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Title: La prigione - Acqua sul fuoco
Author: Morselli, Ercole Luigi
Language: Italian
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                         ERCOLE LUIGI MORSELLI


                              LA PRIGIONE

                           DRAMMA IN TRE ATTI


                              6º migliaio



                                 MILANO
                        CASA EDITRICE VITAGLIANO



                         _DELLO STESSO AUTORE:_

                           «IL TRIO STEFANIA»

                    Casa Editrice Vitagliano — L. 6.


                     PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

  _I diritti di riproduzione, di traduzione e di rappresentazione sono
            riservati per tutti i Paesi, compresi i regni di
                      Svezia, Norvegia e Olanda._

   _Per la rappresentazione delle presenti opere occorre il permesso
    della Società Italiana degli Autori — Milano, Corso Venezia, 6._

                               30-11-20-5

              Copyright by CASA EDITRICE VITAGLIANO, 1920

  Dalle Officine Grafiche SAITA & BERTOLA — Milano, Corso Romana, 113



LA PRIGIONE



_PERSONAGGI:_


  Marchese ROMANO FERRUTI DELLA LIZZA
  LUISA, _sua moglie_
  SELVAGGIA — GAIA — Ing. LORENZO, _loro figli_
  JACOPO, _fratello di Romano_
  Contessa ROSA TADDEI, _sorella di Luisa_
  Marchese PIERO DELLA TURRITA, _fidanzato di Gaia_
  Signor ROBERTO RICOTTI
  Marchese DEL SASSETTO
  CHIARA, _sua figlia_
  Conte BUONINCONTRI
  Contessa BUONINCONTRI, _sua moglie_
  MARTA — PIA, _loro figlie_
  N. H. PIPPO SERDONI, _patrizio senese_
  Donna FULVIA, _sua moglie_
  Avvocato TONDI
  Signor MATTEI
  _Madame_ GEORGE
  ANTONIO — MADDALENA, _vecchi domestici di casa Della Lizza_
  INVITATI.

_In Siena, nel palazzo dei marchesi Della Lizza, sul morire del secolo
XIX._



_ATTO PRIMO_

LA SCENA

  _Un grande salotto rettangolare: mobili dorati del miglior
  Settecento. Nella parete di fondo due bifore, di bel disegno del
  Rinascimento, si aprono alla luce di uno splendido pomeriggio di
  settembre, in cui ridono case senesi parate a festa, di giallo,
  di rosso e di verde. In ciascuna delle pareti laterali, una porta
  a due battenti verniciati di bianco, con stemma dorato. Presso
  le porte due piccole _consolles_ sormontate da specchi. Tra
  le due finestre del fondo un divano e poltroncine. Sedie lungo
  le pareti. Nel mezzo un tavolino col piano di porfido, vicino al
  quale sono altre due poltroncine. Portiere e tappezzerie di una
  seta chiarissima, verde, bianco e celeste. Sulla _consolle_ di
  sinistra sono vassoi di dolci e un grande servizio per cioccolata,
  elegante porcellana del Settecento. Ai davanzali delle bifore
  sono esposti ricchi damaschi verdi. Appesi alle pareti ritratti di
  antenati in parrucca. Quello appeso sulla porta di sinistra, deve
  essere d'uomo._


SCENA PRIMA

  _BUONINCONTRI, SASSETTO, SERDONI in gruppo presso la finestra di
  sinistra parlano, bevendo la cioccolata. GAIA e PIERO nel vano
  della finestra parlano tra loro. ROBERTO, stando più sdraiato che
  può su una delle poltroncine presso il tavolino di mezzo, segue con
  maliziosa compiacenza i movimenti di SELVAGGIA. La quale, sapendosi
  guardata, si studia d'esser procace, mentre riempie una tazza di
  cioccolata, alla _consolle_ di sinistra._


SELVAGGIA

(_offrendo con un inchino scherzoso_)

E lei, _mister_ Ricotti, si degna d'essere servito da me?

ROBERTO

Bada che ti appiccico un bacio che fa epoca!

SELVAGGIA

Dopo! Quando passa la processione (_via da destra_).

SERDONI e BUONINCONTRI

(_scoppiando a ridere_)

Oh, bella, bella, bella!... Questa non la sapevo proprio! (_si
stringono attorno a SASSETTO che continua a parlare sottovoce_).

(_Da destra il rumore di un moderato battimani, misto a un confuso
suono di voci femminili_).

MATTEI

(_entrando da destra, soffiando_)

Roberto. Si va via?

ROBERTO

Nemmeno per sogno!

MATTEI

Tu ti diverti eh? briccone! Ma io crepo se sto un altro quarto d'ora in
questo museo vivente!

ROBERTO

Come? L'inno sacro della contessa Buonincontri non ti è piaciuto?!

MATTEI

Adesso c'è di peggio! C'è un poema e di quella spaventa-passeri
svizzera! Un po-e-ma! «_Les amours de Psyché et Cupidon_»!... Capisci?
che cosa ha avuto il coraggio di scrivere?... Con quel muso!

(_Roberto abbocca un grosso pasticcino ridendo_).


SCENA SECONDA

  _LUISA entra da destra seguìta dalla Contessa BUONINCONTRI, CHIARA,
  MARTA, PIA, SELVAGGIA, madame GEORGE e da altri invitati; ultima
  donna FULVIA, la cui modernità risplende in quello stuolo di
  anticaglie._


LUISA

(_traversando la scena_)

No, no,... vi prego!... onoriamo le nostre belle costumanze!...
trasportiamoci nel salottino rosso... L'eco di quella poesia sacra non
deve esser turbata dall'aurea classicità dei vostri poemetti, madame
George!

Madame GEORGE

Oh! io sono molto profana!...

Contessa BUONINCONTRI

L'arte ha tutta in sè del sacro, illustre amica. (_Il gruppo esce da
sinistra_).

Donna FULVIA

(_passando, con ironia_)

Buon appetito, signor Ricotti.

ROBERTO

(_senza scomporsi_)

Grazie mille, donna Fulvia!

MATTEI

È caustica. Segno che non ti ha ancora sostituito? (_sbadiglia_).

ROBERTO

Perchè non ci provi tu, invece di sbadigliare?

MATTEI

Proprio?...

ROBERTO

Che cosa vuoi che me ne importi!

MATTEI

Eh! capisco!... Ti sei dato a una caccia ancora più proibita...

ROBERTO

(_alzandosi e minacciandolo fra il riso e il serio_)

Linguaccia!

MATTEI

(_lo prende a braccetto e lo conduce verso la porta di sinistra_)

Vai a gonfie vele con la marchesina... Eh!... Ho visto... Ho visto!...
(_escono_).


SCENA TERZA


BUONINCONTRI e SERDONI

(_a una voce_)

Eeeeeh?

SASSETTO

(_venendo avanti verso destra_)

... È grossa! lo so anch'io che è grossa... Ma ne ho colpa io se le
nostre più antiche casate ruzzolano tutte così nel brago?... È scritto
lassù...

BUONINCONTRI

(_sospirando_)

Dio ci abbandona! È stanco di noi!...

SERDONI

... perchè troppa gran parte di noi ha abbandonato Lui... vilmente!...
come dice sempre Monsignore...

SASSETTO

(_scorgendo TONDI sulla soglia di destra_)

Oh! avvocato!... E così? Ha visto? (_guardando di non essere udito da
altri_) Le nostre previsioni erano dunque fondate!

BUONINCONTRI

Più fondate del suo ottimismo!

TONDI

Perchè?

BUONINCONTRI

Il marchese non scende...

SASSETTO

Si è dato indisposto per non incontrar lei, naturalmente.

TONDI

Ma niente affatto: discendo ora dal suo studio... Mi ha fatto chiamare.

SASSETTO, BUONINCONTRI, SERDONI

(_ad una voce_)

Eeeeeh?

TONDI

Sicuro! e ho anche una buona lezione da portare alla Banca da parte del
marchese!

BUONINCONTRI, SERDONI

(_c. s._)

Come? come?

TONDI

Io ve l'avevo detto che non avrebbe accettato una condizione simile...
era un'offesa...

SERDONI

Ritira la cambiale?

BUONINCONTRI

Paga quindici mila lire?!!

TONDI

Le ha pagate già! Senza chiacchiere, senza frasi. Non vi pare una
lezione da gran signore?

SERDONI

(_tra sè inebetito_)

Quindici mila lire?

BUONINCONTRI

(_come Serdoni_)

Quindici mila lire?!!...

SASSETTO

(_ghignando_)

Sfido io che è indisposto, allora!... Quindici mila lire così... su due
piedi...

TONDI

Oh! no... Un po' di stanchezza. Lavora troppo. (_ROBERTO viene da
sinistra verso il gruppo_).

SASSETTO

Ahi! ahi! ahi! Lavora sempre a quel benedetto «Quattrocento senese»?

TONDI

Già... credo... Perchè?... Le dispiace?

SASSETTO

Stiamo freschi!... Chi sa, come ce li concerà quei poveri antenati
nostri! (_con intenzione_). Che cosa ne dice l'egregio signor Ricotti?

ROBERTO

(_con ostentazione_)

Li compatisco! Non tutti possono aver la fortuna di discendere da un
nonno ciabattino, come me!

TONDI

Lui, gli antenati, se li porta qua!... (_accennando il portafogli_).

ROBERTO

Vedete un po'! Se invece di essere nato in questa miserabile Italia,
fossi nato negli Stati Uniti, mio padre lo avrebbero chiamato il Re
delle scarpe... e io sarei stato Principe!...

SASSETTO

... delle scarpe! già già. Verissimo! Verissimo! (_tutti ridono_).

SELVAGGIA

(_affacciandosi da sinistra_)

Signor Ricotti!

ROBERTO

Marchesina Selvaggia!

SELVAGGIA

E la zia?

ROBERTO

Non l'ho vista.

SELVAGGIA

Adesso vado a prenderla io! (_esce correndo da destra_).

ROBERTO

Brava! (_esce dietro a lei guardandola con compiacenza di
conquistatore_).

BUONINCONTRI

(_a Sassetto_)

Si vogliono un gran bene, è vero, quei due?

SASSETTO

Uh! un bene straordinario!!... specialmente lei... credo!

BUONINCONTRI

Eh! eh!... La ragazza è saggia!... Quel calzolaio potrebbe rialzare
le sorti economiche del «grande patriziato dei Della Lizza», come lo
chiama la marchesa Luisa!

(_SERDONI e TONDI escono parlando da destra. Incomincia uno scampanìo
lontano_).

SASSETTO

Pare assodato però che il nostro marchese professore non voglia neppure
sentir parlare di lui.

BUONINCONTRI

Già... Già... Ma... perbacco!.., questo colpo delle quindici mila
lire... farebbe credere...

SASSETTO

Ma no! Perchè andare a strologar misteri quando la verità è così
semplice!... Si sa battere, prima di tutto... e poi... gli vogliono
bene insomma! gli vogliono bene tutti! Ecco il gran mistero! Non vedi
l'avvocato Tondi? «Se chiede denaro vuol dire che lo può restituire»:
ecco che cosa dicono tutti. E seguitano a prestargliene!

CHIARA

(_di fuori, poi affacciandosi da sinistra seguita da MARTA e PIA_).

Ma sì! vedrete! adesso lo chiedo a papà... Papà!

SASSETTO

(_voltandosi_)

Tesoro!

CHIARA

È questo il segnale dell'uscita?

SASSETTO

Eh?... che uscita? Ah! Ah!... Sono sempre così distratto!...
(_ascoltando le campane_) Scusate!... Sì... sì... sicuro, figlia mia..,
in questo momento la processione esce dal Duomo.

MARTA, CHIARA, PIA

Uh! che bellezza!... Avete visto!... È questo! È questo! (_via tutte da
sinistra_).

SASSETTO

È così. È così, caro Buonincontri!... Vuoi che ti riveli da che parte
vengono quelle quindici mila lire?

BUONINCONTRI

Tu lo sai?

SASSETTO

Semplicissimo: dal Banco Fiorentino.

BUONINCONTRI

Eh? Dal Banco Fiorentino?! Così ostico sempre!

SASSETTO

Così stanno le cose, amico mio! Quest'uomo rovinato gode una di quelle
fiducie... che noi a mala pena riusciamo a sognarci di notte... e...
quando la digestione è in regola!... (_ride. Escono da destra_).


SCENA QUARTA


PIERO

(_avanzando nel vano della finestra_)

Tu sei un angelo, Gaia... tu non hai occhi fuor che per il bene!

GAIA

Il babbo soffre... è vero... me ne son avvista anch'io...

PIERO

E dunque?

GAIA

Ma non le dice nulla... mai... Non si lamenta mai con lei di questa
vita di città... Con lei fa finta d'esserne beato!

PIERO

(_con dolce rimprovero_)

Ah! Gaia! Se io soffrissi per causa tua... dovrei dirtelo... perchè tu
te ne avvedessi?

GAIA

No!... Piero!! L'indovinerei subito!!... Ma credi pure che li ho
sentiti io tante e tante volte rallegrarsi tra loro d'aver salvato
questo palazzo, che chi sa in quali mani sarebbe caduto...

PIERO

Di questo non dubito. Ma salvare il palazzo è una cosa, e viverci
è un'altra. Lui, mia cara, aveva sognato di poter vivere con tua
madre come vivremo noi, nella pace di una campagna, tra studio e
amore... Unica felicità del mondo!!... Lui non parla, Gaia... Lui non
dice nulla... Ma basta guardarlo!... Quando noi col nostro egoismo
di ragazzi innamorati gli riempiamo la testa delle nostre felicità
future... Oh! non piange, no! Ride!... Ma è più che se piangesse! Io
giurerei che rivede quella sua antica «Villa Speranza» dove gli sei
nata tu... e che non è più sua... che non ritornerà più sua!... Pensa
se dovessimo rinunziar noi al nostro sogno, alla nostra piccola «Villa
Gaia»...

GAIA

No!

PIERO

Se per un qualche destino avverso... non la potessimo più avere...

GAIA

(_prendendogli un braccio con terrore_)

No! Piero!

PIERO

(_ridendo_)

No! No! Non aver paura, mia reginotta dalle trecce d'oro!... Le fate
guardano la nostra casetta... e ottobre è vicino... (_stringendole
forte la mano, poi baciandogliela_) vicino! vicino! vicino!

MADDALENA

(_entra da sinistra, posa un grosso bricco di rame sulla consolle_)

Signorina, c'è una bella nuova!

GAIA

(_scendendo_)

Che c'è Maddalena?

MADDALENA

Indovini un po' chi è arrivato?

GAIA

Chi?

MADDALENA

Il signor ingegnere!

GAIA

Lorenzo?! (_felice_) Senti, Piero? è arrivato Lorenzo (_a Maddalena_) E
dov'è?

MADDALENA

(_mettendosi il dito sulla bocca_)

Zitta!... Per carità! è salito subito subito su dal signor Marchese, e
m'ha detto: Non lo dire a nessuno che son venuto.

GAIA

(_diventando seria_)

Perchè avrà detto così?

PIERO

Eh! non mi par difficile indovinarlo! Avrà fretta di ripartire... vorrà
parlar d'affari col babbo... Sai che questi ricevimenti sono sempre
stati un incubo per tuo fratello.


SCENA QUINTA


MOLTE VOCI

(_da destra_)

Ooooh! Finalmente! Oooh!

  _PIERO riconduce Gaia alla finestra. MADDALENA vuota il bricco di
  rame in quello di maiolica, poi esce da sinistra._

SELVAGGIA

(_entrando da destra_)

Di qua, di qua, zia! È arrivata la cioccolata calda calda!

  _ROSA, vestita molto antiquata e buffa, entra al braccio di
  SASSETTO. Seguono ROBERTO, BUONINCONTRI, SERDONI._

ROBERTO

(_a Selvaggia che è corsa alla _consolle_ di sinistra_)

Poca poca! Mi raccomando! Non si va in paradiso, a bere molta
cioccolata!

ROSA

(_col suo fare da scema di mente_)

Che ne sa lei del paradiso? ereticaccio! Chissà quanta cioccolata
bevono anche lassù, oggi! dico io!

SASSETTO

Sicuro! bisognerebbe essere scomunicati per non bere la cioccolata in
questa ricorrenza!

BUONINCONTRI

(_offrendole_)

Qualcuno di questi pasticcini? (_continuando a tenerle dinanzi
il vassoio anche dopo che Rosa ha preso con ambe le mani e mangia
avidamente_).

SERDONI

(_offrendole un vassoio di biscotti_)

Questi son «riccioli d'angiolo»... non si possono rifiutare, contessa!

ROBERTO

Sarebbe un peccato mortale!

ROSA

(_a bocca piena, ingegnandosi a prendere_)

Uh! grazie... troppo buoni!

SASSETTO

Noi... o i pasticcini?

ROSA

(_risponde con un mugolìo espressivo, avendo la bocca piena_).

SELVAGGIA

Ecco la cioccolata, zia; ci ho messo cinque cucchiaini di zucchero. Va
bene?

ROBERTO

Troppo poco! diavolo! cinque soli! (_prende una zuccheriera e gliene
mette qualche altro_).

ROSA

(_schermendosi_)

No!... No!... No!...

_Giunge da sinistra il suono di un battimani come il primo._

CHIARA, MARTA, PIA

(_entrando da sinistra_)

Oh! oh! La contessa Rosa! Buon giorno! Come sta? L'aspettavamo! Perchè
si è fatta aspettar tanto?

ROSA

(_risponde con dei mugolii a bocca piena e con dei gesti ai saluti, ai
complimenti_).

CHIARA

Si ricorda la sua promessa, contessa Rosa? Ci deve recitare la morte di
Poppea!

MARTA

Sicuro!

PIA

Subito allora! _Madame_ George ha finito il suo poema.

CHIARA

Si, sì, sì! Venga, contessa Rosa. Sia buona! (_spingendola verso
sinistra_).

ROSA

Pronta! Pronta! (_mettendo in bocca gli ultimi biscotti che ha in mano
e avviandosi_).

SELVAGGIA

Oggi è in vena!

MARTA, PIA e CHIARA

Evviva la Contessa!

SELVAGGIA

Evviva la zia!

ROBERTO

Evviva Poppea!


SCENA SESTA

  _LUISA, con _madame_ GEORGE, appare alla porta di sinistra._


LUISA

Ma che cosa c'è dunque, di così bello?

ROSA

Ci sono io!! (_facendo una goffa riverenza_).

  _ROSA esce da sinistra in mezzo al gruppo che ride. — SASSETTO
  e BUONINCONTRI vanno a stringere la mano alla GEORGE in segno di
  rallegramento. — SERDONI si avvicina a LUISA._

LUISA

(_a Serdoni_)

A mia sorella piace di scherzare sempre... Il contrario di me... che
perdo il tempo... è vero?... a filosofeggiare alla maniera dei nostri
nonni!...

SERDONI

Oh! non dite così, marchesa Luisa.

MARTA

(_riaffacciandosi_)

_Madame_ George! Venga a vedere la contessa Rosa! Venga!

  __Madame_ GEORGE esce gesticolando con SASSETTO e BUONINCONTRI
  da sinistra dietro a MARTA._

LUISA

(_sospirando_)

Che cosa è lecito a noi miseri nepoti, fuorchè vagheggiare sogni di
bellezze passate?!... Qualche volta però mi sembra che sorridano questi
avi, delle mie fatiche...

SERDONI

Eh!... perchè mai?

LUISA

Sì! sì! Non m'illudo, Serdoni. Lo so bene che il salotto... il vero
salotto nostro è morto. L'abate Chiari non torna qui a inghirlandare
dei suoi madrigali il piedino della mia prozia Della Lizza, nè la
vostra bisnonna s'imporpora più alle galanterie di questo famoso
Lorenzo... (_indicando il ritratto sopra l'uscio di sinistra_) a cui
nessuna, si dice, sapeva resistere...

SERDONI

Fama meritata quant'altra mai!

  _MATTEI e donna FULVIA entrano da sinistra parlando sottovoce e
  ridendo: vanno alla finestra di sinistra._

LUISA

Era un logico invincibile.

SERDONI

(_distratto dal duo di sua moglie con Mattei_)

Dicono... già...

LUISA

Io credo che precisamente con la logica seducesse le donne...

SERDONI

Con la logica?!... Dio mio!... marchesa!... con logica sola?... mi
sembra impossibile!...

LUISA

Mah!... Non sognamo troppo!... Contentiamoci di quella pallida visione
che io mi sforzo di rievocare intorno a queste Cose... che hanno
visto e udito!... che son tutta la nostra gloria... tutta la nostra
grandezza!

SERDONI

Voi compite un vero miracolo!

LUISA

Oh! no! Non mi lusingate, Serdoni. Solo la viltà del secolo nel
quale viviamo può esser di scusa alla mia impotenza!

SERDONI

Ah! i tempi! i tempi!... non ne parliamo, marchesa Luisa!... Non vi so
dire quanto mi sia rincresciuto che Romano non sia sceso!... Almeno con
lui si parla sempre di cose vecchie!...

LUISA

Se non fosse ormai così vicina la processione, vi direi di salire da
lui... a distrarlo un poco. Lavora troppo!...

SERDONI

Sempre a quel benedetto «Quattrocento Senese». Eh? Eh?

LUISA

Precisamente. Io faccio di tutto per indurlo a riposarsi... Non vuol
capire che gli anni passano!... In questa settimana due notti intere
studiando!...

SERDONI

Per Bacco! Per Bacco! fino a disertare il letto matrimoniale! Non
credevo mai!... Lo redarguirò! Lo destituiremo dalla carica di sposo
modello! Eh! Eh!

LUISA

(_sorridendo, ma con mestizia_)

Povero Romano!

  _Da sinistra scoppia un battimano condito di risate._

_La voce di_ ROBERTO

Giurabbacco! Sembra morta davvero! È un'altra Sara Bernard!

LUISA

Questo sguaiatissimo signor Ricotti si permette confidenze, che nessuno
gli ha mai concesso!... Ecco i regali del gran '79! Ecco il veleno di
cui muoiono i nostri salotti, Serdoni!... La volgarità! la volgarità
che sale come un flusso di fango... fin dentro queste nostre torri!...
e inquina... inquina!...

SERDONI

(_distratto sempre dal duo della moglie con Mattei_)

Terribile! Terribile!

LUISA

Volete venire al balcone?... La processione dev'essere per svoltare.

SERDONI

Volentieri. (_Escono da destra_).

MATTEI

Vostro marito m'ha lanciato una terribile occhiata di sfida!

FULVIA

Proprio a voi?

MATTEI

Perchè no?... Vi pare che non me la meriti ancora?


SCENA SETTIMA

  _Si ode una lontana musica di banda che si avvicina, poi cessa._


GAIA

Ecco la processione!!... Quante bambine! Vedi Piero?...

  __Madame_ GEORGE sbuca da sinistra e si slancia in mezzo ai
  due fidanzati per vedere. — ROSA traversa di corsa._

FULVIA

Contessa Rosa! Qua! qua! Vede che bel posticino le abbicano serbato!

ROSA

(_affacciandosi tra Fulvia e Mattei_)

Oh! Guardino! guardino! ecco don Giacomino con le sue figlie di
Maria... uh!!! m'ha visto! m'ha visto!... (_salutando con goffo
entusiasmo_).

SASSETTO

(_entrando da destra, mentre Chiara è entrata da sinistra_)

Vieni, vieni qua con me, cara... Signor Mattei! Vorreste cedere il
vostro posto alla mia Chiaruccia?...

MATTEI

Immaginatevi!

SASSETTO

V'incomodo, donna Fulvia?

FULVIA

Anzi!

MATTEI

E dire che stamani pioveva!... e ora, che cielo smagliante!... eh?

ROSA

Bella meraviglia! Esce la Madonna, dico io! Non so se mi spiego!

SASSETTO

Infatti, egregio signor Mattei, non c'è memoria che in questo giorno
abbia mai piovuto in Siena.

MATTEI

(_venendo via dalla finestra, trova Roberto sulla soglia di sinistra_)

Oh! Grazie, sai! Simpaticona davvero!

ROBERTO

Levati subito di tra i piedi... aspetto Selvaggia!

MATTEI

Di corsa!... (_esce da destra correndo_).

  _ROBERTO fa cenni dalla porta di sinistra per chiamare Selvaggia
  che è nel salotto attiguo._

GAIA

(_dalla finestra di destra_)

Ecco lo stendardo del Sacro Cuore... quello che ha ricamato la zia Rosa!

Madame GEORGE

(_dalla finestra di destra_)

_Vraie merveille!!_

SASSETTO

(_alzandosi dritto sulla punta dei piedi dietro le donne_)

Dov'è, dov'è il capolavoro della contessa Rosa?

ROSA

Uh! Indegna... indegna...

CHIARA

(_indicando_)

Quello, papà! Guarda! guarda come son fatti bene quei raggi d'oro!


SCENA OTTAVA

  _ROBERTO accoglie nelle braccia Selvaggia mentre un canto di bimbi
  passa lentamente nella strada._


ROBERTO

(_con voce soffocata: baciandola sul collo, sul viso, sui capelli,
sulla bocca_)

Bella... bella... bella!...

ROSA

(_inginocchiandosi per prima, con voce commossa_)

Sembra proprio di essere in paradiso!

SELVAGGIA

Senti la zia?

ROBERTO

(_baciandola_)

L'ha detta giusta!!

SELVAGGIA

(_respingendo con paura Roberto, pronta a fuggire_)

Bada... qualcuno si è mosso... guarda!

ROBERTO

(_guardando di sotto la portiera_)

Ma che! Si sono inginocchiati... son tutti in estasi!

  _Al canto dei bimbi segue ora un solenne sommesso canto di preti._

SELVAGGIA

Non dovranno sempre esser rubati così... i nostri baci...

ROBERTO

Credi che sarebbero così saporiti?!

SELVAGGIA

Cattivo... cattivo... cattivo... (_allontanando dal collo la bocca di
Roberto_) Così no! ci rimane il segno!...

ROBERTO

Selvaggia!... Lasciami riprovare questa sera...

SELVAGGIA

Non posso Roberto! Mi stanno con cent'occhi addosso.

ROBERTO

(_appiccicandole un altro bacio_)

Serpente! ti diverti a farmi penare! aprimi stasera... via!

SELVAGGIA

Non posso... te lo giuro che non posso... mi spiano...

ROBERTO

Storie!... Alle dieci precise sono alla porticina della scuderia... Se
mi vuoi bene davvero, m'aprirai...

SELVAGGIA

Bada... si muovono... va' via! (_sparisce da sinistra_).


