diplomatica, e l'economia pubblica finalmente, lo formeranno
un esimio ministro di stato, un accorto, sottile, ed ottimo Governante
di Città, o di Provincia.

Il vasto metodo da noi fin quì delineato non ha per iscopo che
//schiarirci\\{{dimostrarci}} delle idee troppo generali, ed assai
profonde sul sistema regolare da tenersi periodicamente co' fanciulli
dalla prima loro infanzia fino allo stato virile in cui essi dovranno
stimolati, dal proprio loro intimo declivio, eleggersi diffinitivamente
una professione, o religiosa, o civile, o politica, o militare: ma
questo metodo, per altro, quantunque sufficientemente vantaggioso per se
stesso, ha duopo frattanto di un regolamento determinato, non meno per
quanto concerne la distribuzione delle materie didascaliche, le quali
debbono costituire le ingerenze analoghe spettanti ad ogni Professione,
che per tutto ciò che riguarda la solida Instituzione delle scuole, i
fondi necessarj, ed intangibili, per conservarle, e la congrua esatta
disciplina per dirigerle, ed ordinarle.

Ecco propriamente ciò che più di ogni altr'oggetto si richiede ora
necessario per giugnere felicemente al propostoci disegno, qual è quello
d'imprimere nelle menti de' fanciulli ebrei, per quanto è in poter
nostro, de' principj sistematici di radicata Coltura, e di scelta
morale, a scapito de' moltiplici funesti pregiudizj che hanno tentato
sempre, e ovunque di allontanarveli.

(42) A detto de' moralisti i mali dello spirito riescono tante volte per
l'uomo assai più molesti delle malattie fisiche medesime, le quali
sovente altro non sono che l'immediata conseguenza di quelli: quindi è
per ciò chiaramente provato che la nostra infelicità nasce da' primi più
che da queste; massime quando la Religione v'ha qualche influenza: noi
non istiamo quasi mai con noi medesimi, non esistiamo presso che mai nel
momento pressante. L'immaginazione ci tiene assiduamente sempre occupati
fuori di noi, nel passato, o nell'avvenire: ecco infatti la positiva
origine de' nostri mali morali; ed il più efficace rimedio che i
filosofi vi assegnano si è di richiamare l'animo travviato
dall'immaginazione alla sensazione fisica degli affetti. In tal guisa
l'abbacinata fantasia dell'uomo ritroverà essa pure un antidoto possente
contro i malefici prestigj di una supposta Religione.

(43) Il lungo spazio di venti anni completi di ammaestramenti
scientifici, e letterari esercitati da me nelle più ragguardevoli città
dell'Italia, mi hanno renduta questa verità come troppo espressamente
dimostrata. Tutte le mie più accurate diligenze usate assiduamente per
il progresso de' giovani di cui la prima educazione fu la più
negligentata, mi riuscirono sempre inutili, e del pari sarebbero esse
riuscite inconcludenti se quelli avessero avuti anche per istitutori gli
stessi Quintiliano, Dalembert, Fenelon, o Condillac; gli enormi difetti
che l'ignoranza crassa de' primi loro maestri, e l'apatia riprovabile
de' propri loro genitori hanno fatto ad essi miseramente contrarre,
riprodurre si vedrebbero incessantemente in mezzo delle salutari lezioni
di questi celebri precettori nella guisa medesima che io vedea
riprodursi fatalmente ad ogni istante nelle mie, senza rimedio di
reprimerli, nè di allontanarli.

(44) Tutti coloro che hanno tentato di riformare il Culto ed i Costumi
degli ebrei si sono in ogni tempo attirati l'odio, e l'anatema di questi
senza speranza di riconciliazione, e finirono in ultima col desistere da
un impresa, che riconoscevano del tutto inutile, e di un esito infelice,
e restarne interamente segregati, come avvenne appunto alla setta de'
Caraiti, allo Spinosa, ed a vari altri.

(45) Non si è difensore della verità, dice S. _Ambrogio_, se dal primo
istante che ci è accordata la grazia di ravvisarla, di conoscerla non
assumiamo l'impegno commendevole di propalarla fra gli uomini senza
//riguardo\\{{vergogna}}, nè timore: _Ille veritatis defensor esse debet
qui cum recté sentit loqui non metuit nec erubescit._

Infatti qual dono funesto per l'essere umano sarebbe mai la verità,
s'essa non fosse sempre buona a dirsi? Quale appannaggio superfluo
riuscirebbe la ragione, se questa fosse fatta per essere cattivata, o
subordinata, e non sarebbe un degradare enormemente la specie umana,
volendo sostenere sì ripugnanti, e sì assurdi principj? Credere che v'ha
delle verità ch'è meglio lasciare eternamente sepolte nel seno della
natura, che produrle al chiaro giorno, è lo stesso che favoreggiare
l'errore, la barbarie, e l'ignoranza.

(46) Il più leggiadro, ed il primo Drammatico dell'Italia (_Metastasio_)
disse con sublime ingegno

   _Inutilmente nacque_
   _chi sol vive a sostegno_

Sia di ciò la verità, a che mai servirebbero tutte le cognizioni le più
profonde, tutti i talenti ancora più elevati che potesse l'uomo
d'altronde fondatamente vantare, s'egli non impiegasse gli uni ad
illuminare i suoi simili, e le altre ad instruirli, e restandosene
spettatore neghittoso de' loro smarrimenti non cercasse la via la più
pronta e la più sicura di sottrarveli? _Ce serait souvent manquer
essentiellement à la société que devoir les hommes s'enfouir dans le
gouffre des erreurs, sans les soustraire, & les detromper_; ci
lasciarono scritto i più insigni filosofi del mondo. Quindi è che io
presi coraggio di porre sotto gli occhi de' miei connazionali tutto ciò
che ho creduto efficace a potere contribuire al loro meglioramento, e
imperturbabile, non già perchè io mi reputi il più illuminato fra quelli
nè dotato di entrambi gli accennati requisiti necessarj per condurre ad
ottimo fine una sì ardua impresa; questo mostruoso egoismo fu sempre mai
ripugnante al mio cuore, come affatto straniere alla mia mente, ma
indotto dalla sola ragione di conoscere per isperienza quanto basta i
loro inveterati travviamenti a questo riguardo.

(47) Sono ben pochi quegli uomini, osserva ingegnosamente _Elvezio_, co'
quali la provvida natura sia stata così tiranna di non lasciare loro la
capacità conveniente di potere liberamente spiccare nell'una, ovvero
nell'altra scienza. Non si può di proposito negare esservi in qualunque
mente umana una certa piega, o inerenza per le cognizioni scientifiche,
che con agevole maniera può essa da uno studio regolare, scortato già da
solidi principj ricevere accrescimento, ed attenzione.

Quindi si può con qualche probabilità fondatamente dedurre che
l'ineguaglianza di spirito, che sovente sembra di rimarcare nella varia
specie degli uomini, non dipenda d'altra parte se non che o dal Governo
più o meno saggio, e illuminato al quale sono sommessi, o dal clima che
respirano, o dal secolo più o meno colto in cui nascono, o
dall'istruttiva educazione ottima, o perniciosa che loro viene
somministrata, o dalla brama più, o meno intensa che hanno essi di
distinguersi nella società, o dalle idee più, o meno vaste, e feconde
delle quali formano i medesimi l'oggetto principale di ogni loro studio,
ed il primo luogo delle loro più assidue meditazioni. Tali sono le cause
che si possono assegnare alla diversità de' progressi dell'uomo.

(48) Tutte le opere di Salomone pervenute oggi fino a noi si riducono
alla Cantica de' Cantici, agli esempi, o proverbi, e all'eclesiaste. Ma
essendo esso quale rappresentato ci viene dalla scrittura, il più
scienziato di tutti gli uomini, così per grazia speciale accordatagli
prodigiosamente dall'Essere Supremo, non pare verosimile che i suoi
scritti si limitassero a sì poco soggetto: e infatti i Rabbini, siccome
ancora i Dottori cristiani sostengono d'accordo, che avendo Salomone
conseguita da Dio la scienza infusa, egli dovea essere un uomo
completamente versato nella scienza universale della natura, e in quella
del Cielo, e della terra; e per conseguenza esso dee avere scritto sulle
piante, e le loro virtù medicinali, sulla medicina, sull'astronomia,
sulla fisica, sulle matematiche, nel modo che il libro de' Re ne fa
espressa menzione; ma che le infauste crisi moltiplici, alle quali
soggiacque il Popolo ebreo durante la serie complicata de' secoli
decorsi da questo monarca fino al presente, avranno senza dubbio, fatto
smarrire quelle utili, ed interessanti produzioni. Essi gli
attribuiscono ancora l'arte di espellere i de[mo]nj, in maniera c'essi
più non ritornassero fra gli uomini; e _Flavio_ rapporta (_antich. Lib.
VIII. Cap. II p. 257_) che un certo nomato Ezechiello cacciava i demoni
alla presenza di Vespasiano, col mezzo di una radica che diceva indicata
dallo stesso Salomone per tal effetto; esso recitava in seguito i
sortilegj immaginati da questo Principe, e il demonio più allora non
compariva; e così che sedotti da questo pregiudizio gli ebrei, ed i
cristiani gli attribuiscono la _clavicola_, dove sono contenuti i
segreti di questa grand arte cabalistica.

(49) Recherà forse ad alcuni stupore, come pervenuti alla terza classe,
io non abbia fatto ancora menzione di sorte alcuna dello studio, e
dell'applicazione della lingua {{greca, e}} latina, dopo di avere
insinuato quello delle lingue dotte. Questo silenzio non dee già
ripetersi per che io consideri tale applicazione come inutile, o
indifferente; ma per che io la riguardo avanti l'indicata età presso che
del tutto sterile, inconseguente, e per lo più di un incerto successo,
massime col metodo lunghissimo, e tormentoso, che a scapito della
gioventù si tiene attualmente per insegnarle nelle scuole dell'Italia; a
quale disegno di fare stancare miseramente un debile fanciullo i //tre o
quattro\\ {{cinque o sei}} migliori anni della sua età verdeggiante
sullo studio di due Lingue, che non giugne in verun tempo a possedere a
perfezione (e se gli esempi in contrario ve n'ha, questi si annoverano a
dito) sia per che mancagli l'esercizio per poterle familiarmente
coltivare nel Commercio della società, sia per l'indole della
costruzione delle medesime {{e specialmente dell'ultima}} sì vasta, e sì
complicata che adattabile non è a verun altra? Questa penosa
applicazione noi abbiamo //dunque stimato\\ {{stimato dunque}} opportuno
riserbarla all'età dell'adolescenza, come la più capace a ritenere, e la
meno sensibile a soffrire.

(50) Se le determinazioni alle quali appigliasi, per l'ordinario, un
fanciullo dipendono talvolta dal proprio genio, e da quel recondito
declivio che in esso infonde la natura, quelle procedono frequentemente
dall'arbitraria volontà de' propri genitori che prescrivono
fortuitamente i destini de' loro figli, avanti ch'essi manifestino
veruna specie d'inclinazione. Quindi è che noi veggiamo si sovente nella
carriera dell'uomo tante professione male esercitate, innumerabili
talenti soffocati, o resi inutili, tante braccia che sarebbero per molte
parti proficue oltre modo alla società ridotte inerti; in somma un
affluenza incalcolabile di malcontenti, o sventurati, per avere, come si
disse equivocata, o male intesa la vocazione della natura. Qualche volta
n'è cagione la sordida avarizia de' respettivi genitori, e sovente
dall'ambizione, o dal fanatismo de' medesimi un inconveniente sì
pernicioso giustamente si ripete.



                              Cap. VII.

   Seguito del medesimo Soggetto: Vantaggi della pubblica educazione
 sulla particolare: Regolamento generale per la fondazione di un nuovo
            Instituto elementare per i fanciulli Israeliti


Dopo tutto ciò che tante celebri penne hanno dottamente dissertato sulla
preferenza notabile di una pubblica educazione morale a qualunque
domestica Instituzione particolare, cosa mai aggiugnere io potrei per
farne risentire i moltiplici evidenti vantaggi, per dimostrarne
l'importanza di gran lunga preponderante che ha quella, per ogni
riguardo sopra questa? uno de' più rimarcabili vantaggi che si può
ritrarre dalla prima si è, senza dubbio, quell'intensa emulazione
ch'essa misura; il più sicuro mezzo di alimentare l'amore de' talenti, e
della virtù, comparando il fanciullo gli uni, e le altre con quelle
ch'esso per esperienza riconosce allignare ne' suoi propri
condiscepoli (51); mezzo che assolutamente gli verrebbe a mancare nella
seconda infatti come prenderebb'egli fra i vezzi di una madre, la
condiscendenza di un padre, i riguardi di un precettore, la sommissiome
de' domestici, un risoluto gusto per la fatica, e per il metodo ne' suoi
studj; come ritrovarvi quello stimolo possente che scuote le anime, e le
svelle alla loro naturale inerzia, che forma gli uomini eroi, ed i
sapienti; in una parola, come mai l'emulazione si farebb'ella sentire
nel Cuore di un fanciullo, il quale non ha nella Casa paterna nè un
rivale a superare nè un concorrente a temere? Un proposito stesso non
solo può tenergli sullo studio delle scienze in generale; ma esso dee
inoltre applicarsi all'Esercizio parimenti delle arti: infatti, in quale
languore brutale non ricadrebbero esse mai, privandole di ciò che
potrebbe farle solo esaltare nella società; cosa diverebbe mai ogni
talento, ogni sforzo, ed ogni zelo umano, senza l'efficace
incoraggiamento dell'emulazione? L'Intelligenza, e l'industria
retrograderebbero a passo di gigante verso la culla de' loro grossolani
saggi primitivi, e quanti altri inconvenienti non se ne risulterebbero
ancora (52)? Dove rivolgere mai lo stato si potrebbe per ritrovare
Ingegneri esatti, accorti militari, nautici esperti de' quali ha esso sì
estremo bisogno per mantenere il suo decoro, per suo sostegno, e sua
difesa, se gli studi necessari a questi utili soggetti fossero stati
fatti sotto gli occhi de' propri genitori, testa a testa con un solo
Professore domiciliario, ed anche molti? Non avvi che il penetrante
esempio altrui che lanci, per così dire, gli alunni nel sentiere delle
scienze, e delle più elevate cognizioni, che faccia loro superare
qualunque ostacolo che vi si opponga, e gl'incammini a gran passi verso
la gloria: non abbiamo che gettare uno sguardo sulle scuole pubbliche
nelle quali s'insegna le cognizioni utili, e necessarie al servizio
della patria per restare ampliamente convinti non esservi alcuna cosa da
potervi surrogare in vece dell'emulazione che vi regna, onde riportarne
sicuramente identici successi con eguale celerità (53).

Un altro vantaggio, non meno certo che salutare del primo si è
l'intelligenza de' Professori, la quale difficilmente si spiegherebbe in
tutta la sua energia, e vastità esternandosi ad un solo scolare sotto il
tetto paterno nella breve lezione di un ora per giorno fossero anche
due.

L'ultimo, che vale forse per tutti si è l'urbanità che vi s'impegna, il
metodo che vi si tiene, la fermezza che vi si conserva, ed altri simili
requisiti, che la domestica educazione potrebbe raramente garantire,
almeno per lungo tempo, e ciò per due efficaci motivi; il primo per che
l'Istruzione domestica, come lo pensa Elvezio, non inspira mai un deciso
coraggio; infatti i genitori solo interessati più del fisico che del
morale del fanciullo temono di stancarlo coll'applicazione sedentaria, e
non si occupano che della conservazione meramente del di lui Corpo con
detrimento del suo spirito, ed a spese de' suoi studj; e ciò che v'ha
qui di peggio si è ch'essi defferiscono a tutti i suoi puerili capricci,
dando a questa vile compiacenza il falso titolo di amore paterno; il
secondo, per che nè i metodi regolari in proposito di studio, e di
coltura si possono giammai tenere privatamente atteso il tempo, e la
diligenza che si richiede nel comunicarli, nè la politezza de' Costumi
verrà insinuata giammai completamente a' fanciulli nella stessa loro
abitazione, e alla presenza de' loro propri genitori (54).

Tale è dunque l'utilità radicale che ricavare noi realmente possiamo
dalla pubblica Istruzione, e tali sono, in una parola gl'imponenti
motivi che sempre mai la renderanno in ogni maniera preferibile a
qualunque siasi educazione particolare, anche la più assidua che
immaginare possiamo, la più metodica, e la più istruttiva.

Ma tutti questi edificanti vantaggi per che mai non furono essi qualche
volta partecipati all'ebreo, per che non gli hanno i figli d'Israel in
alcun tempo risentiti? Eppure ovunque esistono de['] pubblici Licei, e
de' Collegi dove chiunque può concorrere a suo migliore piacere a
profittarvi; ma d'altronde quale giovamento recavano e gli uni, e gli
altri mai agli altri sventurati fanciulli di questa nazione, accostumati
a riguardare con ripugnanza qualunque Instituzione sociale che avesse
potuto allontanarli da certe superstiziose cerimonie, e da quello strano
metodo di vita a cui furono tenacemente attaccati dal primo istante che
cominciarono ad esistere, e a pensare? E l'accanito disprezzo con cui
sarebbero stati quelli riguardati anche dagli altri alunni concorrenti
malignamente impressionati da' rispettivi loro genitori contro il solo
nome, ed il carattere di ebreo, non dovea essere questo al loro speciale
riguardo un motivo sufficiente di più per considerare con orrore la
religione di tali Condiscepoli (55)?

Ecco probabilmente quali furono gli ostacoli funesti che impedirono già
ne' tempi andati i fanciulli ebrei di profittare de' vantaggi moltiplici
che dimostrammo ritrarsi da' pubblici Instituti, ostacoli che saranno
eternamente ineluttabili fino a tanto che il metodo ripugnante
dell'odierna educazione morale rigenerato non venga completamente da noi
sulle basi radicali già fissate, e per il Culto, e per l'Istruzione, e
pe' Costumi (56).

Ma siccome non avvi male nella natura, al detto de' moralisti, senza
qualche opportuno rimedio, così quello che applicare noi possiamo con
successo a questo pernicioso inconveniente, sarebbe un fondato
stabilimento di pubblica Istruzione destinato per i soli fanciulli
ebrei, dove questi potessero attignere, senza detrimento del Culto, nè
timore di cristiana persecuzione, tutto ciò che si rende al grado
massimo necessario per illuminare la mente delle verità più
interessanti, e ad un tempo medesimo corredare lo spirito delle più
proficue, ed erudite cognizioni (57).

Un Instituto di tale natura potrebbe dunque fissarsi nel centro di ogni
capo luogo di Dipartimento. Un vasto locale dovrebbe esservi destinato a
simile importante stabilimento che potesse contenere tante camere
segregate quante saranno le Classificazioni de' generi di studi che vi
si dovrebbero insegnare; cioè quelle altrove riportate nella pratica del
metodo già descritto nel Capitolo antecedente, //eccettuate\\{{ad
eccezione}} però dell'ultima la quale non può appartenere a questo
nostro nuovo stabilimento, giacchè le scienze che vi si racchiudono
debbono essere di spettanza unicamente della prima Scuola del paese,
quale sarebbe la pubblica università. Quattro Professori mi
sembrerebbero forse bastanti per compiere esattamente tutti gli studi
che comprendono le cinque testè indicate classi, oltre però un maestro
per ogni dodici alunni, destinato ad insegnare i principj elementari di
scrittura, e lettura ebraica, e volgare, con una nitida Caligrafia di
purgata pronuncia, e delle prime operazioni di Aritmetica; notando
altresì che in questa //ultima\\{{infima}} classe non dovrebbonsi
ammettere i fanciulli dell'età minore di quattr'anni, nè maggiori di
sette, nè trattenerli oltre i due anni.

Il primo Professore dovrà insegnare le Lingue viventi, cioè, l'Italiana,
la francese, l'Inglese, la Tedesca, e la Spagnuola; esso detterà, e
spiegherà inoltre Eloquenza Italiana, e francese, somministrerà i
principj fondamentali della Poesia Italiana, {{ed}} i precetti della
Poetica; egli potrebbe inoltre supplire all'istruzione della mitologia,
senza la quale il linguaggio de' poeti riuscirà sempre un enigma, e per
conseguenza del tutto impossibile ad intendersi. La di lui classe sarà
aperta ore sei per ciascun giorno, eccetto soltanto il giorno di Sabato,
e tutte le altre feste d'intero precetto disegnate nel nostro nuovo
piano di Riforma.

Vi si assegnerà un secondo per lo studio della Religione in generale la
di cui ingerenza sarà 1.º La chiara, e metodica spiegazione in Italiano
(se non fosse possibile in francese) di tutte le preghiere che più sono
usitate dagli ebrei; 2.º quella del Pentateuco, delle Profezie, e degli
altri libri ammessi per canonici da noi; 3.º quella di alcune paragrafi
più facili, come sarebbero i Commenti di _Rascì_, o Jarki, e quelli di
_Radak_, o Kimhi; ed incaricando per tali urgenti lezioni qualche
Rabbino colto, e perito nel ramo importantissimo dell'istruzione, esso
potrebbe anche supplire all'ammaestramento di molti altri classici
Commentatori ebrei, siccome pure alla spiegazione della misnah, e del
Talmud. Quattr'ore periodiche del giorno dovrà una tale classe essere
esposta agli alunni concorrenti colle medesime vacanze della prima.

L'ispezione del terzo Professore sarà l'insegnamento dell'Istoria
antica, e moderna non meno sacra che profana, quello della Cosmografia,
e della Geografia elementare, esso spiegherà nel temo medesimo la sfera
Armillare, sviluppandone i tre sistemi differenti che fecero maggiore
strepito nel mondo Letterario, cioè, quello di Tolomeo, quello di
Copernico, e quello di Tico Brahe: lo studio della Lingua Latina, e
quello della Lingua Greca potrebb'essere affidato a questa classe. Sei
ore per giorno dovranno essere impiegate in tali amene didascaliche
Lezioni.

L'assunto importantissimo d'investigare la verità e di comunicarla agli
altri di regolare la vita umana, e perfezionare i suoi Costumi dovrà
essere l'occupazione di un quarto Professore, il quale col metodo il più
sicuro, e il più conciso sarà destinato all'insegnamento elementare
dell'Etica Razionale, dell'arte critica, della Logica, delle
Matematiche, e della Metafisica, con tutte le scienze astratte che vi si
racchiudono; ma siccome abbiamo riconosciuto che queste filosofiche
Instituzione riguardare non possono lo stabilimento da noi quivi
fissato, così questi Professore potrà limitarsi a conferire a suoi
alunni le nozioni meramente preliminari delle testè indicate scienze,
rimettendone l'esercizio profondo, e universale, in tutta l'estensione
della quale possono quelle essere suscettibili, alla sola pubblica
università, unitamente alla storia naturale, alle fisiche, ed a tutte
quelle altre scienze che ne derivano.

Tale è dunque il numero de' Professori de' quali dovrebbe comporsi
questo nuovo Instituto Isralitico, eretto sotto i benefici possenti
auspicj del nostro eccelso Monarca dalla cui augusta deliberazione
dipenderà unicamente la nomina di quelli non meno che l'elezione di un
Direttore (quale ingerenza potrebbe essere conferita al primo de'
quattro destinati Professori al quale incumberà la vigilanza per
l'esecuzione degli ordini nel metodo, e qualità delle Istruzioni da
conferirsi a' giovani studenti, siccome ancora per fare loro eseguire
gli essenziali doveri della Religione, e nel caso poi di malattia, di
assenza, o di morte di questi, uno degli altri Professori ne compirà le
veci provvisoriamente fino a tanto che venga dal Governo provveduto alla
nuova Installazione di altro Direttore.

Ciascuno di si fatti Institutori, per tutto quello che riguarda le sue
scientifiche, o didascaliche applicazioni dovrà avere terminato il di
lui Corso co' rispettivi studenti della sua classe nell'intervallo tutto
al più di un triennio durante il quale non si ammetteranno altre vacanze
fuori di quelle già menzionate, ed un giorno per ogni settimana da
fissarsi a comodo, e piacere de' medesimi Institutori. Nel termine di
ogni anno tutte le scuole dovranno dare pubblicamente i loro saggi in
quella materia che formò il soggetto dell'applicazione decorsa di
quell'anno; vi si fisserà l'incoraggimento di emulazione solito a
distribuirsi a coloro che più si distingueranno per talento, per genio,
e per coltura (58); ed è solo in questo caso che il Direttore, dietro la
fede del rispettivo Professore accorderà a quel tale studente un
Certificato nelle forme, comprovante la di lui capacità, la sua morale
ed i suoi irreprensibili Costumi; e con cui esso potrà quindi abilitarsi
a passare da una in altra classe, e da questa infine alla grande
università pubblica (la quale si potrebbe anche stabilire non doverlo
accogliere in verun modo, se munito esso prima non fosse di un tale
indispensabile documento) a compiere la sfera delle scienze delle quali
egli non apprese che le sole nozioni superficiali, riportate da noi
nella quarta classificazione del nostro metodo, e destinarsi a quel
genere di vita, o professione alla quale più esso inclina. E ad oggetto
di cimentare con successo migliore l'impegno de' figli d'Israel a
profittare de' considerabili vantaggi che risulterebbero immediatamente
da un simile Instituto, si potrebbe inoltre stabilire, che niuno fra
questi potrà giammai aspirare fondatamente a verun grado nella società,
nè conseguire avanzamenti nella patria di sorte alcuna durante la sua
vita, s'egli non produce l'attestato autentico emanato da una, o da
varie delle suddette scuole da cui apparisca la sua capacità in qualche
ramo di amena Letteratura, sia nella cognizione di due lingue almeno,
ovvero nel possesso di qualunque siasi altro ramo di proficua
erudizione.

In quanto poi agli annui emolumenti da fissarsi a tali Professori, ed
alle altre spese indispensabili da erogarsi per uso del medesimo
Instituto, non meno gli uni che le altre potranno essere regolati della
della maniera seguente:

   F. 2400. al Direttore dell'Instituto, e {{suo}} 1. Professore.
      4200. A' tre altri Professori, calcolati F. 1400. annui per
            ciascheduno.
       600. All'Instruttore di Caligrafia, di Lettura ebraica, e
            volgare, di Aritmetica &
       600. A due Inservienti Ispettori destinati a presedere alla
            pulizia ed al buon ordine delle scuole, in ragione di
            f. 300. annui per ciascheduno.
  _F. 7800._

Ciò che nella totalità monterebbe alla somma di F. 7800 la quale
dovrebbe essere a carico de' più facoltosi ebrei di quel Dipartimento
dove tali scuole si potrebbero fissare, che o quotizzandosi un tanto per
{{ogni}} famiglia, o consecrando per una sol volta un fondo solido, e
intangibile per il mantenimento di esso, e per la sua durabile
conservazione, vedrebbero a grado a grado quest'utile quanto
urgentissima stabilimento prendere possanza e vigore, con vantaggi
considerabili, e decoro del Popolo d'Israel.

Per altro, non debbo io già ommettere di avvertire che una si fatta
Instituzione non dovrebbe avere luogo se non se in quel Dipartimento
laddove il numero degli ebrei abitanti eccedesse //il numero di\\ tre
mila {{individui}}, ed il capo luogo di esso ne contenesse per lo meno
la metà, giacchè quelli che contengono una quantità più modica, e più
ristretta, o potrebbero unirsi con qualche altro Dipartimento limitrofo,
ovvero limitare la sfera degli studj, attenendosi unicamente alle
Istruzioni più utili, e più essenziali, come sarebbero le Lingue
viventi, l'eloquenza, e la Geografia.

Eccoci finalmente pervenuti all'estremo termine delle nostre
interessanti osservazioni sulla coltura de' fanciulli ebrei, a vantaggio
de' quali sembrami di avere dimostrato quanto basta ne' Capitoli
precedenti la necessità pressante ch'essi hanno d'istruirsi, e
d'illuminarsi, e di scuotersi una volta da quel torpore macchinale in
cui gemere fatalmente si veggono; ciò che riescire mai non vedremo fino
a tanto che i pubblici stabilimenti de' quali parlammo non venghino
eretti, e generalmente basati sul sistema che accennata abbiamo, e dove
questa classe d'individui la più proficua, e la più interessante di ogni
altra, cogli affluenti considerabili vantaggi che può la medesima per
tante parti ricavarvi, possa felicemente giugnere ad illustrarsi un
giorno nella società degli enti ragionevoli, e non essere mai più
considerata come una frazione inutile della medesima.

E voi o uomini che superbi andate del soave attributo di genitori,
l'opera memorabile da voi soli si compia, studiatene i doveri!
Procurate, per quanto vi è possibile, di rendervi più degni di un tanto
raro pregio di cui la natura volle fregiarvi; ma fino a quando mai
vorrete voi essere sordi, ed insensibili al suo linguaggio penetrante?
Consultatela di buon senno, e voi allora sentirete con quale improperio
essa giustamente condanna la vostra insensibile negligenza intorno a ciò
che relativamente a vostri propri figli più dovea per ogni motivo
interessarvi. Se coll'avere solo gettati, per così dire, i primi germi
elementari della loro macchina, se coll'averli soltanto generati,
supponete di avere acquistato sopra di essi un merito reale, un assoluto
patrocinio, erroneamente vi lusingate; con ciò presso che nulla voi
avete operato in loro giovamento fino ad ora nulla essi debbono a voi,
ma tutto alla natura; voi non vi contribuiste per la loro esistenza, che
solo con un azione meramente organica, accidentale, cui lascerà sempre
ambiguo il giudizio, se avesse per obbjetto la vostra sensuale
concupiscenza, ovvero fosse diretta a procreare un ente ragionevole.
Siate sensibili una volta per la porzione di voi medesimi procurate a'
vostri figli una vita felice, adempiendo all'obbligo pressante che vi
corre di bene educarli. Cessino infine {{di predominarvi}} l'avarizia, e
il fanatismo nell'importante ricerca di saggi, colti, ed illuminati
Professori (59); togliete da' vostri fattizj, e chimerici bisogni ciò di
che possiate supplire all'educazione de vostri propri figli, e così
vedrete voi rinascere in essi gli antichi luminari della discendenza
d'Israel, che tanto degni si resero dell'ammirazione universale di tutti
i popoli, altrimenti da quale acerbo rimorso non dovrà essere lacerata
l'anima vostra un giorno allorchè fattosi avanti la tradita ragione,
querula, e dolente vi farà tutti quanti impallidire co' suoi troppo
fondati sensibili rimproveri? Giunga la sua voce salutare a scuotervi
una volta da quel turpe letargo in cui la rea superstizione vi tiene
sepolti, e fatevi a riflettere per tanto che un anima senza educazione è
quale appunto sarebbe una gemma informe nella sua rozza cava, i di cui
pregj peregrini restare dovranno sempre sepolti fino a tanto che la mano
industre dell'opifice accorto ripulendone le deformità, purificandone
ciò che v'ha di migliore, non ne scuopra tutto quanto vi si asconde di
magnifico, e di raro, per quindi produrla a tutta quella nitida
perfezione di cui può essere la medesima suscettibile: Infatti, quanti
uomini celebri giacciono sovente palliati, o nascosti fra que' tanti
regolarmente avviliti, e disprezzati, per che un ingiusta sorte fa loro
avere la sembianza d'individui plebei i quali sarebbero forse un giorno
riusciti uomini distinti o nelle scienze, o nelle arti, se l'industre
esercizio di una istruttiva educazione gli avesse purificati e quindi
prodotti felicemente al giorno (60). O Genitori! esclamerò, per ultimo,
con _Aristippo_, ecco il più cospicuo, il più dovizioso, ed il più
solido retaggio che voi possiate mai trasmettere un giorno a' vostri
propri figli: esso di gran lunga più fermo, e più durevole di qualunque
pingue ed opulente patrimonio, contrastato sovente da funesti inopinati
avvenimenti, da avverse crisi, per che non può essere peribile giammai,
nè può andare in alcun tempo soggetto a naufragio mentre non è mai
suscettibile di ciechi imprevisti accidenti della sorte.

(51) L'emulazione, purchè sensatamente diretta, è la prima virtù morale
dello Spirito umano, senza di essa i talenti languiscono
nell'avvilimento, e nel torpore; con essa si rendono vasti, colti, e
illuminati, nè alcun ostacolo dee essere capace a rallentarla; essa
giova a' fanciulli, ed agli adulti, a' dotti, ed agli inscienti; la sola
difficoltà consiste di sapere allontanare per tempo i malefici
pregiudizj, e le passioni depravate che potrebbero sovente contaminare
gli effetti consolanti, e salutari che dalle medesime assolutamente
derivano.

(52) L'Istoria ci dice, che il celebre Licurgo non ha sdegnato di
adottare da' Cretesi il loro famoso sistema di educazione Comune. Questo
Legislatore profondo conosceva bene quali impressioni riceve il cuore
dell'uomo da tutto ciò che lo circonda; esso avea esperimentato che i
doveri praticati per abitudine diventano più forti allorchè vengono
modellati sul percuotente esempio altrui; quindi è che ignorare ei non
potea la somma importanza di questa vicendevole azione la quale fissata
una volta fra gli uomini gli rende come surveglianti della condotta
l'uno dell'altro, il modello, il precettore: _Dans une éducation
particulière_, dice uno Scrittore illustre, _un enfant lachement
abandonné aux flatteries de ses parents, et de leurs esclaves se croit
distingué de la foule, parcequ'il en est separé; dans l'éducation
commune l'émulation est plus générale, les états s'égalisent, & se
rapprochent; c'est là qu'un Jeune homme apprend chaque jour, à chaque
instant, que le mérite & le talent peuvent seule donner une superieurité
réelle._ _Voy. du Jeun. Anach. Cap. 6._

(53) _C'est l'émulation_, si potrebbe quì ripetere con _Elvezio_ (_De
l'Hom. T. III. Cap. 6._) _qui produit les genies, & c'est le desir de
s'illustrer qui crée les talents; c'est du moment où l'amour de la
gloire se fait sentir à l'homme, & se developpe en lui, qu'on peut dater
les progrès de son esprit._

Ed io col soccorso dell'esperienza ho molto sovente rimarcato che la
scienza dell'educazione altro per se stessa forse non è che la scienza
di bene conoscere i mezzi ond'eccitare l'emulazione; tanto in teoria
agevole a compirsi quanto ne riesce oltremodo ardua l'esecuzione.

(54) Varie sono, e discrepanti le opinioni degli eruditi per rapporto a
questo importantissimo soggetto; v'ha chi pretende che l'educazione
istruttiva che si dà pubblicamente ne' Collegi dee essere preferita a
quella che ricevono i fanciulli privatamente nelle loro {{proprie}}
case; e ve n'ha chi sostiene, al contrario, che la gioventù può ritrarre
maggiore profitto dall'ultima che da quella; moltiplici sono alla verità
i vantaggi solidi, che questa offre in preferenza dell'altra, ed i
successi felici che risultare se ne videro sovente, concorrono ad
avvalorare questa opinione, la quale è alla prima ovunque finalmente
prevaluta: ma taluni, per altro, poco persuasi, o indifferenti a simili
vantaggi, sono tenacemente attaccati all'uso di educare i propri figli
nelle loro case, malgrado ne riconoscano la lentezza de' progressi, e il
danno irreparabile che ne risulta contro di essi.

(55) È un barbaro costume generalmente inveterato nella cristianità
d'imbevere i fanciulli appena cominciano ad intendere, ed a parlare
delle massime le più detestabili contro l'ebreo in generale; quest'odio
inesplicabile si trasmette da' padri a' figli, e in conseguenza da
questi al linguaggio susseguente con lo stesso metodo, e accanimento con
cui si fa da' medesimi tradizionalmente passare tutti que' prestigj
religiosi de' quali restano un giorno essi pure le vittime, e ciò che di
peggio ancora si è che il loro vano forsennato livore non solo si
estende ad impressionare i propri figli contro il morale di esso, ma
giugnere lo fanno fino a denigrarlo anche nel fisico, rappresentandolo
come un essere straordinario, un mostro di natura: non è tutto al più
che un mezzo secolo da quando l'imbecille spagnuolo, ed il truce
portoghese delineavano la figura di un Israelita a' propri figli un
animale bipede con lunga coda pendente nell'estremità delle reni. Se il
Cattolico romano poi delle nostre parti non delinea oggi l'ebreo con
tale arnese, esso tenta di ogni mezzo per avvilirlo, e renderlo il più
spregevole degli esseri umani, ciò che noi metteremo al più chiaro
giorno, con orrore, ne' Capitoli seguenti.

(56) Fino a tanto che l'uomo dovrà sempre lottare contro i perniciosi
errori di una depravata educazione di genitori fanatici, e ignoranti, o
contro le viziose lezioni di stolti, o malpratici maestri, qualunque
progetto di riforma, sia alla parte dell'Istruzione, sia relativamente a
quella del Culto, che si potrebbe presentargli, saranno affatto inutili
per esso, ed egli finirà, in ultimo, coll'esserne il bersaglio, se non
si procura, per tempo, di svellerlo al baratro di quella, e di
sostituire a queste i sublimi ammaestramenti di una sana instruttiva
educazione.

(57) Siccome niente avvi assolutamente che più sia capace di paralizzare
lo spirito umano di ciò che lo è il disprezzo che dimostrasi per esso, e
la persecuzione irrazionale che si esercita sovente contro di quello,
così fino a tanto che gli uomini dalla loro parte, divenuti meno
superstiziosi, e più illuminati, non si determinino d'accordo ad usare
coll'ebreo un trattamento più equo, più sociale, più fraterno, indarno
spereranno di vedere sostituire a' pregiudizj di questo popolo i lumi, e
le virtù necessarie per metterlo a livello delle nazioni le più colte,
le più distinte a cui esso potrebbe fondatamente aspirare, se lasciare
ei si vedesse libero il campo all'esercizio del suo Culto, ed alla
coltivazione de' suoi talenti, poich'egli è ormai riconosciuto da
infinite prove convincenti che solo da una vasta latitudine accordata
non meno all'uno, che all'altra, noi possiamo aspettare la solida
permanente Rigenerazione del Popolo d'Israel.

(58) Due sorta di prezzi relativamente all'emulazione possono
distinguersi molto efficaci ad eccitare i desideri dell'uomo; cioè, la
stima di se stesso, ed il suffragio degli altri, quella è il primo de'
beni, e l'istromento essenziale della felicità, ma il di cui valore
inestimabile non è conosciuto che dal più tenue numero, e l'emulazione
ch'essa inspira è soltanto quella de' saggi; questa ha un impero
maggiore sulla generalità degli uomini. Da questa potenza
dell'ascendente dell'opinione (come lo rimarca un dotto moderno),
risulta che l'emulazione ch'esso dà è assai più generale; che la
medesima si dilata sopra un orizzonte più vasto; ch'essa è molto più
adeguata a sviluppare detagliatamente le passioni comuni, ed insieme le
interne tendenze ordinarie dell'uomo sociale. (_Ess. sur l'Emulat. Chap.
1._)

(59) Se i genitori non possono per eglino medesimi dar a' propri figli
quella instruttiva educazione della quale abbisognano, ad esempio di
Paolo Emilio, di Crisippo, di Lefebre, e di vari altri, atteso che per
loro fatale disgrazia la massima parte di essi più de' propri figli
sarebbe in circostanza di essere educata, mentre vive in una crassa
ignoranza eziandio de' propri doveri; ma non posso d'altronde astenermi
dal condannare quale opposto alle Leggi della natura, ed oltremodo
esecrabile l'idea che da taluni, per qualche loro abominevole disegno si
reputa vantaggiosa, qual'è quello di mantenere sepolto lo spirito di un
fanciullo per otto e dieci anni ancora entro il vortice di una totale
ignoranza, e scevro interamente ancora della benchè minima superficiale
nozione di lettura, o di scrittura; indi affidare l'educazione di esso
forse per altrettanti anni alla stupida insofficienza di un ignaro
pedante dal di cui abominevole insegnamento la tradita gioventù sorte
assai peggiore di ciò ch'essa era quando vi è entrata, per che
unitamente agli assurdi che la medesima vi contrae, s'imbeve ancora di
vizj che difficilmente giugne a cancellare. E quale di questa ritrovare
si può mai cecità più deplorabile! E ben vero che il grato prezzo rende
più triviali e più comuni le cose le più rare; ma un calcolo sì
stravagante non si fa in simile caso che da uomini all'eccesso ignoranti
unicamente i quali non potendo giugnere a conoscere il grave nocumento
che apporta un simile risparmio a' propri figli, giusta l'acuta sentenza
di un dotto Inglese, cadono insieme co' medesimi nel baratro il più
orrido, e inevitabile: _Some persons employ such masters as these to
save expenses, others for want of knowing them_: ed indi conchiud'esso
giustamente: _These are blind people who suffer themselves to be led by
others, that are also blind, and all of them fall down the precipice
together_. _Johnson's Works_.