SCENA NONA

  _Si riode la musica, che ora lentamente si allontana col mormorio
  della folla. Tutti si sono alzati. SASSETTO, che stando in
  ginocchio dietro le donne alla finestra di sinistra aveva fatto
  sforzi per intender le voci soffocate sotto la portiera, si alza in
  fretta e viene rapidamente presso la porta di sinistra_.


ROBERTO

(_avanzandogli francamente incontro_)

Che bellezza eh, marchese? Che spiegamento di forze! (_via da destra_).

SASSETTO

(_lo segue con gli occhi masticando male_)

BUONINCONTRI

(_entrando da sinistra e mettendo una mano sulla spalla a Sassetto_)

Sassetto! il ricevimento dell'Arcivescovado è per le cinque, è vero?

SASSETTO

Perbacco! hai ragione, bisognerà licenziarci.

  _Vanno verso Luisa che entra da destra. Intorno a lei si radunano
  tutti gli invitati accomiatandosi. Gaia e Piero restan soli di
  nuovo alla loro finestra._

SELVAGGIA

Signor Ricotti! (_Roberto lascia Mattei e corre_) Senti: sai che
c'è Lorenzo?... Mio fratello... È arrivato da un'ora. Me l'ha detto
Maddalena.

ROBERTO

(_per niente allegro_)

Ah... l'ingegnere?

SELVAGGIA

Sì. Resta. Te lo faccio conoscere. Non ha mica le fisime della mamma e
del babbo... è un uomo pratico... guai a chi lo chiama marchese...

ROBERTO

Lo so... purtroppo!

SELVAGGIA

Purtroppo?!

ROBERTO

Io non vado a genio ai lavoratori... Vedi mio padre? Non mi può
soffrire!...

SELVAGGIA

Ma Lorenzo mi vuol bene... Lo persuaderemo... Pensa che bellezza...
esser fidanzati... poter fare il nostro comodo, come quei due là... Dà
retta a Roberto, resta... sento che... (_Roberto fa di no col capo_)
Perchè Roberto?

ROBERTO

Non posso...

SELVAGGIA

Ma perchè?

ROBERTO

Perchè... c'è mio padre... che non sta bene...

SELVAGGIA

Non me l'avevi detto... Possiamo telefonare...

ROBERTO

Lascia che lo vada a vedere... ecco... Poi ritorno subito... Sei
contenta?

SELVAGGIA

Bada!... Mezz'ora!

ROBERTO

Mezz'ora.

SELVAGGIA

(_spingendolo verso sinistra_)

Va' subito allora, non perder tempo a salutare... scappa... (_Roberto
esce. Selvaggia va nel gruppo del fondo_).


SCENA DECIMA


LUISA

Al prossimo mercoledì, dunque, gentili amiche! (_agli uomini con
solennità_) Presentate a Monsignore gli ossequi reverenti della
famiglia Della Lizza, testimoniandogli l'indisposizione di mio marito.

BUONINCONTRI

Sarete ubbidita, marchesa!

_Il gruppo si stringe presso la porta di sinistra._

LUISA

Non dimenticate il vostro poema, _madame_ George, merita veramente
d'esser conosciuto da tutti gli _habitués_ dei miei piccoli _mèrcrédits
litéraires_.

TUTTI

Davvero!... Davvero!...

Madame GEORGE

(_mostrando la sua grande cartella_)

Oh! niente paura! Io ho sempre i miei canti con me!

  _Escono. Marta e Chiara restano ultime._

MARTA

(_guardando Piero e Gaia_)

Si capisce fare all'amore... ma a quel modo è una esagerazione!

CHIARA

Oh!... è una cosa che non sta!... Ha proprio ragione Selvaggia!
(_forte_) Madamigella Gaia. Ci concede di salutarla?

GAIA

(_voltandosi con sorpresa_)

Oh! Care!... Tutti via?! (_stringe le mani di Chiara)._

MARTA

(_a Piero_)

Dovevate dirvi delle cose molto interessanti!...

PIERO

(_verso la porta di sinistra_)

Oh!... Interessantissime! Interessantissime! Creda pure! (_escono tutti
ridendo_).

  _Lunga pausa riempita dal chiacchiericcio degli invitati che se ne
  vanno e dalle ultime note della musica che si perde lontanissima.
  Silenzio._


SCENA UNDECIMA


ROMANO

(_da destra trattenendo Lorenzo_)

No, no, Lorenzo. Non così subito. Occorre ponderare ciò che le si dovrà
dire...

LORENZO

Ecco qua... Parati... rinfreschi... La solita cuccagna!... Ma io
domando fino a quando contavi di mandarla ancora avanti questa baracca
sfasciata!... Fino al fallimento? Fino al fallimento!

ROMANO

Tu non sai!... Tu non sai che terribile cosa sia per me rivelare la
verità a tua madre!... Che vergogna! che estrema vergogna dovermi
mostrare a lei come un vile... vinto, stroncato... dopo aver tanto
fatto, tanto fatto per evitare quest'ora mortale!...

LORENZO

Io non ti capisco, parola d'onore!

ROMANO

Meglio... meglio... che tu non mi possa nemmeno comprendere. Io sono un
povero disgraziato che non ha saputo far altro che amare e soffrire.

LORENZO

Non basta, caro mio!

ROMANO

Non vorrai dirmi ch'io sia stato con le mani in mano, spero! Non ho
mancato un sol giorno ai doveri della mia cattedra.

LORENZO

Sprecata bene la tua fatica! Ho veduto nei conti a che cosa è servito
il tuo povero stipendio.

ROMANO

Non bastava per far questa vita, purtroppo! E per ciò son dovuto
ritornare al credito...

LORENZO

Ma è questo che non capisco in una persona onesta! In che cosa speravi?
In una quaterna al lotto?

ROMANO

Non lo so! Non lo so! Lorenzo mio! Ma certo ho sperato: altrimenti a
quest'ora sarei morto. L'amore m'avrà nutrita la speranza. Perchè Luisa
ha bisogno di questa vita!... Vedi come son ridotto: è stata l'atroce
lotta quotidiana che m'ha ridotto così. La lotta tra la ragione che mi
diceva ogni giorno: «Tu sai la verità, tu sai che laggiù c'è l'abisso,
la rovina; tu devi gridarglielo, devi convincerla... piegarla, se
occorre...» La ragione diceva così... Ma il cuore!...

LORENZO

Eh!... il cuore! il cuore!... Ce ne farebbe far delle belle se gli si
desse retta!... Oh! Ecco là Antonio. Di', Antonio!

ROMANO

Aspetta, Lorenzo!... Non si può parlare a tutti insieme: a Gaia voglio
parlare io solo... e anche a Piero eh?... a loro due ci devo pensar io.

LORENZO

Ma sì, ma sì! A Gaia e a Piero parlerai tu solo! Antonio! Di': se n'è
andata tutta la gente?

ANTONIO

(_entrando da sinistra_)

Sissignore.

LORENZO

E la mamma e le sorelle son giù al pian terreno?

ANTONIO

La signorina Selvaggia è qua alla finestra del salotto rosso.

LORENZO

Ah! benone! Allora chiamala subito. (_Antonio via_).

ROMANO

Misura le parole con Selvaggia... usa politica se occorre. Bada. Non è
più la Selvaggia di un tempo...

LORENZO

Quante paure! Lascia fare a me! Tu potresti intanto scendere e
preparare un po' la mamma... Ah! Carissima Selvaggia! (_Romano esce a
passi incerti_).


SCENA DODICESIMA


SELVAGGIA

Lorenzo! Così all'improvviso! Bravo!

LORENZO

Ti trovo benissimo! Mi fa piacere... Vuoi che ti dica perchè son venuto
così all'improvviso? Siediti qua.

SELVAGGIA

(_guardando l'orologio poi correndo alla finestra_)

Scusa eh?... (_guarda nella strada da destra poi ritorna sorridente_).

ROMANO

Aspetti qualcuno?

SELVAGGIA

Sì. Ti immagini chi?

LORENZO

Già; ma adesso bisognerebbe che tu avessi la compiacenza di dar retta a
me per un momento... Si tratta di una cosa molto seria.

SELVAGGIA

(_insospettita_)

Oh! Dio!... Ti hanno fatto venir qua per farmi qualche predica?

LORENZO

Nessuno m'ha chiamato.

SELVAGGIA

Bada che ne sorbisco almeno due al giorno.

LORENZO

Male. Segno che ne avrai bisogno. Ma la mia è tutt'altro che una
predica. A Torino, in un ritrovo di ufficiali toscani è corsa una
voce...

SELVAGGIA

Ci siamo: sarà quel bellimbusto del baronetto che ha invidia dei
quattrini di Roberto.

LORENZO

Che baronetto?

SELVAGGIA

Ci ho gusto a sapere, che cosa ha detto quell'affamato: ha detto che
sono l'amante di Roberto forse?

LORENZO

Ma insomma! Lasciami parlare. Si è detto questo: si è detto che quel
signore che ti fa la corte, questo Ricotti, rattoppa le finanze tarlate
di tuo padre.

SELVAGGIA

Ah! Ebbene?... non è vero niente!

LORENZO

Lo credo! Non ci mancherebbe altro!!... Ma il male si è che anche in
questa, come in quasi tutte le maldicenze, una parte di vero c'è. Le
finanze del babbo sono realmente in cattivo stato.

SELVAGGIA

Sì? Allora, ragione di più per mettermi fuori di casa... e per darmi un
marito ricco. Non ti paure?

LORENZO

La ricchezza senza lavoro dura poco... Ma poi, ad ogni modo, tu
dimentichi un particolare di qualche importanza. Che il signor Ricotti
non ti ha chiesto in isposa.

SELVAGGIA

Puff! Sfido io! Il babbo e la mamma non si degnano di guardarlo in
faccia!... Come se fosse un appestato!... Ma adesso gli ho detto che
ci sei tu... Vien qui apposta per conoscerti... (_bussano_) È lui!...
Avanti!!

ANTONIO

(_entrando_)

Ha telefonato il signor Ricotti.

SELVAGGIA

(_rimasta malissimo_)

Il padre sta peggio?

ANTONIO

Sì, signorina. Dice che lo deve assistere. Che non può assolutamente
venire.

SELVAGGIA

Era lui al telefono?

ANTONIO

No, signorina. Era la cameriera.

LORENZO

Va bene; va bene. (_Antonio esce_).

SELVAGGIA

Che c'è da ridere?

LORENZO

Fortunatamente suo padre sta benissimo. È in viaggio per Londra.
Figùrati!

SELVAGGIA

Non è vero.

LORENZO

Io so che è vero, e mi basta.

SELVAGGIA

(_paonazza di rabbia_)

Adesso gli vado a telefonare io!

LORENZO

(_fermandola_)

Per carità! Sarebbe peggio che mai!... Del resto io non parto questa
sera, nè domani. Forse mi dovrò trattenere molti giorni per gli affari
del babbo. Il signor Ricotti avrà tutto il tempo di ripensarci e di far
le cose da onest'uomo se ne ha voglia. Quello che importa è impedirgli
di farle da disonesto; bisogna sventar subito le brutte chiacchiere che
si son fatte. E per questo ho il mio bravo progetto... Un progettino
che ti dovrebbe piacere. Senti, Selvaggia. Domani mio suocero viene a
Siena per l'assemblea del gas. Vuoi andar via domani sera con lui?... a
Torino?... Farai compagnia a mia moglie. Avete un bel palco al Regio a
vostra disposizione. Ti divertirai... Ti va?

SELVAGGIA.

Ma!... Se credete che sia bene...

LORENZO

Oh! Intendiamoci. Che il signor Ricotti non ti venga a ronzare attorno
anche là. Devi esser tu a imporglielo. Se è vero che ti vuol bene,
studi un po', prepari qualche esame per novembre chè in sei anni
che è inscritto a legge ne avrà forse dati due! e si adatti per una
quindicina di giorni a far la corte a me! Va bene?

SELVAGGIA

Va bene. Allora vado a scrivergli. (_apre con impeto la porta di
sinistra; si imbatte in Luisa che entra al braccio di Romano; appena
lasciatili passare, fugge_).


SCENA TREDICESIMA


LORENZO

Mamma! Ben trovata! Sta bene? (_Luisa gli tende la mano. Lorenzo glie
la bacia_).

ROMANO

(_sottovoce a Lorenzo_)

Ebbene?

LORENZO

Fatto, fatto! Persuasa!

ROMANO

(_con gran soddisfazione_)

Va a Torino?

LUISA

(_indugiando sulle parole_)

Già... Purchè non trovi qualche altro calzolaio anche là...

LORENZO

(_risentito_)

Se lo trova in casa mia, avrà sempre il vantaggio di non essere un
imbecille perdigiorno come questo! La gente che conosco io è tutta
gente che lavora.

LUISA

Romano mi ha detto che tu desideri parlar di affari urgenti con noi.
Io acconsento ben volentieri ad ascoltarti subito, ma ti avviso che
tra mezz'ora attendo la visita forse più importante dell'annata. La
duchessa d'Argenteuil mi ha fatto sapere che sarà qui alle cinque e
mezza.

LORENZO

Io non desidero di meglio che esaurire presto l'argomento (_la fa
sedere, e le siede di fronte_) Lei avrà ben presente che nel testamento
del nonno questo palazzo...

LUISA

Ah! Si tratta del palazzo...

LORENZO

Precisamente. Non gliel'aveva detto il babbo?

ROMANO

(_pronto ad attenuare_)

Oh Dio! Del palazzo... in rapporto col resto...

LUISA

Quale resto?

ROMANO

Con tutto il nostro assetto economico... perchè lui... ha riveduto
un po' i conti... già che era capitato qui ne ho approfittato per
mostrarglieli... capisci?... È negli affari, lui... il suo consiglio
può esserci prezioso...

LUISA

(_a Lorenzo_)

Sentiamo pure.

LORENZO

Dicevo dunque che il nonno aveva perfettamente compreso che soltanto
i tre figli, con i loro redditi uniti, avrebbero potuto sostenere
il peso di questo palazzo: per ciò aveva disposto che fosse usato e
mantenuto in comune. Il povero vecchio non poteva indovinare che quello
scavezzacollo di Andrea facesse quella fine che ha fatto...

LUISA

Rispetta i morti del nostro sangue.

LORENZO

Nè poteva indovinare che quell'altro farabutto...

LUISA

Lorenzo!

LORENZO

Questo non è morto. Si può anche chiamare col suo vero nome...

ROMANO

No... No... Veramente la parola di Lorenzo è stata un po' brusca, sì;
ma in fondo... tu sai Luisa che purtroppo la vita che mena Jacopo non è
esemplare.

LUISA

Nulla ci autorizza a credere alle voci calunniose che son corse sul
suo conto. Nessuno intanto ha potuto minimamente intaccare il suo onore
senza esser costretto a incrociar la spada con lui.

LORENZO

Questo non toglie che abbia barato e che bari per far la sua vita da
milionario.

LUISA

(_alzandosi_)

Tu diventi ogni anno peggiore! Tu godi a denigrare la nostra famiglia
come fossi nato nella strada! Sembri venduto anima e corpo ai nostri
nemici!

LORENZO

Mamma! Si risieda per carità! Parliamo dei nostri affari che sono
importanti. Riassumendo: questo è positivo che, se il defunto Andrea
e il vivo Jacopo fossero stati della stessa pasta del babbo, questo
palazzo sarebbe stato comodamente usato e mantenuto da tutti tre,
secondo il desiderio del nonno.

LUISA

È cosa vecchia e discussa. Suo padre (_accennando a Romano_) volle
staccarsi dalle sagge usanze patrizie non riconoscendo la primogenitura
di Romano e facendo parti uguali ai suoi tre figli. Certamente a fin di
bene, ma errò.

LORENZO

Oh! Benissimo! Affermando che il nonno sbagliò, Lei riconosce
implicitamente che per una sola delle tre parti patrimoniali il peso
di questo palazzo era insostenibile; e che quindi fu anche errore
il vostro di impiegare la Sua dote liquida e metà delle terre per
riscattare questa pietra infruttifera, esponendovi inutilmente a
un sacrificio superiore alle vostre forze. Era questo che volevo
dimostrare!

LUISA

No, Lorenzo. Vedi?... Sei tu che commetti il solito errore di giudicar
le cose nostre alla stregua di quelle del tuo nuovo parentado. Infatti,
sarebbe pazzo un mercante che gettasse due terzi del suo capitale per
costruirsi un palazzo. Questo è qua da quattrocento cinquant'anni! Gli
fu imposto il Nostro Nome nascendo. SI CHIAMA DELLA LIZZA, COME NOI!!!
Può diroccare, esser raso al suolo; ma non può cambiar nome. Ciò che
per un mercante sarebbe stato errore, per il primogenito dei Della
Lizza fu semplicemente DOVERE. E noi lo compimmo.

LORENZO

Dovere?... Anche sapendo, come si sa che due e due fa quattro, che
si andava verso la rovina?! Anche sapendo... Ma! lasciamo andare le
discussioni filosofiche. Non ci si intenderebbe mai. Portiamo in tavola
dei numeri. Sa lei, mamma, a quanto ammonta oggi il vostro passivo?
Glie lo dico io: a cento novanta mila lire... E sa a che cosa è ridotto
il vostro attivo reale? A questo palazzo e... allo stipendio del babbo.

LUISA

Conclusione tua: vendere il palazzo, non è vero?

LORENZO

Precisamente.

LUISA

Affittare un appartamentino al secondo piano di una di queste casette
nuove, di carta pesta, fuori di porta Camollìa...

LORENZO

Perchè no? Una volta che è necessario!

LUISA

... Mettere un bel cartellino di stagno sull'uscio con scritto
«Professor Lizza»... Ah! ah! ah!... Necessario!... Necessario!...
Secondo la tua logica, ma non secondo la nostra.

LORENZO

Di logiche ce n'è una sola.

LUISA

Che ne dici, mio Romano?!

ROMANO

(_stentando dapprima a trovar le parole ma poi animandosi_)

Io... Mia cara Luisa!... È un'infamia... Chi ti potrebbe comprendere
meglio di me?... Destarti da un bel sogno, a un tratto, e gettarti
in faccia una simile realtà, è un'infamia! Ma se tu l'avessi vista
avanzare... come l'ho vista io!... avanzare da tanti anni... sicura,
inevitabile, inesorabile... Ah! se ogni sera, invece di ridere... di
fingere... t'avessi, sinceramente, versato nel cuore qualche goccia
dell'amaro che avevo qui io... Avresti pianto!... Avremmo pianto
insieme!... Ma chi sa! Chi sa, quale forza misteriosa, potente, ci
sarebbe discesa dal Cielo, se avessimo pianto insieme!... Ah! Che
infamia! Che infamia, Luisa! Quanto male ho fatto! Che stupida bestia
sono stato! Oggi lo vedo! Oggi l'affronteremmo sorridendo questa
sciagurata fine che ci tocca... l'accetteremmo come l'ultima tempra
delle nostre anime... come l'ultima prova della bontà del nostro
amore!... Invece no! Io ho rovinato tutto... Io!... per lo stupido
egoismo di non vederti mai piangere! E son io che ti faccio impazzire
di dolore in un giorno! (_battendosi il capo, disperatissimo_) Bestia!
Bestia!... A che mi son valsi? A che mi son valsi vent'anni di lotta
silenziosa, sempre più tenace, sempre più disperata... vent'anni di
tortura!...

LUISA

A che ti son valsi?!

ROMANO

Sì! (_quasi piangendo_).

LUISA

Lo domandi?!... Credevo che lo sapessi. Non ti basta che ti sien valsi
a esser degno del Nome che porti? (_dolcemente_) E poi... È nulla per
te che io t'abbia veduto e ammirato in segreto...

ROMANO

(_attonito_)

Tu? Sì!?...

LUISA

... Che il mio cuore si sia inorgoglito, indovinando la tua battaglia
muta, per salvar queste mura sacre dal fango del secolo... Sono
forse come la povera nostra Rosa, che non vede al di là delle sue
ghiottonerie?!...

ROMANO

(_come illuminandosi di beatitudine_)

Tu... indovinavi!... Tu sapevi, è vero, Luisa?... Tu sapevi che ogni
mia giornata era una battaglia vinta!

LUISA

(_semplice e sincera_)

Povero Romano!... E tu hai avuto proprio bisogno di sentirtelo dire
dalla mia bocca... come il bimbo che domanda alla mamma se sia vero
ch'ella gli vuol bene... e sa che è vero... e sa che la mamma non può
rispondergli altro che «sì»!

ROMANO

(_prendendole la mano e baciandogliela con indicibile affetto_)

Luisa mia!

LORENZO

(_contrariato da questo impreveduto idillio_)

Dunque non le giunge inaspettata la cosa? Nonostante il silenzio del
babbo, lei aveva intuito il suo disagio, le sue pene quotidiane. Tanto
meglio. Le dovrà parer meno duro il sacrificio che le chiediamo...

LUISA

Oh! non si tratta di questo. Le mie parole erano per lui... E lui
le ha capite... Forse... non ha più bisogno di noi... Forse l'ora di
accasciamento in cui ti ha gridato «aiuto!» è passata, Lorenzo...

LORENZO

Non si illuda, mamma.

LUISA

Ecco. Vede già nuovi piani per la sua guerra. Risente nelle vene il
suo Gran Sangue!!... Ah!!! tu non sai che cosa voglia dire!... non
lo sai ancora... ma lasciami sperare, lasciami chiedere a Dio che un
giorno una sola goccia se ne ridesti, anche in te, di quello che da
nove secoli è sangue dei Della Lizza, e tu saprai allora, oh! tu saprai
che cosa possa colui che l'ebbe in retaggio!... Vieni, Lorenzo. Non
gli disturbiamo quest'ora che forse è sacra per il nostro destino!...
Lasciamolo solo.

LORENZO

Ma nemmeno per sogno!... Babbo! Ma dille di restare! Ah! per Dio! Ma io
non son mica venuto qui per far della poesia. Mamma, la prego di capire
che qui si tratta di un affare.

LUISA

L'affare? È semplicissimo, mi sembra. Il palazzo è per metà di tuo
padre per metà mio, come sai. Orbene, nè io nè lui vogliamo venderlo...

LORENZO

Ma non è vero niente...

LUISA

(_alzando la voce_)

Quando noi saremo morti, se così sarà la volontà di Dio, tu lo
venderai, ne farai una filanda, una conceria... Tu sarai padrone.

LORENZO

Ma io non sarò padrone di un fischio... I vostri creditori saranno
padroni di tutto... e dovrò farci una bella giunta di tasca mia! Questa
è l'eredità dei Della Lizza!

LUISA

(_fulminandolo con gli occhi_)

E tu non l'accettare. Accetta soltanto quella di tuo suocero che è
un buon arrosto. Questa è gloria. Nient'altro che gloria... fumo!...
Rifiutala... E rifiuta anche il nome. Abbi coraggio fino in fondo...
prendi il nome di tua moglie che è ricca. Chiamati il signor Levi... e
il Nostro gettalo via! gettalo via! gettalo via!

LORENZO

Si calmi, mamma, si calmi. Non dica pazzie.

LUISA

Volesse il cielo che quel che son condannata a vedere fosse sogno della
mia pazzia!

LORENZO

Ma è così, è così, per Dio!... Perchè nessuno dice o fa delle cose
strane qua dentro all'infuori di lei. Noi le parliamo di un affare
deciso tra me e mio padre, deciso perchè necessario... e necessario
proprio per l'onore di quel nome al quale Lei dice che io non tengo...

LUISA

Per l'Onore Nostro?... Ebbene: io non riconosco il diritto di difendere
il Nostro Onore ad altri che a mio marito. Dica lui... Romano! È vero
che è NECESSARIO FAR FALLIMENTO VOLONTARIO PER SALVARE L'ONORE DEI
DELLA LIZZA?

LORENZO

Ma le ripeto...

LUISA

Taci.

LORENZO

Babbo!

_Silenzio._

LUISA

(_sorridendo trionfalmente_)

Non mi sembra del tuo parere.

LORENZO

(_in furia_)

Ah! È impazzito anche lui!!!... Ma ci sono dei luoghi di cura per gli
ammalati... E ci sono anche dei tribunali, per Dio!...

LUISA

Lo-ren-zo! Voglio ancora dirti di non dimenticare che se mai, valendoti
del debole che tuo padre ha per te, tu riuscissi ancora una volta a
imporgli la tua volontà, io son qua sempre, io non muto. IO DICO NO.

  _Mentre Lorenzo sta per rispondere entra Antonio da sinistra._

ANTONIO

(_confuso_)

Avevo bussato due volte...

LUISA

Dite pure, Antonio.

ANTONIO

(_molto compreso dell'importanza della cosa, ma pronunziando assai alla
buona il nome francese_)

È arrivata la signora Duchessa d'Argenteuil.

LUISA

(_ripetendo con gran tono e ricercata pronunzia_)

La Duchessa d'Argenteuil? (_una rapida occhiata allo specchio_)
Precedetemi (_esce preceduta da Antonio_).


  FINE DEL PRIMO ATTO.



_ATTO SECONDO_

LA SCENA.

  _Lo studio di ROMANO in una stanza, al secondo piano. Fa parte
  di un resto, lasciato intatto, di costruzione anteriore, sul di
  dietro del palazzo. Se ne vedono quattro pareti; le due laterali
  hanno uguale misura; le due che formano il fondo sono: quella di
  sinistra più lunga, quella di destra più corta, e si incontrano
  tra loro ad angolo retto. Nella parete laterale di sinistra, un
  usciolo a battente di vecchio legno, con stemma dipinto: nella
  parete fondo sinistra un altro usciolo simile posto vicinissimo
  all'angolo retto. La parete fondo destra è tutta occupata da una
  bassa trifora gotico-romanica di pietra forte, da cui si scorge il
  cielo stellato, in mezzo a qualche rosa bianca di una pianticella
  che si arrampica attorno alle brevi e robuste colonnine, partendo
  da una piccola cassetta posta sul davanzale. Nell'angolo ottuso di
  sinistra, coperto da due grandi antiche librerie, un pesante banco
  da studio quattrocentesco è messo di traverso; e sopra vi sono
  accatastati libri e carte; due seggioloni di legno e cuoio, con
  stemma dipinto, sono uno dietro al banco, uno davanti. Nel mezzo
  due o tre sgabelli di legno scolpito, carichi di grossi volumi.
  Lungo la parete laterale di destra, una bella cassa da corredo del
  Rinascimento, sulla quale sono, alla rinfusa, corazze, elmi, spade,
  mazze e altri pezzi d'antiche armature. Nell'angolo retto del
  fondo una bella armatura montata. Sopra i due uscioli due ritratti
  di antenati. Quello appeso sull'usciolo di fondo è di guerriero.
  Alle pareti una grande quantità di stemmi e di alberi genealogici
  dipinti a oro e a colori. Una grande lucerna ad olio, a campana
  verde, illumina assai il banco sul quale è posata, e pochissimo il
  resto della stanza._


SCENA PRIMA

  _ROMANO è seduto al suo banco, coi gomiti sulle carte, il viso
  nascosto tra le mani. Bussano leggermente alla porticina del fondo.
  ROMANO non sente, tanto forte è preso dai suoi pensieri. Bussano
  più forte._


ROMANO

(_riscuotendosi_)

Chi è?

GAIA

(_di fuori, timidamente_)

Io!

ROMANO

(_con rapida mossa prendendo la penna in mano, il volto come per
incanto rasserenato_)

Ah!... sei tu!... Vieni, Gaia!

GAIA

(_entrando con una cartella da disegno e posandola sul banco_)

Sei solo, babbo?

ROMANO

Sì, cara. La mamma?

GAIA

Calma! Tanto calma questa sera! Pareva quasi che volesse dormire ora...

ROMANO

L'hai persuasa a coricarsi?

GAIA

Ma vestita... sai... Oh non s'è voluta levar nulla... ripeteva come ier
sera «bisogna vegliare» «bisogna vegliare»... ma lo diceva così dolce,
così buona!... m'ha carezzato tanto!...

ROMANO

Povera Luisa!

GAIA

Ma che cos'ha, davvero, babbo? Perchè non chiamate il medico?

ROMANO

Non lo vuole!...

GAIA

Ha chiesto se è ritornato Lorenzo. È ritornato?

ROMANO

Ancora no, cara.

GAIA

Beato lui! Si sarà divertito! Deve averla trasformata in un regno di
fate, quella villa, il signor Harlem!

ROMANO

Povera vecchia villa Serdoni!

GAIA

Come... Non è più bella adesso con tutte quelle aiole? Quando si passa
davanti al cancello si sente un profumo da impazzire!... Perchè non ci
sei andato anche tu, babbo?

ROMANO

L'Harlem ha invitato solamente Lorenzo, Del resto non ci sarei andato
lo stesso.

GAIA

Perchè?

ROMANO

Ma!... che vuoi?... in mezzo a tutto quel museo d'anticaglie false...

GAIA

Oh! ma fa tanto bene un po' d'odore di fiori... sotto il sole!

ROMANO

Povera bambina mia!... Fiori... fiori... sole!.., tu non pensi ad altro!

GAIA

Però, non credere che invidii nessuno! Sarà tanto carina anche la
villetta di Piero, quando l'avremo ricoperta di quelle rose là!
(_indica la finestra_).

ROMANO

(_con finto rimprovero_)

Già! già... Però, sembra che tu non ti contenti di questo famoso
rosaio... Ieri Piero mi ha detto che le tue pretese crescono ogni
giorno...

GAIA

Perchè voglio due altre serre piccole?... Non ho ragione forse?... è
lui che mi aveva ingannata. Ma sì!!!... Non me l'aveva detto che quella
serra grande che c'è, tra due mesi si riempie coi limoni del viale!...
Ma ieri mattina l'ho messo alle strette... non me l'ha potuto negare!

ROMANO

Ah! Ah! Ah!... Allora hai tutte le ragioni tu!

GAIA

Lo credo!... Di' babbo; ci verrai davvero tutte le estati da noi?

ROMANO

(_coprendo con un sorriso la interna ferita_)

Certo... che ci verrò...

GAIA

E mamma anche?

ROMANO

Perchè no?

GAIA

In campagna... lei...

ROMANO

Oh!... Ma per te, ci verrà! per te, ci verrà!

GAIA

Però... non gli devi voler bene nemmeno tu ai campi!... Altrimenti non
li avresti venduti i tuoi!... Bel cambio! prendere del denaro, invece
di terra, di verde, di luce, di fiori, di frutti, di cinguettii... Sai
che hai fatto molto male, babbo?

ROMANO

(_col pianto in gola_)

Ho fatto molto male? Anche tu pensi così?...

GAIA

Come! Mi prendi sul serio?!... Piero ride sempre quando parlo d'affari
io!... Povero babbo!... Mi perdoni eh? (_abbracciandolo_).

ROMANO

Io sì... Ma tu... mi perdonerai?

GAIA

(_spaventata_)

Che hai babbo?!...

ROMANO

(_prendendole una mano, con tutta l'anima_)

No, no, no!... Gaia. Non è vero! No! Non è vero niente!!

GAIA

Ma che cosa? Babbo?

ROMANO

Tu devi essere felice! Tu sei senza colpa... Tu devi essere felice!

GAIA

Sono già felice... Sono già... Ma perchè piangi?

ROMANO

Non mi guardare! Guarda le stelle là! Che meritano d'essere guardate!

GAIA

(_girando gli occhi lucidi di lagrime_)

Come son grandi!!

ROMANO

Vedi? vedi che fa bene piangere?... Dopo, si vedono le stelle più
grandi!...

GAIA

(_a un tratto con sùbita gioia_)

Oh!

ROMANO

Che?

GAIA

N'è caduta una! Hai veduto?... di settembre... è raro!

ROMANO

Meglio! Segno che è caduta proprio per te!... A che pensavi?... di' la
verità...

GAIA

A niente... guardavo là... le rose...

ROMANO

... e pensavi al rosaio?... Di' la verità che pensavi al tuo gran
rosaio! Al tuo nido di rose?!...

GAIA

Questo che viene è mese buono per il trapianto... lo sai?

ROMANO

(_con infinito strazio_)

Lo so!

GAIA

Sono una gran chiacchierona eh? Non ti lascio scrivere... Ti volevo far
vedere il mio lavoro... guarda! (_apre la cartella e mostra a Romano
due stemmi dipinti ad acquarello_).

ROMANO

Ah, benissimo! Lo stemma dei Piccolomini. Ed il nostro.

GAIA

Perchè ridi? Ho messo qualche errore nel latino nel nostro?

ROMANO

No, no, cara. Va benone. (_Ridendo con sarcasmo_) «Semper invictus»!
«Semper invictus»!... Non ti pare un po' troppo pretendere... da un
povero professore di storia, come me?

GAIA

(_senza dar peso alle parole di lui_)

Babbino mio! (_lo bacia in testa_)... E questa è la settima tavola, sai?

ROMANO

Brava... brava...

GAIA

Altre quattro, poi ho finito... quindici giorni al massimo!... E tu?...
(_guardando le cartelle scritte da Romano_).

ROMANO

(_confuso_)

Eh!... Io sono un po' pigro...

GAIA

(_impressionata_)

Più nulla?... da una settimana?... Anche tu?... Dal giorno che è
partita Selvaggia!...

ROMANO

Eh?!... ma tu sbagli!!! (_alzandosi e camminando_) Assolutamente sbagli.

GAIA

Tutti quei telegrammi...

ROMANO

Affari!... Affari di Lorenzo!...

GAIA

M'hanno detto che il signor Ricotti non è in Siena...

ROMANO

(_turbato_)

Lo so!... è... a Napoli... ebbene?

GAIA

Davvero?!... Ma io ho paura, babbo!

ROMANO

Paura di che?

GAIA

Che stia male... e che non me lo vogliate dire...

ROMANO

(_con sollievo_)

Male? Selvaggia?... Ma nemmeno per sogno! Ma perchè?... Perchè non ti
risponde?... Vuol dire che non ti vuol bene!...

GAIA

No, babbo!

ROMANO

(_con grande strazio_)

Sì! Perchè non vuol bene a nessuno! A nessuno!

GAIA

No, babbo! Non lo dire! Non lo posso sentir dire... Non è giusto...
Perchè è partita, poverina, proprio per accontentar te!

ROMANO

(_da sè, mentre cammina agitato_)

Sgualdrina!

GAIA

Perchè l'hai fatta partire?... Se non potesse resistere lontano dalla
persona che ama?

ROMANO

Ma non la vuoi capire che sta benone?

GAIA

Non è vero dunque, che sta male?

ROMANO

Ma no! Povera Gaia mia! Ti dico di no!

GAIA

Sareste andati a vederla? È vero?

ROMANO

Ma sicuro! Vedi? Questa è la prova migliore che non è successo nulla di
quello che pensi... diamine!...

GAIA

Hai ragione.

ROMANO

Va, va a dormire, creatura mia... va a sognare!...

GAIA

Il bacio! (_Romano la bacia sulla fronte_) Buon lavoro!... Addio!
(_esce dall'usciolo di fondo_).


SCENA SECONDA

  _ROMANO la guarda uscire, poi va alla finestra; prende tra le sue
  mani una rosa, aspira fino a empirsi i polmoni del suo profumo._


LORENZO

(_entrando da sinistra_)

Buone notizie!

ROMANO

(_precipitandosi verso di lui_)

Li hanno trovati?

LORENZO

Oh! No!... Di quelli là, ancora niente, purtroppo.

ROMANO

(_con un gesto di sdegno_)

E di che cosa allora, per Dio!... Che diavolo di buone notizie vuoi
portare!... Che cosa ci può essere di buono per noi finchè non sappiamo
dove ce l'ha portata quel mascalzone?

LORENZO

Non ti fidi delle ricerche di mio suocero?

ROMANO

Se non me ne fidassi, chi m'avrebbe tenuto qua?

LORENZO

E dunque?

ROMANO

Dunque che cosa?

LORENZO

Poichè abbiamo la certezza che tutto il possibile si fa per ritrovarli,
mi pare che sia precisamente inutile di buttarsi tutti sdraiati a
piangere su questo guaio, e non pensare più agli altri.

ROMANO

Qualche volta, Lorenzo, la tua praticità... ha ragione Luisa... è
inumana!

LORENZO

È più umano, per lei, far finta di non capir più niente; perchè non le
si mostrino più i conti, perchè non si riparli più del palazzo...

ROMANO

(_con gran fuoco_)

Finta!... Finta!... Ma chi ti autorizza a credere che tutto sia finto
qua dentro, per Dio! È una vergogna che un figlio non creda al dolore
della madre!

LORENZO

Io non ho detto che sia finto il dolore. Non ammetto che un dolore
debba impedire di ragionare...

ROMANO

Dio non te lo faccia mai provare!

LORENZO

... Non posso ammettere che, per esempio, a causa di Selvaggia, non si
debba poter discutere subito l'offerta che m'ha fatto l'Harlem, oggi!
Un'offerta enorme.

ROMANO

Ah! Ci siamo!... Credi che non l'avessi capita la manovra di questo
invito a pranzo... a te solo?... Ha già sentito odor di morto... Il
corvo?

LORENZO

Il corvo... il corvo!... Ma siete buffi, per Dio! Vi riducete alla fame
dentro queste gabbie di pietra, e poi, se qualcuno ve le cambia con del
pane, lo chiamate corvo!

ROMANO

Perbacco! Che difesa calda! Si vede proprio che la ricchezza è cosa
sacra per te!... Guai a toccartela!

LORENZO

Ma se la nobiltà non è buona ad altro che a vendere, per Dio, bisognerà
pure che... la borghesia comperi!

ROMANO

Hai ragione. Infatti Serdoni non s'è vergognato di vendergli la villa
dove i suoi antenati avevano accolto i Medici...

LORENZO

Sfido io! È un corvo che paga bene quello!

ROMANO

Diventa un piacere farsi spolpare!... eh? (_ridendo convulso_) Compra
anche la vergogna!... che?... Ma Romano Della Lizza non è Pippo
Serdoni!...

LORENZO

Babbo: (_avvicinandoglisi_) Tre-cen-to-mi-la lire!

ROMANO

Ah! Ah!

LORENZO

Assai più del valore reale... in fondo!... Io stesso son cascato dalle
nuvole!

ROMANO

(_ridendo c. s._)

Vorrebbe dire... una cinquantina di mila lire per la vergogna?!

LORENZO

No, babbo... non scherzare... è una cosa seria!...

ROMANO

Ma insomma gli hai sì o no detto che il palazzo non si vende?

LORENZO

Nemmeno per sogno! Ma non son mica matto io...

ROMANO

(_violento_)

Gli hai detto di sì?!

LORENZO

Di sì!... Di sì!... Non mi gli son mica buttato al collo!... Ma come
si fa a nascondere la propria soddisfazione di fronte a un'offerta
simile?... Ma babbo! Via!... Dimentica per un momento le utopie della
mamma... Facciamo un po' di conto all'ingrosso. Con duecentomila
lire cassi la partita passiva e ti sistemi... Ti restano la bellezza
di centomila lire!... un patrimonietto perbacco!... Oggi il denaro
ha degli impieghi che tu non ti sogni nemmeno!... Prendo io impegno
di farteli fruttare il sette per cento nella mia industria... 7000
lire all'anno! più le 6000 del tuo stipendio!... senza la piaga di
questo palazzo! senza altro pensiero che quello del tuo lavoro... Oh!
Vivaddio! Non rispondi!... Segno che ci pensi: eh?... segno che rientri
in te!... Vogliamo buttar giù una bozza di compromesso?... Eh?... Poche
righe!.. tanto perchè le parole non se ne vadano al vento!.. Penserò
poi io a farle firmare presto dall'Harlem... (_guardando l'orologio_)
Guarda. Son le nove. Abbiamo giusto mezz'ora, chè alle nove e mezza
devo veder Piero.

ROMANO

Piero? perchè?

LORENZO

Oh bella! non siamo amici da ragazzi? Ci troviamo al «Centrale» per
fare due chiacchiere.

ROMANO

M'hai promesso di non parlargli della faccenda della dote!... Siamo
intesi eh?

LORENZO

Intesi... intesissimi!... (_ironico_) Glie ne parlerai tu... quando
compirà cinquant'anni!...

ROMANO

Glie ne parlerò più presto di quel che tu non creda!

LORENZO

(_guarda un po' fisso Romano per penetrare il vero senso delle sue
parole_)

Come sarebbe a dire?

ROMANO

Ho detto che glie ne parlerò presto... (_finto_) Meglio... Non è
vero?... (_pentendosi a un tratto di fingere_) Ma insomma... poi...
alla fine! È o non è un debito anche questo? Ho dato o non ho dato la
mia parola per quest'ottobre? Una volta che i denari ora ci sono, chi
può negarmi il diritto di dotare mia figlia?

LORENZO

(_contenendo un impeto di contrarietà_)

Mah... Questo... del resto... si vedrà... è una questione secondaria...
L'importante è non fare sfumare l'offerta... Non ti pare?

ROMANO

Ebbene, avanti per Dio!... (_correndo, quasi, verso il suo banco_)
Gettiamo questo maledetto dado!... Che non sia più possibile tornare
indietro!... Vendiamo!... Vendiamo! Vendiamo!... Succeda quello
che vuol succedere! (_cerca febbrilmente un foglio_) Che cosa debbo
scrivere?

LORENZO

(_chinandoglisi vicino_)

La solita formola: «Tra i signori Romano Ferruti Della Lizza, e Tommaso
Harlem»...

  _A un tratto Romano tende l'orecchio all'usciolo del fondo,
  impallidendo._

Che c'è?... Qualcuno per la scaletta... vero?

ROMANO

(_coprendo in fretta la carta con un grosso volume e quasi tremando_)

Luisa? Sei tu? (_bussano_).

LORENZO

Avanti. (_Entra Maddalena_) Ooh!

ROMANO

Si risente male?

MADDALENA

No no, signor Marchese. Stia tranquillo. Anzi, questa sera, pare
proprio che vada benino, grazie a Dio, la signora Marchesa!

LORENZO

Che c'è, insomma? Di' presto.

  _Maddalena fa per levar qualcosa dalla tasca del grembiule._

ROMANO

Un telegramma?

MADDALENA

No, no, signor Marchese. Un biglietto. Scusi eh? Non ho trovato il
piattino... Me l'ha dato la portinaia... Dice che è un signore in
automobile...

  _Romano leggendo ha un gran sussulto: poi resta lungamente con gli
  occhi fissi sulla carta da visita._

LORENZO

Chi è? (_guardando_) Eh?! Alla larga!!... (_a Maddalena_) Digli che il
padrone non è in casa. Subito.

MADDALENA

(_tentennando_)

Devo dire che il signor Marchese non è in casa?

LORENZO

Sì, sì, sì! Va!... (_Maddalena esce_) Al diavolo! Ci mancherebbe
questo!... Non te l'avrei voluto dire, ma... anche a Torino è venuto.
Quest'aprile. Reduce dalla Russia... Albergo Europa... Amante...
Automobile al portone... A fine di Maggio allontanato dal _Club_!
Vinceva troppo, anche là!... Le solite spavalderie, le solite sfide,
il solito giurì che non osa... Due duelli... e poi via!... partenza per
altri lidi!...

ROMANO

(_alzando finalmente gli occhi_)

Maddalena! Dov'è Maddalena? Maddalena!

LORENZO

Ma l'ho mandata giù io, a dirgli che non ci sei.

ROMANO

A chi? A mio fratello? Dopo cinque anni che non lo vedo? Ma tu sei
matto! (_Precipitandosi fuor dell'usciolo del fondo_) Maddalena!

MADDALENA

(_dal fondo della scaletta_)

Signor Marchese?

ROMANO

Fallo salire!!

LORENZO

Lo vuoi ricevere?... Credi che lui venga per rivederti. Ma quello viene
per bussare a danaro: ci scommetterei la testa!

ROMANO

Non aver paura che io possa dargliene: non ne ho.

LORENZO

Non importa. Quella gente lì sa cavarne anche dalla sabbia! Sta
in guardia!... Non ti scappi detto di questa fortuna che ci offre
l'Harlem. Se quello sente odor di quattrini siamo fritti! Ci vuole un
reggimento di cavalleria per metterlo fuori di qua!... Pensa a quello
che fai! E spiccialo presto, chè tra un'oretta ritorno... Giudizio!
(_esce in fretta da sinistra_).

ROMANO

(_andando, agitato, incerto, poi decidendosi a sedere al suo banco_)

In fondo... dopo tutto... siamo uguali!... Siamo due disgraziati!...
Niente altro che due disgraziati.

MADDALENA

(_entrando dal fondo_)

Il signore ha voluto salire per la scaletta. È pratico della casa!...
S'accomodi. (_esce_).


SCENA TERZA

  _JACOPO entra in abito da automobilista. Si scopre il volto. Dà
  un rapido sguardo in giro attraverso un monocolo, poi, spalancando
  occhi e braccia teatralmente, va verso Romano._


ROMANO

(_alzandoglisi incontro con cordialità non molta, ma sincera_)

Jacopo! Come mai?

JACOPO

Io?... Sempre la solita salute indecente, come vedi! (_facendo le
corna per scongiuro_) Quest'inverno in Russia mi ero imbiancato un
po' troppo... la gran neve, forse... Ma, non mi son dato per vinto.
Ho preso del buon caviale!... (_mostrando i pochi capelli nerissimi e
pettinatissimi_) Ah! io poi sono di parere che non bisogna prestarsi a
questi scherzi da villana che suol fare Madre Natura. Niente, niente.
Ognuno al suo posto. Madre Natura a casa sua. Noi a casa nostra.
(_Romano ride_) Tu, per esempio, fai malissimo! «Shocking» andarsene
con la testa come se ce l'avessero infarinata di carnevale!... Che cosa
ne dice madonna Luisa?

ROMANO

Povera Luisa... Ha altro da pensare!

JACOPO

Che cosa c'è?

ROMANO

Oh! niente... niente... dico così... perchè è un pochino indisposta da
qualche giorno.

JACOPO

Mi dispiace. Contavo di baciarle la mano in questa breve sosta...
Sempre bella, eh?... Sempre regale!... E tu sempre innamorato morto...
eh? Bravo, bravo. È un modo anche questo di farla in barba alla Natura;
fare l'eterno sposino. O fermarsi al giorno prima delle nozze, o
fermarsi al giorno dopo, è question di gusti. Purchè un bel giorno ci
si fermi là, su due piedi! e si dica al Tempo: «tira pure quanto ti
pare; io sto bene qui, e non mi muovo!»... Altro che paroline dolci:
«Attimo fuggente, arrestati, sei bello!»... Bisogna farsi sentire per
Dio!

ROMANO

Sempre allegro tu!

JACOPO

Questo credo che dipenda dall'essermi fermato al giorno prima delle
nozze!... Ba!... Ba!... Ba!... Jacopino!... (_parlando al ritratto di
guerriero e mirandolo con il monocolo_) _Comment ça va, donc?_ Che
faccia!! Ti secca un po' d'essere dipinto eh?... Capisco; costretto
a star così fermo dopo averne fatte tante!... Però consolati!...
Se sapessi com'è difficile oggi la vita!... La tua famosa impresa
di Serravalle, sai come te la chiamerebbero: quadruplo assassinio,
premeditato, a scopo di furto e di ratto di minorenne!... Galera a
vita!!! Galera a vita!

ROMANO

(_che ha levato dalla libreria una bottiglia di cognac e due
bicchierini; riempiendoli_)

Devi sapere che quei Tolomei di Serravalle erano nipoti di quelli
fuorusciti e traditori che nel '232 avevano osato prendere le armi
contro Siena, d'accordo col vescovo d'Arezzo!...

JACOPO

(_vuota d'un fiato il suo bicchierino e lo tende a Romano perchè lo
riempia_)

Per Bacco!... Che belle ragioni per rubarsi le ragazze c'erano a
quei tempi!! (_sospira profondamente_) Ba, ba, ba! Qua un altro
bicchierino!... Io non so come tu faccia a studiar storia dalla
mattina alla sera, senza diventar matto furioso! Io, basta che mi ci
accosti un momento, è fatta!... Mi sento subito sfumare il raziocinio.
Sarei capace d'uscirmene fuori vestito di ferro, con lancia in resta,
come Don Chisciotte! A rimettere il mondo a posto! per Dio (_beve c.
s._) Poi ci bevo sopra, e mi passa!... E ritorno alle battaglie del
_baccarat_!

ROMANO

Giuochi ancora? Giuochi sempre?

JACOPO

Che cosa vuoi che faccia?! Certo, qualche volta, sarebbe meglio che
non giocassi. Ieri sera a Firenze m'hanno vuotato il portafogli!... E
pur nonostante... vedi ironia del Destino!... ho dovuto noleggiare una
maravigliosa _Rénault_ 60 HP., per venir qui, a caricare un imbecille
d'un mio amico, e portarmelo a Roma!... Ragione per cui... non mi
sentirei la forza di rifiutare... semprechè al munifico mio maggior
fratello piacesse di largirmeli (_nell'orecchio_)... nemmeno cinque
miserabili fogli da cento.

ROMANO

Jacopo mio, dimmi tu se ti ho mai rifiutato!...

JACOPO

Mai! Mai! Verissimo... Però ti piacerebbe incominciare da stasera...

ROMANO

No!... Non è questa la verità!...

JACOPO

... Bene, bene! «Niente di fatto!» Fratelli lo stesso! Passiamo ad
altro.

ROMANO

Ma no! Voglio che tu sappia la verità. Non ce n'ho. In tutto questo
palazzo ci sono cento lire.

JACOPO

Capisco... capisco... Sono capitato in un contrattempo...

ROMANO

Ma che contrattempo! è la miseria, per Dio! la miseria!

JACOPO

Romano?!

ROMANO

Ho voluto fare la mia smargiassata anch'io; ho voluto dare una lezione
al Monte de' Paschi che m'è costata quindicimila lire! Le ultime!...
avute, Dio sa come, dal Banco Fiorentino.. Gli ultimi spiccioli! Chi
vuoi che me ne dia più! Non ho più un metro di terra al sole chi mi
frutti uno staio di grano! Come la vuoi chiamare, se non la chiami
miseria?

JACOPO

Romano?!... Ma lascia che ti guardi bene in faccia!!... Sei tu che
parli così?!... Sei tu che, finalmente, mi credi degno di sapere un po'
dei fatti tuoi dalla tua bocca?... Mi elevi alla tua confidenza?...
Bisognava proprio che ti venisse addosso la miseria nera, per
ricordarti che siamo fratelli!...

ROMANO

Io non l'ho mai dimenticato.

JACOPO

M'hai dato dei pranzi e dei denari...

ROMANO

T'ho anche parlato da fratello..

JACOPO

No! M'hai fatto delle noiose paternali, da precettore!... Niente
altro. Questo sarebbe stato parlar da fratello; dimmi: sotto la severa
apparenza d'amministrare un patrimonio, io amministro una rovina...

ROMANO

È questa la verità, Jacopo!

JACOPO

E perchè non dirmela?... Che cos'era quell'aria di superiorità che
hai sempre usato con me! Perchè non dirmi: «Le forze non mi bastano:
Aiutami! _Sacré Nom!_» Perchè negarmi la dignità e la gioia d'esser
buono a qualcosa, su questo mondo?...

ROMANO

Forse sarebbe stata diversa la tua vita?...

JACOPO

O diversa o uguale; non è questo che m'importa! Qualunque vita è
abietta se è fatta al solo scopo di vivere!... e qualunque vita è santa
se un fine l'illumina!... Passare sul mondo, inutili, come una pioggia
sul mare: questo è indegno! questo è vile! questo è disonesto!...
Romano! (_stringendogli una mano con ambe le sue_) Due minuti fa t'ho
chiesto 500 lire... Ma tu sai che, per me, è come per i marinai! dopo
il mal tempo viene il buono!... Io son qua, pronto a mettere tutte le
mie forze a tua disposizione...

ROMANO

Eh?... Oh! No, no, no!...

JACOPO

Con tutto il cuore, bada!

ROMANO

Troppo buono, Jacopo... ma: no... no!... Non è il caso... ecco!

JACOPO

Incomincerò col renderti le quattro o cinque mila lire che ti debbo.
Fra tre giorni al massimo, saranno qua; per telegrafo, se vuoi...

ROMANO

Oh! Non c'è questa fretta. Il 27 devo riscuotere due mesi di
stipendio...

JACOPO

C'è da stare allegri!... Ci vuol altro per rialzare una casa che
crolla!... Su via, Romano. Approfittiamo di questo sportello di
sincerità che si è aperto fra i nostri due cuori. Dimmi un po' bene
come stanno le tue cose.

ROMANO

No, Jacopo! No, Jacopo!... È inutile... credi... ormai...

JACOPO

Più le cose son difficili e più mi piacciono anzi!

ROMANO

È impossibile!

JACOPO

Meglio!! È quello che cerco: l'impossibile!!

ROMANO

Insomma; no! no! Io m'ammazzerei piuttosto che... imporre dei sacrifici
ad altri!