Si può egli mai fare in poche parole un ritratto più genuino, e più
veritiero dell'educazione depravata che usualmente si conferisce dalla
massima parte de' genitori de' nostri tempi?

(60) Io credo di potere con ogni fondamento assicurare dice _Montagne_
(_Ess. IV._) che di Cento individui v'ha più di novanta che sono ciò
ch'essi sono morigerati, o viziosj; inutili, o proficui al consorzio
degli uomini; dotti, o ignoranti finalmente in rapporto all'ottima, o
depravata educazione morale che hanno essi ricevuta. Se così è dunque
solo da questa unicamente dipende la discrepanza notabile rimarcata fra
i medesimi e sia ch'essa tende alla parte della virtù, o a quella della
depravazione, non dobbiamo ripeterci l'assoluta cagione solo che da noi
stessi che ne siamo gli autori. Per altro, se fosse vero, come lo
pretende alcuno, che l'organizzazione contribuisce il più a farci quasi
in intero ciò che noi siamo, non vi sarebbe certamente allora un motivo
adeguati di rimproverare a' genitori la stupidità de' propri loro figli,
nè al maestro l'ignoranza de' suoi respettivi alunni; mentre sopra quale
fondata base imputare all'istruzione il torto che ripetere unicamente
dovremmo dalla sola natura? Indotti che noi siamo per necessità ad
ammettere un si fatto principio, come negarne di proposito la
conseguenza immediata? Ma il più delle volte l'esperienza stessa
concorre a dimostrarci del tutto erroneamente, il principio, ed affatto
inverosimile la presunta deduzione.



                              Cap. VIII.

  L'Intolleranza di alcune Leggi, e la superstizione di certi popoli,
 hanno entrambe fin qui sempre delusi gli sforzi della filosofia ad un
                            tale riguardo.


È cosa ormai troppo generalmente esperimentata che l'ignoranza, e la
schiavitù sono fatte per rendere gli uomini ad un tempo medesimo
perversi, e disgraziati; siccome l'esperienza concorre parimenti a
dimostrarci, che le scienze, la ragione, e l'amplia libertà delle
Coscienze possono sole emendare i loro errori, e renderli felici. Ma
quando si troncano loro i mezzi di avanzarsi nell'una, di usare
dell'altra, di profittare dell'ultima, a che servono mai le risorse de'
talenti i più elevati, nè lo stimolo ancora il più pressante di
qualunque perspicace disposizione, sia per correggere i propri
travviamenti, sia per aspirare al solido possesso di una felicità
imperturbabile? Noi fin quì, per reiterate volte riprovammo, è vero, la
depravata educazione dell'ebreo Italiano specialmente, la sua ripugnanza
per le scienze, e la torpida pigrizia che desso apparve sempre
dimostrare per lo sviluppo delle sue proprie facoltà intellettuali; ma
dicasi di grazia francamente la genuina colpa che gli fa essere tali, è
dessa forse tutta di questi? E quando ancora l'individuo Israelita
mostrato avesse qualunque forte declivio per coltivare i suoi talenti, e
illuminare il suo spirito, i quale maniera avrebb'esso potuto
effettuarlo giammai con ottimo successo? Ogni specie di scuola di
scienze, o di arti liberali era chiusa per esso lui, qualunque
Letteraria Instituzione gli era vietata, per tutto ei non trovava che
ostacoli tenaci e ineluttabili tendenti ad abrutirlo, ed a farlo
allontanare dall'acquisto di quelle utili, e necessarie cognizioni che
ogni ente dotato di ragione ha diritto di pretendervi. E se anche
qualche ebreo dovizioso avido di fare instruire i propri figli avesse
tentato in parte superarli, provvedendosi di un abile maestro nella
propria sua casa, quanti altri disordini non gli restavano a riparare,
quanti funesti argini a vincere? O il metodo delle sue lezioni era
inesatto o esso procurava malignamente di tenere allo scuro l'infelice
scolare delle cognizioni le più urgenti ad acquisire, e le più proficue
a ritenere; o egli usava di ogni artifizio proditorio per indurlo, o
colla persuasione, o colla violenza, o coll'inganno ad abjurare la
religione de' suoi avi, ed attirarlo quindi alla sua fede (61); aveano
un bel declamare d'accordo la filosofia, e la natura contro questi abusi
tirannici, esecrabili, antisociali; essi erano frattanto autorizzati, e
protetti dalle barbare leggi che gli facevano, con violenza ovunque
valere: si sa bene, d'altronde, che il sovrano forma il popolo, e le
leggi fanno i suoi Costumi (62).

E quale meraviglia dunque se gli ebrei a' quali un barbaro destino avea
dato per patria il Piemonte, Modena, la Romagna, il Parmigiano, o
qualche altro angolo tenebroso dell'Italia, erano sì alieni dallo studio
delle scienze, si poco inerenti alla coltura dello spirito, ma tutti
dediti, al contrario, al lucro, al Commercio, e sovente forse anche
all'usura. E come potevano quelli mai non essere tali, soggetti quali
gli erano agl'infamanti statuti de' superstiziosi regnanti di Savoia,
alle condizioni antisociali della sede apostolica romana, ed alle
insensate Leggi degradanti di vari altri regoluzzi dell'Italia? Perche
mai gli ebrei, non dirò già i Francesi, gl'Inglesi, i Tedeschi, i
Prussiani, e gli Olandesi i quali hanno la felicità di vivere sotto que'
limpidi Cieli dove non alligna giammai quella densa caligine da cui
mirasi adombrato fatalmente l'orizzonte dell'Italia; ma gli ebrei
abitatori della Toscana contano fra essi anche a' nostri giorni de'
medici periti, degli abili chirurgi, degli energici poeti, degli ottimi
Letterati che inutilmente si cercherebbero fra gli altri? Ciò avviene
per che questi avevano per loro sovrano un Leopoldo il quale conoscendo
perfettamente l'intimo prezzo dell'umana ragione, e convinto che
unicamente sullo sviluppo di essa è basata la vera gloria del Regnante,
e la felicità del vassallo, ricusare non le potea i suoi diritti
qualunque ne fosse il possessore sia che si nomasse Giovanni, opure
Abramo; quando gli altri all'opposto, ignorandone il valore, o prendendo
la demenza per ragione, o la riguardando come superflua nell'ebreo,
ovvero come affatto incapace di averne, chiunque fosse alieno, o
separato dalla loro Comunione (63)//; e di ciò\\{{.}} Inoltre sotto quel
Principe Filosofo, più dedito ad accrescere di proseliti alla virtù, che
premuroso di reclutare anime per la fede (64), gli ebrei che avevano la
sorte di essergli sudditi potevano chiamarsi Cittadini, quando,
all'opposto, altro non erano che miseri abitanti tollerati sotto
l'impotente regime degli altri zelanti devoti della vergine, e nemici
accaniti del genere umano; sempre intenti ad usare di ogni mezzo che la
violenza, e l'inganno potevano fornire affine di svellere l'individuo
Israelita dalla credenza de' suoi progenitori, e da' ten[eri] amplessi
dell'innocente sua famiglia di cui esso era la guida, ed il sostegno per
farne un Catecumeno (vedi l'_annot. 61._) E quale impressione dovevano
mai fare gli esempi si funesti, e si ributtanti nell'animo de' popoli?
Questi seguitavano certamente con macchinale sommissione le infami
traccie medesime de' loro _cristianissimi_ padroni. E allora che lo
stendardo criminoso della superstizione, dell'Intolleranza, si spiegò
impunemente contro quelli sventurati che gemere si facevano sotto le
vessazioni le più crudeli, dopo di avere per infinite volte futilmente
tentato di cancellarli dalla categoria di esseri umani, per renderli
abrutiti come ci riuscirono, pur troppo in molte parti, ed in tante
guise differenti (65).

Or in seguito delle innegabili verità esposte, quale fondata risorsa,
domando, potrà dunque restare ad un orda sciagurata profuga, e dispersa
quà, e là sulla superficie della terra, senza patria, senza amici, di
cui l'industria era di continuo in lotta colle più acerrime calamitose
peripezie, la virtù screditata, cambiati i costumi, ed i talenti
sospetti (66)? E vi sarà egli ancora che osi ricercare di proposito,
perche sì alieno apparisse l'ebreo Italiano fino ad oggi allo sviluppo
delle sue proprie facoltà intellettuali, sì straniere cogli altri
popoli, e sì poco merente al fasto, ed alla gloria? Se alcuno per
accidente ve n'ha, rivolgere si potrebbe a tutte le differenti nazioni
che abitano la terra presso le quali esso ritroverebbe agevolmente la
positiva soluzione di simile problema, per tante replicate volte
agitato, e tutta via oscuro, e impercettibile per l'uomo. D'altronde,
troppo evidente, che l'intolleranza e la superstizione vi ebbero gran
parte //(67)\\ {{se non ne}} furono almeno la sola, e l'immediata
cagione (67).

Ma senza più oltre divagare col pensiere fra le ipotesi, e le
congetture, che non tutte le volte ci conducono al vero; si può in
ultimo conchiudere, col soccorso dell'esperienza, che rare volte
inganna, che lo spirito di setta, per l'ordinario, non si alimenta che
di oppressioni, e finisce coll'{{eccesso di}} esaltarsi in un trasporto
di maniaco entusiasmo, e di pericoloso fanatismo, il quale sovente gli
fa perdere infine in un istante tutti que' proseliti che lo snaturato
suo zelo attirati avea nel suo grembo in dieci secoli. In prova
convincente di questa verità io ne attesto le terribili dissenzioni
scismatiche suscitate già ne' secoli decorsi da _Nestorio_, da
_Giuliano_, da _Arrio_, da _Hus_, da _Wiclef_, da _Lutero_, da
_Calvino_, e da pochi altri denominati _apostati_ volgarmente, come in
chiari sensi ho altrove dimostrato (A), i quali benchè altro non
facessero a fondo che opporre assurdi nuovi a' vecchi assurdi, ridussero
frattanto l'intero cattolicismo quasi all'estremo periodo di una totale
irreparabile dissoluzione; questi scismi, dico, sarebbero essi mai forse
accaduti, se i fautori del cristianesimo in vece di allarmarsi contro di
essi, e le loro differenti opinioni, avessero tentato di persuadere gli
uni colla ragione, convincere le altre con quello spirito di _carità_, e
d'_indulgenza_, che sempre vollero esclusivamente attribuirsi, e che
vantano sovente fino alla nausea, //\\{{ne saprei per verità}} sopra
quale base (68)? E l'Israelismo se predominato esso pure non fosse stato
un tempo dalla smania esecrabile di persecuzione quanti scismi avrebbe
un tal popolo soffocati ancora, quante dissenzioni prevenute che
accelerarono infine la sua caduta estrema, e resero sì lungo tempo
durabile nel mondo il suo triste avvilimento, e la sua penosa
dispersione? Prescindendo da tanti scismi de' quali abbiamo diffusamente
ragionato altrove (T. 1.) suscitati nell'antica sinagoga, la moderna
potrebbe oggi annoverare un _Ben Israel_, un _Ben Eliahu_, un _Uriel
Accosta_ con tutta la vastissima Setta del Caraismo per la quale si
dichiararono, e sovra di ogni altro essa vanterebbe attualmente il
possesso di uno Spinosa che al pari de' Maimonidi, de' Chimhi, degli
Abenesdra, degli Abravanel, e de' Menasse Ben Israel avrebbe consolidato
il decoro di questo Popolo che l'ortodossa persecuzione dell'età
dell'ignoranza faceva penuriare di uomini scienziati; ma le furibonde
oppressioni degli stessi zelanti connazionali, alimentate
dall'intolleranza rabbinica fecero perdere a quella nazione, unitamente
a tanti celebri Letterati, il più insigne filosofo che avesse potuto
giammai forse vantare dal secolo dell'Egregio _Rambam_ fino al presente.

Dal che può illativamente dedursi quanto l'intolleranza resti delusa
nelle insensate mire che si prefigge, e come avvenga ch'ella stessa
inghiotta la massima parte della sua letale preparazione, poichè
l'insana fierezza che la trascina ciecamente a violentare le opinioni
degli uomini per renderli fautori del suo partito, gli allontana
intieramente, non solo, ma gli trasforma sovente in atei, e gli fa
presso che sempre miscredenti alla rinfusa di tutto, cioè, non meno di
quello che abominare si dovrebbe, come pregiudicevole, o assurdo, che di
ciò che ammettere ci è duopo come necessario, e salutare (69); nè dee
recarci stupore che di tanto sia capace quell'orrida produzione
dell'umana demenza, se ci faremo a riflettere anche di slancio che le
opinioni fra gli uomini tanto più divengono forti, e dilatate, quanto
sono più tenaci le persecuzioni che si esercitano per costringerli a
rinunziarvi. Quale infame vittoria! Quali odiosi trofei (70)!

Ma se la religione (mi si permetta d'interrogarvi entrambi) come
ciascuno di voi con tutta forza insiste, e come il filosofo stesso ne
conviene di buon grado, non fu accordata agli uomini che ad oggetto solo
di riunirli, donde dunque procede che dalla Religione medesima, veggiamo
sorgere appunto quelle acerrime dissenzioni, e que' furibondi partiti
che inaspriscono i cuori, che abrutiscono l'uomo, rendendolo sì sovente
il manigoldo crudele del proprio suo simile, ed eternizzano fra i popoli
lo spirito irascibili di astio, e di vendetta inconciliabili (71)?
Inoltre oserei anche soggiugnere ammettendo, come dobbiamo, che una si
fatta religione sia un dono assoluto dell'Autore della natura, per che
dunque violentare uno straniere adottarla, mentre tale per se medesima
essendo, impossibile gli riesce di sentirne la possanza, di apprezzarne
l'intimo valore, di gustarne i vantaggi, senza l'immediata predilezione
del donatore? A quale oggetto dunque sempre turbolenti e inquieti
empiere il mondo di furori, e di eccessi per tormentare chi non vi
nuoce, e per erigere l'edifizio di una setta sulle calamità di un altra,
che se della vostra il caso la renderà forse più debole per ispignervi
ella sarà senza dubbio, più forte per l'attaccamento a' suoi principj,
per commiserarvi, e per soffrire con decisa inalterabile fermezza le
vostre ingiurie? _Non est religionis cogere religionem, quæ sponte
suscipit debet, non vi_: scrivea Tertulliano a Scapola governatore di
Africa, il quale ferocemente perseguitava i Cristiani (72).

E quante altre ricerche di tale fatta non si potrebbero qui avanzare ad
un simile proposito in eterna confusione de' perturbatori delle
coscienze, e delle religiose opinioni? Se io mi proponessi di
abbandonare il soggetto interessante di cui mi occupo attualmente ed in
sua vece mi prefiggessi di rediggere quì l'Istoria spaventevole delle
tante inumane persecuzioni che lo zelo irrazionale di un apparente
religione ha fatto in ogni secolo suscitare nelle quattro parti
dell'universo, vi si vedrebbe ora gli uni, ora gli altri, quando
superbi, e quando vili, ma sempre feroci per sostenere la propria causa,
perseguitati, e persecutori alternativamente (73): tanti filosofi
distinti aveano un bel declamare contro questa massima detestabile, ad
ogni riguardo, che fa fremere la natura; essi non erano ascoltati, e
frattanto il cruento furore di persecuzione profondevasi ovunque,
divenuto già era l'arbitro dominatore della terra, al di cui cenno solo
illaqueato restava il cuore di ogni mortale; l'uso sterminatore infine,
s'introdusse così generalmente in sistema, sul quale tutte le nazioni
pretesero in seguito fondare i loro particolari diritti di dovere non
solo sterminare i così detti da quelli apostati, cioè gli uomini che
conoscono l'intima estimazione della ragione e che ne sono guidati, ma
quelli altresì che osavano giustificarli, o che tentavano di
risparmiarli alla falce crudele de' devoti che ne erano in agguato per
mietere la preda, e quindi a braccio armato distruggersi l'una l'altra
mutuamente senza idea di pietà, nè di riserva (74).

Mi si condoni, di grazia, una soverchia digressione, che la verità, e la
giustizia mi eccitarono quì a dovere fare in loro tributo, onde rendere
meglio contestato il grave torto che ad esse fanno sconsigliatamente i
popoli della terra aggravando gli ebrei di que' difetti de' quali la
minima colpa forse è la loro, altro questi non essendo realmente che
l'opera dell'Intolleranza, e del fanatismo, che tutti gli spiega, e gli
comprende: _nous avons le pouvoir en mains_, dice l'eloquente
_Mirabeau_, _nous l'avons toujours eu, c'etait donc, & c'est encore à
nous à guerir le Juif de ses préjujés, qui sont notre ouvrage, en nous
dégouillant des nôtres_ (_Reflex. Polit. des Juifs. p. 71._). verità che
infiniti esempi concorrono a provarci d'accordo, e che io propongo di
rendere con evidenza più sensibile dimostrata ne' capitoli che debbono
immediatamente seguitare.

(61) //Fra le tante pratiche detestabili conosciute e autorizzate ne'
secoli di barbarie, e d'ignoranza dal Cattolico romano specialmente
sotto il Cielo dell'Italia, una si era quella di abilitare qualunque
siasi persona di questa Setta a conferire a' non cattolici l'immersione
batezzimale fin anche a' bambini entro la Culla. Infatti quante volte si
vide in questa _cristianissima_ regione i più oscuri individui dell'uno,
ed altro sesso della feccia del popolo, ed anche i più ignoranti non
solo, ma i più infami, e lordati di esecrabili delitti introdursi
furtivamente nelle case degli ebrei con un ampollina di acqua mistica
preparata per tale oggetto, e quindi battezzarvi a nome della Trinità i
bambini anche nelle fascie: avevano un bel declamare Giovanni, Bernardo,
Tertulliano, Lattanzio, ed il Gesuita Mariana, che _Nihil tam est
voluntarium quam religionem profiteri in qua, si animus adversus est,
jam sublata, jam nulla est_: volendo con ciò tutti d'accordo
probabilmente inferire che la violenza forma i falsi devoti, non i veri
credenti. Ma frattanto le pie istituzioni cristiane autorizzavano senza
riserva si fatte violenze brutali, di cui cercherebbero invano le tracce
presso que' popoli ancora che l'Istoria ci rappresenta i più feroci, ed
i più insensati.\\

(62) //Non v'ha che l'Istoria la quale possa dare a questo sentimento il
grado di certezza che gli conviene; essa ci dimostra in mille foggie
come il destino delle nazioni dal solo Carattere omogeneo del sovrano
che le governa unicamente dipende, nella guisa che i costumi delle
medesime saranno sempre ciò che vogliono le leggi alle quali sono quelle
sottommesse. Perche mai i popoli della Spagna, e del Portogallo furono
sempre, e si conservano tuttavia sì feroci, sì fanatici, e ignoranti?
Ciò è per che tali erano appunto coloro da' quali erano essi quattr'anni
avanti governati, e per che lo spirito delle loro antiche Leggi non era
in massima rivolto che a confermarli viemaggiormente nello stato
deplorabile medesimo in cui oggi si scorgono. Perche mai gl'Inglesi, ed
i francesi sono attualmente le due nazioni le più civilizzate, e le più
colte dell'universo? Quest'è per che i primi sono diretti da Leggi le
quali non inspirano che lumi, tolleranza, e disinganno, e perchè gli
altri sono felicemente governati da un monarca filosofo, che sarà sempre
mai il modello de' Regnanti della terra, ed il più prezioso monumento
de' secoli avvenire.\\

(63) Questo è un difetto che da uomo illuminato non può assolutamente
compatirsi agl'Italiani senza indignazione; quando loro si parla di
alcuni uomini scienziati, i quali si sono distinti superiormente in
qualche ramo di coltura nell'una, od altra Città di Europa, essi non
esitano tosto di ricercare se sono buoni apostolici romani, se sono pii,
e zelanti ortodossi; ma se per avventura loro si dice, che questi sono
Giansenisti, Riformati, arabi, o ebrei, allora presso di essi _Le Clerk_
passa per uno stupido, _Bayle_ un forsennato, _Elvezio_ un mentitore,
_Averoe_ un visionario, e il rabbino _Leon di Modena_ un ignorante; la
loro fantasia sovvertita dall'illusione dal fanatismo gli trascina
miseramente fino all'eccesso deplorabile di opinare che non solo non
debbasi essere dotti, ed instruiti di sorte alcuna, non appartenendo
alla loro setta, ma che non si possa avere senso comune da quando uno è
straniere a' loro dogmi, e separato dalla loro Comunione. Quale orribile
infamia!

(64) Tutta la Casa Medici di Toscana che precedette di circa mezzo
secolo nella sovranità di quel Ducato Leopoldo di cui parliamo, non
occupavasi di altro che di fare carpire de' bambini ebrei per
battezzarli, ed in mancanza di questi essa non lasciava mezzo intentato,
affine di attirare al medesimo partito non solo gli adulti, ed i
provetti, ma ancora i più spregevoli individui di questa nazione i quali
scevri affatto sovente di ogni mezzo di risorsa adescati dalle
moltiplici lusinghe, promesse di lucro d'impieghi, o di onori che loro
non mancavano di far sedotti da qualche tenue moneta che aveasi
l'accortezza di offrire loro anticipatamente, cadevano finalmente a
ricevere l'immersione battezimale: ma siccome non conosceva questa per
base, che lo stimolo pressante del bisogno, o l'eccesso della
disperazione, ovvero la remota speranza di un vantaggio futuro, così
cessato il primo, instigata la seconda, e svanita la fiducia
nell'ultimo, essi vi rinunziavano interamente, riassumendo il pubblico
esercizio della loro credenza natia. E gl'innumerabili catecumeni che lo
zelo fanatico di Ferdinando di Parma ha reclutati così p[ure] per la
gregge apostolica romana non ebbero {{certamente}} un successo migliore.

(65) Prescindendo dal tirannico Decreto con cui il Re Sigebut obbligò
gli ebrei domiciliati in Ispagna a farsi Cristiani sotto pena d'uscire
dallo stato (_Isid. Hispalens_ Chron _pag. 396. 402. Concil. Tolet. IV.
Can. 37. Quæst. 1._); e dall'altro non meno spietato di Dagobert 1. il
quale risolvette di estirpare il Giudaismo dalla Francia, e comandò con
{{pubblico}} editto che gli ebrei venissero battezzati, in difetto
banditi con pena di morte, se {{più}} rientravano nel paese, e da tanti
altri feroci Decreti simili, che non attentavano a meno che a
distruggere onninamente dalla Categoria de' viventi il nome d'Israel,
leggasi il Cap. IX. susseguente con tutte le annotazioni che vi si
contengono e noi avremo sufficienti motivi di raccapricciare
osservandoci a quale eccesso la barbarie degli uomini si lascia
trucemente trasportare a tale riguardo.

(66) Non abbiamo che richiamare tutto ciò che a questo riguardo fu già
da noi di proposito ragionato nella nostra Introduzione Preliminare per
restarne quanto è duopo ampliamente convinti che gli ebrei in generale
avranno in ogni epoca, e per tutto una giustificazione valida, e molto
bene fondata della loro Condotta infaccia della società, in quella delle
Leggi alle quali sono i medesimi soggetti, e nelle moltiplici barbare
maniere differenti di procedere verso di loro di que' popoli fra i quali
essi vivono.

(67) L'Intolleranza non va quasi mai disgiunta dalla superstizione;
l'una forma la base della tirannia, l'alimento dell'altra è l'ignoranza;
queste sono entrambe fra d'esse concordi, e inseparabili, per cospirare
insieme la depravazione de' popoli, e lo sterminio della specie umana.
Il popolo ebreo ha per lungo tempo risentiti sopra la terra gli orrori
dell'una, e le calamità dell'altra; lo spirito persecutore che deriva da
questa, non si vide mai allignare presso un popolo umano, colto, e
sviluppato; siccome i sentimenti feroci che inspirati vengono da quella
non furono mai l'appannaggio d'un monarca giusto, e illuminato. Federigo
Secondo era filosofo, e per ciò il più tollerante de' sovrani: gli
Spagnuoli, e i Portoghesi sono superstiziosi, e ignoranti e quindi
nemici persecutori inesorabili di tutti coloro che non pensano com'essi,
e per conseguenza i più intolleranti di tutti i popoli. In Prussia, in
Batavia la prosapia d'Israel ritrovò protezioni, umanità, giustizia: in
Ispagna, e in Portogallo, roghi, confische, proscrizioni, massacri. Io
lascio a' sensati fautori della ragione il trarre le giuste induzioni da
sì odioso confronto.

(A) ved. L. _annot. 88._ dl _T. II._ delle _Not. Campe._

(68) La Religione degli ebrei Talmudisti de' nostri tempi è appunto ciò
che era la Cattolica nel suo nascere. Allorchè i Cristiani erano in
ristretto numero, ignoranti, poveri, e soggetti agli stati stranieri,
non parlavano che d'umiltà, e di pazienza, non ispiravano che la
tolleranza, ed il candore; ma dal momento che il loro numero si
accrebbe, essi predicarono ferocemente ovunque l'intolleranza, divennero
sanguinarj, ambiziosi, e inesorabili, come diverebbero precisamente gli
ebrei, se ne avessero il necessario potere per eseguirlo: chi potrebbe
in simile caso trattenere il loro accanito furore, e la loro religiosa
intolleranza? Se gli ebrei potessero fare risorgere dalle tombe i loro
_unti teocratici_ antichi di quali eccessi religiosi non sarebbero essi
mai capaci, specialmente contro i loro stessi connazionali, se alcuno
fra questi vi fosse il quale dotato di lumi sufficienti tentasse di
svellerli all'inganno e di rischiarare la loro abbacinata ragione? Si
vedrebbero a mano armata combattere tutto ciò che potesse fare contrasto
a' venefici progressi della loro superstizione nel modo appunto che i
cattolici fecero al primo cambiamento propizio di loro Crise, allorchè
col ferro, e coll'intrigo tentarono la distruzione universale del
Paganesimo, e costrinsero i frisoni, i sassoni e quasi tutto il nord ad
abbracciare il loro vangelo quindi allora si vedrebbe l'ipocrito zelo di
taluni farisei moderni rinnovare sopra la terra que' feroci supplizi
medesimi già in uso presso gli antichi contro di coloro ch'essi
distinguevano coll'odioso attributo di (_Kofferim_) _eretici_. In una
parola finalmente se i cristiani, solea dire _Belarmino_, non
detronizzarono i _Neroni_, i _Diocleziani_, e tanti altri simili
Principi che non favoreggiavano troppo lo stabilimento della loro setta,
non è già per che non ne fossero avidamente disposti, ma per la sola
cagione della deficenza di forze opportune ad effettuarlo; quindi
l'esperienza ci contesta in mille incontri, che non hanno i medesimi
esitato lungamente a farne uso da quando essi hanno potuto.

(69) L'esempio percuotente dello stesso Spinosa n'è una prova certa, e
irrefragabile; questo filosofo ebreo mentre vivea fra i di lui
connazionali in Amsterdam sua patria ebbe a lottare colle più barbare
vessazioni per parte de' medesimi, per che la mente peregrina di questo
genio sublime non potea contenersi dal reprimere gl'innumerabili abusi
riguardati da essi come sacri, e le tante superstizioni delle quali
mirava orribilmente aggravata la credenza della posterità di Jacob; ma
in ricompensa del suo filantropo zelo dopo di farsi una sera sentito
vibrare di repente intorno d'esso un fiero colpo di coltello, che
l'accidente resi fallito al braccio proditorio del devoto Aggressore, si
vide scomunicato juridicamente dal Rabbino _Abuab_, capo della sinagoga
di Amsterdam, senza speranza di riconciliazione ed ecco infatti la vera,
e sola cagione che fare determinare Spinosa a rinunziare al giudaismo,
bench'ei non si determinasse per niun altra setta, ma bensì contro tutte
(_vie de Spin._ par _Coler._ _p. 21. e seg._)

(70) Si vuole che una fazione qualunque prenda radicalmente possanza, e
vigore fra gli uomini? Non v'ha, per riuscirvi, altro mezzo che
perseguitarla. Senza i massacri della S. Bartolomeo, e de' vespri
Siciliani le riforme di Lutero, e di Calvino conterebbero a' nostri
giorni pochi proseliti nel mondo; e gli scritti di Voltaire, di Elvezio,
di Montesquieu, e di tanti altri, avrebbero trovati uno scarso numero di
acquirenti, sarebbero stati letti da pochi, se non fossero stati
proibiti, condannati e abbruciati da tribunali, da parlamenti, da
Inquisizioni. Tale è il destino delle cose umane; la privazione fomenta
il desiderio, siccome la pienezza genera l'indifferenza, e sovente
l'avversione. Questo non è già il solo de' mali che le prosecuzioni
cagionano alla specie umana; esse producono sempre, o l'ipocrisia o il
fanatismo, o per meglio dire l'uno, e l'altro nel tempo medesimo: come
l'uomo sarebb'esso mai in sicurezza, circondato da tali orribili mostri?
Oltre a ciò essa porta la tristezza ne' Cuori la quale si converte
poscia in una malincolia epidemica; malattia più pericolosa in un clima
che in un altro ma che lo è per tutto. Alcuna specie di persecuzione non
irrita questo male come la persecuzione religiosa che lo fa degenerare
in mania, e in fanatismo, per che nè la miseria, nè l'oscurità, nè la
virtù nè i talenti possono garantirci da si fatta persecuzione, e le
Leggi, (come lo riflette dottamente _Montesquieu_) il rifugio
dell'innocenza sono ciò che l'innocenza ha sovente il più da temere: _Il
n'y a point de plus cruelle tirannie que celle que l'on exerce à l'ombre
des Lois, & avec les couleurs de la Justice, lorsqu'on va, pour ainsi
dire, noyer des malheureux sur la planche même sur la quelle ils
s’étaient sauvés._ _Montesq. Grand des Rom. Chap. 14._)

(71) Se i popoli della terra si fossero consecrati per tempo con un
animo integro alla ricerca della pura, e vera religione per esercitarla
qual essa è, questa avrebbe in ogni tempo formata la loro più sicura, e
perenne felicità; ma indifferenti per il loro proprio giovamento: essi
hanno d'accordo follemente supposto di ritrovarlo nella pratica delle
più insensate superstizioni, che ne rappresentarono il carattere, e
tenere ne fecero le veci, e la condizione dell'uomo frattanto si si rese
così di giorno in giorno peggiore _on peut dire_ (ci lasciò scritto un
pensatore illustre) _que le genre humain s'est fait plus de maux par sa
superstition, que tous les déluges, & tous les embrassemens de la terre
n'ont été capable de lui en faire_; questa è una verità che l'esperienza
ci dimostra pur troppo ad ogn'istante; la natura si è riparata, ma lo
spirito umano non lo è mai stato, per ch'esso ha da se medesimo
alimentata una piaga della quale ha renduta la guarigione incurabile.

(72) Ben lungi, dice _Lattanzio_, dal marcare i riguardi che sono dovuti
alla religione con uno zelo snaturato con cui si è per tante volte
ferocemente tentato di costringere alcuno ad abbracciare la credenza di
un altro popolo, non si fa che trasgredirla, imbrattarla, e disonorarla
enormemente: _si sanguine, si tormentis, si malo religionem deffendere
velis, jam non deffendetur illa, sed polluetur, & violabitur._ _Latt.
Lib. X. Justit. C. 20._ E presso di noi si vide per tante volte porre in
sistema la violenza, la crudeltà, e l'inganno, come fu già da noi
diffusamente rimarcato, per accrescere de' proseliti a quella medesima
comunione, di cui lo stesso Lattanzio sforzavasi di correggere le
massime, e i costumi.

(73) Non avvi devoto il quale seguendo il suo detestabile temperamento o
non abomini, o non oltraggi, o non riguardi con occhio d'insultante
commiserazione i fautori d'una setta differente dalla sua. La Religione
così detta _dominante_ (la quale non è infatti che quella del sovrano, e
delle armate) quante volte ne' secoli barbari specialmente, ha fatto
ella sentire la di lei assoluta superiorità di un modo non meno crudele
che ingiurioso alle sette più avvilite, e le più deboli? Ed oggi ancora
ogni nazione, qualunque popolo della terra, non si reputa esso il solo
amico, il solo protetto, e favorito del Dio dell'universo ad esclusione
di tutti gli altri? E per fare valere questo preteso favore, si
allarmano ferocemente tutti d'accordo; perseguitano, e sono
perseguitati; il Cattolico romano inferisce trucemente contro tutti
coloro che tali non lo sono, mentre che questi è sotto il Cielo
musulmano oppresso, e trattato da giumento, la stessa sorte può
aspettarsi un calvinista in Roma, siccome di un papista in paese
protestante.

(74) Ciò che dee sembrare molto straordinario si è riconoscere per
isperienza che queste orribili scene non si videro suscitare giammai fra
i filosofi, che il mondo volgarmente denomina _Deisti_; ma esse si
mirano altresì rinnovare bene di frequente fra coloro che baldanzosi
arrogansi l'esimio attributo di veri credenti per eccellenza: Ma quale
diversità enorme fra la truce maniera di credere degli uni, ed il sacro
ponderato sistema di osservanza degli altri! un filosofo è quello che
dice a Dio: io vi adoro, io seguito la vostra volontà eterna, e che non
cessa di ripetere al Russo, al Chinese, al musulmano: io vi amo come
esseri simili a me: un settario poi è quello che crede non potere
altrimenti servire l'Essere Supremo, e adorarlo che massacrando i suoi
simili, e che arrogante dice ad un altr'uomo, o pensa come io penso, o
che io ti uccido. Da questa rimarcabile opposizione di sentimenti
agevole ci riuscirà il decidere quale di entrambi questi individui sia
il più pernicioso alla società, il più degno dell'abominio e
dell'esecrazione universale.



                               Cap. IX.

 L'Avvilimento a cui soggiacque il Popolo d'Israel per tanti secoli nel
    mondo non deesi ripetere che da due sole cagioni: 1º. dalla sua
  soverchia compiacenza //\\nella di lui cattività: 2º. dalle ingiuste
Leggi che l'opprimevano in mille guise differenti, affine di prendere un
                   barbaro pretesto di depravarlo.


_Deux obstacles_ (dice un erudito anonimo) _presqu'également invincibles
s'opposent au bonheur de l'homme; son ignorance qui le place où il n'est
pas; sa faiblesse qui l'empêche de l'aller trouver où il est._

Infatti non è egli appunto questo lo stato dell'Israelita gemente sotto
la soma aggravante de' pregiudizj suoi, e de' suoi ceppi, non li
abbraccia esso entrambi? Lo spirito del giudaismo infetto miseramente da
fantasmi spaventevoli, e diretto da uomini interessati a perpetuare la
sua ignoranza, le sue debolezze, i suoi timori, come in tale infelice
situazione avrebb'egli giammai potuto fare qualche progresso, come
aspirare, con fondamento, a divenire più saggio, più libero e migliore?
Costretto a vegetare nella sua stupidità primitiva di cui lo stesso
David, e i Profeti lo rimproverano sovente; //quale meraviglia,\\ quale
meraviglia, se l'ebreo fu, e restò sempre un fanciullo senza esperienza,
uno schiavo senza coraggio, uno stupido che paventa di contrarre
l'abitudine del raziocinio, e che sottrarsi giammai egli non seppe
dall'orrido labirinto in cui lo avevano fatto smarrire gl'ingannati suoi
predecessori? Egli è creduto astretto a gemere in perpetuo sotto il
giogo ferale de' suoi Talmudisti che per altro canale ei non conobbe che
per l'influenza de' suoi rabbini; questi dopo averlo, per così dire,
manettato co' lacci indissolubili dell'opinione si sono renduti i suoi
arbitri dominatori, che fecero in seguito, quale automata macchinale,
gestire, risolvere, e pensare a loro capriccio. Quindi è che l'ebreo
miseramente infatuato delle più bizzarre opinioni, più non riconobbe se
stesso, dubitò delle sue proprie facoltà intellettuali, si diffidò
dell'esperienza, paventò la verità, sdegnò la sua ragione, e l'abbandonò
per seguire ciecamente le visioni tradizionali da esso lui riguardate
come altrettante intenzioni discese prodigiosamente dalle impenetrabili
regioni della Divinità. In tale guisa dunque l'ebreo condotto sempre da
schiavo delle stravaganti opinioni altrui, non dee recare dunque
sorpresa se in ogni tempo, e ovunque desso ne portò sempre i vizi, ed il
Carattere. Ecco propriamente la vera, e l'unica sorgente fatale della
prima causa assegnata all'avvilimento, ed alla corruzione de' Costumi
del popolo d'Israel (75).

Or tutto cospirando pertinacemente fino ad ora a rendere l'individuo
Israelita sempre più indifferente nella sua cecità, a perpetuare il suo
infortunio, ed a confermarlo nel tumulto de' suoi propri smarrimenti,
illuso da' suoi rabbini, pervertito da' suoi simili, soggiogato dalle
infamanti catene dell'Intolleranza de' suoi tiranni, come mai la
depravazione de' suoi costumi potea non essere la conseguenza immediata,
fino a rendere le sue laceranti calamità ognora più abituali, e quasi
ancora necessarie, e indispensabili (76)?

E dunque così che a tale orribile stato ridotto in vece di condurre lo
sguardo sulle cause naturali, e visibili della proprie sue miserie,
questo popolo attribuiva unicamente il loro concorso alla conseguenza
immediata della sua Cattività, esso offriva al Cielo i fervidi suoi voti
per impetrarne l'estremo termine senza potere accorgersi giammai, che
quelli non erano realmente dovuti che alla sua propria smodata
credulità, alla superstizione de' suoi venerati conduttori, alla alla
follia di una gran parte delle sue instituzioni, alla stravaganza de'
suoi usi, agl'insensati prestigj de' quali era ogn'individuo Israelita
radicalmente imbevuto fino dalle fascie, alla confidenza cieca ch'essa
riponeva interamente ne' prodigj, tutto aspettando da' medesimi colla
massima freddezza, anche in mezzo a più pronti, e rovinosi pericoli, e
nulla dalle sue facoltà, dal suo valore che reputava un delitto
d'averne, o dalle sue cognizioni, e da' suoi lumi, che non curavasi mai
di acquistare (77). Se l'ebreo avesse riempito di buon ora lo spirito di
vere, giuste, e metodiche idee; se cultivata si avesse per tempo la sua
ragione, se foss'egli stato diretto da uomini interessati di stirpare i
suoi pregiudizj, e d'illuminarlo, esso gionto sarebbe omai a conoscere
la cagione primaria de' suoi mali senza avere avuto bisogno d'opporre al
torrente de' medesimi la barriera impotente della sua cattività. Chi non
riconoscerebbe da tutto ciò la causa positiva, e incontrastabile
dell'avvilimento d'Israel, nel modo che aggiugnendo que' barbari
trattamenti che alcune spietate leggi facevano esercitare contro d'esso
in tutto il mondo, chi non rileverebbe gli altri genuini motivi della
triste degradazione alla quale il medesimo soggiacque dopo una sì lunga,
ed una sì complicata rivoluzione di secoli? Per quante parti, non si è
da quelle tentato mille volte di combatterlo, di umiliarlo, se non di
sradicare onninamente dalla terra finanche il nome, e la reminiscenza di
questo popolo? Vi fu egli mai strage, o tormento di cui fatta ei non ne
fosse la vittima, delitto di cui non foss'egli imputato, o disonoranti
mancanze che non gli venissero malignamente attribuite (78)?
Prescindendo dalle feroci costituzioni alle quali resero gli ebrei
soggetti la Spagna, e il Portogallo, ed i terribili roghi che la truce
Inquisizione di tali stati avea eretti per distruggerli senza
commiserazione, senza ritegno, le tiranniche leggi de' Visigoti non
tendevano esse parimenti allo sterminio universale di questo popolo ed
all'annientamento radicale della sua religione, nella guisa medesima che
quella di tanti stati altri avevano per solo scopo di ridurlo agli
estremi della miseria ed alla più spregevole abbiezione (79).