JACOPO

Sacrifici? Ma non capisci che lo faccio per la superbia di essere
buono a qualche cosa?... E poi, per Dio, mi chiamo Della Lizza come
te!... La rovina tua è anche mia! Se io porto a spasso la mia miseria
in automobile, se io son diventato un acrobata del vuoto... se meno
colpi di spada a destra e a sinistra... e qualcuno ne piglio anche!...
(_scoprendo l'avambraccio e mostrando una lunga cicatrice_) ... non
lo faccio per me solo: lo faccio per il nome che portiamo!... Che
credi?... Perchè t'ho venduto da ragazzaccio che ero, la mia parte di
palazzo, ch'io non ci senta sempre un po' di casa mia, qua dentro?
La tua rovina vuol dire la rovina di tutta questa roba che è gloria
tua, come mia... e abbiamo uguale diritto di salvarla!... E tu che vai
dicendo di sacrifici?

ROMANO

Parlo di sacrifizi materiali; tu non ne puoi fare per me, come io non
ne posso fare per te...

JACOPO

Ma io posso... invece!

ROMANO

Ma io non voglio, insomma! Jacopo: parliamo d'altro... sii
ragionevole...

JACOPO

Devo riscuotere una bella sommetta in Borsa... a fin di mese... Sarò
quasi ricco!

ROMANO

Anch'io!... anch'io!...

JACOPO

Cosa, anch'io? Sarai ricco anche tu?...

ROMANO

Sì! Sì!...

JACOPO

Mi rallegro!

ROMANO

Oh Dio!... Ricco!... Rimedierò... rimedierò alla meglio...

JACOPO

E come?... Se tu stesso m'hai detto che non puoi trovare più una lira
di prestito?

ROMANO

Oh! Insomma! Insomma! Insomma!... Se ti dico che rimedierò, vuol dire
che rimedierò...

JACOPO

E il come non si può sapere?... Un mistero?... (_Romano tace_) Si
riserra lo sportello delle confidenze fraterne!... _Soit! Rien de fait
encore!_... (_pausa_) E... così... tolta la lieve indisposizione di
madonna Luisa, che auguro definitivamente guarita domani, mentre io
volerò verso Roma... tutti bene in casa?

ROMANO

Tutti... sì, sì... tutti benissimo.

JACOPO

E... sarebbe lecito... non dico vedere, il che fia troppo per uno zio
cotanto indegno!... ma almeno... sapere alcunchè di quella angelica
creaturina bionda che, credi Romano... m'è rimasta qui negli occhi...
da cinque anni... come la più bella cosa che abbia visto nella vita?...

ROMANO

(_tutto illuminandosi_)

Gaia?!

JACOPO

Sì! la nostra Gaia! Il fiore del nostro sangue!... L'ultimo fiore!...
Perchè dal tuo Lorenzo, tutto quel che può venire... sarà un passabile
mezzo sangue... arabo!

ROMANO

Ah! La mia Gaia!...

JACOPO

Che cosa fa? Che cosa fa, quell'angelo?... Gioca?... gioca ancora?...

ROMANO

Ah sì! Altro che giocare!...

JACOPO

Non aspetta più il suo Orlando innamorato che la liberi dagli Infedeli,
facendo far da tenda saracena alla portiera del salone... e da Orlando
a quell'affare là! (_indicando l'armatura montata_).

ROMANO

È venuto, il suo Orlando!... in carne ed ossa!...

JACOPO

Ah, sì?

ROMANO

Piero Della Turrita... il figlio del povero colonnello Ugo...

JACOPO

Oh! guarda! I Turrita?... Gli antichi nemici della nostra casata!

ROMANO

Già, già!...

JACOPO

Giulietta e Romeo, dunque!

ROMANO

Già, già!... (_sempre più beandosi_) Ma tu sapessi che miracolo
d'educazione ha saputo compiere in quell'unico figlio la sventurata
marchesa Orsola!... Non si poteva incontrare in un'anima più ben
fatta, la mia Gaia! E non è solamente buono; ha un ingegno raro per le
discipline filosofiche. Arriverà in su!... purchè possa lavorare in
pace e in solitudine!... Non è nato per le lotte corpo a corpo della
vita. Un po'... come ero io...

JACOPO

Ah!!! i tuoi sogni!... I tuoi sogni arcadici!... Me li rammento
bene! Andavamo tutt'altro che d'accordo, allora!... Ma com'è poetico
ripensarci adesso, in questa bella sera, in quest'angolo di reggia che
è nostro! vero Romano?... dove tutto odora della nostra antichità, e
non ci arriva il puzzo pestifero del nuovo!... Una vera ora di porto,
per me, dopo tante burrasche!... Racconta, racconta, Romano... Dimmi
ancora della nostra Gaia?

ROMANO

Si amano! Si amano! è tutto detto!... Quello che sogna lui, sogna lei.
Hanno un cervello solo, un cuore solo! Piero ha una villetta e qualche
podere in Valdelsa, carichi di ipoteche... ma, per bellezza, un vero
paradiso! Riscattare quel poco, vivere di quel poco, là, in quella
verde pace!... lavorare e amarsi!... Tutto il loro sogno!

JACOPO

Ha fatto qualche eredità, Piero?

ROMANO

Ma che! Non ha un soldo. Guadagna qualche cosa scrivendo... ma...
capirai...

JACOPO

La marchesa Orsola?

ROMANO

Che vuoi che abbia! vive della pensione del marito... Tu vuoi sapere,
insomma, chi è che paga le ipoteche?... chi è che riscatta il nido a
questa coppia di allodole?... Sono io!

JACOPO

Tu?

ROMANO

Sicuro! Bastavano cinquanta mila liracce per tingere di rosa tutta la
loro vita. Avrei dovuto negargliele? Io le ho promesse per dote a Gaia.
Le ho promesse per quest'ottobre; e quest'ottobre le darò.

JACOPO

Bravo!! _Sacré Nom!_... Qui ti riconosco il segno della razza!!

ROMANO

Mi dai ragione. Tu mi dai ragione. Tu non mi dici, come Lorenzo, che
son matto...

JACOPO

Che matto!... Che vuoi che capisca Lorenzo dell'anima nostra... lui che
l'ha venduta alla tribù dei Levi!... Hai fatto mille volte bene! Mille
volte il tuo dovere, di padre, e di Della Lizza!!

ROMANO

Tu mi capisci, dunque?

JACOPO

Ti capisco e t'invidio!... Fabbricare la felicità d'un angelo come
quello... Farla ridere! ridere in eterno!

ROMANO

(_fissando lo sguardo in una visione di paradiso_)

Ridere... ridere in eterno!..

JACOPO

(_avvicinandoglisi_)

Tuttavia... Io parlo per mia lunga esperienza... La promessa, in noi,
si sa, è come l'immagine, l'ombra sopravvissuta di quello che fu il più
vivo bisogno della nostra razza: Dare! Dare! Dare a piene mani!... Ma
per dare... bisogna avere. Per avere, bisogna prendere. Dove prendi le
cinquantamila lire, tu?

ROMANO

Lo so ben io!... Lo so ben io! A che mi sarebbe valso, dunque,
conservare fino adesso, a prezzo... del mio sangue, tutta questa roba
morta? queste mura fredde!... Se oggi non mi servissero a dar vita al
sogno di Gaia... a darle i fiori vivi!... il sole... il gran Sole?

JACOPO

(_scattando_)

Eh?

ROMANO

(_come tra sè_)

Sì! sì! sì!... Ne vada la ragione di Luisa! ne vada la vita mia!...
perchè se lei impazzisce, io m'ammazzo!... ma Gaia dev'essere felice...
Vendo tutto... tutto... fino all'ultima seggiola... Ho deciso! Ho
deciso!

JACOPO

Carina, carina, carina!

ROMANO

Che cosa dici?

JACOPO

Dico: carina, carina, carina. Ingegnosa!... L'uovo di Colombo! L'uovo
di Colombo!... Come si fa a maritare una figlia? Si vende un palazzo.
Semplicissimo. E per maritarne due?... Poichè, se non erro, ne hai due
da maritare. C'è anche Selvaggia.

ROMANO

Selvaggia! (_tutta la persona si accascia, come sotto un tremendo
peso_).

JACOPO

Che cos'è?... Romano?... Che disgrazia c'è stata in casa, senza che io
l'abbia saputo?... Maledetta la mia vita randagia! Selvaggia?!... così
sana, così robusta!!... Ma quando, per Dio?... Se due mesi fa me n'ha
parlato il barone di Monbello a San Remo!...

ROMANO

Ma non è morta! Jacopo!... È scappata di casa!

JACOPO

(_facendo un salto indietro_)

Eh?... Ah!... Me lo dici così? per caso!... dopo mezz'ora che
parliamo?!... Un fatto di questa gravità! Una ferita così atroce al
nostro onore!!! Romano! per Dio!

ROMANO

Io so che non ne ho colpa...

JACOPO

E io so che questa sola è peggio di tutte le mie messe insieme!...
So, che fino ad oggi, bene o male, il nostro nome nel fango non c'era
caduto; e sei tu che ce lo butti! Tu che la pretendevi a monopolista
del nostro onore!...

ROMANO

La mia coscienza è tranquilla!...

JACOPO

Ma, per carità, Romano! non ci perdiamo in chiacchiere; è tempo di
agire. Spero che non metterai in dubbio il mio sacrosanto diritto di
saper tutto e d'intervenire... La cosa si sa in Siena?

ROMANO

Ancora no, per fortuna. L'hanno vista partire una settimana fa per
Torino col suocero di Lorenzo... Credono che sia là.

JACOPO

Ah! Col fabbricante di passamani?... E perchè?

ROMANO

Perchè volevamo levarla di qui; distrarla da un amoraccio che non ci
piaceva... Credevamo che a Torino...

JACOPO

E invece?...

ROMANO

Alla stazione di Genova è sparita... il signor Levi ha messo sossopra
mezzo mondo... ha fatto miracoli... credi...

JACOPO

Eh, si vede! Dopo una settimana non sa ancora dove sono!... Con chi è
scappata insomma?

ROMANO

Con un calzolaio!...

JACOPO

Sangue bleu!... Quattrini almeno?

ROMANO

Il figlio di quel tal Ricotti, che ha messo negozi in tutt'Italia...

JACOPO

Quello delle «Washington Shoe»?

ROMANO

Quello, sì.

JACOPO

L'amante della moglie di Serdoni, allora?

ROMANO

Mi pare... d'aver sentito dire... infatti...

JACOPO

Be' be' be'; è lui. Puoi telegrafare al fabbricante di passamani che
smetta immediatamente di occuparsi dei fatti nostri.

ROMANO

Eh?

JACOPO

Sì, sì; un pezzo di carta. (_Prendendolo sul banco e dandolo a Romano
che è in piedi_) Telegrafargli subito! «Trovàti. Segue lettera».
(_Cercando con l'occhio un campanello e correndo a suonarlo_)
Viene qualcuno, a suonar qui? Perchè con te... i servi hanno sempre
dormito... (_va a sedersi al posto di studio di Romano, e leva il
grosso volume che trova innanzi, prende un foglio da lettere e scrive
in fretta_) Permetti eh?... Siccome domani debbo in tutti i modi essere
a Roma, è meglio che scriva subito a un certo ometto di San Remo che mi
faccia da battitore...

ROMANO

(_alzando il capo dal suo foglietto dove ha scritto, stando in piedi,
qualche parola_)

Ma... Jacopo... se poi...

JACOPO

(_scrivendo sempre_)

Niente «Ma»! niente «Se poi»! per carità! Due giorni di caccia e te li
porto qui per le orecchie tutti due. Telegrafa come t'ho detto.

ANTONIO

(_entrando da sinistra_)

Comandi.

JACOPO

Ah! meno male! Dopo un quarto d'ora! Ma bisogna correre, quando si
sente il campanello! bisogna sgranchirsi le gambe! (_a Romano_) Dammi
qua (_legge il telegramma_) Quanti complimenti inutili!... Be' be':
può andare (_ad Antonio_) Questo telegramma di corsa! Che ci sia qua la
ricevuta tra dieci minuti.

(_Antonio guarda attonito il vecchio e il nuovo padrone_).

Ohei! Ho detto a voi.

(_Antonio, impaurito, se ne va di corsa_).

Ooh!

(_Ripigliando il filo della sua lettera_) Benissimo; i dati sono chiari
(_scrivendo_) «Venerdì sera... sarò a San Remo. Se li hai trovati,
mille lire sonanti. Se non li hai trovati un calcio nel... e me li
trovo da me. Intesi bene. Tuo, Paron Jacopo»... (_piegando e mettendo
in busta_) Vecchio contrabbandiere... Questi son gli uomini!...
Domenica puoi preparare il pranzo di fidanzamento... Parola d'onore!

ROMANO

Speriamo che tu non t'illuda!

JACOPO

(_a un tratto, con grande e comico scoppio di maraviglia_)

Ba! Ba! Ba! Ba!!! Che vegg'io mai!!! «Tra i signori Marchese Romano
Ferruti Della Lizza e Tomaso Harlem...»!

ROMANO

(_accorrendo confuso_)

Sssss! Per carità! (_afferrando la carta eccitatissimo, e cacciandosela
in tasca_) Accidenti alla mia stupida testa!... L'ho lasciato lì!!

JACOPO

E... che cosa contratti, se è lecito, con quell'ex insaccatore di
maiali?... Gli venderai qualcosa naturalmente!

ROMANO

Lo conosci?

JACOPO

_Sacré Nom!_... È lui l'amico del mio cuore, che son venuto a rapire
in auto!... Eh! vecchia amicizia! Siamo stati vicini di camera per un
mese, quest'estate, a Montecarlo!

ROMANO

Gioca anche lui?

JACOPO

Peggio di una foca ammaestrata!... Ma che diavolo gli puoi vendere!...
E l'ho visto dieci giorni fa... non mi ha mica detto niente!... Eppure
sassi etruschi non ce n'hai!... _Wisky_, nemmeno... (_battendosi
la fronte_) Per Dio!... il Palazzo!!... Di' la verità che vuole il
palazzo, quel cafone!

ROMANO

(_al colmo della confusione, rilevando di tasca il foglio e facendolo
in pezzi_)

Ma no! Ma no!... Ma se è una bozza... fatta per scherzo! È stato
Lorenzo!

JACOPO

Ah ecco, ecco! già! Scherzi da merciaio, infatti!... Ora capisco! C'è
Lorenzo qui!... Che cosa non venderebbe quello?!... E tu? eh?... «al
suon di quel metallo»...? Bravo, bravo!... Oh! Ma glie lo dò io il
palazzo a quel...

ROMANO

(_disperato_)

Jacopo!! T'ho detto a che cosa mi servono i denari!... È una cosa
sacra!! Tu non hai il diritto di buttarmi all'aria quest'affare!!...

JACOPO

Ma ne ho diecimila diritti! Se ti vedo scavalcare la finestra non ho
diritto di fermarti!?... Romano! (_afferrandolo e fissandolo negli
occhi_) C'è un Dio che guida i nostri destini!... Se non fosse stato
scritto lassù io non sarei capitato qui in questa sera! Tu non mi
avresti mostrato le tue piaghe...

ROMANO

Ma io non ti ho chiesto nulla!...

JACOPO

Lasciami dire. Non sei tu. Era scritto, ti dico!... M'è bastato di
toccare questa pietra nera, per sentire che le radici mie son qua
dentro. È ora ch'io mi ritiri nel mio angolo di rocca, come uno dei
nostri vecchi capitani di ventura. Siamo gli ultimi veri Della Lizza,
Romano; si deve morir qua dentro... tutti e due in piedi. _Sacré Nom!_
Con l'ultima sfida sulla bocca!!... Che si provino a venire a comprare
il palazzo, coi loro fogli da mille bisunti e puzzolenti! Si provino
a toccarci. Si provino!... Li riceveremo a frustate!... Tutto quel che
ho fatto mi fa ridere, in confronto a quel che mi sento di fare. Fino
a ieri fu guerriglia. Da domani, incomincia la vera guerra! Guerra di
grande stile, vivaddio!... E l'ho già tutta qui! (_puntandosi l'indice
nel mezzo della fronte_) Tutta qui. Giornata per giornata. Vittoria per
vittoria! Domani il porcaro Harlem. Posdomani il ciabattino Ricotti.
Fidanzamento di Selvaggia! Sponsali di Gaia! I più belli che abbian
visto in Siena!!... Che stoffa di generale per Dio!... Jacopino!
Esulta! È nato dal tuo sangue chi offuscherà la tua gloria!!...

ROMANO

Jacopo!... Che cosa vuoi fare, insomma?

JACOPO

Ma non t'avvedi, Romano, che... per rinnegar me, dovresti rinnegare
tutto il nostro passato?... Non è stato tutto: coraggio e astuzia...
fermezza e tenerezza... rose per le donne, ferro per gli uomini...
guerra dichiarata a chi ci si metteva fra i piedi, avesse ragione o
torto... Un fine solo: tener alta l'Impresa della Casata: «_Semper
invictus!_» «_Semper invictus!_»... A questo fine tutti i mezzi
buoni!... È colpa nostra se eravamo una razza nata per imporre leggi,
e non per obbedire a quelle degli altri?... La borghesia, Romano, s'è
arricchita alle nostre spalle!... Quel poco che riusciamo a riprenderle
è santamente ripreso!!...


SCENA QUARTA

  _Si spalanca a un tratto l'usciolo del fondo. Appare Gaia, in veste
  da camera, agitatissima._


GAIA

Babbo (_si ritira subito alla vista di Jacopo_).

ROMANO

Gaia! che cosa c'è? Vieni avanti!... La mamma sta male?

GAIA

No... no... è un'altra cosa...

ROMANO

Che cosa, Gaia? Ma entra, dunque!

JACOPO

(_che è rimasto come incantato_)

Gaia! Hai paura di me? Non ti ricordi più di una gran bambola bionda
bionda... e le mettesti nome Elsa?

GAIA

Ah! è lo zio Jacopo... scusi... sono così stordita... come sta?...

JACOPO

Sto male... perchè ti vedo tutta in pena!

ROMANO

Ma insomma, Gaia, vuoi parlare sì o no? Che cos'è successo? Che cos'è
quel biglietto che hai in mano?

JACOPO

Se fosse del tuo Piero...

ROMANO

Lui (_indicando Jacopo_) sa tutto... puoi dir tutto...

JACOPO

Del resto posso anche star da parte... (_ritirandosi da un lato_).

ROMANO

Dunque?

GAIA

(_tutta vergognosa, a Romano_)

È Piero... Ma che c'è, ch'io non so?... Mi par d'impazzire. L'ho
lasciato alle cinque... È stato tutto come il solito. Adesso mi manda
un biglietto... «Che non pianga... (_piange_) che il suo amore è così
forte che vincerà tutto... cercherà lavoro... a Firenze... Bisogna aver
la forza di aspettare un anno... forse due...»!

ROMANO

(_furibondo_)

È stato Lorenzo! Glie l'ha voluto dire... Ha voluto dire a Piero che io
non posso far la dote a Gaia... Capisci, Jacopo!!

GAIA

Ma dunque è vero?

JACOPO

Ah! Ah! Ah! (_ridendo_) Povera piccola Gaia... (_Gaia lo guarda
dapprima spaventata_).

Ha corso un bel pericolo davvero il vostro bel sogno campestre!... Ma
il Diavolo aveva fatto i conti senza lo zio Jacopo!... Il quale è qui,
proprio per annunziare a tuo padre... indovina un po' che cosa?...
Un'eredità.

GAIA

(_saltando come una bimba_)

Davvero?!

ROMANO

Jacopo!

JACOPO

Bravo! Non volevi che glie lo dicessi? Bel gusto a farla patire?

GAIA

Perchè non volevi che me lo dicesse, babbo?

JACOPO

E... vediamo un po' se indovini... da chi ci viene questa eredità.

GAIA

Ma!... Come vuol che faccia?...

JACOPO

Quel nostro prozio... che aveva girato tutto il mondo... e poi s'era
fermato a Giava a piantar caffè...

GAIA

Quello ch'è morto l'anno scorso?

JACOPO

Sì, sì, alla tenera età di 99 anni!...

GAIA

(_mezza pazza d'allegria_)

Lo zio Tom, babbo?!

JACOPO

Ecco! Ecco! precisamente lo zio Tom!... È lui che vi fa sposare!...

GAIA

Ma se non m'ha mai mandato nemmeno una cartolina illustrata!

JACOPO

Che c'entra? Lui non ha avuto altro gentile pensiero che quello
di morire. Ma siccome ha lasciato un po' di denaro, quel denaro...
finalmente... dopo un anno... viene a noi... Lo devo riscuotere domani
a Roma.

GAIA

Oh Dio! Dio! Che bellezza! Babbo! Babbino mio! perchè non ridi? Perchè
non ci mettiamo a saltare tutti e due?

JACOPO

Vedi che lo zio Jacopo non è soltanto buono a portar delle bambole?!

GAIA

Ma perchè il babbo non è contento? Perchè tremi?... Oh! Dio ti senti
male! (_aiutandolo a sedere_) Babbo?!

ROMANO

No, no.

JACOPO

È commosso! Sfido io! La troppa felicità! Io non svengo... perchè non
è mia abitudine... Ma credi che sto per far capriole dalla gran gioia!
Povera, cara, Gaiuccia nostra!...

GAIA

Grazie, zio Jacopo!... Senti com'è buono lo zio Jacopo?... E tu perchè
stai così, e non mi dici nulla di bello?... Perchè non sei contento?...
Oh! Se ci fosse qua Piero!

JACOPO

Bisogna scrivergli subito! Una bella letterina! La manderemo dal servo.

_Gaia ha uno scatto gioioso._

ROMANO

(_afferrandola_)

No!... (_raddolcendo modi e voce_) Meglio no... ancora Gaia.

JACOPO

Ma perchè?

ROMANO

(_carezzandola_)

Sii buona... abbi pietà... Gaia... Amore mio!

GAIA

Ma pietà di che? di che? Io impazzisco!...

JACOPO

Vaneggia!... Ma che diavolo dici, Romano? Perchè non vuoi che la nostra
Gaiuccia scriva al suo Piero?

ROMANO

(_con un urlo terribile_)

Ma perchè non è vero!!

GAIA

(_sbiancando di terrore_)

Che cosa non è vero? Oh Dio! che cosa, babbo? (_Romano ricade
affranto_) Tu mi fai paura!... Mi fai morire!... L'eredità è troppo
piccola... non basta... di', è questo?

JACOPO

Ma basta e n'avanza! Vaneggia! ti dico che vaneggia!... Romano...
Rientra in te... Abbi compassione di questo piccolo cuoricino che
piange... e sei tu che lo fai piangere... e senza un perchè al
mondo!... Ma se avevamo già perfin fissato quando vi sposeremo...
figurati, Gaia!

GAIA

(_alzando gli occhi pieni di lagrime_)

Davvero?... Quando?...

JACOPO

Il tempo di preparare le carte: il 1º d'ottobre! (_consultando un
calendarietto tascabile_) Cioè no, no, pardon, è venerdì... il 2, ecco!

GAIA

(_pazza di gioia, stringendogli le ginocchia_)

Babbo!... E tu non mi dici nulla... nulla!

  _Romano afferra a un tratto la testolina di Gaia, se la stringe al
  petto scoppiando in un pianto dirotto._

JACOPO

Oooh! Vedi? Vedi? Ecco!... Sei contenta?... Ora ti dice tutto!

GAIA

M'avevi fatto tanto paura, babbo! Quando hai gridato così forte!... Oh!
che male, babbo, m'hai fatto qui... (_segna il cuore_) M'è parso a un
tratto d'essere come sotto una scure che mi scendesse sul collo...

  _La mano tremante di Romano corre quasi a proteggere, carezzando la
  nuca minacciata._

Sì, sì, M'è parso come se tutto il mondo finisse... come se non lo
dovessi mai più rivedere! mai più! mai più! mai più! (_piange_).

ROMANO

No! no! Gaia! (_con disperata preghiera_) Non piangere!

JACOPO

(_asciugandosi in fretta una lagrima_)

_Sacré Nom de Dieu!_... Vedo che bisogna fare una parte di forza qua,
se non vogliamo allagare la stanza!... Signorina Gaia!!! Sarebbe lecito
sapere per quale ragione non correte immantinenti a scrivere al vostro
Piero la meravigliosa storia dello zio Tom, invece di obbligare le
nostre venerande canizie, nere o bianche che siano, a lagrimare sulla
vostra felicità?

GAIA

(_un facile sorriso le riappare sul volto rosso di pianto, ma sul punto
di alzarsi guarda il padre come oscurata da un'ombra di paura_)

Non me lo dirai più, che non devo scrivergli?...

  _Romano sa soltanto guardarla con un sorriso trasognato._

JACOPO

No! no! Non aver paura. Non te lo dice più. Garantisco io!... È stata
un po' di gelosia paterna... Dopo tutto come si fa a non essere un po'
gelosi di Piero. Anch'io, vedi, sono geloso... Sei troppo bella... sei
troppo un angelo!! (_prendendole una mano e baciandogliela_) Via! Via!
Di corsa!... Senza più voltarsi indietro!

GAIA

(_indugiandosi nell'andare_)

Buona sera.

JACOPO

(_pieno di commozione_)

Niente «buona sera»! Niente «buona sera»! Via! Via! Ho detto! Via!

  _GAIA esce sorridendo. JACOPO e ROMANO restano ancora un poco a
  guardare verso l'usciolo del fondo con gli occhi lucidi e la bocca
  sorridente._


SCENA QUINTA


JACOPO

Grazie, Romano! Era giusto che la provassi anch'io una gioia come
questa, una volta nella vita! Mi sembra d'esser ribenedetto!... Mi
sembra d'esser tutto anima! tutto forza! Tutto volontà!... Ah!...
Addio, Romano. Domenica: fidanzamento. Siamo intesi.

ROMANO

(_dopo averlo guardato come inebetito avviarsi verso l'usciolo del
fondo, a un tratto si slancia a fermarlo_)

Jacopo!

JACOPO

Romano?

ROMANO

Dove vai?

JACOPO

All'albergo. Anzi alla Posta prima di tutto. Voglio imbucarla con le
mie mani la lettera all'amico contrabbandiere! (_levandola di tasca e
mostrandola_) Troppo importante!

ROMANO

No! No! Devi restare. Mi devi dire...

JACOPO

Che cosa?

ROMANO

E... domattina... partirete insieme?...

JACOPO

(_sospirando comicamente_)

Domattina mi caricherò quella balena... Povere gomme! Speriamo bene!
Ba'. Addio, Romano!

ROMANO

(_riafferrandolo_)

No. No. No. No! Voglio sapere! Gli ti siederai accanto... parlerai
del più e del meno... lo divertirai... come un sicario che gode
accarezzando la sua vittima?...

JACOPO

Ma tu sei matto. Gli farò l'onore di trattarlo da pari mio! _Voila
tout!_

ROMANO

No. Ancora. Voglio sapere: a Roma?...