Che diremo noi di quelle Leggi, non saprei se dettate da mente umana,
oppure se da spirito diabolico create, le quali garantivano l'assoluta
impunità a chiunque si fosse fatto l'assassino, o l'aggressore d'un
ebreo (80)? Sono questi forse i principj salutari che insinua la Legge
di grazia? Per quanto a me sia noto, G. Cristo non gli ha mai
consecrati; si ha un bel ripeterci che _Ecclesia nescit sanguinem_,
mentre oltre che tutto ciò resta smentito da infiniti monumenti che ci
fanno raccapricciare[;] non è ella in ogni senso un illusione
condannabile di sostenere, che la chiesa non ha temperato per tante
volte le proprie sue mani nel sangue di coloro specialmente che ne erano
separati (81), quando essa fece armare in mille incontri il braccio
secolare per la severa punizione di coloro che avea già essa crudelmente
condannati (82)? E allora quando questi fieri tormenti non so per quale
rara sconosciuta clemenza loro erano risparmiati, non si faceva supplire
la lingua nelle pubbliche tribune? E là che colle diatribe le più
mordaci e co' più insultanti sermoni udivasi rappresentare l'ebreo, come
la più spregevole delle creature terrigene, degna del vilipendio
universale, astrignendolo ancora ad intervenirvi con sua stessa
presenza, udire freddamente, acquiescerle, e confermarle (83): è la che
l'eco tramandava la massima perniciosa, e antisociale del Vescovo
d'Hippona, che spoliare si debbono gli eretici de' loro beni, giacchè
tutto ciò ch'essi hanno non non è che illegittimamente posseduto. È
sopra que' pergami finalmente dove miravasi Crisostomo spignere ad un
eccesso tale il suo livore contro la sinagoga ebrea, fino a proferire
che desse erano case di dissolutezze, altrettanti ricetti di bestie
feroci, e il domicilio de' demonj (_Chrysost. Adv. Jud. Homel. 1. pag.
391. Homel. 3. p. 439_). È questi forse il linguaggio edificante che dee
tenere un Dottore della Chiesa, un pastore de' popoli? Quale forsennato
potrebbe mai agitare un proposito di questo più stravagante, nè più
insano?

In seguito di un quadro sì affliggente vi sarà egli chi ricerchi la
seconda cagione dell'avvilimento d'Israel, ovvero chi si sorprenda di
vedere questo popolo persistere tutta via negli stessi travviamenti di
spirito de' secoli barbari decorsi? E come avrebbe potuto mai non
discendere l'ebreo alla più umiliante prostituzione, come poteva esso
mai non dedicarsi al lucro anche illecito qualche volta, ed all'usura,
s'era comunque considerato come non suscettibile di morale nè di virtù,
se per tutto eragli interdetto qualunque mezzo d'onesta sussistenza?
Ridotto sempre ad errare quale forsennato da una in altra provincia,
ovvero a battere l'uno, e l'altro mare ad oggetto di procacciarsela;
riguardato per tutto incapace di possedere de' beni stabili, e di fruire
di qualunque siasi pubblico impiego; esso era necessariamente costretto
a disperdersi, profugo, e ramingo da regione in regione, da uno in altro
Cielo, senza potere fissare giammai in alcun paese un domicilio
permanente per mancanza di potere, di lumi e d'appoggio; fu allora che
l'arte del Commercio da qualche tempo negligentata, e vilipesa dalla
massima parte dell'Europa, divenne per gli ebrei la più fondata, la più
opima, e l'unica risorsa, ne' tempi specialmente in cui a tutt'altro
pensavasi fuori che al Commercio ed essendo questi allora i soli a
professarlo, essi si arricchirono considerabilmente senza gran pena; ed
ecco il momento in cui l'invidia spiegò il suo recondito veleno contro
questi sventurati, trattandoli da usuraj, da truffatori, da infami,
senza considerare i moltiplici vantaggi rimarcabili ch'essi avevano
procurati alle nazioni le quali avessero inclinato ad imitarli
nell'esercizio di un arte sì onorifica, e sì lucrosa (84). I sovrani di
que' barbari tempi non osando frugare nelle casse de' propri loro
sudditi, sia che trattenuti venissero dal timore di allarmarli, o
disgustarli, sia che arrestati fossero da qualche altro disegno,
riserbato solo ad essi, non esitarono di mettere alla tortura gli ebrei
ch'essi non riguardavano nè come sudditi, nè come Cittadini, or senza
inoltrare di soverchia le nostre opprimenti ricerche ad un tale
riguardo, è da credersi di proposito, che ciò che professarono gli ebrei
nell'Inghilterra può somministrarci un idea presso che certa delle
crudeli vessazioni che i medesimi provarono in altri stati (85):
aggiungasi a tutto ciò gli stravaganti pregiudizj che concorsero per
infinite volte nel mondo, colle Leggi atroci da noi testè riportate,
tutte in massima tendenti a vieppiù aggravare la loro sorte, ed invece
di recarci stupore l'avvilimento, e la desolazione del popolo ebreo,
dovremo a più fondata ragione meravigliarci, come possa esistere ancora
in sembianza umana un solo individuo di questo sventurato lignaggio
sulla superficie della terra (86). _Voltaire_ ha rimarcato più volte
sensatamente che l'espulsione fatta si sovente degli ebrei da quasi
tutti gli stati del mondo, non è servito che a maggiormente diramarli
per tutte le Città, e le province dell'universo.

Tale è, senza ombra di dubbio, la vera, o piuttosto l'unica sorgente
dell'umiliazione degradante del Popolo d'Israel, e della depravazione
generale de' suoi costumi: ma siccome non meno l'una che l'altra non è
che (nella guisa che fu da noi testè chiaramente dimostrato) l'opera o
delle tiranniche insensate Leggi alle quali fu quel popolo molte volte
soggetto, o del fanatismo brutale di certe nazioni fra le quali ei
visse; così dalle prime sole dipende arrestarne il progresso fatale
dell'una, riducendole più eque, più filosofiche, più sagge, identiche a
quelle che servono di norma, di freno, e di sostegno agli altri sudditi
dello stato, nella guisa medesima che alle ultime concerne unicamente il
sanare l'ebreo dalla corruzione del suo spirito, spoliandosi elleno le
prime di quegl'insani pregiudizj da' quali sono esse medesime
orribilmente predominate; tanto è questa una verità senza eccezione,
quanto che noi ci disponghiamo a renderla più evidentemente dimostrata
cogli esempi memorabili di tanti uomini celebri che si fecero sempre
distinguere in ogni ramo di coltura fra gli ebrei per tutto dove le
Leggi provvide, ed umane loro accordarono una patria, e considerati
furono da' popoli come Cittadini capaci di meritarla ad ogni riguardo,
non meno per zelo, che per talenti e per saggi Costumi.

(75) Non si può negare che la misera condizione a cui si vide soggetta
la Nazione d'Israel da tanti secoli fino ad ora, non fosse tale per ogni
ragione, da ridurla a quello stato di avvilimento dove soggiacque in
tante guise differenti, e ovunque; ma ciò che ha molto contribuito a
renderla sempre peggiore, si è lo stravagante sentimento che ha questo
popolo in //sempre\\ {{ogni tempo}} nutrito, di riguardare le sue
sofferenze come un tributo espiatorio in alleviamento di tutte quelle
peripezie che la tradizione lo minaccia di dovere necessariamente
soffrire, fino all'epoca memorabile da esso lui attesa colla più
sommessa rassegnazione, nella quale per la via di segnalati prodigj esso
confida di vedere finalmente trasformare la sua sorte, e porre l'estremo
termine alle sue Calamitose peripezie, ed alle sue pene.

(76) Un certo Rabbino fanatico, e visionario, capo di piccola Comunità
di ebrei d'uno de' paesi del Piemonte dopo alcuni anni di servizio in
tale qualità fece un giorno convocare i capi rappresentanti questo
Corpo, ad oggetto di domandare loro il congedo, aducendo per motivo che
i suoi principj religiosi non gli permettevano di abitare più a lungo in
un paese dove l'individuo Israelita fosse risparmiato dal גלות (galuth),
cioè _cattività_, o persecuzione di altri Cittadini, rendendosi questa
come necessaria, ed essenziale allo stato di esilio in cui ritrovasi
questo popolo dal di lui vetusto suolo di promissione, e che sifatto
galuth venivagli a mancare in quel paese soggetto alle sozze
intolleranti Leggi della Francia. Quell'infelice gregge che soddisfatto
mostravasi del servizio di simile pastore, e di cui avrebbe troppo
rincresciuta la perdita, non seppe ritrovare altro mezzo per
distoglierlo da sì strana risoluzione, che eccitare un incirconciso
devoto, e folle al pari di esso, a proferire contro del medesimo delle
ingiurie e delle villanie fino a farlo vergognosamente fuggire, e
ritrarsi nel recinto della sua nazione. Ciò che essendo stato dal
medesimo eseguito l'accennato rabbino se ne ritornò contento in grembo
a' suoi, i quali lo posseggono anche attualmente a sì vilissimo prezzo.
Si può spignere più oltre l'imbecillità, e il delirio umano!

(77) Un popolo, dice sensatamente Mably, sarebbe per ogni parte
soggiogato da quando esso più non cura di difendersi contro gli
stranieri che vengono ad attaccarlo fino entro i suoi propri recinti,
come seguì appunto al popolo ebreo il quale assalito fino entro le porte
del tempio di Gerusalem da Pompeo, si lasciò massacrare piuttosto che
difendersi, indotto dal ridicolo pregiudizio, che essendo quello giorno
di sabato, non era permesso di fare la benchè minima operazione che
alterasse il riposo consecrato ad un tale giorno; e così quegl'infelici
preferirono di rimirare con indolenza il barbaro saccheggio del tempio,
unitamente alla città, e così rendersi vittime del furore inesorabile di
un possente nemico, alla difesa di essi medesimi de' propri diritti, e
delle loro sostanze.

(78) I nemici dell'ebraismo vanamente lusingati di palliare agli occhi
del mondo illuminato le accanite persecuzioni, e gli oltraggi proditorj
co' quali i medesimi procedevano incessantemente a danno di esso,
s'immaginavano riuscirvi facendo tenere le veci di ragione alle calunnie
più nere, e le più insultanti; ora imputandoli di negromanzia, ora
d'immolare de' fanciulli cristiani; quì di avvelenare sorgenti, colà di
calpestare le immagini, altrove di bestemmiare cristo, e la vergine, e
per tutto miravasi fare di ogni sforzo per espellerli dalle Città, dalle
provincie, non lasciandoli rientrare che mediante le più onerose
imposizioni, e nel tempo medesimo che in qualche territorio erano essi
tollerati a si fatte umilianti condizioni, si facevano distinguere dagli
altri abitanti colle marche dell'infamia, e della prostituzione: tale
era dunque, pur troppo, lo stato eccessivamente deplorabile a cui
ridotti per lungo tratto di tempo si videro sopra la terra fra i popoli
miseri avanzi della prosapia d'Israel.

(79) Di tutte le leggi detestabili che si prefissero la totale
perdizione del giudaismo, non ve n'a forse alcuna che con maggior sforzo
tendesse a compiere questo perfido sanguinario disegno di quelle de'
_Visigoti_ (ved. _Leg. Wisigoth. Lib. XII. T. 2._ e _3._ e in _Georigis.
Corp. Jur. Germ. aut. 2155._ e seg.). Infatti quali trame restavano mai
della religione degli ebrei, togliendo loro l'osservanza del sabato, e
quella di tutte le altre feste; vietando loro di contrarre matrimonio
secondo il rito mosaico, e di regolare il loro cibo, conforme lo
spirito, e le prescrizioni di questo Culto, e sopprimendo loro ancora il
rito essenziale della Circoncisione? Tali erano gli ordini comandati da
queste Leggi esecrabili (_Ibid. Lib. XII. Tit. 2. Lib VIII. Tit. 7._) e
le pene ordinate contro i trasgressori di queste Leggi, erano o l'ultimo
Capitale supplizio, il quale dovea essere inflitto da medesimi ebrei, o
la lapidazione, o l'atroce condanna di essere abbruciato vivo. Quelle
provocate da' Papi erano alla verità meno crudeli, ma spregevoli del
pari, mentre desse gli dichiaravano del tutto incapaci di rendere
testimonianza in giustizia, e di essere rivestiti d'impieghi pubblici
(_Can. X. De Judæis, & Heret._). Le altre varie Leggi che non gli
tiranneggiavano a questo eccesso, gli riducevano all'orlo
dell'indigenza, e della disperazione cogli aggravi enormi che loro erano
imposti i quali di gran lunga eccedevano sovente l'ammontare delle loro
stesse facoltà, e ritrovando qualche renitenza dalla parte dell'infelice
Contribuente, passavasi allora, senza ritegno alle più inumane
procedure, ad oggetto di sortirne più agevolmente il bramato detestabile
intento. (ved. la seg. annot.)

(80) Sotto Giovanni il Rosso duca di Bretagna si giunse fino alla truce
inaudita barbarie di pubblicare una Legge, la quale dichiarava
formalmente innocenti tutti coloro che ucciderebbero _cristianamente_
qualche ebreo, proibendo nel tempo medesimo a' giudici di qualunque
siasi tribunale, sotto Comminatorie fulminanti di prenderne la benchè
minima parte, o contezza in veruna maniera (ved. _Cod. Theol. Lib. XVI.
T. 1º._) E si oserà poscia sostenere che il cattolico papista non fu mai
sempre sitibondo del sangue Israelita!

(81) Niente è più adeguato ad autenticare la verità di tutto ciò che
abbiamo {{quì}} esposto, quanto di richiamare colle istorie alla mano
gli orribili eccessi de' quali si resero i cristiani per tante volte
colpevoli sopra la terra: infatti, v'ha egli strage o persecuzione che
non sia stata da medesimi commessa contro di coloro che non erano
cristiani; v'ha forse azione criminosa della quale non si sieno i
medesimi lordati per costringere i così detti _infedeli_ a seguitare le
loro massime ad adottare i loro principj? Fra i moltiplici attentati che
fanno vergogna all'umanità, si potrebbe quì citare i massacri delle
valli del Piemonte, quelli della Valtellina a' tempi di Carlo Borromeo;
le stragi contro gli anabatisti massacrati in Allemagna, lo scempio de'
Luterani dal Reno fino agli estremi del Nord; le Carneficine d'Irlanda,
e di Scozia al tempo di Carlo 1º. egli stesso massacrato; i flagelli
ordinati dall'insensibile Maria ed approvati da Enrico VIII. di lei
padre; il cruento Massacro della Vigilia di S. Bartolomeo in Francia
decretato da Carlo IX. e fatto eseguire dalla mostruosa Caterina de'
Medici sua madre; e 40. anni finalmente d'altri spietati
//massacri\\{{maccelli}} umani commessi i Parigi dall'epoca fatale di
Francesco secondo fino all'ingresso di Enrico IV. in quella Capitale,
senza menzionare quelle inaudite Carneficine fatte _devotamente_
eseguire dalla feroce Inquisizione, la quale sola ne sorpasserebbe il
numero. Per verità, se inoltrare noi più vorremmo quest'affliggente
pittura, vieppiù essa farebbe inorridire ogni anima sensibile. Io voglio
credere, per altro, che questi orrori infernali, e tanti altri di tal
guisa, siano unicamente l'abuso della religione cristiana, e non già lo
spirito di questa; ma essi frattanto furono infinite volte commessi, e
per quanto ci accorgiamo se non di ordine espresso, almeno d'intera
quiescenza della chiesa medesima che lo stesso che dire de' sinodi, e
de' Concilj, che ha essa in ogni tempo autorizzati di rappresentarla.

(82) Quali calunnie, quali atroci persecuzioni non hanno i cattolici
esercitati in ogni tempo contro tutti que' grandi uomini che non sono
stati di loro sentimento, dopo Giuliano fino ad Enrico IV. e quali
delitti ancora più enormi non ha la loro intolleranza autorizzati
sovente, tutte le volte che hanno essi creduto di potere trarre
impunemente un vantaggio considerabile per il loro partito? Io ne
attesto le tre Lettere scritte da S. Gregorio, così nomato il _grande_
al tiranno _Phocas_ il più detestabile di tutti i mostri della terra,
felicitandolo del di lui avvenimento al Trono, da cui dopo di avere
fatto deporre l'Imperatore Maurizio suo benefattore, fece scannare in
sua presenza cinque suoi figli, ed in seguito commise il barbaro
massacro del Genitore, per essersi questi dichiarato in favore del
Patriarca di Costantinopoli.

(83) In Roma non è che tre anni appena, erano gli ebrei astretti dalla
forza ad intervenire nelle chiese de' Cristiani in certi giorni
determinati dell'Anno per esservi uditori pazienti delle ingiurie, e
degli oltraggi, che il predicatore vomitava a gran forza contro di essi,
i loro riti, le loro cerimonie, i loro costumi, e durante questo
disgustoso sermone, uno sgherro //staffilatore\\ in abito di chiesa
{{collo staffile alla mano}}, era destinato a fare de' ripetuti giri
attorno di essa, percuotendo fieramente con una sferza tutti quegli
ebrei che, o avesse ritrovati sorpresi dal sonno, o che avesse osservati
poco attenti alle esecrabili bestemmie che udivano proferire dalla bocca
dell'accennato predicatore contro la religione venerabili de' loro avi:
ma gli ebrei più facoltosi //si\\ //se\\{{si}} //ne\\ liberavano
agevolmente da questa vessazione mediante una somma che contribuivano
annualmente all'erario papale. E il Pontefice Gregorio XIII. non comandò
egli che tutti gli ebrei maggiori di 12 anni, abitanti in tutta
l'estensione della sede pontificia fossero entro la loro propria
sinagoga istruiti da qualche cristiano de' principj fondamentali del
Cattolicesimo? _Bull. 52. apud Lorinum in act. apostol. Cap. 7. v. 52._

(84) Anche nello stato di proscrizione, e di angoscia in cui trovavansi
gli ebrei, essi rinvennero argutamente il mezzo certo di salvare le loro
fortune, ad eludere in tale maniera la vigilanza de' loro domestici
aggressori. Espulsi dalla Francia da Filippo il Lungo nel 1318, essi si
rifugiarono in Lombardia, ivi dettero a' negozianti delle Lett. sopra
coloro a' quali avevano essi confidate le loro sostanze allorchè vennero
costretti di partire; e queste Lett. furono immediatamente accolte, indi
a tempo debito estinte. Ecco dal seno della dispersione scaturire
felicemente l'ammirabile invenzione delle Lett. di cambio da cui il
Commercio ha successivamente risentiti tanti numerosi ragguardevoli
vantaggi.

(85) Il Re Giovanni d'Inghilterra trovandosi in estremo bisogno di
denaro per supplire non so a quali spese urgenti, e non osando
ricercarlo agli altri suoi vassalli, fece carcerare i più opulenti ebrei
del suo regno; uno di essi, a cui si svelse sette denti l'uno dopo
l'altro, affine di avere le di lui sostanze, dette mille marche
d'argento quando erasi sul punto di sradicarli l'ottavo. Enrico III.
trasse con eguale violenza da _Aaron_ ricco ebreo di York 14,000. marche
d'argento, e 10,000 per uso della regina: esso vendè gli altri ebrei del
suo stato al di lui fratello Riccardo per il termine d'un Anno, ad
oggetti che questo Conte sventrasse coloro di questa nazione, che il re
di lui fratello avea già precedentemente scorticati, come dice _Mathieu
Paris_.

(86) Ridotta una volta la persecuzione in sistema, si vide gli uomini
modellare le loro azioni, ed i loro pensieri al grado del più mostruoso
fanatismo, e del livore irrazionale che desso inspira; in mancanza di
imputazioni solidamente fondate, o reali ricorrevasi alle calunnie le
più nere, o alle più assurde congetture; allorchè, per esempio, l'ordine
fisico delle Cose fosse stato alterato al segno di produrre qualche
sventura, se ne riportava immediatamente l'origine a' soli ebrei:
infatti non è forse ad essi che fu attribuita l'assoluta cagione della
frenesia dalla quale fu attaccato Carlo VI. Re di Francia? E per
ispiazione di tale sognato fallo, questi sventurati non sobirono
l'esilio? (ved. _Villar. Hist. de France l'an 1393._) Quando una penuria
generale, o qualche epidemico malore angustiava uno stato, o carpiva da'
viventi una parte de' suoi abitatori, non dicevasi essere gli ebrei la
sola efficiente cagione di simile flagello avvelenando le sorgenti? Non
è certamente da supporsi una persecuzione più forsennata nè più inumana
di quella che videro gli ebrei suscitare in una quarta parte del mondo
contro di essi l'anno 134[?] allorchè un Contagio presso che universale
devastò in quell'epoca funesta quasi tutta l'Europa; in Francia, in
Alemagna, in Italia, e nella Svizzera il popolo furibondo si lanciò
sopra di essi, gli abbruciò, ne fece uno scempio crudele, persuaso di
mitigare lo sdegno del Cielo, annientando dalla terra la stirpe d'Israel
(ved. _Bush. Hist. de la Rel. Juive_); oltre a tutto ciò ogni tratto di
cattiva fede, ogni soperchieria ed ogni frode, non furono esse in ogni
tempo, e lo sono attualmente ancora, altrettante criminose invenzioni
che, a senso de' nemici d'Israel, partono dagl'intrighi, e dalla
cupidigia di questo Popolo. O perfidia inaudita, estr[ema] o malvagità
senza esempio!



                               Cap. X.

 Si dimostra che laddove è permesso agli ebrei d'illuminarsi, lo stato
  il quale rende loro questo atto di giustizia (che natura non ricusò
 giammai a verun ente ragionevole) acquista ne' medesimi de' Cittadini
   oltremodo utili nelle arti, nelle scienze, e nel Commercio. Esempi
                    rimarcabili di questa verità.


Chi potrà mai senza delirio, immaginarsi di dovere esigere dall'uomo,
ciò ch'esso moralmente nè fisicamente non è in situazione di potere
dare, ovvero pretendere dal medesimo quello appunto di cui noi lo
mettiamo nell'assoluta impossibilità di somministrare in modo alcuno?
Quale mostruosa, e assurda contraddizione! Rigettare, avvilire,
opprimere l'ebreo per non riconoscere in esso i requisiti necessarj
all'ottimo, all'illuminato Cittadino, ed allontanarlo nel tempo medesimo
da ogni mezzo efficace ad acquistarli, frapponendogli ancora tanti
ostacoli differenti per impedirli a divenirlo; e pure in seguito di
tutto quanto fu da noi significato fino ad ora, chiaro apparisce tale
essere stato in ogni epoca il forsennato reprobo contegno di certe
nazioni, se-dicenti illuminate, relativamente a questo popolo, e già pur
troppo rimarcammo con orrore quali ne fossero le funeste conseguenze che
risultare si videro, bene diverse però da quelle che derivare mirarono
gli ebrei dalle procedure più filantrope, più umane, più sensate con cui
agivano alcune altre al loro riguardo; e laddove quelli avevano per
iscopo di distinguerli colle attribuzioni le più ignominiose, e colle
prerogative le più umilianti, si prefiggevano queste di fare ad essi
gustare gli ameni vantaggi della società, dividerne cogli altri
individui i diritti, e i doveri; ed il successo coincidendo
perfettamente nell'uno ed altro caso, o coll'indulgenza, o coll'asprezza
con cui erano i medesimi trattati, o colle Leggi o tiranniche, od umane
alle quali essi erano soggetti, vedevansi gli ebrei riescire o abbrutiti
orribilmente, o in superior grado illuminati. L'odioso confronto già da
noi riportato (_Cap. 8._) sopra tale soggetto, n'è una dimostrazione
incontrastabile, che le sole autentiche Istorie possono renderci sicura,
ed evidente, imponendo un vergognoso perpetuo silenzio a' detrattori
snaturati del popolo d'Israel: si scorrino dunque senza prevenzione, ad
occhio terso dall'orrida nube di pregiudizj, parlino i Filoni, i Flavii,
i Bustorfi, i Surenusii, i Prideaux, ed i Basnage, e tanti altri, e
questi ci additeranno per obbrobrio eterno de' nemici del Giudaismo,
come un popolo il quale fattosi da tempo immemorabile la vittima della
tirannia, lo scherno del fanatismo, ed il bersaglio dell'ignoranza possa
in ogni epoca del mondo essere gionto a meritare i ragguardevoli favori
de' più illuminati, e de' più formidabili monarchi della terra, non
escludendo lo stesso Maomettano, e come abbia esso potuto vedere
scaturire in ogni tempo dal suo seno, malgrado gli ostacoli funesti che
per tutto facevano argine ineluttabile al felice Corso de' suoi utili
progressi, de' Medici sublimi, de' politici eruditi, de' vasti
Letterati, de' filosofi profondi (87)?

Prescindendo dall'antichità, e senza sormontare col pensiero fino a'
secoli da noi troppo remoti per investigare minutamente i gradi
luminosi, ed i parziali favori de' quali furono gli ebrei colmati sotto
i felicissimi Governi di Dario (A), di Alessandro (B), di Giulio
Cesare (C), di Augusto (D), di Onorio (E), di Costantino (F), di Carlo
Magno (G), e di molti altri delle grazie de' quali in vantaggio de'
medesimi generalmente ne forniscono amplia certezza i più classici
scrittori di quale predilezione considerabile non gli hanno colmati
Ferdinando 1º., 2º., e 3º. quali distinti privilegj di giurisdizione, di
gloria, e di onore non hanno i medesimi goduti sotto il pacifico dominio
di sifatti sovrani (88). La Spagna stessa, e il Portogallo, benchè
restate fossero entrambe sempre sepolte nella ferina barbarie an[ti]ca,
avanti che il fanatismo religioso contaminasse il loro Cielo col suo
recondito veleno, non affidarono entrambe quelle monarchie a tre
distinti ebrei le incombenze le più cospicue, le più gelose, e le più
importanti dell'uno, e dell'altro Stato (89)?

Ma se più oltre avanzare si volesse intorno a ciò le nostre sottili
ricerche, migliaia di esempi noi vedremmo concorrere a dimostrarci la
fedeltà saggia, e costante con cui l'industriosa Nazione ebrea prestò
sempre i suoi servigj a tutti quegli stati dove le Leggi non confondono
giammai la setta col parziale carattere del settario, nè gli usi, le
cerimonie o i dogmi di essa collo zelo, i talenti, e la capacità di
questi (90); non escludendo già da quelli la stessa di Roma Pagana della
prisca età (91) non meno che la Cattolica de nostri tempi, in qualità di
ministri di stato, di medici, di filosofi, d'instruiti vassalli, e di
soldati? Il Rabbino Sechiel non fu creato sopr'intendente delle finanze
di Alessandro Quarto (A); Roffiet non fu segretario intimo di Selim
Secondo (B); David Zonana non fu egli tesoriere della Porta, siccome lo
era pochi anni sono il di lui figlio (C)? Chi fu egli mai il medico di
Cristina sovrana della Svezia, se non l'ebreo De Castro (D)? A chi
dovette mai la sua vasta erudizione il rinomato Pico delle Mirandola, se
non se al Rabbino Aleman che fu suo Precettore (E)? E quanti altri genj
sublimi non ebbe il popolo ebreo negli ultimi secoli decorsi dopo
Maimonide, il più esimio soggetto forse che vantasse il Secolo XIII?
Quell'egregio Maimonide che si è superiormente distinto nel mondo in
qualità di filosofo, di medico, di giureconsulto, di Teologo, e di
Politico, che i Classici Scrittori distinguono il Luminare dell'oriente,
e dell'occidente, e che il celebre Clavernig, il quale ha con somma
erudizione tradotte alcune delle di lui opere lo decanta superiore della
stesso S. Tommaso d'Aquino (F) Con quale alta riputazione il profondo
Abenesdra che da' più rinomati Autori viene chiamato per eccellenza il
savio, ha esso professato nel mondo l'Astronomia, la medicina, e le
matematiche (G)? E Manasse Ben Israel non era esso considerato uno de'
più illuminati filosofi, e de' più accorti politici dell'Europa,
consultato sovente da' più classici giureconsulti de' suoi tempi (H)?
Oltre un Chimhi, un Jarki sì rinomati per la loro erudizione universale,
quali talenti peregrini non si videro scaturire da questo popolo, anche
nelle nostra età recenti (92)?

Ma che diremo già noi, se uno sguardo rivolgiamo nell'Alemagna odierna,
non meno che nell'Inghilterra, nella Francia, nella Prussia, e
nell'Olanda là dove il prezioso deposito delle scienze è senza ostacolo
accordato all'ebreo del pari che ad ogni altro settario che inclina alla
felicità di possederle? Quali talenti elevati non si mirarono risorgere
in quelli e in altri stati pure a' nostri giorni dal grembo della
Comunione degli ebrei, degni di meritare i favori di una illuminata
nazione, capaci e per probità, e per ingegno, e per dottrina di
contendere la palma a' più celebri filosofi del mondo, sempre che non
venghino quelli, per altro, illaqueati, o combattuti dalla furibonda
superstizione del cattolico ignorante, o che tolti non sieno eglino i
mezzi di potersi elevare fino alla classe benemerita di que' genj fatti
per illustrare il secolo in cui vivono? Non è forse nella Prussia dove
si osserva i fecondi rari talenti di un Mendelshon, quello stesso che
l'Alemagna distingue per _Platon Moderno_ formare il pascolo dello
spirito d'un filosofo regnante del Salomone del Nord, e le di lui
ammirabili produzioni fastosamente coronate dalle più sapienti accademie
dell'Europa? E le sublimi cognizioni del dottissimo Weissell non gli
fecero meritare la confidenza intima del più gran genio dell'Austria,
d'un Giuseppe Secondo? E fra i suoi Matematici sublimi, e Astronomi
profondi del secolo passato non annovera il Tamigi, un David Nieto, quel
celebre Autore del Calendario ebraico perpetuo, il solo conosciuto, e
seguitato attualmente, con ottimo successo dall'intera sinagoga ebrea?
Le prediche dell'Eloquente Rabbino Saraval di Venezia possono essere
messe al confronto con quelle di Bourdaloue, e la facondia del Rabbino
Casess parimenti di Venezia ugguaglia, senza contrasto quella del
Segueri.

Ma io non finirei per lungo tempo ancora se tutti per detaglio
annoverare quì mi prefiggessi tutti gli uomini egregj che il popolo
d'Israel ci presenta in tutta l'estensione dell'universo civilizzato,
ovunque si rivolga il nostro sguardo; per altro, chi fosse avido di
conoscerli partitamente rivolgere si potrebbe al Dizionario critico
degl'Illustri Ebrei scritto con molta erudizione, e pubblicato
recentemente in Parma dall'Abate De Rossi.

D'altronde se accuratamente riflettere vogliamo sopra tutti questi
uomini singolari che a forza di un declivio energico, di un genio
naturale, e di un assiduità infaticabile, s'inalzarono dal seno di
questa Classe (che l'orgoglio, l'ignoranza, e il fanatismo religioso si
sono si sovente sforzati di rendere l'ultima, e la più abbietta) al
primo rango de' filosofi e degli scrittori che hanno illustrato
l'universo, non si può egli asserire di proposito che il loro memorabile
esempio dovrebbe coprire d'ignominia, e di confusione coloro che si
ostinano accanitamente a delineare gli ebrei come di soverchio avviliti,
ed incapaci di potere produrre giammai una classe di uomini stimabili? A
tali orride illusioni di fatto io potrei aggiugnere moltissime altre
dimostrative del pari, oltre quelle tante già da me per reiterate volte
precedentemente riprovate nel corso di quest'opera, per sostenere che
non si ha cessato mai d'imputare agli ebrei le loro calamitose
peripezie, ed altrettante Colpe denigranti, od a criminosi delitti,
senza che fra i moltiplici detrattori, che sempre colpiranno in mille
foggie a loro danno, alcuno vi fosse, che o volesse, o potesse,
attentamente esaminare, colle Istorie autentiche alla mano, i rapporti
politici o morali ne' quali si è questo popolo ritrovato in varie
epoche, ed in paesi differenti; l'influenza reciproca delle nazioni fra
le quali esso ha vissuto e de' vari governi politici a' quali egli fu
sottomesso, quella ch'esso ebbe sull'industria, sul commercio, sui
Costumi, e sul progresso delle Istruttive Cognizioni, e delle scienze; e
le complicate vicissitudini finalmente che hanno sobito l'indole
omogenea del medesimo ed il proprio suo genio originario. In una parola,
i gran soggetti, non solo fra gl'Israeliti, ma presso qualunque altro
popolo si faranno sempre distinguere in ogni ramo a vantaggio della
società, laddove questa riconosca l'urgente necessità di apprezzarli, e
sostenerli, ovvero cadere si vedranno miseramente nell'obblio, se
avviliti, o non curati si trovano (93).

Quindi se gli avversari inesorabili di questa nazione fossero stati
capaci di tali giuste accurate indagini, queste gli avrebbero in ultimo
condotti all'espressa quanto positiva dimostrazione, che i popoli, e le
Leggi formano il genuino carattere costante degli ebrei, e che per
conseguenza, questi considerati come uomini, e come Cittadini, non
furono mai tanto corrotti, o degenerati, se non se in quanto che si ha
loro ingiustamente contrastate le prerogative dell'uomo, e che ricusati
furono ad essi i diritti legittimi del Cittadino.

(87) Persino da' tempi di Aristotile gli ebrei avevano de' filosofi che
hanno molto superato i Greci medesimi, e di fatti lo stesso Aristotile
ricercato un giorno da Clearco sulla Dottrina degli ebrei, disse che
durante il suo domicilio nell'Asia, esso ricevea delle visite molto
frequenti da un ebreo si sapiente, e di una sì profonda erudizione, che
al di lui confronto gli stessi Greci sembravano ignoranti (ved. _Basn.
Repub. des Hebr. Edit. de Hol. p. 19._) E lo stesso autore fa inoltre
espressa menzione di un altro ebreo non meno dotto del primo, il quale
era l'amico il più virtuoso che avesse Platone (_Ib. p. 53_)

(A) _Esdra C. 1. v. 7._

(B) _Gantz fol. 13 p. 1._

(C) _Flav. Guer. Giud. Lib. XIV. Cap. 19. p. 58._

(D) _Ibid. Cap. 8._

(E) _Cod. Theod. T. 6. Lib. XX. p. 237._

(F) _Ibid. Lib. XIV. Tit. 8._

(G) _Gantz Lib. II. p. 56._

(88) Il primo di questi oltre le infinite grazie delle quali esso colmò
il totale della nazione ebrea il medesimo concesse parimenti al rinomato
Rabbino _Keill di Worms_ in particolare la primazia sopra tutti i di lui
Connazionali dell'Impero, creandolo ancora membro delle più distinte
accademie della Germania (ved. _Piasr. T. 9. Lib. 14. p. 247._)

Una speciale gratitudine verso questa medesima nazione mosse il secondo
di questi principi a favoreggiarla, memore della prode difesa fatta da
essa nella Città di Gradisca assediata strettamente dalle armate venete
(ved. _Wagenz. Exer. 3. pag. 103._)

Eccitato fu l'ultimo infine dallo stesso sentimento di riconoscenza in
favore di questo popolo, in contemplazione del valore che ha il medesimo
//spiegato\\ spiegato quando si accinse a liberare la Città di Praga
l'anno 1648. dall'incursione degli svedesi (_Ibid. p. 108._)

(89) Carlo Quinto nell'epoca delle di lui alterne vertenze con Solimano
Secondo, non ritrovò soggetto più abile in tutta la sua Corte per
incaricarlo d'una importante missione diplomatica di _Daniel Virga_, il
quale trasferitosi in Asia per comando del suo Sovrano evase le
affidatigli incombenze con una capacità insuperabile (ved. _Basn. Hist.
des Juifs T. 6. C. 16. p. 474._)

Il celebre Abravanel fu creato Primo Ministro di tutti gli stati di
Ferdinando il Cattolico, indi passò in Portogallo, dove Alfonso Quinto
allora ivi regnante, lo fece suo intimo Consigliere di stato (ved.
_Dict. Bayle_, _Mor._ e _Ladi._) non tacendo però che questo Regno
medesimo avea già tre secoli avanti esperimentati gli utili servigj
degli ebrei, conferendo il comando in capo delle sue armate a _Salomone
Jachia_, il più distinto filosofo de' suoi tempi, ed il più accorto
militare ch'esistesse in Portogallo. (ved. _Bart. Bibl. Rabb. T. 4. C.
20._)

(90) Io ho per reiterate esperienze osservato sovente che non solo nella
nazione degli ebrei, ma in tutte le altre popolazioni che vivono in uno
stato cattolico apostolico romano, sono assai più rari gli uomini
celebri (a meno che questi non vi avessero in parte rinunziato) di ciò
che lo siano fra quelli che abitano una provincia Protestante. E da
quale ostacolo ripetere giustamente dobbiamo un inconveniente pur troppo
sì verificato e sì funesto? Il fanatismo religioso, e la persecuzione
che ne viene in conseguenza, sono le due barriere invincibili, le quali
avendo più che in un paese riformato nello stato romano influenza
maggiore, formano d'accordo l'argine fatale alle sublimi scoperte che
producono lo studio, e la meditazione: e quale meraviglia? Non dee così
appunto accadere laddove un uomo scienziato è costretto di adattare la
sua filosofia al sistema intollerante del paese in cui vive, e alla
follia deplorabile di quegli uomini che ne reputano un azione
all'eccesso criminosa l'abitudine del raziocinio nell'ente ragionevole?
Se i suoi sentimenti sono efficaci ad illuminare il mondo, per una parte
quegli etiopi lo scomunicano; i terribili magistrati inquisitoriali lo
esiliano per l'altra, o confinato crudelmente lo rendono durante la sua
vita entro un Carcere angusto, da cui spera in vano d'uscire fino a
tanto che gli resta un alito di forza: e vi sarà egli ancora chi domandi
la genuina cagione di sì notabile differenza? L'Immortale _Galilei_ fu
condannato in Toscana per avere il primo scoperti gli antipodi, il
celebre _Newton_ fu ricompensato in Londra per averli dimostrati.

(91) E quì da notarsi che gli ebrei divenuti la conquista delle aquile
romane, essi vi si resero utili al segno di conseguire da quello stato
delle esenzioni assai distinte, e de' privilegj considerabili, come
l'ammissione a tutti gl'impieghi sia civili, sia militari, e sopra tutto
la libera facoltà di vivere secondo le loro proprie Leggi, come il
_Dohm_ lo ha chiaramente provato con due passaggi di _Origene_ (ved.
_Lib. 6. Cap. 1. in Epist. ad Rom._ e _p. 243. Epist. ad Afric._) E
quanti altri mai fra noi essi non si sono inalzati fino all'apice delle
dignità le più Cospicue fino anche alla stessa Prefettura onoraria (ved.
_Lib. 22. Cod. Theod. De Jud._) _fastigio dignitatum_ dice il passaggio
parlando del patriarca _Gamaliel_. E quali alti rimarcabili servigj
degni di essere trasmessi alla più tarda posterità non resero a Roma
Ircano, Erode, Agrippa ed Antipatio? Le storie ce ne convincono ad ogni
tratto.

(A) _Basnage Hist. des Juifs Lib. 9. p. 367._

(B) _Ibid. p. 836._

(C) _Morp. Disc. Lett. p. 46._

(D) _Basn. Lib. 9. c. 864._

(E) _Ibid. 855._

(F) _Bust. Bibl. Rabb. a Gior. Ganz Traduzione dell'Etica di Maimon._

(G) _Hist. crit. du V. Testam._

(H) _Groz. Epist. 244. p. 564._

(92) Il dotto Rabbino Haipsik fu pubblico Professore di Metafisica,
Logica, e matematica in Toledo, indi con universale riputazione occupò
una cattedra di medicina in Amsterdam (ved. _Racc. di Lett. Pat._ Parigi
1765.)

L'illustre Gomez, oltre a varie opere d'amena Letteratura da esso lui
pubblicate, ha scritto un Dizionario ebraico, Laino, Caldeo, e Italiano
di cui fino ad ora ne contano varie differenti edizioni, e che non già
per la mole, ma per la precisione non la cede al Dizionario del
Castelli, e per l'esattezza può stare in comparazione collo stesso
Lexicon del Bustorfio.

Is. Abensid fu l'Autore delle Tavole alfonsiane (_Basn. T. 6. Cap. 33.
p. 271._)

Il Rabbino Profant è stato pubblico Professore d'Astronomia nel secolo
16 nell'accademia di Montpellier (_Lett. d. mil. p. 19._)

Ed il colto Rabbino Jehudah Mentz finalmente non morì egli in
quest'ultimo secolo pubblico Rettore dell'Accademia di Padova, e per
suffragio concorde di tutti gli uomini scienziati suoi Contemporanei,
non fu esso ammirato generalmente come uno de' più vasti genj de' suoi
tempi? (_mem. accad. T. 2. p. 208._)

(93) In qualunque Governo dove gli utili talenti saranno profusamente
ricompensati, queste ricompense, a guisa de' denti del serpente di
Cadmo, produrranno degli uomini. Se i Descartes, i Corneille illustrano
il Regno di Luigi XIII. I Racine, i Bayle quella di Luigi XIV. I
Voltaire, i Montesquieu, i Fontanelle quello di Luigi XV. Ciò procede
per che le arti, e le scienze furono sotto questi Regni differenti
successivamente protetti da Richelieu, da Colbert, e dal fu Duca di
Orleans Reggente: _Les grands hommes_ (riflette giustamente Elvezio)
_quelque chose qu’on ait dit, n'appartiennent ni au Regne d'Auguste, ni
a celui de Louis XIV. mais au Regne qui les protège_ (_De l'hom. Sect.
II. C. XII. p. 179._)



                               Cap. XI.

   Della Riforma politica tentata l'anno 1753. nella Gran Bretagna in
   favore de' sudditi ebrei di quello stato; ma lo spirito reprobo, e
 intollerante di certi accaniti oppositori ne troncò i felici successi
                       che poteasi aspettarne.


Sebbene scevri affatto noi siamo di monumenti positivi che c'indichino
con qualche probabilità l'epoca determinata in cui avvenne il primo
stabilimento degli ebrei sul suolo dell'Inghilterra, è d'altronde
innegabile che la loro sorte non fu niente meno lagrimevole in tale
monarchia di ciò che osservammo esserlo stata in tutte le altre. Però se
dobbiamo prestare fede agli storici Inglesi il numero d'essi divenne
esorbitante a' tempi di Guglielmo il Conquistatore, il quale col mezzo
di cospicue somme di denaro, introdusse una colonia immensa di normanni
ebrei in questo regno; ed essa si accrebbe sotto Odoardo Primo sì
considerabilmente al segno che questo videsi costretto a dovere fare de'
Regolamenti espressi per governarli. Ma il loro affluente numero, e la
loro immensa ricchezza bene lontano dal fare ad essi meritare qualche
riguardo, non servirono che a vieppiù rendere aggravante la loro
condizione; e sotto l'esecrabile pretesto di punirli (nel modo appunto
che osservammo praticarsi in ogni altro territorio apostolico Romano) di
quegli enormi attentati perfidamente attribuiti agli ebrei, si
derubavano, si avvilivano, si opprimevano, come per tutto altrove (94).
L'enorme superstizione che predominava in que' tempi, non meno lo
spirito de' popoli, di quello de' Regnanti, faceva credere
universalmente queste feroci violenze come una specie di crociata
religiosa oltremodo gradita all'Essere supremo, e nel tempo medesimo
indispensabile ad ogni riguardo per ispiazione generale de' delitti del
popolo:

_Tantum Relligio potuit suadere malorum!_

E ciò che mise il colmo della desolazione di questi sventurati ebrei per
la strana condotta tenuta verso di essi da Odoardo Primo, il quale
nell'anno 1290. gli espulse interamente dall'Inghilterra, con divieto di
ricomparirvi sotto pena di morte (_Thul. & Tovey. angl. Jud. 1.^e p.
365._). E sebbene questa barbara, quanto ingiusta proscrizione riuscisse
molto pregiudicevole al pubblico erario, non per tanto gli ebrei
restarono tre secoli e mezzo in tale penoso stato di esilio, fissando il
loro stabilimento nelle piazze più commercianti dell'Europa, e
particolarmente nella metropoli ragguardevole dell'Olanda.

Questa piazza divenuta in que' tempi l'emporio del più florido traffico
del mondo, si rese, a molti riguardi un oggetto immediato d'emulazione
per tutto l'intero Corpo commerciante dell'Inghilterra, nella guisa
medesima che la tolleranza illimitata che miravasi allignare nelle
belgiche provincie formava un nuovo soggetto di astiosa emulazione del
Britannico Governo, ciò che non potea in verun modo certamente sfuggire
alle menti perspicaci degli anglici osservatori. Quindi se a tali
imponenti circostanze aggiugnere si voglia lo spirito di odio, e di
vendetta, che allora cominciava a prevalere, o piuttosto come dice
Thurloes spiegava altri furori contro il Papismo; niente di più naturale
che di vedere da una parte trasformare sotto quel Cielo l'antico
accanimento in favorevole riguardo per la nazione d'Israel; ed
alimentare le speranze dall'altra nell'Animo degli ebrei di Amsterdam
per la nuova ripristinazione del loro Corpo sulle spiaggie del Tamigi,
ciò ch'essi videro completamente realizzare in breve spazio di
tempo (95).

A fronte di questo beneficio apparente, una nuova impenetrabile barriera
di separazione, non meno funesta di quella già in gran parte superata,
erigere si vide frattanto in Inghilterra fra i recenti abitatori ebrei,
ed il popolo naturale di quello stato. Essi videro, colla rapidità di un
baleno, cambiare la loro sorte, la quare era bene differente durante la
loro permanenza in quelli stati, da quella che antecedentemente
prometteva il loro ingresso, da principio gli pareggiava, in quanto a
diritti Civili, agli stessi cristiani protestanti, come ce lo assicura
di proposito una scrittore insigne di quella nazione (_Blakstone
Comment. 375._)

Ma in mezzo ancora di queste fatali peripezie l'esempio percuotente
delle colonie americane, dove gli ebrei potevano aspirare alla
naturalizzazione dopo una stabile residenza di sette anni consecutivi
(_Stat. pap. 13. Georg. 2. C. 7._) rianimò le lusinghe degli altri ebrei
abitanti già da qualche tempo nell'Inghilterra, fino a sottommettere al
parlamento una supplica in comune cogli stranieri, onde vedere portare
da questo l'atto medesimo in loro favore. In fatti i loro disegni non
andarono delusi per qualche breve intervallo. L'Anno 1751. il Parlamento
avea emanato un _Bill_ che dichiarava apertamente la naturalizzazione
de' Protestanti, dopo il domicilio d'un corto spazio di anni negli stati
Britannici; ed è da rimarcarsi che questo Bill stendevasi da principio
anche in vantaggio de' sudditi ebrei di quella monarchia; ma le
alternative difficoltà che si suscitarono all'accettazione di esso, lo
mise allora in abbandono, dove restò per il corso di un completo
biennio, al termine del quale, ciò che seguì il mese di marzo 1753. si
vide presentare al Parlamento un altro Bill il quale rendeva gli ebrei
Inglesi legittimamente abilitati d'implorare di nuovo da esso la domanda
in questione, senza una previa formalità nè sacre cerimonie di sorte
alcuna (96).

Ebbero un bel declamare allora tutti i partigiani della Riforma, per
dimostrare i vantaggi moltiplici, e perenni che avrebbe procurati a
quella Monarchia una Legge sì umana, e si salutare; tutte le più fondate
precauzioni prese da' medesimi per farla valere non furono sufficienti
per fare assicurare al bill l'unanimità de' suffragj: la Camera alta lo
avea già passato, ma esso trovò delle opposizioni {{irresistibili}}
//formidabili\\ nella Camera bassa; tutto il mondo si tumultuò col
medesimo livore contro il Bill, ed il Parlamento si trovò inondato da
rimostranze insultanti che vivamente instigavano la totale soppressione
del medesimo. I libelli satirici si impossessarono in tale incontro
dello spirito del pubblico, e tutto vi ebbe parte in queste violenti
discussioni. Che non si opinò, che non si disse allora per fare valere
ovunque l'intrigo degl'inesorabili oppositori di questa provvida Legge;
or s'immaginò che quest'atto renderebbe gli ebrei molto potenti colla
facilità che desso accorderebbe loro di acquistare delle terre, ciò che
fino a quell'epoca era a' medesimi interdetto dalla Legge; ed ora si
andò fino a sostenere che l'enorme affluenza di commercianti di ogni
genere che desso attirerebbe, formerebbe l'estrema rovina degli stessi
mercanti nazionali col deperimento totale del loro traffico: così dunque
per prezzo de' servigj importanti che gli ebrei avrebbero renduti con
tale mezzo a quello stato; ecco la ricompensa che da esso era a'
medesimi riserbata.

I partigiani poi dell'ammissione del Bill, declamando più alto, non
cessavano di fare conoscere al partito antagonista il suo torto
evidente, sotto qualunque punto di vista che contemplare si volesse
questo atto contro di cui sì accanitamente infieriva senza giusti
motivi, e senza base. Infatti quale più assurda illazione della prima, e
quale delirio più deplorabile dell'altro? Cosa si può egli mai inferire
di più inconseguente della naturalizzazione degli ebrei della presunta
potenza che questa loro procurerebbe coll'acquisto libero di fondi
stabili a cui si vedrebbero con tale beneficio ampliamente autorizzati?
E quale principio più contraddittorio del supposto nocumento che
cagionerebbe a' naturali di uno stato il concorso d'industriosi
individui che una provvida Legge richiamasse nel suo seno? In quante
Città dell'Europa mirasi l'ebreo a' tempi nostri assoluti possessori di
beni considerabili, e di allodiali ricchezze; e che? Lo rendono forse
gli uni, o le altre meno cauto esecutore de' suoi doveri, lo fanno essi
forse questi splendidi agj meno buon suddito, meno buon Cittadino; cessa
egli per ciò di essere fermamente rassegnato alle Leggi dello stato in
cui vive, è desso meno utile finalmente al suolo che vide nascerlo,
benchè da questo si trovasse in tante Circostanze oppresso, e rigettato?
Anzi tanto più esso trovasi favorito dalle Leggi, e vieppiù sente il
bisogno pressante di divenire l'uno, e prende coraggio di farsi
distinguere cogli altri di tali qualificati requisiti (97).

D'altronde, come si può osare di sostenere, senza delirio, che una città
debba rendersi sventurata aumentando il numero della sua popolazione, e
dilatando il suo Commercio, la sua industria, i suoi capitali, le sue
ricchezze? Ciò non sarebbe lo stesso che supporre, come lo pensa
giustamente Mirabeau, che un nuovo stabilimento di Commercio non potrà
mai prosperare in una piazza Commerciante, che al detrimento degli
antichi che già vi fanno l'esercizio, per la concorrenza di un numero
maggiore di trafficanti? Quale mostruosa ipotesi? Oltre gl'infiniti
esempi che concorrerebbero a dimostrarci l'assurdo di tale strano
principio, io solo ne attesto Livorno Amsterdam, Marsilia, Venezia,
Trieste, Genova, e tutte quelle altre piazze ragguardevoli dell'Europa
in particolare dove ciascuno ha il diritto d'implorare l'auspicio delle
Leggi, e fruire i vantaggi a livello eguale d'ogni altro probo, ed utile
Cittadino: quale danno risentirono essi mai di avere accolti gli ebrei
nel loro seno, e quale scapito ne soffrirono quegli antichi trafficanti
dalla nuova concorrenza d'individui, i quali esercitando le stesse
professioni arricchivano il commercio, accrescevano industria, ed
introducevano per tutto la più florida prosperità, e le più opime
ricchezze? E non sono queste sole prove sufficienti (per tacere infinite
altre che addurre si potrebbe al medesimo riguardo) per confondere, o
ammutolire, ad un tempo, qualunque siasi opposizione in contrario?

Questi furono dunque i più forti Argomenti de' quali si servì una parte,
e l'altra in simile ostinata controversia, per passare sopra a tanti
altri del pari assurdi, che ridicoli, messi in campo da' feroci
oppugnatori della naturalizzazione degl'Israeliti. Ma non è già da tali
futili questioni, che dipendeva essenzialmente l'estremo destino della
Causa. Da un confine del Regno all'altro si rinnovarono ad un tratto de'
fragori allarmanti, e universale, de' sordi intrighi, de' furibondi
clamori contro si fatta deliberazione, tutti tendenti a sollecitarne
frettolosamente la revoca; e ciò in un fatale momento in cui era per
accadere la rielezione generale del ministero, il quale fu ad un eccesso
tale intimorito dal pubblico malcontento, che erasi per ogni parte
manifestato, ch'esso prese repentinamente il partito di cedere alle
//alle\\ voci tumultuose del popolo, che in altra Circostanza, esso
avrebbe, senza dubbio, represse, e disprezzate, abrogando quell'atto
infausto sì tosto che il Parlamento fu di nuovo convocato (_Ist. del
Commer d'anders._)

In tale maniera dunque il Governo Britannico si lasciò vilmente imporre
degli schiamazzi brutali di una turba insana fino a revocare un atto
pubblico a suo riguardo, di cui la sanzione avrebbe perpetuata la sua
gloria, e recati allo stato de' vantaggi solidi, e illimitati, quanto
l'abrogazione formò la sua ignominia, e cagionò alle sue finanze de'
danni continui, e incalcolabili (98).

Ma avanti di porre l'estremo fine a questo disgustoso proposito, non
dobbiamo, per altro, tacere, che anche gli stessi ebrei, per quanto
assicurano gli storici, non erano unanimemente concordi nella brama di
conseguire questo atto naturalizzatorio (99); i più zelanti fra i
medesimi non iscorgevano in esso che un allontanamento pressochè
generale dalla religione de' loro progenitori; i più indigenti di quella
nazione temevano di restare isolati, ed essere nel tempo stesso
dimenticati dagl'Israeliti doviziosi che loro somministravano de'
soccorsi in ogni loro urgenza; altri finalmente supponevano di vedere
una emigrazione inevitabile ad altra setta, a spese, e detrimento, della
loro antica natia. Quindi sbigottiti da tali panici timori gli ebrei
Inglesi si mostravano indifferenti a' moltiplici consolanti vantaggi che
quell'atto benefico di Politica Riforma loro avrebbe per tante parti
copiosamente procurati; siccome dovettero essere insensibili del tutto
alla perdita di quelli allorchè si trovarono delusi nella loro
aspettazione. E in ultimo così che tutti d'accordo contribuirono
proficuamente dal canto loro all'oltraggio il più enorme, il più
infamante che possa farsi giammai alle Leggi, all'umanità, e alla
Natura.

(94) È quì opportuno da rimarcarsi col _Thurloes_ (_state papery V. 1.
p. 387._) che queste persecuzioni non avendo per iscopo principale che
le affluenti dovizie Israelitiche si ebbe luogo di osservare che non
udivasi parlare giammai di quelle colpe enormi malignamente imputati a
questa prosapia sventurata, se non se allora quando i regi scrigni erano
esausti di numerario, non osando estorcerlo, come da noi fu detto
altrove, agli altri sudditi dello stato, si dediti alla rivolta, ed alla
opposizione, in modo da compromettere la tranquillità pubblica, e la
sicurezza del Governo.

(95) Tutti gli scrittori Inglesi asseriscono d'accordo, che moltissime
trattative fossero state realmente agitate sopra un tale soggetto, e che
per esaurirlo con propizio successo, gli ebrei olandesi affidassero
l'ampia plenipotenza di sifatta negoziazione al celebre Manasse Ben
Israel, il quale era in que' tempi annoverato nella Classe de' primi
dotti dell'Europa. In realtà questo egregio rabbino si trasferì per tale
circostanza, in Inghilterra, e determinò _Cromwel_ a prendere in seriosa
considerazione tutte le varie differenti domande ch'esso fece a nome de'
suoi connazionali; in seguito di che esso convocò un Consiglio ad
oggetto di potere deliberare diffinitivamente sul partito che prendere
dovea ad un tale riguardo; ma s'ignora fino ad ora il risultato delle
moltiplici discussioni che vi ebbero luogo in questo disgustoso affare;
e le opinioni degli scrittori specialmente Inglesi, sono molto disparate
intorno a ciò; alcuni volendo che il medesimo Cromwel accordasse a tutti
gli ebrei senza eccettuazione la facoltà di stabilirsi liberamente in
Inghilterra; ed altri sostengono ancora che una simile facoltà non fosse
loro concessa che sotto il Regno di Carlo Secondo l'Anno 1665.

(96) Non dobbiamo qui ommettere di avvertire che nello stesso momento in
cui erasi per sanzionare il primo Bill si vide comparire uno Statuto
portante, che niun individuo sarebbe naturalizzato in Inghilterra, a
meno che non facesse con sicurezza constare di essersi appressato della
sacra mensa un mese avanti la sua naturalizzazione (_Stat. pap. 7. jac.
1. C. 2._) ciò che come ognun vede escludeva intieramente gli ebrei,
togliendo loro ancora ogni lusinga di vedere felicemente riuscire i loro
disegni, a fronte di qualche altr'ostacolo che restava tutta via da
superare.

(97) Gli ebrei (nel modo che lo abbiamo già ripetute volte dimostrato)
diventeranno sempre ciò che sono gli altri Cittadini in ogni stato, dove
i medesimi diritti saranno loro accordati, e le stesse obbligazioni
saranno a' medesimi imposti; ed i moltiplici esempi riportati a tale
riguardo possono sufficientemente autenticare questa verità, che il
popolo ebreo ebbe pur troppo, molto sovente, l'occasione di
esperimentare in tante guise differenti.

(98) Il celebre Lord _Chesterfield_ fa un giusto rimprovero (nel _T. V._
delle sue _Lettere_) al ministero Inglese d'avere in questo affare
troppo vilmente ceduti a furibondi schiamazzi del Popolo, i quali non
aveano altro scopo che quello spirito perverso d'intolleranza, di astio,
e di vendetta, che ogni saggio e illuminato Governo dee tentare ogni
mezzo di reprimere, e opporsi a' suoi progressi malefici, se non può
almeno soffocare al suo nascere.

(99) È assolutamente inconcepibile l'idea bizzarra, e antisociale che
nutrono gli ebrei, e quelli specialmente che abitano l'Italia, di vivere
tutti concentrati, e racchiusi per l'ordinario entro i più mefitici, ed
angusti recinti delle città nelle quali essi fanno il domicilio, ed il
loro deciso trasporto per i medesimi è a segno tale condotto che la
massima parte degli Israeliti dell'Italia rinunzierebbe di buon grado a
qualunque siasi vantaggio solido, e ragguardevole, che la società gli
offrisse, tutte le volte che questo conseguire egli dovesse al prezzo
dell'abbandono della dissoluzione de' suoi _ghetti_ (che con tale nome
quelli vengono chiamati); tentando, al contrario, di ogni sforzo per
restarvi, tutto che negletti, e vilipesi dagli altri abitatori del paese
in cui essi vivono. Molti si sono, per altro, studiati d'investigare la
vera cagione di sifatto abrutimento, e non seppero ritrovarla che ne'
motivi direttamente conformi, che facevano riguardare come inutili
affatto presso gli anglici ebrei l'atto salutare di loro
naturalizzazione dell'Inghilterra.



                              Cap. XII.

  Della Condizione attuale del Popolo d'Israel sotto il dominio delle
   differenti Potenze del mondo alle quali è il medesimo soggetto, e
                     particolarmente in Francia.


In seguito di tutto quanto fu da noi esposto rapidamente ne' capitoli
precedenti, troppo ci si rende con evidenza comprovato non avere mai
esistito sopra la terra Città, Provincia, o monarchia, che non abbia
diviso, e mutato il funesto esempio altrui nella strana quanto barbara
maniera di procedere verso la profuga, e derelitta progenie d'Israel: ma
d'altronde ommessa non abbiamo di dimostrare parimenti che una sifatta
unanimità insensata de' popoli, ben lontano dall'assolvere le loro
colpe, o mitigare i rimproveri troppo ragionevolmente fondati che la
posterità imparziale loro sdegnosamente prepara, essa non servirà che ad
aggravare le une, e ad accrescere il numero degli altri, mentre ogni
giustificazione in contrario resta ovunque sufficientemente smentita in
mille guise dalla condotta medesima degli ebrei sempre graduata in
ragione diretta de' trattamenti ch'essi ricevono dalle nazioni colle
quali o vincolano de' rapporti, o ne sono sottomessi; e le prove
percuotenti da noi testè riportate, oltre quelle tante che prodursi
potrebbe, vieppiù concorrono a confermarcelo in ogni senso, tanto per
ciò che riguarda il loro intimo zelo, e deciso attaccamento che nutrono
per lo stato che gli protegge, quanto per i talenti perspicaci che dessi
manifestano nel prestare al medesimo i loro più importanti, e leali
servigi (100).

Ma gettiamo un colpo d'occhio rapido sull'istoria, ed osserviamo col
soccorso di questa, se la condizione del popolo ebreo ha deteriorato
sotto l'influenza delle nazioni recenti alle quali è {{egli}} sottomesso
attualmente, da quello che il medesimo era sotto le antiche alle quali
fu esso altre volte soggetto: discendendo però dalle epoche da noi
troppo remote donde i critici fanno partire le prima dispersioni delle
dieci tribù che Salmanasar condusse cattivi nella Media, mentre sarebbe
questa una ricerca non solo estranea del tutto al proposito nostro, ma
che non farebbe che trascinarci in un pelago immenso di contraddizioni
fondata unicamente sopra vaghe congetture, senza mai rivelarci frattanto
niente di positivo nè di verosimile, noi ci atterremo a' secoli più
recenti, e più da noi conosciuti, onde essere in qualche maniera
garantiti di potere colpire la verità di tutto ciò che ha un prossimo
rapporto col popolo ebreo; assunto che dovrà essere esaurito da noi
colla più gran brevità possibile, non essendo quì mio scopo di delineare
il quadro analitico della totale dispersione del medesimo.

Appena dunque accaduta la funesta distruzione del secondo Tempio fatta
da Adriano l'anno sessantesimo circa dell'Era volgare, la dispersione
de' miseri avanzi d'Israel sfuggiti al brutale furore degl'inflessibili
tiranni di questo popolo, si rese presso che generale in ogni angolo di
mondo allora conosciuto; ma la posizione dove ha quello fissato i suoi
stabilimenti maggiori fu in quell'epoca l'oriente; sebbene alcuni
pretendono che un numero considerabile di ebrei fosse già domiciliato in
alcune provincie di questa parte di terra anche lungo tempo avanti la
fatale proscrizione di questo popolo dal suolo de' di lui progenitori;
ma accolti in un luogo, espulsi in un altro, quì derubati, calunniati
colà, perseguitati per tutto; essi non potevano fare una stazione
permanente di un intero secolo continuato entro uno stato medesimo ed
egli fu allora che l'Europa, e tutti gli stati d'occidente, così pure
che l'Africa, e l'Asia, si riempirono ancora di queste sciagurate
vittime erranti, e con un affluenza infinitamente maggiore di quella che
calcolavano esse già ne' tempi fino allora decorsi (101).

Il primo esilio dunque che si procurarono gli ebrei nell'Europa, dopo la
loro estrema espulsione dalla Giudea dee essere stato probabilmente la
Spagna, in cui Vespasiano gli avea fino da quell'epoca trasportati,
siccome il loro stabilimento in Alemagna non è, al parere degli storici,
niente meno antico; ma cacciati da tutta l'estensione della Spagna nel
1492. da Ferdinando, il quale per si barbaro eroismo fu denominato il
Cattolico (102), e da Isabella, molti di quella nazione si rifugiarono
in varie provincie dell'Italia, e particolarmente in Roma, dove avevano
lo stabile domicilio fino da' tempi di Augusto; alcuni passarono in
oriente, ed altri si diffusero in molte provincie dell'Europa, dove
furono ora più, ora meno crudelmente trattati a misura de' tempi,
dell'interesse, e delle circostanze.

Allorchè gl'Imperatori si ebbero arrogata la potenza temporale sopra gli
ebrei sparsi per tutta la superficie della terra, essi divennero una
so[rta] di armento del sovrano a cui erano sottoposti; _serfs de la
chambre_, come dice _Basnage_; tale infatti essendo il carattere
umiliante che dessi portarono per lungo tratto di tempo in Alemagna,
dove seguendo Mr. _Dohm_ (ved. la sua _Nota 35._ sulla _Legisl. Germ._
relativamente agli ebrei.) fino all'epoca della Bolla d'oro alcuno stato
dell'Impero non osava tollerarli, senza una permissione espressa
dell'Imperatore. In Francia essi appartenevano al pubblico demanio
_Servi fiscales_. In Inghilterra alla Corona, e non fu che nel secolo
16. che una Legge dell'Impero (come lo pretende il testè riportato Dohm)
accordò il diritto a tutti i membri del Corpo germanico di concedere un
rifugio alla raminga stirpe d'Israel; ma questo diritto siccome
osservano i politici non si vide già mettere in pratica da veruno stato
di Alemagna come prescritto lo avrebbe una saggia misura; poichè in
varie provincie, come la Svizzera, tutto il ducato di Wurtemberg, il
vescovado di Osnabruck ed alcune altre di tal fatta, gli ebrei non sono
di veruna maniera neppure oggi tollerati.

La Russia gli ha espulsi ne' tempi decorsi, ed indi gli ha
premurosamente richiamati a' //tempi\\ nostri giorni, accordando eglino
de' privilegj tali che fanno ad evidenza conoscere l'equità, la
saggezza, la tolleranza esemplare delle sue Leggi, siccome pure, i
perspicaci talenti dell'inclito monarca che la governa.

In Danimarca non era un tempo accordato agli ebrei di abitare solo che
certi dati recinti prefissi del paese, ed i medesimi non erano sofferti
nè in Norvegia, nè in Isvezia; ma ora sono essi parzialmente protetti
nell'una, bene accolti nell'altra, ed onorati nell'ultima. E
l'illuminato Regnante di Baviera non è che due anni che gli ha
formalmente naturalizzati per tutta l'estensione de' suoi dominj.

La Polonia è il paese in cui gli ebrei si sono sempre trovati in più
gran numero, e dove hanno essi ottenuta la maggiore facilità per
esercitare il loro Culto, e trarre liberamente partito dalla propria
loro industria: è là sopra tutto, dice Basnage (_Lib. X. Cap. 35. p.
968._) dove si odono gli alti ripetuti clamori sulla massima
impossibilità in cui sono i cristiani a sostenere la concorrenza cogli
ebrei, non meno in numero, che in ricchezze, in talenti, ed in
Commercio. Quindi è che ogni traffico che mirasi esercitare in tutta
l'estensione di quello stato, resta dall'influenza delle combinazioni
abbandonato interamente in potere degli ebrei.

Era già da lungo tempo che questi venivano trattati con molto maggiore
dolcezza, umanità, ed una politica infinitamente più sana di ciò che
scorgevasi per lo passato in varie Città dell'Italia, e partitamente
negli stati già dominati dal Pontefice Romano dove da molti anni
godevano de' vantaggi ragguardevoli, e la Condotta irreprensibile de'
medesimi gli faceva continuare di meritarli.

Reca certamente stupore di rilevare dall'Istoria gli stabilimenti
considerabili ch'ebbero da tanti secoli, e che hanno attualmente ancora
gli ebrei per tutto l'immenso territorio del dominio musulmano, le
esenzioni cospicue che vi godettero sempre, e che vi godono, e
l'ascendente assoluto ch'essi prendono sull'animo de' grandi, e de'
primarj Magnati dello stato, non meno che sullo spirito degli stessi
Sovrani, senza escludere ancora le medesime Potenze Barbaresche (103).

La Spagna, e il Portogallo sono forse i soli stati nel mondo che sieno
rimasti in tutta la ferina barbarie de' loro vetusti inveterati
pregiudizj, e de' quali non avvi apparenza che possano pervenire ad
emendarsene giammai, rimarcandosene inoltre, e non senza stupore, che
quegl'individui ancora fra gli ebrei, i quali s'inducono alla
conversione dalla loro fede, sono così pure nominatamente distinti da
coloro nati ortodossi col carattere offensivo di _nuovi
cristiani_ (104).

L'Olanda, e l'Inghilterra si arricchiscono considerabilmente dopo molti
secoli degli ebrei espulsi da entrambi i testè menzionati Regni; e che
senza calcolare la loro industria, ed i loro talenti, essi vi hanno
portato sovente delle dovizie innumerabili. È colà dove gli ebrei sono
il più rapprossimati de' Diritti dell'uomo, e del Cittadino; ed è là
parimenti dove si fanno quelli distinguere come individui, ad ogni
riguardo, infinitamente utili allo stato; e non è che un istante che noi
venghiamo di fare menzione onorevole degli ebrei abitanti
nell'Inghilterra dichiarati capaci di naturalizzazione, in forza di un
atto del Parlamento emanato l'anno 1753. e che avrebbero conseguito
agevolmente se la resistenza irrazionale del Popolo allarmato dalla
corruzione del ministero allora siedente, nel modo che io lo provai a
sufficienza, non lo avesse fatto revocare l'anno seguente[.]

Federigo il Grande in Prussia, Giuseppe Secondo in Alemagna, e Leopoldo
in Toscana dimostrarono con sensibili esempi ad evidenza quanto valgono
gli ebrei, laddove sono i medesimi trattati con giustizia, con umanità,
e con favore. Le distinte prerogative, e le rimarcabili esenzioni che ha
questo popolo goduto in superiore grado per lungo periodo di Anni in
que' tre felici stati fanno dimostrativamente conoscere che la prosapia
d'Israel è suscettibile ancora di una chiara elevata Civilizzazione,
sempre che le Leggi sieno esse pure civilizzate, sagge, e
tolleranti (105); e provano efficacemente ad un tempo, che dessa può
aspirare meritamente ad un rango qualificato nella società degli altri
popoli della terra, sempre che accordato venga alla medesima il favore
d'essere governata da sovrani più filosofi che devoti, da principi
tolleranti, benefici, e illuminati.

Ora passiamo brevemente ad investigare quale sia stata la condizione
degli ebrei negli stati dell'antica Francia, e quale quella in cui si
ritrovano essi nella moderna. Tale indagine metterà, senza dubbio, il
colmo alla persuasione che ci siamo per tante vie proposti di insinuare
nello spirito abbacinato degli accaniti nemici di questo Popolo.

Il primo stabilimento degli ebrei nella Monarchia francese è per noi sì
oscuro, quanto ci riesce presso che impenetrabile quello fissatovi da
essi in tutte le altre, di cui fu da noi fino ad ora sufficientemente
ragionato.

Per altro, se si dee prestare fede agli storici, la dimora di questa
Nazione in tale parte d'Europa rimonterebbe ad un epoca notabilmente
avanti la devastazione del secondo Tempio (_Lechmann Chron. Spir. Lib.
V. C. 37. p. 472._). Ma senza rigettare questa opinione come
improbabile, nè adottarla come sicura, che il domicilio di questo Popolo
in Francia fosse antichissimo, chiaro lo dimostrano le Leggi de'
Borghignioni emanate da Gondebaud loro sovrano, verso il secolo 15.
relativamente agli ebrei (106).

Ma qualunque sia stato lo stabilimento della nazione Israelitica sopra
il suolo della Francia de' secoli decorsi, essa più non contava
attualmente nelle sue antiche provincie, Corpo, di sorte alcuna, di
questo Popolo, a meno che eccettuare si volesse un discreto numero di
ebrei Portoghesi i quali godevano in Bordeaux, ed in Bajon de' privilegj
ragguardevoli, accordati loro dallo stesso Enrico Secondo, che il primo
in quegli stati dette il segnale delle guerre di religione. Ve n'era
d'altronde una certa quantità ne' paesi un tempo appartenenti alla sede
rom[ana] in Francia, siccome se ne trovano sparsi in un gran numero
nell'Alsazia, e nella Lorena, dove ad eccezione del diritto d'Autonomia,
essi erano concentrati e oppressi come potevano esserlo qualche secolo
fa in Alemagna, o in alcuni paesi dell'Italia.

Del resto se gli ebrei abitanti in Francia furono per qualche intervallo
di tempo all'eccesso male trattati dalle insensate Leggi dalle quali era
essa diretta, governata, e dalla superstiziosa intolleranza di coloro
che la governavano: se quelli ritrovarono un _Childebert_ loro
persecutore inesorabile; un _Chilperick_ che gli costringeva colla
violenza a battezzarsi; un _Clotario_ secondo che gli privava di ogni
umano diritto; e _Dagoberto_ Primo il quale non attentava meno che alla
estirpazione totale dell'Israelismo dalla Francia; essi ebbero il
contento di vedere trasformato il loro calamitoso avvilimento sotto il
felice dominio di _Carlo magno_ e sotto quello di _Luigi il Buono_, in
un auge di gloria, di esultazione, e di trionfo (107).

Tale fu dunque per il corso di molti secoli lo stato in cui si ritrovò
il popolo d'Israel in Francia fino a' tempi dell'ultima Rivoluzione,
epoca in cui si vide proclamare que' benefici Decreti de' 28 Gen. e 16.
aprile 1790. co' quali l'assemblea azionale reggente allora quello
stato, costituiva Cittadini Attivi tutti gli ebrei dimoranti dopo tre
Anni entro il territorio francese (108).

Ma tutti questi salutari vantaggi, tutte queste notabili preferenze
delle quali ha il popolo ebreo goduto dopo un certo periodo di Anni
sotto le provvide Leggi di vari umani, benefici, e illuminati regnanti
della terra, non furono che la debole Aurora di quel fulgido meriggio,
che il gran Dio de' suoi avi gli preparava per il secolo avventurato in
cui viviamo. E solo a' nostri giorni che l'opera eternamente memorabile
compiere si dovea per l'organo potente d'uno di que' sublimi genj, che
l'alta Provvidenza invia bene di raro fra gli enti ragionevoli per
confortarli nelle loro pene, per ricompensarli delle loro virtuose
azioni durante l'instantanea permanenza di essi in questo mondo; essa
dunque prescelse degnamente fra i suoi eletti il grande, l'incomparabile
_Napoleone_ onde reintegrare l'abbattuta, e derelitta prosapia d'Israel
ne' suoi quasi perduti diritti, rimarginare le di lei piaghe, riguardate
fino ad ora presso che insanabili, e consolidare felicemente la sua
politica morale rigenerazione, nella guisa medesima che gl'impenetrabili
arcani dell'Essere Supremo destinarono in altro tempo gli Antiochi, i
Pompei, i Titi, gli Adriani, e pochi altri per istraziarla, disperderla,
e ridurla senza speranza di lena, o di conforto agli estremi periodi
dell'abbiezione, della calamità, della miseria; a questo eccelso Monarca
era unicamente riserbato l'espediente infallibile e salutare onde
renderla migliore, rendendola più tranquilla, più saggia, più felice;
verità che noi ci disponghiamo a mettere in chiaro giorno in tutta la
sua forza, ed estensione, nel capitolo immediatamente seguente.

(100) Benchè dietro quanto fu da noi significato ne' capitoli
antecedenti, più non debba oggi rimanervi alcuno che dubiti un solo
istante della verità delle nostre esposizioni a questo riguardo, pure
desistere non posso di aggiugnerne poche altre ancora per dimostrare a
quale grado gli ebrei si sono fatti sempre, ed ovunque distinguere nel
mondo per la loro fedeltà leale e per il loro integerrimo affetto a quel
qualunque governo a cui il destino delle armi gli rendevano sottomessi:
tanto è ciò immaginabile che Alessandro il Macedone persuaso, per
isperienza, di questa verità, volle in qualche modo ricompensarli,
concedendo loro la provincia di Samaria coll'esenzione del tributo; ed
allorchè fece fabbricare Alessandria vi stabilì degli ebrei co'
privilegj medesimi che godevano gli altri Cittadini, al segno che (per
quanto ci assicura _Flavio_ _12. Antiq. 2._) i//l\\ medesimi portavano
fin anche il nome di _Macedoni_.

E se il primo de' Tolomei allorchè prese Gerusalem per inganno, condusse
gli ebrei prigionieri in Egitto, diramandoli fino all'estremità della
Cirenaica; avvedutosi poscia della sua ingiustizia, gli ripristinò nella
di lui confidenza, ne aggregò un gran numero nelle sue guarnigioni, e
gli protesse al grado che ne attirò un affluenza considerabile di altri
a domiciliarsi ne' suoi stati; e Filadelfo di lui figlio redense tutti
gli ebrei che erano schiavi sotto i suoi dominj, e mandò una gran
quantità di doni in Gerusalem in ricompensa della traduzione che aveva
egli a' medesimi commessa del Pentateuco di Mosè (_Jos. Flav. Ibid._): E
di quanti rimarcabili favori non gli hanno molti Re di Siria per tante
volte colmati? Seleuco Nicanore conferì loro il diritto di cittadinanza
nelle città fatte da esso lui costruire nell'Asia minore, e nella Siria
inferiore, non meno che in Antiochia sua Metropoli cogli stessi
privilegj di cui fruivano ancora fino sotto i Romani.

Antioco il grande finalmente in contemplazione de' notabili servigj che
ad esso renduti aveano gli ebrei, non solo concesse alla Città di
Gerusalem delle immunità e delle grazie sorprendenti, ma per vieppiù
assicurarsi della Libia, e della Frigia, le quali non erano molto
fedeli, nè costanti alla di lui autorità suprema, stimò conveniente
stabilirvi delle colonie di ebrei, loro conferendo il comando, e
l'arbitra libertà dell'esercizio del loro Culto; siccome ancora il
permesso illimitato di fabbricare delle piazze, di possedere qualunque
bene stabile, e di governarsi a loro migliore piacere.

(101) Vari scrittori fanno rapportare il primo stabilimento degli ebrei
specialmente nell'Africa fino da' tempi di Tolomeo Sotero Re d'Egitto,
il quale, per quanto ci assicura Flavio mandò varie Colonie di questa
nazione nella Cirenaica, e nella Libia, indi si moltiplicarono
eccessivamente, e si diramarono in tutte le Città di queste due
Provincie (ved. _Jos. contr. app. Lib. 2. pag. 472. T. II._ e _Antiq. L.
14. p. 695. T. 1._) col favore delle concessioni di Tolomeo, e de' suoi
successori, essi vi godevano parimenti che in Egitto la prerogativa di
cittadinanza; vi aveano i loro Magistrati particolari, e vi formavano
una specie di corpo di Repubblica, ed allorchè la Cirenaica venne colla
Libia in potere de' Romani, gli ebrei stazionati colà ottennero da
questi la piena confermazione de' loro antichi diritti, esenzioni, e
privilegj de' quali essi godevano (_Ibid. p. 799. Cap. 6._)

(102) Non debbo astenermi dal fare quì opportunamente rimarcare che il
Papa Alessandro Sesto (che tutto il mondo conosce) dette, come abbiamo
poc'anzi osservato, a Ferdinando di Spagna il titolo di _Cattolico_ in
benemerenza di avere questi proscritti barbaramente gli ebrei da tutta
l'estensione de' suoi stati, quando esso medesimo gli accoglieva
favorevolmente in tutti i dominj della sua sede, accordando loro
impieghi, protezioni, e qualità distinte: Tale è pur troppo l'enorme
incongruenza della natura umana; e tale è l'assurda contraddizione in
cui si mira essa cadere bene di frequente.