JACOPO

Ci divertiremo... Mi sembri un ragazzo... parola d'onore!

ROMANO

Lo stordirai eh? di vino... di bagordi?...

JACOPO

Ah! Ah! Ah! Questa è buona! Gli insegno io a bere il vino!...
Corruzione di minorenne! Ma davvero credete che tutti i suoi viaggetti
a Roma, li faccia soltanto per comperare sassi? I sassi etruschi sono
incaricati di conservare la pace coniugale, ma se vedessi che pezzo
d'amante che si tiene a Frascati! Fa piangere, te lo giuro, a vederla
in quelle mani!... Ba! ba! ba! Qua un bell'abbraccio!... e lasciami
andare a dormire. Non ti ricordi nel decalogo del nostro Jacopino:
«Inante la battaglia, dormir bene ti vaglia!»

ROMANO

(_aggrappandosi e trascinandolo verso il banco_)

No, per Dio! No, per Dio! Devi dir tutto, fino in fondo, fino in fondo!
Giocherete?...

JACOPO

(_seccatissimo, alzando gli occhi al cielo_)

Giocheremo.

ROMANO

Tutto! Tutto! Mi devi sputare in faccia tutto il tuo marcio... Mi devi
insegnare!

JACOPO

Eh?... Professore di _baccarat_!... (_ride cercando di liberarsi da
Romano_).

ROMANO

Non ridere!! Siamo o non siamo due ladri?

JACOPO

Eh?!!!

ROMANO

Credi d'esser solo a saper rischiare tutto per Gaia... Credi che io non
sia buono da niente... credi ch'io ti voglia aspettare qui?... come
un vile?... Ci devo essere anch'io là!... Perchè Gaia è mia! È mia
Gaia!!... Insegnami... Jacopo... Insegnami!!


  FINE DEL SECONDO ATTO.



_ATTO TERZO_

LA SCENA.

  _Si vede un angolo della grande sala da pranzo, al pianterreno
  del palazzo. La parete di destra è leggermente per sbieco verso il
  mezzo; la parete del fondo è ad angolo retto con quella laterale
  e la si vede continuare da sinistra oltre la linea delle quinte.
  Le pareti sono tinte rosso bruno con alto zoccolo di legno. Il
  soffitto è a volta bassa ornata di antichi freschi. Da sinistra la
  scena è limitata da due basse colonne gotiche incassate per metà
  nel muro, sormontate da un arco. Di sotto quest'arco esce metà di
  una grandissima tavola da conviti. Nella parete di destra, in prima
  quinta, una bella porticina gotica ornata di colonne e frontone.
  Presso a questa un tavolino, al muro, ricoperto di velluto rosso,
  su cui sono in bell'ordine esposti, doni di nozze, tra i quali
  uno specchietto con cavalletto e cornice d'argento. Più oltre ad
  angolo, un pianoforte a coda, con sopra un doppiere acceso, due
  violini, e musica. Al pianoforte è appoggiato un violoncello.
  Nella parete del fondo una grande finestra con inferriata che pare
  scavata nell'enorme spessore del muro, alla quale si accede per
  tre piccoli gradini incassati nel mezzo di un grado altissimo.
  Dalla finestra si vedono sagome di case nere dietro alle quali
  sorge la luna. Nel tratto della parete di fondo che prosegue da
  sinistra oltre l'arco, si scorge una finestra uguale a quella
  descritta. Dall'alto dell'arco pende un lampadario di ferro battuto
  con candele di cera, alcune già finite e spente, altre vicine
  a spegnersi. La gran tavola è ingombrata di bottiglie vuote, di
  salviette, posate, piatti e bicchieri usati; vi sono fiori e vi è
  anche un grande dolce per metà rimasto. Antiche seggiole di legno
  e cuoio sono in disordine torno torno. Qualche sedile vicino al
  pianoforte. I tratti di parete sono ornati di vecchi ritratti di
  donne nelle più diverse acconciature d'ogni tempo. L'impiantito è
  quasi coperto di petali di rose tea._


SCENA PRIMA

  _MADDALENA sola piange silenziosamente, seduta sullo scalino
  della finestra. Si ode nella strada un'automobile fermarsi poco
  lontano. Maddalena sale i gradini, guarda fuori; poi rimane lì come
  nascosta, nel canto più buio della gran finestra, col viso tra i
  ferri. Con gran rumore di risa, irrompono da sinistra SELVAGGIA
  e ROBERTO abbracciati a passo di danza sbrigliata. Roberto è
  in _frak_, soprabito sul braccio, cilindro sulle ventitrè.
  Selvaggia, anch'essa col cappello, porta un bel vestito rosso, più
  scollato del bisogno._


SELVAGGIA

(_fermandosi di botto sulla soglia di destra_)

Ho sete ancora, Roberto (_ironica_) Sarà la grande commozione!

ROBERTO

Aspetta.

  _Va dietro al pianoforte, prende una bottiglia di champagne._

SELVAGGIA

Ce n'è ancora?... (_battendo le mani_) Bravo!!!

ROBERTO

(_sul punto di far saltare il turacciolo_)

Un bicchiere?

SELVAGGIA

(_afferrando la bottiglia da cui salta il tappo e cade la schiuma_)

Ma che bicchiere!... (_portandola alla bocca e assorbendo lo
_champagne_ che sale_) Come quella sera, in barca!...

ROBERTO

(_in tono di finto rimprovero_)

Uh! Si rammentano le cose?!... (_accennando ai ritratti_) davanti a
tutte queste illustri signore e signorine!

SELVAGGIA

(_mettendo la bocca della bottiglia alla bocca di Roberto, e dandogli
un bacio sulla guancia_)

Hai ragione... poverette! Chi sa che voglia! eh? (_mentre Roberto
beve, corre con indiavolata allegria al pianoforte, scorre con le dita
l'estremità acuta della tastiera, dà uno strappo rumoroso alle corde
del violoncello; poi, subito rimirandolo con voluta volgarità di modi_)
To'! guarda come si somiglia al Sindaco!... Tutto lui.... Eppure sarà
divertente quel giorno, no? Roberto?... Te l'immagini tu, quando saremo
anche noi seduti su quelle due sedie dorate, davanti a quel Trippetta
serio serio!... Ah! Ah! Ah!... Quando dirà anche a me tutte quelle
cosine commoventi!... Bisognerà bene che faccia la sentimentale anch'io
come Gaia.... (_facendo con goffo scherno l'atto di asciugarsi gli
occhi_) Farò così... va bene?

ROBERTO

Però attenta a serbare un po' di lacrime anche per il quaresimale di
Monsignore!... Mi raccomando!...

SELVAGGIA

O per la stazione?!... Non hai visto quanto bisogna piangere alla
stazione?... Sarà un affar serio!

ROBERTO

Ah! là ci vorrà il pizzicotto!... Facciamo la prova!... (_le dà un
pizzico_)

SELVAGGIA

(_mandando un grido e appiccicando un ceffone a Roberto_)

To'.

ROBERTO

(_rincorrendola_)

Ah!

  _Escono e rientrano nella scena rincorrendosi intorno alla tavola.
  Selvaggia, per prima, lancia un panino sulla testa di Roberto:
  questi risponde nel medesimo modo; ne volano quattro o cinque._

SELVAGGIA

(_da sinistra, fuori, mentre Roberto è in scena_)

Buono! Buono! Facciamo pace! M'è venuta un'idea (_entrando_) Dove
andremo per il viaggio di nozze? Non ci abbiamo ancora pensato?!

ROBERTO

Sfido io! L'abbiamo bell'e fatto.

SELVAGGIA

Poverino!... Ci vuol altro per contentar me!... Non vorrai mica fare
come quello spiantato di Turrita... che con la scusa della filosofia
la porta a Monte Cassino!... (_Roberto ride e si rimette a bere alla
bottiglia_) Voglio che tu mi porti a Parigi... e a Londra... e poi in
Scozia!...

ROBERTO

(_levando alta la bottiglia_)

E poi al Polo Nord!!!

SELVAGGIA

Uh! ecco la zia!!

ROBERTO

Qua... qua... (_la tira dietro il pianoforte_) Nascondiamoci!


SCENA SECONDA

  _ROSA viene da sinistra, vestita da fuori, con una buffa cuffia
  alla Sinforosa. Cammina sbirciando attorno co' suoi occhi di miope,
  soffermandosi sospettosa; cerca sulla tavola; finalmente scopre con
  gioia il dolce, ne stacca un pezzo col coltello: vi s'attacca con
  avidità e si avvia saltellando verso destra._


ROBERTO

(_appena Rosa ha fatto tre passi verso destra, imitando un cane_)
Brrr... bau, bau, bau!...

ROSA

(_con enorme spavento, lascia cadere il dolce, fa il segno di croce, e
scappa da destra gridando a bocca piena_)

Ah, ahi! O Dio! Dio... Madonnina Santa Immacolata!

  _Roberto la insegue abbaiando._

SELVAGGIA

(_correndogli dietro, e ridendo sghangheratamente_)

Non morde mica, zia! È un canino tanto garbato!... Zia!


SCENA TERZA

  _Mentre da destra si allontanano risa, gridi, abbaiamenti, da
  sinistra giunge la voce di Luisa._


LUISA

Maddalena!... Maddalena!... (_entra_).

MADDALENA

(_uscendo dal suo cantuccio e asciugandosi in fretta gli occhi_)

Comandi!... signora Marchesa!

LUISA

Sono dieci minuti che vi chiamo!

MADDALENA

Mi perdoni... signora Marchesa. Non l'avevo veduta scendere
dall'automobile.

LUISA

Datemi un poco d'acqua, Maddalena...

MADDALENA

(_si allontana da sinistra_)

LUISA

(_si accomoda alcuni riccioli allo specchietto d'argento che è fra i
regali di Gaia. Poi guarda con l'occhialino e tocca gli altri oggetti
preziosi, mormorando_)

Finissimo! Di gran gusto! Veramente degno di principi! (_a Maddalena
che riappare portando un bicchiere d'acqua_) Ma perchè piangete,
Maddalena?

MADDALENA

Non mi posso vincere... M'ha fatto così male, signora Marchesa, a
vederla andar via...

LUISA

Oh! siete pur sciocca Maddalena! Vi pare conveniente piangere nel
giorno che si compie un così fausto avvenimento!... per cui tutta Siena
è in festa?!

MADDALENA

Ma era così bambina... quando son venuta in questo palazzo!...

LUISA

La vostra padroncina va a trovare la felicità che merita! Ella ha
saputo scegliersi nel nostro ceto l'uomo degno del suo amore. Dio
protegge simili unioni!... Volete sapere che cosa ha detto Monsignore
nel suo magnifico discorso? «Bisogna esultare» ha detto, «bisogna
osannare alla infinita bontà di Dio, che ha permesso oggi a un suo
umile sacerdote di legare indistruttibilmente due delle più remote
nobiltà toscane, cancellando con un _benedicite_ ben cinque secoli di
sanguinose discordie!»... Piangete ancora?

MADDALENA

Non ci badi... signora Marchesa.

LUISA

Buona Maddalena!... Forse avete ragion voi!... Forse, anzichè
riprendervi, dovrei invidiarvi!... Poter molto piangere forse è il più
dolce privilegio della donna... Ed io non so veramente perchè mi sia
stato negato da Dio!!...

MADDALENA

Povera signora Marchesa!!... Mi faceva tanta pena questi giorni
passati!... Si vedeva che pativa così tanto!... E io dicevo con
Antonio: «Se potesse piangere!... Se potesse piangere, chi sa che
sollievo proverebbe!...» (_prende il bicchiere vuoto dalle mani di
Luisa e va a posarlo, uscendo da sinistra_).

LUISA

(_fissando a un tratto i propri occhi sbarrati nello specchietto_)

Terribili questi occhi di pietra!... che non sanno piangere! (_spezza
lo specchio contro lo spigolo del tavolino e lo getta in terra_).

MADDALENA

(_accorrendo_)

Signora Marchesa!... Perchè?...

LUISA

(_con uno strano sorriso_)

È caduto.

MADDALENA

(_osservandola impaurita e fingendo di credere_)

Oh! che peccato!... Così bello!... (_raccoglie i pezzi_) Si potrà fare
accomodare, non è vero, signora Marchesa?

  _Luisa s'alza di scatto._

... Vuole andare a riposare, signora Marchesa?

LUISA

Sì. Salite a svestirmi. (_escono da destra_).


SCENA QUARTA

  _Si odono passi da sinistra. JACOPO entra trionfante,
  elegantissimo, in _frak_, soprabito e cilindro ultima moda.
  Dietro lui ROMANO, curvo più del solito, vestito come JACOPO, ma
  tutto d'una foggia più antiquata._


JACOPO

E Antonio, s'è perduto?... Antonio!

ANTONIO

(_arrivando a corsa dietro loro, mettendosi in tasca il berretto, e
togliendo subito il soprabito a Jacopo_)

Ho fatto tardi...

ROMANO

No... no...

ANTONIO

... perchè c'era una piccola differenza nella spedizione dei bagagli...
È stato il signor ingegnere che se n'è avvisto... son dovuto tornare
addietro...

ROMANO

(_andando alla finestra_)

Va bene, va bene... tieni per te la differenza...

ANTONIO

Grazie, signor Marchese. Ci avevano fatto pagare tre lire e mezza più
del dovuto...

JACOPO

Tre lire e mezza!!! Rabbrividisco pensando a quel che poteva
succedere... se non c'era lui!... (_sedendosi al pianoforte e
abbozzando qualche accordo_).

ANTONIO

Hanno comandi?... (_rivolto a Jacopo_) Per la carrozza?

JACOPO

Che attacchi per le dieci, domattina... ma che non faccia come oggi!...
Sia pronto alle dieci precise! Siamo intesi?

  _ANTONIO s'inchina ed esce. JACOPO continua i suoi accordi
  accennando con la voce un'aria malinconica._

ROMANO

(_quasi tra sè_)

Che odore di fieno c'è nell'aria stasera.

JACOPO

I campi offrono tutti i loro profumi al passaggio della nostra Gaia!

ROMANO

(_c. s._)

Però... non m'aveva mai messo nell'anima uno spasimo così grande di
libertà!... una voglia così indemoniata di torcere questi ferri... di
segarli... che so io... d'aprirmi un passo... e scappare via per la
campagna.

JACOPO

Mio caro Romano! Nessuno ci impedisce di andar a fare una passeggiata
in campagna, uscendo per il portone! (_accende un grosso avana_).

ROMANO

(_guardando a un tratto il soffitto, con un colpo secco di riso_)

Li senti?... Li senti?... Passano qua sopra... si rincorrono,
sghignazzano... Paiono i Genî di questa gran Rovina!!...

JACOPO

Chi?!... Ah! Selvaggia e Roberto?... Son fidanzati!... Tra poco
li sposiamo!... Che cosa vuoi di più?... Te l'ho costretto a fare
il suo dovere. Certo adesso non te lo posso mica trasformare in un
principe!!... (_ride_).

ROMANO

(_fisso nel suo pensiero_)

Eppure sarebbe così facile scappare da questa prigione!... e così
giusto!... al cospetto degli uomini e di Dio!

JACOPO

Romano! _Sursum corda!!_

ROMANO

(_tra sè_)

... Che cosa ci sarà più qua dentro, per me... quando anche queste rose
sfogliate da LEI, saranno imputridite tutte!... e puzzeranno... come il
resto!...

JACOPO

Grazie!!... Malinconie... vero?... Malinconiucce!... Zanzarette
quaresimali!... (_facendo l'atto di scacciarle dalla finestra_)
Sciò!... Sciò!... Altro che storie! Mi pare che sarebbe piuttosto il
momento di pensare alla nostra Luisa seriamente!..

ROMANO

(_con dispetto_)

Vuoi insegnarmi anche questo?... a volerle bene?

JACOPO

Dio mi guardi dall'usurpare le tue prerogative!!... Ma qui non si
tratta di volerle bene soltanto; si tratta di fare qualche cosa...
perchè la china è brutta!... Ieri ho parlato a lungo col dottor
Poggi...

ROMANO

(_con grande apprensione_)

Che cosa c'è di nuovo? Perché non me l'hai detto subito?

JACOPO

T'ho voluto lasciar godere la festa d'oggi. In sostanza m'ha detto
che, forse, la cosa è ancora rimediabile. Ma bisogna occuparsene...
occuparsene seriamente. Divagarla; toglierla di qua, se è possibile;
tagliare tutte le fila dei suoi dolori; che non oda più una parola, che
non veda più nulla di ciò che le fa male... E io naturalmente ho subito
abbozzato il mio bravo piano anche per questo!... In primissimo luogo
ottenere che Lorenzo se ne vada e non torni più per un anno almeno!...
In secondo...

ROMANO

Oh! Sì!... Tu non conosci Lorenzo!

JACOPO

Io lo conosco benissimo. Lui forse non conosce abbastanza me. Ma,
lasciamo questo. Proseguiamo. In secondo luogo, dunque: sposare questi
due ragazzacci. Sposarli in quattro e quattr'otto. In questo mese,
magari.

ROMANO

E la gente?

JACOPO

La gente dica quel che crede! Vogliamo o non vogliamo salvare questa
povera Luisa? Bisogna sposarli subito. E appena sposati, partenza...

ROMANO

Partenza?

JACOPO

Sono già due anni che manco ad un mio debito d'onore, sai? il giorno
dei morti!... C'è una povera Ninon che aspetta i miei fiori a Père
Lachaise... M'è spirata proprio tra le braccia! E non m'ha chiesto
altro nè da viva nè da morta: «_des fleurs, des fleurs!... mais que
j'en aie toujours plus que cette mauvaise Henriette!_» Roba di dodici
anni fa!... Non basta tingersi i capelli!... Ma quest'anno non voglio
mancare... E voi due verrete a Parigi con me. Va bene?

ROMANO

Noi?!...

JACOPO

Ma vuoi capire sì o no che Luisa va distratta... va curata insomma, se
non vogliamo perderla!... Dunque? Meglio di un bel mesetto a Parigi,
che cosa vuoi trovare?... E al ritorno vi fermerete in Valdelsa.
Gaia sarà ancora occupata a mettere in ordine la sua villetta, ma un
posticino per voialtri lo troverà subito... E io verrò qui, a dare
un po' di sesto ai tuoi affari... E tutto si accomoderà!... Non vedo
già l'ora, figurati, di battermi qua con i tuoi creditori... «Orazio
sol contro l'Etruria tutta!» (_ridendo e battendo sulla spalla di
Romano_) Va là! che, in fondo in fondo, il mondo è bello!... e tutto
da ridere!... Hai osservato quel bestione dell'Harlem a tavola?
_Sacré nom!_... Sembrava una draga messa a tutto vapore! S'era perfino
levato gli occhiali, per limitare l'orizzonte al suo piatto e al suo
bicchiere!... Scommetto che pensava: (_imitando il fare e la voce_)
«A buon conto procuriamo di rimangiarcene più che possiamo di quelle
maledette sessantamila lire! (_ride, ma non riesce a far ridere
Romano_) E quanto ha bevuto!!! Hai visto come s'è abbracciato Lorenzo,
dopo pranzo? Chi sa per chi l'aveva preso!

ROMANO

(_atterrito_)

Hanno parlato? Soli? lui e Lorenzo?

JACOPO

Non aver paura, sciocco! Gli preme troppo di mantenere il segreto
sulle sue scappatelle romane! La moglie è bruttoccia, ma gli ha portato
sette milioni! Non basterebbe un caratello di _bordeaux_ a farglielo
dimenticare!...

ROMANO

(_in preda allo spavento_)

Antonio! (_batte sopra un bicchiere_).

JACOPO

Ma che cosa vuoi? Ma non fare stupidaggini, per Dio! Calmati!
(_cambiando tono, come vedendo Antonio_) Niente! Niente! Andate pure
(_a Romano_) Ma non ti vergogni a tremare di paura così? Ma chi è, il
Giudice dei vivi e dei morti, questo Lorenzo?... Ma poi: se dopo dieci
minuti che parlavano, lui s'è addormentato sul divano, come se fosse
all'osteria, e dorme ancora! su... To'! Ecco qua il nostro ingegnere
stimatissimo!


SCENA QUINTA

  _LORENZO appare da destra_


ROMANO

(_voltandosi spaventato_)

Eh?

LORENZO

(_a Romano, ridendo_)

T'ho messo paura?

JACOPO

Tutt'altro!... In abito da viaggio a quanto pare?

LORENZO

(_secco a Jacopo_)

Già; vado a Torino (_al padre_) Te l'avevo detto che avresti dovuto
accontentarti di avermi al pranzo, è un periodo di gran lavoro questo,
fortunatamente per me! Proprio domani ho un convegno importantissimo.

ROMANO

(_un po' sollevato_)

Bravo!... Bravo!... Augùri per i tuoi affari.

  _Jacopo passeggia con aria spavalda; chiude la finestra._

LORENZO

Grazie. Ma ritornerò fra tre giorni (_mettendogli una mano sulla spalla
e guardandosi dietro_) Spero... di ritrovarti solo.

ROMANO

(_con un gesto del viso che lo prega di non farsi udire da Jacopo_)

Oh!

LORENZO

(_abbassando la voce_)

Bada. Mi par di vedere che fa già il padron di casa... come se
l'eredità fosse un regalo suo!

ROMANO

È il suo fare, così...

LORENZO

Sì. Sì. Ma se fra tre giorni lo trovo ancora qua, ci penso io a
metterlo fuori!

ROMANO

Oh, Dio!... Dopo tutto.. Selvaggia ce l'ha riportata lui!...

LORENZO

Ma son venti giorni che scrocca per Dio! Basterà!... Avremo diritto di
parlare una buona volta dei nostri affari con l'Harlem senza che ci si
ficchi di mezzo lui!

ROMANO

Oh... con l'Harlem... mi pare... meno fretta si dimostra... e meglio
è...

LORENZO

(_fissandolo_)

Non ti immaginerai di esser diventato ricco, spero... Qualcosa di
buono, forse, si sarebbe potuto fare con quelle sessanta mila lire,
piovute così come la manna!... Ma tu hai voluto far lo splendido con
Turrita, e così siamo ritornati al punto di venti giorni fa. Fìssatelo
bene in testa! Non c'è scampo. La via è sempre una sola. Non ti
ricominciare a cullare in qualche dorata illusione.

  _Jacopo si avvicina._

M'hai chiesto d'aspettare che Gaia fosse a posto. Ora è fatto. Non ci
devono essere più scuse.

ROMANO

Tua madre, Lorenzo! Tua madre!

LORENZO

Oho! Mia madre!... Mia madre si piegherà per Dio!

JACOPO

(_con ironia tagliente_)

E se non si vorrà piegare... la impiccheremo là fuori!!! (_indica la
finestra_).

  _Lorenzo gli si rivolge rosso d'ira._

Va bene così? _Les aristocrates à la lanterne!!_

ROMANO

(_atterrito_)

Jacopo... sai... è sempre pronto... a scherzare...

LORENZO

Il male è che crede di poter scherzare anche con me... che non ho
niente a che fare con lui!

  _Jacopo fa una mossa da spadaccino offeso dalla quale desiste come
  dicendo: «Non ne vale la pena»._

ROMANO

(_quasi fuor di sè dalla paura, con intonazione sforzata_)

Lorenzo! Non ti posso permettere di mancargli di rispetto... (_appena
finita la frase ne par già pentito_).

LORENZO

A me?... Ah!... Sono io che... non posso nemmeno rispondere se lui mi
insulta?

JACOPO

Non pigliamo le cose in tragico... ragazzo mio!.. per carità!...

LORENZO

(_a Jacopo_)

Ma non parlo con voi! (_a Romano_) Dico a te. Questa casa è più mia che
sua, mi sembra... e io debbo lasciarmi insultare qua dentro da uno che
trascina nel fango il nostro nome!...

  _Jacopo guarda a destra e a sinistra se nessuno possa udire._

ROMANO

(_prima che Lorenzo finisca la frase urlando per superare la sua voce,
con intonazione che è disperata e vuol essere imperiosa_)

Lorenzo!!!

LORENZO

Ah! Sì? Ah! Sono io che devo tacere!... sono io l'intruso qua
dentro?... Proprio io?!... Allora resto. Vedremo.

JACOPO

(_a Lorenzo, compitissimo_)

Se quella mia facezia ha sortito l'effetto di prolungare il piacere di
averti tra noi, io non mi posso pentire di averla detta. Però...

LORENZO

(_passeggiando e mostrando di volersi contenere_)

Sì... sì... Sfogatevi pure a dir facezie questa sera, perchè domani
uno di noi due deve andar fuori di qui... e vi garantisco che non sarò
io...

JACOPO

... però, dicevo, il nostro Romano... attraversa un momento
criticissimo della sua vita... Se io vedessi che tu gli potessi... o
gli volessi essere più utile di me, cederei, io per primo, il posto.

LORENZO

(_a Jacopo_)

Utile? Perdio!! Dunque la cosa è ancora più grave di quel che credevo.
Non siete qui per scroccare? Siete qui PER AIUTARE!!... Allora è
doppiamente necessario che ve ne andiate. E subito.

JACOPO

Indovinatissimo: come gioco di parole?... Ma non mi sembra il caso...
dinanzi a un uomo accasciato da una fortuna avversa, stretto di
debiti...

LORENZO

È naturale, è piuttosto il caso di dargli l'ultimo spintone... è poco
esser rovinati soltanto, bisogna diventare... come voi!!... Fortuna che
i vostri semi cascan sulla pietra, perchè mio padre sa i doveri che gli
incombono... verso sè stesso... e verso me!

  _Il volto di Romano sembra la maschera del terrore._

JACOPO

Parole offensive sì: ma sempre parole: niente altro che parole! Alle
corte: per accomodare le cose di tuo padre ci vogliono dei denari...

LORENZO

C'è il palazzo.

JACOPO

Non si può vendere. E la ragione è tale che dovrebbe prima commuovere
te, che noi!

LORENZO

(_al colmo dell'ira_)

Insomma; se non sapessimo che cosa farci dei vostri consigli, dei
vostri apprezzamenti, dei vostri aiuti materiali e... morali!...

JACOPO

È precisamente questa la cosa da dimostrarsi.

LORENZO

Da dimostrarsi? È semplicissimo: andatevene subito!... Vedrete che
nessuno vi richiama... Prima che accettare aiuti da un pari vostro,
della gente onesta...

JACOPO

(_lasciando il suo contegno_)

Ah! sì?!... Ah! Sì?! Se bastassero le chiacchiere, ragazzo! Ma con
le chiacchiere non si salva chi va in rovina... nè si quietano i
creditori...

LORENZO

Basta! basta!... V'ho detto, andatevene! per Dio! parlo chiaro!