(103) Per quanto ci rapportano tutti i viaggiatori i più accreditati,
non v'ha in tutta l'estensione degli stati Maomettani un solo musulmano
distinto, sia per impieghi pubblici, sia per i titoli, o per ricchezza,
che non tenga uno, due, ed anche un maggior numero di ebrei al suo
servizio, o nella qualità di segretario, o di economo, o di direttore, o
di medico, o di chirurgo, o di finanziere; tanta è la buona fede che i
Turchi hanno generalmente parlando, negli ebrei, che coloro fra i
medesimi che hanno del talento per gli affari politici pervengono ad
occupare i primi ranghi qualificati nelle Corte orientali; ed i Principi
confidano loro bene di frequente le ingerenze le più luminose, e le più
importanti dello stato, come seguì appunto a _Pacheco_ cui l'Imperatore
di Marocco destinò Ambasciatore nelle Provincie unite nel Secolo 16.
_(mis. de Bar. Hist. univ. Juiv._), ed a tanti altri, benchè gli ebrei
sieno in corpo esposti sovente ad ogni sorta di avarie, come lo sono i
Cristiani Greci specialmente i quali vivono soggetti al dominio
Maomettano.

(104) Tale è il carattere detestabile di entrambe queste superstiziose
Nazioni; ma esse non sono già le sole {{per altro,}} nella Cristianità a
procedere in tal foggia verso i Catecumeni ebrei; v'ha fin anche de'
popoli i quali dopo di avere, come dimostrammo altrove, ferocemente
usata ogni violenza, ed ogni frode per attirare de' proseliti ebrei a'
fonti battezzimali, gli abbandonano in seguito all'inedia,
all'avvilimento, all'ignominia, rigettandogli come più spregevoli degli
esseri, insultandogli sovente, e non curandogli giammai: infatti quanti
ve n'ha di questi che ridotti agli estremi della disperazione, sono
astretti a mendicare laceri, e famelici per le pubbliche contrade, o una
miserabile moneta che non è appena sufficiente per impedir loro di
morire, ovvero un tozzo di pane muffito, e nero, che non avrebbero
voluto, essendo ebrei, porgerlo ad un loro simile per timore di
nuocerlo. Sono questi forse i vantaggi che ritraggono coloro che si
abbandonano alla fede? Così dunque ricompensa la chiesa romana
gl'iniziati ne' suoi mistici arcani!

(105) Noi attribuiamo sovente alla natura delle cose, dice un critico
moderno, alle quali vogliamo con la forza delle Leggi provvedere, ciò
che deriva da' mezzi che s'impiegano per ottenere il fine propostosi.
Quindi è per che sì di frequente si fanno Leggi pessime, e
insofficienti, e che per conseguenza non si arriva a conseguire il fine,
che ha avuto in mira il Legislatore, e per ciò assurdamente si opina non
essere possibile riescire nell'impresa. In varie parti di mondo si sono
fatte delle Leggi relativamente agli ebrei; ma siccome poche fra queste
ebbero per iscopo il meglioramento di essi, si giunse follemente a
conchiudere che non ne erano capaci, e che inutili per tale oggetto
riuscivano le Leggi: quale insana deduzione! Proscriv//ete\\{{asi}}
dalla società, grida Mirabeau, ogni distinzione avvilente per essi,
apr//ite\\{{asi}} loro tutte le vie di sussistenze, e di acquisti,
facciansi delle Leggi che gl'incoraggischino {{a dedicarsi}} alle arti,
//ed\\ a' Mestieri, ed alle scienze, che gli pongano, e gli mantengano
in possesso di tutti i diritti di Cittadini, e bentosto questa
Costituzione equa gli porrà nella classe de' membri i più utili allo
stato, e riconoscere//te\\{{mo}} allora come queste Leggi utili, e
salutari per elleno medesimi rimedieranno, ad un tratto, a tutti que'
mali che loro si //......\\ sono fatti, ed alle mancanze, delle quali
furono essi costretti a rendersi colpevoli: _cette nation a reçu de la
nature comme toute autre la faculté de devenir la meilleure et plus
heureuse & c'est une entreprise favorable à l'humanité ordonnée par la
Justice, invoquée par une saine politique, d'améliorer sa situation_
(_Esprit de mirab. T. II. Lib. IX. Phil._)

(106) L'una di queste Leggi delle quali parliamo fa chiaramente vedere
che gli ebrei erano sparsi negli stati di questo Principe, che
comprendevano una parte della Provenza, il vivarese, il Delfinato, la
Savoja, il Lionese, il Ducato di Borgogna, la franca contea, e la
Svizzera. Fa duopo credere che essi fossero in gran numero nella massima
parte delle Città di questo Regno, il quale avea per capitale il Paese
di Vienna, poichè lo scopo essenziale di questa Legge, che
verosimilmente apparire ci potrebbe alquanto rigorosa era di reprimere
gli inconvenienti gravi risultanti dalle questioni religiose che si
suscitavano assai di frequente fra essi, ed i Cristiani (ved. _Lex
Burgund. add. Tit. XV. in Cad. Leg. antiq. p. 305._)

(107) Gli onori de' quali furono gli ebrei colmati sotto questi due
monarchi sono inesprimibili, siccome anche l'ascendente che alcuni
individui di quella nazione acquistarono sull'animo de' medesimi, pare
al di là del verosimile. Un ebreo chiamato _Isaak_ seppe sì bene
cattivarsi la confidenza del primo di que' menzionati Principi, che
questi lo destinò per accompagnare i Conti _Lautfrid_, e _Sigismondo_,
che mandò in ambasciata al Califfo _Alrashid_, il quale regnava in
//Gerusalem\\ Asia con molto maggiore fasto, e splendore, di c[iò] che
dominasse in occidente il più formidabile Principe cristiano di que'
tempi (_Chron. orient. p. 57._) Ma siccome i due Ambasciatori cristiani
morirono in Cammino, Isaak evase con molta intelligenza da per se solo
l'importante commissione affidata a' medesimi. Questi ricevè in detta
corte tutti gli onori che erano dovuti al suo Carattere, ed esso ne
partì ricolmo di magnifici doni per Carlo Magno (ved. _Elmarc. Ist.
Saracen. Lib. 2. Cap. 6. p. 112._ E _Abulfar. Ist. Dynast. p. 150._)

Il credito degli ebrei si accrebbe considerabilmente sotto il Regno di
Luigi il Buono, figlio, e successore di Carlo Magno; egli non cessava di
testificare a' medesimi delle marche di sua benevolenza in loro favore.
I Cortigiani stessi non cessavano di ricercare con trasporto la loro
amicizia, reputando un onore sommo il possederla: essi dicevano
altamente che bisognava rispettare la posterità degli antichi
patriarchi, si raccomandavano alle loro preghiere, e riconoscevano con
eguale rispetto il medesimo loro Legislatore. Le femmine ebree
partecipavano delle Liberalità stesse di cui erano fregiate le
Principesse del sangue e le dame le più qualificate della corte, le
quali mandavano elleno de' Cospicui abbigliamenti, e delle ricche
suppellettili. Una si potente protezione fece risorgere
considerabilmente quel popolo il quale era stato all'eccesso avvilito
ne' secoli precedenti (_Agob. Epist. ad Nibr. p. 105._)

(108) Le stesse accanite opposizioni che ha incontrato il Bill
dell'Inghilterra, quando trattavasi di accordare la naturalizzazione
agli ebrei di quello Stato, come già dimostrammo, si sarebbero suscitate
senza dubbio, in Francia nella medesima occasione di cui parliamo, se
coloro che in quell'epoca vi presedevano fossero stati del pari deboli,
o poco energici, come lo fu l'anglico parlamento all'eccesso di
lasciarsi vilmente imporre dalla feccia del popolo allarmata dallo
spirito di superstizione, e di perfidia da cui era essa orribilmente
predominata: mostri che giammai seppero allignare nel petto de'
francesi.



                              Cap. XIII.

 Come questo Popolo dopo sì lungo tempo soggiogato, e vilipeso ovunque
    da nazioni se-dicenti illuminate, potè oggi meritare gli augusti
 riguardi del più eccelso monarca della nostra età, fino a reputare la
sua civilizzazione un oggetto degno d'interessare le sovrane paterne sue
                                Cure.


Decorsi già si videro pur troppo mille sette cento e cinquant'anni di
cattività, e di desolazione da quando il Popolo ebreo vivea
nell'obbrobrio gemente sotto le umilianti catene dell'oppressione, da
che le cerimonie essenziali al suo culto erano interamente abolite,
tutta la gerarchia della sua sinagoga rovesciata; le sue tribù e le sue
famiglie confuse, i suoi sacrifizj soppressi, atterrati gli altari,
senza che durante sì lunghissimo intervallo si manifestasse alcun
apparenza di sollievo nè di conforto. L'Avvenimento è a la verità de'
più strani, senza che l'Istoria di niuna età del mondo ce ne offra
l'esempio. Una seconda circostanza fatale rende più rimarcabile questo
inaudito prodigio; poichè questa nazione disgraziata, e avvilita non
trovava un solo spazio in tutta la superficie della terra in cui essa
potesse riposare tranquillamente la sua testa, nè collocare con
sicurezza il di //lui\\{{lei}} piede; essa era migliaia di volte passata
freddamente al traverso de' torrenti di sangue che lo zelo feroce delle
sette che ha essa medesima create gli avea fatto spargere impetuosamente
sopra ogni angolo dell'universo, e malgrado ciò la discendenza d'Israel
vi si è sempre conservata; e tutti que' tratti di accanita barbarie che
l'ignoranza e il fanatismo facevano per tante volte esercitare contro di
essa, non ebbero nè forza, nè attività sufficiente per farle cessare di
esistere, o per annientarla dal ruolo de' viventi; essi altro non fecero
che indebolire le sue forze, e paralizzare il suo spirito; e ad onta
delle truci inesorabili persecuzioni del papista, del protestante, del
musulmano, e dell'idolatra fieramente confederate insieme per il suo
ultimo inevitabile sterminio, il popolo d'Israel esiste ancora (109).

Uno spettacolo si commovente non potea a meno di penetrare il sensibile
cuore magnanimo di un Monarca fatto per essere il vero modello esemplare
de' Regnanti, il Baluardo inespugnabile de' giusti, ed il padre clemente
de' fedeli suoi popoli: fra le più alte importanti sue Cure una fu
quella di vendicare la natura stoltamente oltraggiata dall'umana
superstizione, umiliare i superbi, sollevare gli oppressi, proteggere
l'innocente contro gli assalti proditorj della calunnia, e fare, in
ultimo conoscere al mondo che gl'Israeliti erano uomini, e quindi
suscettibili di tutte le prerogative essenziali ammesse a questa specie;
l'opinarlo, il volerlo, e l'eseguirlo non fu che l'opera di un solo
rapido istante. Attonito restando della rara generosa costanza colla
quale seppero essi mantenere, e difendere (colle uniche troppo deboli
armi d'una macchinale rassegnazione) e coltivare assiduamente collo zelo
il più intenso, la edificante Religione de' loro padri per si lunga
continuazione di secoli (110); sdegnato dalle tante orride sciagure che
in ricompensa di tale ammirabile fermezza facevasi loro tenacemente
soffrire ovunque, dalla prima infanzia del Cristianesimo, fino a' tempi
odierni (111), risoluto concepisce il vastissimo disegno di eseguire ciò
che i più potenti Sovrani della terra hanno per reiterate volte
inutilmente intrapreso nelle epoche decorse; ma però fra tutti quelli
non contavasi già un _Napoleone_ Primo alla di cui augusta presenza non
avvi alcuno che resista, e qualunque anche più spinosa difficoltà resta
molto facilmente appianata, cede senza ritegno al suo supremo volere. I
Federighi Secondi, i Giuseppe Secondi, le Caterine di Russia, i Leopoldi
ed alcuni altri avanti questi ne concepirono l'idea, lo tentarono
sovente senza successo; questo eccelso prodigioso assunto era unicamente
riserbato al grande, all'invitto Rigeneratore d'Israel.

Or fremino pure a voglia loro cogli _Eisenmerger_, co' _Bielefeld_, co'
_Michaelis_, co' _Poujol_, e co' _Bonald_ tutti que' meschini
declamatori, che osarono inferocire per tante volte contro la causa la
più esimia che la filosofia, e la natura insieme abbiano in alcun tempo
sostenute; esse ne sono già bastantemente vendicate, e trionfante quella
in ultimo rimase de' suoi caparbi, e snaturati persecutori, i quali più
non rammenta oggi la Nazione d'Israel che con disprezzo, mercè l'augusto
Impero della Ragione affidato dall'Eterno autore della natura al
provvido Consiglio del //franco\\ franco Italo Regnante per conforto di
questo popolo vessato già da tanti secoli in mille spietate guise
differenti, che ripugnano l'indole medesima dell'essere umano.

Possa bentosto compirsi, o sovrano magnanimo, l'opera eccelsa che sì
gloriosamente cominciare vi piacque. Riconosca da essa la derelitta
famiglia di Sion il benefico vostro zelo augusto, come l'unica, e la più
solida base di sua perenne felicita! Verrà ben presto il giorno, e di
esso comparire già si vide il crepuscolo ridente in cui a vilipendio
eterno de' reprobi nemici dell'umanità, che futilmente distruggere
tentarono opera si portentosa e sì sublime, essa formerà l'oggetto
dell'ammirazione universale di tutto il mondo, e la gloria indelebile
dell'Eroe autore risuonerà dall'uno altro Emisfero.

E tu venturato Israel, lena riprendi ti riconforta! Il tempo divoratore
di quanto esiste sulla terra ha ormai seppellita in perpetua obblivione
l'esecrabile reminiscenza de tuoi perversi ed insensibili oppressori, e
se alcuno per fatale combinazione tuttavia mirasi esistere fra noi
sfuggito forse all'indefessa vigilanza del tuo Augusto Liberatore, esso
non tarderà guari a soccombere sotto la spada ultrice delle sane, quanto
eque, ed ammirabili sue Leggi, e sobire così la ria sorte medesima che
debbono provare gl'insensati ribelli della natura, ed esso intanto unito
a' satelliti suoi atterrito, e fugare corre tosto a seppellirsi coperto
d'ignominia taciturno, e confuso nel vortice immenso delle sue criminose
passioni da cui lo trassero un giorno i suoi deliri per flagello de'
suoi simili, e così di nuocerti la minima possanza più non gli resta.
Profitta dunque (nè un solo momento esitare tu dei) della disfatta
estrema di esso; infausto può a te riuscire ogni ritardo; sfuggire non
lasciare que' fortunati istanti ne' quali è a te accordato di respirare
tranquillo il delizioso ambiente di una memorabile rigenerazione
salutare, che dal Dio superno protettore degli avi tuoi ti è oggi
amorevolmente destinata.

E voi finalmente, o uomini, che con giusti attributi acquistate
l'assoluto diritto di comando sopra gli esseri umani vostri simili da'
quali siete meritamente riguardati sovrani della Terra! Rammentatevi che
tali voi non siete, se non se ad oggetto di rendere felici que' popoli
che la sorte fortuita delle armi ha renduti subordinati al vostro alto
potere (112); studiatevi pertanto unanime d'imitare il più Benefico de'
sovrani, l'Eroe Napoleone, sopprimendo da' vostri stati perpetuamente ad
esempio di questo illuminato Monarca di tutte quelle odiose distinzioni
che formano l'obbrobrio eterno di colui che vi acquiesce, o le
autorizza, e denigrano turpemente l'esimia specie dell'uomo; il vero
proprio interesse è impegnato non meno urgentemente di ciò che lo sia la
solida felicità de' vostri subalterni, affinchè gli esseri umani sieno
tutti riguardati in egual grado, in condizioni eguali, siccome tutti
scaturiti da una stessa identica origine, onde tutti gli enti dotati di
ragione sieno indifferentemente animati a veri comuni vantaggi della
patria, ed alle utili produzioni; e così le scienze vi faranno
altrettante nuove conquiste, quanto saranno per elleno medesime
abbondanti le ricompense liberali che voi profonderete al felice
progresso delle arti, e delle Scienze; fate che nulla vi sia
d'impenetrabile allo Spirito di chiunque individuo umano, nè al prode
valore de' vostri subalterni; e che, in ultimo, fra i luminosi trofei
che decorreranno le vostre giuste imprese, la superstizione, e
l'ignoranza sieno i primi de' funesti perturbatori della pubblica
tranquillità delle nazioni che avrete col massimo impegno soggiogati,
depressi, e combattuti

(109) Da tutte queste calamitose peripezie (da noi già per tante volte
descritte nel corso di quest'opera e partitamente rimarcate quanto era
duopo nella nostra Introduzione Preliminare) gli ebrei traggono dalla
loro parte un soggetto di gloria, di trionfo, e di esultazione, e
sostengono sempre colla più insistente asseveranza, che la loro Nazione
è il cuore dell'universo, volendo forse inferire con ciò essere la
prima, per che la più antica di tutte quante adorarono sulla terra il
Dio di Verità: _Israelitæ inter populos sunt instar Cordis ad reliqua
membra_ (ved. _Buxtorf._ in Lib. _Cuzarj_).

Essi appoggiano questa ferma persuasione sopra ciò che è loro assicurato
dal Profeta _Amos_, ed anche da vari altri che Dio non conosce ch'essi
fra tutti i popoli della terra, e che a cagione appunto di simile
preferenza egli non cessa di reprimere i difetti de' medesimi e di
emendare i loro travviamenti col mezzo delle tante sofferenze delle
quali sono essi da sì lungo tempo le vittime. E in tanto alimentati da
simile illusorio conforto un secolo vedea succedere l'altro, e la
desolazione d'Israel succedevasi con esso parimenti ognor più crudele, e
sempre più disperata.

(110) A fronte delle innumerabili tormentose oppressioni sotto le quali
ha in ogni tempo gemuto, come lo abbiamo per tante volte dimostrato, la
sventurata stirpe d'Israel, per altro, rimanere si vide sempre fedele
alla Religione de' suoi vetusti Patriarchi fondatori; ad onta parimenti
de' supplizj, de' roghi, delle confische, e delle _apostoliche_ torture
che ne fecero per tante volte nel mondo uno strazio crudele, ciò nulla
ostante quel popolo offre anche attualmente lo spettacolo commovente, e
incomprensibile alla mente dell'uomo di una immobile colonna superstite
all'impetuoso torrente de' secoli; e se la primitiva origine di questa
Nazione (siccome lo rimarca sensatamente un oratore insigne
dell'Assemblea degl'Israeliti convocata in Parigi l'anno 1806) risale
all'antichissima culla del genere umano, sembra che le sue reliquie
debbano conservarsi fino al giorno dell'estrema sua Consumazione.

(111) Per molto che abbiano ponderatamente dissertato le penne anche le
più classiche, e le più scienziate, ad oggetto di pervenire a conoscere
la vera positiva sorgente d'un odio talmente inveterato, e sì antico,
quale è quello che tutte le nazioni del mondo, senza eccettuarne forse
alcuna, hanno sempre nutrito concordemente contro gli ebrei, niuno ha
mai saputo dare fino ad ora delle ragioni verosimili almeno se non
certe.

Io, per altro, senza risalire col pensiero fino ai tempi da noi troppo
lontani, m'indurrei di proposito ad opinare che questo miserabile astio
universale, che per quanto apparisce dalla scrittura medesima può datare
dal primitivo stabilimento del Giudaismo, non debba in origine conoscere
che due sole genuine cagioni; la prima si è quel disprezzo fermo, e
deciso, che l'individuo Israelita ha ognora, e per tutto manifestato,
per gl'idoli, o pagodi, gli Dei, e semidei conosciuti e adorati da tutti
gli altri popoli del mondo antico: la seconda poi si è quella ridicola
primazia (di cui parlammo nella nostra Introduzione) che la Comunione
d'Israel pretese fare in ogni tempo valere preferibilmente a qualunque
altra nazione dell'universo, ciò che sempre la rese isolata da tutte
queste, e alimentò una perpetua vicendevole antipatia fra di esse.

(112) Se nella quantità considerabile de' Regnanti, che la Storia di
ogni secolo del mondo ci addita avere di tanto in tanto dominato sopra
la terra, se ne annovera di quelli che n'erano pur troppo affatto
indegni, essa per compenso ce ne mostra così pure degli altri,
nell'animo de' quali era una volta riuscito alla Ragione di fissare la
sua fede, alla giustizia il suo tempio, alla clemenza il suo sostegno, e
dove la filosofia era gionta a penetrare i suoi raggi benefici per
illuminarli, e fare ad essi conoscere in ogni senso i veri loro
interessi. Mercè l'opportuno soccorso di tali provvidi lumi, essi
pervennero a comprendere chiaramente, che un Re non saprebbe essere
ingiusto co' popoli ad esso lui subordinati, senza essere nel tempo
medesimo il tiranno contro se stesso per che tutti i mali dello stato si
rendono ad esso necessariamente personali.

Esempio ammirabile! Sublime Lezione! Per che mai non v'introducete voi
entro il cuore indurito di que' deboli sovrani che ripongono il proprio
fasto nella miseria de' rispettivi loro popoli, che non si arrendono
giammai ad altra voce che all'orribile trillo delle tumultuose passioni
dalle quali sono essi furiosamente predominati, per farne eglino capire
intimamente che se giusti non sono, saggi, benefici, e tolleranti, meno
ricchi saranno, meno felici, meno potenti? Poichè il Regnante non è
grande, se non se della grandezza de' propri sudditi, non è opulente che
nelle loro dovizie, non è forte che per l'unione de' medesimi; ed ogni
suo interesse è indissolubilmente vincolato a quello di essi, ne viene
per conseguenza che tutte le di lui mire debbono aggirarsi unicamente a
rendere felici quelle popolazioni che sono a quelli sottomesse: _Le sort
des armes_ (dice, per quanto Elvezio ci rapporta, un filosofo indiano a
_Tamerlan_ Imperatore de' Tartari) _nous sommet à toi; es'-tu marchand?
vend nous es'-tu bucher? Tue nous; es'-tu monarque? Rend nous heureux._
E quale sovrano potrebbe a lui d'intorno sentire, senza ribrezzo, un
simile rimprovero?

Per me diceva _Seneca_ il filosofo, se è permesso a' mortali di
giudicare degli arcani divini, io credo fermamente che i Principi non si
possano per altri mezzi procurare una felicità inalterabile che per
quello di creare de' felici: _Quin ego si fas piumque mortalibus
æstimare celestia nullam majorem crediderim esse Principum felicitatem,
quam fecisse felicem._ _De Benef._

Tale è per se stesso realmente il vero, e l'unico sentiere che può
condurre con sicurezza un sovrano della terra all'immortalità più
luminosa, e di tutti i suoi tesori, e di ogni suo fausto, questo è il
solo certamente che possa consolidate la sua gloria, e perpetuare la sua
riputazione al grado più elevato a cui possa l'uomo inalzarsi sopra la
terra.



                              Cap. XIV.

   Un'assemblea de' più ragguardevoli fautori della credenza di Mosè
   dall'Augusta deliberazione di sì Magnanimo Sovrano, viene per tal
     effetto convocata nella Metropoli della Francia, ed in faccia
 dell'universo, la Rigenerazione d'Israel è solennemente proclamata.


Nel modo stesso che una venefica preparazione si è per tante volte
veduto servire d'antidoto efficace contro gli effetti letali di un
rodente veleno, così appunto nel caso nostro un disordine orribile
produsse il sommo, e il più salutare di tutti que' beni che l'uomo possa
in verun tempo conseguire nella sua vita.

In mezzo di tutti que' distinti memorabili vantaggi de' quali godevano
pacifici gli ebrei abitatori della Francia, e dell'Italia dopo il fausto
avvenimento a entrambi questi due troni dell'Imperatore Napoleone, pare,
nulla di meno, la loro sorte era tutta via mal sicura, e fluttuante.
Questo inclito Monarca il quale avea già riempiuto l'universo dello
dello strepito squillante delle di lui gloriose gesta, e dell'alta
imperibile sua fama, profuse non avea esso ancora le splendide
testimonianze delle paterne sue Beneficenze sopra uno de' popoli i più
sventurati de' suoi felicissimi dominj; ma de' più esatti, e fedeli
osservatori delle ammirabili sue Leggi, e mentre che disponevasi forse a
pronunziarle, una folla di reclami accorrono a denunziare a piè del
Trono varie ingiustizie, ed estorsioni commesse a danno di certi modici
proprietarj da alcuni ebrei abitatori de' Dipartimenti settentrionali
dell'Impero francese. Sotto qualunque altro debole, o male prevenuto
sovrano si sarebbe veduto, senza dubbio, proporre contro i denunziati
fraudolenti de' mezzi perentorj di austerità, e di compressione affine
di vendicare que' torti de' quali erano ad essi da mille parti imputati;
ma l'Eroe clemente a cui benigna sorte volle renderci soggetti, ben
lungi dal colpirli con quegli atti di rigore, che già tante volte
gettarono la Nazione d'Israel nell'abisso d'ogni terribile
flagello (113), esso fece servire quel disordine come di base inconcussa
per il felice successo di quelle benefiche misure che serviranno ad
insinuare a questo Popolo le abitudini, e i Costumi adeguati a fare de'
Cittadini, ad ogni esperimento utili, saggi, e illuminati. Ecco in quale
maniera quello stesso crogiuolo che gli avversarj d'Israel aveano già
sollecitamente preparato, ad oggetto di raffinarvi le nuove sofferenze,
ed i tormenti di una frazione di questo popolo, e forse ancora di tutto
per consenso, diventa la fonderia opima, e inesauribile di ogni sua più
intensa felicità// (114)\\; è dunque così che il salutare imperiale
Decreto (30. Maggio 1806.) il quale sarà ne' fasti del Judaismo il
monumento il più luminoso che possa mai {{quello}} trasmettere alla
posterità, degno di eccitare l'emulazione, e lo stupore degli altri
popoli, fece in un istante convertire lo sdegno in protezione, il rigore
in provvidenza, nel modo appunto che una furibonda tempesta porta
regolarmente seco un cielo ridente, e sereno, e che un turbine di
guerra, è sovente il precursore di una pace solida, e tranquilla; e la
triste umiliazione a cui ridotto l'uno, e l'altro senza scampo l'avrebbe
trasformata si vide in decoro, civilizzazione, tripudio.

Lo scopo primo, ed essenziale dunque di si fatto eccelso Decreto si
rivolge propriamente a conferire alla nazione de' credenti mosaiti
quelle prerogative sociali, che la stupida criminosa ignoranza de'
secoli decorsi avea ad essa in ogni tempo ferocemente rifiutate, e
rimetterla ne' suoi diritti assoluti alla stima universale di tutto il
genere umano di cui essa fa parte, e dirigendola sull'ameno sentiere che
può guidarla senza pericolo all'intero possesso di una felicità
deliziosa, e permanente, renderla veramente degna dell'augusto
protettore che la sostiene, e della sventurata patria che le è da esso
amorevolmente accordata. Quindi è per ultimo, che un genio abituato a
concepire colla più saggia belicosa fermezza, quanto v'ha di utile, di
arduo e di sublime ad un tempo nell'ordine delle cose terrene; avvezzo a
tutto vedere cedere alla perspicacia incomparabile della di lui esimia
intelligenza dovea certamente ritrovare un assunto molto agevole quello
di rovesciare in un rapido movimento l'edifizio mostruoso che gli umani
smarrimenti avevano costruito in tanti secoli, e sotto le sue esecrabili
rovine seppellendo una volta per sempre tutte quelle traccie abominevoli
d'infamia e di abbjezione, che da tempo immemorabile sembrano perpetuate
sopra la terra per cospirare lo sterminio totale degl'infelici reliquati
di Gerosolima, la vetusta cospicuità di questo popolo risorgere si mira
più fastosa, e più durabile di quella dove sia il medesimo asceso in
verun epoca giammai, nè sotto alcun dominio a cui fu egli soggetto in
tante parti di mondo conosciuto dopo la di lui estrema
dispersione (114).

Per altro, tutte queste benefiche disposizioni, sebbene rivolte ad un
fine oltremodo edificante, pure aveano esse duopo frattanto di una certa
imponente apparenza di religiosa formalità che loro mancava fino a
questo momento, e senza la quale difficilmente avrebbero quelle ricusato
il loro salutare opportuno intento (115).

Una si fatta necessaria precauzione sfuggire non potea certamente in
modo alcuno alla sottile penetrazione dell'Eroe Benefattore; egli la
sentì, la vide, ne conobbe l'intimo valore, e prendere la volle
risolutamente //l...rebbe\\, onde ovviare a quest'ammirabile impresa
qualunque ostile contrasto, che avesse potuto arrestarne gli avventurosi
progressi, interromperne il corso, e allontanarlo; e poichè il popolo
non si pascola che di apparati esterni, come da noi fu dimostrato
altrove, esso volle quì ancora secondarlo, ordinarlo collo stesso
Imperiale Decreto, che una grande Assemblea composta d'individui
professanti la credenza di Mosè, e forniti di probità, di talenti, e di
coltura sarebbe immediatamente convocata nella metropoli dell'Impero
francese, e dietro le ricerche politico religiose (delle quali sarà da
noi ragionato sufficientemente) che le fossero state fatte dal
Magistrato Supremo, che avea fatto convocarla espressamente, essa
proclamerebbe in faccia dell'universo la Rigenerazione formale
dell'intera popolazione d'Israel; e così appunto accadere si vide; ma i
Capitoli seguenti ci faranno con evidenza più sensibile conoscere ciò
che fu dall'Assemblea medesima operato in questo importantissimo
assunto, non meno di quel tanto di più che da essa operare si potea in
suo speciale solido giovamento.

(113) Non mancano pur troppo, esempi nell'Istoria da farci inorridire di
questa fatale verità, e quanto fu da noi esposto, a varie riprese, fino
ad ora affine di viemaggiormente comprovarla (ved. il cap. IX. colle
annot. che vi sono comprese) non è che un debole saggio di quel tanto
che adurre si potrebbe, onde rendere più evidente che oltre le
innumerabili calamità di ogni genere, di cui si fecero gli ebrei sempre
le vittime in ogni angolo di mondo, e sotto qualunque siasi regime della
terra, spignevasi la perfidia contro di essi fino a dichiarare nulli i
loro Contratti, e ad assolvere i loro debitori dal pagamento delle somme
che avevano ricevute, e ciò sotto mendicato infame pretesto di frode, o
di estorsione, e questi miseri creditori senza difesa potevano anche
reputarsi felici se dessi non erano espulsi dal paese, o puniti in altra
guisa del male che ricevevano. E così che nell'Anno 1347. i Burgravi di
Norimberga e nell'Anno 1360. due gentilomini di Boemia furono dichiarati
dall'Imperatore Carlo IV. assolti di tutto ciò ch'essi dovevano agli
ebrei, capitale, ed interessi. L'Imperatore Venceslao fece ancora di
più: l'Anno 1390. con un editto pubblicato in ogni parte dell'Impero,
tutti i Principi, Baroni, Signori, Cavalieri, Cittadini, ed altri
sudditi dimoranti nel territorio de' franchi furono liberati, e assolti
onninamente da qualunque siasi debito contratto con individuo Israelita,
capitale, ed interessi.

(ved. _Haerbelins teutche Reich Histoire. VIII. p. IV. pag. 5 & 6._)

//(114)\\

(114) Cosa sono essi mai tutti que' vantaggi che osservammo avere
conseguiti l'ebreo sotto alcuni Principi saggi, e benemeriti
dell'umanità posti al confronto delle calamità incalcolabili alle quali
soccomberono sì di frequente sotto il regime sanguinario di tanti altri
governanti snaturati, e crudeli? E a che mai si riducono, d'altronde,
tutti que' favori de' quali si mirano colmati qualche volta gli
individui di questa nazione, livellati al cratere opposto di quelli che
la provvida mano del loro augusto liberatore compartisce ad essi
profusamente in questo istante? Quelli avevano per disegno un bene
precario, ed istantaneo, e che non limitavasi che ad una discreta esigua
popolazione; questi hanno per base fondamentale la prodigiosa
Rigenerazione universale dell'intero Corpo esercente nel mondo la
credenza di Mosè.

(115) Noi abbiamo avuto luogo di dimostrare fin quì molto sovente tale
essere appunto la meschina deficienza umana, ch'essa non cede che
all'apparenza, non si pascola che di quella, nè si arrende che alle sole
sue malefiche ripulsioni; gli oggetti i più triviali, se non ancora
forse i più spregevoli divengono sacri alla rinfusa per la moltitudine
abbrutita (la quale non giugne in alcun tempo a oltrepassarne la
superficie) quando sono corredati da quel falso brillante follemente
caratterizzato da essa collo specioso attributo di _religiosa
decorazione_; e quelli al contrario che portano daddovero seco loro {{ma
senza dimostrarsi}} l'impronta indelebile del sano, e del divino, sono
dal torpido volgo riguardati generalmente come antireligionarj, come
profani, per che trova esso mancare loro quell'orpello ammaliante, che
attrae la di lui adorazione macchinale senza riflessione, e senza esame
che offusca la sua mente, e lo confonde.



                               Cap. XV.

   Divisione di quest'Assemblea in Concilio Politico, o Civile, ed in
  sinodo, o _Gran sanhedrim_. Origine, e progresso di questo Tribunale
presso gli antichi ebrei; quali fossero l'Autorità, la giurisdizione, e
                 i requisiti del //Grand\\ Sanhedrim.


L'Alta missione affidata dal magnanimo sovrano delle Gallie, e
dell'Italia a questo ragguardevole Consesso, tutto che in superior grado
ammirabile per se stessa, nulla di meno acquistata non avrebbe giammai
si facilmente presso la totalità dell'Israelismo quella formalità
imponente, e religiosa che il bisogno urgente per se stesso esigeva, se
fosse stata esaurita solo da quello. Le soluzioni applicate agli
articoli indirizzati dalla Cesarea Maestà Reale all'assemblea
degl'Israeliti (e di che sarà da noi ragionato quanto è duopo nel
progresso di quest'opera) dovevano essere convertite in altrettante
decisioni dottrinali, affine di fare elleno prendere il carattere
autorevole che era necessario per condurle al proposto disegno salutare,
e farne quindi produrre risultati vantaggiosi che l'augusto Protettore
si prefiggeva: ciò che non avrebbe potuto per alcun mezzo effettuarsi
dalla sola prima assemblea nel modo che allora era la medesima
Costituita.

Or per deliberare dunque in un emergenza di tale guisa importante, non
vi volea meno di quella previdente saggezza, che è sì omogenea all'acume
immutabile di un Napoleone le di cui auguste mire paterne non avendo per
oggetto la sola civilizzazione politica dell'immensa famiglia d'Israel
(nella guisa ch'egli stesso rese conscia l'Assemblea per l'organo de'
Commissari delegati da esso a questo oggetto) ma la perfetta
ripristinazione ancora dell'antico suo Culto, alterato enormemente e
renduto oggi deforme, siccome ad esuberanza fu da noi opportunamente
dimostrato, da tante inutili parafrasi, e allegorie stravaganti; così
piacque ad esso risalire fino all'epoca distinta in cui la Nazione tutta
d'Israel era diretta onninamente da un tribunale dotto, e venerabile che
decideva i suoi destini, che formava il suo più luminoso decoro, e che
cadde, e si disciolse insieme col tempo. E questo rinomato _Sinedrio_
che risorgere ei fece con distinta comparsa nel Centro della sua vasta
capitale, affine di rendere a quel popolo il servigio importante di
migliorare la di lui sorte, illuminarlo intorno i suoi veri interessi, e
fissare sopra basi permanenti, ed inconcusse un metodico infallibile
nuovo sistema di credenza, sulle traccie medesime uniformi di quella che
trasmessa venne da Mosè a' suoi posteri; e sebbene a tanta impresa
edificante non siasi tutta via completamente pervenuti (come sarà da noi
successivamente rimarcato) nulla ostante non si ommise dalla prima
assemblea di esaurire con ogni acume ed esattezza possibile quanto era
stato alla medesima richiesto dal Benefico Sovrano che l'avea fatta
convocare, dal momento della di lei installazione seguita il 26. Lug.
1806. fino alla sua totale dissoluzione accaduta ne' primi giorni di
febb. 1807 colla promozione del _Gran sanhedrim_ che fu a quella
immediatamente sostituito, ad oggetto di triturare, e sanzionare più
autorevolmente, come si disse, quelle materie le quali erano già state
antecedentemente discusse, ed agitate dalla prima assemblea; e in ciò
questo pure vi è riuscito mirabilmente; e quanto fu operato da esso,
durante la di lui permanenza di un intero bimestre, corrispose in
qualche parte l'aspettazione di tutto il mondo, e soddisfece //nel\\
{{ad un tempo}} medesimo le brame salutari del sensibile Monarca
promotore.

Tali sono dunque i fondati motivi di sifatta Divisione in sinodo
religioso, ed in Assemblea politica. Ma avanti di passare al detaglio
analitico delle operazioni di entrambe queste rispettabili Adunanze, ci
veggiamo costretti di arrestarci qualche breve momento sul proposito del
Sanhedrim, affine di potere rinvenire colla maggiore chiarezza che ci
sarà possibile l'origine sua, e le sue principali attribuzioni per tutta
l'estensione della Giudea, essendo questo un tribunale che a molti
differenti riguardi, tutti del pari utili, che interessanti, merita di
essere ampliamente conosciuto, ed è questo appunto lo scopo nostro del
momento.

Gli ebrei, d'accordo uniti a vari critici accreditati (_Goesii, Pilatus
Judex animadvers. p 4. 6_, e _14._ _Suren. in misnah. Tit. Sanhedrim
Pref._ _Brunus de Bened. //XIV\\ XII. Patriar. p. 82._ _ferrand. Réflex
sur la Relig chret T. II. p. 26._) fanno rapportare l'origine del
sanhedrim fino a Mosè il quale (siccome abbiamo dalla scrittura)
oppresso dall'enorme affluenza delle controversie che erano al medesimo
portate incessantemente da tutto il popolo domandò di essere sgravato da
una soma che di gran lunga eccedeva le sue forze per sostenerla; fu
allora che Dio gli //Commise\\ {{commise}} di dividere questo peso con
70. Senili scelti dal popolo, e che desso animò del suo Spirito Divino
(Exod. C.    v.   ) ciò che fu dal medesimo tosto eseguito. Ecco infatti
il più valido appoggio che produrre si possa in favore dell'antichità
del Sanhedrim, senza che altri monumenti ce ne restino per comprovarla.

Or l'inferire dell'esposto l'epoca originaria del Magistrato di cui
parliamo, sembrami lo stesso che volersi prefiggere di non provarla,
mentre dalla medesima scrittura troppo chiaro si comprende che quello
più non esisteva ne' tempi che successero la morte di Mosè, ne' quali
essa ci mostra che il popolo era governato allora, e diretto da Jesuè
con assoluta autorità, e non accadeva che negli affari della massima
urgenza, che questi consultava qualche volta gli anziani del popolo, o i
padri delle tribù (_Jes. Cap. XXII. v. 14._), i quali non erano già
fissati in consiglio permanente, come lo pretendono taluni, ma
riserbati, come si disse, per i soli casi d'importanza, ed alle ultimate
diffinizioni di questi il //Consiglio\\{{Consesso}} era disciolto, ed i
consiglieri congedati.

Però tacendo quì le altre moltiplici opinioni, che cospirano univoche al
medesimo disegno, e che non giova quì annoverare, mi sembrerebbe più
consentaneo alla ragione di ripetere l'origine del sanhedrim da' tempi
di Alessandro il Macedone, e tanto più si ha fondato motivo di
presumerlo, se si riflette che il nome stesso che quello porta, è senza
contrasto, derivato dalla greca etimologia _Zanedron_, che significa
_consesso_, cioè a dire, adunanza di persone sedute. E niente di più
naturale di ciò che i Greci abbiano potuto dare luogo a sì fatto
stabilimento, essendo essi in que' tempi assoluti padroni della Giudea
(_Suren. Pref. ad Misnah T. IV. Tit. Sanhedrim._). Quindi è che
l'assunto si rende molto imbarazzante per coloro che pretendono
ritrovare la sorgente certa, e primitiva di sifatto Consiglio ne' primi
secoli della chiesa giudaica, in cui il dialetto greco era del tutto
sconosciuto (116).

Ma non per tante moltissime riprove appariscono concorrere, d'altronde,
ad assicurarci che un tale consiglio non possa essere stato istituito
che da Giuda, o da Gionata al tempo di Macabei, benchè l'opinione la più
generalmente adottata, come l'Istoria de' Macabei chiaro lo significa
(_Macab. I. Cap. 5. V. 16._) pare che spieghisi per l'ultimo.

Or passando sopra alle varie obbiezioni che si agitano contro i
differenti sentimenti riportati sul proposito di questo Magistrato, noi
possiamo con qualche fondamento conchiudere che a soli Macabei debbasi
l'origine del suo stabilimento, e la nostra asserzione prenderà una
maggiore consistenza, se coll'Istoria di questo popolo alla mano ci
faremo a ponderare con Basnage, il bisogno urgente in cui esso era in
que' tempi di un senato capace di guidarlo, di sostenerlo, e di
rappresentarne il corpo in tutta la sua totalità (117).

In quanto poi alle qualità che distinguevano i membri componenti questo
rinomato consesso, si osserva che il medesimo era composto di
ecclesiastici, e di Laici i quali riconoscevano per capo, o presidente
il sovrano sacrificatore che era denominato נשיא (Nassì) _Principe_, a
cui sostituivasi un assessore il quale veniva contraddistinto col
carattere di —אב בת דין (Av-Bet-Din) _Padre della casa di giustizia_.
Gli scribi tenevano il primo rango nell'Assemblea, come i più versati
nell'intelligenza della Legge, il solo requisito necessario per
aspirarvi meritamente. Non aggregavasi giammai a questo Corpo
venerabile, se non quegl'individui, i costumi de' quali erano
esperimentati irreprensibili, e la professione assai onorifica (_misn.
Tratt. De Syned. Sect. III. p. 221. T. IV._). I giuocatori gli usuraj,
gli eunuchi, e coloro che vivevano sulla disgrazia degli altri erano
vilmente rigettati, tutto che avessero in gran copia le cognizioni
necessarie per esservi aggregati (118).

Per ciò che in ultimo riguarda la giurisdizione e l'autorità del
sanhedrim, è incontestabile che avanti che la Giudea fosse sottomessa a'
Romani, essa avea l'assoluto diritto di vita, e di morte sopra tutto il
Popolo, ma questa facoltà gli fu tolta da' medesimi appena che quelli
ebbero fatta la conquista di quel paese, mentre l'uso generalmente
adottato da' Romani era quello di lasciare a' popoli vinti, o
conquistati, i loro Dei, la loro religione, i loro Tempj; ma rapporto al
civile, essi gli obbligavano a seguitare le stesse Leggi, ed il medesimo
sistema praticato dalla Repubblica. (_Jos. De Bel. Lib. 1. Cap. V. pag.
720._). Era parimenti di competenza del Consiglio di regolare la pace
colle estere nazioni, ed anche pronunziare i voti suoi sulla
dichiarazione di certe guerre che potevano farsi luogo nello
stato (119).

Io non comprendo per altro in massima con quale solido fondamento vari
accreditati soggetti si fecero a sostenere fermamente che la
giurisdizione del sanhedrim estendevasi fino ad eleggere, o a deporre
gli stessi sovrani della Giudea (_Selv. De syned. Lib. II. Cap. 9. p.
434._ _Grot. De Jure Bel. & pacib. 1 Cap. 3. pag. 141._); quando noi
abbiamo d'altronde certi dati positivi che ci assicurano non
riconoscersi da questi un tribunale superiore a cui potessero i medesimi
essere soggetti (120). E quelli pure che sostengono appartenere al
Sanhedrim la nomina de' sovrani, asseriscono che affine di rendere
questa nomina grata a Dio, il Consiglio non se ne rapportava già al
nitrito di un cavallo, nel modo che praticavano i Persiani; ma esso
consultava rispettosamente gli _Urim_, e _Tumim_, col mezzo de' quali
Dio medesimo comprendere faceva prodigiosamente se spiacevole, o gradita
eragli la scelta (121).

Del resto veggiamo che questo Magistrato supremo dilatava il suo potere
assoluto, per quanto assicura l'Istoria de' suoi atti, sopra tutte le
sinagoghe della giudea, sia de' paesi lontani, sia di quelli esistenti
nel centro medesimo dello Stato, e di più ci si fa credere che non solo
non facevasi luogo a veruna sorta di appello di tutto ciò che desso avea
pronunziato; ma che chiunque individuo altresì il quale si fosse opposto
alle sue decisioni dovea essere irremissibilmente punito di morte: esso
regolava nel tempo medesimo gli affari i più importanti; giudicava anche
gli stessi Profeti, e qualunque siasi caso di coscienza non potea essere
discusso che da quello; attribuivasi ancora un potere illimitato sulle
ordinanze della Religione le quali erano generalmente ricevute colla più
sommessa rispettosa venerazione. In somma, esso dominava tutto
l'ebreismo intieramente, ed imponeva delle Leggi le quali erano
mantenute, ed osservate rigorosamente da un confine all'altro del mondo
abitato dalla popolazione d'Israel, la quale per lunghissimo periodo di
Anni altre certamente non conobbe fuori di quelle, non fu diretta, e
governata che da esse.

Tali sono dunque le nozioni le più verosimili che ci offrono d'accordo
tutti i più autorevoli monumenti che l'antichità ci ha trasmessi
relativamente al Sanhedrim, la di cui forma in qualche modo somigliante
rinnovare si vide oggi solennemente fra noi, benchè di precaria
permanenza, con attribuzioni assai differenti da quelle che costituivano
il principale carattere di esso, e con una autorità molto più
contingente, e circoscritta di quella che osservammo testè esserne
l'antico Sinedrio rivestito.

In sequela, per tanto, di simile preallegato confronto, non mi sembra
del tutto inopportuno al mio assunto principale di entrare, per quanto
ci sarà possibile, a conoscere, e approfondire le dotte ponderate
operazioni del sanhedrim de' nostri giorni, affine di potere con esatta
cognizione di causa più metodicamente sistemare quelle che da noi si
preparano sull'importante proposito medesimo in questione.

(116) _Tito Livio_ rimarca (_Dec. V. Lib. V. p 508._) che i senatori,
che i Macedoni mettevano alla testa del loro governo, si chiamavano
_Sinedrj_ da cui gli ebrei debbono probabilmente avere tratto il
vocabolo _Sanhedrim_. Oltre a ciò si potrebbe quì aggiugnere ancora che
_Aristotile_ avea chiamato parimenti _Sinedrj_ i giudici ch'esso avea
prescelti per andare a prendere il loro luogo respettivo nelle
occorrenti sedute del Consiglio. Da ciò si comprende che nuovo non era
questo termine fra gli uomini quando gli ebrei denominarono con esso il
primo Tribunale della Giudea.

(117) Molti scrittori antichi, e recenti, e Basnage fra questi,
ritrovando al quanto verosimile questa opinione, dicono che vi era pure
in quel tempo una ragione che rendeva questo Stabilimento assai
necessario presso i Macabei, atteso che questi cambiando la natura del
governo, aveano bisogno del Consenso del popolo, e di determinato Corpo
che lo rappresentasse in forma autorevole, e legale e siccome alcuno fra
quelli non prendeva giammai verun titolo qualificato di sovranità, era
duopo indispensabilmente ch'essi facessero approvare le loro
deliberazioni da un senato, od un Consiglio stabilito per tale oggetto
(ved. _Basn. Hist. des Juifs T. IX. Lib. VI. Cap. 1._)

(118) V'ha inoltre chi pretende che rigettati fossero ancora i vetusti
decrepiti, e quegli uomini giovani pure che non aveano prole vivente per
che si supponevano crudeli, ed inflessibili a' clamori della umanità
supplicante. Tre segretarj erano destinati per questo Magistrato, l'uno
scriveva le sentenze di coloro che erano assolti; l'altro i decreti di
Condanna, e l'ultimo registrava le vertenze delle parti querelanti;
oltre a questi vi erano tre ordini di Candidati per instruirsi, ed il
più anziano fra questi era chiamato a compiere le ingerenze del primo
impiego vacante: alcuni assicurano, per tanto, che i giudici erano
tratti da' tribunali inferiori, per che allora si supponevano periti
nella difficile arte di amministrare la giustizia (_mis. Tract. De
Syned. T. IV. p. 228._)

(119) La Scrittura pare che distingua due sorte di guerre, le une erano
ordinate dalla Legge, e le altre non servivano che ad aumentare la
gloria del Principe, e a dilatare i Confini dello stato. Il suffragio
del Consiglio era indispensabilmente necessario per le ultime, ma in
quanto alle altre, siccome quelle altro non erano che un evasione
precisa de' Cenni dell'Eterno, colui che era alla testa del popolo,
potea prendere le armi a suo migliore piacere, fare delle leve quante
sembrate gli fossero a proposito, e ciò ancora senza assoggettarsi ad
altra deliberazione che a quella unicamente del suo Consiglio.

(120) Per viemaggiormente provare che il sanhedrim non ebbe giammai la
benchè minima influenza sull'elezione de' Principi ebrei, alcuni critici
rimarcano 4. maniere differenti di cui si sono serviti i Re di Giuda per
montare sopra il trono della Casa d'Israel in tutto il tempo della
durazione della Repubblica; cioè gli uni erano eletti immediatamente da
Dio, come lo furono _Saulle_, e _David_; gli altri succedevano a' loro
predecessori, come _Salomone_, _Roboamo_, e presso che tutti i Re di
Giuda; i terzi usurparono lo scettro coll'intrigo, colla violenza, e
colla frode, come fecero appunto _Attalia_ e i _Macabei_; finalmente gli
ultimi erano eletti, ed installati da Pagani nella guisa medesima che lo
furono _Sedacia_ da Nabuccodonosor, ed _Erode_ da' Romani, senza fare
detagliata menzione di tanti altri che le sacre pagine ci additano (ved.
_Basn. T. 2. L. I. C. 15._ _Becan. analog. vet. & nov. Test. C. 16._
_Quæst. E. opus. T. 3. p. 365._)

(121) Questi due vocaboli significano alla Lettera, _lumi_, e
_perfezioni_, ovvero, nella guisa che gli spiegano i Settanta
_manifestazioni_ e _verità_; alcuni gli credono di etimologia ebraica,
altri Egiziana; ma comunque sieno questi erano gli epiteti delle pietre
del _Razionale_, che per cenno di Dio il sommo Pontefice degli ebrei
dovea esserne ornato (_Exo. cap. 28. v. 30._) allorquando emergeva di
consultare l'oracolo Divino intorno qualche soggetto rilevante
concernente l'interesse pubblico della Sinagoga giudaica, e dello Stato.
Allorchè trattavasi dunque di consultare l'_Urim_, e _Tumim_, il
Pontefice abigliato delle sue sfarzose vestimenta di Cerimonia,
presentavasi non già nel Santuario, dove non gli era permesso di entrare
che una sola volta l'anno, e questo era il giorno di Espiazione (ved.
_Maimon Cale Amikdash C. 10. & Jalkut fol. 248._) colà essendo in piede
col volto diretto alla parte dell'arca dell'Alleanza, sula quale
risedeva la presenza ineffabile dell'Essere Supremo, esso proponeva il
soggetto per il quale era esso consultato. Dietro di lui, e sulla
medesima Linea a qualche distanza di là, e fuori del luogo Santo eravi
la persona per cui si consultava, che rispettosa, ed umile attendeva la
Risposta dell'Eterno. I Rabbini tutti sono di fermo pensiero che allora
il Pontefice avendo gli occhi fissi sulle pietre del razionale che
portava davanti vi leggeva la Risposta dell'Eterno. Le Lettere che si
elevavano fuori del loro rango, e che gettavano uno splendore
Straordinario, formavano la Risposta desiderata (ved. _Zohar_ in _Exod.
Jalkut ex Lib Siffrè R. Behai in Deut. C. 33. v.8._). Per esempio, David
avendo ricercato a Dio, col mezzo degli Urim, & Tumim s'egli
ascenderebbe con successo, in una delle Città di Giuda, esso gli rispose
עלה (nghalè) _ascendi_; le tre Lettere ה-ל-ע di cui si compone il
termine suddetto sortirono dal loro luogo, sollevandosi al di sopra
delle altre per formare la parola che marcava la Risposta domandata (_2.
Reg. C. II. v. 1._)



                              Cap. XVI.

 Riflessioni critiche sopra i dodici articoli indirizzati dalla Maestà
dell'Imperatore Napoleone alla prima assemblea Israelitica, e da questa
 fatti quindi passare alla sanzione del Gran Sanhedrim, unitamente alle
           soluzioni analoghe date a quelli della medesima.


Si tosto che per sovrana deliberazione la prima Assemblea generale
degl'individui professanti la credenza di Mosè venne convocata in
Parigi, nella seconda sua seduta, l'Augusto promotore volle fare
sensibilmente conoscere ad essa le sue benefiche intenzioni al solido
vantaggio del popolo che veniva da essa in tale circostanza formalmente
rappresentato. Eccitato da sì benemerito edificante disegno, egli fece
alla medesima indirizzare le seguenti dodici questioni, affinchè a
ciascuna delle quali fossero applicati da essa gli schiarimenti
necessarj, onde su' quali potere in seguito fondare il vasto piano
indefettibile, e permanente della Rigenerazione politico morale del
popolo d'Israel; esse dunque si riducono tutte alle appresso Ricerche.

Prima. _È permesso agli ebrei di Sposare più di una femmina?_

2. La religione ebraica permette il Divorzio? E il Divorzio è valido
senza che sia pronunziato da Tribunali, ed in virtù di Leggi
contraddittorie al Codice francese?

3ª. Un ebrea può maritarsi con un Cristiano, ed una cristiana con un
ebreo? Ovvero la Legge mosaica preferisce che gli ebrei non debbano
contrarre vincolo matrimoniale che fra di loro.

4ª. Agli occhi degli ebrei, i francesi sono essi loro fratelli, ovvero
stranieri?

5ª. _Nell'uno, e nell'altro caso, quali sono i rapporti che la Legge
prescrive ad essi co' francesi che non professano la loro stessa
Religione?_

6ª. _Gli ebrei nati in Francia, e dalla Legge trattati come Cittadini
francesi riguardano essi la Francia come loro patria? Sono essi
obbligati di difenderla? Sono essi tenuti di obbedire le Leggi, di
osservare le disposizioni del Codice Civile?_

7ª. _Chi nomina i Rabbini?_

8ª. _Qual'è la giurisdizione di Polizia che esercitano i Rabbini fra gli
ebrei? Quale polizia giudiziaria esercitano essi fra i medesimi?_

9ª. _Le formalità di elezione, la giurisdizione di polizia sono esse
forse prescritte dalle loro Leggi, o solamente consecrate dall'uso?_

10ª. _V'ha egli professione, o mestiere che la Legge degli ebrei loro
proibisca?_

11ª. _La Legge degli ebrei proibisce ad essi l'usura co' loro fratelli?_

12ª. _Divieta, o permette quella l'usura verso gl'individui stranieri?_

Questi sono realmente gli articoli che sciogliere si dovevano per
cesarea disposizione da quella rispettabile assemblea a cui erano essi
indirizzati, la quale malgrado che gli abbia tutti //delud\\ delucidati
molto dottamente, e con un metodo assai plausibile, e soddisfacente per
l'inclito monarca che glieli avea ricercati, come egli Stesso volle
farglielo espressamente conoscere, pure oserei opinare che alcune
riflessioni specialmente ad una parte de' medesimi non dovrebbero
riuscire affatto inutili all'essenzialità del mio intrapreso assunto,
giacchè senza togliere il pregio che in esse medesime racchiudono le
differenti soluzioni che già ne furono applicate, esse vieppiù
contribuirebbero ad ornarli di maggiore chiarezza, e precisione, oltre
quella che miriamo rifulgere in queste da ogni parte.

In quanto allo scioglimento dato dall'indicata assemblea alla prima
questione, cioè: _se sia permesso agli ebrei di sposare più di una
femmina ad un tempo?_ Benchè non possa quella essere più solidamente
fondata, dicendo non essere lecito agli ebrei di sposare varie femmine
in una volta, mentre le Leggi alle quali sono i medesimi attualmente
soggetti non permettendo la poligamia, essi non possono praticarla,
quantunque la Religione per se stessa non lo imponga loro, nè non lo
vieti pure si potrebbe quì aggiugnere, che questa Instituzione della
natura, riguardata come necessaria indispensabilmente alla propagazione
del genere umano della primitiva infanzia del mondo, allora esausto di
abitanti, oggi che questo è ovunque sufficientemente popolato, sembra
che più non ne abbia duopo, ed è per ciò appunto che le Leggi Europee
l'hanno condannata come all'eccesso abusiva, e riprovabile ad ogni
riguardo.

Non si può, per altro, negare che la massima parte de' Rabbini sia
sempre stata proclive a permettere la _poligamia_, giacchè avvi delle
Leggi espressamente nella Misnah (_Mis. Tit. Ketuv. cap. 10. Sect. 2. p.
20. Sect. 9 p. 93._) che solo riguardano questo articolo.

D'altronde, molto tempo avanti che il sinodo convocato già ne' tempi
andati nella città di Worms (di cui è fatta speciale menzione nella
Risposta pronunziata sopra quest'articolo dalla nostra Assemblea)
preseduto dal Rabbino _Gherzon_, e composto di Cento Rabbini,
proclamasse l'anatema contro qualunque Israelita il quale avesse sposato
più di una femmina alla volta; il Rabbino _Gamaliel_ avea già condannato
severamente la Poligamia, e la di lui opinione ebbe per fautori i più
dotti, e i più qualificati Rabbini de' suoi tempi, sebbene lo spirito di
esso non fosse da questi molto chiaramente percepito (122).

Ma tutte quelle scomuniche, tutte quelle autorevoli minacce colle quali
si è creduto di sbigottire i partigiani della poligamia, hanno poco
prevaluto in occidente, ed assai meno nell'oriente, mentre colà non sono
già gli anatemi che fecero desistere l'ebreo dall'adottare questo
costume, e seguitarlo, ma le leggi unicamente furono quelle che
allarmate si sono, d'accordo, per sopprimerlo, e per distruggerlo, e
tanto è ciò con sicurezza comprovato, quanto che mirasi tuttavia
praticare laddove tacciono le Leggi su di un tal particolare, ovvero se
ne mostrano indifferenti (123).

Nell'oriente poi essendo la Poligamia protetta, ed ampliamente
autorizzata dalle Leggi del dominio musulmano, siccome ancora da certe
congetture bizzarre che sembrano favoreggiarla, almeno in
apparenza (124); gli ebrei se ne conformano parimenti ed è colà una
massima ovunque ricevuta dalle generalità di que' popoli che un
individuo, qualunque siasi, può avere al di lui servizio tante femmine
vincolate in matrimonio quante ne può alimentare, benchè i settatori di
Maometto, per l'ordinario, non oltrepassano il numero di quattro; Atteso
che riuscirebbe assai difficile per l'uomo di soddisfare in un medesimo
intervallo a' bisogni, ed alle brame di tanti differenti persone. Ma di
ciò essendosi ragionato quanto era necessario, passare ci è ora duopo
alle seconda interrogazione.

_Il Divorzio è egli permesso dalla Religione ebraica? Il Divorzio è
valido senza essere pronunziato da' Tribunali in conformità, e secondo
il senso del Codice francese?_

Quì si risponde che il ripudio è permesso dalla Legge di Mosè, ma non è
valido se non viene precedentemente pronunziato da' tribunali in
conformità, e secondo il senso del Codice francese.

Che i Divorzi sono divenuti molto meno frequenti presso gli ebrei da
quando sono stati questi dispersi fra i popoli differenti della terra,
le Leggi de' quali non permettono la dissoluzione de' matrimonj per
cause frivoli, o per leggeri motivi, è un fatto che l'esperienza ognora
in chiari sensi ci contesta. Per verità vi fu un tempo in cui, al dire
degli scrittori, una minima parola, un piccolo disgusto, un sentore di
gelosia, qualunque, erano Cause Sufficienti per annullare interamente
vincoli maritali; ma le Leggi Civili della nostra Colta illuminata
Europa, avendo riconosciuto il nocumento incalcolabile che risentita
avrebbe la società dall'abusiva frequenza di sifatte dissoluzioni, sono
accorse all'efficace riparo, prescrivendo le indagini le più accurate, e
le più rigorose cautele avanti di passare diffinitivamente a
pronunziarle nelle debite forme che loro conviene; di maniera che oggi
tali separazioni più non sono appoggiate sulle fervide Controversie
incessanti d'Illel, e di Sciamaj, nè sulle opinioni bizzarre del troppo
indulgente R. Akiba, nè sul prodigioso esperimento delle acque amare che
oggi più non conosciamo (125).

Ma le sole cause legittimamente contestate sono quelle che le nostre
Leggi sane, ed ammirabili prendono per guida, onde autorizzare
giustamente il Ripudio, senza che gli statuti di società, e di natura
sieno in verun modo nella benchè minima parte lesi, nè alterati.

Fin quì noi andiamo apparentemente in massima d'accordo, veggiamo se
nelle questioni susseguenti noi possiamo con pari armonia uniforme
convenire.

La Risposta emessa dall'Assemblea alla terza domanda: _un ebrea può
maritarsi con un cristiano, ed una cristiana con un ebreo? ovvero la
Legge prescrive che gli ebrei non si maritino che fra di loro?_
Consistente, cioè, nella soluzione seguente:

_La Legge non dice che un ebrea non possa maritarsi con un cristiano, nè
una cristiana con un ebreo, nè molto meno essa impone che gli ebrei non
possano maritarsi che tra di loro._

Questa Risposta, dico, non potrebbe essere nè più sensatamente fondata,
nè più certa, se però attaccati noi fossimo unicamente alla sola
teoretica prescrizione mosaica, stabilita da noi come la prima base
fondamentale della nostra propostaci Riforma della credenza d'Israel; ma
la pratica tradizionale che a quella si fa oggi di gran lunga prevalere,
ce la fa comparire ben differente. Infatti, a che giova mai di vedere
queste unioni da una parte ampliamente permesse, ed autorizzate dalla
scrittura medesima (126), se la stravagante tradizione dall'altra vi
oppongono di continuo mano forte per farle riguardare, in ogni senso,
con ribrezzo, e con orrore, per tacere quelle insensate leggi, che
giungono finanche a condannarle, sotto comminatorie di anatema, o di
morte (127).

Suppongasi, per puro esempio, un ebrea congiunta in matrimonio ad un
incirconciso, come mai potrebbe questo soffrire di vivere separato dal
suo Letto maritale, benchè nel medesimo quartiere, presso che una terza
parte dell'Anno, ad intervalli differenti, vederle radere la chioma fino
alla cute, assoggettarsi a doversi nutrire il sabato di cibi cucinati il
giorno avanti, senza potere in quello calcolare sul di lei servizio, di
sorte alcuna; e l'educazione ch'ella conferirebbe a' propri figli,
potrebbe mai degenerare da' suoi mostruosi principj? Viceversamente
retorquendo la Circostanza, vale a dire che il vincolo maritale succeda
fra un ebreo, ed una femmina di altra Setta, come mai adattare questa si
potrebbe ad una preparazione di cibi, che la Legge formalmente //gli
...ta\\ //gli\\ {{gli prescrive a suo consorte}} e tutta nuova per essa;
come ridurre quello mai la potrebbe alle lunghe astinenze di nuziali
funzioni; ed alla stretta osservanza d'infinite altre bizzarre cerimonie
che una femmina congiunta ad un ebreo è nel pressante dovere di
conoscere, e praticare secondo quanto è dalla tradizione Rabbinica
severamente comandato (128)? E non è essa forse questa medesima
tradizione che gli condanna entrambi, se trasgressori, o indifferenti si
mostrassero nell'osservanza scrupolosa delle bizzarre pratiche
accennate, che l'ebreo avvezzo a mantenere come sacre, giugne
difficilmente a rinunziare? E appunto per simile ponderato riflesso, che
io non posso cessare d'insistere, che i matrimonj de' quali trattiamo,
non potranno giammai essere permessi agli ebrei, che in forza del nostro
fissato piano di Riforma, che esclude interamente con troppo giusti, ed
inconcussi motivi, qualunque siasi prescrizione tradizionale, che sola
ne forma l'ostacolo funesto, e sovente insuperabile da ogni parte (129);
e gli esempi dall'assemblea nostra opportunamente riportati, de'
moltiplici nodi conjugali vincolati fra i Cristiani, e gli ebrei in
Francia, in Ispagna, ed in Germania, non fanno che avvalorare il mio
principio, ed autenticare nel tempo stesso che gl'individui ebrei
contraenti sifatti legami, determinati a rigettare tutte le tradizioni
misniche, o talmudiche non avranno seguitata che la sola credenza de'
primi benemeriti Institutori della sinagoga ebrea, fra i quali
dimostrammo, non è che un istante, quanto simili Vincoli fossero
frequenti, ed in questo Caso niente certamente di più facile a
combinarli col migliore successo; e quindi quelle si fatte cerimonie
religiose distinte col nome di _Kidushim_, senza di cui niun Matrimonio,
secondo il Talmud, può essere valido, siccome altro questo non è che una
certa formalità consistente in alcune benedizioni che accompagnano la
presentazione di un anello che fa l'uomo alla femmina colla quale vuole
contrarre matrimonio, e nelle parole seguenti proferite da esso nel
momento di porgerlo: הרי את מקודשת לי בטבעת {{זות}} כדת משה בישראל (Are
at Mekudescet Li vetabaghat Zoth chedat moscè veisrael) _Ecco che tu sei
consecrata per me, col mezzo di quest'anello, secondo la Legge di Mosè,
in Israel_.

Tali cerimonie verrebbero dunque a cessare di loro natura, come imposte
da un Codice che più riconoscere non dobbiamo come sacro, e scaturite da
una sorgente che più non ha rapporto seco noi di sorte alcuna,
sostituendosene in vece da entrambe le parti una mutua espressa
confessione di reciproco legame nell'atto medesimo della presentazione
dell'anello in faccia del ministro civile, e di due testimonj autentici
oculari; ecco dove tutte le sane Leggi fanno consistere propriamente la
validità la più inconcussa, e permanente di qualunque patto, o vincolo
matrimoniale.

Ma di ciò essendosi ragionato quanto fa duopo, conviene ora passare alle
indagini che necessariamente offrire ci dovranno ancora le restanti
questioni, che noi entriamo bentosto ad esaminare con ogni diligenza
possibile.

Nulla mi emerge di aggiugnere alle ponderate soluzioni che le dotte
nostre assemblee hanno emanate alla quarta, e quinta interrogazione;
esse contengono delle verità non meno positive, che interessanti alle
quali non si può certamente non deferire di buon grado in ogni senso:
noi ci arresteremo unicamente sulla sesta interrogazione, dove sembrami
opportuno di dovere riuscire inutili allo spirito esimio che l'ha
dettata; essa dunque consiste a sapere: _Se gli ebrei nati in Francia, o
dalla Legge trattati come Cittadini francesi, riguardano essi la Francia
come loro patria, se hanno l'obbligazione di difenderla; se sono tenuti
di obbedire alle Leggi, ed osservare tutte le disposizioni del Codice
Civile._

Benchè la risposta che a simile domanda si aduce dal Consiglio
Israelitico, non possa essere al solito per se medesima, nè più sensata,
nè più analoga nè più certa, dicendo che gli ebrei sono si attaccati al
suolo che loro dette i natali, che anche infausto molte volte per essi,
non si possono giammai determinare di buon grado a rinunziarvi; a più
fondate ragioni essi debbono esservi inseparabilmente attaccati, se ne
traggono de' solidi vantaggi, e de' favori; e quì opportunamente si
riporta l'ingiunzione fatta da Geremia agli ebrei di Babilonia di dovere
considerare questo suolo come loro stessa patria quantunque non vi
dovessero permanere che soli settant'anni (Ger. Cap.    V.   ) e vari
altri passi della Scrittura tutti tendenti ad inspirare nell'animo
degl'Israeliti la fraternità per i Popoli che gli accolgono nel loro
seno, ed un deciso affetto verso la patria che loro accorda un filiale
pacifico asilo. Tuttoche, dico, sieno queste altrettante verità
dimostrate come Certe, e irrefragabili, pure sembrami che non potrebbero
quelle andare esenti dall'essere in qualche parte attaccate da' critici,
i quali opporrebbero, senza ritegno, che avendo gli ebrei francesi, e
gl'Italiani in particolare unanimemente riconosciuto per l'organo de'
loro respettivi Rappresentanti gli uni la Francia, gli altri l'Italia
per unica loro, e vera patria, abdicando ad un tempo interamente a tutto
ciò che attaccati gli aveva fino ad ora alla Gerusalem loro patria
antica; a quale oggetto dunque, ci apporrebbero essi, mantenere ancora
in tutto il pristino vigore l'osservanza del Digiuno di _Tamuz_, e
quella del nono giorno del mese di _Av_? (ved. l'annot.   ) Dopo un
abbandono si espresso, ed una sì formale univoca rinunzia con quale
fondamento nutrire ancora viva la speranza di potere un giorno
riacquistare quello su di cui più non restaci da fare valere sorte
alcuna nè diritto nè ragione (130). Oltre a ciò, quale idea stravagante
di rincrescere, piagnere, o attristarsi per una perdita sofferta è già
oltre diciassette secoli, e che malgrado tremila e cinquecento digiuni
fatti dall'intero giudaismo durante sì complicata serie di epoche,
animato dalla lusinga di conseguire con tale mezzo il totale ricupero,
gionto ancora non è a ripararla?

Quanti esempi memorabili contrapporre non si potrebbero, non dico già di
quelle tante nazioni che contava la terra i 15. e i 18. secoli addietro,
e di cui le Ricchezze, la possanza, i nomi stessi più ora non esistono
che in quelle vetuste pagine muffate che i primi tipi ci trasmisero un
giorno, ma solo riferire io voglio de' tempi assai più recenti ne' quali
si videro quantità di popoli dispersi, Regnanti detronizzati, tempj
aboliti, e quasi anche distrutti; immensi tesori predati e che per ciò?
Niente più consentaneo all'ordine delle cose terrene di vedere un popolo
debole divenire la conquista di un popolo più forte, ed un monarca
formidabile soggiogare un Regoluzzo; ed a fronte di tutti que' digiuni
che potessero da quello instituirsi, e di tutte le più fervide
ossecrazioni che intuonate fossero da questi, il vinto spera in darno di
potere ricuperare le sue perdite, e fare quindi valere i suoi diritti
fino a tanto ch'esso non divenga, o più, o almeno tanto forte quanto lo
è il suo vincitore (131). Ma gli ebrei Talmudisti insistendo ne' loro
principj, mi sembrerebbero fuori di questo Caso, ed anche affatto alieni
dal pensiere di tentarlo, mentre avvezzi a mirare cadere le mura di
_Gerico_ allo strepito di trombe (    ) abituati a sconfiggere numerose
Coorti allo spezzare di stoviglie (    ); ed accostumati di vedere il
solo braccio di _Sansone_ con una macella di asino fare scempio di 3000
filistei in un rapido istante (    ) così essi attendono fermamente di
vedere un giorno rinnovare i medesimi prodigj in loro favore, e credono
che la preghiera, e il digiuno debbano essere quelle sole armi
portentose, che indipendentemente da ogni umana influenza dovranno un
giorno rimettere il Popolo d'Israel nell'intero possesso del suolo
venerabile de' suoi benemeriti progenitori.

Quindi per distruggere queste acerrime imputazioni, che lanciare ci
potrebbero i critici, ad un tale riguardo sarebbe, per quanto io penso
oltremodo necessario di dimostrare col fatto la genuina verità esposta,
sopprimendo, ed abrogando tutte quelle preghiere, o astinenze usitate
fino ad ora dal popolo ebreo, che parrebbero concorrere a palliarla, se
non ancora forse a smentirla, ma di ciò mi riserbo a ragionare di
proposito fondatamente altrove.

Niente altro restami a dire sulla settima, l'ottava, e la nona
questione, le quali tutte riguardano l'elezione de' Rabbini, le loro
ingerenze particolari, o attribuzioni, se non che sarebbe oltremodo
necessario essere più circospetto, meno facile all'avvenire di ciò che
si era per lo passato nel conferire il titolo di _Haham_, ossia
_Rabbino_, mentre i soli requisiti accennati dalla nostra rispettabile
assemblea non mi parrebbero sufficienti quanto fa duopo a meritarlo, nel
modo che si è generalmente creduto fino ad ora. Non mi si negherà
certamente che una delle ingerenze principali annesse a questo grado è,
senza dubbio, la predicazione, e la spiegazione del sacro Codice. Or
domando, come potrebb'esso mai riuscirci senza una profonda cognizione
dell'idioma del suo paese? Come giugnerebb'esso a persuadere senza
eloquenza? Come dilettare, muovere, convincere, sia in quello, o in
questo ramo, senza usare a tempo, e luogo di que' precetti
indispensabili che l'arte filologica prescrive, e senza de' quali ogni
discorso riesce per sua natura languido, insulso, ed annojante (132)?
Quindi è che di somma urgenza, ed essenziale cred'io per coloro che sono
richiamati alla professione del Rabanismo di conoscere in tutta
l'estensione quanto l'arte oratoria per se medesima racchiude; e che in
conseguenza non si dovrebbe graduare per Rabbino, se non se
quell'individuo il quale oltre le menzionate doti riconosciute
assolutamente necessarie al suo grado, cioè, esemplari costumi ed una
profonda versatilità nelle basi della Religione, manifestasse ancora nel
tempo stesso una esplicita perizia nell'arte del ben dire.

La Decima domanda aggirasi a sapere: _Se avvi mestiere, o professione,
cui la Legge degli ebrei loro proibisca?_ E la soluzione adottata
dall'assemblea, e sanzionata dal Gran sinedrio, è quale appunto dee
essere troppo giusta, e assai bene fondata; cioè, non solo non esservi
alcun mestiere, purchè onesto, che sia dalla Religione interdetto
agl'Israeliti, ma col Contesto Misnico, e talmudico alla mano (_Tract.
Kiduscim Cap. 1._ E _Tract Avoth Cap. 1._) si sostiene che il genitore
il quale non fa instruire il proprio figlio di una qualunque siasi arte,
lo alleva, e lo introduce alla funesta carriera de' malvaggi; verità che
l'esperienza ci comprova molto frequente.

Solo si potrebbe qui di proposito rimarcare a giustificazione del popolo
d'Israel, che se gli individui di questo non si videro sempre, e ovunque
dediti specialmente alle professioni mecaniche, una si fatta indolenza
non dee già ripetersi per che quelli ne fossero avversi, come
assurdamente opinarono taluni ma da tutti quegli ostacoli pertinaci che
molto sovente loro contrastavano i progressi nella guisa che osservammo
accadere a' medesimi pur troppo nell'acquisto delle scienze, e nello
sviluppo della Ragione; e siccome da quando agli ebrei fu permesso di
coltivarsi, e di usare delle loro facoltà intellettuali, noi già
sufficientemente dimostrammo a quale grado sommo si fecero essi
distinguere nel mondo per genio, per talenti, e per dottrina, così
laddove non era loro interdetto il libero esercizio delle arti liberali,
e de' mestieri, facevano ad evidenza conoscere di esserne stati un
giorno perfetti conoscitori, e di poterli anche divenire a' tempi
nostri, sempre che il fanatismo, e la superstizione non vi avessero
tenacemente opposte le loro malefiche barriere per distorli, ed
allontanarneli, in modo che ravvicinare più non si potessero
giammai (133).

L'undecima, e la dodicesima questione finalmente hanno per iscopo di
conoscere: 1º. _Se la Legge degli ebrei proibisce ad essi l'usura co'
loro fratelli_: 2º. _Se questa Legge vieta, o permette loro l'usura
cogli stranieri_

Quanto fu da entrambe le assemblee Israelitiche sensatamente deciso
intorno questi due ultimi articoli, essendo appoggiato alle ragioni le
più solide, le più ponderate, ed inconcusse, risultanti dall'analisi il
più esatto, ed il più giusto, noi non abbiamo che rapportarvici in ogni
senso, richiamando ad un tempo medesimo tutto quello che per reiterate
volte fu già da noi significato nel Corso di quest'opera, concernente un
tale assunto: solo mi emerge quì fondatamente rammentare co' numerosi
riportati esempi alla mano, che gli ebrei in generale saranno sempre mai
ciò che vogliono le Leggi alle quali sono i medesimi soggetti, nel modo
istesso che noi vedremo il loro Carattere ovunque, ed in ogni tempo
modellato sopra quello de' popoli fra i quali essi vivono, o ne
contraggono de' rapporti di società, e di Commercio; verità che abbiamo
dimostrato più volte con tanti percuotenti esempi, opportunamente da noi
già riportati.

Tali sono dunque le ponderate riflessioni che la verità, e la ragione mi
eccitarono di proposito a fare sulle assennate Risposte che entrambe le
assemblee Israelitiche hanno rassegnate all'augusto Regnante della
Francia, e dell'Italia, in evasione alle sovrane Ricerche analoghe che
piacque ad esso proporre alle medesime.

Or mi sarebb'egli pur anche permesso d'inoltrare le mie assidue
ponderate indagini fino sulle sagge operazioni fatte da questi medesimi
Consessi, onde pervenire a discernere se le Ispezioni della prima
assemblea, e le ingerenze assunte dal gran Sanhedrim, furono in massima
quelle stesse che le auguste disposizioni di Napoleone si prefiggevano,
e che il bisogno urgente d'Israel richiedeva immediatamente per tate
parti? Ecco ciò appunto che noi passiamo tosto ad esaminare colla più
esatta precisione possibile.

(122) I difensori dell'opinione di Gamaliel si è come lo rimarca
sensatamente _Basnage_ (_Hist. des Juifs T. X. Lib. VI. C. 22._) hanno
supposto viemaggiormente sostenerla sulle parole della scrittura
_Sororem uxoris tuæ in pellicatum illius non accipies, nec revelabis
turpitudinem ejus adhuc illa vivente_ _Levit. Cap. 18. v. 18._ dove
appunto tutt'altro sentimento ci percuote di quello del citato Rabbino,
e dove non si accorgono che la Legge non intenda quì di parlare che del
matrimonio di due sorelle ad un tempo medesimo, che non era in verun
modo permesso si sposare, benchè il patriarca Jacob ne avesse il primo
fornito l'esempio fra gli ebrei; ma frattanto ben lungi dall'essere
stato quello seguitato in alcuna parte, ei fu sempre mai riguardato
dall'Israelismo con orrore, ed avversione. Quindi apparisce
verosimilmente che lo spirito dell'accennato autore avea tutt'altro
oggetto per iscopo, che quello di si fatte Congiunzioni.

(123) Questo era un abuso presso che generale fra gli ebrei di molte
parti dell'Italia, dove non si avea forse tutta via opinato a costituire
delle ottime Leggi affine di reprimerlo, e di annientarlo. Vi si teneva,
per l'ordinario, la regola che coloro i quali avevano vissuto lungo
tempo in conjugo legame (termine fissato per lo più ad un completo
decennio) senza procreare nuovo lignaggio, prendevano ad arbitrio un
altra moglie unitamente alla prima, la di cui dote era messa tosto al
sicuro, onde restasse bene garantita da ogni sinistro inopinato
avvenimento. Io stesso vidi ocularmente due individui ebrei in Toscana
mia patria, ed un altro simile in Roma dupplicare pubblicamente il
Legame conjugale nella precisa forma di cui parliamo.

V'ha inoltre per sino chi pretende, che non solo gli ebrei di qualche
paese dell'Italia fossero attaccati da simile abuso, ma che anche il
Pontefice Romano stesso accordava allora le dispense della Legge
evangelica, autorizzando colle medesime questi secondi matrimoni pure
fra i Cristiani: Leon di Modena, per quanto narra Basnage, lo avea di
proposito assicurato nella prima edizione del suo trattato delle
Cerimonie degli ebrei (ved. _Leon di Modena, IV. C. 2. pag. 112. E veter
Disp. select. T. II._)

(124) I fautori della Poligamia (dice _Beverland_ nel suo _Trattato_
_Polygamia Triumphatrix_) appoggiano questa Instituzione sull'esempio
de' Patriarchi, e de' Santi che hanno vissuto avanti, e dopo il Diluvio
i quali (come opinano essi) avrebbero lasciato il mondo un inospite
deserto, se non avessero accresciuto il numero delle donne, e in
conseguenza quello ancora de' figli; essi aggiungono altresì che sarebbe
impossibile che Dio avesse tollerato quest'uso universale con una
quiescenza di tanti continuati secoli, s'egli lo avesse riguardato come
un attentato alle sue Divine Leggi, o come un abuso riprovabile in
faccia della società. Mosè, il quale riformò gli abusi che si erano
introdotti ne' precetti Noakiti, o nella Legge naturale, non fece alcun
Regolamento per restrignere i matrimonj al semplice vincolo di una sola
femmina. I santi antichi i quali hanno vissuto sotto questa economia,
conchiudono essi, non avrebbero osato violare la Legge se la medesima
fosse stata loro trasmessa propriamente dalla genuina tradizione, almeno
alcuni fra quelli si sarebbero fatti, senza dubbio, un pressante dovere
di osservarla, siccome gli altri non avrebbero certamente osato rendere
i loro matrimonj così affluenti, e così pubblici come lo furono essi per
sì lungo periodo di anni.