JACOPO

(_accendendosi_)

... ma con le vostre chiacchiere, vostra sorella Selvaggia sarebbe
finita _cocotte_... signorino bello, e Gaia non si sarebbe ancora
sposata...

ROMANO

(_come se un peso a lungo minacciato, a un tratto piombasse a
schiacciarlo_)

Jacopo!! Taci!!... Abbi pietà!...

JACOPO

(_passeggiando irritatissimo_)

Oh! Parlo chiaro anch'io! È pur necessario abbassare quest'alterigia!

LORENZO

Eh?... (_come colpito da un'idea che lo atterrisca e lo illumini_)
Babbo?!

ROMANO

(_fissa gli occhi atterriti di Lorenzo, tremando, balbettando_)

Che... ho... detto... io?...

JACOPO

(_mettendosi davanti a Lorenzo che non leva gli occhi da Romano_)

Avete capito ora che la storia dell'eredità è una frottola?!...

LORENZO

(_stringendo i pugni in un primo impeto d'ira_)

Eh?!

JACOPO

È così! Me ne dispiace tanto per voi... ma è così! Per ora chi ha fatto
un po' di bene qua dentro, sono io! Io. Io in persona! Io solo.... E
senza secondi fini... perchè non chiedo nulla... non rivoglio nulla...
Non aspetto eredità... io!

LORENZO

(_a Romano_)

E... tu?...

JACOPO

E lui ha creduto bene di accettare la mia offerta; sicuro! perchè era
fatta da un fratello, con cuore fraterno!... Oh! Ecco che sapete tutto!
Ebbene! Che cosa dite? Sentiamo! (_minaccioso_) Che cosa fate? Ora che
sapete tutto?

LORENZO

(_fissando il viso di Romano che è freddo e immobile e bianco come la
maschera di un morto_)

Dunque... è così?... Hai potuto toccare il danaro... uscito da quelle
mani. Tu... Non n'hai sentito ribrezzo! Schifo! Rispondi per Dio!
Voglio sentir dire «sì» dalla tua bocca!...

JACOPO

Ma lascialo in pace!

LORENZO

Zitto là!!! (_dopo aver atteso invano la risposta di Romano_)
Vergogna!!! Vergogna!!... (_fra sè_) Povero nome mio!... E chi sa dove
comincia e dove finisce quest'inganno... questa sudiceria!!... Io non
lo so!... Avete deciso d'impiantare una bisca qua dentro? Oppure il
covo di una banda internazionale?... Che cosa? Che cosa avete deciso,
fra voi due? Parla, per Dio!... Ti sei fatto già anche tu la tua brava
maschera... come lui!

JACOPO

Eh! eh! eh!... è più comodo indignarsi che cavar soldi per aiutare!
vero?

LORENZO

(_violentissimo_)

Io, il mio denaro, lo sudo!...

JACOPO

Sì! guardando sudare le operaie!

LORENZO

Il vanto d'essere prodighi lo lasciamo ai ladri, noi!

JACOPO

(_provocantissimo_)

Parli al plurale!... In nome della tua tribù?...


SCENA SESTA


LA VOCE DI ROSA

(_con batter di mani, da sinistra_)

Sono qua! Son tutti qua, vieni, Luisetta bella!

JACOPO

(_frenandosi, secco_)

Lorenzo. C'è tua madre...

ROSA

(_entrando_)

E i fidanzati? Che cosa vuol dire che si nascondono sempre quei due?

JACOPO

(_riprendendo d'un sol colpo tutta la sua consueta compitezza_)

Benvenute!... (_movendo incontro a Luisa_) Benvenute!... È una lieta
sorpresa, questa che ci fate!

  _Rosa sbircia sulla tavola se c'è più il dolce._

LUISA

(_apparendo_)

È consuetudine che ha ormai valore di legge dare una chiusa
strettamente familiare a queste solennità.

JACOPO

Voi fate testo, in fatto di consuetudini!

  _Mentre Jacopo e Luisa hanno parlato presso il capotavola, Lorenzo
  è andato alla finestra alzando violentemente le spalle, poi ha
  consultato il proprio orologio; infine scivola via dietro il gruppo
  che avanza. Romano resta immobile sulla sua sedia, gli occhi fissi
  in terra._

ROSA

Tanto più che, con tutti quei brindisi così belli, dico io, il dolce e
il gelato non si son potuti gustare! Dico bene?

JACOPO

Allora, una bella fetta di dolce, per ricompensarvi del mio brindisi!
(_taglia_).

ROSA

(_a Jacopo_)

Bravo cognatino bello!... (_a Romano_) Uh! mamma mia! che broncio!
Che cos'hai? sonno? (_di nuovo a Jacopo_) Grazie! Quanto! (_di nuovo a
Romano, a bocca piena_) Non t'addormentare sai! Che si deve ribere! Eh!
Eh! Eh! (_ride_).

LUISA

(_a Jacopo_)

Il vostro brindisi è stato forse troppo ricco di ardimenti moderni,
questo sì; ma in molti luoghi avete raggiunto mirabili effetti
ditirambici! Dovreste coltivare questo genere...

JACOPO

Infatti lo coltivo più che posso!... Del resto, la qualità dei miei
versi dipende sempre dalla qualità dei vini che sono a tavola. Merito
vostro, dunque (_facendo l'atto di tagliare un'altra fetta di dolce_)
Volete permettermi, amabile cognata?

LUISA

Grazie, cognato: il dolce no.... Preferisco un sorbetto.

ROSA

(_mangiando più in fretta il dolce_)

Anch'io, anch'io! Ho tanto caldo.

JACOPO

(_avviandosi verso sinistra_)

La gelatiera è laggiù... Che cosa dice il vostro cuore di questa
meravigliosa festa?

LUISA

Nessun'altra famiglia in Siena avrebbe saputo fare di più nè di meglio!
(_escono dalla scena_).

ROSA

Solamente quei fagiani ripieni!... Madonnina immacolata! Che saporino!

  _Si ride, poi si fa silenzio. Soltanto si ode il rumore di
  cucchiaini mossi dentro bicchieri, nell'altro lato della sala._


SCENA SETTIMA

  _Questo silenzio è rotto da un sordo rumore di gran portone
  cigolante chiuso con forza. ROMANO sussulta, si leva, sale, con
  le gambe che a mala pena lo reggono, fino all'inferriata. In un
  momento di grande silenzio, si ode un passo sul selciato risuonante
  della strada deserta e illuminata dalla luna. Romano aggrappato
  all'inferriata guarda intensamente._


ROMANO

(_le parole gli escono come un rantolo_)

Sei tu?... Lorenzo?! No!... No!... (sforzandosi quasi a urlare)
Lorenzo!... Non lasciarmi, Lor...

JACOPO

(_accorrendo_)

Che cosa c'è Romano? Eh? (_guardando nella strada_) Lorenzo è
quello?... Se ne va?... Così mi piace!... Vedi se ci son riuscito a
farlo scappare?


SCENA OTTAVA


ROSA

(_correndo da sinistra col suo sorbetto, seguita lentamente da Luisa_)

Che cosa c'è nella strada?! Fate vedere anche a me?

JACOPO

(_venendole incontro_)

Niente, niente! Cara Rosa.... Un uomo!... che se ne va per i fatti
suoi!...

SELVAGGIA

(_da fuori_)

Zia Rosina? zia Rosuccia?

ROBERTO

(_da fuori_)

Zia Rosetta? Rosabella?

SELVAGGIA

(_entrando da destra_)

Oooh!! Finalmente! T'abbiamo scovata!

ROBERTO

(_dietro a Selvaggia_)

Finalmente!

ROSA

Cosa? Cosa «finalmente»?... Sono io che v'ho cercato e ricercato in
tutti i buchi e non v'ho trovato. Che cosa avete fatto?

ROBERTO e SELVAGGIA

(_a una voce_)

Abbiamo cercato lei! — Abbiamo cercato te!

(_si gettano contemporaneamente al suo collo_).

JACOPO

E adesso che, dopo tante peripezie, finalmente ci siam tutti trovati,
qui, si beva, dunque, l'ultima coppa alla felicità di Gaia.

  _Va a prendere una bottiglia dietro il pianoforte._

SELVAGGIA

(_saltando indiavolata_)

_Champagne!!_... Via il gelato zia.

ROSA

(_trattenendolo_)

Aspetta!

SELVAGGIA

(_levandoglielo_)

Via! Via! Prepariamo le coppe! (_la trascina via da sinistra_).

ROBERTO

Evviva il nostro zio Jacopo!... (_avvicinandoglisi, e levandosi di
tasca un portafogli rosso_) A proposito... Mille e tre, vero? ieri
sera?...

  _Luisa si avvicina a Romano e gli accarezza il capo. Romano rimane
  muto, fisso, come non se ne avvedesse._

JACOPO

(_occupandosi di slegare la bottiglia_)

Ma va là... ci penseremo dopo.... Dorme ancora l'Harlem?...

ROBERTO

Sì, sì... ma i debiti d'onore prima di tutto! Tieni, tieni!

JACOPO

Accontentiamoti! (_si ficca, con grande disinteresse, in una tasca dei
pantaloni, il denaro che gli dà Roberto_).

SELVAGGIA

(_ritornando_)

Pronte le coppe! Stappa, zio!

JACOPO

(_a Luisa e a Romano_)

Immortali innamorati! Venite qua! Beviamo alla felicità di Gaia!!!

  _Luisa accoglie l'invito, ma Romano non si muove._

ROSA

(_saltando al tempo stesso del turacciolo_)

Uh!

JACOPO

(_riempie le coppe, poi, alzando la sua_)

Su! Su! In alto!! Stringiamole tutte!... Così!... Che sembrino un mazzo
di quelle rose tea che Le piacciono tanto! E offriamolo alla nostra
reginotta che fugge!... Ma insomma, Romano! Vuoi che manchi proprio la
tua coppa a questa offerta augurale?... Be'! mi deciderò io a farti da
Ebe... posto che non vuoi lasciare il tuo Olimpo! (_gli porta una coppa
piena_).

  _Romano prende la coppa e la tiene nella destra senza quasi
  avvedersene._

SELVAGGIA

Altri due versetti da ridere, zio! come quelli del pranzo!

ROBERTO

Sì! sì!

LUISA

Non vedo Lorenzo....

JACOPO

Oh! Chiedo scusa per lui... è stata proprio una necessità: perdeva il
treno...

LUISA

È partito!! Senza neppure...

JACOPO

Aveva un affare urgentissimo a Torino...

LUISA

Non vi affaticate a scusarlo! (_alzando gli occhi al cielo_) Conosco la
sua nuova educazione!

SELVAGGIA

Basta che mi mandi quella cassetta di _vermouth_ che gli ho chiesto....
Me l'ha promessa; ma così a denti stretti!

JACOPO

Beviamo dunque!! (_bevono_).

ANTONIO

(_venendo da sinistra_)

Permette, signor Ricotti (_parla nell'orecchio di Roberto_).

ROBERTO

Ah! S'è svegliato? Vengo subito! (_appena bevuto, esce dietro Antonio
non osservato_).

SELVAGGIA

Zio! Dunque? Questi due versetti da ridere? ce li fai sì o no?

JACOPO

(_improvvisando_)

    _A me li chiedi?..._
    _Ma non li vedi_
    _Di già sbocciare,_
    _Di già suonare_
    _Sull'armoniosa_
    _Bocca di Rosa?_

SELVAGGIA

(_ridendo sgangheratamente_)

Ah! Ah! Roberto senti? «Bocca di Rosa!» Anche la sua! Non ci avevamo
mai pensato!... Ma dov'è Roberto?

ROSA

«Bocca di rosa», sicuro! Dico io! Perchè no? (_ispirandosi_).

JACOPO

Ecco i versi! Attenti! L'avevo detto io!

SELVAGGIA

Forza, zia Rosa!

ROSA

Eccoli, davvero, per bacchina!

    _Sì: bocca di rosa_
    _nomarsi le tocca,_
    _se canta la sposa,_
    _se parla di lei,_
    _la misera bocca_
    _di Rosa Taddei!_

JACOPO

Ma bene!!

SELVAGGIA

Ma brava la zia!... Roberto!... Roberto!... Ma dove s'è cacciato quello
stupido? (_va via da sinistra_).

JACOPO

Un vero madrigale! deliziosissimo!

ROSA

Piaciuto?... E allora, con questo, dò la buonissima notte a lor
signori! (_con goffo inchino settecentesco_) Madonna sorella
arcibella!... (_a Romano_) Cognatino... arcibrutto voi! Sempre con quel
musaccio lungo un palmo. Niente riverenza... Imparerete... Una volta
volevate bene alla povera Rosa, ma adesso più. Adesso siete diventato
cattivo cattivo!... Ma a me non me ne importa niente! Perchè ce l'ho il
mio cognatino carino, il mio difensore, il mio cavaliere errante!...
Eccolo qui. Questo sì che se la merita la riverenza! (_s'inchina
a Jacopo, poi fugge a passetti verso destra_) E gli butto anche un
bacino! (_fa, esce_).

JACOPO

Povera Rosa! (_ride_).

LUISA

La sua semplicità di mente non le impedisce di veder talora la verità,
meglio di noi... che ragioniamo troppo.

JACOPO

Sarà; ma quella di eleggermi suo Lohengrin, non mi pare...

LUISA

Se fu espresso in modo ridicolo, non per questo il complimento è meno
meritato!

JACOPO

Siete maestra di amabilità...

LUISA

No: non è amabilità; è soltanto giusto che vi si dica. Voi siete
rientrato veramente come un liberatore nelle mura di questo
nostro palazzo! Qui si respira un'altra aria dacchè ci siete voi.
L'impossibile è ridiventato facile! perchè l'impossibile dei deboli
è il facile dei forti! dei veri uomini della nostra razza, vicino ai
quali noi donne crescemmo sicure! Ecco la verità intuita anche da mia
sorella. In questo senso voi ci difendete.

JACOPO

Sì, sì!... Ma non contro questo nostro povero, buon Romano...
Infinitamente buono!... come la Provvidenza Divina!... (_fa per
abbracciarlo_).

ROMANO

Lasciami stare.

JACOPO

_Par bleu!_

ROMANO

Io non ho bisogno di cavalieri.

JACOPO

Madonna Luisa? Sia gelosia? Che ne dite?... Il caso sarebbe un po'
grave, data l'età... Eh!... Eh!... (_ride_).

  _Rumore di un bicchiere che cade da sinistra._

LUISA

Che c'è?

SELVAGGIA

(_venendo di corsa_)

Zio! Qui è un affare serio: tu me l'hai rovinato quel ragazzo con
questo porco gioco!

LUISA

Selvaggia!

JACOPO

Eh? Eh? Cosa c'è!... Io?... Veramente mi pareva... di avervi acciuffato
proprio...

SELVAGGIA

A Montecarlo... Sì, lo so!... e ho avuto anche buon naso a
portarcelo... perchè così mi sposa. Ma adesso è un altro paio di
maniche! non capisce più altro! non vede più altro che giuocare!... e
perde a rotta di collo!...

JACOPO

Con chi gioca? Col cocchiere, come ieri?

SELVAGGIA

Ma che cocchiere! Gioca con l'Harlem!

JACOPO

S'è già svegliato? Con quella sbornia!...

SELVAGGIA

E vince ch'è un'ira di Dio!... Vieni su tu; sii buono zio, fagli rifare
un po' di quello che ha perduto...

JACOPO

Ah! Questa mi piace. Sentite Luisa? Adesso devo anche far vincere chi
perde e perdere chi vince! Dopo Lohengrin, Mefistofele!

SELVAGGIA

(_tirandolo per il _frak__)

No! No! via!... vieni!

JACOPO

Ma io ho paura che tu abbia bevuto veramente troppo!

SELVAGGIA

(_dandogli uno strattone_)

Non scherzare, insomma! Dico sul serio!... Tu non sei mica stupido,
devi capire! Finchè perde qualche centinaio di lire con te, non dico
niente: so che servono a mandare avanti la casa...

LUISA

Selvaggia!!... Romano?!...

JACOPO

La casa? Tu sei ubriaca del tutto!! (_a Luisa_) Perdonatela!...

SELVAGGIA

Sì, sì! Ma se son contenta!! ti dico che son contenta!... Ma tante
migliaia così, per far piacere a quel grugno, no! no! e poi no!...
Glie le devi far rivincere! Se no bada... comincio a dirle grosse...
ma grosse! a tutti!... gli salto a gli occhi!... Faccio una mattata...
Faccio correre tutta Siena!... (_piange di rabbia_).

JACOPO

(_cercando, via via, di calmarla con carezze_)

No! no!... Su! su!... Ma via!... una donnina di spirito come te!...
Perdere la testa per così poco!...

SELVAGGIA

(_piangendo_)

Ti dico che son migliaia!... Andiamo in miseria!...

JACOPO

Eeeeh? miseria!!... Vuoi che venga su?... Be', verrò su un momento:
sei contenta? Ma, santo Dio! Si sa!... Il gioco è gioco... non si può
vincere sempre!...

SELVAGGIA

Ma lui perde sempre, quell'imbecille!... Fa schifo! (_s'attacca felice
al braccio di Jacopo e lo porta via da sinistra_).

JACOPO

Permettete?... Il dovere di zio mi chiama!


SCENA NONA


LUISA

(_alzando gli occhi al cielo e con grande accento di sincerità_)

Dio! proteggi ancora questa povera nostra Casa!!

  _Romano alza finalmente il capo, la guarda lungamente come se
  volesse vederle nel profondo del cuore. Sta quasi per parlarle._

ANTONIO

(_entrando da destra con uno spegnitoio in mano_)

Oh! scusino. Mi credevo che non ci fosse più nessuno.

LUISA

Potete spegnere ugualmente... (_pausa_) E domattina raccogliete con
cura tutta la cera da tutte le sale... Per tempo... Fatevi aiutare
da Maddalena.... Sapete che dev'essere portata in Duomo prima delle
otto... e che Don Elmigio sia presente alla consegna.

ANTONIO

Non dubiti. Ho già avvisato il ragazzo del carrettino (_avendo
terminato di spegnere il lampadario_) Il doppiere?

LUISA

Lasciatelo acceso. Lo porteremo su noi. Andate pure a dormire, povero
Antonio, sarete stanco!

ANTONIO

Lei è buona, signora Marchesa. Mi butterò un poco sul letto vestito...
perchè, su, hanno incominciato adesso a giocare!... Si figuri!... E il
signor Marchese Jacopo... vuol essere servito di corsa...

LUISA

Sa anche, credo, esser largo di ricompense.

ANTONIO

È vero, signora Marchesa. Ma io son vecchio...

LUISA

Avete ragione. Gliene parlerò io. Vi prenderemo un aiuto.

ANTONIO

Grazie, signora Marchesa! Hanno comandi?

LUISA

Andate pure.

ANTONIO

Felicissima notte, signora Marchesa. Felice notte! signor Marchese (_va
da sinistra_).

ROMANO

Addio, Antonio! (_il suo viso è ora come illuminato da una improvvisa
gioia_) Luisa!

LUISA

Romano? Vogliamo salire?

ROMANO

No, Luisa! Ho una gran cosa da dirti! Un'idea. Ma piena di luce...
M'è balenata ora ora proprio.... Lascia che te la dica qui... dove
c'è ancora un po' di profumo di lei!... del più caro frutto del nostro
amore!... dell'ultimo!... Posso ancora parlarti del nostro amore, senza
darti noia?

LUISA

Perchè una simile domanda? Tu sai che le pietre di questo palazzo non
son così salde come i principî del mio cuore.

ROMANO

Eppure tu m'hai amato di più un tempo!... Tanto di più!!! Quegli anni
benedetti di «Villa Speranza»!... Ah! là davanti a quella rocca nera
di Barberino... quando la guardavamo infuocarsi al tramonto... ti
ricordi?... tutte le sere... seduti su quel marmo... e per il giardino
correvano Lorenzo e... questa sciagurata Selvaggia... che non ci aveva
ancora fatto piangere!... E Gaia c'era sì... ma era tutta ancora chiusa
nel mistero del tuo seno, Luisa!... Le parlavamo... eh? E tu la sentivi
rispondere di dentro, a sgambetti e a capriole... le parlavamo e non
sapevamo se chiamarla Anselmo o Gaia! Ti ricordi?

LUISA

Mi ricordo.

ROMANO

... Tu, veramente avresti preferito un Anselmo. Ma io preferivo una
Gaia, e tu alla fine m'hai accontentato... eh! eh!...

LUISA

Così piacque al Signore.

ROMANO

Sì; ma tu finivi sempre con accontentarmi, allora... In tutto. In
tutto!... Oh mi dovevi volere davvero un gran bene!... t'avevo fatto
amare tutto quel che amavo io, a poco a poco!... il grano, le viti,
i buoi, le api! E i contadini!... Io credo che ancora ti benedicano!
Tutte quelle nottate alla povera Maria!... E non ne potevi più... alla
fine eri incinta anche tu come lei... Ma che! Non la volevi lasciare,
a nessun costo! E mi toccò raccomandarmi a quel buon prete Tardani...
che te l'ordinasse in confessione!... Ah! Luisa mia! Non l'avessimo
mai abbandonato, quel nido santo!... Tu non credi ancora che tutto
quel che ci era di bello, di buono, di utile, tutta la ricchezza delle
nostre anime... tutta la felicità possibile su questa terra, l'abbiamo
lasciata là, tra quel verde?

LUISA

Rinunziammo ad una gran felicità!... Ma, un'ora dopo la triste nuova
della fine del povero Andrea, la nostra decisione era presa. Il Palazzo
era salvo! Quel nostro sacrificio sarà una gran pagina nella storia
della Famiglia! Dio, nel giudicarci, non lo dimenticherà!

ROMANO

Oh... mia Luisa!... Chi può prevedere il giudizio di Dio?... E se
quello che tu chiami il nostro grande sacrificio... agli occhi di Lui
che vedono... fosse solo una grande vanità?...

LUISA

Eresia....

ROMANO

... E se, in tutta la nostra vita, non trovasse di buono se non quelle
tue nottate alla povera Maria... e quel po' di bene che potei fare io
alla famiglia Tardani?...

LUISA

Eresia!... La verità è una, Romano! Non muta. Dio ha fondato le nostre
schiatte a immagine della Sua eterna forza, della Sua eterna nobiltà e
non vuole che periscano. NON VUOLE CHE PERISCANO A NESSUN COSTO!

ROMANO

... finchè possano essere esempio di virtù... scuola di grandezza
d'animo. Lo credo anch'io!... Ma quale Dio... quale Dio può volere
che noi vendiamo le nostre figlie a dei calzolai, Luisa! che noi
taglieggiamo americani, per vivere disonoratamente dentro queste case
onorate...

LUISA

Strali nell'ombra!... Che non trovano bersaglio! Che ci fanno ancora
più piccoli!...

ROMANO

(_con sarcasmo_)

Dinanzi alla sua grandezza! eh?...

LUISA

(_con gran voce_)

Non credere ch'io parli senza strazio. È terribile: ma è vero. E tu lo
senti quanto me! Se i nostri occhi han sete di grandezza viva, che cosa
posson guardare, qua dentro, se non lui?!... Chi è capace qua dentro di
rischiar la vita ridendo, come fa lui?!

ROMANO

Rischia l'onore nostro che gli costa meno, per Dio!

LUISA

La vita e l'onore sono la stessa cosa, per un Della Lizza! Egli sa che,
scoperto, dovrebbe lavare nel suo proprio sangue l'onta del nome!

ROMANO

Ma intanto egli è uguale a un ladro non ancora acciuffato!...

LUISA

Ciò riguarda l'anima sua. Più grande, più grande ancora se sa di
rischiar tutto! questa vita, e l'altra! e s'immola in un silenzio da
eroe! Non chiede complici lui, nè consigli, nè compassione. Sa che si
deve battere in tempi avversi contro fortuna avversa, e si batte.

ROMANO

E io?... per vent'anni... allora?...

LUISA

E tu perchè gli hai ceduto le armi? Perchè ti sei lasciato vincere...
schiacciare dinanzi ai miei occhi!... T'aggiri come un'ombra qua
dentro... io non son più la sposa di un uomo! Sei una cosa sua! sei un
povero re legato al suo carro di trionfo!...

ROMANO

Ma...

LUISA

Va va! Romano, tu non sai che cosa costi a una donna dover concedere la
sua pietà a un vinto!... Se lo sapessi n'avresti terrore!... (_fa per
andarsene da destra_).

ROMANO

Ma... Luisa mia...

LUISA

(_soffermandosi_)

Voglio... voglio!... che le mie parole ti faccian male! che siano una
sferza!!!... Ah!! Se tu potessi ancora rialzarti!... e VINCERE!!

ROMANO

E questo voglio io: Vincere. Ma io conosco una sola Vittoria: Ritornare
onesti. Ma ci so mettere anch'io la mia vita per posta!... Luisa;
ascoltami bene! È un dilemma!... E sei tu che devi decidere!... O io
posso rendere all'Harlem il denaro che gli abbiamo rubato, o io mi
uccido.

LUISA

(_con un colpo secco di riso_)

Tu scherzi, evidentemente!

ROMANO

Ah!... Perchè tu credi che ne debba nascere uno scandalo? Ma invece
no! Rendergli il suo denaro, possiamo; e senza che gli baleni ombra
di sospetto, senza torcere un capello nè al vizio, nè alla virtù di
nessuno. Possiamo renderglielo, e ritrovare la nostra coscienza pura di
un tempo, le nostre gioie sante, Luisa!... Questa è l'idea! Questo è il
miracolo che ti volevo dire!... Vuoi sentirlo, Luisa?

LUISA

Perchè no?

ROMANO

Ma c'è rimasto, sul tuo volto, un po' di quella risata di prima...
Gettalo via, Luisa...

LUISA

Ti ascolto.

ROMANO

Ascolta tutto. Non t'agitare alle prime parole. Pensa che questa è
l'ora più seria di tutta la nostra vita.

LUISA

Ascolterò tutto.