(125) Interminabili, ed allarmanti questioni si suscitarono sovente fra
l'Accademia diretta da _Illel_, e quella sostenuta da _Sciamaj_ sopra
questa materia, siccome intorno a moltissime altre; il primo pretendeva
che l'Adulterio solo era per se medesimo efficace a dissolvere il
vincolo maritale; sosteneva l'altro, al contrario, che bastava che la
donna avesse fatto cuocere troppo la carne di un convito. Il Rabbino
_Akibà_ si vuole che spignesse l'indulgenza ancora più lontano;
pretendendosi ch'egli decidesse, che ritrovandosi una femmina più
conveniente era permesso di abbandonare quella che tale non lo era: una
morale sì rilasciata non potea essere seguitata con trasporto; ma coloro
che si piccavano di una maggiore devozione, adottavano di buon grado la
massima d'Illel.

In quanto poi alla cerimonia Straordinaria delle acque indicate,
allorchè una femmina colpevole di adulterio, confessava la sua
infedeltà, il Contratto della sua dote veniva tosto abrogato, e dopo di
avergli restituito ciò che dessa avea portato, si espelleva dalla casa
del suo Consorte per essere lapidata. S'essa poi negava risolutamente il
delitto si conduceva nella porta orientale del Tempio, e colà gli si
faceva bere le _Acque amare_ (_Sal. Ben Virga Hist. Jud. p. 168._), i di
cui effetti si rendevano manifesti appena che l'accusata avea cominciato
a trangugiarle, il suo viso diventava livido, il di lei ventre si
enfiava, e gli occhi suoi gli uscivano dalla testa (_Mis. Sothà Cap. 3.
p. 213. 214._) ed allora è quando facevasi luogo l'anatema pronunziata
dal gran sacrificatore in faccia della femmina adultera.

Per ciò che riguarda il vero motivo per cui si chiamassero quelle _acque
amare_, vari, e disparati sono i sentimenti de' Rabbini per giugnere ad
indagare donde mai procedesse l'amarezza letale delle medesime; alcuni
vollero che vi si mischiasse dell'assenzio, il quale dava elleno questo
attoscato gusto (_Wagenseil in Sothà p. 284._); ma il Nahmanide assicura
ch'esse non cominciassero a divenire tali per mero effetto di prodigio,
che nella stessa bocca delle femmine colpevoli.

(126) A fronte di tutti quegli scrupoli severi che gl'Israeliti antichi
dimostravano per la relazione cogli stranieri, noi veggiamo frattanto
che il loro allontanamento non era già per tutti gli stranieri, benchè
questi venissero indifferentemente annoverati da essi nella categoria di
גוים (goim) che significa _gentili_; quelli che dessi dovevano sfuggire
erano sole in vero le nazioni maledette discese da Canaan, che Dio avea
loro comandato di sterminare, prescindendo dalle quali, gl'Israeliti
potevano anche accoppiarsi in matrimonio con tutti gli altri popoli,
siccome dalla nostra assemblea è saggiamente rimarcato, e tanto è ciò
vero, quanto che Mosè sposò una Madianita; Booz è lodato, per avere
sposato Ruth Moabita; la madre di Assalon era figliola del re di Gessur;
Amassi era figliuolo di un Ismaelita, e di Abigail sorella di David;
Salomone stesso sposò la figliuola del Re di Egitto, anche fino dal
principio del suo Regno in cui esso era più caro a Dio, ed allora quando
la scrittura sembra biasimare i di lui accoppiamenti colle femmine
straniere; ciò non si rapporta che alle sole Cananee dal medesimo
sposate le quali seppero sedurlo al segno, fino a farli dimenticare il
Divino Culto de' suoi avi, per correre presso gl'idoli, e i simulacri
delle idolatre nazioni.

(127) L'imperatore Costanzo ha pubblicato una Legge colla quale
condannava esso alla pena di morte qualunque ebreo il quale avesse
sposato una femmina cristiana (ved. _Cod. Theod. Lib. 6. p. 233._) ed il
secondo Concilio di Orleans vietò sotto pena di scomunica queste sorti
di matrimonj che riprovava la notabile differenza delle due Religioni,
ed ordinò la separazione delle due Religioni, ed ordinò la separazione
immediata delle persone che gli avevano contratti (ved. _Concil.
Aurelian II. Car. 19. pag. 1782._)

(128) Il primo dovere che impongono i Rabbini alle femmine ebree che si
destinano al matrimonio si è quello di recidersi tutti i capelli della
testa il giorno avanti le loro nozze; i medesimi aducono per sufficiente
ragione che essendo la chioma nelle femmine uno degli ornamenti i più
seducenti per l'uomo, questi potrebbe, a senno loro esserne attirato
assai più facilmente di ciò che lo sarebbe, se quella ne fosse priva, e
quindi cadere nel delitto di adulterio. Un secondo dovere che con non
meno impegno del precedente è prescritto da' Talmudisti alle femmine
ebree si è quello di allontanarsi per un certo dato spazio di tempo da'
rispettivi loro consorti, sì tosto che il primo atto matrimoniale è
consumato avvertendogli non essere loro permesso cinque giorni per alcun
mese di toccare elleno nè pure un dito nè sedere appresso di essa, nè
mangiare nello stesso piatto, nè bere nel medesimo bicchiere, ed avanti
di congiugnersi nuovamente co' loro mariti esse debbono tuffarsi entro
di un bagno espresso per tale oggetto, e l'immersione sarebbe inefficace
in mente de' Rabbini, se desse portassero soltanto un piccolo anello,
che impedisse l'acqua di penetrare in qualunque parte del loro Corpo,
giacchè bisogna che esse restino lavate dall'estremità de' piedi fino
alla sommità della testa; v'ha per sino delle guardie che survegliano, e
che presedono sopra questa sorta de' bagni, affine di vedere se la donna
è interamente coperta di acqua; e quanti altri doveri di tal fatta non
sono imposti da' Rabbini con eguale rigore a questo scopo, tanto per
rapporto al Lampadario del sabato, quanto allo sgombro del formento
dalle case avanti la pasqua delle azzime; ed a separare quella porzione
di pane lievitato da abbruciarsi che chiamano _Halah_, per tacere tane
altre simili pratiche, delle quali troppo annojante ne riuscirebbe la
menzione.

(129) Comunque intendere si vogliano unioni di tal fatta, come appunto
la grande Assemblea Israelitica dottamente lo riflette nella sua terza
soluzione, l'opinione de' talmudisti è, per altro, contraria onninamente
alle medesime, nel modo che lo sarebbe, senza dubbio, parimenti quella
de' preti nel caso inverso. E dunque per ciò che volendo noi essere
attaccati al senso Letterale della Tradizione, dovremo inesclusivamente
riguardare questi vincoli come affatto incompatibili con quella, e
recalcitranti a tutto ciò che la medesima prescrive ad un tale riguardo,
o pure rigettare questa interamente se vogliamo che si fatti Matrimonj
corredati vangano di quella validità necessaria per consolidarli, e con
tanta più ragione appigliare ci dovremo risolutamente a quest'ultimo
partito salutare, quanto che se noi riflettiamo a quelle tante cerimonie
religiose che sono in uso attualmente presso gli ebrei talmudisti
nell'occasione de' Matrimonj che si contraggono fra di essi, noi vi
osserveremo non esservene forse alcuna che sia stata nè prescritta, nè
ordinata da Mosè come precetto obbligatorio, e indispensabile, malgrado
che come tali si mirino praticate, e mantenute oggi da' medesimi col
massimo accanito fervore.

(130) Lo scopo primo, ed essenziale di entrambi questi digiuni non è
tanto per la triste commemorazione delle perdite immense che il popolo
d'Israel fece fatalmente in questi giorni, e delle orride calamità alle
quali soggiacque in tal epoca funesta; quanto per l'acquisti che spera
di potere farne un giorno, e per il ristabilimento del suo pristino
dominio; e gl'intelligenti dell'idioma ebraico possono esattamente
comprendere che la massima parte delle sacre orazioni, e delle preghiere
delle quali usano gli ebrei in questi giorni, regolarmente non tende che
a questo solo disegno; ciò che resterà più ad evidenza dimostrato dagli
opportuni esempi che noi ci riserbiamo a riportare a tempo debito
allorchè ci emergerà di riassumere questa materia per reprimere gli
abusi, e rimetterla sul piede di tante altre secondo che lo esigono i
nostri stabiliti principj.

(131) Infiniti percuotenti esempi concorrono a dimostrarci, e quello che
ci offre il popolo ebreo più di ogni altro certamente che la soverchia
confidenza che suole porre per l'ordinario, un popolo avvilito in certe
pratiche esterne, come sarebbero preci, digiuni, e Cerimonie religiosi,
che si fanno da quello tenere, come osservammo, le veci, ed il Carattere
di religione, e che vi attacca per conseguenza l'efficacia la più
pronta, e la più sicura, lo riduce per sino a persuadersi che Dio non
occupandosi che di essa, in ricompensa dell'esercizio delle medesime
opererà incessantemente de' miracoli sorprendenti a suo riguardo; ed
ogni nemico il più formidabile diventerà al suo cospetto debole, ed
atterrito, ed impotente a nuocerlo, o a perturbare la sua tranquillità.
Abbandonato ad una tale smodata fiducia esso resta intimamente convinto,
che anche immobile o inoperoso a fronte delle sue ostilità, Dio veglia
sempre alla di lui valida difesa, e conservazione; ma il fatale successo
non tarda in seguito a provargli, come seguì appunto agli Israeliti al
tempo de' Maccabei, quanto caro gli costi una si vana speranza, e la
vittoria esso diventa finalmente della illusoria Confidenza nella quale
avea egli riposta la sua vera difesa, e il suo sostegno.

(132) Sebbene qualche volta veggiamo riuscire in tutto ciò col soccorso
meramente delle sole qualità naturali, non per tanto, sembra che l'uso
de' precetti oratorj sia in certa guisa molto necessario per rendersi
perito quanto è duopo nell'arte del ben dire. D'altronde l'eloquenza che
trae la sua sorgente dalla natura, non essendo sottoposta a
prescrizione, essa lo è unicamente alla più, o meno veemenza della
passione dalla quale è incitata, ed alla più o meno importante
Circostanza che la promuove, di maniera che venendo ad illanguidire
l'intensità dell'una, o trovandosi a variare la passione dell'altra, al
segno che riescano entrambe indifferenti, l'Eloquenza dovrà cessare così
pure con esse, e rendersi suscettibili delle medesime alterazioni di
quelle, quando, al contrario, l'Eloquenza che è soggetta a' precetti
filologici fa nascere alla stessa la passione che fa servirgli di
alimento, e con eguale facilità crea la circostanza che più stima
convenirgli. Quindi è che l'eloquenza naturale non sarà che poca cosa se
non è accompagnata da precetti che l'arte oratoria stabilisce, e senza i
quali la facoltà di parlare al Cuore degli uomini sarà in ogni tempo per
noi un arte sconosciuta.

(133) In tutta l'antichità non si conosce alcun popolo, che più
degl'Israeliti fosse inerente all'Agricoltura, e per quanto le Sacre
pagine ci annunziano (_Exo. 31. 4. 5._ E _36. 38._ e seg.) essi
abbondavano di Artefici eccellenti non solo fino da' tempi di Mosè, e in
fonditori, e in opifici di metalli, in intaliatori di gemme, in
Legnajuoli, Ricamatori, Tapezzieri, Profumieri &c. ma anche molti secoli
dopo a' tempi di David, e del di lui figlio Salomone successore il quale
scelse per la costruzione del tempio fatto edificare da esso, 30,000.
artefici di ogni specie, oltre 80,000 scalpellini tutti ebrei impiegati
per l'uso medesimo (ved. _Reg. 5. 13._)



                              Cap. XVII.

   Quali avrebbero dovuto essere le Ispezioni essenziali della prima
 assemblea, e quali le ingerenze urgenti del Gran Sanhedrim, secondo il
bisogno d'Israel, e le sovrane mire paterne del suo Augusto Protettore.



Allorchè piacque all'augusto Rigeneratore d'Israel di fare notificare al
primo sinodo la sua sovrana soddisfazione, in seguito delle Risposte
emanate da questo alle dodici questioni propostigli dalla stessa Maestà
Sua, e da noi estesamente riportate nel Capitolo antecedente, in chiari
sensi fece ad esso capire quali erano le sue benefiche intenzioni
paterne in vantaggio del popolo che da sì fatto congresso veniva
formalmente rappresentato. Esse prefiggevansi per primo essenziale scopo
di richiamare l'eccelso Culto dell'Israelismo alla sua purità primitiva,
confusamente alterato dalla turba immensa de' Commentatori di cui le
opinioni affluenti e contraddittorie ne hanno si sovente oscurati i
sommi pregj, e gettati eziandio nel dubbio presso che tutti coloro che
gli trascorrono, o se ne dichiarano fautori; ciò che non avrebbe potuto
giammai effettuarsi, senza rovesciare da Colmo a fondo le moltiplici
pratiche superstiziose, le cerimonie stravaganti, e gli usi bizzarri, e
antisociali che durante lo spazio di molti secoli, si videro presso la
nazione d'Israel tenere le veci, ed il Carattere di Religione, siccome
per reiterate volte io mi feci all'opportunità espressamente a
dimostrare.

Un secondo ammirabile disegno paterno niente meno urgente del primo
proponevansi felicemente le mire salutari di sì benefico Monarca, e
questo era quello propriamente di livellare la sorte, e i requisiti di
questo popolo al rango equipollente di tutti gli altri, conferendo ad
esso quell'esistenza politico morale, che ricusatagli era fino ad ora in
qualunque angolo di mondo in cui fissato avesse il suo precario
domicilio ciò che non sarebbe del pari, in verun modo riuscito senza
prima rifondere, per così dire, i suoi Costumi, e le sue inveterate
abitudini entro il crogiuolo de' lumi, della civilizzazione, del
disinganno, sostituendone in vece que' solidi principj di coltura, e
quelle virtù sociali che un infausto destino costrignevalo ad ignorare
per lo passato. Tali sembrami che avrebbero dovute essere in massima le
ispezioni edificanti della prima assemblea rappresentante l'intero corpo
dell'Israelismo esistente nella Francia e nell'Italia.

Non può cadere indubbio ad alcuno certamente che concentrate non fossero
in questo solo punto le cesaree cure del genio incomparabile che
all'eterna Provvidenza piacque di accordare alla posterità di Abramo
sopra la terra per suo padre, suo monarca, e suo sostegno.

Infatti se al primo scopo eccelso tendere non doveano radicalmente le
ingerenze oltremodo urgenti del Gran Sinedrio, a quale oggetto fare
dunque risorgere a' nostri giorni il primo Magistrato di Gerosolima, un
esimio areopago sì rispettabile nel mondo Israelita, fregiarlo delle
medesime supreme attribuzioni che venerava la Giudea nell'antico, se non
se affine di illuminare per ogni parte ad imitazione di quello il popolo
ch'esso dirigeva, e governava per ricondurre al vero spirito della
vetusta sua Legge, dandogliene una spiegazione metodica, ed omogenea,
efficace a fare svanire le moltiplici interpretazioni assurde, che a
quelle date furono ne' tempi andati? Dicasi pure a qual fine richiamare
premurosamente da lontanissime Regioni i più commendevoli soggetti del
popolo d'Israel, convocarli in formale assemblea nella Metropoli della
Francia, se non fosse stato quella provocato dal disegno salutare di
evadere le alte ispezioni ragguardevoli che affidate erano a quella dal
magnanimo Sovrano che l'avea convocata; cioè di rigenerare onninamente
la civilizzazione, e i costumi del popolo che rappresentava, preparando
in tale maniera agli avanzi d'Israel un Era felicemente memorabile,
tutta nuova ne' suoi fasti, e quindi assoggettarlo in avvenire a' più
lieti, e più avventurosi destini?

Dal che apparisce dunque indubitabile che l'una dovea essere destinata a
riformare l'educazione del popolo d'Israel, a civilizzare i suoi
Costumi, renduti oggi alquanto depravati dalla penosa Circostanza della
sua odierna situazione, a megliorare lo sviluppo del suo spirito, ed a
ricondurlo, in una parola, nel seno della società, dalla quale esso
vivea da sì lungo tempo separato e proscritto; dovea l'altra
propriamente ingerirsi di rifondere nel crogiuolo della Ragione le
pratiche del suo Culto, eccessivamente degenerate dalla primitiva
limpida sorgente da cui emanate si videro, e ridurla a quello stato di
perfettibilità che seco loro portarono nascendo.

Or domando, quali progressi luminosi ha fatto mai l'educazione del
popolo ebreo dopo la convocazione della prima assemblea, e quali solidi
vantaggi ha in verun modo risentita la sua moderna religione dalle
assidue sedute del gran Sinedrio? I talenti sono essi forse più
sviluppati da ciò che lo erano mezzo secolo indietro? La civilizzazione
ha essa fatti più numerosi progressi? Ben lontano da ciò io vedo i lumi
rimanere avvolti nelle dense tenebre antiche, e l'instruzioni a gran
passi retrogradi, sembra sfuggire il nostro incontro, e rimontare con
isdegno fino a quelle regioni pur troppo del tutto sconosciute per noi.
E le pratiche religionarie seguitate oggi dalla Comunione d'Israel in
che differiscono esse mai da quelle cerimonie superstiziose adottate
dalla medesima avanti la convocazione del Gran sinedrio? Gli stessi usi
ridicoli, le medesime pratiche stravaganti che erano generalmente in
voga presso gli ebrei per lo passato, non lo sono da essi attualmente
del pari con eguale trasporto, non sono quelle osservate oggi, e
mantenute da essi coll'entusiasmo precisamente uniforme a quella che lo
erano già nelle epoche decorse (134)?

Il Popolo d'Israel avea diritto di tutto aspettare di ottimo, e di
consolante dalle dotte operazioni di entrambi tali rispettabili
Congressi, e questi, al contrario, possedevano tutti i mezzi più
efficaci, onde corrispondere, d'accordo, al felice progresso della sua
impaziente aspettazione, ma per fatalità inconcepibile, questo popolo
tutta via ritrovasi aggravato dalla salma lacerante de' suoi vetusti
pregiudizj tradizionali, e le dense tenebre dell'ignoranza dalle quali
la sua educazione rimase involta, pare che cospirino a mantenerlo nelle
sue inveterate abitudini Macchinali.

Allorchè l'Augusto Napoleone volle fare conoscere alle indicate
Assemblee la sua volontà suprema, nella espressa comunicazione fatta da
esso alle medesime ne' sopraccennati dodici articoli, è indubitato, che
la spiegazione di questi non dovea soltanto limitarsi al mero senso
letterale sottinteso ne' medesimi ma essa dovea assolutamente
abbracciare una serie di cognizioni molto più vasta, un analisi molto
più esteso, e più profondo di tutto ciò che in se medesima racchiude
l'esimia credenza tramandata da Mosè alla posterità d'Israel; e tutto
chè soddisfatto apparisse dalle soluzioni date da quella a' suddetti
articoli, com'egli stesso lo fece chiaramente capire per l'organo de'
suoi medesimi Commissarj, non per tanto, la sovrana Deliberazione di
convocare un gran sinedrio ad imitazione di quello generalmente venerato
dall'antica Gerosolima dopo di avere fatto solennemente adunare la prima
ragguardevole assemblea; non potea racchiudere certamente altro disegno,
se non se quello di presentare all'intero popolo ebreo un nuovo Codice
salutare modellato sopra quello di Mosè, e basato sulla Ragione, e la
cui purità lesa o alterata non fosse dalla folla immensa de' glossatori
che sovente oscurarono purtroppo gl'inestimabili pregj dell'antico (ved.
_Racc. degli Atti dell'ass. degl'Israel. di Francia T. II pag. 55._)
nella guisa che abbiamo avuto luogo di rimarcarlo più di una volta.

Ecco infatti il più salutare servigio che rendere poteasi generalmente
ad un popolo il quale anche i mezzo delle sue deplorabili peripezie, era
gionto a convincersi una volta non restargli altra pronta risorsa che i
talenti, la Coltura, e lo sviluppo dello spirito, ed è per ciò che ad
altro non aspirava in questa opportuna Circostanza che a vedere
rigenerati i suoi Costumi, rischiarare la sua ragione, e ad un tempo
medesimo sgravare il proprio Culto da quell'oneroso fardello d'informi
pregiudizj, rinascenti ad ognora in mille foggie differenti e ridurlo a
quello stato edificante di sua purità primitiva.

Ma quali solidi moltiplici vantaggi avrebbe la nazione d'Israel
profusamente ricavati per tante parti dalla proclamazione di un nuovo
Codice Religionario Civile fondato sulle inconcusse basi dell'antico,
noi passiamo tosto a dimostrarlo.

(134) Dove dunque propriamente consiste la tanto vantata Riforma
dell'educazione, e del culto del Popolo ebreo? Se si riflette
assiduamente alla meschinità de' progressi che ha quella fatti a' tempi
nostri si direbbe che ha essa retrogradato molti secoli addietro, e che
per conseguenza i lumi, ed i talenti ritornarono miseramente a
sepellirsi nell'infanzia primitiva donde sono essi in origine scaturiti;
e quale meraviglia? Se di tutto si ha cura di parlare all'ebreo fra noi
fuori che d'Istruzione; se le nozioni che si fanno al medesimo
acquistare non sono idonei ad altro, che a confonderlo, ed a farlo
travviare dal retto sentiere della Ragione, e se occupando i suoi
talenti continuamente di oggetti i più frivoli, ed i più ributtanti,
condursi lo veggiamo a gran passi, da uno in altro smarrimento, e
perpetuarsi così la stupidità la più cieca, e la più materiale.

E se al Culto attendiamo un solo istante, vedremo che lungi dall'essere
stato questo rigenerato, come si è forse vanamente preteso colle
operazioni d'entrambe le Israelitiche assemblee, pare che il medesimo
rimonti unitamente a tanti altri, fino a' secoli di ferina barbarie ne'
quali follemente supponevasi onorare l'Essere Supremo, adottando quelle
pratiche ridicole che ne oscurano i sommi pregj, e coltivando quegli usi
detestabili, che lo disonorano, e dove stabilivasi per principio che
l'uomo per piacergli dovea essere al grado massimo imbecille,
contradittorio, e assurdo.



                             Cap. XVIII.

    Piano del nuovo Codice Religionario Civile, che da entrambi que'
  Sinodi si avrebbe dovuto costruire, e sanzionare, basato su' genuini
          principj di Mosè, sulla filosofia, e sulla Natura.


Non ostante le ottime disposizioni e lo spirito retto da cui animati
erano entrambe le due assemblee Israelitiche, malgrado quegl'insigni
perspicaci talenti de' quali erano adorni gl'individui che le
componevano, il popolo ebreo frattanto ritrovasi tutta via deluso dalle
sue speranze, che credeva radicalmente fondate, quali erano quelle di
vedersi aprire sotto il passo un nuovo sentiere di felicità inesauribile
da cui contava che scaturire dovessero, come da sorgente perenne i lumi,
la ragione, e lo sviluppo de' talenti di cui avea esso tanto urgente
bisogno, ed in loro vece pur troppo, le tenebre, il fanatismo, e
l'illusione, esso mira cospirare d'accordo la sua perdita fatale, e dare
l'ultimo crollo alla sua rovinosa caduta; e come altrimenti avvenire ne
potrebbe? La sola risorsa che gli era in tante guise felicemente
preparata gli venne in tratto a mancare nel suo nascere, ed ora esso
male a proposito attribuisce all'influenza di un avverso destino quello
che direttamente dall'opera umana ripetere solo esso dovrebbe (135).

Per quanto l'esperienza chiaramente ci dimostra due si riconoscono
essere unicamente le vere Cause che hanno renduto fino ad ora
l'individuo Israelita l'oggetto della perfidia, e del vilipendio
universale di tutti gli altri popoli della terra: il franco Italo genio
che indefesso veglia continuamente alla difesa dell'innocenza oppressa,
troppo bene lo conobbe, ed il suo Augusto salutare Decreto (30. mag.
1806.) non prefiggevasi per iscopo che annientarle dalle fondamenta, e
quindi opporre man forte al progresso fatale de' malefici affetti che
risultare ne potevano: gli accennati dodici Articoli fatti dal medesimo
presentare alla soluzione delle menzionate assemblee, implicitamente le
racchiudono entrambe: la prima è quella intima persuasione irragionevole
in cui erano quasi tutti gli uomini, che la Religione degli ebrei
racchiudesse in ella stessa de' principj Contraddittorj a' doveri verso
lo Stato, che loro vietasse di rispettare la buona fede, che facesse
eglino un dovere di odiare coloro che non sono della loro Credenza, e
che permettesse loro finalmente la frode, e la lezione della Morale,
cioè, de' Rapporti sociali (136).

Or per distruggere queste maligne, quanto assurde imputazioni, era duopo
con un nuovo Codice dimostrare a tali insensati detrattori d'Israel che
la Religione consolante di questo Popolo fondata unicamente sulla Legge
di Mosè non contiene certamente que' principj mostruosi, e antisociali
che testè riportati abbiamo (137); che i suoi Comandamenti non sono già
in Contraddizione con quelli che prescrivono la natura, l'umanità, e la
giustizia, ch'essi non urtano la buona fede, non ordinano la frode, e la
Legge mosaica, lungi dall'attirarvi i propri figli è anche specialmente
avversa al traffico, quella di tutte le professioni che può il più
agevolmente condurvici.

La seconda di queste cause fatali che a fondo potrebbe dirsi
ragionevolmente la derivazione immediata della prima, è il vano ridicolo
pretesto della deficenza di lumi, e di coltura che si vuole generalmente
attribuire all'ebreo Italiano in particolare, arguendo male a proposito
che una simile mancanza possa molto contribuire ad accrescere
enormemente la superstizione di cui questo popolo resta imputato, a
paralizzare il suo spirito, e quindi ad allontanarlo dalla Società, ed a
renderlo in conseguenza come un essere isolato nel Consorzio degli altri
suoi simili.

E chi non vede che per convincere d'infamia gli stravaganti promotori di
sì fatte paradossali opinioni era necessario essenzialmente con una
Riforma generale de' Costumi del popolo Ebreo, di provare loro cogli
stessi fondati principj, che si fecero servire di base alla Riforma del
Culto di questa Nazione, che l'{{individuo}} Israelita può essere
suscettibile di qualunque siasi lume, o coltura, laddove non venghino
tolte ad esso i mezzi pronti ed efficaci onde pervenirvi con
successo (138).

In tale guisa fermamente procedendo si sarebbe in ultimo pervenuti allo
scopo salutare a cui tendevano propriamente tutti i dodici Articoli
accennati, qual'era quello, in una parola, di appianare al popolo ebreo,
senza ledere però o trascurare la Religione Sacra de' suoi avi, nella
benchè minima sua parte, l'ameno sentiere di una felicità solida, e
imperturbabile, offrendo ad esso un Codice, che insieme purificasse la
sua credenza di tutto quanto l'ignoranza, e la superstizione
scaltramente v'intrusero di superfluo, di strano, e di aggravante, del
tutto straniere allo Spirito del suo primo fondatore, e ad un tempo
medesimo gl'insegnasse a conoscere meglio la natura, ed il suo Autore
Supremo, la morale, e la ragione, i principj dell'ordine, gli interessi
del genere umano, i destini della gran Società di cui questo popolo fa
parte: ecco in quale guisa da un male stesso che reputavasi pressochè
incurabile, noi vedremmo direttamente scaturire l'antidoto possente,
efficace per guarirlo //(140)\\.

Ma essendosi limitate le assemblee, come osservammo, alle Risposte
meramente Letterali degli Articoli accennati, questi non potevano
produrre giammai quella risorsa che il popolo d'Israel avea duopo, e
tutti que' luminosi vantaggi ch'esso avea diritto d'aspettare da due
Consessi così colti, e così rispettabili, e frattanto gli stessi
disordini malefici che paralizzarono per un tempo immemorabile lo
spirito di questa derelitta nazione, ripullulare si mirano, pur troppo,
egualmente fra noi coll'impronta dell'avvilimento, e della
superstizione.

Nè quì giova l'asserire in modo giustificativo, che tali soluzioni
abbiano interamente meritata la piena soddisfazione dell'insigne Monarca
che le avea ricercate, mentre questi non potea certamente non approvarle
riconoscendo //\\avere esse una identica analogia cogli articoli
medesimi ce vi aveano rapporto; ma esigere poteasi d'altronde
giustamente che quelle soluzioni state fossero più vaste, più
analitiche, e universali, i modo che in forza di esse non solo abrogati
venissero tutti quegli abusi che riferivansi al Matrimonio, al Divorzio
all'usura & come già dalle medesime {{assemblee}} si fece, col migliore
successo, e col più sottile criterio; ma tutte quelle pratiche ridicole
altresì, quelle Cerimonie superstiziose, e quegli usi stravaganti che
formavano la base della credenza dell'Israelismo della nostra età, e che
noi abbiamo per tante volte di proposito riprovati dovessero essere
affatto cancellati dalla reminiscenza di questo popolo, e radicalmente
distrutti (139).

Ecco in quale maniera potevasi fare propriamente risentire a questo
popolo il valore inestimabile di una solida Rigenerazione, la quale ben
lungi dal recare detrimento alla sua consolante Religione, questa
ridotta in forza di essa a' suoi primi salutari principj, non solo non
avrebbe niente d'incomparabile colla filosofia la più pura, ma ella
sarebbe altresì, identica perfettamente del tutto alla natura, ed
uniforme a' suoi ammirabili precetti, e quindi avrebbe potuto molto
influire ancora sullo sviluppo delle sue facoltà intellettuali, non meno
che sulla Riforma generale de' suoi Costumi; verità che noi passiamo a
rendere più comprovata, e più evidente in ogni senso, col mezzo delle
assidue ponderate osservazioni, che noi ci disponghiamo a fare sopra un
tale soggetto nel Capitolo seguente.

(135) Si ha d'altronde un bel declamare contro un destino, che nulla può
influire, in verun modo sugli esseri umani sia di bene sia di male, di
di cui l'esistenza presso che in intero dall'uomo solo ripetere
dobbiamo, siccome lo ha opinato ingegnosamente un dotto antico; ma nulla
di meno ad ogni tratto si ode comunemente incolpare questo cieco
fortuito destino delle //\\oppressioni che noi medesimi spontaneamente
ci procuriamo, non meno che delle calamità che le proprie nostre mani si
fabbrichino ad ogni istante, e dalle complicate miserie, le quali altro
per loro stesse non sono, che l'opera nostra meramente, ed il solo
risultato dell'ignoranza, dell'accidia, e dell'orgoglio insano da cui è
l'uomo eccessivamente predominato.

(136) Bisogna essere, per certo, o ignoranti fino alla stupidezza la più
brutale, o perversi al grado estremo, per farsi tale idea mostruosa
della Religione di un popolo, il primo adoratore del Dio di verità, e
diretto da una morale, che non ritrova confronto fra tutti i popoli
dell'Antichità. In fatti se le Leggi delle dodici Tavole osservate da'
Romani, contenevano secondo il parere de' dotti, la più nitida, e la più
eccelsa filosofia; quelle date sul gran Sinaj a Mosè non abbracciano
esse tutto ciò che l'umana sapienza può inspirare di grande, e di
ammirabile per formare l'uomo rassegnato al suo Creatore Supremo, l'uomo
Sociale? A fronte di questa verità innegabile, vi sarà egli ancora
degl'insensati che giunghino al delirio d'insultare una Religione basata
sopra una Legge, che fra le massime divine che dessa prescrive, ordina
per sino di ricondurre al suo ovile la smarrita pecora dello stesso
nemico, di non vendicarsi, nè conservare odio contro di esso, e di
porgere un braccio soccorrevole nel momento di sua Caduta (_Exo. 2.
Levit. 19._). Quale altro popolo può mai vantare Leggi sifatte, massime
sì alte, sì generose?

(137) E quì essenzialmente da rimarcarsi che questa Legge medesima
osservasi bene di frequente avvilire, ed insultare da coloro stessi, che
più dovrebbero avere un interesse diretto di difenderla, e di
apprezzarla incapaci di riflettere che senza di essa l'edifizio immenso
della loro credenza sobissare dovrebbe senza ritegno. In prova di ciò
cosa mai diverrebbe il Cristianesimo senza l'appoggio della Religione
d'Israel, e come mai senza di questa potrebbe l'Islamismo sostenersi un
solo istante? E pure è cosa ormai troppo sensibilmente dimostrata che è
dal solo Cristiano, e dal solo settatore di Maometto che quella stessa
Religione fu mai sempre combattuta, e oppressa col massimo livore, e
coll'accanimento il più feroce, ed il più strano.

(138) Per provare queste verità col chiarore dell'evidenza, le due
menzionate assemblee non avevano duopo che citare lo stesso loro
esempio; questo avrebbe sufficientemente dimostrato, che sotto una
dinastia quale è quella che ci governa può la nazione d'Israel produrre
ancora degli uomini capaci per onore, per senno, e per coltura a formare
nel suo corpo un Gran Sinedrio, un Consesso rispettabile degni di
meritare, a ogni riguardo, gli auspicj di un filosofo Regnante, e
l'ammirazione universale di un popolo illuminato. Questa sarebbe stata
realmente per se stessa una dimostrazione più certa, e più percotente
onde fare ammutolire sopra tale proposito gl'insensati detrattori della
nazione ebrea di tutti i più fondati argomenti che addurre si potessero
per comprovarla.

(139) Oltre le tante {{superstiziose}} Cerimonie religiose, adottate, e
sostenute dall'ebreo Talmudista col più intenso fervore, e da noi
abrogate interamente nel Corso di quest'opera, quante mai pratiche di
tal fatta, usi, o instituzioni ne restano ancora, che, o sopprimere si
dovrebbero come inutili; o riformare, da colmo a fondo, come al grado
massimo abusive; o distruggere come assurde ed opposte onninamente allo
spirito del Culto, che gli si fa servire stoltamente di base, e di
sostegno: ma nulla di ciò essendosi fatto in vantaggio di questa
Nazione, io mi credo per tanto nel dovere indispensabile di rimarcarne
frappoco quelle che più meritano essere o represse, o annullate, secondo
la circostanza, o il bisogno, onde nulla resti di essenziale da
desiderare sull'assunto important//e\\{{issimo}} che noi abbiamo
seriosamente intrapreso ad esaurire.



                              Cap. XIX.

 Progetto di abrogazione generale di tutte quelle pratiche stravaganti
  che isolarono fino ad ora il settatore rabbanista da tutte le altre
    sette, e che secondo le più fondate apparenze formarono la prima
   sorgente fatale di quell'odio irreconciliabile, che queste sempre
                      nutrirono contro di esso.


Se l'uomo potesse completamente modellare tutte le sue intime azioni
sugli esemplari precetti della sana filosofia; se tutte le direzioni de'
di lui passi non seguitassero altra scorta fuori di quella che aditata
gli viene dalla ragione; l'assurdo sarebbe per la sua specie un nome
ignoto, ed assai facile riuscirebbe ad esso di conoscere allora che gli
orridi smarrimenti ne' quali è trascurato sovente, non potevano giugnere
ad impossessarsi giammai del di lui Cuore, se non se dopo che cessando
egli di fare un uso proficuo della sua medesima ragione, o incapace si
rese di trarre de' sensibili vantaggi dagli utili avvertimenti di
questa, o più non gli colse di ascoltare attento le Lezioni salutari
dell'altra.

Quindi per poco che noi vogliamo richiamare con diligenza quanto fu da
noi significato per reiterate volte concernente gl'Israeliti della
nostra età, loro applicando ragionevolmente questo evidente principio,
noi perverremo a conoscere con positiva certezza, siccome io l'ho
altrove {{di proposito}} rimarcato (_Spett. Lib. Specul. IX. {{T. 1.}}
p. 96_) che tutte le funeste peripezie, tutte le sciagure, e tutte le
desolanti Calamità delle quali furono essi per tante volte le vittime
nel mondo, non procedevano più che la loro indole naturale avesse
degenerato da quella de' primi benemeriti Institutori della loro
edificante religione, come alcuni l'hanno assurdamente immaginato;
ovvero per che il temperamento intimo de' medesimi erasi infettato d'una
pretesa corruzione di spirito, come altri bizzarramente opinarono (140);
ma per che non volendo, o non potendo conoscere in tutta l'estensione la
forza di quell'essenziale indefettibile principio, essi obbliarono
interamente le semplici quanto ovvie instruzioni, che avevano servito un
giorno di base fondamentale al primitivo stabilimento del loro Culto
esimio per correre presso le logogrife visioni tradizionali che se ne
fecero tenere da' medesimi il Carattere e le veci, senza forse
riflettere quanto fossero queste in collusione collo spirito di esso; e
per che abbandonandosi con una stupida sommissione a' loro seducenti
prestigj si videro costretti a dovere insensibilmente cambiare,
modificare, accrescere, o alterare tutte quelle semplici, quanto sublimi
prescrizioni che furono eglino trasmesse, e così lusingati di seguitare
//sempre\\ costantemente in tutta la loro integra purità le medesime
Leggi, gli usi medesimi, e le stesse Cerimonie de' loro vetusti
predecessori, si ritrovarono, pur troppo, a non più seguitarne, che il
mitico fantasma, e lo spettro immaginario.

Quindi non è meraviglia, se in tale guisa procedendo, la degradazione
d'Israel divenne sempre più umiliante, la sua proscrizione dalla società
//sempre\\ {{ognora}} più avvilente, il Culto suo vieppiù degenerato da
quello de' suoi predecessori; e se per conseguenza, il bisogno di
restituirlo al suo decoro antico, di ravvicinarlo al Consorzio de' suoi
simili, e di ripristinarlo nella sua Credenza primitiva, sempre più si
rese oltremodo urgente, e indispensabile.

Ma quali solidi luminosi vantaggi sarebbero mai per risultare in favore
del popolo ebreo, se dopo di avere accuratamente semplificata la sua
credenza odierna, e ridotta a quel grado di edificante purità, e di
perfezione in cui ammiravasi già quella nella vetusta età de'
patriarchi; se dopo di avere purificata la sua educazione, rigenerati i
suoi Costumi; appianatogli il difficile sentiere di una metodica
Instruzione, si lasciasse abbandonato a se stesso in balia de' suoi
mostruosi prestigj tradizionali, da cui mirasi ancora fatuamente
ammaliato, malgrado tutti i nostri più energici sforzi per
allontanarvelo, e senza cimentarlo a rinunziare con risoluta fermezza a
tutte quelle pratiche stravaganti colle quali sembra tutta via
inseparabilmente collegato, e indurlo così a desistere una volta di
vivere, per folle arbitrio, isolato fra i suoi simili, vilmente
proscritto dalla società, e relegato nel vortice immenso de' suoi
inveterati smarrimenti: niuna utilità per certo risentire egli potrebbe
da tutto ciò che da noi fu detto, ed operato fin qui, per tante volte, a
suo riguardo, se con una fredda indifferenza per il suo stato
deplorabile noi si lasciasse vegetare nella sua stupidità primitiva, in
vece di porgergli una mano soccorrevole, onde trarlo dall'orlo
dell'abisso preparato ad ingoiarlo, e fare ad esso, nel tempo medesimo,
conoscere, con un Politico insigne (_Macch. Disc. IV._), che ogni
Religione, la quale fa un dovere delle sofferenze, de' digiuni,
dell'umiltà ostentata, non inspira a coloro che la professano che un
coraggio passivo, poichè una credenza di tal fatta, lungi dal condurli
nella via del paradiso, come follemente si pretende, snerva il loro
spirito, lo avvilisce, lo prepara alla schiavitù senza speranza di
scampo, nè di Conforto (141). E chi mai con più fondata ragione di
quella che riconosciamo avere per se medesimo il popolo ebreo, può
autenticare la verità di questo sentimento di cui esso ha si sovente
risentiti, e ovunque i genuini {{perniciosi}} effetti?

Quali strepiti orribili, quale intenso clamore non fec'esso echeggiare
per tante volte ovunque sulla spietata sorte a cui fatalmente
soggiacque? Ma tutto ciò pur troppo indarno: a che mai giova querelarci
dolenti per un funesto malore che ci assale, quando in vece di
apprestarne l'antidoto, ch'efficace sarebbe prontamente a risanarlo, noi
ce ne mostriamo indifferenti, e colla più stupida incuria ognora più lo
alimentiamo, rendendolo più aggravante, e inveterato? Ritorniamo una
volta alle nostre consolanti Instituzioni antiche, si abbroghino
finalmente tutte quelle pratiche, usi, o Cerimonie, che inutili,
straniere, od anche perniciose molto sovente riescire si mirano allo
spirito integro delle medesime; e allora, il lenitivo possente
//a'\\{{contro}} i nostri mali, sarà bentosto ritrovato da noi senza
gran pena. La società riacquisterà, con trasporto allora, nuovi membri
aspiranti a contrarre i suoi legami, e ch'essa sdegnava di accogliere
nel suo seno per lo passato; i popoli della terra riguarderanno in
avvenire come amica prediletta una nazione, che essi hanno sempre
avvilita, e combattere, considerandola come degna di odio, e di
disprezzo; e questa, dal canto suo, più non avrà per principio religioso
di dovere con decisa ripugnanza detestare, o sfuggire l'associazione de'
medesimi; e premurosa di vedere franto una volta il talismano fatale
dell'anatema che proscritta la rese per un tempo immemorabile dal
Consorzio degli esseri umani, riconoscerà l'urgenza estrema di
avvicinarli, dividere seco loro i diritti, gl'interessi, e i vincoli
sociali.

Ma come potrebbe mai questo popolo effettuare tutto ciò per lungo tempo
ancora, con felice successo, persistendo tutta via ne' suoi antichi
vaneggiamenti tradizionali? Ecco la barriera oltremodo funesta che
superare fa duopo senza ritardo, abrogando perpetuamente dall'edificante
Religione d'Israel tutto ciò che d'inutile o di assurdo v'intrusero
l'ignoranza, e il fanatismo, non ad altro capace che a soffocare il
germe salutare, ad oscurarne gli eccelsi, e i veri pregj (142).

Per altro, in seguito di quanto venghiamo noi di esporre concernente la
Riforma degli abusi del Culto Israelitico, //sarebb'egli farne di
proposito\\ {{necessario cred'io}} di fissare quì una metodica
restrizione ancora nelle {{lunghissime}} preghiere sacre
//interminabili\\ usitate quotidianamente da questo popolo, dimostrando
ad esso l'inutilità delle medesime, o almeno la poca loro efficacia per
lo scopo a cui si pretende farle in massima servire (143): tutte le
nazioni pregano Dio; ma i filosofi si rassegnano alla sua volontà eterna
e lo obbediscono: se noi non possiamo giugnere a tanto, essendo nazione,
e non filosofi, almeno procuriamo di rendere le nostre preghiere più
concise, meno monòtone, e riuscire le vedremo allora più energiche, più
ovvie, e più meritevoli di essere esaudite dal Dio di verità a cui sono
esse dirette. Io non dirò già, come opina Virgilio, che inutili si
rendono le preghiere, e che questi non faranno mai cambiare i decreti
degli Dei:

   _Desine fata Deum flecti sperare precando._

   _Æneid. Lib. 6. v. 376._

Ma che debbasi credere lodevole cosa, e conveniente ad un Divino Culto
il passare le 4, le 6. ore, e sovente un intera giornata, a ripetere le
ossecrazioni medesime; questo è ciò che approvare non si può da mente
sana, senza che la sublimità della Religione vengane lesa ed
oscurata (144), come veggiamo appunto accadere nel caso nostro dove le
preghiere che ugualmente praticare si mirano fra noi, lungi
dall'inspirare devozione, e rispetto, producono per la loro prolissità
soverchia, la noia nel//\\{{l'intenderle}}, la stanchezza nel recitarle.
Quindi per ovviare a si fatto pernicioso inconveniente, sarebbe dunque
oltremodo necessario di ridurre interamente le preghiere usitate dalla
sinagoga ebrea ad un numero più ristretto, e più compendioso,
allontanando dalle medesime tutte quelle superfluità, o ripetizioni, le
quali non so come introdotte a poco a poco fra di esse, e colla
successione de' tempi abusivamente passate in consuetudine, e che non
tendono ad altro che a renderle più diffuse, e per conseguenza più
annojanti, inutili del tutto. In tal modo noi perveniremo agevolmente al
grande commendevole scopo, che con tante cure, e fatiche ci siamo noi
proposti, {{qual è quello}} di rendere il Culto d'Israel degno del
nitido fonte salutare da cui ei trasse un giorno la primitiva sua
derivazione, abrogando, da colmo a fondo, tutto quanto l'ignoranza, o il
fanatismo v'intrusero già di soverchio, d'inutile, o di assurdo a
scapito enorme della verità che ne forma la solida eterna base, e della
ragione che servì sempre ad esso di guida, e di sostegno.

Questo è l'ostacolo solo che tutta via restavaci a superare, il giogo
aggravante è solo questo che rimanevaci a scuotere ancora, onde compiere
l'opera perpetuamente memorabile della Rigenerazione {{del popolo}}
d'Israel; se vincere possiamo l'uno; se riusciamo a liberarci anche
dell'altro, la nostra felicità è gionta al colmo, nulla più restaci a
desiderare per conservarla: il Culto //d'Israel\\ {{della posterità di
Abramo}} potrà dirsi meritamente allora il più esimio, e il più perfetto
di quanti altri mai sieno stati conosciuti, o esercitati dagli uomini
sopra la terra; la funesta barriera che odiosamente separava già ne'
tempi andati questa nazione da tutte le altre, sarà tolto per sempre, e
rinunziando per opera nostra completamente a' suoi inveterati prestigj
tradizionali, a' suoi insociabili Costumi, più non si vedrà il popolo
ebreo contraddistinto fra di esse nel mondo colle marche
dell'avvilimento, e dell'infamia come lo fu pur troppo per sì lungo
intervallo di secoli; esse saranno eternamente cancellate dalla
reminiscenza delle nazioni le quali divenute così pure dal canto loro
meno dedite al fanatismo, più inerenti alla filantropia, e più eque
verso di esso, riconosceranno per isperienza che l'individuo Israelita
può essere, ad ogni riguardo, suscettibile ancora di virtù, di coltura,
e di un illuminato disinganno.

(140) Molti hanno ridicolmente supposto che il genere umano di un tempo
avesse potuto essere differente dal genere umano di un altro: questo, è
un errore che fa duopo assolutamente distruggere dalla fantasia di
esseri dotati di ragione. Un breve intervallo di pochi secoli che può
comunemente fissarsi fra gli uomini di un'età più lontana, e quelli di
un epoca più recente, ha fatto assegnare a vari scrittori delle
differenze assai rimarcabili fra gli uni, e gli altri; in ragione della
maggiore, o minore lontananza che gli ha separati, senza farsi per altro
a riflettere, che se ritrovasi fra essi qualche varietà, questa non può
propriamente consistere che nelle poche cognizioni, che possono avere
acquistati gli ultimi dopo i primi; ma che d'altronde tanto per riguardo
a' sentimenti o a' pregiudizj naturali, quanto per rapporto a tutte
quelle idee, che sono quasi identificate collo spirito, ed il carattere
genuino di ogni essere pensante, tutti gli individui umani sono stati i
medesimi in ogni tempo, lo debbono essere in ogni età, e lo saranno in
tutti i secoli del mondo.

(141) A più forti ragioni, cosa penserebb'esso mai quel gran politico di
un popolo il quale potendo vantare meritamente il culto il più pretto,
il più eccelso ed il più sano di quanti altri mai sieno stati in alcun
tempo esercitati dagli uomini sopra la terra, riponesse la base della
sua credenza nella pratica di varie insulse cerimonie, nell'astinenza di
certi cibi (benchè la sacra prescrizione non gli condanni, come fu da
noi altrove dimostrato), e nell'osservanza di alcuni riti, che non hanno
altro fondamento che l'interesse di coloro che pretendono farli ovunque
valere a scapito enorme della vera, e nitida religione, cui ne risente,
pur troppo, ad ogni tratto il più grave detrimento, ed abbiezione?

(142) Oltre le tante altre prescrizioni superstiziose, e inutili, che
per moltiplici volte abbiamo noi fin quì riprovate nella tradizione,
quante ancora ve n'ha che meritare dovrebbero per ogni rapporto la
nostra ripugnanza, il nostro sdegno, e che l'ebreo Talmudista non cessa
di osservare, e mantenere col più denso fervore? Ma qual enorme
contraddizione tante volte racchiude la massima di quelle, quali assurdi
perniciosi non risultano sovente dalla pratica di esse? Quando la lunga
barba sul volto è una marca di lutto, e di tristezza, mentre che questo
medesimo segno mirasi conservato in osservanza delle feste ancora le più
solenni; e quando si permette di accendere un lume {{in sera, o}} in
giorno di festa, e si vieta nel tempo stesso di estinguerlo, e chi
potrebbe annoverare le tante altre prescrizioni di tal fatta imposte da'
Rabbini, tutte implicanti le assurde contraddizioni medesime in
occasione di nascite, di morti, di solennità, di matrimonj? Per poca
cognizione che si abbia, restare si dee a prima vista colpiti dalla
stravaganza della massima parte di {{sì}} fatte cerimonie religiose,
senza che io mi diffonda a rinnovarne quì la {{disgustosa}} menzione.

(143) Sarebbe egli fuori di proposito di porre quì un assoluta
//mutazione\\ {{modificazione}} anche nelle preghiere sacre
interminabili //usitate\\ {{recitate}} da questo popolo {{nell'esercizio
del Culto,}} dimostrando ad esso il grave detrimento che la sana
credenza di Mosè per tante parti risente in faccia degl'increduli
dall'enorme affluenza, e la molesta durazione delle medesime? E quali
ragioni potrebbonsi apporre agli argomenti filosofici, e inconcussi de'
quali si serve fra i tanti oppositori _Massimo di Tyro_ per dimostrare
l'insofficienza delle //medesime\\ preghiere, onde con altrettanti
{{solidi, e idonei del pari}} provare ad esso in contrario l'urgenza, e
l'efficacia delle medesime?

L'Essere Supremo, riflette quest'Autore, ha i suoi disegni da tutta
l'Eternità: se la preghiera si conforma alle sue volontà immutabili, si
rende allora inutile di domandargli ciò che ha essa già determinato di
fare. Se si prega di fare il contrario di ciò che //ha il\\ {{fu dal}}
medesimo risoluto, è lo stesso che pregarlo di essere debole,
incostante; è credere ch'esso debba essere tale, è un deridersi di lui;
o voi gli domandate una cosa giusta, e in questo caso esso la dee, e
quella si farà senza che se ne preghi; questo è ancora diffidarsi del
medesimo facendogliene instanza; o la cosa è ingiusta, e allora si
oltraggia: Voi siete degno, o indegno della grazia che implorate; se
degno esso lo sa meglio di voi; se indegno, si commette un delitto di
più domandando ciò che non si merita.

Cosa rispondere mai si potrebbe a tali robusti, e inoppugnabili
argomenti?

Per altro, gli stessi filosofi osservano che noi non facciamo delle
preghiere a Dio, se non se per che la deplorabile fralezza umana lo ha
sempre mai delineato secondo l'immagine nostra, quindi noi lo trattiamo
come un terreno monarca, ed un sultano, che si può irritare, ed appagare
secondo le Circostanze. Chi avesse la pazienza di percorrere i breviarj
differenti di tutti i popoli che conosciamo, vedrebbe se tale appunto
non è il carattere che da questi si fa generalmente dell'Essere Supremo.

(144) Non è già la soverchia digressione delle preghiere quella che
costituisce i pregj fondamentali di un Culto veridico, e divino; ma
soltanto pochi accenti proferiti con animo integro, e retto Cuore sono
sufficienti per rendere l'omaggio che dobbiamo al Superno Creatore
dell'essere nostro; succinta era la prece di cui servivasi Daniel;
concise erano del pari le preghiere usitate degli stessi primi
Patriarchi, e Profeti d'Israel; e Dio stesso rivelandosi a Mosè, e
aditandogli le Leggi che prescrivere dovea a questo popolo, non
gl'impose già di ordinargli quelle prolisse orazioni che praticare oggi
si mirano da esso.



                               Cap. XX.

  Ricerche filosofiche sul sistema di Religione che più converrebbe di
   stabilire fra i popoli per riunire le loro Teologiche opinioni: la
 Specie umana non potrebbe mai riuscire con successo in tale malagevole
     assunto, se non se proclamando univocamente una sola Religione
                              universale


La Religione vera, o falsa ch'ella sia, tenacemente s'impossessa
dell'uomo per sino dal primo istante che natura lo produce fra i
viventi, lo accompagna durante la sua vita, senza mai perderlo di vista
un solo istante, e bersagliandolo senza interruzione or colla speranza
di un tenebroso avvenire, ed ora co' timori di un averno fulminante, lo
segue fino alla tomba, confuso, e titubante sul destino che lo attende:
quest'orrido spettro più temibile ancora per le sue per le sue minacce
inesorabili, che consolante per le sue mistiche promesse è stato fino ad
ora un enimma impenetrabile non meno per coloro i quali abituati sempre
a tremare al suo aspetto hanno ad esso conferito un esistenza reale che
per gli altri i quali non vi hanno potuto scorgere che un labile
fantasma bizzarramente immaginato per ammaliare, o sorprendere la
credula fantasia de' mortali, senza che niuno fra questi abbia mai osato
fino ad ora di rendere conto a se stesso della propria superstiziosa
umiliazione; ma tutti, al contrario, servilmente piegando l'abbattuta
cervice sotto il giogo pesante de' loro direttori spirituali dall'aurora
della vita fino la notte della morte, essi o non vollero curare, o
comprendere non seppero, che più i dogmi che ci vengono insegnati ne'
varj periodi della nostra età sembrano assurdi, e ripugnanti, e vieppiù
la ragione ha un diritto imperscrittibile d'invigilare contro l'errore,
e l'impostura, bilicando esattamente il valore delle opinioni che
l'educazione, e l'esempio resero in noi radicalmente dominanti fino
dalle fascie: sempre sottomessi all'imperioso Cenno del ministro
teocratico che comanda di credere, e vieta severamente di ragionare,
essi riguardarono come un delitto irremissibile di fare l'esame della
verità, e lo scrutinio della ragione, e allora quando si è pervenuti al
punto fatale di dovere consultare l'una, o interrogare l'altra più
ovunque non s'intese che la voce criminosa dell'ignoranza, e del
fanatismo echeggiare, con istrepito, fino alle più recondite parti di
ogni Cuore umano i sonori accenti de' loro infami trofei.

Ma appena la filosofia ha renduto felicemente all'uomo il diritto di
pensare che accordato avea ad esso la natura, e che l'autorità spietata
de' suoi savi ministri gli avea malignamente carpito che il primo uso
che ha esso fatto delle sue facoltà intellettuali fu quello di sottrarsi
alla truce schiavitù in cui gemea, spezzando i suoi Ceppi diffamanti, di
combattere la vetusta superstizione degl'ingannati suoi progenitori, e
di fare ricadere sovra di essa l'avvilimento, e l'esecrazione, che
meritano ad ogni riguardo i suoi fautori sitibondi di sangue, tiranni ed
ignoranti. E per che mai tutto il genere umano non seguita costante le
stesse traccie salutari che additate ci sono da questa eccelsa
filosofia, non si occupa indefesso de' medesimi consolanti principj
ch'essa egregiamente prescrive? Tutte le promesse lusinghiere con le
quali ogni religione seduce la mente arrendevole de' suoi credenti,
valgono esse mai i dolci incanti che agli uomini procura quell'esimia
direttrice delle loro azioni, la quale senza alimentarli di chimere, o
di fantasmi procura loro il massimo de' beni, qual è quello
d'illuminarli, e di svellere dal loro Cuore que' germi venefici della
superstizione della menzogna di cui furono essi per tante volte nel
mondo la vittima e lo scherno? Eh, che? tutta la terra coperta ancora di
tanti milioni di esseri umani caduti ferocemente sotto il cruento
acciaro de' zelanti satelliti di que' mostri non è ella sufficiente per
attestarne i terribili furori? L'Europa non è tutta via fumante de'
fuochi sterminatori che la consumarono sì di frequente, non mirasi
quella gemere ancora sotto un affluenza incalcolabile di tempj, e di
altari consecrati a' più orridi smarrimenti, ed agli assurdi? Tutti i
sanguinarj flagelli che cospirarono in ogni secolo, e ovunque la
distruzione del genere umano, ebbero essi altro appoggio per sostenersi,
che un ipocrito zelo di religione di cui si servirono poscia di
terribile arma que' mostruosi tiranni che si formarono un piacere di
soggiogarlo? Chi non fremerebbe di vedere i popoli condannati a lottare
promiscuamente per folle arbitrio contro tante calamitose sciagure,
senza poterne calcolare giammai l'estremo termine, e quale orrore di
udire l'uomo fieramente gridare al massacro, allo sterminio dell'uomo
fattosi per se stesso ciecamente lo spietato promotore delle sue pene?
Tale sarà mai sempre il destino deplorabile di questa specie fino a
tanto che l'interesse di un popolo non saranno quelli di un altro, i
diritti di un uomo quelli del suo simile, e la credenza di tutti gli
esseri pensanti identica, e uniforme in ogni sua parte, basata sulla
ragione, e diretta da que' salutarj principj sconosciuti pur troppo da
essi onninamente fino al presente (145).

Da tale armonia univoca e concorde risultare direttamente vedremo
l'uniformità inalterabile fra tutti gli esseri umani de' loro sistemi
religiosi, e de' loro vincoli sociali; l'odio, e la persecuzione saranno
proscritti per sempre dall'animo di essi; il germe letale di astio, e di
vendetta non ritroverà più asilo ne' loro Cuori, più non si vedrà
erigere un altare sulle rovine dell'altro, e l'urgente necessità
d'illuminarsi, e di sviluppare la loro ragione si farà loro con veemenza
più sensibile sentire. In questo modo il talismano esecrabile delle
chimere che abbacinarono i popoli verrà bentosto dissipato agevolmente,
e le opinioni metodiche, e sane accorreranno ad allignarsi per loro
stesse in quelle teste che supponevasi destinate perpetuamente
all'errore, alla menzogna.

E soltanto così che l'eterno creatore supremo può farcisi palese a prima
vista onde leggervi possiamo in caratteri indelebili quale sia il vero
Culto esimio, il più venerabile, il più degno di lui, senza essere
costretti di ricorrere alle visioni tradizionali degli uomini, ad
oggetto d'investigarne il pretto senso genuino.

Dio ha detto all'uomo, io ti ho creato, io ti ho dotato di una
perspicace intelligenza, e di una purgata ragione, affinchè a te
servissero entrambe, come due guide infallibili, e pronte per condurti
saggiamente nella tua vita, per renderti capace di adempiere la mia
volontà sovrana, ed ad un tempo medesimo conoscere ampliamente i doveri
che ti vincolano alla società de' tuoi simili, a penetrarti de'
moltiplici vantaggi che risultano immediatamente dall'armonia costante
di tale mutuo legame.

Ecco il solo, e il vero Culto che potrebbe superiormente inalzare l'uomo
rendendolo universale, per che il solo degno di un Essere Supremo, e che
può dirsi giustamente marcato del suo sugello eterno e di quello della
verità; ogni altro Culto porta seco la fallace impronta dell'uomo, e per
conseguenza dell'errore, del fanatismo. La suprema volontà di un Dio
giustissimo, e ottimo è che gli enti ragionevoli sieno felici, e per
essere tali essi hanno duopo di coltivare la loro ragione, e divenire
saggi, e illuminati.

Questi è infatti l'unica, e il sano Culto che un Dio di verità comanda,
e che la filosofia sempre intenta a migliorare la condizione umana si
studia di propalare fra le nazioni.

Impressionati profondamente da questo sublime edificante Linguaggio
riconosceremo ad evidenza quanto la nostra Religione è incomparabilmente
più eccelsa, più limpida, e più sana di tutte le altre conosciute, e
praticate nel mondo fino al presente, laddove queste impongono alla
ragione un obbedienza meramente cieca, e macchinale, quella gli permette
di acquistarne ampliamente la vera idea, d'intenderla, e di profittarne
senza mistero (146).

D'altronde quale mostruoso confronto rifiutare noi vedremmo
analizzandole di passaggio entrambe? L'enorme opposizione fra di esse ci
sorprenderà a prima vista; l'una riconosceremo avere per base la
contemplazione, la morale il raziocinio, quando non è sostenuta l'altra
che dall'avvilimento, dal fanatismo, dall'ignoranza: convinciamocene col
fatto (147).

L'uomo atterrito dal niente che lo circonda, costernato dalla natia sua
fralezza palpita, e trema ad ogn'istante sulla di lui sorte avvenire:
cosa diventerò io mai, esso interroga se stesso, se non esiste un essere
più potente di me capace d'invigilare alla mia Conservazione, e di
proteggermi? Egli soffre sull'incertezza di meritare un si possente
appoggio: egli è sollevato da quando è persuaso di rendersene degno; il
primo oggetto che lo percuote, la prima idea che attonito lo rende per
oscura ch'ella sia diventa la sua tutelare divinità. E dunque una si
fatta idea estesa, e fortificata da una lunga successione di
circostanze, e di riflessioni, modificata in mille guise differenti,
passando da un uomo all'altro dall'una all'altra nazione, da un confine
all'altro del mondo. Tale è infatti l'idea sulla quale si può basare
fondatamente il prototipo genuino di tutte le Religioni che ingombrano
la terra.

Eh che? Questo principio non è egli una conseguenza naturale delle prime
riflessioni dell'uomo risolutamente abbandonato a' prestigj ammalianti
della Religione? Non è questo il passo dello spirito umano allorchè
comincia a sentire la necessità indispensabile di un Culto? E non si
trova forse le trame di questi sentimenti primitivi nel Cuore medesimo
di coloro che trassero la Culla dalla Sinagoga, dalla Chiesa, ovvero
dalla Moschea? Ma quando è che il popolo si occupa esso della Religione?
Quando è che egli opina seriosamente all'esistenza dell'Essere Supremo?
Ciò avviene soltanto alloraquando si riconosce infelice, e mentre è
pressato dal bisogno di qualche urgente immediato soccorso, che più egli
non osa di aspettare nè da se stesso, nè da' suoi simili, nè dalla
sorte. Quand'è che la moltitudine resta intimamente penetrata
dall'esistenza di un Dio? Ciò accade allorchè un avvenimento inopinato
lo abbandona in preda a qualche funesto pericolo, e quando le grandi
azioni, o i prodigj sorprendenti gli annunziano la presenza di un essere
onnipotente: infatti, le tempeste il fulmine, le calamità della guerra,
la fame, la peste, le malattie la morte, hanno persuaso più gli uomini
dell'esistenza di un Dio, di tutta l'armonia costante dell'universo,
degli stupendi fenomeni della natura, e di tutte le profonde filosofiche
dimostrazioni di _Loke_, di _Clarke_, di _Leibnitz_, di _Newton_. Ecco
l'uomo: ecco sopra qual base fondano i loro principj tutti i settarj
delle Religioni volgari: _Primus in orbe timor fecit Deos &c._

Ma quanto mai ritrovare dovremo a quella opposta diametralmente la
Religione salutare del filosofo, quella che quì si propone per modello
esemplare dell'eccelsa Religione universale da proclamarsi fra gli
uomini? //Per\\

Per poco che si attenda resta con evidenza troppo convincente dimostrato
che stabilendo noi per base di tutti i nostri fondamentali sistemi che
Dio ha voluto fare esistere un rapporto costante fra esso e gli uomini,
che gli ha dotati di libertà, e di ragione, che gli ha renduti
suscettibili di bene, e di male, che ha loro indistintamente distribuita
quella discreta dose di buon senso che forma il solo, e il vero istinto
dell'uomo, e sul quale, secondo i filosofi è unicamente fondata la Legge
naturale; quindi chi potrebbe mai opinare senza delirio, che noi guidati
da tali eccelsi ammirabili principj, non abbiamo una religione, ed una
religione molto più sana, più edificante, e assai migliore di quella che
vantano tutte le sette che sono fuori dal grembo salutare di essa, per
il motivo incontestabile che tutte quelle sette sono degeneri da' loro
fonti primitivi, e per conseguenza, o mendaci, o alterate, e la Legge
naturale è vera, e sempre intatta conservatasi quale fu essa in ogni
tempo conosciuta nel mondo. Così potrebbesi diffinire con un dotto
antico il Deismo altro per se medesimo non essere che il buon senso
purificato dall'adorazione di un Dio, e le altre Religioni il buon senso
pervertito dalla superstizione: dal che proviene che tutte le sette sono
fra elleno si opposte, e si discrepanti, e che la morale su di cui il
Deismo è essenzialmente fondato è per tutto la stessa: ciò accadere
veggiamo unicamente per il solo motivo che quelle sono l'opera degli
uomini, e che questa procede immediatamente dall'Essere Supremo; tanto è
ciò vero, quanto che non si ha di sorte alcuna, traccia nell'Istoria che
i fautori di questa abbiano cagionato giammai il benchè minimo tumulto
sopra la terra, quando si vide questa mille volte lordata di sangue, e
di misfatti atroci da' partigiani di quella; la più convincente ragione
di tale notabile differenza si è per che i primi sono filosofi; or i
filosofi possono fare degli erronei ragionamenti, ma non soliono mai
usare intrighi, o violenze per costringere gli uomini che hanno
l'infortunio di non appartenere alla loro classe benemerita del mondo ad
adottarli come giusti, nel modo che praticare veggiamo agli ultimi
ferocemente contro di coloro che ammettere non vogliono le loro mistiche
illusioni (148).

A quale speculazione più eccelsa, più utile, più penetrante si è
inalzato giammai la filosofia di quella che risulta da un si profondo
ammirabile deismo? Ma questo domma sì semplice, sì salutare, non fu
giammai in tutta la sua purità la religione fondamentale di alcun
popolo, benchè fra questi molti individui si trovino, per altro, che ne
facciano aperta professione senza mistero (149). Ma la generalità degli
uomini frattanto, che inerisce per lo più alle apparenti dimostrazioni
macchinali v'intruse ciecamente le sue misteriose follie, e le stupide
assurdità de' suoi spirituali direttori, abbandonando i sublimi principj
della Religione naturale, i quali non espongono la società a verun
pericolo nè infortunio, ma colle possenti edificanti verità ch'essi per
loro medesimi racchiudono, consolidano fermamente la vera felicità degli
osservanti, perfezionano le Leggi destinate a proteggere la giustizia, e
l'innocenza, e somministrano l'idea sublime inalterabile di un Dio che
al solo filosofo concerne assolutamente di estollere con buon senso, e
di adorare con animo integro, e con intima fondata Convinzione.

Dal che dovremo quì ragionevolmente conchiudere che siccome la Religione
che ha per sua base inconcussa la purità, la semplicità, la chiarezza,
esente da pregiudizj, e da cerimonie abusive quale l'abbiamo noi
radicalmente fondata, forma il più solido conforto di coloro che la
professano, così quella che non si regge che sulle pratiche inutili, su'
dubbi, su' misterj, e sul fanatismo, forma il perpetuo tormento de' suoi
seguaci, ed è degna dell'abominio degli uomini, e dell'obblio de' saggi.
Ma per che mai esclama Shaftesbury il nome di Deista rispettare non si
mira tanto che basti; per che mai tutti gli uomini non prendono essi
unanimi questo carattere esimio? Il solo Codice che noi dovremmo
riguardare sano, il solo vangelo che leggere, e meditare assiduamente si
dovrebbe è il gran libro della natura vergato di propria mano
dell'Eterno, e sigillato dalla sua Divina incorruttibile impronta, e la
sola religione che si dovrebbe generalmente professare da tutti gli enti
ragionevoli è quella unicamente di adorare un solo Dio, di essere
integerrimi, saggi, e umani; altri santi non si dovrebbe solennemente
canonizzare in questa eccelsa religione, che i benefattori dell'umanità,
gl'inventori di nuove utili arti, ed i propalatori di lumi, e di
coltura; ed altri non potrebbero dirsi riprovati, solo che i protervi
malfattori verso la società, i fanatici atrabilari nemici della felicità
pubblica, e gl'insensati persecutori dell'umana ragione. Un Culto di
sifatta natura non può essere fondato che sopra de' principj eterni, e
invariabili, e che suscettibili come le proposizioni della Geometria
delle dimostrazioni le più evidenti, sieno attinte nella stessa natura
dell'uomo, e delle cose. Or tali inconcussi principj una volta
esattamente conosciuti da una classe d'individui, anche da un popolo,
per che mai non potrebbero quelli convenire del pari a tutte le nazioni
della terra, all'intera società umana? E se l'accidente ci fa scorgere
fra di esse qualche apparente varietà, ciò non può succedere che in
alcune delle applicazioni a' medesimi ne' paesi differenti dove il caso
pone certi popoli, senza che vi concorra forse la loro volontà, o
disposizione. Quindi è tanto impossibile che una Religione sì pura, sì
eterna, e sì ammirabile produca sulla terra il benchè minimo nocumento,
quanto il fanatismo delle sette odierne non ne commettesse a esuberanza
in tante guise differenti, malgrado che la stessa Religione
sdegnosamente se ne opponga, e le Leggi adirate vi si allarmino contro
con furore (150).

Rapiti da un estasi Divina che questo Culto insigne ci prepara in
guiderdone della resipiscenza nostra, noi vedremo allora un effetto
pronto, e salutare delle nostre fervide ossecrazioni, le quali tutte
indirizzate onninamente saranno al solo Essere Supremo, ed esso ci
procurerà una folla immensa di beni, allora quando noi ce ne renderemo
degni, colla virtuosa condotta nostra, colla nostra ragione; esso può
solo somministrarci gli antidoti efficaci co' quali porgere un immediato
conforto a tutti i nostri mali; esso non ci punisce, o non ci dimostra
de' rigori, se non se quando noi gli volgiamo il dorso per prostituire i
nostri incensi all'esecrabile altare delle follie che la nostra
imbecille superstizione osa di frequente inalzare sul trono che ad esso
appartiene unicamente ad ogni riguardo.

Queste sono tutte verità che autenticate ampliamente vedremo in ogni
tempo sempre che l'animo nostro vi sia disposto completamente ad
abbracciarle, a trarne quel profitto che all'uomo lice di ricavarne, ed
a restare insieme persuasi, non esservi follia più deplorabile, e più
meritevole di essere giustamente combattuta di quella che lungi dal
procurare alcun bene solido, e durabile alla specie umana, non fa che
deviarla dal retto sentiere, cagionarli de' trasporti, renderla
miserabile, privandola di quelle proficue cognizioni che sole potrebbero
mitigare il crudele rigore della sua sorte. Gli //esseri umani\\ {{enti
ragionevoli}} tenteranno indarno di essere sanati da' loro smarrimenti,
se non cercano di liberarsi da' loro inveterati pregiudizj. Non è che
mostrando loro la verità ch'essi conosceranno i loro interessi i più
cari, ed i motivi reali che debbono portarli al possesso del vero bene.
Gl'istruttori de' popoli dopo di avere fissato inutilmente i loro
sguardi attoniti sul Cielo, dovrebbero finalmente ricondurli sopra la
terra, e proscrivere da' loro ammaestramenti quelle favole ridicole,
quelle cerimonie puerili che hanno fatto per tanti secoli travviare lo
Spirito umano, per non occuparlo che di verità sensibili, di una tersa
morale, e di utili e instruttive Cognizioni.

                                  Fine

(145) Qual'è mai la Religione che possa dirsi giustamente ottima nel
senso che inferiamo, e la più efficace a formare per se stessa la solida
perenne felicità de' suoi seguaci? Quella, senza dubbio, che è la più
colta, la più tollerante, e il di cui Clero non ha la benchè minima
influenza sulla morale de' Cittadini. Qual'è mai quella Religione che
possa considerarsi daddovero fregiata di sì ammirabile carattere?
L'Illuminato _Elvezio_ ci risponde su tale proposito: _Celle, ou qui n'a
comme la payenne aucun dogme, ou qui se reduit comme celle des
philosophes à une morale saine, & élévée, qui sans doute sera un jour la
Réligion de l'univers._ _De l'hom. Sect. 1. C. XIV. p. 77._

(146) Noi udiamo ripetere incessantemente da tutti i settari che _le
verità racchiuse nella Religione sono infinitamente al di sopra
dell'umana ragione_: Quale insano pensiere! Dunque secondo questo
assurdo principio si dedurrebbe che queste verità non possono essere
fatte per gli enti ragionevoli: _au moment même_ (come lo riflette un
pensatore insigne[)], _qu'on interdirait la connoissance de certaines
verités il ne serait plus permis d'en dire aucune: nulle gens puissans,
& souvent même mal intentionnés, sous pretexte qu'il est quelque fois
sage de taire la verité la banniroient entièrement de l'univers. Aussi
le public éclairé qui seul en connoit tout le prix, la demande sans
cesse: il ne craint point de s'exposer à des maux incertains, pour jouir
des avantages réels qu'elle procure._ Oltre a ciò, pretendere che la
ragione possa ingannarci è un volere insanamente opinare che la verità
possa essere falsa, che l'utile possa essere nocevole: la Ragione è essa
altra cosa che la cognizione del vero, e del proficuo? D'altronde non
avendo noi per bene condurci in questa vita che la sola nostra Ragione
più o meno esercitata, e qual'essa è, e i nostri sensi quali essi sono,
dire che la ragione è una guida infedele, e che i nostri sensi sono
ingannatori, è lo stesso che dire che i nostri errori sono a noi
necessarj, che la nostra ignoranza è invincibile, e che Dio può senza
ingiustizia punirci di avere seguitate le sole guide che ha esso voluto
profusamente compartirci.

(147) Era dopo d'avere domato i mostri, e punito i tiranni (dice un
illustre antico) era col loro coraggio, i loro talenti, la loro
beneficenza, e la loro più decisa filantropia che gli antichi eroi si
aprivano le porte dell'olimpo, erano religiosi; è col digiuno, la
disciplina, l'accidia, la stupida sommissione alle follie tradizionali
che i settarj odierni pretendono essere fidi credenti, e suppongono
aprirsi attualmente quelle del Cielo; ma siccome è loro severamente
vietato di riguardarsi attorno, quindi è ch'essi debbono condursi a
tentoni senza potere in verun modo ricercarne contezza del come, del
quando, e del per che vi sono essi ciecamente condotti.

(148) _Ceux qui persecutent un philosophe_, osserva sensatamente
_Voltaire_, _sous pretexte que ses opinions peuvent être dangereuses au
public sont aussi absurdes, que ceux qui craindraient que l'étude de
l'algebre ne fit encherir le pain au marchè; il faut plaindre un être
pensant qui s'égare; le persecuteur est insensé, & horrible._ In fatti
noi siamo tutti fratelli, ciò è evidente; ma se alcuno de' miei
fratelli, tutto che pieno di rispetto, e di amore filiale inclinasse di
supplicare il nostro padre comune in una lingua, in un tuono, ed in un
metodo affatto differente da quello che io fossi portato a praticare,
dovrei perciò infierire contro di esso, opprimerlo, straziarlo? Questo è
ciò pur troppo, che per molto che lo abbiano tentato i filosofi amici
dell'umanità, non si è mai potuto fare imprimere nelle teste abbacinate
de' settarj.

(149) Si potrebbe quì asserire senza timore d'ingannarsi, che di tutte
le Religioni che conosciamo, il Deismo è il più di tutte le altre
diramato nell'universo, essa è la Religione dominante nella China, è la
setta de' saggi presso i Maomettani, e fu quella un tempo come già
dimostrammo, di tutti i primi padri fondatori della credenza d'Israel e
di dieci filosofi cristiani ve n'ha otto certamente di questa medesima
opinione. Questa è una specie di setta senza associazione, senza
cerimonie, senza dispute, senza zelo, senza persecuzione, sparsa nelle

(150) Le Leggi, e la Religione non bastano contro l'infezione delle
anime attaccate dal fanatismo la Religione, lungi dall'essere per quelle
un alimento salutare, si converte in rodente veleno ne' cervelli
contaminati da quel morbo letale. Questi uomini travviati hanno
continuamente presente allo spirito gli esempi detestabili di tante
proditorie aggressioni commesse piamente in nome dell'Essere Supremo,
incapaci di riflettere che quella stessa Religione, che fanno
stoltamente servire di base fondamentale a' loro esecrabili eccessi, è
appunto quella che gli abomina in ogni senso e gli condanna. Niente sono
meno importanti le Leggi di ciò che lo sia la Religione contro uomini
frenetici di tal fatta, i quali persuasi fermamente che lo spirito
santo, cui rendono complice di tutti i loro misfatti, e da cui
pretendono essere diretti, e penetrati è al di sopra delle Leggi, ne
inferiscono stoltamente che non si può giugnere a meritarlo, se non si è
attaccati sulla terra da' sintomi spaventevoli del fanatismo.



                         Nota di trascrizione


Questa edizione elettronica è stata preparata sulla base del manoscritto
F^18 579, conservato agli Archives Nationales de France.

Nella trascrizione sono state preservate fedelmente l'ortografia e la
punteggiatura originale, anche in presenza di varianti, occasionali
errori di ortografia, di concordanza o di accentazione francese. Non
sono stati corretti nomi errati come _Loke_ o _Mendelshonn_, errori
nell'ebraico (בת invece di בית), e non sono state verificate citazioni
bibliografiche nei loro originali. Non sono stati aggiunti accenti
(mancanti) a _sì_, _sè_, _per che_; è stato invece rettificato l'accento
a volte mancante ad _È_ ad inizio di periodo. Abbreviazioni comuni, come
quelle per _nostro_, _vostro_, _giorno_, _primo_, _mentre_, _questo_,
_medesimo_, _per_, parole terminanti in _-ente/i/o_ ecc. sono state
sciolte. Integrazioni del trascrittore, per caratteri non leggibili,
dimenticati, o punteggiatura mancante sono indicate tra parentesi quadre
[].

Il manoscritto usa in modo incostante iniziali maiuscole per sostantivi
nel corso del periodo, o minuscole ad inizio frase. In casi evidenti si
è tentato di regolarizzare il loro uso, per esempio riportando a
maiuscolo il nome _Francia_ scritto sistematicamente con _f_, o le
iniziali di periodo; tuttavia sono state mantenute la maggior parte
delle maiuscole apparentemente fuori luogo. L'ambiguità maggiore
nell'originale è per le iniziali _C_ ed _S_, di cui sono usate diverse
varianti calligrafiche senza che sia chiara l'intenzione maiuscola. Solo
il pronome _Ciò_ a metà frase è stato ridotto a minuscolo.

Le cancellature nel manoscritto sono qui rese come //testo cancellato\\,
e le correzioni ed inserzioni segnalate come {{testo inserito}}. Il
testo delle note (21), (23), (61) e (62) è completamente barrato, così
come quello di tutto il Capitolo XX. Solo in quest'ultimo caso non si è
marcato tutto il testo per non appesantirlo.

L'unica forma di marcatura nel manoscritto è la sottolineatura, che per
uniformità col Tomo I a stampa è stata resa come _corsivo_.

Le note a pie' pagina sono state spostate in coda ad ogni capitolo.
Tutti i riferimenti di nota dalla (114) in poi sono corretti, nel
manoscritto, sottraendo una unità, essendo stato previsto spazio per una
prima nota (114) non poi sviluppata. Queste correzioni non sono qui
altrimenti segnalate. La nota (149) appare troncata, senza spazio nel
manoscritto per una sua continuazione.





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