ROMANO

Brava. Ecco, Luisa. C'è una tenuta fuor di Porta Romana, mezz'ora di
carrozza; tutta una collinetta, scoperta: quattro ettari di bandita,
otto poderi, due casette coloniche e una padronale. L'avvocato Tondi...
quello lo sai, si ostina a credermi milionario... mi ci ha voluto
portare, per forza!... Ma che bellezza, Luisa mia! Vedessi la terra!
Meglio che a Barberino!... Cert'uva!... certi bei chicconi neri,
sani! Pareva che dicessero: «prendici»! E che frutteto!... tenuto
come un giardino!... Certi gelsi!... già, per i bozzoli è rinomato
quel luogo!... Ma tutto! tutto bello!... E io un po' ridevo, un po'
piangevo... «Ma perchè dovrò vedere tutta questa provvidenza?» pensavo,
«Che ci son venuto a fare? Che maligno diavolo?...» Ma invece no: non
era il diavolo... Era Dio che mi aveva chiamato lassù, per illuminarmi
al suo bel sole!... Per mostrarmi che bastava ormai di combattere
una battaglia disperata e inutile, che bastava di soffrire; che c'era
ancora un po' di paradiso per noi sulla terra, se lo volevamo! Ah! ci
fossi stata anche tu Luisa, lo avresti sentito, dirci, come un padre:
«SALVATEVI FIGLIUOLI! SALVATEVI!»... Ma in che modo? E l'infamia d'un
furto? come portarla con noi in quel paradiso?... Per quante notti mi
ci son torturato!... Quanto pianto c'è voluto perchè mi sbocciasse
a un tratto quest'idea così semplice, così bella! come il consiglio
d'un angelo!... Luisa! tra poco resteremo senza figli... soli soli...
come venticinque anni or sono!... Fa che i nostri cuori ribattano
all'unisono, come quando la nostra pariglia galoppava per la strada
di Valdelsa, verso «Villa Speranza»!... Il Palazzo è cosa sacra, non
si vende per denaro. Inutile che l'Harlem tenti di farci gola con le
sue trecentomila lire! Nemmeno per un milione, è vero, Luisa?... Ma
in cambio dell'onore perduto, sì!... Sacro per sacro!... Per riavere
l'onore, un palazzo si può dare!... Ebbene, Luisa. Quel po' di terra,
a poco più di duecentomila lire, si vende. Diciamo all'Harlem che,
se vuole il Palazzo, c'è un mezzo solo: comprar quella terra là e
darcela in cambio senz'altro! Così!... Come due bimbi in riva al
mare, si cambiano le conchiglie trovate!... Accetterà di volo!... Ci
prenderà per pazzi. Meglio così! Ci piglino per pazzi, tutti! Che ce ne
importa? purchè la nostra coscienza si plachi nel nostro segreto... nel
segreto di noi due... di noi due soli!... Purchè ci possiamo risentire
liberi... finalmente! fuori del fango che vuol affogarci!?... Luisa?
Ti vedo balzare il cuore nel petto... Fissi gli occhi giù in terra,
come un'altra volta!... Così, così mi dicesti il tuo primo «sì»! Io
l'aspetto, come allora... in ginocchio... guarda... Anche adesso con
una sillaba, puoi farmi vivere o morire!!...

LUISA

(_dominando con visibile fatica un terribile combattimento interiore_)

E ancora Iddio vuol mettere nelle mie mani la sorte di questa grande
Casata? (_parlando al cielo con gran fede_) Perchè chiedere tanto a una
povera donna?... Perchè chiederle un cuore di ferro, Dio!... quando le
desti soltanto... un povero... tenero cuore?!

ROMANO

(_si getta sulle mani di lei e le copre di baci_)

Luisa... sii benedetta!

LUISA

(_si leva con uno scatto folle_)

No! No! No! Io non sono Luisa... Io non so chi sono. IO DICO NO!

ROMANO

(_arrossendo di rabbia, senza osservare la stranezza di Luisa_)

Ah!

LUISA

Non sono io. Te lo giuro, Romano! È qualche cosa!... Qualche cosa che
m'agghiaccia tutta...

ROMANO

Ah! qualche cosa?... già... qualche cosa che desidera ch'io m'ammazzi.
Che io tolga l'incomodo!...

LUISA

(_con grande, straziante accento di sincerità_)

Romano! Non m'ingiuriare!... (_dolcemente_) Io dico no, ma non son
io. Credi che non son io, Romano?... Io non so dire altro... perchè il
cervello mi diventa... di pietra!... (_al cielo_) Oh Dio! Diglielo tu
che non son io.

ROMANO

(_sempre più violento_)

Ma io non voglio finir _croupier_ della bisca Della Lizza! Ah! non
glieli regalo, per Dio! i miei cinquant'anni di vita onesta per
ricoprire le sue sozzure! Io me la svigno... Io scappo da questa
prigione!...

LUISA

Scappare! scappare!... Parole da vinto!... Nient'altro dalla bocca di
Romano Della Lizza?... Sei migliore di lui? Lo disprezzi? L'odii?...
E tu scaccialo dal tuo palazzo!... Sei puro? Sei la Purezza della
Casa?... E allora non si fugge il fango!... Si ributta nella strada, di
dove è salito. A che vale essere puri se non si sa spezzare il Male,
a colpi di spada fiammeggiante, come l'Angelo di Dio?... VINCERE,
VINCERE, VINCERE!... Poi morire di fame!... Che importa?... Fuori
tutti!... Soli... noi due!... Serrato ogni spiraglio! Niente più
giorno!... Tutta una notte!... Tutta una tomba!...

ROMANO

(_fissandola finalmente e impallidendo_)

Luisa? (_fa per prenderle un braccio_).

LUISA

(_come sfuggisse a un colpo mortale_)

Aaaa!... (_si attacca con tutta la sua forza ad una delle colonne
della porta, e par chiedere rifugio alla pietra stessa dell'enorme muro
maestro_).

ROMANO

Luisa!!!

LUISA

Son qua! Prendimi! Ora mi lascio uccidere!... È giusto!... la pietra
deve bere il sangue!...

ROMANO

Luisa!!! No!!! Sono il tuo Romano!

LUISA

... È fredda... Ha fame!... Vuole sangue!... È giusto!... È giusto!...

ROMANO

(_gettandosi ai suoi piedi e afferrandole la veste e baciandogliela,
come gridasse l'ultimo grido d'un naufrago_)

Luisa!! Luisa!! Luisa!! Non mi vedi più, Luisa!!... Non senti che ti
bacio i piedi, Luisa!!... Ritorna, Luisa!!... Dammi il coraggio almeno
di morire... (_aspetta un attimo agitando febbrilmente qualche cosa
nella tasca del soprabito_) Ah!!! (_estrae rapidamente una rivoltella,
se la nasconde sul cuore e spara, cadendo col capo sui piedi di
Luisa_).

  _Luisa séguita a fissare il vuoto, stretta allo stipite, immobile
  come la statua della Follia._


  FINE.



ACQUA SUL FUOCO

(_Commedia in un atto)._



PERSONAGGI:


  BISTONE, _pecoraio_
  RIGA, _massaia, sua moglie_
  OLIVA — GIGI, _loro figli_
  LEOPOLDO, _marinaio_
  PIPPO, _carbonaio giovane_
  DENTE DI LEGNO, _carbonaio vecchio_.


SCENA.

  _Interno di un tugurio da pastori sull'Appennino toscano. Il camino
  acceso, a sinistra, e davanti una tavola rusticissima con sopra
  una lampada ad olio. Sulla parete di fondo, sempre a sinistra,
  l'acquaio e una fenestrella inferriata sopra. In mezzo la porta, a
  destra, accosto alla parete di fondo, un paglione steso in terra:
  sopra appeso un cappotto nero, e vicino, una povera mensola su
  cui è posato un cestellino di cannucce non terminato. La parete
  di destra è un rustico tramezzo di legno, con una apertura. Il
  soffitto è la travatura di un tetto spiovente verso la porta del
  fondo._

  _All'alzarsi della tela, dalla porta aperta si vedono rosseggiare
  al tramonto le vette vicine. Gigi dorme profondamente, sdraiato sul
  paglione; Riga monda delle patate lessate e fumanti, soffiandosi
  sulle dita col rumore di un mantice._


SCENA PRIMA

BISTONE, RIGA, GIGI.


RIGA

(_vedendo rientrare_ BISTONE)

Rieccolo!

BISTONE

C'è poco da dire! Quella capretta non mi piace punto!

RIGA

(_con rabbia_)

Ma che volete che abbia! Ogni poco...

BISTONE

Ecco lei... lei sa ogni cosa!... Se tu ti spicciassi piuttosto a mondar
codeste patate!... Me n'avrei a intender io di bestie; no?... Quando
dico che domani non lo vede... non ti confondere... è tale e quale come
se Cristo lo dicesse per noialtri! C'è poco da dire!...

RIGA

Ditele grosse!... che Cristo ve la perdoni! Tanto, meglio di lui che ve
l'ha fatta la testa... chi lo po' sapere quel che ci avete dentro!

BISTONE

Insomma! queste patate... l'hanno a essere per istasera!... perchè, c'è
poco da dire...

RIGA

E dagli, col «c'è poco da dire»!... O zittatevi allora, così ne
direte meno di grullerie! Aspettate piuttosto Oliva che ritorni e
mostrategliene a lei la capretta... chè quella sì, la capisce qualcosa
davvero... e poi l'ha maniera a fargli le cure a quelle bestiole... e
no voi che se gli mettete un dito sul corpo l'ammazzate!

BISTONE

O che dicevo io? Chiacchierona! Se ti stessi zitta qualche volta! E
dicevo giust'appunto che volevo cenar subito, perchè appena torna Oliva
con le pecore, mando Gigi a serrarle, e lei la meno con me a veder la
capretta.

RIGA

Meglio!

BISTONE

Nemmeno così va bene?

RIGA

O Oliva non avrebbe a cenare, povera figliuola?! La sta con quella
fettuccia di cacio da stamani! Quando tornate voi da parar le pecore,
non conoscete ragioni: volete mangiar subito!... Se no, Dio ci liberi!

BISTONE

Eh!... eh!... ora dimmi anche che non gli voglio bene a quella
figliuola!...

RIGA

No, non volevo dir codesto... ma...

BISTONE

«Ma...» cosa?... «ma...» cosa?... Quando c'è una bestia che more, e' mi
pare si potrà mangiare anche mezz'ora dopo, no?...

  _Si sente avvicinarsi lentamente un campanaccio, di quelli che i
  carbonai usano appendere al collo del primo mulo della loro piccola
  carovana nera._


SCENA SECONDA

BISTONE, RIGA, GIGI, PIPPO.


PIPPO

(_affacciandosi alla porta_)

Salute, gente!

RIGA

(_con molto buon viso_)

Buona sera, Pippo!

BISTONE

Come va, ella?

PIPPO

Male!... S'è incappellato tutto il Poggio Orsaia, tra poco vôl esser
acqua! ma... di quella bona! Ridatemi il mio cappotto. Riga!...
chè questa volta all'estate se gli po' dire addio davvero!...
(_rivoltandosi dalla parte dei muli_) Jeee... (_il rumore del campano
si ferma subito_).

RIGA

(_a Pippo che è entrato_)

Eccovelo il vostro cappotto... vi ci ho riattaccato il bottone
sapete... (_esce, guarda il tempo e la terra d'intorno_) Ma questa
grullerella d'Oliva?

PIPPO

(_posa la bacchetta sulla tavola, e s'infila il pastrano_).

BISTONE

Eh! sarà ita su, in verso la Cocca: glie l'ho detto io...! c'è quella
bella merigge grande: le bestie le ci stanno più volentieri che a' Tre
Faggi...

PIPPO

Brutta birbante!... Allora era lei?!... M'era parsa... su alla
Cocca!... l'ho chiamata tanto!... Ma che! come se avessi chiamato la
luna!... Fatemi riaccender la pipa (_va al camino, si china sul fuoco e
accende la pipa_).

RIGA

(_che intanto ha chiuso l'imposta della finestrella_)

Brutta sciagurata!... (_avvedendosi di Pippo che accende la pipa_) Me
lo potevate dire, no? ve lo davo io il foco... senza che vi sporcassi
tutto codesto bel pastrano.

PIPPO

Eh!... (_scuotendosi_) L'è cenere! Salute, gente! (_si ferma sulla
soglia. — Il vento soffia forte. — E cadono i primi goccioloni_) To'!
Eccola l'acqua! Addio pipa! (_la batte allo stipite dell'uscio; poi se
l'affonda lentamente nella tasca del cappotto_) Ci avevo una mazzetta
di castagno... (_va verso la tavola_).

RIGA

(_prendendola subito di sulla tavola_)

Eccola, Pippo.

PIPPO

(_riprende la bacchetta. Avviandosi per uscire, scorge Gigi che si
rivoltola a occhi chiusi sul paglione, gli dà una bacchettata scherzosa
ma piuttosto forte e gli grida_):

Aoe! Quando ti si fa giorno a te? (_esce e si ferma ancora mentre Gigi
ha richiuso gli occhi e si stira brontolando parole incomprensibili
contro il complimento amichevole di Pippo_).

RIGA

Dategliele più sode!... Andate via, Pippo?...

PIPPO

Eh! vo' via... Salutate Oliva quando viene! (_tornando un passo
addietro senza entrare_) Oh! Domenica passo con i muli scarichi!...
Vi ci porto io alla messa; voi e Oliva!... diteglielo, avete inteso,
a Oliva, che ci si faccia trovare... se no... m'adiro! (_si allontana
quasi correndo coi pesanti stivali_) Salute a tutti... Aiuu... Mora!...

RIGA

(_mentre il campano riprende il suo cammino allontanandosi, saluta
dalla porta Pippo. Poi tira a sè la porta senza serrarla; l'acqua
scroscia_)

Addioooo...!


SCENA TERZA

BISTONE, RIGA, GIGI.


RIGA

(_a Gigi, impetuosamente_)

Bella figura, broccolone! Tu fai schifo a tutti!... sempre su codesto
paglionaccio maladetto!... Te lo voglio buttar nel fosso, qualche
volta. (_a Bistone_) Partisci il pane, to'! (_gli dà il pane, coltello
e Bistone partisce_) Oh (_di nuovo a Gigi_) dico a te, Gigi! o gatto
mammone, laggiù!... levati, per dio Bacco! Non mi ricordo più quanto tu
se' lungo! Le son condite le patate?

GIGI

(_finalmente si muove_)

O che date retta anche voi a quel muso nero di Pippo?! Portatemi le
patate, mamma... e state piuttosto attenta a Oliva che non abbia a
finir male con quel tizzo!

RIGA

Tu devi aver fatto qualche brutto sogno! Che Dio ti faccia veder lume
una volta! Magari gli piacesse a Oliva Pippo!... (_mentre parla mette
un piatto di insalata e patate davanti a Bistone, il quale comincia
subito a mangiare_) Quello sì che è un uomo, e no voialtri pecoraiacci!
Lo vedete con que' sacchi neri quanti scudi sa fare? Magari lo volesse
quella grulla d'Oliva!... Chi sa che sogna, anche quella! qualche
principe!... accidenti a quelle favolacce che gli ho raccontato da
piccola! Sognerà il principe coll'elmo d'oro sur un cavallo tutto nero
con la bardella d'argento... che ha sentito dire d'una pastora tanto
bella... più bella della regina... e allora si mette a ricercarla per
queste capannacce affumicate... e quando l'ha trovata, se la porta via
e la rinchiude...

GIGI

Portatemi le patate, mamma, se no mi rimetto a dormire!

RIGA

Ma che dormire, torsolo! Ecco le patate! Non hai sentito il babbo che
ha detto dianzi: tu devi serrar le pecore, stasera?...

LEOPOLDO

(_di fuori, battendo all'uscio_)

Si può entrare?

BISTONE

(_a bocca piena mugola_)

Venite.

RIGA

(_contemporaneamente rivolgendosi al marito, piano_)

Chi è?

BISTONE

Chi vôi che sia! Sarà uno che passa! (_forte_) Venite avanti!


SCENA QUARTA

BISTONE, RIGA, GIGI, LEOPOLDO.


LEOPOLDO

  (_entra. È vestito con una pesante giacca turchina scura, porta un
  berretto alla basca. Chi li ha visti, riconosce subito un marinaio
  di grandi vapori mercantili: ha quasi trent'anni; il mare, il
  sole, il vento hanno impresso sul suo volto qualche ruga profonda
  rendendolo più solido, più bello_)

Buona sera, pastori! (_si scrolla l'acqua di dosso e va ad appendere
il berretto ad una seggiola vicino al fuoco dicendo_): Permettete? Con
questa razza di piovasco, ci sarebbe voluto il mio incerato!

BISTONE

Voi siete forestiero, eh? Volete favorire?... Ma prima no... levatevi
quella giacchetta, l'è tutta zuppa: ve ne dò una asciutta... un po'
sdruscita si sa... da poveri pecorai... ma l'è asciutta!

LEOPOLDO

No, no... grazie! State comodo...

BISTONE

Vi fa bene a mutarvi... date retta a me. C'è poco da dire, quando...

LEOPOLDO

Lasciatemi fare a modo mio: non abbiate paura, che le spalle le
ho avvezzate bene!... Piuttosto queste scarpacce me le leverei un
momentino: l'ho comprate apposta per venir su queste montagne... devono
essere state fatte con la pelle di qualche elefante!!... Oh! ora sì!...
Sono troppo abituato a sentirmi il piede libero!...

GIGI

  (_guarda con indifferenza diffidente, mangiando e ruminando le sue
  patate_).

RIGA

  (_esamina attentamente lo sconosciuto rattenendo a gran stento
  qualche domanda che le viene sulle labbra. Sembra poco ben disposta
  verso di lui_).

LEOPOLDO

  (_con la naturale rapidità di movimenti ha levato dalla valigetta
  un paio di _zapatillas_ spagnuole e se l'è infilate in luogo
  delle grosse scarpe da montanaro; discende dal camino misurando la
  stanza con passi soddisfatti_).

BISTONE

To'! Avete bell'e fatto!... Per diana! Come siete lesto! Ci vorrebbe
che gli insegnaste un poco al mio figliuolo... là... (_indicando
Gigi_).

RIGA

(_decidendosi_)

Ma... ecco... ora si fa così per dire... ma come mai siete capitato
quassù tra queste macchie... Chi sa come potreste starvene comodo in
città!...

BISTONE

(_gridando_)

E che te n'importa a te, intrigante?... (_a Leopoldo_) Non dite niente,
sapete? Non fiatate!... perchè non voglio sentir niente!... C'è poco
da direi... Mettetevi a sedere qui subito (_batte con la palma sulla
tavola_) e mangiate... e dopo, se vi garberà di dirlo, lo direte chi
siete, perchè ci si possa ricordar di voi, avete inteso?... (_a Riga,
irritato_) Da quando in qua, in questa capannaccia mia s'è domandato:
«chi siete?» a un cristiano che vien per ricovero? Bisogna vivere, per
sentirle nôve da queste donne! Dagli una fetta di cacio, Riga... di
quello partito ieri! (_Riga eseguisce con poca buona grazia_) Ecco qui,
alla buona! mangiare da pecorai... c'è poco da dire... caro signor...
come vi devo chiamare?

LEOPOLDO

Leopoldo.

BISTONE

Caro signor Leopoldo!... assaggiate un po' di questa robaccia da
montanari!

LEOPOLDO

S'avesse sempre in mare! Va bene che quando siamo in terra si mangia
da gran signori, questo sì; ma in mare...! Voi non lo mangereste
quello che si mangia noi qualche volta! (_Riga seduta in un canto del
camino tende le orecchie. — Gigi ha finito le patate e il pane, posa
il piatto in terra e si rimette a giacere. Leopoldo leva di tasca un
coltello catalano lucente come uno specchio; lo apre, e i tre scatti
meravigliano Bistone e Riga. Quella di Riga è una meraviglia paurosa e
diffidente_).

BISTONE

Bell'arnese!

LEOPOLDO

Bello, eh?... Questo l'ho comprato in America: l'avete sentita nominare
voi l'America?

BISTONE

Saranno un diciott'anni. Avevo sposato di fresco: un giorno... giù
al paese, capitò uno che raccontava un monte di frottole... bisognava
sentire!...

LEOPOLDO

Vi voleva portare in America anche voi.

BISTONE

To'! O come mai lo sapete?...

LEOPOLDO

Oh, bon omo! Non c'è bisogno di esser maghi per indovinarlo! Ce ne
saranno delle centinaia che girano per l'Italia in cerca di lavoranti
da portare in America! Ma perchè non ci siete andato?... È un bel
paese! Voi che vivete sulle pecore... ce n'è una razza laggiù, che ha
la coda così grossa, che bisogna legargliela sulla groppa! Quella che
ho visto io... la coda sola pesava otto chili!...

BISTONE e RIGA

(_contemporaneamente_)

Uuuuh! (_Gigi comincia a russare_).

LEOPOLDO

Davvero! A me, dico la verità, non mi fece proprio nè caldo, nè
freddo... Ma a voi!... Chissà come vi sarebbe piaciuta! Noi marinai
siamo troppo abituati a vedere un mondo di cose straordinarie; oramai
non c'è più niente che ci faccia rimanere a bocca aperta... levato le
belle ragazze!

BISTONE

(_senza entusiasmo, anzi con un leggero accento di istintiva
inimicizia_)

Dunque siete un uomo di mare, voi! di quelli che vanno con i
bastimenti... e girano tutto il mondo... e portano le spezie... Ecco,
ecco... ho capito! O come mai siete venuto quassù a veder noialtri
pecorai, che si nasce e si more dentro una capannaccia? (_si sente
un campano di pecore, lontano; onde subito volgendosi a Riga_) Oh,
senti Riga il campano (_indi a Gigi_) O Gigi per Diana! che ho detto
dianzi? Va a serrar le pecore e chiama Oliva... digli che venga subito
qui (_Gigi si leva con sforzo ed esce aggiustandosi la sciarpa rossa
intorno alla cintola. A Gigi_) Oh! e guarda che ci sia la «Rossaccia»;
non far come sabato passato... (_come tra sè_) Con questi bei discorsi,
m'ero mezzo dimenticato della capretta. (_Gigi uscendo ha lasciato
l'uscio aperto: la pioggia è cessata; il cielo coperto di nubi nere ha
affrettata la notte_).

LEOPOLDO

È una figliuola vostra anche questa Oliva?

BISTONE

(_fa cenno col capo di sì_)

GIGI

(_di fuori_)

O Olivaaa!...

LEOPOLDO

Bel nome!

OLIVA

(_di fuori, lontana_)

Eeeh!...

GIGI

(_di fuori, di rimando_)

Vien'a casaaaaa!... le serro io le pecoreee!...

LEOPOLDO

E chi sa quanti ce n'avrete di figlioli!... Voialtri pastori fate
economia di tutto... ma di quelli, no!

BISTONE

Non n'ho tanti, no! n'ho soli sei vivi...

RIGA

(_curiosa_)

E voi? ce n'avete figlioli?


SCENA QUINTA.

BISTONE, RIGA, LEOPOLDO, OLIVA.

  _Entra Oliva quasi correndo, un po' affannata — ha udito la
  domanda della madre, gira gli occhi — vede a chi è fatta; ascolta
  la risposta che è resa subito, ma distrattamente, da Leopoldo, il
  quale fissa gli occhi sul viso e sul corpo elegante di Oliva._


LEOPOLDO

Io? No, no, no! Libero come un pesce! (_poi con marinaresca
galanteria_): Buona sera, Oliva!...

OLIVA

(_squadra maravigliata Leopoldo, poi abbassa gli occhi arrossendo
tutta, mormorando_): Felice sera.

RIGA

Il babbo ti vuol portare a vedere la «Monica»: dice la sta male: ma
prima tu devi mangiare, sai.

OLIVA

Sta male la «Monica»? Voglio andarci subito allora... o che ha, babbo?

BISTONE

Ha' tu visto?... l'ha più giudizio lei di te!

RIGA

Ma che giudizio!... Adesso Oliva deve mangiare: non l'ho a piantare
anch'io le riffe qualche volta! (_a Oliva_): O che gli da' retta,
grulla; non lo vedi che a dar retta a lui le sarebbero bell'e morte e
rimorte dieci volte quelle tre caprucce... Una volta la «Calzetta nera»
non doveva ingollar più: un'altra volta la «Rosa» l'avrebbe dovuto
morir di parto, ti ricordi, Oliva? Un'altra volta...

BISTONE

Oh!... falla lunga ora!... dà retta a me, Oliva, la tu «Monica» la
scoppia per davvero! C'è poco da dire!...

OLIVA

Siate bono, via... babbo! andateci voi intanto: fo' contenta mamma,
mangio un boccone e corro subito. Va bene?

BISTONE

Uhm!... (_si avvia brontolando ed esce. Oliva prende di sulla tavola
il pane e l'addenta senza sedersi alla tavola dove Riga ha posato il
piatto di insalata per lei al posto di Bistone. Essa appare agitata,
intimidita, ma anche quasi attratta dallo sguardo dell'ospite che da
quando essa è entrata non ha ancora cessato un istante di fissarla_).

RIGA

Meno male... se n'è ito! (_si dispone a pulire certi secchi per il
latte con la cenere del focolare — Pausa_).


SCENA SESTA

RIGA, LEOPOLDO, OLIVA.


LEOPOLDO

(_rompe il silenzio con una voce dolce che quasi non par sua_)

Perchè non vi sedete, bella Oliva?... Avete paura del marinaro?... Il
marinaro ha la pelle dura... ma il core tenero...!

OLIVA

Grazie (_timidamente si avvicina alla tavola ma non si siede — Alla
parola «marinaro» le sfugge un lieve moto di ammirazione_).

LEOPOLDO

Avete fretta di veder la vostra capretta... eh? Gli volete tanto bene,
è vero? a quelle bestiole vostre!

OLIVA

Sono pastora! Dopo mamma e babbo, vengono quelle per me!... A voi non
vi debbono piacere...

LEOPOLDO

E voi, dite un poco, al mare, gli volete bene?...

OLIVA

Io?... ecco... Ma prima vorrei sapere se è vera una cosa... Voi sapete
leggere?

LEOPOLDO

Sì.

OLIVA

Allora... (_più forte_) dategliela, mamma, la lettera di Memmo (_di
nuovo a Leopoldo_): è il mio fratello che fa il soldato. Ora l'hanno
mandato in un paese tanto distante! Voi chi sa? ci sarete stato: Ge...
Genova...

LEOPOLDO

Eh! Genova; diavolo, per noi marinai, è come per voialtri la capanna!
(_guarda fissamente Oliva durante una pausa finchè ritorna Riga con la
lettera, dalla stanza vicina_).

RIGA

Povero Memmo: quello sì, vedete, che era un figliuolo: e no questo
che avete visto lì (_indica il paglione_). Non mi potevano pigliar
questo?... non so che farmene! No: proprio quello, m'hanno voluto
pigliare.

OLIVA

Consolatevi, mamma! Ormai... cinque mesi soli... che penano a passare?

RIGA

Tenete (_dà la lettera a Leopoldo baciandola e poi tra se_):
Riscrivesse presto, almeno!

OLIVA

Guardate se trovate dove dice del mare... dev'essere dopo...

LEOPOLDO

(_leggendo con sforzo_)

Ecco qua, se non mi sbaglio: «Finalmente, dopo tanto che ne ho sentito
parlare, ho veduto il mare con gli occhi miei. Che prateria sarebbe
quella se Dio l'avesse fatto di terra invece che d'acqua. Come ho a
fare, Oliva, a fartelo intendere?».

OLIVA

O quanto è grande il mare?

LEOPOLDO

Figliuola mia! ma potete camminare dei mesi per il mare, senza mai
veder terra da nessuna parte! E poi il mare è fondo... che vi posso
dire?... Se pigliaste tutte queste montagne vostre, e ce le buttaste
dentro, non rimarrebbe sopra acqua nemmeno la vetta d'un albero! Ve lo
immaginate?...

OLIVA

Poverina me! Se ci penso, impazzo!... Leggete ancora un poco... Mi
piace tanto, come leggete voi...

LEOPOLDO

Sì?... Figuratevi!... «Un amico mio, marinaro, sposa una bella ragazza
che è figliuola di un pescatore: Quante feste! Mi ci hanno invitato
anche me, e mi son divertito tanto!... Ma poi, pensa come è fatta
la vita del marinaio! Dopo un mese solo che staranno insieme, lui
s'imbarca e parte e sta fuori un anno!».

OLIVA

Ma che può esser vero questo?... ditemelo voi!...

LEOPOLDO

Come no! così è fatta la nostra vita, cara ragazza mia: è un dirsi
addio da quando si nasce a quando si more!... Chi ci vuol bene nel
mondo, ha da piangere!... Voi, Oliva, non lo sposereste un marinaio?...

OLIVA

(_esitante_)

Quando si piange non si fa peccato!

LEOPOLDO

Dite bene, voi! ma quando foste a scegliere tra un pastore che tutte
le sere ritorna... e un marinaio che va via e non si sa se ritorna; e
va tanto lontano che le lettere le leggete un mese dopo che lui le ha
scritte... e se anche vi dice: «Sto bene, ho fatto buon viaggio!» voi
non potete ridere, perchè mentre voi leggete... lui può essere in corpo
a qualche pesce!

OLIVA

(_facendosi seria e quasi sdegnandosi a queste ultime parole_)

Non le dite... certe cose così brutte!... Leggete un altro pochino,
piuttosto... Dice ancora del mare?

LEOPOLDO

(_scorrendo la lettera_)

Ecco...: «E come gli vogliono bene al mare questa gente! A noi, gente
di montagna, ci contano per poco! (_ride_). Loro vorrebbero che tutto
il mondo fosse mare! Ma io penso: allora, tutte quelle nostre bestiole,
dove la troverebbero l'erba?».

OLIVA

Vedete se è vero che voi non gli volete bene alle pecore?!...

LEOPOLDO

È perchè ci abbiamo le nostre, di pecorelle!... Se le vedeste.
Oliva!... Quando comincia il vento fresco, popolano tutto il piano del
mare... sono più bianche delle vostre, e sono qualche milione... e non
le guarda nessuno, eppure camminano tutte insieme... Non hanno padrone,
non si sa di dove vengono, non si sa dove vanno, non si lasciano
tosare, e nemmeno mungere... Ma sono tanto belle... libere... là...
sull'acqua! Se le vedeste, Oliva...

OLIVA

O che razza di pecore son quelle?

LEOPOLDO

Son fatte di schiuma bianca, Oliva! e le fabbrica il vento, e corrono,
saltano sul mare!... Io, certe volte, quando sono di guardia franca,
invece di dormire, mi metto a guardarle, appoggiato così (_fa atto coi
gomiti sulla tavola e i pugni contro le tempie_) al bastingaggio e ci
sto anche un'ora!...

OLIVA

Dunque, fate come faccio io!... Quando mi metto a capo il poggio,
e guardo le mie... poverine... che vanno piano piano... e mi girano
intorno... brucando tra i sassi, e ogni poco mi guardano con quegli
occhietti chiari... Non c'è pericolo che mi stanchi, sotto quel
sole!... e non si sente altro che qualche vespa per l'aria... eh! Se
ci steste un poco, quassù, imparereste a volergli bene, anche alle
pecorine mie...

LEOPOLDO

Eh!... Se stessi quassù... Oliva!... sarebbe più facile che imparassi a
voler bene a voi!...

  _Mentre questo dialogo si è acceso, Riga è andata e venuta due
  volte nella stanza vicina dove sono i suoi piccini. Ha ripreso
  per due volte il suo duro lavoro, quando si sente ancora un breve
  lamento di bambino._

RIGA

Vacci un po' tu, Oliva, a sentir che vole Settimio; non mi lascia
benavere, stasera...

OLIVA

  (_strappata rudemente a un bel sogno in cui l'avevano immersa
  le parole di Leopoldo, stenta quasi a capire: poi corre verso la
  cameretta vicina facendo un breve urlo d'esclamazione_).

RIGA

(_lasciando un momento il lavoro, a Leopoldo_)

Ora me lo dite, eh? signor Leopoldo, come v'è preso l'estro di venir
quassù su questi monti: non volevo offendervi prima... voi l'avete
capito!... quel buacciolo di Bistone non capisce ragioni... Che c'era
qualcosa di male forse a domandarvi?...

LEOPOLDO

Ma che male!... diavolo! ve lo dico subito: è stato per accompagnare
un amico mio, poveretto... ma uno di quegli amici che due non se ne
possono ritrovare nella vita! (_con profonda tristezza_).

RIGA

O che ha fatto?... è morto?...

LEOPOLDO

No... ma per me... è come se fosse morto! Ha sposato una ragazza,
una campagnuola: una certa Virginia... di Rifiglio... la conoscerete,
forse...

RIGA

(_si ferma un momento, poi col capo fa cenno di no_).

LEOPOLDO

Una bella ragazza bionda... basta! Se ne innamorò un giorno a Firenze:
s'era insieme: da quel giorno non ha veduto più lume!... Quella non
voleva sposare un marinaio... e lui, allora, non c'è stato santi...
tanto ha fatto, che s'è trovato un impiego in una fattoria, e ieri se
l'è sposata!...

RIGA

To'!...

OLIVA

(_dopo aver ascoltato sull'apertura del tramezzo non vista, il racconto
di Leopoldo_)

Vacci tu, sai, mamma: a me non mi dà retta... lo senti?...

RIGA

Benedetto!... o che avrà stasera?... gli abbiano fatto il malocchio!...

LEOPOLDO

Ma che malocchio!... (_guardando Oliva con desiderio, lieto di rimanere
un momento con lei_) Vuol la mamma... si capisce!

RIGA

(_va di mala voglia alla camera vicina_).

  _Oliva ritorna al suo posto di prima sempre in piedi. La rete di
  sogni in cui è presa, si stringe intorno all'anima sua: guarda
  fisso in terra seguendo una sua finzione gioconda._

LEOPOLDO

(_dopo una breve pausa_)

A che cosa pensate, Oliva?

RIGA

(_cantando nella camera vicina_)

    Ho visto una sirena in mezzo al mare,
    Sur uno scoglio, piangeva, piangeva!

OLIVA

Penso che nel mondo c'è qualcuno felice!...

RIGA (_c. s._)

    Ho visto tanti pesci lacrimare
    Dalle tristi parole che diceva!

LEOPOLDO

Come sei bella, Oliva! Forse... chi sa... se tu mi volessi bene...
anch'io sarei felice! (_si leva e le si fa vicino alle spalle,
guardando a tratti la porta del tramezzo e quella di fondo_)

RIGA (_c. s._)

    Figliolo bello, non t'innamorare,
    Chi s'innamora non si può salvare!

LEOPOLDO

Eh!... Oliva!... la senti questa canzone... chi lo sa com'è salita
quassù! è la canzone che cantano tutte le mamme da noi!... Dicono
tutte: Non t'innamorare!... E noi si gira il mondo, si scampa dalle
bocche dei pescicani... ma poi un bel giorno s'incontrano due occhi...
e se quelli ci guardano, si more... Anche a te, te l'avrà cantata...
Oliva... quand'eri piccina... invece...

OLIVA

Io? chi ve l'ha detto?...

LEOPOLDO

(_abbracciandola_)

Credi che non si senta anche di fori, quando questo cuoricino grida?...
Quando tu vedi un nido, hai bisogno di strapparlo, per vedere se c'è
dentro la nidiata?...

OLIVA

(_fanciullescamente_)

Io non li strappo mai mai... sapete? i nidi! Quand'ero bambina sì...
ero cattiva... ma da un pezzo in qua non c'è pericolo... Qualche
volta... sapete che faccio? M'arrampico a un nido... e a quanti ce ne
trovo dentro... gli dò un bacio sul capo... e poi li lascio strillare e
scappo via!...

LEOPOLDO

(_cingendo con un gesto rapidissimo il capo di Oliva_)

Un bacio sul capo!... e làsciatelo dare anche te!... (_la bacia forte
sul viso_).

  _Si sentono i passi pesanti di Bistone. Leopoldo libera Oliva che
  fugge verso la cameretta dov'è Riga._

OLIVA

(_con forzata calma_)

Mamma... s'è addormito?

_Mentre Leopoldo si lascia cadere seduto, con la testa sopra la
palma destra e il gomito sulla tavola, entra Bistone con in collo la
capretta._


SCENA SETTIMA

RIGA, LEOPOLDO, OLIVA, BISTONE, poi GIGI.


BISTONE

(_fermandosi appena entrato_)

O Oliva?... O Riga?... O che v'hanno piantato qui solo?... Avevo voglia
d'aspettare! che pensiero, eh? ch'ell'hanno per le bestie, queste
donne?! Se non ci fossi io! C'è poco da dire! Eccola qua (_posando la
capretta sul paglione_): Questa poteva morire a comodo suo.

LEOPOLDO

(_ricomponendosi un po' distrattamente_)

Sta molto male, eh?...

BISTONE

(_come rammentandosi_)

Ho pensato anche a voi, non credete! Ho dato la voce a «Dente di legno»
che passi di qua, così vi carica sur un mulo... in un par d'ore vi
trovate giù alle Quattro strade...

LEOPOLDO

Ma... con quest'acqua...

BISTONE

(_ridendo_)

To'! Oh! che avete fatto fino a ora?! Non l'avete visto lo stellato!
Venite a vedere quante ce n'è... E ancora non è notte!

LEOPOLDO

Per Dio! (_si leva e va fuor della porta seguito da Bistone_).

BISTONE

Se vi regalassero tante pecore per quante stelle sono in cielo ora...
gioco il capo che fareste anche il pastore!

LEOPOLDO

Che bellezza! E che bel vento fresco!... (_rimane a guardare
l'orizzonte intorno mentre Bistone va brontolando alla porticina di
destra_).

BISTONE

(_gridando_)

O Oliva! Per diana!...

RIGA

(_d. d. con voce soffocata e rabbiosa_)

Accidempoli al vostro vociare!... Mi s'era addormito proprio ora! Vai,
Oliva!

  _Oliva dopo un istante esce ancora tutta confusa e come sfuggendo
  lo sguardo del padre si siede presso la capretta._

BISTONE

(_venendo a prendere il lume a olio sulla tavola e portandolo vicino al
paglione_)

Avevo voglia a aspettare, eh? Oliva?! Non te n'importa più nemmeno a
te, di queste povere bestiole? Vedi come la sta'... non si move... l'ha
cert'occhi rossi!... e poi la brucia come se fosse cotta! O che dici tu
ch'ell'abbia?...

OLIVA

(_mormorando_)

Ma!... (_continua a carezzare la capretta_).

RIGA

(_rientrando_)

Bene... Vediamo un poco... vediamo... è 'lla morta, ancora?!
(_ironica_).

LEOPOLDO

(_rientra — Il desiderio di qualche porto lontano gli ha già
trasfigurato il viso: si avvicina a Oliva mentr'essa sospende per un
istante il suo esame, senza però alzare gli occhi_)

Dunque?... è un male grosso davvero... povera bestiola!...

BISTONE

Che volete! Oliva lo dovrebbe capire! l'altra volta alla «Rosa» gli
dette a bere cert'acqua fatta da lei... c'è poco da dire!... ritornò
più bella di prima! Ma oggi... mi par mezza imbambolata... che so
io?... la dovrebbe avere qualche pensiero per il capo!...

RIGA

Dunque, Oliva! E s'aspetta che tu dica qualche cosa: che... se'
mutolita!...

OLIVA

Ma... la sta male, sì... ma io, non glielo so trovare... il male!...

RIGA

(_ridendo_)

La sarà innamorata, allora!

  _Si odono dei passi strascicanti. Leopoldo solo si volge: è
  Gigi che rientra. Vede tutti guardare sul suo paglione: guarda
  anch'egli. Visto di che si tratta, sempre senza parlare va verso
  il camino dove la legna arde ancora e si siede sulla pietra più
  comodamente che può._

BISTONE

Guarda bene... via, Oliva... non mi sembra possibile! eppure questa
volta non n'hai voglia di guarirla! Guardagli dentro l'orecchie:
prova a dargli bere... e vedi come l'ingolla... C'è poco da dire... a
guardarla solamente...

LEOPOLDO

(_prende una catinella — la riempie alla mezzina poi la porge a Oliva_)

Tenete, Oliva: provate se il male fosse nella gola...

  _Oliva con la massima confusione prende la catinella e vi immerge
  il muso della capra mentre i tre si chinano per veder questa prova
  (pausa)._

RIGA

(_gridando_)

O se la ingolla veramente bene! Ve lo dicevo io! l'è innamorata!...
Lasciatela dormire in pace: domani la ruzza!... Ite piuttosto a
mungere... è un'ora di notte... (_va al camino, ordina in fretta
i secchi, mentre Bistone va, imbronciato, a vuotare la catinella
nell'acquaio_).

LEOPOLDO

Un'ora di notte?! sarebbero le otto! Per Dio! Com'è passato presto il
tempo!... (_come sopra pensiero_) E domani sera... a quest'ora... sul
mare... un'altra volta.

OLIVA

(_con voce straziante_)

Sul mare...?! domani sera...!?

  _Leopoldo intanto guarda distrattamente Riga e Bistone, cosicchè
  Oliva può fissare lungamente gli occhi disperati di fanciulla sopra
  il suo volto ruvido e bello. In questo momento tra l'ebetismo di
  Gigi, l'egoismo inconscio di Leopoldo e la semplicità dei vecchi,
  si compie nella piccola anima di Oliva un tacito dramma._

RIGA

(_andando all'acquaio e trascinando per la giacchetta Bistone_)

Lasciate fare Oliva; tanto voi non ci capite nulla. Pigliate questi
secchi; lo vedete come lustrano! (_glie ne mette due per mano_) O Gigi!
Che dormi anche costì? Mamma mia, salvatelo!... Tieni i secchi!

BISTONE

(_riposando i due secchi in terra_)

Aspetta, voglio scaldarmi un po' le mani... mi fa freddo stasera!...
saranno gli anni che passano!... (_Gigi, che s'era mezzo levato, si
riaccomoda subito sulla pietra. Leopoldo, appoggiato allo stipite
dell'uscio, si volge a guardare Oliva, che abbassa tristemente il
capo_).

LEOPOLDO

(_dopo una pausa — piano ad Oliva_)

Oliva... (_un po' più forte_) Oliva... perchè non mi guardate più?...
(_prendendo di sopra la mensola il cestino_) Siete voi che fate questo
bel cestino?...

OLIVA

(_alza gli occhi in fretta: un breve risorgere di speranze la fa quasi
sorridere_)

Sì... l'ho fatto io!... ma non l'ho potuto finire... perchè ho perduto
il coltello...

LEOPOLDO

Povera Oliva!... Pigliatevi questo (_levando di tasca il coltello
catalano_) Guardate com'è bello! l'ho comprato in America... Chi
l'avrebbe detto che lo compravo per voi!... Così vi ricorderete di
me... (_l'apre: i tre scatti fanno rivoltare ad un tempo Bistone e
Riga_)

BISTONE

Che fate costì... me la volete sgozzare?!...

RIGA

Dio ci liberi!...

LEOPOLDO

(_ai vecchi_)

No, no... non ve la tocco la vostra capretta; facevo vedere a Oliva
come son fatti i coltelli catalani.

RIGA

Ah!...

LEOPOLDO

(_a Oliva_)

E così si chiude (_lo chiude_).

OLIVA

(_guarda con una infinita disperazione il coltello_).

Non mi potreste dare un'altra cosa per memoria... meno bella... che
costi meno...

LEOPOLDO

Non lo dite, Oliva mia: perchè dite così?... Se sapeste quanto mi fa
piacere di pensare che questo coltellaccio mio sta nelle vostre manine!
e che ci lavorate le vostre canne, in pace... su per queste montagne...
e pensate a me, ogni volta che l'adoperate!... Ora, vien l'inverno!...
son brutti tempi per il mare!... ne more molti di marinari!... (_si
avvicina un campanaccio come il primo, da carbonaio_).


SCENA OTTAVA

BISTONE, LEOPOLDO, RIGA, GIGI, OLIVA, DENTE DI LEGNO.


DENTE DI LEGNO

(_d. f._)

Ieee!... (_Il campanaccio si ferma_). O Bistone, ci sono...

BISTONE

(_al suono del campano s'è levato d'accosto al fuoco — Ha preso i
quattro secchi con la sinistra_):

Dente di legno! (_al carbonaio che entra_) Eccolo qui il signore! ma ci
hai pensato a lisciargli la bardella meglio?

DENTE DI LEGNO

Diavolaccio birbone!... O per chi m'hai preso!?... E gli ci ho anche
messo sopra una balla nova.

LEOPOLDO

(_andando a riprendere il berretto sotto il camino_)

Bravo! Ma ci saremo alle dieci alle Quattro strade?

DENTE DI LEGNO

Se si parte subito...

LEOPOLDO

Allora, volete assicurare quella valigetta, intanto?

DENTE DI LEGNO

Subito (_prende la valigetta e fa per uscire_).

LEOPOLDO

(_al carbonaio_)

Non si deve scender mai da cavallo, eh? Posso far a meno di mettermi le
scarpe?

DENTE DI LEGNO

Ah! mai! Lei sale qui e discende alle Quattro strade (_via_).

LEOPOLDO

(_a Bistone_)

Allora quelle scarpe, ve le metterete voi, eh? Bistone?

BISTONE

Ma come!... Ma vi pare?!... Un par di scarpe nôve! non le voglio!... Vi
potrebbero far comodo.

RIGA

Se il signor Leopoldo non se ne fa niente...

LEOPOLDO

Sì... sì... tenetele... mi fate un piacere se le tenete per ricordo
mio...

BISTONE

Davvero?... questo poi... è troppo...

RIGA

Dunque, ve ne ritornate a viaggiare, signor Leopoldo, a viaggiare per
il mare, eh? Noi chi sa quanti anni ci si ricorderà di voi... e voi...
invece... fra due o tre giorni, di noi ve ne sarete bell'e dimenticato!

LEOPOLDO

Perchè vi dovrei dimenticare? Se noi marinai non si ricordasse, come si
potrebbe vivere? Si morirebbe di noia!

RIGA

Oliva! (_Oliva accarezza convulsamente la capretta_). Non ti levi a
salutare! O che hai perduto il capo anche te, con codesta bestiola?
Vieni a salutare il signor Leopoldo! (_Oliva carezza ancora la capra —
Poi si leva confusa — Senza levar gli occhi si avvicina a Riga_).

LEOPOLDO

Addio, Oliva... Dio vi mandi tutto quel che desiderate, e vi faccia
esser felice!

RIGA

Ringrazia... no? O che lavoro è questo?... ti s'è attaccato il mal
della capra?...

OLIVA

(_con infinita tristezza_)

Grazie!

BISTONE

E non ci ritornate più, sapete, per questi postacci! Non son fatti per
voi.

DENTE DI LEGNO

(_rientrando_)

Siamo pronti, padrone.

LEOPOLDO

Addio, Bistone... state bene, e grazie. Addio Gigi.

RIGA

(_a Gigi_)

Senti, oh, bestia! dice a te! Vieni avanti!

GIGI

(_si fa avanti due o tre passi coi due secchi nelle mani mormorando_)

Arrivederci. (_Oliva lo guarda stranamente_).

RIGA

Che arrivederci d'Egitto! Pare che faccia il carbonaio, come Pippo, il
signor Leopoldo, che quando ha scaricato, ritorna? Digli «addio» no?

BISTONE

Buona fortuna, e vita lunga!

RIGA

Salute, e quattrini! (_tutti si avviano fuor della porta meno Oliva che
sembra impietrita — Pausa, mentre Leopoldo, che non si vede, monta a
cavallo_).

BISTONE

(_sulla porta_)

Ci state bene su codesta bardella?

LEOPOLDO

(_d. f._)

Benone!

DENTE DI LEGNO

(_d. f._)

Allora, avanti! (_gridando forte_) Aiuuu... Furia... (_il campano si
incammina_).

RIGA

Via, gente, spicciatevi, ite a mungere.

BISTONE

(_a Riga_)

Spengi il foco, sai. Riga? E va a letto, chè domattina ci s'ha a levare
un'ora prima, (_a Gigi_) Ovvia móviti, (_s'avviano — Gigi passa dietro
la finestrella; Bistone si ferma dietro la finestra, e volgendosi dalle
parte d'onde è partito Leopoldo, grida_) Addiooo!...

LEOPOLDO

(_in lontananza_)

Addioooo!...

RIGA

(_rientra in fretta e va verso il focolare, dicendo come fra sè_)
Spegnamo il foco, allora!... (_Vuota la mezzina sui tizzoni, che
friggendo e fumando si spengono. In questo momento Oliva lascia
lo stipite della porta di dove guardava allontanarsi l'ospite e si
getta sul paglione, accanto alla sua capretta, e scoppia in un pianto
disperato e dirottissimo. Riga, rivoltandosi sorpresa e spaventata_) O
questa?!...


  (_Sipario_).



«raccontanovelle»

ha pubblicato nei primi ventisei fascicoli:


  N. 1. — VIRGILIO BROCCHI: Fragilità.
  N. 2. — DARIO NICCODEMI: Spirto gentil...
  N. 3. — SABATINO LOPEZ: Risate.
  N. 4. MARIO MARIANI: Trabocchetti.
  N. 5. — ALESSANDRO VARALDO: Questa o quella...
  N. 6. — FLAVIA STENO: Nappina azzurra.
  N. 7. — GINO ROCCA: I capitomboli
  N. 8. — COSIMO GIORGIERI CONTRI: Di chi l'amore...
  N. 9. — MICHELE SAPONARO: L'Allodola.
  N. 10. — ENRICO SERRETTA: L'ospite.
  N. 11. — LUIGI ANTONELLI: Dove si sarà seduto...
  N. 12. — PITIGRILLI: Whisky e Soda.
  N. 13. — MARIO PUCCINI: Quando cade il velo...
  N. 14. — AMALIA GUGLIELMINETTI: La fiaccola dell'illusione.
  N. 15. — LUIGI SICILIANI: L'ignota.
  N. 16. — FEDERIGO TOZZI: Il vino.
  N. 17. — CARLO VENEZIANI: Donnine di lusso.
  N. 18. — Le Novelle del Concorso.
  N. 19. — ADA NEGRI: Fanetta e il suo bambino.
  N. 20. — F. M. MARTINI: L'ultima confessione di Don Giovanni.
  N. 21. — PAOLO DE GIOVANNI: Una donna trovata.
  N. 22. — LORENZO RUGGI: Palmi di naso.
  N. 23. — ADOLFO ALBERTAZZI: Anche queste!
  N. 24. — NINO BERRINI: Il bicchierino di «chartreuse».
  N. 25. — FRANCESCO SAPORI: Piangi, amor mio.
  N. 26. — GIUSEPPE LIPPARINI: L'amore di Fatma.

_Compariranno successivamente:_

  N. 27. — GIOVANNI ZUCCA: Non si sa mai.
  N. 28. — ANDREA GUSTARELLI: Donne sognanti, donne innamorate...
  N. 29. — ONORATO FAVA: la buccia.
  N. 30. — WILLY DIAS: Un matrimonio.
  N. 31. — SILVIO ZAMBALDI: la chiave di sol.
  N. 32. — EZIO FLORI: Il sogno di Mary.
  N. 33. — LUIGI ANTONELLI: L'uomo bello e la donna brutta.
  N. 34. — ENRICO CAVACCHIOLI: La tua bocca, signora.
  N. 35. — PASQUALE DE LUCA: Il ragno e la mosca.
  N. 36. — RAFFAELE CALZINI: Quattro storie galanti
  N. 37. — DONNA PAOLA: L'uomo e la passione.
  N. 38. — LUIGI PIRANDELLO: Prima notte.
  N. 39. — CARLO PANSERI: La vita e il sogno.
  N. 40. — CANGIULLO: Per finire.
  N. 41. — ALFIO BERRETTA: Tu mi piaci.

Esce due volte al mese; costa L. 1,50 in Italia e Colonie, Estero L. 2.
— È la pubblicazione di tutto, di tutti, per tutti

Abbonamento a 12 numeri L. 15 — Abbonamento a ventiquattro numeri L. 30



«ROMANTICA»

·· OGNI FASCICOLO UN ROMANZO ·· OGNI ROMANZO UN AUTORE CELEBRE


Sono usciti:

  M. PRAGA: I tre Maurizî.
  R. CALZINI: Il profeta e la peccatrice.
  S. GOTTA: Eresia rossa.
  M. MARIANI: Eredità dispersa.
  A. VARALDO: La Marsigliese.
  C. G. CONTRI: La notte nuziale.
  S. ZAMBALDI: La ventata.
  U. TEGANI: Il sole spento.
  M. PUCCINI: Socialisti.
  M. SAPONARO: Il Giardino delle Espèridi.
  V. BUCCI: La ghirlanda.
  E. BERRETTA: L'incorruttibile.
  G. DI BELSITO: L'ora della felicità.
  A. FRANCHI: La giustizia si diverte.
  E. ROGGERO: Il Fauno e le sue notti.
  ALFIO BERRETTA: L'eredità.
  M. DE UNAMUNO: Questo è veramente un uomo!

_Compariranno prossimamente:_

  L. ZUCCOLI: Magda, la sorella.
  L. PIRANDELLO: Pena di vivere così.
  G. ROCCA: Volersi bene.
  TERESAH: La morte della bambola.
  A. BELTRAMELLI: Ahi, Giacometta la tua ghirlandella!

OGNI FASCICOLO CON UNA COPERTINA A COLORI L. 1,50, IN ITALIA ED IN
COLONIA

  Abbonamento a 12 numeri L. 15, —
  Abbonamento con «raccontanovelle» » 30, —

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14, VIA DURINI — MILANO — VIA DURINI, 14



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





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